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Document 62016TJ0852

Sentenza del Tribunale (Prima Sezione) del 7 febbraio 2018.
Access Info Europe contro Commissione europea.
Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Dichiarazioni UE-Turchia dell’8 e del 18 marzo 2016 – Attuazione da parte dell’Unione europea o degli Stati membri delle misure previste – Documenti redatti o ricevuti dal servizio giuridico di un’istituzione – Consulenza legale – Analisi della legittimità delle misure previste nell’ambito dell’attuazione della dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016 – Diniego di accesso – Articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1049/2001 – Eccezione relativa alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali – Articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 – Eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali – Eccezione relativa alla tutela della consulenza legale.
Causa T-852/16.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2018:71

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

7 febbraio 2018 ( *1 )

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Dichiarazioni UE-Turchia dell’8 e del 18 marzo 2016 – Attuazione da parte dell’Unione europea o degli Stati membri delle misure previste – Documenti redatti o ricevuti dal servizio giuridico di un’istituzione – Pareri giuridici – Analisi della legittimità delle misure previste nell’ambito dell’attuazione della dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016 – Diniego di accesso – Articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1049/2001 – Eccezione relativa alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali – Articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 – Eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali – Eccezione relativa alla tutela della consulenza legale»

Nella causa T‑852/16,

Access Info Europe, con sede in Madrid (Spagna), rappresentata da O. Brouwer, E. Raedts e J. Wolfhagen, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da A. Buchet e M. Konstantinidis, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e volta all’annullamento della decisione C(2016) 6030 final della Commissione, del 19 settembre 2016, che conferma il diniego di accesso opposto da quest’ultima alla ricorrente quanto ai documenti provenienti dal servizio giuridico di tale istituzione e asseritamente vertenti sulla legittimità delle misure adottate dall’Unione europea e dai suoi Stati membri al fine di attuare le azioni descritte nella dichiarazione dei capi di Stato o di governo dell’Unione, del 18 marzo 2016, adottata in seguito al loro incontro in pari data con il Primo ministro turco,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da I. Pelikánová, presidente, P. Nihoul e J. Svenningsen (relatore), giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 novembre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

Sulle dichiarazioni UE-Turchia

1

Il 15 ottobre 2015, la Repubblica di Turchia e l’Unione europea hanno concordato un piano di azione comune intitolato «EU-Turkey joint action plan» (in prosieguo: il «piano di azione comune») volto a rafforzare la loro cooperazione, in materia di sostegno ai cittadini siriani beneficiari di una protezione internazionale temporanea e in materia di gestione migratoria, per rispondere alla crisi determinata dalla situazione in Siria.

2

Obiettivo del piano di azione comune era di rispondere alla situazione di crisi in Siria in tre modi, ossia, in primo luogo, affrontando alla radice le cause del massiccio esodo di siriani, in secondo luogo, fornendo sostegno ai siriani beneficiari di una protezione internazionale temporanea e alle loro comunità di accoglienza in Turchia e, in terzo luogo, rafforzando la cooperazione in materia di prevenzione dei flussi migratori illegali in direzione dell’Unione.

3

Il 29 novembre 2015 i capi di Stato o di governo degli Stati membri dell’Unione si sono riuniti con la controparte turca. In esito a tale incontro, essi hanno deciso di attivare il piano di azione comune e, in particolare, di intensificare la loro cooperazione attiva riguardo ai migranti che non avevano bisogno di protezione internazionale, impedendo loro di recarsi in Turchia e nell’Unione, assicurando l’applicazione delle disposizioni bilaterali che erano state fissate in materia di riammissione e rimpatriando rapidamente nei loro paesi d’origine i migranti che non avevano bisogno di protezione internazionale.

4

In data 8 marzo 2016 una dichiarazione dei capi di Stato o di governo dell’Unione, pubblicata dai servizi congiunti del Consiglio europeo e del Consiglio dell’Unione europea, indicava che i capi di Stato o di governo dell’Unione avevano discusso con il Primo ministro turco sulle relazioni tra l’Unione e la Repubblica di Turchia e che erano stati compiuti progressi nell’attuazione del piano di azione comune (in prosieguo: la «dichiarazione UE-Turchia dell’8 marzo 2016»). Tale riunione si era tenuta il 7 marzo 2016.

5

Il 18 marzo 2016 veniva pubblicata sul sito Internet del Consiglio, nella forma del comunicato stampa n. 144/16, una dichiarazione contenente un resoconto dei risultati di «quella che da novembre 2015 [era] la terza riunione volta ad approfondire le relazioni Turchia-UE nonché ad affrontare la crisi migratoria» tra «i membri del Consiglio europeo» e «la controparte turca» (in prosieguo: la «dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016»). Ai sensi di tale dichiarazione, tutti i nuovi migranti irregolari che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alle isole greche a decorrere dal 20 marzo 2016 saranno rimpatriati in Turchia e, per ogni siriano rimpatriato in Turchia dalle isole greche, un altro siriano sarà reinsediato dalla Turchia nell’Unione, tenendo conto dei criteri di vulnerabilità delle Nazioni Unite.

Sulla domanda di accesso ai documenti

Sulla domanda di accesso ai documenti

6

Con messaggio di posta elettronica del 17 marzo 2016, l’associazione Access Info Europe, ricorrente, ha chiesto, ai sensi dell’articolo 6 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), alla direzione generale (DG)«Migrazione e affari interni» della Commissione europea (in prosieguo: la «DG “Affari interni”») l’accesso a «tutti i documenti prodotti o ricevuti dalla Commissione contenenti i pareri giuridici e/o analisi della legittimità [rispetto al diritto dell’Unione] e al diritto internazionale dell’accordo di riammissione delle persone in posizione irregolare tra l’Unione europea e la Repubblica di Turchia (GU [2014], L 134[, pag. 3])» nonché a «tutti i documenti prodotti o ricevuti dalla Commissione contenenti pareri giuridici e/o analisi della legittimità delle azioni intraprese dall’U[nione] e dai suoi Stati membri nell’ambito dell’attuazione delle azioni previste nella dichiarazione sull’accordo concluso con la Turchia nella riunione del 7 marzo 2016[,] (…) documenti redatti sia prima che dopo lo svolgimento di tale riunione, fino ad oggi».

7

Con decisione del 3 giugno 2016, il direttore generale del servizio giuridico della Commissione (in prosieguo: il «servizio giuridico») ha negato l’accesso alle otto serie di documenti, composte da note e messaggi di posta elettronica scambiati tra il servizio giuridico e la DG «Affari interni» tra il 7 e il 31 marzo 2016, che lo stesso aveva identificato come oggetto della domanda di accesso ai documenti connessi alla dichiarazione UE-Turchia dell’8 marzo 2016.

8

A seguito della presentazione da parte della ricorrente di una domanda di conferma ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, la Commissione, con la decisione C(2016) 6029 final, del 19 settembre 2016, ha essenzialmente confermato la decisione del 3 giugno 2016 di diniego di accesso ai documenti relativi alla dichiarazione UE-Turchia dell’8 marzo 2016 e le motivazioni sottese a tale diniego esposte nella decisione del 3 giugno 2016. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 novembre 2016, la ricorrente ha proposto ricorso, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, avverso la decisione C(2016) 6029 final, il quale è stato iscritto a ruolo con il numero T‑851/16.

Sulle domande di accesso ai documenti di cui al caso di specie

9

Con messaggio di posta elettronica del 26 aprile 2016, la ricorrente, ai sensi dell’articolo 6 del regolamento n. 1049/2001, ha chiesto al servizio giuridico della Commissione l’accesso a «tutti i documenti prodotti o ricevuti dalla Commissione contenenti pareri giuridici e/o analisi della legittimità delle azioni intraprese dall’U[nione] e dai suoi Stati membri nell’ambito dell’attuazione delle azioni previste nella dichiarazione sull’accordo concluso con la [Repubblica di] Turchia nella riunione del 18 marzo 2016[,] (…) documenti redatti sia prima che dopo lo svolgimento di tale riunione, fino ad oggi» (in prosieguo: la «domanda di accesso»).

10

Con decisione del 16 giugno 2016, il direttore generale del servizio giuridico ha indicato alla ricorrente di aver individuato tre serie di documenti, vale a dire otto documenti in totale, di cui sette messaggi di posta elettronica, a cui ha negato l’accesso (in prosieguo: i «documenti controversi»).

