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Document 62016CJ0418

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 28 febbraio 2018.
mobile.de GmbH contro Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO).
Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articolo 15, paragrafo 1 – Articolo 57, paragrafi 2 e 3 – Articolo 64 – Articolo 76, paragrafo 2 – Regolamento (CE) n. 2868/95 – Regola 22, paragrafo 2 – Regola 40, paragrafo 6 – Procedimento di dichiarazione di nullità – Domande di dichiarazione di nullità basate su un marchio nazionale anteriore – Uso effettivo del marchio anteriore – Prova – Rigetto delle domande – Presa in considerazione da parte della commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) di prove nuove – Annullamento delle decisioni della divisione di annullamento dell’EUIPO – Rinvio – Conseguenze.
Causa C-418/16 P.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2018:128

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

28 febbraio 2018 ( *1 )

«Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articolo 15, paragrafo 1 – Articolo 57, paragrafi 2 e 3 – Articolo 64 – Articolo 76, paragrafo 2 – Regolamento (CE) n. 2868/95 – Regola 22, paragrafo 2 – Regola 40, paragrafo 6 – Procedimento di dichiarazione di nullità – Domande di dichiarazione di nullità basate su un marchio nazionale anteriore – Uso effettivo del marchio anteriore – Prova – Rigetto delle domande – Presa in considerazione da parte della commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) di prove nuove – Annullamento delle decisioni della divisione di annullamento dell’EUIPO – Rinvio – Conseguenze»

Nella causa C‑418/16 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 27 luglio 2016,

mobile.de GmbH, già mobile.international GmbH, con sede a Kleinmachnow (Germania), rappresentata da T. Lührig, Rechtsanwalt,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da M. Fischer, in qualità di agente,

convenuta in primo grado,

Rezon OOD, con sede a Sofia (Bulgaria), rappresentata da P. Kanchev, advokat,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, C. G. Fernlund, A. Arabadjiev, S. Rodin e E. Regan (relatore), giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 23 novembre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, la mobile.de GmbH, già mobile.international GmbH, chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea, del 12 maggio 2016, mobile.international/EUIPO – Rezon (mobile.de) (T‑322/14 e T‑325/14, non pubblicata, EU:T:2016:297; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale esso ha respinto i suoi due ricorsi diretti all’annullamento delle decisioni della prima commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 9 gennaio (procedimento R 922/2013‑1) e del 13 febbraio 2014 (procedimento R 951/2013‑1) (in prosieguo: le «decisioni controverse»), relative a due procedimenti di dichiarazione di nullità tra la mobile.international e la Rezon OOD.

Contesto normativo

Regolamento (CE) n. 207/2009

2

L’articolo 8 del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento e del Consiglio, del 16 dicembre 2015 (GU 2015, L 341, pag. 21) (in prosieguo: il «regolamento n. 207/2009»), così prevede:

«1.   In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se:

(…)

b)

a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

2.   Ai sensi del paragrafo 1 si intendono per «marchi anteriori»:

a)

i seguenti tipi di marchi la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio UE, tenuto eventualmente conto del diritto di priorità che per essi può essere invocato:

(…)

ii)

marchi registrati nello Stato membro (…)

(…)».

3

L’articolo 15 del regolamento n. 207/2009 stabilisce:

«1.   Se entro cinque anni dalla registrazione il marchio UE non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nell’Unione per i prodotti e servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio UE è sottoposto alle sanzioni previste nel presente regolamento, salvo motivo legittimo per il mancato uso.

Ai sensi del primo comma sono inoltre considerate come uso:

a)

l’utilizzazione del marchio UE in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio nella forma in cui esso è stato registrato, a prescindere dal fatto che il marchio sia o no registrato nella forma in cui è usato a nome del titolare;

(…)».

4

L’articolo 53, paragrafo 1, di detto regolamento enuncia quanto segue:

«Su domanda presentata all’[EUIPO] (…) il marchio UE è dichiarato nullo allorché esiste:

a)

un marchio anteriore ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, e ricorrono le condizioni di cui al paragrafo 1 o al paragrafo 5 di tale articolo;

(…)».

5

L’articolo 54 di detto regolamento riguarda la preclusione per tolleranza.

6

Ai sensi dell’articolo 57 del medesimo regolamento:

«1.   Nel corso dell’esame della domanda di decadenza o di nullità, l’[EUIPO] invita le parti, ogniqualvolta sia necessario, a presentare, entro un termine che esso stabilisce, le loro deduzioni sulle proprie notificazioni o sulle comunicazioni delle altre parti.

2.   Su istanza del titolare del marchio UE, il titolare di un marchio UE anteriore, che sia parte nella procedura di nullità, è tenuto a fornire la prova che nel termine di cinque anni che precedono la data di domanda di dichiarazione di nullità, il marchio UE anteriore è stato oggetto di uso effettivo nell’Unione per i prodotti o per i servizi per i quali è stato registrato e [sui quali] il titolare di tale marchio anteriore fonda la domanda di dichiarazione di nullità, o che sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso, purché a tale data il marchio UE anteriore fosse registrato da almeno cinque anni. (…) In mancanza della prova suddetta, la domanda di dichiarazione di nullità è respinta. Se il marchio UE anteriore è stato usato solo per una parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, ai fini dell’esame della domanda di dichiarazione di nullità si intende registrato soltanto per tale parte dei prodotti o servizi.

3.   Il paragrafo 2 si applica ai marchi nazionali anteriori di cui all’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), fermo restando che l’utilizzazione nell’Unione è sostituita dall’utilizzazione nello Stato membro in cui il marchio nazionale anteriore è protetto.

(…)

5.   Se dall’esame della domanda di decadenza dei diritti o della domanda di nullità risulta che il marchio non avrebbe dovuto essere registrato per la totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato, i diritti del titolare del marchio UE vengono dichiarati decaduti oppure nulli rispetto ai prodotti e ai servizi di cui trattasi. In caso contrario la domanda di decadenza dei diritti o la domanda di nullità è respinta.

(…)».

7

L’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 così recita:

«In sede di esame del ricorso la commissione di ricorso invita le parti, ogniqualvolta sia necessario, a presentare, entro il termine da essa assegnato, le loro deduzioni sulle proprie notificazioni o sulle comunicazioni delle altre parti».

8

L’articolo 64 di tale regolamento così prevede:

«1.   In seguito all’esame sul merito del ricorso, la commissione di ricorso delibera sul ricorso. Essa può esercitare le competenze dell’organo che ha emesso la decisione impugnata, oppure rinviare l’istanza a detto organo per la prosecuzione della procedura.

2.   Se la commissione di ricorso rinvia l’istanza all’organo che ha emesso la decisione impugnata, quest’ultimo è vincolato ai motivi e al dispositivo della decisione della commissione di ricorso, a condizione che i fatti della causa siano i medesimi.

