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Document 62016CC0367

Conclusioni dell’avvocato generale Y. Bot, presentate il 6 settembre 2017.
Dawid Piotrowski.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hof van beroep te Brussel.
Rinvio pregiudiziale – Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2002/584/GAI – Mandato d’arresto europeo – Procedure di consegna tra Stati membri – Motivi di non esecuzione obbligatoria – Articolo 3, punto 3 – Minori – Requisito della verifica dell’età minima per la responsabilità penale o valutazione caso per caso delle condizioni supplementari previste dal diritto dello Stato membro di esecuzione per poter in concreto perseguire penalmente o condannare un minore.
Causa C-367/16.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:636

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 6 settembre 2017 ( 1 )

Causa C‑367/16

Procedimento penale

contro

Dawid Piotrowski

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo hof van beroep te Brussel (Corte d’appello di Bruxelles, Belgio)]

«Decisione quadro 2002/584/GAI – Mandato d’arresto europeo – Procedure di consegna tra Stati membri – Motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato d’arresto europeo – Minore – Responsabilità penale – Principio del “favor educativo” – Diritto minorile – Articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea»

1. 

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dallo hof van beroep te Brussel (Corte d’appello di Bruxelles, Belgio), rientra nell’ambito dell’esecuzione in Belgio di un mandato d’arresto europeo emesso il 17 luglio 2014 dalle autorità polacche nei confronti del sig. Dawid Piotrowski, cittadino polacco residente in Belgio, ai fini dell’esecuzione di due pene detentive.

2. 

Più in particolare, in tale causa la Corte è invitata ad interpretare per la prima volta l’articolo 3, punto 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri ( 2 ), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 ( 3 ) (in prosieguo: la «decisione quadro 2002/584»). Tale disposizione prevede un motivo di non esecuzione obbligatoria del mandato d’arresto europeo se la persona oggetto di tale mandato non può ancora essere considerata, a causa dell’età, penalmente responsabile dei fatti all’origine di detto mandato in base alla legge dello Stato membro di esecuzione.

3. 

Nelle presenti conclusioni spiegherò perché l’articolo 3, punto 3, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che il motivo di non esecuzione obbligatoria del mandato d’arresto europeo previsto da tale disposizione non si applica per il solo fatto che l’autore del reato nei cui confronti è stato emesso detto mandato è un minore.

4. 

In seguito esporrò le ragioni per le quali ritengo che l’articolo 3, punto 3, di tale decisione quadro, letto alla luce dell’articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ( 4 ), debba essere interpretato nel senso che lo Stato membro di esecuzione può rifiutare la consegna di un minore quando a quest’ultimo, tenuto conto della sua età al momento della commissione del reato, non può essere applicata alcuna pena ai sensi del diritto di tale Stato. Per contro, lo Stato membro di esecuzione dovrà procedere alla consegna del minore ogniqualvolta, tenuto conto dell’età al momento della commissione del reato, la pena inflitta nello Stato membro di emissione corrisponda, nella sua natura e nella sua entità, ad una pena che avrebbe potuto essere inflitta o pronunciata anche nello Stato membro di esecuzione.

5. 

In caso di rifiuto di consegna del minore da parte dello Stato membro di esecuzione, quest’ultimo dovrà adempiere, nei confronti di tale minore, gli obblighi di presa in carico nell’ambito dell’assistenza educativa alla quale esso è tenuto.

I. Contesto normativo

A.  Diritto dell’Unione

6.

I considerando da 5 a 8 e 10 della decisione quadro 2002/584 sono formulati come segue:

«(5)

L’obiettivo dell’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia comporta la soppressione dell’estradizione tra Stati membri e la sua sostituzione con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie. Inoltre l’introduzione di un nuovo sistema semplificato di consegna delle persone condannate o sospettate, al fine dell’esecuzione delle sentenze di condanna in materia penale o per sottoporle all’azione penale, consente di eliminare la complessità e i potenziali ritardi inerenti alla disciplina attuale in materia di estradizione. Le classiche relazioni di cooperazione finora esistenti tra Stati membri dovrebbero essere sostituite da un sistema di libera circolazione delle decisioni giudiziarie in materia penale, sia intervenute in una fase anteriore alla sentenza, sia definitive, nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

(6)

Il mandato d’arresto europeo previsto nella presente decisione quadro costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria.

(7)

Poiché l’obiettivo di sostituire il sistema multilaterale di estradizione creato sulla base della convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 non può essere sufficientemente realizzato unilateralmente dagli Stati membri e può dunque, a causa della dimensione e dell’effetto, essere realizzato meglio a livello dell’Unione, il Consiglio può adottare misure, nel rispetto del principio di sussidiarietà menzionato all’articolo [3 TUE] e all’articolo 5 [TUE]. La presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(8)

Le decisioni relative all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo devono essere sottoposte a un controllo sufficiente, il che implica che l’autorità giudiziaria dello Stato membro in cui la persona ricercata è stata arrestata dovrà prendere la decisione relativa alla sua consegna.