11

A sostegno del diniego di accesso ai documenti controversi erano invocati, in primo luogo, un pregiudizio alla tutela della consulenza legale e delle procedure giurisdizionali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 e, in secondo luogo, un pregiudizio al processo decisionale interno alla Commissione a norma dell’articolo 4, paragrafo 3, di tale regolamento. In terzo luogo, la tutela delle relazioni internazionali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1049/2001 era invocata come idonea a giustificare, in ogni caso, il diniego di accesso opposto alla ricorrente.

12

Con lettera del 14 luglio 2016, la ricorrente ha presentato, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, una domanda di conferma con cui chiedeva che la Commissione rivedesse la sua posizione.

13

Con la decisione C(2016) 6030 final, del 19 settembre 2016 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha essenzialmente confermato la decisione iniziale di diniego di accesso e le motivazioni alla base di tale rifiuto esposte nella decisione iniziale. Inoltre, la Commissione ha indicato che la parte della domanda di accesso ai documenti riguardante quelli detenuti dalla DG «Affari interni» era stata trasmessa a quest’ultima, la quale, con decisione del 30 novembre 2016, ha accordato alla ricorrente l’accesso a tre documenti in suo possesso, ma ha negato l’accesso a un quarto documento, ossia una lettera dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, invocando l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001.

14

I documenti controversi nel caso in esame sono i seguenti:

una serie di quattro messaggi di posta elettronica inviati l’8 aprile 2016 dal servizio giuridico alla direzione generale (DG) «Vicinato e negoziati di allargamento» (in prosieguo: la «DG “Allargamento”»), contenenti le osservazioni del servizio giuridico su una lettera, allegata a tali messaggi, relativa alle garanzie circa il trattamento che deve essere concesso dalla Repubblica di Turchia ai cittadini siriani e recanti riferimento Ares(2016) 2655082 (in prosieguo: il «primo documento controverso»);

un messaggio di posta elettronica dell’11 aprile 2016 del servizio giuridico inviato in risposta al gabinetto del primo vicepresidente della Commissione, Timmermans, nonché alla DG «Affari interni» e alla DG «Allargamento» sulla questione dei comitati di ricorso greci, recante riferimento Ares(2016) 2655468 e facente seguito a un quesito posto dalla presidenza olandese dell’Unione con messaggio di posta elettronica del 9 aprile 2016 (in prosieguo: il «secondo documento controverso»);

una serie di due messaggi di posta elettronica, del 12 aprile 2016, del servizio giuridico inviati alla DG «Affari interni» sulla questione relativa alle pratiche dei comitati di ricorso greci, recante riferimento Ares(2016) 2655140 (in prosieguo: il «terzo documento controverso»).

Procedimento e conclusioni delle parti

15

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 novembre 2016, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

16

Nella replica, la ricorrente ha domandato al Tribunale di valutare di chiedere alla convenuta la produzione dei documenti controversi mediante un mezzo istruttorio. A norma dell’articolo 88, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, la Commissione ha potuto prendere posizione su tale richiesta nell’ambito della controreplica.

17

Dato che la ricorrente metteva in discussione la legittimità di una decisione che le negava l’accesso a documenti in applicazione di più di una eccezione tra quelle previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, e ciò deducendo che le eccezioni invocate dall’istituzione interessata non erano applicabili ai documenti richiesti, il Tribunale, in tale caso obbligato a disporre la produzione di tali documenti e a esaminarli (sentenza del 28 novembre 2013, Jurašinović/Consiglio, C‑576/12 P, EU:C:2013:777, punto 27), ha, con ordinanza del 4 luglio 2017, ingiunto alla Commissione, ai sensi dell’articolo 91, lettera c), e dell’articolo 92 del regolamento di procedura, di produrre i documenti controversi, pur precisando che, conformemente all’articolo 104 del regolamento di procedura, questi non sarebbero stati comunicati alla ricorrente.

18

In esito a un duplice scambio di memorie, si è conclusa la fase scritta del procedimento e il Tribunale ha deciso di avviare la fase orale dello stesso.

19

Il 13 luglio 2017, la Commissione ha prodotto i documenti controversi.

20

Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza dell’8 novembre 2017, con cui la presente causa è stata riunita alla causa T‑851/16. Access Info Europe/Commissione. Nell’ambito della discussione della causa, la ricorrente ha in particolare confermato che non intendeva contestare l’affermazione della Commissione secondo cui essa non era stata destinataria di documenti degli Stati membri contenenti pareri giuridici dello stesso tipo di quelli redatti dal suo servizio giuridico.

21

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare la Commissione alle spese.

22

La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso in quanto infondato;

condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

23

A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce in sostanza quattro motivi, vertenti, rispettivamente, in primo luogo, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001; in secondo luogo, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, di tale regolamento; in terzo luogo, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, primo e secondo comma, di detto regolamento, e, in quarto luogo e in via subordinata, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del medesimo regolamento.

Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001

24

A sostegno del primo motivo, la ricorrente sostiene che, nel rifiutare l’accesso ai documenti controversi con la motivazione ipotetica che la divulgazione di tali documenti comprometterebbe le relazioni internazionali, la Commissione ha violato l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Infatti, ai sensi della giurisprudenza risultante dal punto 64 della sentenza del 3 luglio 2014, Consiglio/in’t Veld (C‑350/12 P, EU:C:2014:2039), essa avrebbe dovuto dimostrare, cosa che la medesima non avrebbe fatto nel caso di specie, in che modo la divulgazione dei documenti controversi avrebbe arrecato concretamente ed effettivamente pregiudizio alla posizione dell’Unione nei confronti della Repubblica di Turchia.

25

Nell’affermare che i documenti controversi contenevano informazioni su punti specifici della dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016 e sull’interpretazione dell’ambito di applicazione delle disposizioni di vari atti dell’Unione pertinenti all’oggetto di tale dichiarazione, la ricorrente ritiene che la Commissione non possa giustificare un diniego di accesso ai documenti controversi con il timore che la loro divulgazione riveli opinioni divergenti quanto alla scelta e alla legittimità di talune misure di attuazione di detta dichiarazione. Inoltre, essa afferma che i documenti controversi avevano necessariamente dovuto contenere analisi sulle competenze dell’Unione o sull’acquis dell’Unione in materia di asilo, poiché la Commissione aveva invocato, a sostegno del diniego della loro divulgazione, l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali con riferimento alle cause che hanno dato luogo alle ordinanze del 28 febbraio 2017, NF/Consiglio europeo (T‑192/16, EU:T:2017:128), del 28 febbraio 2017, NG/Consiglio europeo (T‑193/16, EU:T:2017:129), e del 28 febbraio 2017, NM/Consiglio europeo (T‑257/16, EU:T:2017:130) (in prosieguo: le «cause di asilo»). Orbene, alla luce delle questioni definite dal Tribunale in tali ordinanze, sarebbe chiaro che le memorie di intervento, che la Commissione avrebbe potuto depositare se fosse stata ammessa all’intervento in dette cause, avrebbero necessariamente riguardato la questione della ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati membri.

26

La Commissione non potrebbe dunque sostenere, senza fornire altri elementi, che le relazioni internazionali dell’Unione sarebbero pregiudicate dalla divulgazione dei documenti controversi. Peraltro, essa non preciserebbe in che modo l’asserito dialogo costante tra l’Unione e la Repubblica di Turchia potrebbe in concreto essere compromesso dalla diffusione del contenuto di tali documenti.

27

Inoltre, nella causa all’origine della sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374), la Corte avrebbe sottolineato, in senso favorevole a un accesso a documenti di tal genere, che la divulgazione di siffatti documenti da parte delle istituzioni contribuiva a conferire loro una maggiore legittimità agli occhi dei cittadini dell’Unione e ad accrescere la fiducia di questi ultimi in un sistema democratico. Orbene, secondo la ricorrente, un dibattito trasparente sull’attuazione delle dichiarazioni UE-Turchia dell’8 e del 18 marzo 2016 dovrebbe consolidare la fiducia della Repubblica di Turchia nelle misure adottate dall’Unione e, pertanto, rafforzare la relazione dell’Unione con tale paese terzo piuttosto che comprometterla. A tale riguardo, essa fa valere che non può essere accertato un pregiudizio delle relazioni internazionali per la sola ragione che la controparte dell’Unione, nel caso di specie la Repubblica di Turchia, non applicherebbe un principio di trasparenza e, di conseguenza, non sarebbe obbligata a rivelare il contenuto dei pareri giuridici resi dai suoi servizi nell’ambito delle discussioni con l’Unione. In ogni caso, sarebbe nell’interesse di tale Stato terzo che le misure di attuazione della dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016 abbiano una valida base giuridica che consenta di evitare la loro successiva contestazione in sede giurisdizionale, in particolare per un motivo attinente a un difetto di competenza degli autori di tali atti.

