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Document 62018CJ0467

Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 19 settembre 2019.
Procedimento penale a carico di EP.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rayonen sad Lukovit.
Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Articoli 6 e 47 nonché articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Direttiva 2012/13/UE – Articolo 8, paragrafo 2 – Direttiva 2013/48/UE – Articolo 12 – Direttiva (UE) 2016/343 – Articolo 3 – Normativa nazionale che autorizza, per motivi terapeutici e di sicurezza, il ricovero psichiatrico coatto di persone che, in stato di demenza, hanno commesso atti che costituiscono un pericolo per la società – Diritto all’informazione sui propri diritti – Diritto di avvalersi di un difensore – Diritto a un ricorso effettivo – Presunzione d’innocenza – Persona vulnerabile.
Causa C-467/18.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2019:765

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

19 settembre 2019 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Articoli 6 e 47 nonché articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Direttiva 2012/13/UE – Articolo 8, paragrafo 2 – Direttiva 2013/48/UE – Articolo 12 – Direttiva (UE) 2016/343 – Articolo 3 – Normativa nazionale che autorizza, per motivi terapeutici e di sicurezza, il ricovero psichiatrico coatto di persone che, in stato di demenza, hanno commesso atti che costituiscono un pericolo per la società – Diritto all’informazione sui propri diritti – Diritto di avvalersi di un difensore – Diritto a un ricorso effettivo – Presunzione d’innocenza – Persona vulnerabile»

Nella causa C‑467/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Rayonen sad Lukovit (Tribunale distrettuale di Lukovit, Bulgaria), con decisione del 17 luglio 2018, pervenuta in cancelleria il 17 luglio 2018, nel procedimento penale a carico di

EP,

con l’intervento di:

Rayonna prokuratura Lom,

KM,

HO,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da A. Prechal, presidente di sezione, F. Biltgen, J. Malenovský, C.G. Fernlund (relatore) e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez‑Bordona

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per EP, da M. Ekimdzhiev, K. Boncheva e T. Ekimdzhieva, advokati;

per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e A. Kasalická, in qualità di agenti;

per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e P. Huurnink, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da R. Troosters e Y.G. Marinova, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 luglio 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali (GU 2012, L 142, pag. 1), dell’articolo 12 della direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari (GU 2013, L 294, pag. 1), dell’articolo 3 della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (GU 2016, L 65, pag. 1), e dell’articolo 6, dell’articolo 21, paragrafo 1 e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una procedura giudiziaria volta a ordinare il ricovero psichiatrico coatto di EP.

Contesto normativo

CEDU

3

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), all’articolo 5, intitolato «Diritto alla libertà e alla sicurezza», dispone quanto segue:

«1.   Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, se non nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge:

(…)

e)

se si tratta della detenzione regolare di una persona suscettibile di propagare una malattia contagiosa, di un alienato, di un alcolizzato, di un tossicomane o di un vagabondo;

(…)

4.   Ogni persona privata della libertà mediante arresto o detenzione ha il diritto di presentare un ricorso a un tribunale, affinché decida entro breve termine sulla legittimità della sua detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione è illegittima.

(…)».

Diritto dell’Unione

Direttiva 2012/13

4

I considerando 19, 22 e 26 della direttiva 2012/13 così recitano:

«(19)

Le autorità competenti dovrebbero informare prontamente gli indagati o imputati, oralmente o per iscritto, sui diritti essenziali per la salvaguardia dell’equità del procedimento, quali applicabili in base alla legislazione nazionale, come previsto dalla presente direttiva. Per l’esercizio pratico ed effettivo di questi diritti, le informazioni dovrebbero essere fornite tempestivamente nel corso del procedimento e al più tardi anteriormente al primo interrogatorio degli indagati o imputati da parte della polizia o di un’altra autorità competente.

(…)

(22)

Qualora le persone indagate o imputate siano arrestate o detenute, le informazioni sui diritti processuali applicabili dovrebbero essere fornite loro per iscritto mediante una “comunicazione dei diritti” redatta in modo facilmente comprensibile al fine di assistere dette persone nella comprensione dei loro diritti. Tale comunicazione dei diritti dovrebbe essere fornita tempestivamente a ogni persona arrestata quando è privata della libertà per intervento delle autorità preposte all’applicazione della legge nel quadro di procedimenti penali. (…)

(…)

(26)

Allorché forniscono alle persone indagate o imputate le informazioni di cui alla presente direttiva, le autorità competenti dovrebbero prestare particolare attenzione alle persone che non sono in grado di capire il contenuto o il significato delle informazioni stesse in ragione, ad esempio, della loro giovane età o delle loro condizioni mentali o fisiche».

5

L’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, definisce l’ambito di applicazione di quest’ultima nei seguenti termini:

«La presente direttiva si applica nei confronti delle persone che siano messe a conoscenza dalle autorità competenti di uno Stato membro, di essere indagate o imputate per un reato, fino alla conclusione del procedimento, vale a dire fino alla decisione definitiva che stabilisce se l’indagato o l’imputato abbia commesso il reato inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle procedure d’impugnazione».

6

L’articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Diritto all’informazione sui diritti», così dispone:

«1.   Gli Stati membri assicurano che alle persone indagate o imputate siano tempestivamente fornite le informazioni concernenti almeno i seguenti diritti processuali, ai sensi del diritto nazionale, onde consentire l’esercizio effettivo di tali diritti:

a)

il diritto a un avvocato;

b)

le condizioni per beneficiare del gratuito patrocinio;

c)

il diritto di essere informato dell’accusa, a norma dell’articolo 6;

d)

il diritto all’interpretazione e alla traduzione;

e)

il diritto al silenzio.