(…)

(10)

Il meccanismo del mandato d’arresto europeo si basa su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri (…)».

7.

Ai termini dell’articolo 1 di tale decisione quadro, intitolato «Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione»:

«1.   Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.   Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

3.   L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 [TUE] non può essere modificat[o] per effetto della presente decisione quadro».

8.

L’articolo 3 di detta decisione quadro enuncia i motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato d’arresto europeo. Esso dispone quanto segue:

«L’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione (in prosieguo: “autorità giudiziaria dell’esecuzione”) rifiuta di eseguire il mandato d’arresto europeo nei casi seguenti:

(…)

3)

se la persona oggetto del mandato d’arresto europeo non può ancora essere considerata, a causa dell’età, penalmente responsabile dei fatti all’origine del mandato d’arresto europeo in base alla legge dello Stato membro di esecuzione».

9.

Ai sensi dell’articolo 15 della decisione quadro 2002/584:

«1.   L’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide la consegna della persona nei termini e alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro.

2.   L’autorità giudiziaria dell’esecuzione che non ritiene le informazioni comunicatele dallo Stato membro emittente sufficienti per permetterle di prendere una decisione sulla consegna, richiede urgentemente le informazioni complementari necessarie segnatamente in relazione agli articoli 3, 4, 5 e 8 e può stabilire un termine per la ricezione delle stesse, tenendo conto dell’esigenza di rispettare i termini fissati all’articolo 17.

3.   L’autorità giudiziaria emittente può, in qualsiasi momento, trasmettere tutte le informazioni supplementari utili all’autorità giudiziaria dell’esecuzione».

B.  Diritto belga

10.

L’articolo 3, punto 3, della decisione quadro 2002/584 è stato trasposto nel diritto belga dall’articolo 4, punto 3, della wet betreffende het Europees aanhoudingsbevel (legge sul mandato d’arresto europeo) del 19 dicembre 2003 (in prosieguo: la «legge sul mandato d’arresto europeo») ( 5 ). Tale disposizione prevede che l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo sia rifiutata se la persona oggetto di tale mandato non possa ancora essere considerata, a causa dell’età, penalmente responsabile dei fatti all’origine di detto mandato ai sensi del diritto belga.

11.

Il giudice del rinvio precisa, a tale riguardo, che nel diritto belga l’età della responsabilità penale è fissata a diciotto anni. Tuttavia, un minore ultrasedicenne può essere chiamato a rispondere penalmente se ha commesso reati connessi ad infrazioni al codice della strada o se il giudice minorile declina la propria competenza nei suoi confronti.

12.

Infatti, ai sensi dell’articolo 36, punto 4, della wet betreffende de jeugdbescherming, het ten laste nemen van minderjarigen die een als misdrijf omschreven feit hebben gepleegd en het herstel van de door dit feit veroorzaakte schade (legge relativa alla tutela dei minori, alla presa in carico dei minori che hanno commesso un fatto qualificato come reato e al risarcimento dei danni causati da tale fatto), dell’8 aprile 1965 ( 6 ), nella sua versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «legge sulla tutela dei minori»), il familie- en jeugdrechtbank (tribunale della famiglia e dei minori, Belgio) conosce delle azioni penali esercitate dal pubblico ministero nei confronti delle persone perseguite per un fatto qualificato come reato commesso prima del compimento dei diciotto anni.

13.

L’articolo 57 bis, paragrafo 1, di tale legge dispone che, qualora la persona deferita al familie- en jeugdrechtbank (tribunale della famiglia e dei minori) per un fatto qualificato come reato abbia sedici o più di sedici anni al momento di tale fatto e il familie- en jeugdrechtbank (tribunale della famiglia e dei minori) ritenga inadeguata una misura detentiva, di custodia o di educazione, detto tribunale può, con decisione motivata, declinare la propria competenza e rinviare la causa al pubblico ministero ai fini dell’esercizio dell’azione penale dinanzi ad una sezione speciale del familie- en jeugdrechtbank (tribunale della famiglia e dei minori) o dinanzi ad una corte d’assise, a seconda del reato commesso.

14.

Tale disposizione prevede che il familie- en jeugdrechtbank (tribunale della famiglia e dei minori) possa, tuttavia, declinare la propria competenza soltanto se sia soddisfatta una delle seguenti condizioni: l’interessato sia già stato oggetto di almeno una delle misure di cui all’articolo 37, paragrafi 2, 2 bis o 2 ter, della legge sulla tutela dei minori o di una proposta riparatoria ai sensi degli articoli da 37 bis a 37 quinquies di tale legge, oppure si tratti di un fatto previsto dagli articoli 373, 375, da 393 a 397, 400, 401, 417 ter, 417 quater, da 471 a 475 del codice penale o del tentativo di commettere un fatto previsto dagli articoli da 393 a 397 di tale codice.

