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Document 62017CC0240

    Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate il 13 dicembre 2017.
    E.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein hallinto-oikeus.
    Rinvio pregiudiziale – Cittadino di paese terzo il cui soggiorno sul territorio di uno Stato membro è irregolare – Minaccia per l’ordine pubblico e per la sicurezza nazionale – Direttiva 2008/115/CE – Articolo 6, paragrafo 2 – Decisione di rimpatrio – Divieto d’ingresso sul territorio degli Stati membri – Segnalazione ai fini della non ammissione nello spazio Schengen – Cittadino in possesso di un titolo di soggiorno valido rilasciato da un altro Stato membro – Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen – Articolo 25, paragrafo 2 – Procedura di consultazione tra lo Stato membro autore della segnalazione e lo Stato membro di rilascio del titolo di soggiorno – Termine – Mancata presa di posizione da parte dello Stato contraente consultato – Conseguenze sull’esecuzione delle decisioni di rimpatrio e di divieto d’ingresso.
    Causa C-240/17.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:963

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    JULIANE KOKOTT

    presentate il 13 dicembre 2017 ( 1 )

    Causa C‑240/17

    E

    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein hallinto-oikeus [Corte suprema amministrativa, Finlandia])

    «Domanda di pronuncia pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Spazio Schengen – Decisione di rimpatrio e divieto d’ingresso nei confronti di un cittadino di un paese terzo – Segnalazione nel sistema d’informazione Schengen ai fini della non ammissione – Cittadino di un paese terzo autore di reati – Cittadino di un paese terzo titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità in un altro Stato membro dello spazio Schengen – Obbligo di consultazione – Effetto delle consultazioni in corso sull’esecuzione della decisione di rimpatrio e sull’applicazione del divieto d’ingresso – Articolo 25, paragrafo 2, della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (Convenzione di Schengen, CAS) – Direttiva 2008/115/CE»

    I. Introduzione

    1.

    Il nome del comune lussemburghese di Schengen è sinonimo, dal 1985, dell’idea della libera circolazione in un’Europa senza controlli alle frontiere interne. Nel frattempo, tale idea è diventata realtà nella stragrande maggioranza degli Stati membri dell’Unione europea come pure in alcuni paesi terzi limitrofi, che costituiscono, nel loro insieme, lo spazio Schengen. Il sistema Schengen è oggi parte integrante dei pilastri dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia ( 2 ).

    2.

    Tuttavia, al fine di assicurare che il menzionato sistema funzioni su base permanente e ottenga altresì la massima accettazione possibile, sono indispensabili norme comuni che garantiscano in maniera efficace e coerente che la maggiore libertà in detto spazio privo di frontiere interne non sia conseguita a scapito della sicurezza. Pertanto, gli Stati aderenti conservano il controllo sull’ingresso e il soggiorno dei cittadini di un paese terzo, senza trascurare le norme del diritto dell’Unione, nonché i diritti individuali e gli interessi delle persone in questione.

    3.

    Sullo sfondo di tale rapporto dialettico si pone la domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta alla Corte nella specie. Si tratta di chiarire la procedura da seguire nel caso in cui un cittadino di un paese terzo, titolare di un titolo di soggiorno in uno Stato membro dello spazio Schengen, sia destinatario di un provvedimento di divieto d’ingresso adottato da parte di un altro Stato membro dello spazio Schengen. In tali circostanze il divieto, vista l’assenza di controlli alle frontiere interne, assume, in linea di principio, una dimensione europea e vige per l’intero spazio Schengen, e anche oltre, per tutti gli Stati membri dell’Unione europea.

    4.

    In concreto, si tratta del sig. E, cittadino nigeriano, che ha commesso reati in Finlandia. Le autorità finlandesi intendono rimpatriarlo in Nigeria e hanno adottato nei suoi confronti un provvedimento di divieto d’ingresso nell’intero spazio Schengen, sebbene egli sia titolare di un titolo di soggiorno in Spagna.

    5.

    Le regole dell’Unione europea relative al sistema Schengen impongono, in casi di tal genere, una consultazione tra gli Stati membri al fine di consentire a tutte le autorità coinvolte un modus procedendi razionale e coerente. Lo Stato membro che ha adottato il provvedimento di divieto d’ingresso deve chiedere all’altro Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno se intenda ritirare detto titolo. Cosa accade però nel caso in cui lo Stato membro consultato – nel caso di specie: il Regno di Spagna – non risponda per molto tempo, sebbene lo Stato membro consultante – nel caso di specie: la Repubblica di Finlandia – abbia qualificato la persona in questione come un pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico e intenda pertanto allontanarlo senza indugio nel suo paese di origine?

    6.

    Tale questione, rilevante sul piano pratico, è rimasta finora irrisolta. Con la sua risposta, la Corte può contribuire all’ulteriore sviluppo delle norme comuni applicabili nello spazio Schengen e così, allo stesso tempo, rispettare il corretto bilanciamento tra gli interessi degli Stati membri alla sicurezza e i diritti e gli interessi individuali dei cittadini di un paese terzo ( 3 ).

    II. Contesto normativo

    7.

    Il contesto normativo dell’Unione concernente il caso di specie è determinato, da un lato, dalla Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen ( 4 ) (in prosieguo: la «Convenzione di Schengen» o la «CAS»), nonché, dall’altro lato, dalla direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare ( 5 ). Il codice frontiere Schengen nella versione del regolamento (UE) 2016/399 ( 6 ) è altresì rilevante ( 7 ).

    A.  Convenzione di Schengen (CSA)

    8.

    La CSA è stata firmata il 19 giugno 1990 a Schengen (Lussemburgo) da cinque Stati membri ( 8 ) ed è entrata in vigore il 26 marzo 1995. Oggi, in forza del protocollo n. 19 al Trattato UE e al Trattato FUE ( 9 ), essa è parte dell’acquis di Schengen, integrato nel contesto dell’Unione europea e valido per lo spazio Schengen, vale a dire per quasi tutti gli Stati membri dell’Unione europea, tra cui la Repubblica di Finlandia e il Regno di Spagna. Inoltre, lo spazio Schengen comprende anche alcuni paesi terzi, come ad esempio la Confederazione svizzera ( 10 ).

    9.

    Nel titolo II della CAS (rubricato «Soppressione dei controlli alle frontiere interne e circolazione delle persone»)è collocata, al capitolo 5 (rubricato «Titoli di soggiorno e segnalazioni ai fini della non ammissione»), la disposizione dell’articolo 25, il cui paragrafo 2 dispone quanto segue:

    «Qualora risulti che uno straniero titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato da una delle Parti contraenti è segnalato ai fini della non ammissione, la Parte contraente che ha effettuato la segnalazione consulta la Parte che ha rilasciato il titolo di soggiorno per stabilire se vi sono motivi sufficienti per ritirare il titolo stesso.

    Se il documento di soggiorno non viene ritirato, la Parte contraente che ha effettuato la segnalazione procede al ritiro di quest’ultima, ma può tuttavia iscrivere lo straniero nel proprio elenco nazionale delle persone segnalate».

    10.

    Parimenti, nel titolo II della CAS è inoltre contenuto l’articolo 19, rientrante nel capitolo 4 (rubricato «Condizioni di circolazione degli stranieri»), e il cui paragrafo 1 prevede il diritto di circolazione degli stranieri all’interno dello spazio Schengen:

    «Gli stranieri titolari di un visto uniforme, entrati regolarmente nel territorio di una delle Parti contraenti, possono circolare liberamente nel territorio di tutte le Parti contraenti per il periodo di validità del visto, sempreché soddisfino le condizioni di ingresso di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), c), d), ed e)».

    11.

    Per «straniero» si intende, a tal riguardo, sulla base delle definizioni contemplate dall’articolo 1 della CAS, chi non è cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea. Pertanto, la nozione è equivalente a quella di «cittadino di un paese terzo», la quale parimenti viene di frequente utilizzata nel diritto dell’Unione. Per «straniero segnalato ai fini della non ammissione» si intende, ai sensi della medesima norma, «tutti gli stranieri segnalati ai fini della non ammissione nel Sistema d’informazione Schengen». Secondo il quadro normativo, un «titolo di soggiorno» è «l’autorizzazione, qualunque ne sia la natura rilasciata da una Parte contraente che conferisce il diritto al soggiorno nel suo territorio (…)».

    B.  Codice frontiere Schengen

    12.

    A titolo integrativo occorre fare riferimento al codice frontiere Schengen nel testo di cui al regolamento 2016/399, il cui articolo 6, in merito alle condizioni d’ingresso per i cittadini di paesi terzi, dispone quanto segue:

    «1.