2.   Gli Stati membri assicurano che le informazioni fornite a norma del paragrafo 1 siano fornite oralmente o per iscritto, in un linguaggio semplice e accessibile, tenendo conto delle eventuali necessità delle persone indagate o imputate in condizioni di vulnerabilità».

7

L’articolo 6 della medesima direttiva, intitolato «Diritto all’informazione sull’accusa», dispone, ai paragrafi 1 e 3, quanto segue:

«1.   Gli Stati membri assicurano che alle persone indagate o imputate siano fornite informazioni sul reato che le stesse sono sospettate o accusate di aver commesso. Tali informazioni sono fornite tempestivamente e con tutti i dettagli necessari, al fine di garantire l’equità del procedimento e l’esercizio effettivo dei diritti della difesa.

(…)

3.   Gli Stati membri garantiscono che, al più tardi al momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria, siano fornite informazioni dettagliate sull’accusa, inclusa la natura e la qualificazione giuridica del reato, nonché la natura della partecipazione allo stesso dell’accusato».

8

L’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13, rubricato «Verifica e ricorsi», così recita:

«Gli Stati membri assicurano che le persone indagate o imputate o i loro avvocati abbiano il diritto di impugnare, secondo le procedure del diritto nazionale, l’eventuale rifiuto delle autorità competenti di fornire le informazioni di cui alla presente direttiva o l’eventuale mancata comunicazione delle stesse».

Direttiva 2013/48

9

Il considerando 51 della direttiva 2013/48 dispone quanto segue:

«L’obbligo di dedicare un’attenzione particolare a indagati e imputati in posizione di potenziale debolezza costituisce il fondamento di una buona amministrazione della giustizia. Le autorità preposte all’esercizio dell’azione penale e le autorità di contrasto e giudiziarie dovrebbero pertanto agevolare tali soggetti nell’esercizio effettivo dei diritti previsti dalla presente direttiva, ad esempio tenendo conto di qualsiasi potenziale vulnerabilità che comprometta la loro capacità di esercitare il diritto di avvalersi di un difensore e di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e adottando le misure necessarie per garantire i diritti in questione».

10

L’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva è formulato nei seguenti termini:

«La presente direttiva si applica agli indagati e imputati in procedimenti penali dal momento in cui sono informati dalle autorità competenti di uno Stato membro, mediante notifica ufficiale o in altro modo, di essere indagati o imputati per un reato, indipendentemente dal fatto che siano privati della libertà personale. Si applica fino alla conclusione del procedimento, vale a dire fino alla decisione definitiva che stabilisce se l’indagato o imputato abbia commesso il reato, inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle procedure d’impugnazione».

11

L’articolo 12 di detta direttiva, intitolato «Mezzi di ricorso», prevede quanto segue:

«1.   Gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati in un procedimento penale, così come le persone ricercate nell’ambito di un procedimento di esecuzione di un mandato d’arresto europeo, dispongano di mezzi di ricorso effettivi ai sensi del diritto nazionale in caso di violazione dei diritti previsti dalla presente direttiva.

2.   Fatti salvi i sistemi o le norme nazionali in materia di ammissibilità delle prove, gli Stati membri garantiscono che, nel quadro dei procedimenti penali, nella valutazione delle dichiarazioni rese da indagati o imputati o delle prove raccolte in violazione del loro diritto di accesso a un difensore o in casi in cui è stata autorizzata una deroga a tale diritto conformemente all’articolo 3, paragrafo 6, siano rispettati i diritti della difesa e l’equità del procedimento».

12

L’articolo 13 della medesima direttiva, rubricato «Persone vulnerabili», così dispone:

«Gli Stati membri garantiscono che, nell’applicazione della presente direttiva, si tenga conto delle particolare esigenze di indagati e imputati vulnerabili».

Direttiva 2016/343

13

L’articolo 2 della direttiva 2016/343, intitolato «Campo d’applicazione», stabilisce quanto segue:

«La presente direttiva si applica alle persone fisiche che sono indagate o imputate in un procedimento penale. Si applica a ogni fase del procedimento penale, dal momento in cui una persona sia indagata o imputata per aver commesso un reato o un presunto reato sino a quando non diventi definitiva la decisione che stabilisce se la persona abbia commesso il reato».

14

Ai sensi dell’articolo 3 di tale direttiva, intitolato «Presunzione d’innocenza»:

«Gli Stati membri assicurano che agli indagati e imputati sia riconosciuta la presunzione di innocenza fino a quando non ne sia stata legalmente provata la colpevolezza».

15

L’articolo 6 della suddetta direttiva dispone quanto segue:

«1.   Gli Stati membri assicurano che l’onere di provare la colpevolezza degli indagati e imputati incomba alla pubblica accusa, fatti salvi l’eventuale obbligo per il giudice o il tribunale competente di ricercare le prove sia a carico sia a discarico e il diritto della difesa di produrre prove in conformità del diritto nazionale applicabile.

2.   Gli Stati membri assicurano che ogni dubbio in merito alla colpevolezza sia valutato in favore dell’indagato o imputato, anche quando il giudice valuta se la persona in questione debba essere assolta».

16

Conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, della medesima direttiva, il termine di recepimento di quest’ultima è fissato al 1o aprile 2018 e, in forza del suo articolo 15, essa è entrata in vigore il 31 marzo 2016.

Diritto bulgaro

17

Il Nakazatelno protsesualen kodeks (codice di procedura penale), nella versione in vigore alla data dei fatti di cui al procedimento principale, prevede, ai suoi articoli 427 e seguenti, una procedura speciale che consente al giudice di imporre, su proposta del pubblico ministero, misure mediche coercitive a un individuo che, in stato di demenza, ha commesso un atto pericoloso per la società.

18

L’articolo 427 del codice di procedura penale dispone quanto segue:

«1)   Il pubblico ministero distrettuale fa una proposta diretta all’applicazione di misure mediche coercitive, (…).