(…)».

9

L’articolo 76, paragrafo 2, di detto regolamento enuncia quanto segue:

L’[EUIPO] può non tener conto dei fatti che le parti non hanno invocato o delle prove che esse non hanno presentato per tempo».

Il regolamento di esecuzione

10

La regola 22, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GU 1995, L 303, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 1041/2005 della Commissione, del 29 giugno 2005 (GU 2005, L 172, pag. 4) (in prosieguo: il «regolamento di esecuzione»), stabilisce quanto segue:

«Se l’opponente deve fornire la prova dell’utilizzazione o mostrare che vi sono giustificati motivi per la non utilizzazione, l’[EUIPO]lo invita a fornire la prova richiesta entro un termine stabilito. Se l’opponente non fornisce tale prova entro la scadenza del termine, l’[EUIPO] respinge l’opposizione».

11

La regola 22, paragrafi 3 e 4, del regolamento di esecuzione riguarda le indicazioni e le prove relative alla prova dell’utilizzazione.

12

La regola 40, paragrafo 6, di tale regolamento così dispone:

«Se il richiedente deve comprovare l’utilizzazione o l’esistenza di legittime ragioni per la mancata utilizzazione ai sensi dell’articolo [57], paragrafi 2 o 3, del regolamento [n. 207/2009], l’[EUIPO] invita il richiedente a fornire la prova dell’effettiva utilizzazione del marchio entro un preciso termine. Se la prova non viene fornita entro il termine stabilito, la domanda di nullità viene respinta. Si applicano, mutatis mutandis, le stesse disposizioni della regola 22, [paragrafo] 2 (…)».

13

La regola 50, paragrafo 1, di detto regolamento così recita:

«Alla procedura di ricorso si applicano, salvo disposizioni contrarie, le stesse norme relative al procedimento dinanzi all’organo che ha pronunciato la decisione impugnata col ricorso.

(…)

Se il ricorso è diretto contro una decisione della divisione di opposizione, la commissione limita l’esame del ricorso ai fatti e alle prove presentate entro i termini stabiliti o fissati dalla divisione di opposizione ai sensi del regolamento [n. 207/2009] e delle presenti regole, a meno che la commissione non ritenga che fatti e prove ulteriori o complementari debbano essere presi in considerazione ai sensi dell’articolo [76], paragrafo 2, del regolamento [n. 207/2009]».

Fatti

14

Il 17 novembre 2008 la ricorrente ha presentato due domande di marchio dell’Unione europea dinanzi all’EUIPO riguardanti, rispettivamente, il segno denominativo «mobile.de» (in prosieguo: il «marchio denominativo») e il segno figurativo (in prosieguo: il «marchio figurativo») riprodotto qui di seguito:

Image

15

I prodotti e servizi per i quali è stata chiesta la registrazione di tali marchi rientrano nelle classi 9, 16, 35, 38 e 42 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato (in prosieguo: l’«Accordo di Nizza»).

16

Il marchio figurativo e il marchio denominativo sono stati registrati, rispettivamente, il 26 gennaio e il 29 settembre 2010.

17

Il 18 gennaio 2011 la Rezon ha presentato all’EUIPO due domande di dichiarazione di nullità, rispettivamente, del marchio denominativo e del marchio figurativo, ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento. A sostegno di tali domande, la Rezon ha invocato il marchio figurativo bulgaro registrato il 20 aprile 2005 (in prosieguo: il «marchio nazionale anteriore in questione») e qui di seguito riprodotto:

Image

18

Il marchio nazionale anteriore in questione è stato registrato per servizi rientranti nelle classi 35, 39 e 42 ai sensi dell’Accordo di Nizza e corrispondenti alla seguente descrizione:

classe 35: «Pubblicità; gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio»;

classe 39: «Trasporto; imballaggio e deposito di merci; organizzazione di viaggi», e

classe 42: «Servizi scientifici e tecnologici e servizi di ricerca e progettazione ad essi relativi; servizi di ricerca e di analisi industriale; progettazione e sviluppo di hardware e software; servizi legali».

19

Tuttavia, le domande di dichiarazione di nullità sono state basate sui soli servizi rientranti nelle classi 35 e 42 dell’Accordo di Nizza.

20

Dinanzi alla divisione di annullamento dell’EUIPO (in prosieguo: la «divisione di annullamento»), la ricorrente ha chiesto che la Rezon fornisse la prova dell’uso del marchio nazionale anteriore in questione, in conformità all’articolo 57, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, per i servizi rientranti in queste due classi.

21

Con due decisioni del 28 marzo 2013, la divisione di annullamento ha respinto le domande di dichiarazione di nullità, per il motivo che la Rezon non aveva fornito tale prova.

22

Adita dei ricorsi proposti dalla Rezon contro tali decisioni, la commissione di ricorso, dopo aver preso in considerazione, ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, una serie di elementi di prova ulteriori prodotti per la prima volta nell’ambito del ricorso, ha ritenuto, al punto 61 di ciascuna delle decisioni controverse, che la Rezon avesse dimostrato l’uso effettivo del marchio nazionale anteriore per i servizi di pubblicità riferita ad autoveicoli rientranti nella classe 35 dell’Accordo di Nizza. Pertanto, al punto 62 di tali decisioni, essa ha annullato le decisioni della divisione di annullamento. Poiché le parti non hanno presentato alcun argomento relativo all’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e la divisione di annullamento non ha esaminato il rischio di confusione, la commissione di ricorso, allo stesso punto 62 di dette decisioni, ha rinviato i procedimenti a tale divisione ai fini dell’esame nel merito delle domande di dichiarazione di nullità, conformemente all’articolo 64 di tale regolamento.

I ricorsi dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

23

Con atti introduttivi depositati presso il Tribunale il 6 maggio (causa T‑325/14) e il 7 maggio 2014 (causa T‑322/14), la ricorrente ha proposto due ricorsi intesi all’annullamento delle decisioni controverse.

24

Il Tribunale, dopo aver riunito, con decisione del 4 marzo 2016, le cause T‑322/14 e T‑325/14 ai fini della decisione che conclude il procedimento, con la sentenza impugnata ha respinto i ricorsi nella loro integralità.

Conclusioni delle parti

25

Con la sua impugnazione, la ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata, e

condannare l’EUIPO alle spese.

26

L’Euipo e la Rezon chiedono che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare la ricorrente alle spese.

Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento

27

A seguito della presentazione delle conclusioni dell’avvocato generale, la ricorrente ha chiesto, con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 26 gennaio 2018, che fosse disposta la riapertura della fase orale del procedimento. A sostegno di tale richiesta, la ricorrente fa valere che dall’articolo 10, paragrafo 7, e dall’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento delegato (UE) 2017/1430 della Commissione, del 18 maggio 2017, che integra il regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio sul marchio dell’Unione europea e abroga i regolamenti della Commissione (CE) n. 2868/95 e (CE) n. 216/96 (GU 2017, L 205, pag. 1), applicabile, fatte salve talune eccezioni, a partire dal 1o ottobre 2017, emerge che solo «valide ragioni» possono giustificare che l’EUIPO prenda in considerazione, ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, prove ulteriori dell’utilizzazione del marchio anteriore fornite dal richiedente la dichiarazione di nullità al di fuori dei termini impartiti. Ne deriverebbe che il secondo motivo è fondato. Inoltre, esprimendo, al paragrafo 40 delle sue conclusioni, il parere secondo cui il sesto motivo non è fondato, in ragione del potere discrezionale di cui dispone l’EUIPO nel prendere in considerazione prove ulteriori, l’avvocato generale non esamina la questione se tale potere discrezionale sia stato esercitato senza incorrere in errore di diritto.

28

Occorre rilevare che né lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea né il suo regolamento di procedura prevedono la facoltà per le parti di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (sentenza del 4 settembre 2014, Vnuk, C‑162/13, EU:C:2014:2146, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

29

A norma dell’articolo 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale ha l’ufficio di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il suo intervento. La Corte non è vincolata né alle conclusioni dell’avvocato generale né alla motivazione in base alla quale egli vi perviene (sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 25).

30

Di conseguenza, il disaccordo di una parte con le conclusioni dell’avvocato generale, quali che siano le questioni da esso ivi esaminate, non può costituire, di per sé, un motivo che giustifichi la riapertura della fase orale (sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 26).

31

Ciò premesso, la Corte può, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, disporre la riapertura della fase orale del procedimento, conformemente all’articolo 83 del suo regolamento di procedura, in particolare se considera di non essere sufficientemente edotta o anche qualora la controversia debba essere risolta sulla base di un argomento che non è stato oggetto di dibattito tra le parti o gli interessati di cui all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza del 29 aprile 2015, Nordzucker, C‑148/14, EU:C:2015:287, punto 24).

32

Così non avviene nel caso in esame. Infatti, al pari dell’EUIPO e della Rezon, la ricorrente ha potuto esporre, durante la fase scritta del procedimento, l’insieme dei suoi argomenti di fatto e di diritto a sostegno delle sue pretese, compresi quelli riguardanti la possibilità di fornire, nell’ambito di un procedimento di dichiarazione di nullità, prove ulteriori dell’utilizzazione del marchio anteriore, ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009. Pertanto, la Corte reputa, sentito l’avvocato generale, di essere in possesso di tutti gli elementi necessari per statuire e che tali elementi siano stati discussi dinanzi ad essa.

33

Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene che non si debba ordinare la riapertura della fase orale del procedimento.

Sull’impugnazione

Sulla ricevibilità dell’impugnazione

34

La Rezon sostiene che l’impugnazione non contiene una chiara indicazione quanto ai fondamenti che renderebbero necessario un riesame della sentenza impugnata. Inoltre, la ricorrente non dimostrerebbe né un interesse giuridico a proporre tale impugnazione né un interesse ad agire. Infatti, la procura ad litem allegata a detta impugnazione non comporterebbe alcuna manifestazione di volontà circa un eventuale potere di rappresentanza dinanzi al giudice dell’Unione. Tale procura sarebbe relativa a procedimenti precedenti e i suoi termini non sarebbero sufficientemente precisi per fondare un siffatto potere.

35

Secondo giurisprudenza costante della Corte, dagli articoli 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura della Corte deriva che l’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda. A tale proposito, l’articolo 169, paragrafo 2, di tale regolamento esige che i motivi e gli argomenti di diritto dedotti individuino con precisione i punti della motivazione della decisione del Tribunale oggetto di contestazione (sentenza del 20 settembre 2016, Mallis e a./Commissione e BCE, da C‑105/15 P a C‑109/15 P, EU:C:2016:702, punti 3334).

36

Nel caso di specie, tali requisiti sono chiaramente soddisfatti. Infatti, la presente impugnazione indica con tutta la chiarezza necessaria gli elementi contestati della sentenza impugnata, nonché i motivi e gli argomenti esposti al fine di ottenere l’annullamento di tale sentenza.

37

Inoltre, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 56, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, un’impugnazione può essere proposta da qualsiasi parte che sia rimasta parzialmente o totalmente soccombente; tuttavia, le parti intervenienti diverse dagli Stati membri e dalle istituzioni dell’Unione possono proporre impugnazione soltanto qualora la decisione del Tribunale le concerna direttamente.

38

Nella fattispecie, poiché la mobile.de, in primo grado, aveva lo status di ricorrente, e non quello di interveniente, ed è rimasta totalmente soccombente, essa dimostra per ciò soltanto la sua legittimazione ad agire e il suo interesse ad agire nell’ambito della presente impugnazione, senza essere tenuta a dimostrare che la sentenza impugnata la riguardi direttamente (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2017, EUIPO/Szajner, C‑598/14 P, EU:C:2017:265, punto 24).

39

Infine, l’avvocato della ricorrente nell’ambito della presente impugnazione ha, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera b), del regolamento di procedura della Corte, dimostrato la sua qualità mediante un mandato rilasciato da tale società per rappresentarla nell’ambito di qualsiasi controversia in materia di diritto dei marchi.

40

Ne consegue che la presente impugnazione non può essere fin d’ora respinta in quanto irricevibile nel suo insieme.

Nel merito

Sul primo e sul secondo motivo d’impugnazione

– Argomenti delle parti

41

Con il suo primo motivo d’impugnazione, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha violato l’articolo 57, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009 nonché la regola 22, paragrafo 2, e la regola 40, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione, dichiarando che la commissione di ricorso poteva validamente tener conto degli elementi di prova dell’uso effettivo del marchio nazionale anteriore in questione prodotti per la prima volta dinanzi ad essa. A tale riguardo, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto, ai punti 27 e 28 della sentenza impugnata, che, qualora alcuni elementi destinati a dimostrare tale uso siano stati prodotti nel termine fissato dall’EUIPO, il procedimento di dichiarazione di nullità deve, in linea di principio, seguire il suo corso.

42

Tale ragionamento sarebbe contrario sia al dettato sia alla sistematica di tali disposizioni. Infatti, la nozione di «prova», ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, esigerebbe che il richiedente la dichiarazione di nullità dimostri effettivamente l’uso effettivo del marchio anteriore interessato. In mancanza della prova suddetta, la domanda dovrebbe essere respinta. Analogamente, la regola 22, paragrafo 2, e la regola 40, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione preciserebbero che l’opposizione e la domanda di dichiarazione di nullità devono essere respinte qualora la «prova dell’utilizzazione» non sia fornita entro il termine stabilito. A tal proposito, l’articolo 57, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, in quanto norma procedurale generale, sarebbe sostituito dalle disposizioni più specifiche di cui all’articolo 57, paragrafo 2, di tale regolamento nonché dalle suddette norme.