28

La ricorrente ritiene, del resto, che mantenere la riservatezza sul fatto che esistano dubbi sulla base giuridica e sull’utilizzo di determinate misure di attuazione della dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016 potrebbe in ultima istanza compromettere gravemente le relazioni internazionali dell’Unione. Inoltre, per quanto riguarda tali misure, essa osserva che, alla data di adozione della decisione impugnata, il processo di adozione delle modifiche della decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia (GU 2015, L 248, pag. 80), e del regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio, del 15 marzo 2001, che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (GU 2001, L 81, pag. 1), era in fase avanzata. Infatti, il 4 maggio 2016, la Commissione aveva già adottato la proposta COM(2016) 279 final di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento n. 539/2001, mentre, il 29 settembre 2016, il Consiglio ha adottato la decisione (UE) 2016/1754, che modifica la decisione 2015/1601 (GU 2016, L 268, pag. 82).

29

La Commissione chiede il rigetto del primo motivo in quanto infondato.

30

A tale riguardo, essa ricorda anzitutto che, nella decisione impugnata, ha indicato alla ricorrente che «la dichiarazione UE-Turchia e la sua attuazione da parte dei diversi soggetti interessati [era]no di massima importanza per le relazioni esterne dell’U[nione] con la [Repubblica di] Turchia» e che «[l]a divulgazione dell’analisi giuridica che figura nei documenti [negati], contenenti una consulenza giuridica resa all’interno della Commissione, presenterebbe un rischio concreto di complicare la posizione dell’U[nione] nel dialogo con la [Repubblica di] Turchia, e, pertanto, di compromettere le relazioni internazionali dell’U[nione]».

31

Inoltre, ricordando che esiste un dialogo permanente tra l’Unione e la Repubblica di Turchia sulla questione molto delicata e importante dell’attuazione delle dichiarazioni UE-Turchia dell’8 e del 18 marzo 2016 riguardanti la crisi migratoria, la Commissione ritiene che sia indispensabile che tale dialogo si svolga in un clima di fiducia reciproca, dialogo nel cui ambito l’Unione e la Repubblica di Turchia devono trovarsi su un piano di parità. Orbene, la divulgazione dei documenti controversi, contenenti pareri giuridici interni destinati all’utilizzo da parte dei rappresentanti della Commissione nell’ambito delle relazioni dell’Unione con tale Stato terzo, sconvolgerebbe tale equilibrio, da un lato, consentendo a detto Stato di entrare in possesso di pareri giuridici interni dell’Unione e, dall’altro, creando un fraintendimento agli occhi dei cittadini dell’Unione. Il carattere sensibile della questione migratoria e la fragilità della situazione dovrebbero essere presi in considerazione a tal riguardo. Inoltre, in udienza, la Commissione ha spiegato che la stessa aveva già dato prova di trasparenza nell’accettare di rivelare alla ricorrente ciò su cui vertevano i documenti controversi identificati come rientranti nell’ambito della sua domanda di accesso.

32

Infine, la Commissione rammenta che, contrariamente a quanto menzionato dalla ricorrente, essa, nella decisione impugnata, ha chiaramente illustrato che i documenti controversi non contenevano pareri giuridici in merito alla questione della delimitazione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati membri nel settore interessato dalle dichiarazioni UE-Turchia dell’8 e del 18 marzo 2016, le quali, a parere di tale istituzione, non costituiscono accordi internazionali ai sensi dell’articolo 218 TFUE, a prescindere dalla forma e della natura che tali atti hanno assunto. Su tale aspetto, le ordinanze del 28 febbraio 2017, NF/Consiglio europeo (T‑192/16, EU:T:2017:128), del 28 febbraio 2017, NG /Consiglio europeo (T‑193/16, EU:T:2017:129), e del 28 febbraio 2017, NM/Consiglio europeo (T‑257/16, EU:T:2017:130), pronunciate nelle cause di asilo, non sarebbero pertinenti ai fini della valutazione della legittimità della decisione impugnata, poiché queste sono intervenute successivamente all’adozione di detta decisione.

Considerazioni di ordine generale sul regolamento n. 1049/2001

33

In limine, occorre rammentare che, conformemente al suo considerando 1, il regolamento n. 1049/2001 è riconducibile all’intento, espresso all’articolo 1, secondo comma, del Trattato UE, di «segna[re] una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini». Come ricorda il considerando 2 di detto regolamento, il diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni è connesso al carattere democratico di queste ultime (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 34, e del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 27).

34

A tal fine, il regolamento n. 1049/2001, come indicato dal suo considerando 4 e dal suo articolo 1, mira a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni che sia il più ampio possibile (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 61; del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 69, e del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 28).

35

Tale diritto è tuttavia assoggettato a determinate limitazioni fondate su motivi di interesse pubblico o privato (sentenza del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 62). Più nello specifico, e in conformità al suo considerando 11, il regolamento n. 1049/2001 prevede, al suo articolo 4, un regime di eccezioni che consentono alle istituzioni di negare l’accesso a un documento nel caso in cui la divulgazione di quest’ultimo arrechi pregiudizio a uno degli interessi tutelati da tale articolo (sentenze del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 71, e del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 29).

36

Dato che siffatte eccezioni derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, esse devono essere interpretate e applicate in senso restrittivo (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 63; del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 36, e del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 30), di modo che la mera circostanza che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione non può di per sé essere sufficiente a giustificare l’applicazione di quest’ultima (sentenze del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 64; del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 69, e del 7 giugno 2011, Toland/Parlamento, T‑471/08, EU:T:2011:252, punto 29).

37

Invero, quando l’istituzione interessata decide di negare l’accesso a un documento di cui le è stata chiesta la divulgazione, essa deve, in linea di principio, spiegare come l’accesso a tale documento possa concretamente ed effettivamente arrecare pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, che tale istituzione invoca. Inoltre, il rischio di un siffatto pregiudizio deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (v., sentenza del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 31 e giurisprudenza citata; sentenza del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 52).

Sul regime specifico dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001 e sulla sua applicazione al caso di specie

38

Per quanto riguarda gli interessi tutelati dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1049/2001, la Corte ha ritenuto che si dovesse riconoscere che la natura particolarmente sensibile ed essenziale di tali interessi, unita al carattere obbligatorio del diniego di accesso che, ai sensi di detta disposizione, deve essere opposto dall’istituzione qualora la divulgazione al pubblico di un documento arrechi un pregiudizio a detti interessi, attribuisce alla decisione che deve essere così adottata dall’istituzione un carattere complesso e delicato che necessita di un livello di prudenza del tutto particolare e che, nel caso di specie, una siffatta decisione richiede dunque una certa discrezionalità (sentenza del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 35). Ciò è suffragato dal fatto che le eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001 sono formulate in termini categorici in quanto le istituzioni sono tenute a negare l’accesso ai documenti rientranti nell’ambito di tali eccezioni obbligatorie qualora sia provata la sussistenza delle circostanze di cui a dette eccezioni, senza che occorra bilanciare la tutela dell’interesse pubblico con un interesse generale prevalente (v., in tal senso, sentenze del 25 aprile 2007, WWF European Policy Programme/Consiglio, T‑264/04, EU:T:2007:114, punti 4445, e del 12 settembre 2013, Besselink/Consiglio, T‑331/11, non pubblicata, EU:T:2013:419, punto 44).

39

In tale contesto, la Corte ha sottolineato che i criteri di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1049/2001 sono alquanto generici poiché, come risulta dal tenore di detta disposizione, la consultazione deve essere infatti negata qualora la divulgazione del documento in questione arrechi «pregiudizio» alla tutela dell’«interesse pubblico», con particolare riguardo alla «sicurezza pubblica» o alle «relazioni internazionali» e non soltanto, come era stato proposto nel corso della procedura legislativa che ha condotto all’adozione di tale regolamento, quando è effettivamente accertato un «significativo» pregiudizio a tale tutela (sentenza del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punti da 36 a 38).

40

Pertanto, il principio di interpretazione restrittiva delle eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 non osta a che, per quanto riguarda le eccezioni relative all’interesse pubblico di cui al paragrafo 1, lettera a), di tale articolo, l’istituzione interessata disponga di un ampio margine discrezionale per determinare se la divulgazione al pubblico di un documento arrechi un pregiudizio agli interessi tutelati da tale disposizione e, correlativamente, il controllo di legittimità esercitato dal Tribunale quanto a una decisione di diniego di accesso a un documento, opposta dall’istituzione ai sensi di una di dette eccezioni, debba limitarsi alla verifica del rispetto delle norme di procedura e in materia di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti, nonché dell’assenza di errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 64, e del 12 settembre 2013, Besselink/Consiglio, T‑331/11, non pubblicata, EU:T:2013:419, punto 34).