15.

L’articolo 57 bis, paragrafo 1, della legge sulla tutela dei minori prevede altresì che la motivazione fornita dal familie- en jeugdrechtbank (tribunale della famiglia e dei minori) verta sulla personalità dell’interessato e delle persone che lo circondano, nonché sul suo grado di maturità. Tale articolo può essere applicato anche se detto interessato ha compiuto diciotto anni al momento della sentenza. In tale ipotesi, egli è equiparato a un minore.

16.

Ai sensi dell’articolo 57 bis, paragrafo 2, di tale legge, il familie- en jeugdrechtbank (tribunale della famiglia e dei minori) può declinare la propria competenza in applicazione di detto articolo soltanto dopo aver fatto svolgere un’indagine sociale e un esame medico-psicologico. Quest’ultimo ha lo scopo di valutare la situazione in funzione della personalità dell’interessato e delle persone che lo circondano, nonché del suo grado di maturità. In tal senso, la natura, la frequenza e la gravità dei fatti imputati all’interessato vengono prese in considerazione nella misura in cui siano pertinenti ai fini della valutazione della sua personalità.

17.

A determinate condizioni, il familie- en jeugdrechtbank (tribunale della famiglia e dei minori) può declinare la propria competenza senza aver condotto un’indagine sociale e/o senza disporre della relazione dell’esame medico-psicologico.

II. Fatti del procedimento principale

18.

Il 17 luglio 2014, il Sąd Okręgowy w Białymstoku (Tribunale regionale di Białystok, Polonia) ha emesso un mandato d’arresto europeo nei confronti del sig. Piotrowski, cittadino polacco, sulla base di due condanne definitive.

19.

In effetti, tale tribunale ha condannato il sig. Piotrowski, con sentenza del 15 settembre 2011, ad una pena detentiva di sei mesi per aver commesso fatti punibili a titolo di furto e, più precisamente, per il furto di una bicicletta, e, con sentenza del 10 settembre 2012, ad una pena detentiva di due anni e sei mesi per aver fornito false informazioni relative ad un attentato grave. Entrambe le pene inflitte devono tuttora essere integralmente scontate.

20.

Con ordinanza del 6 giugno 2016, l’onderzoekrechter van de Nederlandstalige rechtbank van eerste aanleg Brussel (giudice istruttore del tribunale di primo grado di lingua neerlandese di Bruxelles, Belgio) ha disposto la messa in stato di detenzione del sig. Piotrowski ai fini dell’esecuzione del mandato d’arresto europeo e della consegna di quest’ultimo alle autorità polacche sulla base della condanna del 10 settembre 2012. Con la medesima ordinanza, tale giudice istruttore ha dichiarato che il mandato d’arresto europeo non poteva invece essere eseguito per quanto riguarda la condanna del 15 settembre 2011, in quanto il sig. Piotrowski era minorenne all’epoca dei fatti.

21.

Il 7 giugno 2016, il procureur des Konings (procuratore del Re, Belgio) ha interposto appello avverso tale ordinanza per quanto riguarda il rifiuto di esecuzione del mandato d’arresto europeo relativo alla condanna pronunciata il 15 settembre 2011. Esso spiega che un minore che ha compiuto sedici anni può essere oggetto di un mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità belghe qualora il familie- en jeugdrechtbank (tribunale della famiglia e dei minori) abbia declinato la propria competenza, ai sensi della legge sulla tutela dei minori. In tale ipotesi, quest’ultimo valuta in concreto la situazione del minore al fine di accertare se quest’ultimo possa essere ritenuto penalmente responsabile e possa essere oggetto di azioni penali.

22.

Esso ritiene invece che, qualora si tratti di eseguire un mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità di un altro Stato membro, non sia necessario compiere tale valutazione in concreto e debba tenersi conto soltanto del criterio dell’età, vale a dire determinare se i sedici anni fossero stati compiuti al momento dei fatti. Secondo il procureur des Konings (procuratore del Re), a partire da tale età si può, infatti, essere considerati penalmente responsabili ed è irrilevante, nel quadro del diritto alla consegna o all’estradizione, considerare quali condizioni supplementari debbano essere soddisfatte per esercitare l’azione penale ai sensi del diritto belga. A tale riguardo, il procureur des Konings (procuratore del Re) precisa che il giudice belga non ha giurisdizione per pronunciarsi sull’azione penale e non può neppure imporre all’autorità che ha emesso la domanda di consegna o di estradizione condizioni estranee al diritto nazionale di tale autorità.

23.

Lo hof van beroep te Brussel (Corte d’appello di Bruxelles), giudice del rinvio, si trova di fronte, in realtà, a due orientamenti giurisprudenziali contrapposti sulla questione se un minore che ha compiuto sedici anni possa o meno essere consegnato nell’ambito dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo.

24.