2)   Prima di presentare la proposta, il pubblico ministero ordina una perizia e incarica l’autorità competente dell’istruzione di chiarire il comportamento della persona prima e dopo la commissione dell’atto e valutare se la persona rappresenti un pericolo per la società».

19

Dalla procedura descritta agli articoli da 428 a 491 di tale codice risulta che la proposta del pubblico ministero è esaminata dal tribunale distrettuale del luogo di residenza della persona interessata, il quale si pronuncia, dopo un’udienza, con ordinanza in composizione monocratica, soggetta a impugnazione.

20

Peraltro, gli articoli 155 e seguenti dello Zakon za zdraveto (legge sulla sanità) istituiscono una procedura particolare che consente di ordinare, per via giudiziaria, il ricovero coatto in contesto sanitario di una persona affetta da una malattia mentale che costituisce un pericolo per la sua salute o per quella dei terzi.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

21

Il 26 agosto 2015, dopo il rinvenimento di un corpo privo di vita in una strada di Medkovets (Bulgaria), alcuni agenti di polizia si recavano presso il domicilio di EP, figlio della vittima, che ammetteva di aver ucciso la madre. Informati da testimoni dei disturbi psichici di cui soffre EP, i detti agenti di polizia conducevano quest’ultimo presso il reparto d’urgenza di un ospedale psichiatrico.

22

Con decisione del 12 settembre 2015, il Rayonen sad Lom (Tribunale distrettuale di Lom, Bulgaria) disponeva il ricovero coatto di EP in un ospedale psichiatrico per un periodo di sei mesi. Tale decisione, adottata sulla base della legge sulla sanità, veniva rinnovata ininterrottamente fino alla data della decisione di rinvio.

23

La perizia psichiatrica giudiziaria affidata a due psichiatri dell’ospedale concludeva che EP soffriva di schizofrenia paranoide.

24

Con ordinanza del 7 luglio 2016, il pubblico ministero di Montana (Bulgaria) archiviava il procedimento penale, poiché EP era affetto da una malattia mentale. Ritenendo che quest’ultimo non fosse in grado di partecipare al procedimento, il pubblico ministero non notificava tale ordinanza a EP.

25

Il 29 dicembre 2017, l’Apelativna prokuratura Sofia (Procura di Sofia, Bulgaria) disponeva la riapertura del procedimento e prevedeva il proseguimento del ricovero coatto di EP sulla base della legge sulla sanità.

26

Il 1o marzo 2018 il procedimento penale a carico di EP veniva archiviato con ordinanza. Il pubblico ministero concludeva nel senso della necessità di disporre misure mediche coercitive poiché EP aveva intenzionalmente commesso un reato in stato di non imputabilità, cosicché la sua responsabilità penale non poteva essere accertata. Tale ordinanza veniva notificata alla figlia della vittima. In mancanza di qualsiasi ricorso proposto entro i termini, suddetta ordinanza è divenuta definitiva il 10 marzo 2018.

27

Il Rayonna prokuratura Lom (Procura della Repubblica del distretto di Lom, Bulgaria) adiva il giudice del rinvio, il Rayonen sad de Lukovit (Tribunale distrettuale di Lukovit, Bulgaria), proponendo una domanda di ricovero psichiatrico coatto di EP, sulla base degli articoli 427 e seguenti del codice di procedura penale.

28

Tale giudice dubita della conformità delle disposizioni nazionali che disciplinano il ricovero coatto di malati mentali in ambiente medico con i diritti garantiti dalle direttive 2012/13, 2013/48 e 2016/343, nonché dalla Carta. Questi dubbi riguardano principalmente gli articoli 427 e seguenti del codice di procedura penale e il procedimento penale speciale che essi stabiliscono, idoneo a concludersi con il ricovero psichiatrico coatto di una persona che costituisca un pericolo per la società. Tali dubbi si riferiscono anche alle disposizioni della legge sulla sanità, in quanto la procedura in esse prevista consente, anch’essa, il ricovero coatto di una persona, a titolo preventivo, qualora sussistano motivi per ritenere che, tenuto conto del suo stato di salute, quest’ultima possa commettere un reato.

29

Il giudice del rinvio indica infatti che EP non è mai stato interrogato nel corso dell’istruttoria e che l’avvio di un procedimento penale nei suoi confronti non gli è stato notificato. Inoltre non è stato sottoposto a indagini preliminari e non gli è stata garantita l’assistenza di un avvocato. Egli non ha potuto esperire alcun ricorso giurisdizionale contro le conclusioni di diritto o di fatto del pubblico ministero.

30

Peraltro, il giudice del rinvio considera che, per le procedure di applicazione di misure mediche coercitive ai sensi degli articoli 427 e seguenti del codice di procedura penale, il diritto nazionale non consente al giudice di controllare se, nel corso dell’inchiesta iniziale, il soggetto considerato come autore dei fatti abbia potuto disporre delle garanzie procedurali minime per l’esercizio dei diritti della difesa. Nel caso di specie, EP ha invocato la violazione del suo diritto di essere informato sull’accusa emessa a suo carico, di mantenere il silenzio e di ricevere l’assistenza di un avvocato. Il giudice del rinvio si interroga, in particolare, sulla compatibilità di una siffatta normativa con l’articolo 47 e l’articolo 48, paragrafo 2, della Carta.

31

Tale giudice si chiede, inoltre, se il procedimento a carico di EP rientra nell’ambito di applicazione delle direttive 2012/13, 2013/48 e 2016/343. In caso affermativo, il giudice del rinvio ritiene che, qualora la Corte giungesse alla conclusione secondo cui il procedimento penale speciale previsto agli articoli 427 e seguenti del codice di procedura penale non garantisce un diritto a un ricorso effettivo, esso potrebbe in tal caso applicare, per analogia, il procedimento penale ordinario.