43

Con il secondo motivo d’impugnazione, vertente su una violazione dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, la ricorrente contesta al Tribunale, in primo luogo, di avere applicato tale disposizione. Quest’ultima, infatti, si applicherebbe solo «salvo disposizione contraria». Orbene, la regola 22, paragrafo 2, e la regola 40, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione costituirebbero appunto tali «disposizioni contrarie». Inoltre, mentre la regola 50, paragrafo 1, terzo comma, di tale regolamento conterrebbe una regola speciale che conferisce alla commissione di ricorso la possibilità di prendere in considerazione fatti nuovi nell’ambito di un procedimento di opposizione, una regola speciale di questo tipo non esisterebbe per il procedimento di dichiarazione di nullità. Sarebbe inoltre conforme alla finalità di tali norme che le commissioni di ricorso dispongano di un siffatto potere solo nel quadro del procedimento di opposizione, in quanto, a differenza dell’opponente, che è tenuto al rispetto di un termine molto breve, il titolare di un diritto anteriore potrebbe determinare esso stesso il momento dell’avvio del procedimento di dichiarazione di nullità e, in assenza di opposizione, il titolare di un marchio potrebbe legittimamente confidare nell’esistenza di quest’ultimo.

44

In secondo luogo, il Tribunale, ai punti da 40 a 44 della sentenza impugnata, si sarebbe basato esclusivamente sulla circostanza che le prove prodotte tardivamente avevano una reale pertinenza, senza esaminare né la fase del procedimento in cui è avvenuta tale produzione né se le circostanze che l’accompagnano non ostassero a tale presa in considerazione. Orbene, nel caso di specie, il richiedente la dichiarazione di nullità avrebbe avuto a disposizione le prove in questione fin dalla fase dell’avvio del procedimento e avrebbe avuto più volte la possibilità di prendere posizione sulle censure della ricorrente circa il valore probatorio di tali prove.

45

In terzo luogo, la ricorrente fa valere che, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale al punto 42 della sentenza impugnata, le fatture prodotte dinanzi alla commissione di ricorso non costituivano una conferma o un chiarimento degli elenchi di fatture prodotte dinanzi alla divisione di annullamento. A tale riguardo, il Tribunale avrebbe snaturato, al punto 43 di tale sentenza, i fatti e gli elementi di prova. Infatti, il Tribunale si sarebbe fondato su argomenti contraddittori, considerando, da un lato, che tali elenchi già presentavano un valore probatorio significativo dinanzi alla divisione di annullamento e, dall’altro, che solo tali fatture permettevano di capire che tali elenchi costituivano elenchi di fatture. Inoltre, il Tribunale avrebbe snaturato i fatti, affermando che la ricorrente aveva ammesso di essere stata in grado di comprendere il riferimento «pubblicità su mobile.bg» in lingua bulgara, dato che quest’ultima non era stata in grado di identificare, sulla base degli elenchi, un qualsiasi riferimento alla prestazione di servizi di pubblicità.

46

L’EUIPO, sostenuto dalla Rezon, ritiene che tali due motivi non siano fondati.

– Giudizio della Corte

47

Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, l’EUIPO può non tener conto dei fatti che le parti non hanno invocato o delle prove che esse non hanno presentato per tempo.

48

Secondo una giurisprudenza costante della Corte, ricordata dal Tribunale al punto 25 della sentenza impugnata, dalla formulazione di tale disposizione deriva che, come regola generale e salvo disposizione contraria, la deduzione di fatti e di prove ad opera delle parti rimane possibile dopo la scadenza dei termini ai quali si trova subordinata una tale deduzione in applicazione delle disposizioni del regolamento n. 207/2009 e che non è affatto proibito all’EUIPO tener conto di fatti e prove così tardivamente dedotti o prodotti (sentenze del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, EU:C:2007:162, punto 42, e del 4 maggio 2017, Comercializadora Eloro/EUIPO, C‑71/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:345, punto 55).

49

Precisando che l’EUIPO «può», in un caso del genere, decidere di non tenere conto di tali prove, la suddetta disposizione conferisce infatti a quest’ultimo un ampio potere discrezionale al fine di decidere, pur sempre motivando la propria decisione sul punto, se occorra o meno tenere conto delle medesime (sentenze del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, EU:C:2007:162, punti 43, 6368, nonché del 4 maggio 2017, Comercializadora Eloro/EUIPO, C‑71/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:345, punto 56).

50

Nella misura in cui il primo e il secondo motivo dedotti dalla ricorrente riguardano il potere discrezionale di cui dispone la commissione di ricorso, occorre, al fine di determinare se sussista una «disposizione contraria» all’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 tale da privare l’EUIPO di un siffatto potere, fare riferimento alle norme che disciplinano la procedura di ricorso.

51

A tal proposito, la regola 50, paragrafo 1, primo comma, del regolamento di esecuzione prevede che alla procedura di ricorso si applichino, salvo disposizioni contrarie, le stesse norme relative al procedimento dinanzi all’organo che ha pronunciato la decisione impugnata col ricorso.

52

Orbene, per quanto riguarda la produzione della prova dell’uso effettivo del marchio anteriore ai sensi dell’articolo 57, paragrafi 2 o 3, del regolamento n. 207/2009, nell’ambito, come nella fattispecie, di un procedimento di dichiarazione di nullità promosso sulla base dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento, la regola 40, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione prevede che l’EUIPO deve invitare il titolare del marchio anteriore a provare l’uso del proprio marchio nel corso di un periodo da esso precisato.

53

Se è vero che dalla formulazione letterale di detta regola deriva che, quando non viene fornita nessuna prova dell’uso del marchio interessato entro il termine stabilito dall’EUIPO, la domanda di nullità deve essere respinta d’ufficio da quest’ultimo, per contro siffatta conclusione non si impone, come correttamente statuito dal Tribunale al punto 27 della sentenza impugnata, allorché taluni elementi di prova volti a dimostrare tale uso sono stati prodotti entro il termine menzionato (v., per analogia, sentenze del 26 settembre 2013, Centrotherm Systemtechnik/UAMI e centrotherm Clean Solutions, C‑610/11 P, EU:C:2013:593, punto 86, nonché del 4 maggio 2017, Comercializadora Eloro/EUIPO, C‑71/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:345, punto 58).