Infatti, con sentenza del 6 febbraio 2013 ( 7 ), la Seconda Sezione, di lingua francese, dello hof van Cassatie (Corte di cassazione, Belgio) ha statuito, in sostanza, che, poiché la declaratoria di incompetenza non è applicabile ad una persona ricercata dalle autorità di un altro Stato, tale declaratoria non poteva essere applicata nell’ambito dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo riguardante un minore. Pertanto, la consegna di tale minore non può essere eseguita.

25.

Tuttavia, con sentenza dell’11 giugno 2013 ( 8 ), lo hof van Cassatie (Corte di cassazione), statuendo in seduta plenaria, ha dichiarato, in sostanza, che il principio del riconoscimento reciproco, su cui è basato il mandato d’arresto europeo, implica che il giudice dello Stato membro di esecuzione non può pronunciarsi sull’azione penale. Pertanto, ciò esclude, per il giudice belga, qualsiasi valutazione preliminare dell’adeguatezza di una misura di detenzione, di custodia o di educazione con riferimento all’adozione o meno di un provvedimento di declaratoria di incompetenza del familie- en jeugdrechtbank (tribunale della famiglia e dei minori). Di conseguenza, la consegna della persona che ha già compiuto sedici anni al momento della commissione del reato – nella fattispecie si trattava di un omicidio – non è subordinata ad una declaratoria di incompetenza e tale persona può, quindi, essere ritenuta penalmente responsabile ai sensi dell’articolo 4, punto 3, della legge sul mandato d’arresto europeo.

26.

Di fronte a tale incertezza giurisprudenziale, il giudice del rinvio ha dunque deciso di adire la Corte.

III. Questioni pregiudiziali

27.

Nutrendo dubbi sull’interpretazione da attribuire alla decisione quadro 2002/584, lo hof van beroep te Brussel (Corte d’appello di Bruxelles) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 3.3 della decisione quadro [2002/584] debba essere interpretato nel senso che si può autorizzare la consegna soltanto nel caso di persone che sono considerate maggiorenni secondo il diritto dello Stato membro di esecuzione, o se il succitato articolo consenta allo Stato membro di esecuzione di autorizzare la consegna anche per minorenni che secondo le norme di diritto nazionale possono essere considerati penalmente responsabili a partire da una determinata età (ed eventualmente al ricorrere di talune condizioni).

2)

Nell’ipotesi in cui la consegna di minorenni non sia vietata dall’articolo 3.3 [di tale] decisione quadro, se l’articolo 3.3 della decisione quadro debba essere interpretato:

a)

nel senso che l’esistenza di una possibilità (teorica) di poter punire i minorenni conformemente al diritto nazionale a partire da una determinata età è sufficiente come criterio per autorizzare la consegna (in altri termini, effettuando una valutazione in abstracto sulla base del criterio dell’età a partire dalla quale un soggetto può essere considerato penalmente responsabile, senza tenere conto di eventuali condizioni supplementari), oppure

b)

nel senso che né il principio del riconoscimento reciproco, sancito all’articolo 1.2 della decisione quadro [2002/584], né il testo dell’articolo 3.3 [di tale] decisione quadro ostano a che lo Stato membro di esecuzione effettui, caso per caso, una valutazione in concreto, nella quale si può esigere che, riguardo alla persona richiesta nell’ambito della consegna, ricorrano le medesime condizioni per la responsabilità penale vigenti per i cittadini dello Stato membro di esecuzione, in considerazione della loro età al momento dei fatti, della natura del reato addebitato ed eventualmente anche dei precedenti interventi giudiziari nello Stato membro emittente, che hanno determinato una misura di natura correzionale, anche se siffatte condizioni non sono previste nello Stato membro emittente.

3)

Qualora lo Stato membro di esecuzione possa effettuare una valutazione in concreto, se, al fine di evitare impunità, non possa essere operata una distinzione tra una consegna al fine di esercitare un’azione penale o una consegna al fine di eseguire una condanna».

IV. Analisi

28.

Anzitutto, occorre affermare che, a mio avviso, non vi è dubbio che il motivo di non esecuzione obbligatoria del mandato d’arresto europeo previsto dall’articolo 3, punto 3, della decisione quadro 2002/584 non si applica per il solo fatto che l’autore del reato nei cui confronti è stato emesso tale mandato è un minore.

29.

Infatti, dai lavori preparatori che hanno portato all’adozione di tale decisione quadro risulta che il legislatore dell’Unione ha preso in considerazione proprio le situazioni dei minori inserendo, nel corso del procedimento legislativo, un emendamento in virtù del quale uno Stato membro poteva rifiutare la consegna di un minore nei cui confronti è stato emesso un mandato d’arresto europeo se egli non possa essere considerato, a causa della sua età, penalmente responsabile in base alla legge dello Stato membro di esecuzione. Più precisamente, il Parlamento europeo, autore di tale emendamento, ha giustificato quest’ultimo affermando che «[n]el caso in cui la persona ricercata è considerata minore nello Stato membro dell’esecuzione, tale stato dovrebbe avere la facoltà di rifiutare di eseguire il mandato d’arresto» ( 9 ).