32

In tali circostanze, il Rayonen sad Lukovit (Tribunale distrettuale di Lukovit) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se il presente procedimento, diretto all’adozione di misure mediche coercitive integranti un’espressione del potere coercitivo dello Stato nei confronti di persone che – in base agli accertamenti della procura della Repubblica – abbiano tenuto una condotta pericolosa per la collettività, rientri nel campo di applicazione della direttiva [2012/13/UE] e della direttiva [2013/48/UE].

2)

Se le disposizioni processuali bulgare che disciplinano il procedimento speciale per l’adozione di misure mediche coercitive a norma degli articoli 427 e seguenti del Nakazatelno-protsesualen kodeks (codice di procedura penale bulgaro), secondo cui il giudice non può rinviare il procedimento alla procura della Repubblica richiedendole di sanare errori processuali essenziali commessi nell’ambito della fase che precede il processo penale, ma può invece unicamente accogliere o respingere la domanda in tal senso proposta, rappresentino un mezzo di ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2013/48/UE e dell’articolo 8 della direttiva 2012/13/UE in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, che riconosce alla persona il diritto di impugnare giudizialmente eventuali violazioni dei suoi diritti commesse nella fase che precede il processo.

3)

Se la direttiva 2012/13/UE e la direttiva 2013/48/UE si applichino ai procedimenti penali (nella fase che precede il processo) allorché il diritto nazionale, nella specie il Nakazatelno-protsesualen kodeks, non conosce la figura giuridica dell’“indagato” e, nell’ambito di detta fase, la procura della Repubblica non considera il soggetto formalmente come imputato in quanto muove dall’assunto che l’omicidio oggetto delle indagini sia stato commesso in stato di non imputabilità, e sospende pertanto il procedimento penale senza informare la persona interessata, chiedendo al giudice di adottare nei suoi confronti misure mediche coercitive.

4)

Se la persona nei cui confronti sia stato richiesto un trattamento obbligatorio sia “indagata” ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2012/13/UE e dell’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 2013/48/UE, ove — in occasione del primo accesso sul luogo del delitto e dell’adozione delle misure di indagine iniziali nell’appartamento della vittima e di suo figlio — un agente di polizia, dopo aver rinvenuto tracce di sangue sul corpo di quest’ultimo, gli abbia chiesto i motivi dell’uccisione della madre e del trasporto del suo cadavere sulla strada e, dopo aver ricevuto risposta, lo abbia ammanettato. In caso affermativo, se già in quel momento la persona debba essere informata, in conformità all’articolo 3, paragrafo 1, in combinato disposto con il paragrafo 2, della direttiva 2012/13/UE e, in una siffatta ipotesi, in che modo occorra tener conto, nel fornire le informazioni, delle necessità della persona ai sensi del paragrafo 2, se l’agente di polizia era a conoscenza dei disturbi psichici che l’affliggono.

5)

Se disposizioni nazionali, come quelle in esame, che di fatto autorizzano una privazione della libertà mediante ricovero coatto in un ospedale psichiatrico nell’ambito di un procedimento previsto nello Zakon za zdraveto (legge sulla sanità) (misura coatta preventiva che viene disposta quando è comprovato che la persona è affetta da una patologia mentale e che vi è il rischio che commetta un reato, ma non in ragione un reato già commesso) siano compatibili con l’articolo 3 della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza, quando il motivo reale dell’introduzione del procedimento è un atto in relazione al quale è stato avviato un procedimento penale a carico della persona sottoposta a trattamento e, in tal modo, all’atto dell’arresto, viene eluso il diritto a un processo equo conforme alle condizioni di cui all’articolo 5, paragrafo 4, della CEDU, nel senso che deve trattarsi di un procedimento nell’ambito del quale il giudice può verificare il rispetto delle regole processuali e anche il sospetto alla base dell’arresto, oltre alla legittimità dell’obiettivo perseguito con la misura in parola, controllo che il giudice è tenuto a compiere quando la persona è stata arrestata in base al procedimento previsto nel Nakazatelno-protsesualen kodeks.

6)

Se la nozione di “presunzione di innocenza” ai sensi dell’articolo 3 della direttiva (UE) 2016/343 ricomprenda anche la presunzione che persone non imputabili non abbiano commesso l’atto integrante un pericolo per la collettività e che la procura della Repubblica contesta loro, presunzione operante sino a quando non sia provato il contrario in conformità delle regole processuali (nel procedimento penale nel rispetto dei diritti della difesa).

7)

Se disposizioni nazionali che riconoscono al giudice adito diversi poteri in relazione all’esame della legittimità della fase che precede il processo penale, da compiersi d’ufficio, a prescindere dal fatto che:

a)

il giudice esamini un atto della procura della Repubblica contenente i capi di imputazione in cui si afferma che una determinata persona, mentalmente sana, ha commesso un omicidio (articolo 249, paragrafo 1, in combinato disposto con il paragrafo 4, del codice di procedura penale), oppure

b)

il giudice esamini una domanda della procura della Repubblica in cui si afferma che la persona ha commesso un omicidio ma che non è punibile a causa dei disturbi psichici da cui è affetta, e con cui è richiesto che sia disposto giudizialmente l’esercizio del potere coercitivo della Stato per finalità di trattamento,

garantiscano alle persone vulnerabili un mezzo di ricorso effettivo come previsto dall’articolo 13 in combinato disposto con l’articolo 12 della direttiva 2013/48/UE e dall’articolo 8, punto 2, in combinato disposto con articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2012/13/UE, e se i diversi poteri riconosciuti al giudice, che variano a seconda della tipologia di procedimento il quale dipende – a sua volta – dal fatto che la persona indicata come autore del reato sia o meno mentalmente sana così da poter rispondere penalmente, siano compatibili con il principio di non discriminazione sancito dall’articolo 21, paragrafo 1, della Carta».