    Per soggiorni previsti nel territorio degli Stati membri, la cui durata non sia superiore a 90 giorni su un periodo di 180 giorni, il che comporta di prendere in considerazione il periodo di 180 giorni che precede ogni giorno di soggiorno, le condizioni d’ingresso per i cittadini di paesi terzi sono le seguenti:

    (…)

    d)

    non essere segnalato nel SIS [sistema d’informazione Schengen] ai fini della non ammissione.

    (…)

    5.

    In deroga al paragrafo 1:

    a)

    i cittadini di paesi terzi che non soddisfano tutte le condizioni di cui al paragrafo 1, ma che sono in possesso di un permesso di soggiorno o di un visto per soggiorno di lunga durata, sono ammessi ad entrare nel territorio degli altri Stati membri ai fini di transito, affinché possano raggiungere il territorio dello Stato membro che ha rilasciato il permesso di soggiorno o il visto per soggiorno di lunga durata, a meno che non figurino nell’elenco nazionale delle persone segnalate dallo Stato membro alle cui frontiere esterne si presentano e che tale segnalazione sia accompagnata da istruzioni di respingere o rifiutare il transito.

    (…)».

    13.

    Inoltre, il codice frontiere Schengen stabilisce, all’articolo 14, paragrafo 1, sotto la rubrica «Respingimento»

    «Sono respinti dal territorio degli Stati membri i cittadini di paesi terzi che non soddisfino tutte le condizioni d’ingresso previste dall’articolo 6, paragrafo 1, e non rientrino nelle categorie di persone di cui all’articolo 6, paragrafo 5. Ciò non pregiudica l’applicazione di disposizioni particolari relative al diritto d’asilo e alla protezione internazionale o al rilascio di visti per soggiorno di lunga durata».

    C.  Direttiva 2008/115

    14.

    Occorre infine tener presente la direttiva 2008/115, il cui capo I («Disposizioni generali») contiene le seguenti definizioni all’articolo 3, n. 3, 4, 6 e 8:

    «(…)[si intende per]

    3.

    “rimpatrio” il processo di ritorno di un cittadino di un paese terzo, sia in adempimento volontario di un obbligo di rimpatrio sia forzatamente:

    nel proprio paese di origine, o

    in un paese di transito in conformità di accordi comunitari o bilaterali di riammissione o di altre intese, o

    in un altro paese terzo, in cui il cittadino del paese terzo in questione decide volontariamente di ritornare e in cui sarà accettato;

    4.

    “decisione di rimpatrio” decisione o atto amministrativo o giudiziario che attesti o dichiari l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o attesti l’obbligo di rimpatrio;

    (…)

    6.

    “divieto d’ingresso” decisione o atto amministrativo o giudiziario che vieti l’ingresso e il soggiorno nel territorio degli Stati membri per un periodo determinato e che accompagni una decisione di rimpatrio;

    (…)

    8.

    “partenza volontaria” l’adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il termine fissato a tale scopo nella decisione di rimpatrio;

    (…)».

    15.

    Nel capo II della direttiva 2008/115 («Fine del soggiorno irregolare») figurano, inter alia, gli articoli 6, 7 e 11.

    16.

    L’articolo 6 della direttiva 2008/115 è intitolato «Decisione di rimpatrio», i cui primi due paragrafi così recitano:

    «1.

    Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5.

    2.

    Un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare e che è in possesso di un permesso di soggiorno valido o di un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare rilasciati da un altro Stato membro deve recarsi immediatamente nel territorio di quest’ultimo. In caso di mancata osservanza di questa prescrizione da parte del cittadino di un paese terzo interessato ovvero qualora motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale impongano la sua immediata partenza, si applica il paragrafo 1».

    17.

    Nei primi due paragrafi dell’articolo 7 della direttiva 2008/115, in merito alla «Partenza volontaria» è previsto quanto segue:

    «1.

    La decisione di rimpatrio fissa per la partenza volontaria un periodo congruo di durata compresa tra sette e trenta giorni, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2 e 4. Gli Stati membri possono prevedere nella legislazione nazionale che tale periodo sia concesso unicamente su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato. In tal caso, gli Stati membri informano i cittadini di paesi terzi interessati della possibilità di inoltrare tale richiesta.

    Il periodo previsto al primo comma non esclude la possibilità per i cittadini di paesi terzi interessati di partire prima.

    2.

    Gli Stati membri prorogano, ove necessario, il periodo per la partenza volontaria per un periodo congruo, tenendo conto delle circostanze specifiche del caso individuale, quali la durata del soggiorno, l’esistenza di bambini che frequentano la scuola e l’esistenza di altri legami familiari e sociali».

    18.

    L’articolo 8 della direttiva medesima, dedicato all’«Allontanamento» recita, in parte, come segue:

    «1.   Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell’articolo 7.

    2.   Qualora uno Stato membro abbia concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell’articolo 7, la decisione di rimpatrio può essere eseguita unicamente alla scadenza di tale periodo, a meno che nel periodo in questione non sorga uno dei rischi di cui all’articolo 7, paragrafo 4.

    3.   Gli Stati membri possono adottare una decisione o un atto amministrativo o giudiziario distinto che ordini l’allontanamento.

    (…)».

    19.

    Il successivo articolo 9, paragrafo 2, concernente il «Rinvio dell’allontanamento», così dispone:

    «Gli Stati membri possono rinviare l’allontanamento per un congruo periodo, tenendo conto delle circostanze specifiche di ciascun caso....».

    20.

    Inoltre, a termini del successivo articolo 11, intitolato «Divieto d’ingresso»:

    «1.   Le decisioni di rimpatrio sono corredate di un divieto d’ingresso:

    a)

    qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria, oppure

    b)

    qualora non sia stato ottemperato all’obbligo di rimpatrio.

    In altri casi le decisioni di rimpatrio possono essere corredate di un divieto d’ingresso.

    2.   La durata del divieto d’ingresso è determinata tenendo debitamente conto di tutte le circostanze pertinenti di ciascun caso e non supera di norma i cinque anni. (…)

    (…)».

    21.

    Tali norme trovano inoltre esplicazione nei considerando 4, 6 e 14 della direttiva medesima:

    «(4)

    Occorrono norme chiare, trasparenti ed eque per definire una politica di rimpatrio efficace quale elemento necessario di una politica d’immigrazione correttamente gestita.

    (…)

    (6)

    È opportuno che gli Stati membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare dei cittadini di paesi terzi secondo una procedura equa e trasparente. …

    (…)

    (14)

    Occorre conferire una dimensione europea agli effetti delle misure nazionali di rimpatrio istituendo un divieto d’ingresso che proibisca l’ingresso e il soggiorno nel territorio di tutti gli Stati membri. (…)».

    III. Fatti e procedimento principale

    22.

    Il sig. E è un cittadino nigeriano. Il 24 gennaio 2014 veniva condannato dal giudice penale finlandese alla pena complessiva di cinque anni di reclusione per numerosi reati gravi in materia di stupefacenti ( 11 ) commessi in Finlandia nel 2013. La sentenza penale è passata in giudicato. Il sig. E ha scontato una parte della pena della reclusione inflittagli in Finlandia.

    23.

    In Spagna, dove egli aveva in precedenza vissuto per quattordici anni e dove risiede la sua famiglia, il sig. E è in possesso di un titolo di soggiorno con validità sino all’11 febbraio 2018. Di conseguenza, egli chiedeva alle autorità finlandesi di essere rimpatriato in Spagna.

    24.

    Tuttavia, il 21 gennaio 2015, il Maahanmuuttovirasto (ufficio dell’immigrazione, Finlandia) disponeva il rimpatrio del sig. E nel suo paese d’origine, la Nigeria, motivando tale decisione con i gravi reati da questi commessi in Finlandia, il che lo rendeva una minaccia per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico. Con l’ordine di rimpatrio, nei confronti del ricorrente veniva adottato un provvedimento di divieto d’ingresso nell’intero spazio Schengen fino a nuovo ordine. Non veniva concesso al ricorrente un periodo per la partenza volontaria.

    25.

    Il 26 gennaio 2015, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, l’ufficio dell’immigrazione avviava consultazioni con la Spagna chiedendo alle autorità di detto Stato membro di comunicare la sua posizione in merito ad un eventuale ritiro del titolo di soggiorno del sig. E. A fronte della mancata risposta delle autorità spagnole, l’ufficio dell’immigrazione rinnovava la sua richiesta in data 20 giugno 2016 e trasmetteva inoltre, il 21 giugno 2016, il dispositivo della sentenza penale emessa nei confronti del sig. E. Il 28 giugno 2016 e il 9 novembre 2016 l’ufficio medesimo insisteva ancora una volta nella richiesta alle autorità spagnole. Secondo quanto indicato nell’ordinanza di rinvio, le autorità spagnole non si sono finora pronunciate nel merito.