41

Pertanto, occorre stabilire se, nel caso di specie, nella decisione impugnata, la Commissione abbia fornito spiegazioni plausibili quanto al modo in cui l’accesso ai documenti controversi avrebbe potuto arrecare concretamente ed effettivamente un pregiudizio alla tutela delle relazioni internazionali dell’Unione e se, entro i limiti dell’ampio potere discrezionale della Commissione nell’ambito delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, l’asserita violazione possa essere considerata ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetica.

42

A tale riguardo, la spiegazione fornita dalla Commissione per negare l’accesso ai documenti controversi ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001 era che, a suo avviso, rendere tali documenti accessibili al pubblico avrebbe gravemente pregiudicato le relazioni fondamentali tra l’Unione e la Repubblica di Turchia in una situazione estremamente delicata, vale a dire la gestione della crisi migratoria.

43

Per quanto riguarda il primo documento controverso, esso contiene le osservazioni del servizio giuridico su una lettera, allegata a tali messaggi di posta elettronica, relativa alle garanzie fornite dalla Repubblica di Turchia riguardanti il trattamento che la stessa deve riservare ai cittadini siriani.

44

A tal riguardo, è già stato statuito, in sostanza, che la divulgazione in decisioni di elementi che presentano un nesso con gli obiettivi perseguiti dall’Unione e dai suoi Stati membri, in particolare in quanto gli stessi affrontano il contenuto specifico di un accordo previsto o gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nelle negoziazioni, nuocerebbe al clima di fiducia nei negoziati in corso al momento della decisione di diniego di accesso ai documenti contenenti tali elementi (v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2012, In ’t Veld/Consiglio, T‑529/09, EU:T:2012:215, punti 35, 3639).

45

Inoltre, occorre ricordare che, in particolare, nell’ambito dei negoziati internazionali, le posizioni adottate dall’Unione possono, in teoria, cambiare in funzione dell’andamento di detti negoziati, delle concessioni e dei compromessi consentiti in tale ambito dalle varie parti coinvolte. Pertanto, la formulazione di posizioni di negoziazione può implicare varie considerazioni tattiche da parte dei negoziatori, tra cui l’Unione stessa, sicché la divulgazione delle posizioni dell’Unione nei negoziati internazionali potrebbe arrecare pregiudizio alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali (sentenza del 12 settembre 2013, Besselink/Consiglio, T‑331/11, non pubblicata, EU:T:2013:419, punti 7072).

46

In tali circostanze, il Tribunale ritiene nel caso di specie che, tenuto conto, da un lato, del carattere provvisorio dei suggerimenti di modifica presentati dai membri del servizio giuridico, i quali, in tale fase, non erano fatti propri dalla Commissione in quanto istituzione, e, dall’altro, del tenore di tale lettera destinata a essere assunta e firmata dalla Repubblica di Turchia in esito alle discussioni e ai negoziati con la Repubblica ellenica e l’Unione, è senza incorrere in un errore manifesto di valutazione che la Commissione ha invocato, al riguardo del primo documento controverso, l’eccezione relativa alla tutela delle relazioni internazionali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001.

47

Per quanto riguarda il secondo documento controverso, esso contiene il parere del servizio giuridico indirizzato al gabinetto del primo vicepresidente della Commissione, Timmermans, nonché alla DG «Affari interni» e alla DG «Allargamento», in risposta a una domanda posta in via informale dalla presidenza olandese dell’Unione con messaggio di posta elettronica del 9 aprile 2016. Tale parere verte esclusivamente sulla questione se i comitati di ricorso greci istituiti dalla nuova legge greca in materia d’asilo potessero essere considerati giurisdizioni ai sensi dell’articolo 46 della direttiva n. 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60).

48

Di per sé e contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, la divulgazione di tale secondo documento controverso non avrebbe compromesso la tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali, in quanto le valutazioni riportate in tale documento si riferiscono esclusivamente alla legislazione di uno Stato membro dell’Unione e, di conseguenza, non contengono alcuna presa di posizione relativa alla Repubblica di Turchia e, inoltre, in quanto la Commissione, nella decisione impugnata, non ha fatto valere un pregiudizio alle relazioni internazionali della Repubblica ellenica con tale Stato terzo che sarebbe derivato da una divulgazione di valutazioni giuridiche sul suo ordinamento giuridico nel contesto di negoziati bilaterali tra tali due Stati sulla definizione delle modalità di attuazione delle dichiarazioni UE-Turchia.

49

Per quanto riguarda il terzo documento controverso, esso verte, del pari ed essenzialmente, sui comitati di ricorso greci, ad eccezione del messaggio di posta elettronica di cui all’ultima pagina di tale documento, che fa riferimento a negoziati con le autorità turche. Così come per il secondo documento controverso, il Tribunale ritiene che la Commissione, malgrado il suo ampio potere discrezionale al riguardo, non abbia dimostrato in che modo la tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali dell’Unione avrebbe potuto essere compromessa dalla divulgazione del terzo documento controverso ad esclusione dell’ultimo messaggio di posta elettronica contenuto in tale documento, anche se detto documento non reca alcuna presa di posizione relativamente alla Repubblica di Turchia, e che, peraltro, la Commissione, nella decisione impugnata, non abbia fatto valere un pregiudizio alle relazioni internazionali della Repubblica ellenica con tale Stato terzo che sarebbe derivato da una divulgazione di valutazioni giuridiche sul suo ordinamento giuridico nel contesto di negoziati bilaterali tra tali due Stati sulla definizione delle modalità di attuazione delle dichiarazioni UE-Turchia.

50

Pertanto, nel rifiutare l’accesso al secondo e al terzo documento controverso sulla base dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione.

51

Dalle considerazioni che precedono risulta che il primo motivo deve essere respinto per quanto riguarda il diniego opposto dalla Commissione in relazione al primo documento controverso, poiché, da un lato, è senza incorrere in un manifesto errore di valutazione che quest’ultima ha potuto giustificare detto diniego con il fatto che la divulgazione di tali documenti presenterebbe un rischio concreto di complicare la posizione dell’Unione nel dialogo con la Repubblica di Turchia e, di conseguenza, di compromettere le relazioni dell’Unione e, dall’altro, la Commissione era legittimata a limitarsi a esporre sommariamente siffatta motivazione laddove, come nella fattispecie, la fornitura di maggiori spiegazioni avrebbe comportato, in violazione della portata della tutela categorica prevista dal legislatore nel testo dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, la rivelazione del contenuto dei documenti rientranti nell’ambito della tutela di cui a tale disposizione.

52

Al contrario, il primo motivo deve essere parzialmente accolto per quanto riguarda il diniego di accesso opposto dalla Commissione, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, in relazione al secondo e al terzo documento controverso, ad esclusione, per quest’ultimo, del messaggio di posta elettronica contenuto nell’ultima pagina.

53

Tuttavia, poiché il diniego di accesso ai documenti controversi è stato parimenti motivato in base all’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1049/2001, occorre altresì stabilire se tali ulteriori motivi di rifiuto fossero applicabili nel caso di specie, giustificando, in ogni caso, l’orientamento della decisione impugnata.

Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001

54

Con il suo secondo motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione, nella decisione impugnata, ha violato l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. Tale motivo si articola in tre parti che occorre esaminare in ordine successivo.

Sulla prima parte del secondo motivo, vertente sulla tutela delle procedure giurisdizionali

55

A sostegno della prima parte del secondo motivo, la ricorrente sostiene che, nella decisione impugnata, la Commissione ha violato l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, in quanto, nella fattispecie, essa avrebbe applicato una presunzione generale di diniego di accesso ai documenti controversi. Infatti, da un lato, la giurisprudenza riconoscerebbe la possibilità di applicare una siffatta presunzione solo per quanto riguarda i procedimenti giurisdizionali pendenti. Orbene, alla data di adozione della decisione impugnata, non era in corso alcun procedimento giurisdizionale. Dall’altro lato, sempre secondo la giurisprudenza, la presunzione generale di pregiudizio alla tutela delle procedure giurisdizionali riguarderebbe soltanto le memorie depositate nell’ambito di tali procedimenti, il che non ricorrerebbe nel caso dei documenti controversi.