54

In una simile ipotesi, infatti, e salvo che non risulti che detti elementi sono del tutto irrilevanti per la dimostrazione dell’uso effettivo del marchio anteriore interessato, il procedimento è destinato a seguire il suo corso. Pertanto, spetta all’EUIPO, in particolare, come previsto dall’articolo 57, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, invitare le parti, ogniqualvolta sia necessario, a presentare le loro deduzioni sulle proprie notificazioni o sulle comunicazioni delle altre parti. In tale contesto, se la domanda di dichiarazione di nullità è respinta perché il marchio anteriore in questione non ha formato oggetto di un uso effettivo, questo rigetto deriva non da un’applicazione della regola 40, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione, disposizione di carattere essenzialmente procedurale, ma esclusivamente dell’applicazione delle disposizioni sostanziali di cui all’articolo 57, paragrafi 2 o 3, del regolamento n. 207/2009 (v., per analogia, sentenze del 26 settembre 2013, Centrotherm Systemtechnik/UAMI e centrotherm Clean Solutions, C‑610/11 P, EU:C:2013:593, punto 87).

55

Ne consegue che, come il Tribunale ha correttamente concluso al punto 29 della sentenza impugnata, la presentazione di prove dell’uso del marchio anteriore in questione che vengono ad aggiungersi a prove a loro volta prodotte entro il termine impartito dall’EUIPO, in forza della regola 40, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione, rimane possibile dopo la scadenza di detto termine, e non è affatto vietato all’EUIPO tenere conto delle prove ulteriori così tardivamente prodotte avvalendosi del potere discrezionale conferitogli dall’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (v., per analogia, sentenza del 26 settembre 2013, Centrotherm Systemtechnik/UAMI e centrotherm Clean Solutions, C‑610/11 P, EU:C:2013:593, punto 88, nonché ordinanza del 16 giugno 2016, L’Oréal/EUIPO, C‑611/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:463, punto 25).

56

Ne consegue che la regola 40, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione non costituisce, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, una disposizione contraria all’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, con la conseguenza che non sarebbe consentito alla commissione di ricorso tenere conto delle prove ulteriori dell’uso del marchio anteriore interessato prodotte dal richiedente la dichiarazione di nullità a sostegno del suo ricorso dinanzi ad essa (v., per analogia, sentenza del 26 settembre 2013, Centrotherm Systemtechnik/UAMI e centrotherm Clean Solutions, C‑610/11 P, EU:C:2013:593, punto 88).

57

Per quanto riguarda la procedura di ricorso, la Corte ha già dichiarato, peraltro, che, come risulta dall’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 76, paragrafo 2, di tale regolamento, ai fini dell’esame nel merito del ricorso con cui è stata adita, la commissione di ricorso non soltanto invita le parti, ogniqualvolta sia necessario, a presentare, entro il termine da essa assegnato, le loro deduzioni sulle proprie notificazioni, ma può anche disporre mezzi istruttori, inclusa la deduzione di fatti o la produzione di prove. Tali disposizioni garantiscono a loro volta la possibilità di vedere arricchirsi il substrato fattuale durante le diverse fasi del procedimento svoltosi dinanzi all’EUIPO (v., in tal senso, sentenza del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, EU:C:2007:162, punto 58).

58

La ricorrente non può neppure sostenere che la regola 50, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento di esecuzione costituisce una disposizione contraria all’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009.

59

A tal proposito, occorre ricordare che, ai sensi della citata regola 50, paragrafo 1, terzo comma, se il ricorso è diretto contro una decisione della divisione di opposizione, la commissione di ricorso limita l’esame del ricorso ai fatti e alle prove presentati entro i termini stabiliti o fissati dalla divisione di opposizione, a meno che la commissione non ritenga che fatti e prove ulteriori o complementari debbano essere presi in considerazione ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009.

60

In tal senso, il regolamento di esecuzione stabilisce espressamente che la commissione di ricorso, in occasione dell’esame di un ricorso diretto contro una decisione della divisione di opposizione, dispone del potere discrezionale derivante dalla regola 50, paragrafo 1, terzo comma, di tale regolamento di esecuzione e dall’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, di decidere se occorra o meno prendere in considerazione fatti e prove ulteriori o complementari che non sono stati presentati nei termini stabiliti o fissati dalla divisione di opposizione (sentenza del 3 ottobre 2013, Rintisch/UAMI, C‑122/12 P, EU:C:2013:628, punto 33).

61

Tuttavia, non se ne può dedurre, a contrario, che, in occasione dell’esame di un ricorso contro una decisione di una divisione di annullamento, la commissione di ricorso non disponga di un siffatto potere discrezionale. Infatti, come la Corte ha già statuito, la regola 50, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento di esecuzione, costituisce unicamente l’espressione, per quanto riguarda l’esame di un ricorso diretto contro una decisione di una divisione di opposizione, del principio derivante dall’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, il quale costituisce il fondamento giuridico della suddetta regola 50 e contiene una disposizione che svolge un ruolo orizzontale nel sistema di tale regolamento, che, pertanto, si applica indipendentemente dalla natura del procedimento interessato (v., in tal senso, sentenza del 21 luglio 2016, EUIPO/Grau Ferrer, C‑597/14 P, EU:C:2016:579, punti 2527).

62

Di conseguenza, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto, dichiarando, ai punti da 24 a 29 della sentenza impugnata, che la commissione di ricorso può, in occasione dell’esame di un ricorso diretto contro la decisione di una divisione di annullamento, prendere in considerazione elementi di prova ulteriori relativi all’uso effettivo del marchio anteriore in questione che non siano stati prodotti entro i termini fissati da quest’ultima.

63

Inoltre, nella parte in cui la ricorrente contesta al Tribunale di aver compiuto una valutazione incompleta dei criteri che giustificano la presa in considerazione di tali elementi di prova, si deve ricordare che la presa in considerazione da parte dell’EUIPO di fatti e di prove tardivamente prodotti, quando è chiamato a statuire nell’ambito di un procedimento di nullità, è, in particolare, giustificabile quando esso ritenga che, da un lato, gli elementi prodotti tardivamente possano, a prima vista, rivestire un’effettiva rilevanza per l’esito della domanda di dichiarazione di nullità proposta dinanzi ad esso e che, dall’altro, la fase del procedimento in cui interviene tale produzione tardiva e le circostanze che l’accompagnano non si oppongano a tale presa in considerazione (v., per analogia, sentenza del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, EU:C:2007:162, punto 44, e del 4 maggio 2017, Comercializadora Eloro/EUIPO, C‑71/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:345, punto 59).

64

Orbene, nel caso di specie, è sufficiente constatare che, ai punti da 39 a 44 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato non solo se le prove presentate tardivamente avessero un’effettiva rilevanza, ma altresì se la fase del procedimento in cui è avvenuta tale produzione tardiva e le circostanze che la accompagnavano non ostassero alla presa in considerazione di tali prove.

