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Document 62016TN0631

Causa T-631/16: Ricorso proposto il 2 settembre 2016 — Remag Metallhandel e Jaschinsky/Commissione

GU C 392 del 24.10.2016, p. 47–48 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

24.10.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 392/47


Ricorso proposto il 2 settembre 2016 — Remag Metallhandel e Jaschinsky/Commissione

(Causa T-631/16)

(2016/C 392/62)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrenti: Remag Metallhandel GmbH (Steyr, Austria) e Werner Jaschinsky (St. Ulrich bei Steyr, Austria) (rappresentante: M. Lux, avvocato)

Convenuta: Commissione europea

Conclusioni

I ricorrenti chiedono che, tenuto conto della richiesta di OLAF, su cui ha insistito anche successivamente, che le autorità degli Stati membri recuperino dazi antidumping su tutte le partite di silicio metallico esportate da Taiwan verso l’Unione europea conformemente al regolamento (CE) n. 398/2004 del Consiglio, del 2 marzo 2004, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di silicio originario della Repubblica popolare cinese (GU 2004, L 66) e al regolamento di esecuzione (UE) n. 467/2010 del Consiglio, del 25 maggio 2010, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di silicio originario della Repubblica popolare cinese, esteso alle importazioni di silicio spedito dalla Repubblica di Corea, dichiarato o no originario della Repubblica di Corea (GU 2010, L 131), nonostante la mancanza di prove o l’insufficienza delle prove fornite da OLAF in merito al fatto che il silicio importato dalla Remag da Taiwan sia originario della Repubblica popolare cinese, il Tribunale voglia;

condannare la convenuta al risarcimento dei danni subiti dai ricorrenti, come specificato nel ricorso, oltre a interessi moratori al tasso dell’8 % annuo, e

condannare la convenuta alle spese del procedimento dinanzi al Tribunale.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, i ricorrenti deducono cinque motivi.

1.

Primo motivo, vertente sul fatto che, chiedendo agli Stati membri di recuperare dazi antidumping prima che l’indagine confermasse l’origine delle merci al fine di evitare la prescrizione dei dazi asseritamente dovuti, OLAF ha dato istruzioni e ha indotto le amministrazioni nazionali a violare gli articoli 220, paragrafo 1, e 221, paragrafo 1, del Codice Doganale Comunitario (in prosieguo: il «CDC»).

2.

Secondo motivo, vertente sulla violazione, da parte di OLAF, del principio di buona amministrazione e del suo obbligo di fondare le sue conclusioni su prove concrete, poiché non ha tenuto conto, nella sua richiesta di recupero, del fatto che una spedizione di silicio dalla Repubblica popolare cinese non dimostra che il silicio sia originario della Repubblica popolare cinese.

3.

Terzo motivo, vertente sulla violazione, da parte di OLAF, dell’onere della prova circa l’origine non preferenziale, dal momento che ha asserito che tutte le esportazioni di silicio da Taiwan riguardavano merci originarie della Repubblica popolare cinese.

4.

Quarto motivo, vertente sulla violazione, da parte di OLAF, delle regole sull’origine, come interpretate dalla Corte di giustizia, nella parte in cui ha fatto valere che il trattamento avvenuto in Taiwan non era sufficiente a conferire l’origine taiwanese senza considerare l’uso del silicio trattato.

5.

Quinto motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa della ricorrente.


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