56

Peraltro, la ricorrente ritiene che, nel caso di specie, la Commissione non abbia dimostrato in che modo la divulgazione dei documenti controversi avrebbe arrecato concretamente ed effettivamente pregiudizio alla tutela delle procedure giurisdizionali. Orbene, a tal proposito, essa sottolinea che i documenti controversi non sono stati redatti ai fini di una procedura giurisdizionale. Infatti, nonostante l’introduzione, successivamente alla data di presentazione della domanda di accesso, dei ricorsi che hanno dato luogo alle ordinanze nelle cause di asilo, la ricorrente afferma che i documenti controversi sono stati redatti per esaminare l’acquis pertinente dell’Unione, il che andrebbe ampiamente al di là dell’oggetto di tali ricorsi.

57

In ogni caso, da un lato, la ricorrente osserva che la Commissione non era convenuta nelle cause di asilo e che, di conseguenza, essa non avrebbe potuto invocare il principio di parità delle armi, né, più in generale, invocare la tutela delle procedure giurisdizionali riguardo a tutti i documenti connessi all’oggetto di tali procedure giurisdizionali che erano allora in corso. Dall’altro lato, la ricorrente ritiene che la Commissione si contraddica quando la stessa fa valere tale tutela nel caso di specie, sostenendo che i documenti controversi hanno un legame con dette cause, affermando al contempo che tali documenti riguardavano essenzialmente la modifica della decisione 2015/1601 e quella del regolamento n. 539/2001. In realtà, detti documenti conterrebbero soltanto elementi obiettivi la cui divulgazione non poteva, ad avviso della ricorrente, incidere sulla posizione della Commissione nei procedimenti giurisdizionali richiamati.

58

La Commissione chiede il rigetto della prima parte del secondo motivo, rilevando anzitutto che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, essa, nella decisione impugnata, non ha invocato una presunzione generale di non divulgazione, fondata sull’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali o su un’altra eccezione prevista dal regolamento n. 1049/2001. Infatti, il diniego di accesso sarebbe stato deciso a seguito di un esame individuale del contenuto dei documenti controversi e, quanto alla circostanza che i documenti controversi non costituiscono memorie depositate nell’ambito di procedimenti giurisdizionali, la Commissione invoca le sentenze del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione (T‑796/14, EU:T:2016:483, punto 88), e del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione (T‑18/15, non pubblicata, EU:T:2016:487, punto 64), che la ricorrente ritiene in contrasto con la giurisprudenza della Corte, nelle quali il Tribunale ha dichiarato che l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali riguardava anche documenti che non erano redatti ai soli fini di una procedura giurisdizionale.

59

Orbene, secondo la Commissione, alla data di adozione della decisione impugnata, unica pertinente nella fattispecie, la divulgazione dei documenti controversi avrebbe inevitabilmente comportato la divulgazione del contenuto delle sue future memorie di intervento nell’ambito delle cause di asilo, espressamente menzionate nella decisione impugnata, poiché i documenti controversi erano, all’epoca, collegati in modo pertinente con dette cause. Quindi, in nome del principio di parità delle armi e sebbene la Commissione non fosse convenuta in dette cause, la stessa non è stata in ultima istanza ammessa all’intervento a causa della definizione di tali cause mediante ordinanze e, pertanto, non ha potuto depositare memorie di intervento, è necessario e giustificato negare l’accesso ai documenti controversi ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001. In tali circostanze, la Commissione contesta l’affermazione della ricorrente secondo cui le sue future memorie di intervento avrebbero necessariamente riguardato la ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati membri, pur sottolineando che, in tali cause, essa si è limitata a rispondere a quesiti posti dal Tribunale ai sensi dell’articolo 24 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

60

A tal riguardo, occorre rammentare, da un lato, che, qualora l’istituzione interessata decida di negare l’accesso a un documento di cui le sia stata chiesta la comunicazione, essa è tenuta, in linea di principio, a fornire spiegazioni in merito a come l’accesso a tale documento possa concretamente ed effettivamente pregiudicare l’interesse tutelato da un’eccezione di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 che tale istituzione invoca, con la precisazione che siffatto pregiudizio deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (v., sentenza del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 31 e giurisprudenza citata; sentenza del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 52).

61

Dall’altro lato, quando un’istituzione applica una delle eccezioni previste all’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1049/2001, essa è tenuta a procedere a un bilanciamento tra l’interesse specifico che deve essere tutelato dalla non divulgazione del documento in questione e, in particolare, l’interesse generale a che tale documento sia reso accessibile, tenuto conto dei vantaggi che derivano, come sottolineato dal considerando 2 del regolamento n. 1049/2001, da un’accresciuta trasparenza, ossia una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale, nonché una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (v., sentenza del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 32 e giurisprudenza citata; sentenza del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 53).

62

Quanto all’eccezione relativa alla tutela delle «procedure giurisdizionali», prevista all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, essa implica che la tutela dell’interesse pubblico si oppone alla divulgazione del contenuto non soltanto dei documenti redatti ai soli fini di un procedimento giurisdizionale specifico (v., sentenze del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punti 8889 e giurisprudenza citata, e del 3 ottobre 2012, Jurašinović/Consiglio, T‑63/10, EU:T:2012:516, punto 66 e giurisprudenza citata), ossia non solo di memorie o di atti depositati, ma anche di documenti interni all’istituzione riguardanti l’istruzione della causa pendente nonché comunicazioni relative alla causa tra la DG interessata e il servizio giuridico dell’istituzione o uno studio legale, poiché tale delimitazione dell’ambito di applicazione dell’eccezione nella causa in parola mira a garantire, da un lato, la tutela del lavoro interno alla Commissione e, dall’altro, la riservatezza e la salvaguardia del principio del segreto professionale degli avvocati (sentenze del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑796/14, EU:T:2016:483, punto 76, e del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑18/15, non pubblicata, EU:T:2016:487, punto 52).

63

In tale contesto, è stata riconosciuta l’esistenza di una presunzione generale di non divulgazione per le memorie nell’ambito di un procedimento giurisdizionale, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, fino a quando tale procedimento era pendente (sentenze del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 94; del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑796/14,EU:T:2016:483, punto 77, e del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑18/15, non pubblicata, EU:T:2016:487, punto 53), sebbene tale presunzione fosse applicabile esclusivamente in presenza di uno specifico procedimento pendente e in linea di principio non potesse più essere invocata dall’istituzione interessata qualora il procedimento in questione fosse stato definito con una decisione giurisdizionale (sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 130).

64

Inoltre, la Corte ha considerato che l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali implicava che fossero garantiti il rispetto del principio di parità delle armi nonché la buona amministrazione della giustizia. Infatti, l’accesso di una parte ai documenti potrebbe falsare l’equilibrio essenziale tra le parti processuali, equilibrio che si pone alla base del principio di parità delle armi, poiché soltanto l’istituzione interessata da una domanda d’accesso a documenti, e non invece tutte le parti del procedimento, sarebbe soggetta all’obbligo di divulgazione (sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punti da 85 a 87).

65

È segnatamente per tale ragione che, nell’ambito di cause vertenti sull’accesso a pareri preliminari redatti da un’istituzione in relazione all’elaborazione di una proposta legislativa, il Tribunale ha ritenuto che, nonostante quanto lo stesso avesse statuito nella sentenza del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione (T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punti da 88 a 91 e giurisprudenza citata), la giurisprudenza menzionata al precedente punto della presente sentenza non escludeva che documenti diversi da quelli costituiti dalle memorie e dai documenti scambiati con il servizio giuridico di un’istituzione specificamente connessi a una causa pendente possano rientrare nell’ambito di applicazione dell’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali. A tale riguardo, sottolineando che il principio di parità delle armi nonché la buona amministrazione della giustizia erano al centro della tutela prevista all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, il Tribunale ha ritenuto che la necessità di assicurare la parità delle armi dinanzi al giudice giustificasse la tutela non soltanto dei documenti redatti ai soli fini di uno specifico procedimento, come le memorie, ma anche di documenti la cui divulgazione avrebbe potuto compromettere, nell’ambito di una controversia, la parità in questione, la quale è un corollario della stessa nozione di equo processo (sentenze del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑796/14, EU:T:2016:483, punto 88, e del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑18/15, non pubblicata, EU:T:2016:487, punto 64).

66

Infatti, in tali due casi, benché detti documenti non siano stati elaborati nell’ambito di uno specifico procedimento giurisdizionale, l’integrità del procedimento giurisdizionale di cui trattasi e la parità delle armi tra le parti potrebbero essere gravemente compromesse se vi fossero parti che beneficiassero di un accesso privilegiato a informazioni interne di un’altra parte strettamente collegate agli aspetti giuridici di una causa pendente o potenziale, ma imminente (sentenze del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑796/14, EU:T:2016:483, punto 90, e del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑18/15, non pubblicata, EU:T:2016:487, punto 65).