30.

Detto motivo di non esecuzione, che in origine era facoltativo, è divenuto uno dei motivi di non esecuzione obbligatoria, enunciato oggi all’articolo 3, punto 3, di tale decisione quadro.

31.

Aggiungo che l’età della responsabilità penale non deve essere confusa con la maggiore età penale, poiché si tratta di due nozioni ben diverse. I minori possono essere ritenuti penalmente responsabili dei reati che commettono. La nozione di maggiore età penale, dal canto suo, definisce l’età a partire dalla quale una persona è soggetta al diritto comune della responsabilità penale.

32.

È quindi evidente che il legislatore dell’Unione, nel precisare, in tale disposizione, che l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione rifiuta di consegnare alle autorità dello Stato membro emittente una persona che «non può ancora essere considerata, a causa dell’età, penalmente responsabile» dei fatti che ha commesso, si riferiva non alle persone che non hanno ancora raggiunto la maggiore età penale, bensì ai minori che non possono essere ritenuti penalmente responsabili secondo il diritto dello Stato membro di esecuzione.

33.

Pertanto, ritengo che l’articolo 3, punto 3, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che il motivo di non esecuzione obbligatoria del mandato d’arresto europeo previsto da tale disposizione non si applica per il solo fatto che l’autore del reato nei cui confronti è stato emesso detto mandato è un minore.

34.

Occorre ora determinare – come si chiede, in sostanza, il giudice del rinvio – se la nozione di «penalmente responsabile», ai sensi di tale disposizione, autorizzi lo Stato membro di esecuzione, ai fini della consegna del minore allo Stato membro emittente, a procedere ad un esame della situazione di tale minore al fine di determinare se siano soddisfatte tutte le condizioni richieste dal suo diritto nazionale affinché egli sia ritenuto penalmente responsabile.

35.

Le questioni pregiudiziali sollevate riguardano il diritto penale applicabile ai minori. Ad esse si può quindi rispondere solo tenendo conto delle peculiarità di tale diritto che, da una parte, utilizza i meccanismi classici della responsabilità penale, ma, dall’altra, vi introduce regole che ne modificano radicalmente il funzionamento e l’approccio.

36.

Per quanto riguarda, anzitutto, le regole classiche del meccanismo della responsabilità in materia penale, va ricordato che, per essere riconosciuto penalmente responsabile di un atto materiale che la legge del luogo in cui è stato commesso considera reato, l’autore deve presentare le seguenti caratteristiche:

aver avuto consapevolezza di ciò che faceva;

aver saputo che l’atto era vietato, e

averlo ciononostante voluto commettere.

37.

Tali caratteristiche (consapevolezza, discernimento e volontà) vanno valutate in concreto, caso per caso, e rientrano, nel rispetto delle regole del processo equo, tra i compiti delle autorità giudiziarie inquirenti, istruttorie e giudicanti. Si tratta, nel caso di specie, delle autorità dello Stato membro emittente.

38.

Per quanto concerne, poi, le peculiarità sostanziali introdotte dal diritto minorile, occorre spiegare in cosa esse consistano essenzialmente.

39.

In considerazione delle norme generali che disciplinano la nozione di responsabilità penale, risulta facilmente che la loro individuazione presenta una difficoltà tanto maggiore quanto più giovane è il minore. Per risolvere tale difficoltà, alcuni Stati membri adottano un approccio in concreto, come quello che ho descritto ai paragrafi 36 e 37 delle presenti conclusioni, mentre altri hanno istituito un sistema che esclude qualsiasi responsabilità penale al di sotto di un’età fissata dalla legge.

40.

Per quanto riguarda la sanzione applicabile, emerge, poi, una differenza sostanziale con il diritto applicabile ai delinquenti maggiorenni, che consiste, in realtà, nell’introduzione di una distinzione tra responsabilità e punibilità. Infatti, un delinquente minorenne potrà essere riconosciuto responsabile, ma, a causa della sua età, la legge vieterà che gli possa essere applicata una pena.

41.

Tale soluzione, che può apparire singolare, o persino singolarmente complicata, rappresenta in realtà la concretizzazione di uno dei principi fondamentali che sono alla base del diritto minorile, vale a dire il principio del favor educativo.

42.

La comparsa di detto principio è la conseguenza dell’evoluzione storica di tale branca del diritto penale, evoluzione che si è accelerata all’indomani della Seconda guerra mondiale, per effetto segnatamente delle teorie cosiddette della «difesa sociale», che pongono l’accento sulla prevenzione, sull’educazione e sul reinserimento.

43.

La peculiarità del diritto penale minorile è oggi evidenziata da numerosi strumenti internazionali ai quali gli Stati membri hanno cooperato o aderito. Tra questi, si possono citare la Convenzione sui diritti del fanciullo ( 10 ) e le Regole minime delle Nazioni Unite relative all’amministrazione della giustizia minorile (Regole di Pechino) ( 11 ).