    26.

    Il ricorso proposto in primo grado dal sig. E avverso l’ordine di rimpatrio dinanzi al Helsingin hallinto-oikeus (Tribunale amministrativo di Helsinki, Finlandia) non veniva accolto ( 12 ). A seguito di impugnazione del sig. E, la controversia è ora pendente in secondo grado dinanzi al giudice del rinvio, il Korkein hallinto-oikeus (Corte suprema amministrativa, Finlandia).

    27.

    I giudici nazionali investiti della controversia principale ritengono che il sig. E costituisca un pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico. Tuttavia, con ordinanza del 27 ottobre 2016, il Korkein hallinto-oikeus (Corte suprema amministrativa, Finlandia) ha sospeso fino a nuovo ordine l’allontanamento del sig. E.

    IV. Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

    28.

    Con ordinanza interlocutoria del 2 maggio 2017, pervenuta il 10 maggio 2017, il Korkein hallinto-oikeus (Corte suprema amministrativa, Finlandia) ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni pregiudiziali:

    1)

    Se l’obbligo di consultazioni tra gli Stati contraenti, previsto dall’articolo 25, paragrafo 2, della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, produca effetti giuridici che il cittadino di un paese terzo possa invocare qualora uno Stato contraente disponga nei suoi confronti un divieto d’ingresso nell’intero spazio Schengen e il rimpatrio nel suo paese di origine in considerazione del fatto che questi rappresenterebbe un pericolo per l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza.

    2)

    Nell’ipotesi che l’articolo 25, paragrafo 2, della Convenzione medesima sia applicabile al momento dell’adozione della decisione di divieto d’ingresso,

    se le consultazioni debbano essere avviate anteriormente all’adozione di detta decisione o se possano essere avviate solo successivamente all’adozione della decisione di rimpatrio e del divieto d’ingresso.

    3)

    Nell’ipotesi in cui le consultazioni possano essere avviate solamente successivamente all’adozione della decisione di rimpatrio e all’emissione del divieto d’ingresso,

    se la pendenza delle consultazioni tra gli Stati contraenti e il fatto che l’altro Stato contraente non abbia dichiarato se intenda ritirare il titolo di soggiorno del cittadino del paese terzo ostino al rimpatrio del medesimo nel suo paese d’origine e all’entrata in vigore del divieto d’ingresso nell’intero spazio Schengen.

    4)

    Quale condotta debba adottare uno Stato contraente quando, malgrado reiterate richieste, lo Stato contraente che abbia rilasciato un titolo di soggiorno ad un cittadino di un paese terzo non abbia preso posizione in merito al ritiro del titolo di soggiorno medesimo.

    29.

    In aggiunta alla domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ha inoltre chiesto alla Corte di attuare un procedimento pregiudiziale d’urgenza ai sensi dell’articolo 107 del regolamento di procedura. A seguito di richiesta della Corte a termini dell’articolo 101 del regolamento di procedura, il giudice del rinvio ha peraltro precisato, il 2 giugno 2017, che alla pena della reclusione inflitta al sig. E dal 24 gennaio 2016 era stata applicata la sospensione condizionale e che egli non si trova attualmente in stato di detenzione. Alla luce di tali circostanze, la Sezione della Corte designata ha deciso, ai sensi dell’articolo 108 del regolamento di procedura, di non attuare il procedimento pregiudiziale d’urgenza. Tuttavia, il presidente della Corte, in data 12 giugno 2017, ha disposto, in applicazione dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura, che la causa venga decisa in via prioritaria.

    30.

    Nel procedimento pregiudiziale dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte i governi della Finlandia, del Belgio, della Germania, della Polonia e della Svizzera ( 13 ), nonché la Commissione europea. All’udienza del 9 novembre 2017 erano rappresentati il sig. E, l’ufficio dell’immigrazione, il governo finlandese e il governo spagnolo, nonché la Commissione. Va sottolineato che il governo spagnolo, su esplicito invito della Corte, ha preso parte all’udienza, prendendo posizione sulle questioni pregiudiziali, nonché su alcune questioni poste dalla Corte.

    V. Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

    31.

    Com’è emerso all’udienza dinanzi alla Corte, in data 2 novembre 2017, le autorità spagnole hanno richiesto all’ufficio dell’immigrazione la trasmissione della decisione di rimpatrio disposta in Finlandia nei confronti del sig. E, allo scopo di avviare in Spagna il procedimento per il ritiro del titolo di soggiorno rilasciato al sig. E. In data 6 novembre 2017, l’ufficio dell’immigrazione ha soddisfatto detta richiesta, trasmettendo alla Spagna la copia dell’ordine di rimpatrio.

    32.

    Anche a prescindere dal fatto che tali sviluppi più recenti nella controversia principale non sono stati ufficialmente comunicati alla Corte dal giudice del rinvio, ma solo dalle parti nel procedimento ( 14 ), ci si potrebbe chiedere, prima facie, se la questione pregiudiziale non debba intendersi ormai risolta ( 15 ), in quanto le questioni pregiudiziali ricevibili all’inizio del procedimento potrebbero essere diventate quesiti puramente ipotetici, a seguito degli eventi del novembre 2017.

    33.

    Va tuttavia osservato che le autorità spagnole non hanno ancora adottato una decisione definitiva in merito al ritiro del titolo di soggiorno rilasciato al sig. E. Invero dovrebbe essere avviato il solo procedimento diretto al ritiro di detto titolo. Come precisato dal governo spagnolo su esplicita richiesta della Corte, non è prevedibile quando e con quale esito possa eventualmente concludersi il menzionato procedimento nazionale. Il sig. E avrebbe a disposizione altresì i consueti mezzi di ricorso avverso un eventuale ritiro del proprio titolo di soggiorno dinanzi ai giudici spagnoli.

    34.

    In assenza di una decisione definitiva delle autorità spagnole sul ritiro del titolo di soggiorno rilasciato al sig. E, non si può ritenere che, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, sussistano motivi sufficienti per ritirare il titolo di soggiorno ovvero che detto titolo sia già stato ritirato.

    35.

    In tale contesto, deve ritenersi che le questioni pregiudiziali non abbiano perso affatto la loro rilevanza ai fini della soluzione della controversia principale e che la Corte sia ancora tenuta a darvi risposta.

    VI. Valutazione nel merito delle questioni pregiudiziali

    36.

    Al centro dell’attenzione, nella specie, si trova la norma dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, della cui interpretazione la nostra Corte è investita dal giudice del rinvio.

    37.

    Tale disposizione, facente parte dell’acquis di Schengen, stabilisce un obbligo di consultazione tra gli Stati membri dello spazio Schengen, nel caso in cui uno di detti Stati adotti nei confronti di un cittadino di un paese terzo un provvedimento di divieto d’ingresso nell’intero spazio Schengen, sebbene un altro Stato membro abbia rilasciato al medesimo cittadino un titolo di soggiorno ancora in corso di validità. In tal modo, si dovrebbe contribuire all’efficienza, alla coerenza e all’assenza di contraddizioni nell’azione delle autorità nazionali nello spazio Schengen.

    38.

    Con le sue (complessive) quattro questioni il Korkein hallinto-oikeus (Corte suprema amministrativa, Finlandia) chiede, in tale contesto, quali siano gli effetti concreti di un processo di consultazione basato sull’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, non ancora concluso ma in corso già da un certo tempo, sull’esecuzione delle decisioni di rimpatrio e di divieto d’ingresso adottate nei confronti del cittadino di un paese terzo (seconda, terza e quarta questione pregiudiziale) e se il cittadino di un paese terzo possa invocare direttamente quella norma dinanzi ai giudici nazionali (prima questione pregiudiziale).

    39.

    Nel rispondere a dette questioni vertenti sull’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, occorre rispettare un’armoniosa applicazione di tutte le disposizioni pertinenti di diritto dell’Unione relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Pertanto, le norme della direttiva 2008/115, come anche quelle del codice frontiere Schengen, devono essere incluse nelle osservazioni concernenti il presente caso.

    40.

    Ritengo opportuno esaminare, anzitutto, la seconda, la terza e la quarta questione vertenti sull’interpretazione sostanziale dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, per poi passare, in chiusura, all’efficacia diretta di tale norma nel contesto della prima questione.

    41.

    Tenuto conto della ripartizione dei compiti tra la Corte e il giudice del rinvio considero come dato di fatto acquisito, in tutte le mie osservazioni relative al caso in esame, che il sig. E rappresenti un pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico, come espressamente dichiarato nella domanda di pronuncia pregiudiziale e non messo in dubbio da alcuna delle parti nel procedimento ( 16 ).

