Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62014CC0526

Conclusioni dell’avvocato generale N. Wahl, presentate il 18 febbraio 2016.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:102

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 18 febbraio 2016 ( 1 )

Causa C‑526/14

Kotnik e altri

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Ustavno sodišče (Corte costituzionale, Slovenia)]

«Aiuti di Stato — Comunicazione sul settore bancario — Condivisione degli oneri — Direttiva 2001/24/CE — Provvedimenti di risanamento — Direttiva 2012/30/UE — Giurisprudenza Pafitis — Direttiva 2014/59/UE»

1. 

Una crisi finanziaria della portata di quella che ha preso avvio nel 2007, e che si è velocemente diffusa a livello globale dopo il tracollo della Lehman Brothers nel settembre 2008, è spesso definita come un «evento multidimensionale», provocato da svariati fattori concomitanti. I politici e gli economisti non sempre condividono le stesse opinioni sulle cause più profonde di tali crisi, ma perlopiù convengono sulle possibili conseguenze che ne derivano: collasso di enti finanziari, calo nella borsa valori, fallimento di grandi e piccole imprese, diminuzione della ricchezza dei consumatori e aumento della disoccupazione ( 2 ).

2. 

È generalmente riconosciuto che, al fine di combattere una crisi finanziaria, possano essere necessarie diverse forme di intervento pubblico, in particolare per garantire la stabilità dei mercati finanziari. A tal fine, nel corso della recente crisi finanziaria, numerosi Stati dell’Unione europea e nel resto del mondo hanno fatto ricorso ad una vasta gamma di misure di «bail-in» per ripristinare la sostenibilità economica delle banche.

3. 

La presente causa – prima domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) – riguarda, di fatto, misure di «bail-in» del tipo di cui ai punti da 40 a 46 dell’ultima comunicazione sul settore bancario ( 3 ) (denominate «misure di condivisione degli oneri»), adottata dalla Commissione per fornire un quadro di valutazione della compatibilità degli aiuti di Stato alle banche durante la crisi. Il giudice del rinvio, in particolare, chiede indicazioni alla Corte sulla validità e sull’interpretazione delle disposizioni di tale comunicazione, sollevando un certo numero di rilevanti questioni giuridiche che affronterò in queste conclusioni.

I – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

1. La comunicazione sul settore bancario

4.

La comunicazione sul settore bancario è la settima comunicazione adottata dall’inizio della crisi finanziaria ( 4 ) per fornire orientamenti sui criteri da applicare per valutare se gli aiuti di Stato concessi al settore finanziario durante tale crisi fossero compatibili con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE ( 5 ).

5.

Ai sensi del punto 15 della comunicazione sul settore bancario:

«(...) i principi generali del controllo degli aiuti di Stato restano di applicazione anche durante la crisi. In particolare, onde limitare le distorsioni della concorrenza tra banche e in tutti gli Stati membri all’interno del mercato unico e ovviare al cosiddetto rischio morale, gli aiuti dovrebbero essere limitati al minimo necessario ed il beneficiario degli aiuti dovrebbe fornire un adeguato contributo proprio ai costi di ristrutturazione. La banca ed i detentori del suo capitale dovrebbero contribuire il più possibile alla ristrutturazione mediante le proprie risorse. Il sostegno statale dovrebbe essere concesso a condizioni che rappresentano un’adeguata condivisione degli oneri da parte di coloro che hanno investito nella banca».

6.

La sezione 3.1.2 della comunicazione sul settore bancario (punti da 40 a 46) riguarda le disposizioni sulla condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati delle banche. Tali punti sono formulati come segue:

«40.

Il sostegno statale può determinare un cosiddetto “rischio morale” e minare la disciplina di mercato. Per ridurre questo rischio morale, gli aiuti dovrebbero essere concessi soltanto a condizioni tali da comportare un’adeguata condivisione degli oneri da parte degli investitori esistenti.

41.

Un’adeguata condivisione degli oneri comporterà di norma, una volta che le perdite saranno state in primo luogo assorbite dal capitale, contributi da parte di detentori di capitale ibrido e di debito subordinato. I detentori di capitale ibrido e di debito subordinato devono contribuire a ridurre la carenza di capitale nella massima misura possibile. Tali contributi possono assumere la forma di una conversione in capitale di base di classe 1 o di una riduzione di valore del capitale degli strumenti. (…)

42.