44.

L’Unione ha già integrato tale peculiarità e provvede affinché quest’ultima sia integrata in tutte le politiche dell’Unione. In tal senso, nel Programma UE per i diritti dei minori ( 12 ), la Commissione spiega che «[a]deguare ai minori i sistemi giudiziari d’Europa è un obiettivo fondamentale [di tale programma]» e precisa che «[i]l trattenimento di un minore deve costituire un provvedimento di ultima risorsa ed avere la durata più breve possibile» ( 13 ). La direttiva (UE) 2016/800 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali ( 14 ) mette particolarmente in luce la presa in considerazione di tale peculiarità del diritto penale minorile nel diritto dell’Unione.

45.

La medesima esigenza è stata sottolineata dal Consiglio d’Europa nella relazione «Una giustizia penale minorile a misura di minore: dalla retorica alla realtà» ( 15 ). In tale relazione, il Consiglio d’Europa è ancora più preciso e invita gli Stati membri, in particolare, a fissare un’età minima per la responsabilità penale ad almeno quattordici anni, definendo una gamma di soluzioni adattate ai delinquenti più giovani per sostituire l’azione penale tradizionale, e a provvedere affinché la detenzione dei minori sia applicata solo come ultima risorsa e abbia la durata più breve possibile, in particolare istituendo misure e sanzioni alternative non privative della libertà in sostituzione della custodia cautelare e della detenzione dopo il processo, quali gli ammonimenti o le censure, le misure educative, le ammende, gli ordini di sorveglianza, i programmi di formazione, ecc. Tutte queste raccomandazioni riprendono, in sostanza, le norme contenute nella Convenzione sui diritti del fanciullo ( 16 ) e nelle Regole di Pechino ( 17 ).

46.

Da quanto precede risulta che, in materia di diritto penale minorile, la pena ha un carattere subordinato e le esigenze educative devono prevalere. È per tale ragione che si parla di «favor educativo».

47.

Tale peculiarità è così forte che, a mio avviso, inerisce alla nozione di diritti fondamentali. Essa è affermata all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, a termini del quale «[i]n tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente».

48.

È d’altronde tale interesse superiore che giustifica e impone che lo schema tradizionale di risposta del diritto penale sia modificato in funzione della necessità di prendere in considerazione l’interesse del minore a causa della sua età e dello scopo da raggiungere, vale a dire fare in modo che l’intervento giudiziario repressivo consenta di assicurare nella più ampia misura possibile il suo reinserimento e la sua educazione.

49.

Poiché si tratta di un individuo la cui personalità è, a causa dell’età, in corso di formazione, la presa in considerazione di tale interesse superiore, che coincide d’altronde con quello dell’intera società, giustifica l’adozione di misure particolari per quanto riguarda sia i procedimenti di indagine e istruttori, sia la fase del giudizio, nonché la diversificazione della gamma di risposte applicabili, al punto che è possibile applicare una misura educativa a titolo di sanzione penale qualora la legge lo consenta.

50.

La legge può in effetti vietarlo considerando che, al di sotto di una determinata età, la nozione stessa di sanzione penale sia inadeguata e che, nei confronti di un giovane minore, la misura adottata debba essere ricevuta soltanto in un ambito puramente educativo e non caratterizzato contemporaneamente da elementi di sanzione e di educazione, il che rischierebbe di falsarne il significato, di compromettere la partecipazione del minore a tale misura e, pertanto, l’efficacia della stessa.

51.

Tenuto conto dei principi che ho richiamato in precedenza, si deve affermare, a mio avviso, che qualsiasi sistema che non stabilisca alcuna differenza tra le pene applicabili a un delinquente maggiorenne e quelle applicabili a un delinquente minorenne violerebbe, in realtà, i diritti fondamentali del minore di cui trattasi, poiché la personalizzazione della pena – requisito imposto dal principio del favor educativo – sarebbe quindi resa impossibile in quanto il potere discrezionale del giudice si troverebbe paralizzato, in tal caso, dalla stessa legge.

52.

In realtà, il diritto comparato insegna che, almeno nel diritto degli Stati membri dell’Unione, questi ultimi hanno istituito un sistema che consente al giudice di garantire tale personalizzazione mediante due approcci complementari. Anzitutto, mediante la diversificazione delle pene che il giudice può pronunciare e, poi, consentendo la pronuncia di quelle pene che si avvicinano alle pene classiche della detenzione o dell’ammenda soltanto a partire da determinate soglie di età.

53.

In tal modo, al di sotto di una determinata età, non può essere pronunciata alcuna pena. Al di sopra di tale età, per i reati commessi in una fascia di età immediatamente superiore, la pena pronunciata potrà consistere soltanto in una misura educativa. Per la successiva fascia di età, le pene normalmente inflitte, ma considerate subordinate, tenuto conto del principio del favor educativo, saranno in ogni caso obbligatoriamente ridotte e il fondamento della loro applicazione a un determinato caso dovrà essere specificamente motivato. È per gradi successivi corrispondenti a fasce di età successive che il delinquente minorenne si avvicina progressivamente allo status della maggiore età penale.