    42.

    Solo un siffatto pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico proveniente dal sig. E, d’altronde, consente alle autorità finlandesi, nel caso di specie, di rimpatriare l’interessato direttamente nel suo paese d’origine, la Nigeria, senza concedergli la possibilità di recarsi in Spagna, dove questi è titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità (v. articolo 6, paragrafo 2, secondo periodo, in combinato disposto con il paragrafo 1 della direttiva 2008/115).

    A.  Il momento esatto per l’inizio delle consultazioni di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS (seconda questione)

    43.

    La seconda questione pregiudiziale è volta a determinare il momento di inizio delle consultazioni di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS. In concreto, il giudice del rinvio chiede se tali consultazioni debbano essere avviate già prima dell’eventuale adozione di una decisione di rimpatrio e dell’eventuale provvedimento di divieto d’ingresso nei confronti del cittadino di un paese terzo o se un obbligo di consultazione sorga, sul piano del diritto dell’Unione, solo successivamente all’adozione delle decisioni delle autorità relative al rimpatrio e al divieto d’ingresso.

    44.

    Già alla luce del suo tenore letterale nella maggior parte delle versioni linguistiche – non da ultimo nelle versioni, francese, inglese e tedesca -, l’articolo 25, paragrafo 2, della CAS riguarda casi in cui un cittadino di un paese terzo sia segnalato ai fini della non ammissione (v. primo comma di detta norma) e le consultazioni tra gli Stati membri interessati comportino eventualmente che la segnalazione venga ritirata (v. secondo comma della medesima norma). In altre parole, l’articolo 25, paragrafo 2, della CAS non impone le consultazioni solo dopo la segnalazione del cittadino di un paese terzo già effettuata ai fini della non ammissione. Conseguentemente, non è al momento contemplato in tale norma un preventivo obbligo di consultazione – diversamente dall’attuale proposta di modifica del settore giuridico in questione da parte della Commissione europea ( 17 ).

    45.

    Tale valutazione è corroborata dalla presa in considerazione dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS con riguardo alla direttiva 2008/115, nella quale sono contemplate norme e procedure comuni applicabili al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Infatti, anche detta direttiva non dispone, al momento, alcuna consultazione preventiva con altri Stati membri nel caso in cui le autorità di uno Stato membro siano in procinto di adottare una decisione di rimpatrio corredata del divieto d’ingresso (articolo 6 in combinato disposto con l’articolo 11 della direttiva 2008/115).

    46.

    Ai fini della realizzazione dell’obiettivo di una politica di rimpatrio efficace, di cui l’Unione europea ha fatto una bandiera ( 18 ), è altresì decisivo il fatto che le autorità degli Stati membri, in caso di necessità, possano procedere con celerità, in particolare quando il cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare – come nel caso di specie – costituisca un pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico. Un obbligo giuridico avente ad oggetto una consultazione preventiva sistematica di altri Stati membri eventualmente interessati potrebbe risultare contrario a tale obiettivo.

    47.

    L’assenza di un obbligo di consultazione di altri Stati membri prima dell’adozione delle decisioni di rimpatrio e di divieto d’ingresso non significa tuttavia che l’articolo 25, paragrafo 2, della CAS osti allo svolgimento di una siffatta consultazione preventiva ( 19 ). Come correttamente sottolineato dal governo tedesco e dalla Commissione, è addirittura auspicabile che le autorità dello Stato membro che prendano in considerazione una decisione di rimpatrio corredata di un contestuale divieto d’ingresso nei confronti di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare si mettano in contatto nel modo più rapido possibile con tutti gli altri Stati membri interessati. Da un lato, tali altri Stati membri ricevono in tal modo, al più presto possibile, le informazioni necessarie atte a consentire anche a loro l’adozione di eventuali misure per la protezione della pubblica sicurezza e dell’ordine pubblico. Dall’altro lato, si contribuisce così alla convergenza più ampia possibile nel modus procedendi degli Stati membri dello spazio Schengen, al fine di evitare decisioni contraddittorie.

    Conclusione interlocutoria

    48.

    Conseguentemente, in risposta alla seconda questione pregiudiziale, l’articolo 25, paragrafo 2, della CAS dev’essere interpretato nel senso che sarebbe opportuno che le consultazioni previste in tale norma, allo stato attuale del diritto dell’Unione, vengano svolte nei tempi più brevi possibili, senza dover essere necessariamente avviate prima della decisione di rimpatrio e di divieto d’ingresso.

    B.  Gli effetti di consultazioni in corso, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, sull’esecuzione delle decisioni di rimpatrio e di divieto d’ingresso (terza e quarta questione)

    49.

    Con la sua terza e quarta questione pregiudiziale, che discuterò congiuntamente per la loro stretta connessione sostanziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se una decisione di rimpatrio ( 20 ) possa essere eseguita e un divieto d’ingresso per l’intero spazio Schengen possa diventare efficace prima della conclusione delle consultazioni avviate ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS.

    50.

    Diversamente rispetto alla seconda questione discussa in precedenza ( 21 ), riguardante esclusivamente l’adozione di una decisione di rimpatrio e di un divieto d’ingresso, con la terza e la quarta questione viene sollevato il problema se decisioni di tal genere possano essere eseguite ovvero applicate, fintantoché proseguano le consultazioni di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS.

    Premessa sulla portata della terza e della quarta questione

    51.

    Il governo polacco sostiene fermamente che le consultazioni di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS non hanno ad oggetto le decisioni di rimpatrio, con la conseguenza che l’esito di tali consultazioni non potrebbe influenzare, di per sé, l’esecuzione di dette decisioni.

    52.

    Tale tesi mi sembra erronea. Per quanto sia possibile che l’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, in considerazione del suo tenore letterale, si riferisca esclusivamente ai divieti di ingresso, più precisamente ad un particolare aspetto pratico di tali divieti, vale a dire la segnalazione nel sistema d’informazione Schengen ai fini della non ammissione, va tuttavia osservato che un divieto d’ingresso in un caso come quello di specie accompagna una decisione di rimpatrio (v. articolo 3, n. 6, alla fine e articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2008/115) ed entra in vigore solo quando il cittadino di un paese terzo abbia effettivamente abbandonato il territorio degli Stati membri, dunque sia uscito effettivamente dal territorio dell’Unione europea ( 22 ).

    53.

    Quindi, risulta estremamente importante dal punto di vista pratico, ai fini dell’entrata in vigore di un divieto d’ingresso, il momento in cui la decisione di rimpatrio destinata al cittadino di un paese terzo possa essere a sua volta eseguita e in qual misura tale esecuzione risenta delle consultazioni in corso ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS.

    54.

    Di conseguenza, il giudice del rinvio si attende una risposta adeguata della Corte non solo in merito agli effetti delle consultazioni in corso ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS sul divieto d’ingresso, ma anche in ordine agli effetti sulla decisione di rimpatrio alla base del divieto d’ingresso.

    I problemi pratici di funzionamento dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS

    55.

    Nel caso in cui – come nel caso di specie – venga adottata una decisione di rimpatrio nei confronti di un cittadino di un paese terzo, titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità in uno Stato membro dello spazio Schengen, da parte di un altro Stato membro dello spazio Schengen e sia adottato un provvedimento di divieto d’ingresso per l’intero spazio Schengen con segnalazione ai fini della non ammissione, l’articolo 25, paragrafo 2, della CAS prevede che il secondo Stato membro debba consultare il primo in ordine alla questione se vi siano motivi sufficienti per ritirare il titolo di soggiorno.

    56.

    La coesistenza di una decisione di rimpatrio e di un divieto per l’intero spazio Schengen, da un lato, e di un titolo di soggiorno in corso di validità, dall’altro lato, determina uno stato di incoerenza dell’azione delle autorità nello spazio Schengen per il quale deve essere trovata una soluzione mediante le consultazioni di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS.

    57.

    Laddove lo Stato membro consultato ritiri il titolo di soggiorno dal medesimo rilasciato o detto titolo cessi di essere valido per altri motivi – in particolare per il decorso del periodo di soggiorno autorizzato – può rimanere in vigore il divieto d’ingresso per l’intero spazio Schengen.

    58.

    Qualora invece dalle consultazioni risulti che il titolo di soggiorno non sia stato ritirato ma conservi la sua validità, allora lo Stato membro che ha adottato il provvedimento di divieto d’ingresso per l’intero spazio Schengen, è tenuto a convertirlo in un divieto puramente nazionale vigente esclusivamente nel proprio territorio e può tuttavia iscrivere il cittadino di un paese terzo nel proprio elenco nazionale delle persone segnalate (articolo 25, paragrafo 2, secondo comma, della CAS).