65

Infine, nella parte in cui la ricorrente contesta al Tribunale di aver valutato erroneamente il valore probatorio e snaturato il contenuto di taluni elementi di prova, si deve ricordare che, come risulta dall’articolo 256 TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto. Il Tribunale è, dunque, competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti pertinenti, nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti ed elementi di prova, salvo il caso del loro snaturamento, non costituisce quindi una questione di diritto soggetta, come tale, al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (sentenza del 17 marzo 2016, Naazneen Investments/UAMI, C‑252/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:178, punto 59).

66

Inoltre, in considerazione della natura eccezionale di una censura di snaturamento dei fatti e degli elementi probatori, le medesime disposizioni e l’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura della Corte impongono, segnatamente, al ricorrente di indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e di dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato quest’ultimo a tale snaturamento. Un siffatto snaturamento deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (sentenza del 22 settembre 2016, Pensa Pharma/EUIPO, C‑442/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:720, punti 2160).

67

Orbene, nella fattispecie, è giocoforza constatare che, con il pretesto di contestare al Tribunale uno snaturamento degli elementi di prova, la ricorrente mira, in realtà, ad ottenere che la Corte proceda ad una nuova valutazione degli stessi per quanto riguarda la questione se le fatture prodotte per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso mirassero, come il Tribunale ha considerato al punto 42 della sentenza impugnata, a rafforzare e chiarire il contenuto delle prove prodotte dinanzi alla divisione di annullamento. Essa non tenta, invece, in alcun modo di dimostrare, individuando con precisione gli elementi asseritamente snaturati, che il Tribunale avrebbe proceduto a tal proposito a constatazioni in manifesto contrasto con il contenuto dei documenti del fascicolo o che esso avrebbe attribuito a questi ultimi una portata che essi manifestamente non hanno.

68

Ne consegue che l’argomento della ricorrente dev’essere, in tale misura, respinto in quanto irricevibile.

69

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre respingere il primo e il secondo motivo d’impugnazione in quanto in parte irricevibili e in parte infondati.

Sul terzo motivo d’impugnazione

– Argomenti delle parti

70

Con il terzo motivo d’impugnazione, la ricorrente contesta al Tribunale di aver violato l’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in quanto non ha tenuto conto delle differenze, in parte, fonetiche e, in parte, concettuali tra i segni di cui trattasi.

71

Innanzitutto, il Tribunale avrebbe omesso, ai punti da 51 a 61 della sentenza impugnata, di procedere a un’analisi fonetica dei marchi di cui trattasi. Orbene, da un punto di vista fonetico, il carattere distintivo del marchio nazionale anteriore in questione sarebbe fortemente modificato con l’aggiunta degli elementi denominativi «.bg».

72

Il Tribunale, poi, sarebbe incorso in un errore di diritto ritenendo che il carattere distintivo non fosse modificato dall’aggiunta di elementi figurativi e denominativi. A tal proposito, il Tribunale si sarebbe soltanto basato, al punto 56 di tale sentenza, sui diversi elementi dei marchi in questione e non sull’impressione generale prodotta da questi ultimi. Orbene, da un lato, a causa del debole carattere distintivo della parola «mobile», nell’ambito dell’impressione generale, l’assenza di elementi figurativi costituirebbe una tale differenza tra le forme di utilizzo «mobile.bg» e «mobile bg» che il carattere distintivo sarebbe limitato. Dall’altro, il Tribunale non avrebbe preso in considerazione neanche, nella sua valutazione dell’impressione complessiva del marchio nazionale anteriore in questione, l’aggiunta dell’elemento denominativo «.bg», sebbene quest’ultimo limitasse il carattere distintivo globale di tale segno.

73

Infine, il Tribunale avrebbe omesso di esaminare il significato concettuale del segno «mobilen.bg». Infatti, contrariamente a «mobile», «mobilen» sarebbe una parola bulgara della lingua corrente che significa «mobile, idoneo al movimento». Orbene, un significato concettuale divergente comporterebbe necessariamente una restrizione del carattere distintivo.

74

L’EUIPO ritiene tale motivo infondato.

– Giudizio della Corte

75

Si deve rilevare innanzitutto che, nel contestare al Tribunale di non aver esaminato la somiglianza fonetica e concettuale tra il marchio nazionale anteriore in questione come registrato e i vari segni denominativi nonché figurativi invocati al fine di dimostrare l’uso effettivo di tale marchio, la ricorrente procede a una lettura erronea della sentenza impugnata.

76

Infatti, risulta chiaramente dai punti da 56 a 58 della sentenza impugnata, ai quali si riferiscono, in parte, i punti 59 e 60 di tale sentenza, che il Tribunale, quando ha esaminato se le differenze tra il marchio nazionale anteriore e tali segni avessero alterato il carattere distintivo di detto marchio, ha valutato tanto la loro somiglianza fonetica, sottolineando, in particolare, che essi condividono il termine «mobile» e che l’aggiunta di taluni termini, come «.bg», «bg» o «n», in detti segni rispecchia differenze trascurabili, quanto la loro somiglianza concettuale, mettendo in evidenza il messaggio trasmesso da ciascuno di essi e la loro percezione da parte del pubblico.

77

Parimenti, la ricorrente si basa su una lettura erronea della sentenza impugnata laddove essa contesta al Tribunale di non aver preso in considerazione l’impressione generale suscitata da tali diversi segni. Infatti, il Tribunale ha espressamente effettuato tale esame ai punti 58 e 59 della sentenza impugnata. In particolare, contrariamente a quanto suggerito dalla ricorrente, il Tribunale ha rilevato, in quest’ultimo punto, che i segni denominativi invocati, tenuto conto dell’assenza di elementi figurativi e dell’aggiunta di taluni elementi, sono complessivamente equivalenti al marchio nazionale anteriore in questione.

78

Per il resto, occorre constatare che la ricorrente, con l’argomento che essa espone nell’ambito del presente motivo, mira a contestare l’esame dei fatti effettuato dal Tribunale ai punti da 56 a 60 della sentenza impugnata, al fine di ottenere dalla Corte una nuova valutazione al riguardo, il che, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 65 della presente sentenza, esula dalla competenza di quest’ultima in sede di impugnazione.

79

Pertanto, il terzo motivo d’impugnazione dev’essere respinto in quanto, in parte, irricevibile e, in parte, infondato.