Procedimento dinanzi alla Corte

33

Il giudice del rinvio ha chiesto che la presente causa fosse sottoposta al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

34

Il 10 agosto 2018 la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, ha deciso che non vi era luogo per un accoglimento di detta richiesta.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle prima, terza e quarta questione

35

Con la prima, la terza e la quarta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le direttive 2012/13 e 2013/48 debbano essere interpretate nel senso che esse si applicano a una procedura giudiziaria, come quella prevista dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, che autorizza, per motivi terapeutici e di sicurezza, il ricovero psichiatrico coatto di persone che, in stato di demenza, hanno commesso atti che presentano un pericolo per la società e, in caso affermativo, da quale momento la persona in questione debba essere informata dei diritti che le sono conferiti dalla direttiva 2012/13.

36

Le direttive 2012/13 e 2013/48 hanno entrambe come scopo comune la definizione delle norme minime relative ad alcuni diritti degli indagati e degli imputati nell’ambito di procedimenti penali. La direttiva 2012/13 riguarda più in particolare il diritto di essere informati quanto ai propri diritti e la direttiva 2013/48 fa riferimento al diritto a un avvocato, al diritto di informare un terzo della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e al diritto di comunicare con le autorità consolari.

37

Risulta inoltre dai considerando delle suddette direttive che esse si basano a tal fine sui diritti sanciti, in particolare, agli articoli 6, 47 e 48 della Carta e tendono a promuovere questi diritti nei confronti di indagati o imputati nel contesto di procedimenti penali.

38

Gli ambiti di applicazione rispettivi di tali direttive sono definiti in termini pressoché identici all’articolo 2 di ciascuna di esse. Risulta, in sostanza, da queste disposizioni che le medesime direttive si applicano dal momento in cui delle persone sono informate dalle autorità competenti di uno Stato membro di essere indagate o imputate per aver commesso un reato, e ciò fino alla conclusione del procedimento, «vale a dire fino alla decisione definitiva che stabilisce se l’indagato o l’imputato abbia commesso il reato inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle procedure d’impugnazione».

39

È vero che né la direttiva 2012/13 né la direttiva 2013/48 contengono disposizioni espresse che indichino che i procedimenti penali da essi disciplinati comprendono anche quelli che possono condurre a una misura di ricovero psichiatrico coatto, come quella prevista dagli articoli 427 e seguenti del codice di procedura penale.

40

Tuttavia, tale assenza di disposizioni espresse non significa che una siffatta procedura di ricovero psichiatrico coatto sia esclusa dall’ambito di applicazione di tali direttive per il motivo che essa non conduce alla «condanna» a una pena.

41

A tal riguardo, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 61 e 62 delle sue conclusioni, la formulazione dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2012/13 e quella, analoga, dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2013/48, consentono, invece, di ritenere che la nozione di «procedimento penale», ai sensi di tali direttive, si estenda anche a procedure di ricovero psichiatrico coatto che, sebbene conducano alla «condanna» a una pena in senso stretto, diano comunque luogo a una misura privativa della libertà, purché tale misura sia giustificata non solo da motivi terapeutici, ma anche da motivi di sicurezza, nei confronti di persone che abbiano commesso fatti costituenti reato, ma il cui stato mentale, al momento dei fatti penalmente perseguibili, giustifichi che esse siano oggetto di una misura di ricovero psichiatrico coatto piuttosto che di una sanzione penale, quale una pena detentiva.

42

Poiché l’articolo 6 della Carta, relativo al diritto alla libertà e alla sicurezza, garantisce diritti corrispondenti a quelli la cui tutela spetta all’articolo 5 della CEDU, relativo al medesimo diritto, occorre, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, conferire a detto articolo 6 il medesimo significato e la stessa portata di quelli conferiti dall’articolo 5 della CEDU, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Occorre dunque tenere conto dell’articolo 5, paragrafo 1, della CEDU ai fini dell’interpretazione dell’articolo 6 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2019, TC, C‑492/18 PPU, EU:C:2019:108, punto 57).

43

Orbene, in forza dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera e), della CEDU: «Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, se non nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge: se si tratta della detenzione regolare (…) di un alienato».

44

Tale disposizione è stata interpretata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel senso che essa impone allo Stato l’obbligo positivo di tutelare la libertà delle persone soggette alla sua giurisdizione. Se così non fosse, ne risulterebbe una lacuna alquanto grande nella tutela contro la detenzione arbitraria, il che non sarebbe coerente con l’importanza rivestita dalla libertà individuale in una società democratica. Lo Stato è quindi tenuto ad adottare misure che offrono una protezione effettiva alle persone vulnerabili (Corte EDU, 17 gennaio 2012, Stanev c. Bulgaria, n. 36760/06, CE:ECHR:2012:0117JUD003676006, § 120).

45

Pertanto misure privative della libertà, quali le misure di assistenza psichiatrica o mediche di cui al procedimento principale, rientrano nell’articolo 5 della CEDU e, di conseguenza, nell’articolo 6 della Carta.

46

Ne consegue che, alla luce del diritto alla libertà e alla sicurezza garantito dall’articolo 6 della Carta, le direttive 2012/13 e 2013/48 non possono essere interpretate in modo da escludere dal loro ambito di applicazione una procedura giudiziaria che consenta di ordinare il ricovero psichiatrico coatto di una persona che, al termine di un procedimento penale anteriore, sia stata considerata autore di fatti costitutivi di un reato.