67

Tuttavia, affinché tale eccezione sia applicabile, occorre che i documenti richiesti abbiano, al momento dell’adozione della decisione di diniego di accesso, un nesso pertinente o con un procedimento giudiziario pendente dinanzi al giudice dell’Unione, per il quale l’istituzione interessata invoca tale eccezione, o con un procedimento pendente dinanzi al giudice nazionale, a condizione che questo sollevi una questione d’interpretazione o di validità di un atto di diritto dell’Unione in modo che, tenuto conto del contesto della causa, appaia particolarmente plausibile un rinvio pregiudiziale (sentenze del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑796/14, EU:T:2016:483, punti 8889, e del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑18/15, non pubblicata, EU:T:2016:487, punto 64).

68

È alla luce di tali considerazioni giurisprudenziali del Tribunale che occorre esaminare la prima parte del secondo motivo, considerato che è stato rilevato che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la giurisprudenza circostanziata riguardante l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, come in precedenza richiamata e risultante dalle sentenze del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione (T‑796/14, EU:T:2016:483), e del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione (T‑18/15, non pubblicata, EU:T:2016:487), non deriva da un’interpretazione estensiva di tale eccezione che contrasterebbe con la giurisprudenza della Corte, che, del resto, non ha ad oggi trattato direttamente tale questione.

69

Nel caso di specie, è giocoforza constatare che i documenti controversi non sono stati specificamente redatti in relazione a un procedimento giurisdizionale in corso.

70

Tuttavia, da un lato, occorre rilevare che, al 19 settembre 2016, data in cui è stata adottata la decisione impugnata, unica pertinente nel caso di specie (v., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2010, Internationaler Hilfsfonds/Commissione, C‑362/08 P, EU:C:2010:40, punto 54), tre procedimenti giurisdizionali, vale a dire le cause di asilo, erano pendenti e vertevano specificamente sulla legittimità della dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016, la quale aveva fatto seguito alla dichiarazione UE-Turchia dell’8 marzo 2016. Peraltro, in tali cause, la Commissione, che non era convenuta, aveva già presentato, a tale data, una domanda di intervento ai sensi dell’articolo 143 del regolamento di procedura.

71

Dall’altro lato, il Tribunale osserva che i documenti controversi sono stati redatti dal servizio giuridico, esso stesso responsabile della rappresentanza della Commissione in tali procedimenti giurisdizionali, e presentano una stretta relazione con gli aspetti giuridici della controversia al centro di tali procedimenti giurisdizionali. Infatti, tali documenti riguardano le modalità di rimpatrio dei migranti in posizione irregolare nel rispetto delle procedure di asilo istituite dal diritto dell’Unione e, in particolare, le procedure previste dopo che le loro domande di asilo sono state dichiarate irricevibili o infondate, decisioni che, in Grecia, sono state adottate dai comitati di ricorso.

72

In tali circostanze, si deve ammettere che la Commissione poteva far valere, nella decisione impugnata, l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, prevista all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, per quanto riguarda tutti i documenti controversi.

73

A tale proposito, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione non ha applicato una presunzione di non divulgazione sulla base della tutela delle procedure giurisdizionali, ma ha effettuato un esame specifico di ciascuno dei documenti controversi.

74

Di conseguenza, la prima parte del secondo motivo deve essere respinta.

Sulla seconda parte del secondo motivo, vertente sulla tutela della consulenza legale

75

Nell’ambito della seconda parte del secondo motivo, la ricorrente fa valere che i pareri e le analisi giuridiche oggetto della domanda di accesso riguardano l’adozione degli strumenti giuridici che sono stati o saranno utilizzati ai fini dell’attuazione delle dichiarazioni UE-Turchia dell’8 e del 18 marzo 2016, e dunque, a suo avviso, essi si riferivano a un processo legislativo, nella fattispecie quello di modifica della decisione 2015/1601 e del regolamento n. 539/2001, con la conseguenza che la Commissione non poteva rifiutare di divulgarli.

76

Nonostante tale aspetto e anche a voler ammettere che «il contesto delle posizioni preliminari contenute nei documenti richiesti non riguardava le procedure legislative anzidette», la ricorrente ritiene che, nella decisione impugnata, la Commissione non avrebbe comunque precisato in che modo la divulgazione dei documenti controversi la priverebbe della possibilità di ricevere pareri franchi, obiettivi e completi ai sensi della giurisprudenza. Infatti, essa si sarebbe a tal riguardo limitata ad affermare perentoriamente che la loro divulgazione «la priverebbe di un elemento essenziale (…) sull’attuazione della dichiarazione UE-Turchia». Orbene, nella sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti da 57 a 64), la Corte avrebbe stabilito il principio secondo cui i pareri giuridici attinenti al settore legislativo dovevano essere divulgati. In ogni caso, nei limiti in cui, secondo la ricorrente, i documenti controversi dovevano informare la Commissione sulla competenza dell’Unione ad adottare le dichiarazioni UE-Turchia dell’8 e del 18 marzo 2016 e sull’acquis dell’Unione in materia di asilo, tale istituzione non poteva ragionevolmente prevedere che tali pareri giuridici rimanessero riservati. Essa avrebbe dovuto, al contrario, prevedere che questi fossero un giorno resi pubblici e, a tale riguardo, la ricorrente non comprende come, in via generale, la divulgazione di documenti quali i documenti controversi impedirebbe a tale istituzione di chiedere una consulenza legale.

77

Nella replica, la ricorrente indica che, anche se la tutela della consulenza legale poteva giustificare la decisione impugnata, quest’ultima decisione dovrebbe essere tuttavia annullata per una «mancanza di motivazione» («lack of reasoning») a causa della descrizione incoerente e dell’argomentazione confusa della Commissione in merito alla natura, al contenuto e al contesto di elaborazione dei documenti controversi.

78

La Commissione chiede il rigetto della seconda parte del secondo motivo in quanto infondata, precisando anzitutto che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, i documenti controversi non sono stati redatti o ricevuti nell’ambito di procedure volte all’adozione di atti giuridicamente vincolanti negli Stati membri o per gli stessi ai sensi del punto 68 della sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374). Infatti, questi ultimi configurerebbero soltanto pareri preliminari attinenti a questioni che erano contestualmente in corso di discussione concernenti proposte di modifica della decisione 2015/1601 e del regolamento n. 539/2001. Essi non potrebbero, dunque, essere considerati documenti redatti ai fini delle procedure legislative riguardanti tali due atti di diritto dell’Unione attualmente in vigore. Dal momento che essi costituiscono soltanto pareri giuridici preliminari interni all’istituzione, gli stessi, ad avviso della Commissione, potrebbero essere erroneamente interpretati o fraintesi se fossero divulgati al di fuori del contesto in cui sono stati elaborati.

79

Nella decisione impugnata, la Commissione avrebbe spiegato alla ricorrente l’esistenza di lavori in corso di concerto con le autorità nazionali competenti sulla delicata questione della crisi dei rifugiati. Orbene, la divulgazione dei documenti controversi, riguardanti l’interpretazione dell’acquis dell’Unione in materia di asilo, avrebbe un grave impatto sull’interesse della Commissione a provare ad ottenere pareri franchi, obiettivi e completi, e ciò in un contesto in cui tale istituzione, dal mese di marzo 2016, era in contatto costante e assiduo con le autorità degli Stati membri interessati, in particolare la Repubblica ellenica, in merito alle misure necessarie da adottare per garantire l’attuazione delle dichiarazioni UE-Turchia dell’8 e del 18 marzo 2016, nonché il controllo della crisi migratoria.

80

A tale proposito, la circostanza, evocata dalla ricorrente, che i documenti controversi conterrebbero un’interpretazione asseritamente oggettiva e che le questioni così trattate in tali documenti sarebbero state oggetto di discussioni tra esperti non sarebbe idonea a impedire alla Commissione di tutelare la sua capacità di ricevere pareri franchi, obiettivi e completi in un settore sensibile e in un periodo molto delicato per l’attuazione della dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016, tenuto conto che la Commissione avrebbe provveduto a mettere regolarmente a disposizione del pubblico informazioni sull’attuazione di detta dichiarazione.

81

Infine, la Commissione ritiene che il motivo di annullamento vertente su un’asserita «mancanza di motivazione» da parte sua sarebbe stato dedotto solo nella replica e, in assenza di valide ragioni invocate dalla ricorrente per giustificare la tardività di quest’ultimo, esso dovrebbe essere respinto in quanto irricevibile. In ogni caso, la ricorrente non avrebbe in alcun modo comprovato tale pretesa, del resto manifestamente infondata.