Sul quarto motivo d’impugnazione

– Argomenti delle parti

80

Con il suo quarto motivo d’impugnazione, la ricorrente addebita al Tribunale la violazione dell’articolo 57, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con la regola 22, paragrafi 3 e 4, del regolamento di esecuzione, in quanto, ai punti da 66 a 69 della sentenza impugnata, esso ha considerato che le valutazioni della commissione di ricorso relative al luogo, al tempo, all’estensione e alla natura dell’uso del marchio nazionale anteriore non sono viziate da errori. In particolare, il Tribunale sarebbe caduto in errore laddove ha preso in considerazione elementi di prova non datati e che non si riferiscono al periodo rilevante.

81

L’EUIPO ritiene che tale motivo sia privo di qualsiasi fondamento.

– Giudizio della Corte

82

Si deve necessariamente constatare che, con il presente motivo, la ricorrente mira, senza neppure contestare al Tribunale alcuno snaturamento, a mettere in discussione la valutazione effettuata da quest’ultimo ai punti da 66 a 69 della sentenza impugnata per quanto riguarda la pertinenza degli elementi probatori prodotti dalla Rezon allo scopo di dimostrare l’uso effettivo del marchio nazionale anteriore in questione. In tal modo, essa tenta di ottenere una nuova valutazione di tali elementi, il che, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 65 della presente sentenza, esula dalla competenza della Corte nell’ambito di un’impugnazione.

83

Di conseguenza, occorre respingere il quarto motivo d’impugnazione in quanto irricevibile.

Sul quinto motivo d’impugnazione

– Argomenti delle parti

84

Con il suo quinto motivo d’impugnazione, la ricorrente fa valere che il Tribunale ha violato l’articolo 54, paragrafo 2, l’articolo 56, paragrafo 1, lettera a), e l’articolo 64, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, avendo dichiarato, ai punti da 75 a 77 della sentenza impugnata, che la commissione di ricorso non era tenuta a pronunciarsi sulla questione relativa all’eventuale malafede del titolare del marchio nazionale anteriore in questione.

85

Infatti, tale questione riguarderebbe la ricevibilità della domanda di dichiarazione di nullità e, pertanto, essa dovrebbe sempre essere verificata, dal momento che il richiedente la dichiarazione di nullità deve avere un interesse ad agire. Orbene, tale interesse sarebbe assente qualora il richiedente abbia acquisito il suo diritto sul marchio nazionale anteriore in modo abusivo e lo invochi in maniera altrettanto abusiva. Il Tribunale avrebbe quindi dovuto esercitare le competenze dell’organo che ha adottato le decisioni controverse. Inoltre, il Tribunale non avrebbe nemmeno esaminato l’obiezione fondata sulla decadenza e, in tal modo, avrebbe violato l’articolo 54, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009.

86

L’EUIPO ritiene tale motivo infondato.

– Giudizio della Corte

87

Occorre ricordare che, a norma dell’articolo 57, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, qualora il titolare di un marchio nazionale anteriore che ha avviato un procedimento di dichiarazione di nullità di un marchio dell’Unione non abbia provveduto a fornire, a richiesta del titolare di quest’ultimo marchio, la prova dell’uso effettivo di detto marchio nazionale anteriore nello Stato membro in cui è tutelato nel corso dei cinque anni che precedono la data di domanda di dichiarazione di nullità per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e su cui essa si basa, tale domanda deve essere respinta.

88

Dal momento che l’assenza di uso effettivo del marchio anteriore, allorché viene eccepita dal titolare di un marchio dell’Unione contestato nell’ambito di una domanda di dichiarazione di nullità, costituisce quindi, secondo il tenore stesso di tale disposizione, un motivo che giustifica, di per sé, il rigetto di tale domanda, è senza commettere errori di diritto che il Tribunale ha dichiarato, al punto 76 della sentenza impugnata, che la questione relativa alla prova di tale uso doveva essere risolta prima che fosse presa una decisione sulla domanda di dichiarazione di nullità vera e propria e, pertanto, rientrava, in questo senso, in una «questione preliminare».

89

In tali circostanze, poiché la commissione di ricorso ha ritenuto, nella fattispecie, che la prova dell’uso effettivo fosse stata fornita dal titolare del marchio nazionale anteriore in questione per taluni dei servizi su cui si fondano domande di dichiarazione di nullità, e ha annullato, per questo solo motivo, le decisioni della divisione di annullamento, il Tribunale ha correttamente statuito, al punto 77 della sentenza impugnata, che detta commissione di ricorso aveva potuto, ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, legittimamente rinviare l’esame delle domande di nullità alla suddetta divisione, affinché quest’ultima si pronunciasse, in particolare, sull’argomento della ricorrente relativo all’irricevibilità di tali domande, ai sensi dell’articolo 54 di tale regolamento, in ragione dell’asserita malafede del richiedente la dichiarazione di nullità.

90

Infatti, risulta dalla stessa formulazione di detto articolo 64, paragrafo 1, che la commissione di ricorso, nel pronunciarsi su un ricorso, non è affatto tenuta ad esercitare le competenze dell’organo che ha emesso la decisione impugnata, disponendo a tal riguardo di un ampio potere discrezionale.

91

Inoltre, la ricorrente non può contestare al Tribunale di non aver esaminato il suo argomento vertente sull’irricevibilità delle domande di dichiarazione di nullità in ragione della decadenza, in quanto emerge dal ricorso di primo grado che tale argomento era intrinsecamente legato a quello attinente alla malafede del richiedente.

92

Pertanto, si deve ritenere che, con il ragionamento di cui ai punti 76 e 77 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia implicitamente, ma necessariamente, respinto l’intero argomento della ricorrente vertente, in definitiva, sulla malafede del richiedente.

93

Di conseguenza, occorre respingere il quinto motivo d’impugnazione in quanto infondato.

Sul sesto motivo d’impugnazione

– Argomenti delle parti

94

Con il suo sesto motivo d’impugnazione, la ricorrente contesta al Tribunale di avere, in violazione dell’articolo 64, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, trascurato, ai punti da 79 a 87 della sentenza impugnata, il fatto che la commissione di ricorso ha erroneamente annullato le decisioni della divisione di annullamento per intero.

95

Dal momento che la commissione di ricorso ha ritenuto che l’utilizzazione effettiva del marchio nazionale anteriore in questione fosse stata dimostrata solo per i servizi di pubblicità riferita ad autoveicoli, essa avrebbe dovuto annullare dette decisioni per quanto riguarda solo tali servizi. Per quanto riguarda gli altri servizi per i quali la prova dell’utilizzazione non è stata fornita, la commissione di ricorso avrebbe dovuto, conformemente all’articolo 57, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, nonché alla regola 22, paragrafo 2, e alla regola 40, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione, pronunciarsi definitivamente e dichiarare il rigetto parziale delle domande di dichiarazione di nullità in un dispositivo che potesse acquisire efficacia di giudicato.