    59.

    Il cittadino di un paese terzo, allo stato attuale del diritto dell’Unione, si trova in una specie di zona grigia, allorché la decisione di rimpatrio venga eseguita e venga pertanto applicato anche il divieto d’ingresso, sebbene proseguano le consultazioni tra gli Stati membri ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS. In tale periodo, il cittadino di un paese terzo è soggetto ad un divieto d’ingresso e resta segnalato nel sistema d’informazione Schengen ai fini della non ammissione per l’intero spazio Schengen. Nondimeno, conformemente alle norme comuni applicabili nel sistema Schengen, lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno in corso di validità è ancora obbligato a consentire al cittadino di un paese terzo di entrare nel proprio territorio e ogni altro Stato membro dello spazio Schengen è tenuto a permettergli il transito per giungervi, a meno che l’interessato non sia iscritto nell’elenco nazionale di tale Stato ai fini della non ammissione [v. a tal riguardo l’articolo 21 della CAS in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 5, lettera a), e l’articolo 14, paragrafo 1, del codice frontiere Schengen].

    60.

    Da ultimo, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale pone dunque la Corte davanti al problema, estremamente rilevante dal punto di vista pratico, del modo in cui la menzionata zona grigia possa essere mantenuta in una dimensione minima, senza mettere a repentaglio l’efficacia della politica di rimpatrio dell’Unione europea, nonché la protezione della pubblica sicurezza e dell’ordine pubblico nell’intero spazio Schengen.

    L’obbligo di tener conto, nell’esecuzione di decisioni di rimpatrio corredate di un divieto d’ingresso, delle consultazioni in corso ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS

    61.

    Laddove si consideri il solo tenore letterale dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS come pure della direttiva 2008/115, dalle consultazioni in corso tra Stati membri non sembrano derivare alcuna restrizione per l’esecuzione di una decisione di rimpatrio e per la connessa applicazione di un divieto d’ingresso nei confronti di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare. Al contrario, la disciplina in materia di allontanamento di cui all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 obbliga gli Stati membri all’adozione di tutte le misure necessarie per eseguire le decisioni di rimpatrio.

    62.

    Occorre peraltro tener conto della procedura di consultazione prevista dall’articolo 25, paragrafo 2, della CAS. Essa consiste nel concorrere alla determinazione del modus procedendi più razionale e coerente possibile delle autorità di tutti gli Stati membri interessati nello spazio Schengen e nel garantire che un titolo di soggiorno in corso di validità e un divieto d’ingresso per l’intero spazio Schengen non coesistano a lungo. In particolare, tale divieto, come già osservato ( 23 ), dev’essere convertito in un divieto d’ingresso nazionale ai sensi dall’articolo 25, paragrafo 2, secondo comma, della CAS, nel caso in cui lo Stato membro che ha rilasciato al cittadino di un paese terzo in questione un titolo di soggiorno in corso di validità non ritiri tale titolo.

    63.

    Allo stesso tempo, il cittadino di un paese terzo interessato dovrebbe essere trattato in maniera equa ( 24 ) e messo in condizione di raggiungere lo Stato membro che gli ha rilasciato il titolo di soggiorno, al fine di esercitare ivi il proprio diritto di soggiorno, invece di essere costretto a rimpatriare nel proprio paese terzo di origine (v., a tal riguardo, l’articolo 6, paragrafo 2, primo periodo, della direttiva 2008/115 e l’articolo 25, paragrafo 2, secondo comma, della CAS).

    64.

    Entrambe le finalità della procedura di consultazione di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS – il comportamento razionale e coerente delle autorità, da un lato, e la possibilità di beneficiare di un titolo di soggiorno in corso di validità, dall’altro lato – potrebbero essere realizzate in modo non altrettanto efficace qualora lo Stato membro consultante avesse la libertà di eseguire la decisione di rimpatrio adottata dalle sue autorità in ogni caso già prima della conclusione delle consultazioni, con la conseguenza che il cittadino di un paese terzo interessato dovrebbe abbandonare il territorio dell’Unione europea e sarebbe soggetto, da quel momento in poi, ad un effettivo divieto d’ingresso.

    65.

    Pertanto, dalla finalità dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS risulta che le consultazioni in corso ai sensi di detta norma ostano all’esecuzione di una decisione di rimpatrio e all’applicazione di un divieto d’ingresso. Inoltre, a mio avviso, la pendenza di tale procedura di consultazione dev’essere considerata quale circostanza specifica del singolo caso di specie, che deve implicare, di regola, un rinvio dell’allontanamento del cittadino di un paese terzo nella sua patria, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2008/115.

    La possibilità dell’esecuzione di decisioni di rimpatrio prima della conclusione delle consultazioni di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS

    66.

    A prescindere dalle suesposte considerazioni, possono verificarsi naturalmente situazioni in cui, sulla base delle circostanze specifiche del singolo caso, non sarebbe giustificato attendere la conclusione delle consultazioni in corso ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, ma il cittadino di un paese terzo debba essere ugualmente allontanato ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 2008/115.

    67.

    Qualora la concreta applicazione della procedura di consultazione si adatti nel modo più armonioso possibile alle altre pertinenti norme relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia e si prenda in considerazione l’articolo 25, paragrafo 2, della CAS con riguardo alle prescrizioni della direttiva 2008/115, risulta necessario individuare, in particolare, due ipotesi, in cui l’esecuzione della decisione di rimpatrio e l’entrata in vigore del divieto d’ingresso sembrano, in via eccezionale, necessari già prima della conclusione delle consultazioni di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS:

    da un lato, in assenza della presa di posizione dello Stato membro consultato nonostante il decorso di un termine di risposta ragionevole (prima ipotesi);

    dall’altro, quando il cittadino di un paese terzo interessato costituisce un pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico (seconda ipotesi).

    In entrambe le ipotesi la celere esecuzione della decisione di rimpatrio nei confronti del cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare e, pertanto, l’effettiva applicazione del relativo divieto d’ingresso rispondono alla finalità fondamentale di un’efficace politica di rimpatrio ( 25 ).

    Prima ipotesi: superamento di un termine di risposta ragionevole

    68.

    Per quanto attiene alla prima ipotesi, va rilevato che la CAS non prevede, di per sé, alcun termine specifico entro il quale uno Stato membro consultato ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS debba comunicare la propria presa di posizione. Dal principio di leale collaborazione (articolo 4, paragrafo 3, TUE) ( 26 ) si deduce tuttavia che lo Stato membro consultato debba prendere posizione entro un termine ragionevole usando il formulario predisposto all’uopo ( 27 ).

    69.

    Alla luce dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 ( 28 ) si può inoltre concretamente individuare il termine di risposta che può essere considerato ragionevole: di norma, dovrebbero essere concessi allo Stato membro consultato da sette a trenta giorni per pronunciarsi, dunque in ultima analisi un termine comparabile a quello che può essere fissato al cittadino di un paese terzo interessato per una partenza volontaria.

    70.

    Un termine di risposta da sette a trenta giorni per le consultazioni di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS può sembrare invero relativamente breve se solo si pensi che nello Stato membro consultato possa essere necessario l’intervento di autorità regionali o locali, nonché l’esame dei rapporti personali del cittadino di un paese terzo interessato ( 29 ). La brevità del termine di risposta non rappresenta peraltro una rarità nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia ( 30 ). Nel presente contesto essa si spiega con lo scopo fondamentale già menzionato di rendere efficace la politica di rimpatrio dell’Unione europea, il che impone a tutti gli organismi nazionali interessati un rilevante impegno e un modus procedendi estremamente rapido ( 31 ). Il termine breve è del resto funzionale anche alla coerenza dell’azione di tutte le autorità nello spazio Schengen.

    71.

    Inoltre, un termine di risposta breve garantisce, da un lato, l’interesse alla certezza del diritto nei confronti del cittadino di un paese terzo interessato e – in caso di custodia in carcere – ad una reclusione la più breve possibile. Dall’altro lato, un termine breve è utile agli interessi dello Stato membro consultante, che non viene indebitamente onerato del costo e delle eventuali spese relative al soggiorno irregolare del cittadino di un paese terzo.

    72.