47

Tale interpretazione risulta avvalorata dalla circostanza che il legislatore dell’Unione europea si è premurato, all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2012/13, di imporre agli Stati membri l’obbligo di vigilare affinché le informazioni fornite a titolo del diritto di essere informati dei propri diritti «siano fornite oralmente o per iscritto, in un linguaggio semplice e accessibile, tenendo conto delle eventuali necessità delle persone indagate o imputate in condizioni di vulnerabilità». Il considerando 26 di tale direttiva menziona espressamente la situazione delle persone che non possono comprendere il contenuto o il senso delle informazioni loro comunicate dalle autorità competenti, a causa del loro stato mentale. Gli alienati devono quindi essere considerati come persone vulnerabili ai fini di tale disposizione, poiché, a causa di gravi disturbi mentali, rischiano di non comprendere le informazioni loro comunicate in merito ai loro diritti.

48

Parimenti, l’articolo 13 della direttiva 2013/48 impone agli Stati membri, nell’applicazione di tale direttiva, di tener conto «delle particolare esigenze di indagati e imputati vulnerabili». Sebbene il considerando 51 della suddetta direttiva si riferisca alle persone «in posizione di potenziale debolezza» e alla loro «potenziale vulnerabilità che comprometta la loro capacità di esercitare il diritto di avvalersi di un difensore e di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale», senza precisare in modo esplicito che tale situazione di vulnerabilità può risultare dal loro stato mentale, occorre tuttavia considerare, tenuto conto della finalità della medesima direttiva, che gli alienati rientrano anche nella categoria delle persone vulnerabili di cui all’articolo 13 summenzionato.

49

Poiché la direttiva 2012/13 si applica a una procedura come quella di cui agli articoli 427 e seguenti del codice di procedura penale, il giudice del rinvio chiede inoltre da quale momento un indagato debba essere informato dei suoi diritti ai sensi dell’articolo 3 di quest’ultima.

50

Per poter essere effettiva, la comunicazione dei diritti deve avvenire in una fase iniziale del procedimento. Dall’articolo 2 di tale direttiva risulta che quest’ultima si applica «nei confronti delle persone che siano messe a conoscenza dalle autorità competenti di uno Stato membro, di essere indagate o imputate per un reato». L’articolo 3 di detta direttiva prevede poi che «gli Stati membri assicurano che alle persone indagate o imputate siano tempestivamente fornite le informazioni concernenti (…) i diritti processuali (…) onde consentire l’esercizio effettivo di tali diritti».

51

Come ricorda il considerando 19 della direttiva 2012/13, il diritto di essere informati dei propri diritti mira a preservare l’equità del procedimento penale e a garantire l’effettività dei diritti della difesa, sin dalle prime fasi di tale procedimento. Infatti, come risulta dal punto 24 della proposta di direttiva della Commissione, del 20 luglio 2010 [COM (2010) 392 definitivo], all’origine della direttiva 2012/13, il periodo immediatamente successivo alla privazione della libertà personale presenta il maggior rischio di estrazione abusiva di confessioni, di modo che «è fondamentale che l’indagato o l’imputato sia informato dei suoi diritti al più presto, ossia senza ritardo dopo il suo arresto e nel modo più efficace».

52

Il considerando 19 della direttiva 2012/13 sottolinea del resto che il diritto di essere informati sui propri diritti deve essere attuato «al più tardi anteriormente al primo interrogatorio degli indagati o imputati da parte della polizia». Dal considerando 22 della direttiva 2012/13 emerge inoltre che «qualora le persone indagate o imputate siano arrestate o detenute, le informazioni sui diritti processuali applicabili dovrebbero essere fornite loro per iscritto mediante una “comunicazione dei diritti” redatta in modo facilmente comprensibile al fine di assistere dette persone nella comprensione dei loro diritti. Tale comunicazione dei diritti dovrebbe essere fornita tempestivamente a ogni persona arrestata quando è privata della libertà per intervento delle autorità preposte all’applicazione della legge nel quadro di procedimenti penali».

53

Discende da tali elementi che le persone sospettate di aver commesso un reato devono essere informate dei loro diritti il più rapidamente possibile dal momento in cui i sospetti di cui sono oggetto giustificano, in un contesto diverso dall’urgenza, che le autorità competenti limitino la loro libertà mediante provvedimenti coercitivi e, al più tardi, antecedentemente al loro primo interrogatorio da parte della polizia.

54

Tenuto conto di tali elementi, occorre rispondere alla prima, alla terza e alla quarta questione dichiarando che le direttive 2012/13 e 2013/48 devono essere interpretate nel senso che esse si applicano a una procedura giudiziaria, come quella prevista dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, che autorizza, per motivi terapeutici e di sicurezza, il ricovero psichiatrico coatto di persone che, in stato di demenza, hanno commesso atti che presentano un pericolo per la società. La direttiva 2012/13 deve essere interpretata nel senso che le persone sospettate di aver commesso un reato devono essere informate dei loro diritti il più rapidamente possibile dal momento in cui i sospetti di cui sono oggetto giustificano, in un contesto diverso dall’urgenza, che le autorità competenti limitino la loro libertà mediante provvedimenti coercitivi e, al più tardi, antecedentemente al loro primo interrogatorio da parte della polizia.

Sulla seconda e settima questione

55

Con la seconda e la settima questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto a un ricorso effettivo garantito dall’articolo 47 della Carta, e dall’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13 e dall’articolo 12 della direttiva 2013/48, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede una procedura che autorizza, per motivi terapeutici e di sicurezza, il ricovero psichiatrico coatto di persone che, in stato di demenza, hanno commesso atti che costituiscono un pericolo per la società, poiché tale normativa non consente al giudice competente di verificare che i diritti procedurali previsti da tali direttive siano stati rispettati nel corso di procedimenti precedenti a quello di cui detto giudice è investito, non sottoposti a un siffatto controllo giurisdizionale.

56

Per quanto riguarda, in primo luogo, l’interpretazione della direttiva 2012/13, si deve rilevare che l’articolo 8, paragrafo 2, di quest’ultima esige che «le persone indagate o imputate o i loro avvocati abbiano il diritto di impugnare, secondo le procedure del diritto nazionale, l’eventuale rifiuto delle autorità competenti di fornire le informazioni di cui alla presente direttiva».