La Commissione non richiederà contributi ai detentori di titoli di debito di primo rango [in particolare da depositi assicurati e non assicurati, obbligazioni e tutti gli altri titoli di debito di primo rango (senior)] come componente obbligatoria della ripartizione degli oneri ai sensi delle norme sugli aiuti di Stato tramite conversione in capitale o riduzione di valore degli strumenti.

43.

Nel caso in cui il coefficiente patrimoniale della banca con una carenza di capitale identificata rimane al di sopra del patrimonio minimo di vigilanza dell’UE, la banca dovrebbe di norma essere in grado di ripristinare da sola la propria posizione patrimoniale, in particolare mediante misure di raccolta di capitale ai sensi del punto 35. Se non vi sono altre possibilità (…) il debito subordinato deve essere convertito in capitale proprio, in linea di principio prima della concessione degli aiuti di Stato.

44.

Nei casi in cui la banca non soddisfa più i requisiti patrimoniali minimi obbligatori, il debito subordinato deve essere convertito o ridotto, in linea di principio prima della concessione degli aiuti di Stato. Gli aiuti di Stato non devono essere concessi prima che capitale proprio, capitale ibrido e debito subordinato siano stati impiegati appieno per compensare eventuali perdite.

45.

È possibile derogare a quanto richiesto ai punti 43 e 44 se l’attuazione di tali misure metterebbe in pericolo la stabilità finanziaria o determinerebbe risultati sproporzionati. (…)

46.

Nel contesto dell’attuazione dei punti 43 e 44 dovrebbe essere rispettato il principio secondo cui nessun creditore può essere svantaggiato. I creditori subordinati non dovrebbero pertanto ricevere, in termini economici, meno di quanto sarebbe valso il loro strumento in caso di mancata concessione di aiuti di Stato».

2. Direttiva 2001/24/CE

7.

Ai sensi dell’articolo 2, settimo trattino, della direttiva 2001/24 ( 6 ), i «provvedimenti di risanamento» sono «i provvedimenti destinati a salvaguardare o risanare la situazione finanziaria di un ente creditizio e che possono incidere sui diritti preesistenti dei terzi, compresi i provvedimenti che comportano la possibilità di una sospensione dei pagamenti, di una sospensione delle procedure di esecuzione o di una riduzione dei crediti».

3. Direttiva 2012/30/UE

8.

La direttiva 2012/30 ( 7 ) è la rifusione della direttiva 77/91 ( 8 ). Ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva 2012/30, «[g]li aumenti di capitale sono decisi dall’assemblea».

9.

L’articolo 34 della direttiva 2012/30 dispone che «[q]ualsiasi riduzione del capitale sottoscritto, eccettuata quella disposta con decisione giudiziaria, deve almeno essere subordinata a una decisione dell’assemblea (…)». L’articolo 35 della stessa direttiva dispone che «[s]e esistono più categorie di azioni, la decisione dell’assemblea sulla riduzione del capitale sottoscritto è subordinata a una votazione separata almeno per ciascuna categoria di azionisti i cui diritti siano lesi dall’operazione». A sua volta, l’articolo 40, paragrafo 1, di tale direttiva così dispone:

«Qualora la legislazione di uno Stato membro autorizzi le società a ridurre il capitale sottoscritto mediante ritiro forzato di azioni, essa stabilisce almeno il rispetto delle seguenti condizioni:

(...)

b)

se il ritiro forzato è autorizzato soltanto dallo statuto o dall’atto costitutivo, esso è deciso dall’assemblea a meno che gli azionisti in questione l’abbiano approvato all’unanimità;

(…)».

10.

Ai sensi dell’articolo 42 della direttiva 2012/30:

«Nei casi di cui (…) all’articolo 40, paragrafo 1, (…) quando esistono più categorie di azioni, la decisione dell’assemblea sull’ammortamento del capitale sottoscritto o la riduzione dello stesso mediante ritiro di azioni è subordinata a una votazione separata, almeno per ciascuna categoria di azionisti i cui diritti sono lesi dall’operazione».

4. Direttiva 2014/59/UE

11.