    Qualora lo Stato membro consultato dovesse necessitare di più tempo per pronunciarsi ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, il principio di leale collaborazione (articolo 4, paragrafo 3, TUE) impone che esso contatti lo Stato membro consultante e gli comunichi i motivi atti a giustificare una proroga del termine di risposta. Lo Stato membro consultante è, a sua volta, tenuto a prendere costruttivamente in considerazione gli argomenti addotti dallo Stato consultato nello spirito di una leale collaborazione. Idealmente, entrambi gli Stati dovrebbero concertare una proroga ragionevole del termine in linea con l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2008/115. Lo Stato membro consultante dovrebbe concedere, di regola, allo Stato membro consultato quantomeno una proroga del termine di risposta di ulteriori trenta giorni.

    73.

    Decorso inutilmente anche il termine prorogato, sebbene in mancanza di una disciplina univoca non si possa presumere una risposta positiva o negativa dello Stato membro consultato ( 32 ), tuttavia, lo Stato membro consultante può ritenere senz’altro che il limite temporale di un termine ragionevole di risposta sia stato oltrepassato.

    74.

    Lo Stato membro consultante può allora eseguire la propria decisione di rimpatrio indipendentemente dall’esito delle consultazioni non ancora concluse e così applicare il divieto d’ingresso. Detto divieto si applica nell’intero territorio Schengen (e inoltre anche per tutti gli Stati membri dell’Unione che non appartengono allo spazio Schengen ( 33 )), tuttavia – come si è già osservato ( 34 ) – a condizione che si consenta al cittadino di un paese terzo in questione l’ingresso ovvero il transito nello Stato membro consultato, in cui egli sia (ancora) titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità [v., a tal riguardo, l’articolo 21 della CAS in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 5, lettera a), e l’articolo 14, paragrafo 1, del codice frontiere Schengen].

    Seconda ipotesi: pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico

    75.

    Per quanto attiene alla seconda ipotesi, in cui dal cittadino di un paese terzo interessato derivi un pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico, appare chiaro che la decisione di rimpatrio possa essere eseguita e pertanto anche il divieto d’ingresso possa essere applicato, senza che sia necessario attendere l’esito delle consultazioni di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS.

    76.

    Infatti, alla luce dell’assenza di controlli alle frontiere interne dello spazio Schengen, ci si può regolarmente attendere che un pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico, proveniente dal cittadino di un paese terzo interessato in uno Stato membro dello spazio Schengen, possa manifestarsi rapidamente anche in tutti gli altri Stati dello spazio Schengen. Conseguentemente, lo Stato membro che adotta la decisione di rimpatrio e il provvedimento di divieto d’ingresso, agisce per la protezione della sicurezza e dell’ordine non solo sul proprio territorio, ma nell’intero spazio Schengen.

    77.

    Gli interessi connessi alla sicurezza di tutti gli Stati membri dello spazio Schengen e della popolazione insediata sul loro territorio hanno, in un caso di tal genere, la priorità rispetto all’obiettivo di ottenere decisioni coerenti e razionali delle autorità nello spazio Schengen e anche rispetto all’interesse del cittadino di un paese terzo interessato di avvalersi del proprio titolo di soggiorno nello Stato membro consultato ( 35 ).

    78.

    Tale conclusione è confermata nel caso in cui si prenda in considerazione l’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2008/115, secondo il quale alle persone, che costituiscono un pericolo per l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza, non deve essere concesso un periodo per la partenza volontaria o deve trattarsi di un periodo molto breve. In linea con detta disciplina non si può pretendere dallo Stato membro consultante di attendere che lo Stato membro consultato si pronunci prima dell’esecuzione alla sua decisione di rimpatrio e dell’entrata in vigore del suo divieto d’ingresso.

    Effetti per il procedimento principale

    79.

    Un caso come quello del sig. E, in base a tutte le informazioni disponibili alla Corte, ricade in entrambe le summenzionate ipotesi: da un lato, la Spagna ha ampiamente superato ( 36 ) il termine ragionevole di risposta nell’ambito dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, senza chiedere – a quanto pare – alcuna proroga del termine né tantomeno indicare motivi sufficienti per una siffatta proroga (prima ipotesi). Dall’altro, a quanto risulta alle autorità e ai giudici nazionali, dal sig. E deriva un pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico (seconda ipotesi). Sia per un motivo sia per l’altro, ciascuno dei quali di per sé solo sufficiente, il fatto che le consultazioni di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS non si siano ancora concluse non osta all’esecuzione della decisione di rimpatrio e all’entrata in vigore del divieto d’ingresso in un caso come quello di cui trattasi.

    Conclusione interlocutoria

    80.

    In conclusione, in merito all’interpretazione dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, si può pertanto affermare, in risposta alla terza e alla quarta questione pregiudiziale, quanto segue:

    La decisione di rimpatrio può essere eseguita e il divieto d’ingresso può essere applicato solo quando lo Stato consultato ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS si sia pronunciato oppure le consultazioni, nonostante il decorso di un termine ragionevole di risposta, non abbiano avuto alcun esito. Già prima del decorso di detto termine entrambe le decisioni possono essere eseguite, purché il cittadino di un paese terzo costituisca un pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico.

    C.  L’effetto diretto dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS (prima questione)

    81.

    Da buon ultimo resta da verificare, nell’ambito della prima questione pregiudiziale, se il cittadino di un paese terzo interessato possa invocare direttamente l’articolo 25, paragrafo 2, della CAS dinanzi a giudici nazionali.

    82.

    Inizialmente, l’articolo 25, paragrafo 2, della CAS non costituiva un atto dell’Unione, ma si trattava di una norma contemplata in un accordo intergovernativo al di fuori dell’ambito dell’Unione europea. Con il trattato di Amsterdam, che ha integrato l’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea ( 37 ), tale convenzione è però diventata parte integrante del diritto dell’Unione, applicabile agli Stati membri aderenti allo spazio Schengen.

    83.

    Diversamente rispetto al caso di decisioni quadro ( 38 ), non è escluso l’effetto diretto di convenzioni tra Stati membri relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Anche la stessa CAS non vieta in alcun modo l’applicazione diretta delle sue disposizioni ( 39 ).

    84.

    L’effetto diretto delle norme della CAS dev’essere pertanto valutato alla stregua dei medesimi criteri generali delle convenzioni internazionali, cui l’Unione sia vincolata ( 40 ), nonché delle altre disposizioni del diritto derivato dell’Unione.

    85.

    Presupposto dell’applicazione diretta di una norma di diritto dell’Unione è che essa appaia, dal punto di vista del suo contenuto, incondizionata e sufficientemente precisa. Ciò si verifica quando essa implichi un obbligo chiaro e preciso la cui esecuzione ed i cui effetti non siano subordinati all’adozione di alcun atto ulteriore ( 41 ).

    86.

    L’articolo 25, paragrafo 2, della CAS obbliga uno Stato membro dello spazio Schengen, il quale segnali un cittadino di un paese terzo nel sistema di informazione Schengen ai fin della non ammissione, a consultare ogni altro Stato membro dello spazio Schengen, che abbia rilasciato a detto cittadino un titolo di soggiorno in corso di validità, al fine di accertare se lo Stato membro da ultimo menzionato intenda ritirare il titolo.

    87.

    A tal riguardo, l’articolo 25, paragrafo 2, della CAS implica, dunque, un obbligo chiaro e preciso la cui esecuzione e i cui effetti non siano subordinati all’adozione di alcun atto ulteriore. Per quanto gli effetti precisi dell’assenza di consultazioni ovvero di consultazioni viziate non siano espressamente disciplinati dall’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, la necessità di una consultazione e il suo oggetto sono stabiliti in modo così chiaro da poter essere applicate senz’altro da qualsiasi organo giurisdizionale ( 42 ). Di conseguenza, ricorrono i requisiti di una diretta applicazione in relazione all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS.

    88.

    Contro una diretta applicazione dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS a nulla varrebbe eccepire che tale disposizione costituirebbe una mera norma procedurale volta, per di più, a disciplinare unicamente il rapporto tra gli Stati membri. Infatti, da un lato, nel diritto dell’Unione è riconosciuto che anche le norme che si rivolgono, in base al loro tenore letterale, agli Stati membri possono produrre effetti diretti ( 43 ). E dall’altro, come solo di recente la Corte ha dichiarato in relazione ad un altro aspetto dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, anche le mere norme procedurali del diritto dell’Unione possono essere invocate dai singoli dinanzi ai giudici nazionali ( 44 ).

    89.

    In ogni caso, quando l’applicazione o la non applicazione di una norma procedurale, la quale si rivolga agli Stati membri disciplinandone il rapporto reciproco, produce effetti specifici su diritti e interessi dei singoli, questi ultimi devono poter invocare direttamente la menzionata norma procedurale dinanzi ai giudici nazionali ai fini della tutela dei loro diritti e interessi, sempre che la norma stessa, dal punto di vista del suo contenuto, sia incondizionata e sufficientemente precisa.