57

Tenuto conto dell’importanza del diritto a un ricorso effettivo, tutelato dall’articolo 47 della Carta, e del testo chiaro, incondizionato e preciso dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13, quest’ultima disposizione osta a qualsiasi misura nazionale che ostacoli l’esercizio di mezzi di ricorso effettivi in caso di violazione dei diritti tutelati da tale direttiva.

58

La stessa interpretazione si impone per quanto riguarda, in secondo luogo, l’articolo 12 della direttiva 2013/48, secondo il quale «gli indagati e imputati in un procedimento penale (…) dispongano di mezzi di ricorso effettivi ai sensi del diritto nazionale in caso di violazione dei diritti previsti dalla presente direttiva».

59

Secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’obbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di raggiungere il risultato ivi previsto, nonché il loro dovere, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE e dell’articolo 288 TFUE, di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli organi di tali Stati, ivi compresi, nell’ambito della loro competenza, quelli giurisdizionali (sentenza del 7 agosto 2018, Smith, C‑122/17, UE:C:2018:631, punto 38 e giurisprudenza citata).

60

Per attuare tale obbligo, il principio d’interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio, nei limiti delle loro competenze, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione e di pervenire a una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultimo (v., in tal senso, sentenze del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a., da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 117 e dell’8 maggio 2019, Praxair MRC, C‑486/18, EU:C:2019:379, punto 37 e giurisprudenza citata).

61

Tuttavia, tale principio d’interpretazione conforme del diritto nazionale è soggetto a taluni limiti. Così, l’obbligo, per il giudice nazionale, di fare riferimento al contenuto del diritto dell’Unione nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del diritto interno trova un limite nei principi generali del diritto e non può servire a fondare un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (sentenza del 7 agosto 2018, Smith, C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 40 e giurisprudenza citata).

62

È a detto giudice nazionale che spetta determinare se è in grado di procedere a un’interpretazione conforme al diritto dell’Unione della normativa nazionale oggetto del procedimento. A tal riguardo, è sufficiente constatare che dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio considera che, nonostante l’assenza di un mezzo di impugnazione che consenta, in sede di domanda di ricovero psichiatrico coatto sulla base degli articoli 427 e seguenti del codice di procedura penale, di verificare la regolarità del procedimento penale precedente a tale domanda, esso potrebbe applicare per analogia il procedimento penale ordinario al fine di procedere a una siffatta verifica e tutelare i diritti dell’interessato.

63

Ne consegue che l’articolo 47 della Carta, l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13 e l’articolo 12 della direttiva 2013/48 devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede una procedura giudiziaria che autorizza, per motivi terapeutici e di sicurezza, il ricovero psichiatrico coatto di persone che, in stato di demenza, hanno commesso atti che costituiscono un pericolo per la società, nei limiti in cui tale normativa non consente al giudice competente di verificare che i diritti procedurali previsti da tali direttive siano stati rispettati nel corso di procedimenti precedenti a quello di cui detto giudice è investito, non sottoposti a un siffatto controllo giurisdizionale.

Sulla quinta questione

64

Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la tutela del diritto alla libertà e alla sicurezza, di cui all’articolo 6 della Carta, da un lato, e il diritto alla presunzione di innocenza, sancito dall’articolo 3 della direttiva 2016/343, dall’altro, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella prevista agli articoli 155 e seguenti della legge sulla sanità, di cui trattasi nel procedimento principale, che autorizza il ricovero psichiatrico coatto di una persona poiché esiste il rischio che, tenuto conto del suo stato di salute, essa sia un pericolo per la sua salute o quella di terzi, in quanto tale normativa non consente al giudice adito di una siffatta domanda di ricovero coatto di verificare che tale persona abbia beneficiato delle garanzie procedurali nel corso di un procedimento penale di cui essa è parallelamente oggetto.

65

Dagli articoli 1 e 2 della direttiva 2016/343 risulta che l’oggetto e l’ambito di applicazione di quest’ultima sono limitati esclusivamente ai procedimenti penali.

66

Orbene, in considerazione del suo scopo terapeutico, una procedura di ricovero psichiatrico coatto, come quella prevista, nel caso di specie, dagli articoli 155 e seguenti della legge sulla sanità, qualora sia attuata indipendentemente da qualsiasi procedimento penale, anche al fine di prevenire un pericolo per la salute dell’interessato o di terzi, non è compresa quindi tra i procedimenti penali rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2016/343.

67

Inoltre, nessun elemento del fascicolo sottoposto alla Corte consente di ritenere che una procedura di ricovero psichiatrico coatto a fini terapeutici, come quella stabilita dalla legge sulla sanità, costituisca un’attuazione del diritto dell’Unione e, conformemente all’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, che i diritti fondamentali garantiti da quest’ultima debbano essere rispettati dallo Stato membro in questione in sede di applicazione di una tale procedura.

68

Occorre, pertanto, rispondere alla quinta questione dichiarando che la direttiva 2016/343 e l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta devono essere interpretati nel senso che né tale direttiva né suddetta disposizione della Carta si applicano a una procedura giudiziaria di ricovero psichiatrico coatto a fini terapeutici, come quella prevista dagli articoli 155 e seguenti della legge sulla sanità, di cui trattasi nel procedimento principale, poiché esiste il rischio che, tenuto conto del suo stato di salute, la persona interessata sia un pericolo per la sua salute o quella di terzi.