82

In via preliminare, si deve ricordare che l’eccezione relativa alla consulenza legale prevista all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 mira a tutelare l’interesse di un’istituzione a chiedere consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi e che, affinché tale eccezione possa essere invocata da un’istituzione, occorre inoltre che il rischio di pregiudizio a tale interesse sia stato ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti 4243).

83

A tal proposito, quanto al fatto che la divulgazione di un parere del servizio giuridico riguardante una proposta legislativa possa insinuare dubbi sulla legittimità dell’atto legislativo interessato, è stato già statuito che è proprio la trasparenza a tal riguardo che, nel consentire che le divergenze tra diversi punti di vista siano apertamente discusse, contribuisce a conferire alle istituzioni una maggiore legittimità agli occhi dei cittadini europei e ad accrescere la loro fiducia. Infatti, è piuttosto la mancanza di informazioni e di dibattito che può suscitare dubbi nei cittadini, non solo circa la legittimità di un singolo atto, ma anche quanto alla legittimità del processo decisionale nel suo complesso (sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 59).

84

Nel caso di specie, è tuttavia necessario constatare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente nell’invocare, nella decisione impugnata e in relazione all’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, il riferimento alle proposte di modifica della decisione 2015/1601 e del regolamento n. 539/2001, i documenti controversi non costituiscono pareri giuridici riguardanti una specifica proposta legislativa. Infatti, essi costituiscono prese di posizione, preliminari, del servizio giuridico su vari aspetti del diritto dell’Unione in materia di asilo, come attuati nell’ordinamento giuridico greco e in relazione agli impegni politici negoziati e conclusi, con la denominazione di «dichiarazioni UE-Turchia», tra i capi di Stato o di governo dell’Unione e la loro controparte turca.

85

Tuttavia, l’attività non legislativa delle istituzioni non esula dall’ambito di applicazione del regolamento n. 1049/2001. È sufficiente ricordare, in proposito, che l’articolo 2, paragrafo 3, di tale regolamento precisa che quest’ultimo «riguarda tutti i documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione» (v., in tal senso, sentenza Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punti 87, 88109, e del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 107 e giurisprudenza citata).

86

Nella fattispecie, i documenti controversi contengono consulenze giuridiche rivolte segnatamente ai gabinetti del presidente della Commissione, dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e del commissario per gli affari interni, le quali sono state richieste a breve termine, per assistere i rappresentanti della Commissione nelle loro riunioni con i rappresentanti della Repubblica ellenica e della Repubblica di Turchia al fine di definire le misure che queste ultime dovevano adottare nell’ambito dell’attuazione degli impegni assunti ai sensi delle dichiarazioni UE-Turchia dell’8 e del 18 marzo 2016.

87

A tale proposito, come fa correttamente valere la Commissione, la divulgazione di tali pareri giuridici, preparatori e interni, elaborati ai fini di un dialogo politico tra l’istituzione e i rappresentanti di uno Stato membro e di uno Stato terzo avrebbe effettivamente arrecato un pregiudizio, in modo prevedibile, all’interesse della Commissione a chiedere e a ricevere pareri giuridici franchi, obiettivi e completi dei suoi vari servizi per preparare la sua posizione finale in quanto istituzione, per di più in un settore che presenta una determinata sensibilità politica e in un contesto di emergenza per rimediare a una situazione migratoria delicata.

88

Infatti, le consultazioni interservizi, nella fattispecie concretizzate mediante i documenti controversi, ma che erano state accompagnate da comunicazioni telefoniche, costituiscono un lavoro preparatorio essenziale al corretto funzionamento di tale istituzione. Orbene, la franchezza, l’obiettività, la completezza così come la rapidità di tali consulenze legali, rese con urgenza, come dimostrano in particolare le ore talvolta tardive a cui i messaggi di posta elettronica in questione sono stati inviati da parte dei membri del servizio giuridico alla presidenza della Commissione e alla DG sotto l’autorità del commissario per gli affari interni, sarebbero state compromesse, nel caso di specie, se gli autori di tali consulenze, redatte affrettatamente per preparare incontri tra i responsabili di tale istituzione con quelli di uno Stato membro e quelli di uno Stato terzo, avessero dovuto prevedere che siffatti messaggi di posta elettronica potessero essere resi disponibili al pubblico.

89

Infine, per quanto riguarda la censura formulata nella replica dalla ricorrente e vertente su una «mancanza di motivazione» da parte della Commissione nella decisione impugnata o su un’insufficienza di motivazione, basti constatare che, contrariamente a quanto fatto valere dalla ricorrente, la descrizione della natura e del contenuto dei documenti richiesti nonché i motivi di diniego esposti dalla Commissione nella decisione impugnata, inclusa l’illustrazione del contesto in cui essi sono stati elaborati, non sono contraddittori e rispondono ai requisiti dell’articolo 296 TFUE. Di conseguenza, tale censura deve, in ogni caso, essere respinta, senza che sia necessario esaminare l’eccezione di irricevibilità sollevata su tale punto dalla Commissione nella controreplica.

90

Alla luce di quanto precede, la seconda parte del secondo motivo deve essere respinta.

Sulla terza parte del secondo motivo, relativa all’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti controversi

91

Partendo dall’ipotesi che nella fattispecie sia possibile riconoscere l’esistenza di una presunzione generale di pregiudizio o di un pregiudizio concreto alla tutela delle procedure giurisdizionali e della consulenza legale, la ricorrente sostiene in subordine, nella terza parte del secondo motivo, che sussisterebbe un interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti controversi ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, del regolamento n. 1049/2001. Infatti, le istituzioni dell’Unione potrebbero rendere conto e dimostrare la legittimità delle decisioni che esse adottano in nome dei suoi cittadini soltanto se questi ultimi sono in grado di comprendere il contesto giuridico in cui tali decisioni sono adottate. Pertanto, l’accesso ai documenti controversi dovrebbe essere concesso ai cittadini, anche se tale divulgazione dovesse potenzialmente arrecare pregiudizio alla tutela delle procedure giurisdizionali e della consulenza legale.

92

In ogni caso, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata viola l’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, del regolamento n. 1049/2001, in quanto la Commissione ha omesso di esaminare l’esistenza di un interesse pubblico alla divulgazione e, più in generale, di procedere alla ponderazione degli interessi tutelati dalla divulgazione con quelli che si oppongono a siffatta divulgazione. A tale riguardo, la ricorrente contesta l’affermazione di tale istituzione secondo cui essa avrebbe presentato soltanto considerazioni di carattere generale che non erano idonee a dimostrare che il principio di trasparenza rivestiva nella fattispecie una rilevanza particolare. Infatti, il richiamo alla natura particolare della crisi migratoria e delle misure adottate per porvi rimedio sarebbe stato sufficiente a giustificare, nella specie, l’esistenza di uno specifico interesse pubblico alla divulgazione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, del regolamento n. 1049/2001.

93

La Commissione chiede il rigetto della terza parte del secondo motivo in quanto infondato, sottolineando che, nella decisione impugnata, essa ha indicato alla ricorrente che quest’ultima si era limitata a invocare il principio di trasparenza senza dimostrare sotto quale profilo tale principio presentasse, nel caso di specie, una rilevanza particolare che avrebbe potuto prevalere sulle ragioni che giustificano la non divulgazione dei documenti controversi.

94

Nel caso di specie, la Commissione avrebbe esaminato l’esistenza di un interesse pubblico prevalente, ma, ad avviso di tale istituzione, ciò non toglie che spettasse alla ricorrente dimostrare l’esistenza di un siffatto interesse pubblico. Orbene, quanto a tale aspetto, quest’ultima si sarebbe limitata a evocare considerazioni di ordine generale, attinenti al diritto della società di essere informata e a quello dei cittadini di comprendere il contesto normativo in questione, le quali, a suo parere, non erano affatto idonee a dimostrare che il principio di trasparenza avrebbe presentato, nella fattispecie, una rilevanza particolare, che avrebbe prevalso sulle ragioni che giustificano la non divulgazione dei documenti controversi, tanto più che la Commissione avrebbe appunto provveduto a informare i cittadini mediante la diffusione di informazioni aggiornate, quali la comunicazione del 16 marzo 2016 intitolata «Prossime fasi operative della cooperazione UE-Turchia in materia di migrazione». Inoltre, l’esistenza di dibattiti accademici non può costituire la prova dell’esistenza di un interesse pubblico prevalente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, del regolamento n. 1049/2001.