    90.

    La norma di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, in questione nel caso di specie, evidenzia infatti in modo particolarmente evidente che, qualora lo Stato membro consultato prenda una posizione in base alla quale non vi siano motivi sufficienti per ritirare il titolo di soggiorno del cittadino di un paese terzo, lo Stato membro consultante è tenuto, a sua volta, in forza dell’articolo 25, paragrafo 2, secondo comma, della CAS, a convertire il divieto d’ingresso nell’intero spazio Schengen da esso disposto in un divieto puramente nazionale vigente esclusivamente nel proprio territorio e può iscrivere il cittadino di un paese terzo solo nel proprio elenco nazionale delle persone segnalate ai fini della non ammissione.

    91.

    La procedura di consultazione disciplinata dall’articolo 25, paragrafo 2, della CAS – contrariamente alle valutazioni esposte da talune parti nel procedimento – non determina dunque in alcun modo un automatico deterioramento dello status del cittadino di un paese terzo interessato per effetto del ritiro del suo titolo di soggiorno in corso di validità. Piuttosto, tale procedura di consultazione può comportare anche un significativo miglioramento di tale status e, segnatamente, nel caso in cui lo Stato membro consultato mantenga in vigore il titolo di soggiorno dallo stesso rilasciato, costringendo in tal modo lo Stato membro consultante ad adottare, invece di un provvedimento di divieto d’ingresso nell’intero spazio Schengen, un divieto a portata meramente nazionale.

    92.

    Come da me osservato inoltre nel contesto della terza e della quarta questione pregiudiziale ( 45 ), lo Stato membro consultante può eseguire una decisione di rimpatrio – a prescindere da casi di pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico – e applicare un divieto d’ingresso solo quando gli sia pervenuta la presa di posizione dello Stato membro consultato ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS ovvero, ai fini dell’adozione di tale presa di posizione, abbia comunque concesso a detto Stato un termine ragionevole, inutilmente decorso.

    93.

    In sintesi, dall’applicazione dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS il cittadino di un paese terzo interessato può conseguire vantaggi concreti, mentre l’applicazione omessa oppure erronea di detta norma rischia di produrre concreti svantaggi a suo carico. Conseguentemente, il cittadino deve poter invocare dinanzi ai giudici nazionali l’obbligo di consultazione sancito dall’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, al fine di contestare la legittimità oppure di opporsi all’esecuzione di una decisione di rimpatrio che lo riguardi o di un divieto d’ingresso per lo spazio Schengen impostogli ai sensi della direttiva 2008/115. In tal senso si sono giustamente espressi non da ultimo i governi finlandese, spagnolo e svizzero, nonché la Commissione ( 46 ).

    Conclusione parziale

    94.

    Riassumendo, propongo di rispondere alla prima questione pregiudiziale nei termini seguenti:

    Un cittadino di un paese terzo può invocare direttamente l’articolo 25, paragrafo 2, della CAS dinanzi ai giudici nazionali al fine di contestare la legittimità oppure di opporsi all’esecuzione di una decisione di rimpatrio adottata nei suoi confronti, nonché di un divieto d’ingresso impostogli ai sensi della direttiva 2008/115.

    VII. Conclusione

    95.

    Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta dal Korkein hallinto-oikeus (Corte suprema amministrativa, Finlandia), riguardante l’interpretazione della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (CAS) firmata il 19 giugno 1990, nei termini seguenti:

    1)

    Un cittadino di un paese terzo può invocare direttamente l’articolo 25, paragrafo 2, della CAS dinanzi ai giudici nazionali al fine di contestare la legittimità oppure di opporsi all’esecuzione di una decisione di rimpatrio adottata nei suoi confronti, nonché di un divieto d’ingresso impostogli ai sensi della direttiva 2008/115.

    2)

    L’articolo 25, paragrafo 2, della CAS dev’essere interpretato nel senso che è opportuno, allo stato attuale del diritto dell’Unione, che le consultazioni ivi previste vengano svolte nei tempi più brevi possibili, senza dover essere necessariamente avviate prima della decisione di rimpatrio e di divieto d’ingresso.

    3)

    La decisione di rimpatrio può essere eseguita e il divieto d’ingresso può essere applicato solo quando lo Stato consultato ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS si sia pronunciato oppure le consultazioni, nonostante il decorso di un termine ragionevole di risposta, non abbiano avuto alcun esito. Già prima del decorso di detto termine, entrambe le decisioni possono essere eseguite, purché il cittadino di un paese terzo costituisca un pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico.


    ( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

    ( 2 ) V., al riguardo, l’articolo 3, paragrafo 2, TUE e l’articolo 67, paragrafo 2, TFUE, nonché il protocollo n. 19 al TUE e al TFUE (protocollo sull’acquis di Schengen integrato nell’ambito dell’Unione europea, GU 2008, C 115, pag. 290; detto protocollo risale al Trattato di Amsterdam).

    ( 3 ) In particolare sull’ultimo aspetto v. sentenze del 5 giugno 2014, Mahdi (C‑146/14 PPU, EU:C:2014:1320, punto 46); del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 39), e dell’11 giugno 2015, Zh. e O. (C‑554/13, EU:C:2015:377, punto 38).

    ( 4 ) GU 2000, L 239, pag. 19.

    ( 5 ) GU 2008, L 348, pag. 98.

    ( 6 ) Regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (GU 2016, L 77, pag. 1).

    ( 7 ) Con il regolamento 2016/399 è stato abrogato e sostituito il precedente testo del codice frontiere Schengen di cui al regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2006 (GU 2006, L 105, pag. 1). Le disposizioni pertinenti nella specie non hanno peraltro cambiato contenuto, cosicché nel prosieguo mi riferirò solo al testo del codice frontiere Schengen attualmente in vigore.

    ( 8 ) Si trattava del Regno del Belgio, della Repubblica federale di Germania, della Repubblica francese, del Granducato di Lussemburgo e del Regno dei Paesi Bassi.

    ( 9 ) Con decisione 1999/436/CE del Consiglio, del 20 maggio 1999 (GU 1999, L 176, pag. 17), le singole disposizioni che formano insieme l’acquis di Schengen, sono state inoltre assegnate alla diversa base giuridica dei trattati istitutivi dell’Unione europea; in forza dell’allegato A di detta decisione, l’articolo 25 della CSA rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 62, punto 3, e dell’articolo 63, punto 3, CE (attualmente articoli 77 e 79 TFUE).

    ( 10 ) V., a tal riguardo, l’accordo tra l’Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera, riguardante l’associazione di detto Stato all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen, firmato in Lussemburgo il 26 ottobre 2004 ed entrato in vigore il 1o marzo 2008 (GU 2008, L 53, pag. 52), nel prosieguo: l’«accordo sull’associazione della Svizzera a Schengen».

    ( 11 ) Il ricorrente in impugnazione aveva detenuto per la vendita, inter alia, almeno 850 pasticche di ecstasy, aveva importato in Finlandia complessivamente 438 grammi di cocaina a fini di vendita o cessione, e aveva cercato di acquistare, a fini di vendita, almeno 30 grammi di cocaina.

    ( 12 ) La sentenza di primo grado è stata pronunciata il 5 aprile 2016.

    ( 13 ) Sul diritto della Svizzera a partecipare al procedimento pregiudiziale v. l’articolo 8, paragrafo 2, dell’accordo sull’associazione della Svizzera a Schengen in combinato disposto con l’articolo 23, paragrafo 4, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

    ( 14 ) L’ufficio dell’immigrazione e il rappresentante del governo spagnolo hanno presentato alla Corte osservazioni concordanti al riguardo.

    ( 15 ) In tal senso, sentenza del 20 gennaio 2005, García Blanco (C‑225/02, EU:C:2005:34), nonché ordinanze del 3 marzo 2016, Euro Bank (C‑537/15, EU:C:2016:143), e del 23 marzo 2016, Overseas Financial e Oaktree Finance (C‑319/15, EU:C:2016:268).

    ( 16 ) Al riguardo, presumo che detto accertamento di un pericolo per la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico sia stato effettuato in base agli standard vigenti nel diritto dell’Unione e che esso si basi, in particolare, su un’attenta previsione del caso specifico, nella quale si sia tenuto conto non solo dei reati commessi in passato dalla persona in questione, ma in maniera del tutto preponderante dei pericoli effettivi e attuali da essa provenienti e, in ultima analisi, ne abbiano costituito la ragione decisiva: v. al riguardo sentenza dell’11 giugno 2015, Zh. e O. (C‑554/13, EU:C:2015:377, in particolare punti da 50 a 5254).