96

Infatti, l’obiezione fondata sull’assenza di uso effettivo non costituirebbe, a differenza di quanto dichiarato dal Tribunale al punto 82 della sentenza impugnata, una questione preliminare, ma essa dovrebbe essere esaminata come lo sono le condizioni di ricevibilità o l’esistenza di un rischio di confusione. La commissione di ricorso avrebbe quindi dovuto annullare le decisioni della divisione di annullamento e rinviare la causa a quest’ultima precisando che l’esame del rischio di confusione poteva ormai essere effettuato soltanto per i servizi di pubblicità riferita ad autoveicoli.

97

A tale riguardo, dichiarando, al punto 85 di tale sentenza, che, nell’ambito del rinvio operato, la divisione di annullamento è vincolata dalla valutazione della commissione di ricorso, il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che, a norma dell’articolo 64, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, tale divisione è vincolata dai motivi della decisione della commissione di ricorso «a condizione che i fatti della causa siano i medesimi». Orbene, se, a seguito del rinvio della causa, il richiedente la dichiarazione di nullità dovesse produrre nuove prove relative all’uso effettivo del marchio nazionale anteriore e se la divisione di annullamento dovesse ritenere che tali prove possono essere prese in considerazione, ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, i fatti della causa non sarebbero più i medesimi. In tali condizioni, prove dell’uso prodotte a posteriori potrebbero essere prese in considerazione per servizi diversi da quelli di pubblicità riferita ad autoveicoli.

98

L’EUIPO ritiene tale motivo infondato.

– Giudizio della Corte

99

In primo luogo, per le stesse ragioni esposte ai punti 87 e 88 della presente sentenza, occorre respingere il sesto motivo d’impugnazione in quanto, con esso, la ricorrente addebita al Tribunale di aver dichiarato, al punto 82 della sentenza impugnata, che la prova dell’utilizzazione effettiva di un marchio nazionale anteriore, ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, costituisce una questione preliminare che deve essere risolta prima che sia presa una decisione sulle domande di dichiarazione di nullità.

100

Per il resto, in quanto la ricorrente addebita al Tribunale di aver ignorato che la commissione di ricorso ha erroneamente annullato per intero le decisioni della divisione di annullamento, occorre ricordare che, come il Tribunale ha anch’esso rilevato al punto 83 della sentenza impugnata, il dispositivo di un atto deve essere letto alla luce della sua motivazione (v., in tal senso, ordinanza del 10 luglio 2001, Irish Sugar/Commissione, C‑497/99 P, EU:C:2001:393, punto 15, e sentenza del 22 ottobre 2013, Commissione/Germania, C‑95/12, EU:C:2013:676, punto 40).

101

Così, l’articolo 64, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 prevede espressamente che, qualora la commissione di ricorso decida di rinviare l’istanza, ai fini della prosecuzione del procedimento, all’organo che ha emesso la decisione impugnata, quest’ultimo è vincolato ai motivi e al dispositivo della decisione della commissione di ricorso, a condizione che i fatti della causa siano i medesimi.

102

Orbene, nel caso di specie, è pacifico che la commissione di ricorso, come risulta dal punto 61 di ciascuna delle decisioni controverse, ha annullato le decisioni della divisione di annullamento, in base al rilievo che, contrariamente a ciò che queste ultime avevano concluso, la prova dell’uso effettivo del marchio nazionale anteriore era stata fornita dal titolare di tale marchio per i soli servizi di pubblicità riferita ad autoveicoli rientrante nella classe 35 dell’Accordo di Nizza.

103

In tale contesto, essendo la divisione di annullamento, come il Tribunale ha giustamente sottolineato al punto 86 della sentenza impugnata, vincolata da tale motivo nell’ambito del rinvio operato dalla commissione di ricorso ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, l’annullamento da parte di quest’ultima, ai sensi del punto 62 delle decisioni contestate, delle decisioni della divisione di annullamento deve necessariamente intendersi come riguardante unicamente tali decisioni, nella parte in cui esse hanno respinto le domande di dichiarazione di nullità a causa della mancanza di prova dell’uso effettivo del marchio nazionale anteriore per tali servizi di pubblicità riferita ad autoveicoli.

104

Per contro, poiché la commissione di ricorso ha ritenuto che la prova dell’effettiva utilizzazione del marchio anteriore non fosse stata prodotta dal suo titolare per gli altri servizi oggetto delle domande di dichiarazione di nullità, cioè i servizi rientranti nella classe 35 dell’Accordo di Nizza diversi dai servizi di pubblicità riferita ad autoveicoli e i servizi rientranti nella categoria 42 di tale accordo, si deve ritenere che le decisioni della divisione d’annullamento, visto che tale punto non è stato oggetto di ricorso dinanzi al Tribunale su tale punto, abbiano definitivamente respinto le domande di dichiarazione di nullità riguardanti tali servizi (v., per analogia, sentenza del 14 novembre 2017, British Airways/Commission, C‑122/16 P, EU:C:2017:861, punti da 82 a 85 e giurisprudenza ivi citata).

105

Ne consegue che il Tribunale non è incorso in errori di diritto nel concludere, al punto 86 della sentenza impugnata, che la divisione di annullamento, nell’ambito del rinvio ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, può unicamente, per valutare nel merito le domande di nullità con riferimento all’impedimento relativo alla registrazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento, prendere in considerazione i servizi di pubblicità riferita ad autoveicoli rientranti nella classe 35 dell’Accordo di Nizza.

106

È vero che, come osserva giustamente la ricorrente, la divisione di annullamento, ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, è vincolata dai motivi delle decisioni della commissione di ricorso soltanto «a condizione che i fatti della causa siano i medesimi».

107

Tuttavia, come l’avvocato generale ha rilevato, in sostanza, ai paragrafi 44 e 46 delle sue conclusioni, la divisione di annullamento non può, a pena di rimettere in discussione il carattere definitivo delle proprie decisioni e di arrecare pregiudizio alla certezza del diritto, esaminare, ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, nuove prove dell’utilizzazione effettiva del marchio nazionale anteriore in questione in relazione a servizi per i quali è stato considerato dalla commissione di ricorso, senza che ciò fosse contestato dal richiedente la dichiarazione di nullità con la presentazione di un ricorso dinanzi al Tribunale, che tale prova non era stata fornita.

108

Di conseguenza, occorre respingere il sesto motivo d’impugnazione in quanto infondato e, pertanto, l’impugnazione nella sua interezza.

Sulle spese

109

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quest’ultima, quando l’impugnazione è respinta, statuisce sulle spese. L’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, reso applicabile al procedimento d’impugnazione in forza del successivo articolo 184, paragrafo 1, prevede che la parte soccombente sia condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda.

110

Poiché l’EUIPO e la Rezon ne hanno fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La mobile.de GmbH è condannata a sopportare le spese sostenute dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e dalla Rezon OOD.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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