95

In ogni caso, la Commissione fa valere che, per taluni dei documenti controversi, l’eccezione relativa alla tutela delle relazioni internazionali era applicabile. Orbene, per quanto riguarda tale eccezione, disciplinata dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, non sarebbe stato previsto da parte del legislatore dell’Unione alcun bilanciamento con un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

96

Occorre, in limine, rammentare che, quando un’istituzione applica una delle eccezioni previste all’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1049/2001, la stessa è tenuta a ponderare l’interesse specifico che deve essere tutelato mediante la non divulgazione del documento in questione con, in particolare, l’interesse generale a che tale documento sia reso accessibile, tenuto conto dei vantaggi che derivano, come sottolineato dal considerando 2 del regolamento n. 1049/2001, da un’accresciuta trasparenza, ossia una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale, nonché una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (v., sentenza del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 32 e giurisprudenza citata).

97

Spetta tuttavia al richiedente far concretamente valere circostanze su cui si fonda siffatto interesse pubblico prevalente che giustifica la divulgazione dei documenti in questione (sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 94; del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 90, e del 23 gennaio 2017, Justice & Environment/Commissione, T‑727/15, non pubblicata, EU:T:2017:18, punto 49).

98

Nondimeno, l’interesse pubblico prevalente che può giustificare la divulgazione di un documento non deve necessariamente essere distinto dai principi soggiacenti al regolamento n. 1049/2001 (sentenze del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 92, e del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 92).

99

A tal riguardo, il principio di trasparenza, sotteso al regolamento n. 1049/2001 e richiamato dalla ricorrente, contribuisce a rafforzare la democrazia permettendo ai cittadini di controllare tutte le informazioni che hanno costituito il fondamento di un atto legislativo. Infatti, la possibilità, per i cittadini, di conoscere il fondamento dell’azione legislativa è condizione per l’esercizio effettivo, da parte di questi ultimi, dei loro diritti democratici (sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 46).

100

Nel caso di specie, è necessario ricordare che i documenti controversi non sono stati redatti nell’ambito di una procedura legislativa ai sensi del Trattato FUE.

101

Tuttavia, la ricorrente ha invocato considerazioni di carattere generale riguardanti il principio di trasparenza, che comportano, nell’interesse generale, una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale nonché una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 45).

102

A tal riguardo, innanzitutto, poiché è stato accertato che il diniego di divulgazione del primo documento controverso rientrava nelle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, occorre anzitutto respingere la terza parte del secondo motivo in quanto inoperante riguardo a tale documento. Infatti, nell’ambito di tale disposizione, le istituzioni sono tenute a negare l’accesso ai documenti rientranti in tali eccezioni obbligatorie qualora sia fornita la prova delle circostanze contemplate da tali eccezioni, senza che occorra bilanciare la tutela dell’interesse pubblico con un interesse generale prevalente (sentenze del 25 aprile 2007, WWF European Policy Programme/Consiglio, T‑264/04, EU:T:2007:114, punti 4445, e del 12 settembre 2013, Besselink/Consiglio, T‑331/11, non pubblicata, EU:T:2013:419, punto 44).

103

Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, le considerazioni di ordine generale riguardanti il principio di trasparenza, invocate dalla stessa nella domanda di conferma, sono state considerate dalla Commissione nella decisione impugnata, ma quest’ultima ha ritenuto che esse non fossero idonee a dimostrare che il principio di trasparenza presentava, nella fattispecie, una rilevanza particolare che avrebbe potuto prevalere sulle ragioni che giustificavano il diniego di divulgazione dei documenti controversi.

104

A tale proposito, occorre ancora rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, gli autori dei documenti controversi non hanno effettuato negli stessi alcuna valutazione sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati membri ai fini dell’adozione delle dichiarazioni UE-Turchia dell’8 e del 18 marzo 2016.

105

In tali circostanze, alla luce degli argomenti presentati dalla ricorrente, occorre constatare che quest’ultima non ha dimostrato in che modo il principio di trasparenza avrebbe avuto nel caso di specie una rilevanza particolare che giustificasse, almeno per quanto riguarda i documenti non coperti dalle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, la divulgazione dei documenti controversi rientranti nella tutela delle procedure giurisdizionali e della consulenza legale. Ad abundantiam, il Tribunale constata che ciò vale altresì per i documenti coperti dalle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001.

106

Pertanto, occorre respingere la terza parte e, di conseguenza, il secondo motivo nel suo insieme.

Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001

107

Nell’ambito del quarto motivo, dedotto in via subordinata e che occorre esaminare prima del terzo, la ricorrente contesta l’affermazione della Commissione secondo cui non era possibile un accesso parziale ai documenti controversi. Infatti, tenuto conto della natura di tali documenti, sarebbe inconcepibile che l’integralità del testo contenuto negli stessi fosse coperta dalle eccezioni invocate dalla Commissione. Di conseguenza, nel rifiutare di concedere alla ricorrente un accesso parziale nella decisione impugnata, la Commissione avrebbe violato l’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001.

108

La Commissione chiede il rigetto del motivo, sottolineando che la stessa aveva spiegato, nella decisione impugnata, di avere considerato la possibilità di concedere un accesso parziale ai documenti controversi, ma di averla respinta in quanto tutti i documenti in parola rientravano nelle eccezioni che giustificano la non divulgazione ai sensi del regolamento n. 1049/2001.

109

A tal riguardo, conformemente all’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, «[s]e solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate».

110

Secondo giurisprudenza costante, l’esame dell’accesso parziale a un documento delle istituzioni dell’Unione deve essere effettuato alla luce del principio di proporzionalità (sentenza del 12 settembre 2013, Besselink/Consiglio, T‑331/11, non pubblicata, EU:T:2013:419, punto 83; v. anche, in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2001, Consiglio/Hautala, C‑353/99 P, EU:C:2001:661, punti 2728).

111

Dalla formulazione stessa dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001 risulta che un’istituzione è tenuta a esaminare se sia opportuno accordare un accesso parziale ai documenti di cui a una domanda di accesso, limitando un eventuale rifiuto ai soli dati coperti dalle eccezioni previste. L’istituzione deve concedere un siffatto accesso parziale se lo scopo perseguito da tale istituzione, quando la stessa rifiuta l’accesso al documento, può essere raggiunto nel caso in cui detta istituzione si limitasse a occultare i passaggi che possono pregiudicare l’interesse pubblico tutelato (sentenze del 25 aprile 2007, WWF European Policy Programme/Consiglio, T‑264/04, EU:T:2007:114, punti 4450, e del 12 settembre 2013, Besselink/Consiglio, T‑331/11, non pubblicata, EU:T:2013:419, punto 84; v. anche sentenza del 6 dicembre 2001, Consiglio/Hautala, C‑353/99 P, EU:C:2001:661, punto 29).

112

Nel caso di specie, è necessario constatare che nella decisione impugnata la Commissione, come da essa indicato nella medesima, ha valutato la possibilità di concedere alla ricorrente un accesso parziale ai documenti controversi.

113

Tuttavia, non risulta dai documenti controversi prodotti dalla Commissione dinanzi al Tribunale che sarebbe stato possibile accordare un accesso parziale a detti documenti senza che tale azione comportasse la rivelazione del contenuto delle parti dei documenti per le quali il diniego di accesso era giustificato e, in particolare, gli obiettivi strategici sottesi ai dibattiti sull’attuazione, sotto la guida dell’Unione, delle dichiarazioni UE-Turchia da parte della Repubblica ellenica e della Repubblica di Turchia.

114

Orbene, a tal riguardo, il giudice dell’Unione ha già riconosciuto che, in un caso del genere, l’istituzione convenuta, nella fattispecie la Commissione, non è tenuta, nelle motivazioni dell’atto impugnato, a identificare il contenuto sensibile dei documenti controversi che non può essere rivelato con la divulgazione, qualora una siffatta azione implichi di svelare informazioni la cui tutela è prevista dall’eccezione fatta valere, relativa alla tutela dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali (v., in tal senso, sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 82, e del 12 settembre 2013, Besselink/Consiglio, T‑331/11, non pubblicata, EU:T:2013:419, punto 106), circostanza verificatasi per il primo documento controverso.

115

Lo stesso vale per il secondo e il terzo documento controverso, il cui contenuto non poteva essere parzialmente rivelato senza compromettere la tutela accordata alle procedure giurisdizionali e alla consulenza legale.

116

Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere il quarto motivo.

Sul terzo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001

117

Nei limiti in cui il rigetto del primo, del secondo e del quarto motivo implica che la Commissione era legittimata a negare l’accesso ai documenti controversi invocando le eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1049/2001, non è più necessario esaminare la fondatezza del terzo motivo.

118

Pertanto, occorre respingere il ricorso, senza necessità di pronunciarsi sul terzo motivo.

Sulle spese

119

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

120

Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

Access Info Europe è condannata alle spese.

 

Pelikánová

Nihoul

Svenningsen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 febbraio 2018.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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