    ( 17 ) Articolo 26, paragrafo 2, della proposta di regolamento del Parlamento e del Consiglio sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen (SIS) nel settore delle verifiche di frontiera, che modifica il regolamento (UE) n. 515/2014 e abroga il regolamento (CE) n. 1987/2006, presentato dalla Commissione il 21 dicembre 2016, COM(2016) 882 final.

    ( 18 ) V., a tal riguardo, il considerando 4 della direttiva 2008/115, nonché le sentenze del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 39); del 23 aprile 2015, Zaizoune (C‑38/14, EU:C:2015:260, punto 34), e del 26 luglio 2017, Ouhrami (C‑225/16, EU:C:2017:590, punto 51).

    ( 19 ) Come emerge dall’articolo 26, paragrafo 2, secondo periodo, della proposta COM(2016) 882 final (cit. alla nota 17), è senz’altro immaginabile svolgere una consultazione preventiva nel sistema Schengen.

    ( 20 ) Il giudice del rinvio parla, a tal riguardo, di «allontanamento», aderendo all’uso linguistico delle pertinenti disposizioni della normativa nazionale. In mancanza di elementi contrari, ritengo però che si tratti di nient’altro che di una decisione di rimpatrio ai sensi della direttiva 2008/115 e utilizzerò pertanto la terminologia consolidata della direttiva.

    ( 21 ) V., al riguardo, supra, paragrafi da 43 a 48.

    ( 22 ) Sentenza del 26 luglio 2017, Ouhrami (C‑225/16, EU:C:2017:590, punti da 45 a 53, in particolare punti 45 e 53).

    ( 23 ) V. al riguardo supra, paragrafo 58.

    ( 24 ) Sul diritto del cittadino di un paese terzo a un processo equo e trasparente v. il considerando 6 della direttiva 2008/115, nonché le sentenze del 5 giugno 2014, Mahdi (C‑146/14 PPU, EU:C:2014:1320, punto 40), e del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 61).

    ( 25 ) Cfr parimenti., al riguardo, il considerando 4 della 2008/115 nonché le sentenze del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 39); del 23 aprile 2015, Zaizoune (C‑38/14, EU:C:2015:260, punto 34), e del 26 luglio 2017, Ouhrami (C‑225/16, EU:C:2017:590, punto 51).

    ( 26 ) In generale, sul principio di cooperazione leale tra Stati membri, v. sentenze del 22 marzo 1983, Commissione/Francia (42/82, EU:C:1983:88, punto 36); del 27 settembre 1988, Matteucci (235/87, EU:C:1988:460, punto 19), e dell’11 giugno 1991, Athanasopoulos e a. (C‑251/89, EU:C:1991:242, punto 57). Più di recente la Corte ha evidenziato la rilevanza del principio di cooperazione leale tra Stati membri anche in relazione allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, e precisamente, da un lato, in relazione al sistema Schengen (sentenza del 31 gennaio 2006, Commissione/Spagna, C‑503/03, EU:C:2006:74, punto 56) e, dall’altro lato, con riguardo al trattamento delle richieste di protezione internazionale (sentenza del 26 luglio 2017, Jafari, C‑646/16, EU:C:2017:586, punto 88 alla fine).

    ( 27 ) V. punto 4.5.1 del manuale SIRENE, riprodotto nell’allegato alla decisione di esecuzione 2013/115/UE della Commissione del 26 febbraio 2013 (GU 2013, L 71, pag. 1).

    ( 28 ) L’allineamento con i termini indicati dalla direttiva 2008/115 sembra tanto più necessario, in quanto detta direttiva, ai sensi del suo articolo 21, sostituisce talune norme della CAS.

    ( 29 ) V. sull’ultimo aspetto, in particolare, l’articolo 12 della direttiva 2003/109/CE del Consiglio del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44).

    ( 30 ) Così, ad esempio, alcuni termini di risposta vigenti nell’ambito del sistema «Dublino III», come risultano rilevanti nel caso pendente X (cause riunite C‑47/17 e C‑48/17); v. al riguardo l’articolo 22, paragrafi 1 e 6, nonché l’articolo 25 del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31).

    ( 31 ) Ancora più rigorosa è la posizione della Commissione nell’articolo 26, paragrafo 2, secondo periodo, della sua proposta COM(2016) 882 final (citata alla nota 17), in cui essa ritiene ragionevole il termine di risposta estremamente breve di sette giorni.

    ( 32 ) Riguardo ai singoli settori giuridici, nei quali il legislatore dell’Unione ha attribuito esplicitamente un contenuto al silenzio di un’autorità, v. le mie conclusioni presentate nella causa Housieaux (C‑186/04, EU:C:2005:70, paragrafo 35).

    ( 33 ) V., a tal riguardo, l’articolo 3, n. 6, della direttiva 2008/115, secondo il quale un divieto d’ingresso, a termini di tale direttiva, vieta l’ingresso nel territorio degli Stati membri; v. altresì il considerando 14 della medesima direttiva, in cui si ribadisce che occorre conferire una dimensione europea agli effetti delle misure nazionali di rimpatrio istituendo un divieto d’ingresso che proibisca l’ingresso e il soggiorno nel territorio di tutti gli Stati membri.

    ( 34 ) V., sul punto, supra, paragrafo 59.

    ( 35 ) Conseguentemente, l’articolo 6, paragrafo 2, secondo periodo, della direttiva 2008/115 non dispone, per un’ipotesi di tal genere, alcun obbligo di consentire la partenza verso lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno al cittadino di un paese terzo interessato, ma rinvia semplicemente alla regola del rimpatrio del cittadino di un paese terzo stabilita dall’articolo 6, paragrafo 1.

    ( 36 ) Al momento in cui la domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla Corte, le consultazioni di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della CAS erano in corso da più di due anni, senza che il Regno di Spagna prendesse definitivamente una posizione.

    ( 37 ) V., a tal riguardo, attualmente, il protocollo n. 19 al Trattato UE e al Trattato FUE.

    ( 38 ) Su tale aspetto v. articolo 34, paragrafo 2, lettera b), terzo periodo, TUE nel testo del Trattato di Amsterdam.

    ( 39 ) Anzi, al contrario, si riconosce che le disposizioni della CAS possano portare, dinanzi a giudici nazionali, alla disapplicazione di norme e prassi nazionali dal diverso contenuto (v. la fondamentale sentenza dell’11 febbraio 2003, Gözütok e Brügge, C‑187/01 e C‑385/01, EU:C:2003:87, in particolare punto 33 alla fine, in relazione all’articolo 54 della CAS).

    ( 40 ) Secondo costante giurisprudenza, può trattarsi anche di convenzioni di cui l’Unione stessa non sia parte contraente, v, sul punto, in particolare, le sentenze del 12 dicembre 1972, International Fruit Company e a. (da 21/72 a 24/72, EU:C:1972:115, punto 18), e del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 62).

    ( 41 ) Sentenze del 30 settembre 1987, Demirel (12/86, EU:C:1987:400, punto 14), e del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864, punti 5455); di fondamentale importanza, a tal proposito, è inoltre la sentenza del 5 febbraio 1963, van Gend & Loos (26/62, EU:C:1963:1, pag. 23 e seg. della versione italiana).

    ( 42 ) Sentenza del 22 maggio 1980, Santillo (131/79, EU:C:1980:131, punto 13); in senso analogo, sentenze del 26 febbraio 1986, Marshall (152/84, EU:C:1986:84, punto 55), e del 2 agosto 1993, Marshall (C‑271/91, EU:C:1993:335, punto 37), nonché conclusioni dell’avvocato generale Van Gerven nella causa Banks (C‑128/92, EU:C:1993:860, paragrafo 27, ultimo capoverso).

    ( 43 ) Sentenze del 5 febbraio 1963, van Gend & Loos (26/62, EU:C:1963:1, pag. 23 e seg. della versione italiana), e dell’8 aprile 1976, Defrenne (43/75, EU:C:1976:56, punti da 30 a 37).

    ( 44 ) Sentenza del 26 luglio 2017, Mengesteab (C‑670/16, EU:C:2017:587, in particolare punto 56); nello stesso senso, sentenza del 25 ottobre 2017, Shiri (C‑201/16, EU:C:2017:805, in particolare, punti 39 e 44).

    ( 45 ) V., a tal riguardo, supra, in particolare, paragrafi da 61 a 80.

    ( 46 ) Anche il governo belga si è pronunciato a favore del riconoscimento dell’efficacia diretta dell’articolo 25, paragrafo 2, della CAS, laddove in tal modo si renda possibile al cittadino di un paese terzo in questione di far cancellare una segnalazione nel sistema d’informazione Schengen ai fini della non ammissione che lo riguardi.

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