54.

Nell’ambito di tale approccio, ci troviamo così in ambito nel quale il riferimento all’età diviene coerente per tutti gli Stati membri. Da un lato, tale ambito lascia a ciascuno la libertà di scegliere il modo in cui intende determinare la responsabilità penale dei minori, ma obbliga a riconoscere quello adottato dagli altri Stati membri, e, dall’altro, con riferimento alla pena prevista o inflitta, esso consente di stabilire un criterio oggettivo di corrispondenza che determinerà l’accettazione o il rifiuto della consegna.

55.

Ne consegue che è in tal senso che deve essere interpretato l’articolo 3, punto 3, della decisione quadro 2002/584. Il riferimento all’età in esso contenuto riguarda l’età alla quale una pena può essere applicata ad un autore minorenne. Infatti, non si può ammettere che alcuni Stati membri, per il motivo che il loro diritto nazionale adotta una tecnica di valutazione caso per caso della responsabilità penale dei minori mediante la verifica in concreto della sussistenza contestuale dei tre criteri enunciati ai paragrafi 36 e 37 delle presenti conclusioni, possano riprendere tale analisi in qualità di Stati membri di esecuzione. Ciò equivarrebbe, infatti, a ripristinare un sistema di estradizione esigente, in base al quale lo Stato membro di esecuzione dovrebbe farsi trasmettere l’intero fascicolo concernente il procedimento penale o la condanna e verificarne la corrispondenza, in tutti i suoi elementi, a quelli della propria procedura nazionale.

56.

Una siffatta ipotesi sarebbe incompatibile con il principio del reciproco riconoscimento. Quest’ultimo obbliga lo Stato membro di esecuzione ad accettare l’analisi dello Stato membro emittente per quanto riguarda la colpevolezza, eventuale in caso di azione penale o accertata in caso di condanna pronunciata nello Stato membro emittente. Orbene, tale decisione quadro si basa sul principio del reciproco riconoscimento ( 18 ). Essa non può quindi essere interpretata in un senso che porterebbe a negare tale principio.

57.

Invece, la questione essenziale è se, a causa della sua età, al minore possa essere applicata una pena. Tale questione fondamentale è posta dall’articolo 3, punto 3, di detta decisione quadro, che, in caso di risposta negativa, ne fa un motivo automatico di rifiuto della consegna. Tale disposizione assicura il rispetto assoluto, da parte di tutti gli Stati membri, di una delle concezioni fondamentali del diritto minorile. In tal modo, essa rispetta i diritti fondamentali derivanti, in particolare, dall’articolo 24, paragrafo 2, della Carta.

58.

Per completezza, occorre aggiungere che la natura del diritto minorile, essenzialmente rivolto verso la priorità educativa, fa sì che la decisione di rifiuto della consegna sulla base dell’articolo 3, punto 3, della decisione quadro 2002/584 non possa determinare il puro e semplice rilascio del minore «in natura». Ne deriva, al contrario, nella logica della presa in considerazione dell’interesse superiore del minore, l’obbligo di farsene carico in un altro modo, vale a dire quello dell’assistenza educativa. Quest’ultima rappresenta un modo di presa in carico e di protezione del minore, nell’interesse superiore dello stesso, ogniqualvolta la sua salute, la sua sicurezza e la sua moralità siano compromesse.

59.

Orbene, se si pone la questione di una consegna, è perché si tratta di un reato commesso nello Stato membro emittente, reato che l’irresponsabilità penale, indipendentemente dalla definizione di tale espressione, non può fare venir meno. Pertanto, non si può ritenere che il compimento di un atto vietato, di una gravità certa poiché soddisfaceva le condizioni che consentono l’emissione di un mandato d’arresto europeo, sia considerato normale. È quindi proprio un obbligo di presa in carico che incombe in tale caso allo Stato membro di esecuzione, ai fini della tutela, ancora una volta, dei diritti fondamentali del minore. Ricordiamo, del resto, che si tratta di un rifiuto di consegna motivato dal fatto che il minore è troppo giovane per subire una pena, quand’anche consistente in una misura educativa, nello Stato membro di esecuzione. L’obbligo di presa in carico da parte di tale Stato è, quindi, ancora più pregnante.

60.

Tale interpretazione, basata sulla complementarità dei diversi aspetti del diritto minorile, mi sembra idonea a rispettare il fondamento delle norme specifiche del diritto minorile che, in primo luogo, esprime la solidarietà essenziale tra le generazioni e i popoli. Sono convinto che il sistema delle regole che consentono la costruzione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia debba essere interpretato non già in un senso che contraddice tale ideale, bensì, al contrario, in un senso che lo favorisce.

61.