Sulla sesta questione

69

Con la sua sesta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio della presunzione di innocenza, di cui all’articolo 3 della direttiva 2016/343, debba essere interpretato nel senso che esso esige ‑ nell’ambito di una procedura di ricovero psichiatrico coatto, per motivi terapeutici e di sicurezza, di persone che, in stato di demenza, abbiano commesso atti che costituiscono un pericolo per la società, come quella di cui trattasi nel procedimento principale ‑ che il pubblico ministero fornisca la prova che la persona di cui è richiesto il ricovero coatto è l’autore degli atti che si reputano costituire un siffatto pericolo.

70

Va rilevato che, conformemente al suo articolo 15, la direttiva 2016/343 è entrata in vigore il 31 marzo 2016 e che, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della stessa, il termine per la sua trasposizione è scaduto il 1o aprile 2018. Essa è quindi, da un punto di vista temporale, applicabile al procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio.

71

Peraltro, è certamente vero che una procedura come quella di cui trattasi nel procedimento principale ha lo scopo non di determinare la colpevolezza dell’interessato, ma di decidere in merito al suo ricovero psichiatrico coatto. Tuttavia, poiché tale misura privativa della libertà non è esclusivamente motivata da motivi terapeutici, ma anche da motivi di garanzia, occorre, al pari di quanto precedentemente statuito alla luce delle direttive 2012/13 e 2013/48, ammettere che una siffatta procedura rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2016/343 in ragione della sua finalità penale. La direttiva 2016/343 è quindi applicabile a una procedura come quella prevista agli articoli 427 e seguenti del codice di procedura penale.

72

L’articolo 3 della direttiva 2016/343 impone agli Stati membri di assicurare che «agli indagati e imputati sia riconosciuta la presunzione di innocenza fino a quando non ne sia stata legalmente provata la colpevolezza». Il rispetto di tale obbligo si impone alle autorità competenti nell’ambito di una procedura di ricovero psichiatrico coatto, come quella di cui trattasi nel procedimento principale. Ai sensi dell’articolo 6 di tale direttiva, spetta al pubblico ministero l’onere di provare che i criteri previsti dalla legge per autorizzare il ricovero coatto psichiatrico di una persona sono soddisfatti.

73

Quando, al termine di un procedimento penale anteriore, è stato definitivamente accertato che tale persona ha commesso, in stato di demenza, fatti costitutivi di un reato, la circostanza per cui il pubblico ministero faccia valere tali elementi a sostegno della domanda di ricovero psichiatrico coatto non è, di per sé, contraria al principio della presunzione d’innocenza enunciato all’articolo 3 della direttiva 2016/343.

74

Tuttavia, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, tali considerazioni non pregiudicano il controllo, da parte del giudice adito, del rispetto dei diritti procedurali di cui alle direttive 2012/13 e 2013/48, nel corso di procedimenti precedenti non soggetti a un siffatto controllo giurisdizionale, conformemente a quanto precedentemente dichiarato al punto 63 della presente sentenza.

75

Occorre, pertanto, rispondere alla sesta questione dichiarando che il principio della presunzione di innocenza, di cui all’articolo 3 della direttiva 2016/343, deve essere interpretato nel senso che esso esige ‑ nell’ambito di una procedura giudiziaria di ricovero psichiatrico coatto, per motivi terapeutici e di sicurezza, di persone che, in stato di demenza, abbiano commesso atti che costituiscono un pericolo per la società, come quella di cui trattasi nel procedimento principale ‑ che il pubblico ministero fornisca la prova che la persona di cui è richiesto il ricovero coatto è l’autore degli atti che si reputano costituire un siffatto pericolo.

Sulle spese

76

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

1)

La direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, e la direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari, devono essere interpretate nel senso che esse si applicano a una procedura giudiziaria, come quella prevista dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, che autorizza, per motivi terapeutici e di sicurezza, il ricovero psichiatrico coatto di persone che, in stato di demenza, hanno commesso atti che costituiscono un pericolo per la società. La direttiva 2012/13 deve essere interpretata nel senso che le persone sospettate di aver commesso un reato devono essere informate dei loro diritti il più rapidamente possibile dal momento in cui i sospetti di cui sono oggetto giustificano, in un contesto diverso dall’urgenza, che le autorità competenti limitino la loro libertà mediante provvedimenti coercitivi e, al più tardi, antecedentemente al loro primo interrogatorio da parte della polizia.

 

2)

L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13, e l’articolo 12 della direttiva 2013/48 devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede una procedura giudiziaria che autorizza, per motivi terapeutici e di sicurezza, il ricovero psichiatrico coatto di persone che, in stato di demenza, hanno commesso atti che costituiscono un pericolo per la società, se tale normativa non consente al giudice competente di verificare che i diritti procedurali previsti da tali direttive siano stati rispettati nel corso di procedimenti precedenti a quello di cui detto giudice è investito, non sottoposti a un siffatto controllo giurisdizionale.

 

3)

La direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali e l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali devono essere interpretati nel senso che né tale direttiva né suddetta disposizione della Carta dei diritti fondamentali si applicano a una procedura giudiziaria di ricovero psichiatrico coatto a fini terapeutici, come quella prevista dagli articoli 155 e seguenti dello Zakon za zdraveto (legge sulla sanità), di cui trattasi nel procedimento principale, poiché esiste il rischio che, tenuto conto del suo stato di salute, la persona interessata sia un pericolo per la sua salute o quella di terzi.

 

4)

Il principio della presunzione di innocenza, di cui all’articolo 3 della direttiva 2016/343, deve essere interpretato nel senso che esso esige ‑ nell’ambito di una procedura giudiziaria di ricovero psichiatrico coatto, per motivi terapeutici e di sicurezza, di persone che, in stato di demenza, abbiano commesso atti che costituiscono un pericolo per la società, come quella di cui trattasi nel procedimento principale ‑ che il pubblico ministero fornisca la prova che la persona di cui è richiesto il ricovero coatto è l’autore degli atti che si reputano costituire un siffatto pericolo.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il bulgaro.

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