Nel caso di specie, la domanda di consegna riguarda un minore nei confronti del quale non è esclusa, nel diritto belga, la pronuncia di una sanzione. Tuttavia, ciò richiederebbe che le autorità dello Stato membro di esecuzione svolgessero un esame della personalità del minore, dei suoi precedenti e dell’esistenza o meno di discernimento al momento della commissione del reato. Orbene, tali questioni e, in particolare, la determinazione della sanzione applicabile al minore in ragione della sua personalità e della sua età si pongono anche nello Stato membro emittente. La risposta a dette questioni dipende quindi da una valutazione che spetta esclusivamente all’autorità giudiziaria di tale Stato. Rifiutare tale soluzione equivarrebbe, da un altro punto di vista, a respingere il principio della fiducia reciproca.

62.

Di conseguenza, per tutti i motivi sopra esposti, ritengo che l’articolo 3, punto 3, della decisione quadro 2002/584, letto alla luce dell’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, debba essere interpretato nel senso che lo Stato membro di esecuzione può rifiutare la consegna di un minore quando a quest’ultimo, tenuto conto della sua età al momento della commissione del reato, non può essere applicata alcuna pena ai sensi del diritto di tale Stato. Per contro, lo Stato membro di esecuzione dovrà procedere alla consegna del minore ogniqualvolta, tenuto conto dell’età al momento della commissione del reato, la pena inflitta nello Stato membro di emissione corrisponda, nella sua natura e nella sua entità, ad una pena che avrebbe potuto essere inflitta o pronunciata anche nello Stato membro di esecuzione.

63.

In caso di rifiuto di consegna del minore da parte dello Stato membro di esecuzione, quest’ultimo deve adempiere, nei confronti di tale minore, gli obblighi di presa in carico nell’ambito dell’assistenza educativa alla quale esso è tenuto.

V. Conclusione

64.

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere nel modo seguente alle questioni pregiudiziali sollevate dallo hof van beroep te Brussel (Corte d’appello di Bruxelles, Belgio):

1)

L’articolo 3, punto 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI, del 26 febbraio 2009, letto alla luce dell’articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che:

il motivo di non esecuzione obbligatoria del mandato d’arresto europeo previsto da tale disposizione non si applica per il solo fatto che l’autore del reato nei confronti del quale è stato emesso tale mandato è un minore;

lo Stato membro di esecuzione può rifiutare la consegna di un minore quando a quest’ultimo, tenuto conto della sua età al momento della commissione del reato, non può essere applicata alcuna pena ai sensi del diritto di tale Stato, e

per contro, lo Stato membro di esecuzione dovrà procedere alla consegna del minore ogniqualvolta, tenuto conto dell’età al momento della commissione del reato, la pena inflitta nello Stato membro di emissione corrisponda, nella sua natura e nella sua entità, ad una pena che avrebbe potuto essere inflitta o pronunciata anche nello Stato membro di esecuzione.

2)

In caso di rifiuto di consegna del minore da parte dello Stato membro di esecuzione, quest’ultimo deve adempiere, nei confronti di tale minore, gli obblighi di presa in carico nell’ambito dell’assistenza educativa alla quale esso è tenuto.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2002, L 190, pag. 1.

( 3 ) GU 2009, L 81, pag. 24.

( 4 ) In prosieguo: la «Carta».

( 5 ) Belgisch Staatsblad, 22 dicembre 2003, pag. 60075.

( 6 ) Belgisch Staatsblad, 15 aprile 1965, pag. 4014.

( 7 ) Sentenza n. P.13.0172.F, disponibile al seguente indirizzo Internet: http://jure.juridat.just.fgov.be/pdfapp/download_blob?idpdf=F‑20130206-3.

( 8 ) Sentenza n. P.13.0780.N, disponibile al seguente indirizzo Internet: http://jure.juridat.just.fgov.be/pdfapp/download_blob?idpdf=F‑20130611-2.

( 9 ) V. relazione del Parlamento europeo, del 14 novembre 2001, sulla proposta della Commissione concernente la decisione quadro del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo (A5-0397/2001, emendamento 72), disponibile all’indirizzo Internet seguente: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//NONSGML+REPORT+A5-2001-0397 + 0+DOC+PDF+V0//FR (il corsivo è mio).

( 10 ) Convenzione adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con risoluzione 44/25 del 20 novembre 1989 ed entrata in vigore il 2 settembre 1990.

( 11 ) Adottate dalla medesima Assemblea nella sua risoluzione 40/33 del 29 novembre 1985.

( 12 ) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, COM(2011) 60 definitivo.

( 13 ) V. pag. 6 e seg. di tale comunicazione.

( 14 ) GU 2016, L 132, pag. 1.

( 15 ) Relazione del 19 maggio 2014, Doc. 13511.

( 16 ) V. articolo 40 di tale convenzione.

( 17 ) V., in particolare, articolo 17 di tali regole.

( 18 ) V. sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

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