Il 15 maggio 2014 è stata adottata la direttiva 2014/59, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi ( 9 ). L’articolo 117 di tale direttiva modifica l’articolo 2 della direttiva 2001/24. L’articolo 123 della stessa direttiva modifica l’articolo 45 della direttiva 2012/30.

B – Diritto nazionale

12.

Le disposizioni di diritto sloveno rilevanti sono fissate nella legge sul settore bancario (Zakon o bančništvu; in prosieguo: lo «ZBan‑1») e nella legge che modifica e integra lo ZBan-1 (Zakon o spremembah in dopolnitvah Zakona o bančništvu; in prosieguo: lo «ZBan-1L»).

13.

L’articolo 134 dello ZBan-1 («Capitale aggiuntivo della banca») dispone che il capitale aggiuntivo della banca è costituito dal capitale aggiuntivo I e dal capitale aggiuntivo II. Il capitale aggiuntivo I comprende i seguenti elementi: capitale di base, passività subordinate e altri elementi simili per qualità e finalità, mentre il capitale aggiuntivo II comprende le passività subordinate e altri elementi che, per le loro qualità e finalità, sono idonei a soddisfare i requisiti del capitale per i rischi di mercato.

14.

L’articolo 253 dello ZBan-1 («Misure straordinarie») così dispone:

«(1)   Alle condizioni stabilite dalla presente legge, la Banca di Slovenia può ordinare alle banche, mediante decisione, le seguenti misure straordinarie:

(...)

1.a.   l’annullamento o la conversione di determinate passività ammissibili,

(...)

(3)   Le misure straordinarie rientrano tra i provvedimenti di risanamento previsti dalla direttiva 2001/24/CE».

15.

L’articolo 261 a dello ZBan-1 («Misure di annullamento o di conversione di passività ammissibili») così dispone:

«(1)   Con la sua decisione sulle misure straordinarie, la Banca di Slovenia dispone che:

1.

le passività ammissibili sono parzialmente o interamente annullate,

(…)

(5)   Nell’ambito dell’annullamento o della conversione delle passività ammissibili della banca, la Banca di Slovenia deve accertarsi che singoli creditori non incorrano, a causa dell’annullamento o della conversione di passività ammissibili della banca, in perdite maggiori di quelle nelle quali incorrerebbero in caso di fallimento della banca.

(6)   Le passività ammissibili della banca sono rappresentate da:

1.

capitale di base della banca (passività di primo grado),

2.

passività nei confronti di detentori di strumenti finanziari ibridi (…) (passività di secondo grado),

3.

passività nei confronti di detentori di strumenti finanziari, le quali, conformemente all’articolo 134 della presente legge, devono essere prese in considerazione nel calcolo del capitale aggiuntivo della banca, a meno che tali passività non siano già comprese nelle definizioni di cui ai punti 1 o 2 del presente paragrafo (passività di terzo grado),

4.

passività, non comprese nelle definizioni di cui ai punti 1, 2 o 3 del presente paragrafo, le quali in caso di procedura concorsuale della banca sarebbero liquidate dopo la liquidazione dei crediti non privilegiati (passività di quarto grado)».

16.

L’articolo 261 c dello ZBan-1 («Entità dell’annullamento o della conversione di passività ammissibili»), nella parte che qui rileva, prevede quanto segue:

«(1)   Nella sua decisione sull’annullamento di passività ammissibili (…) la Banca di Slovenia decide l’annullamento di passività ammissibili della banca nell’entità necessaria alla copertura delle perdite della banca, alla luce della valorizzazione delle attività nette di cui all’articolo precedente».

II – Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

17.

Il 17 dicembre 2013 la Banka Slovenije (la Banca centrale slovena), conformemente alle disposizioni dello ZBan‑1, ha adottato una decisione recante misure straordinarie con la quale ha ordinato a cinque banche (la Nova Ljublianska banka, d.d., la Nova Kreditna banka Maribor, d.d., l’Abanka Vipa, d.d., la Probanka, d.d., e la Factor banka, d.d.; in prosieguo: le «banche in questione») l’annullamento di tutte le passività ammissibili di cui all’articolo 261 a, paragrafo 6, dello ZBan‑1 (in prosieguo: le «misure in questione»).

18.

Il 18 dicembre 2013 la Commissione europea ha autorizzato la concessione di aiuti di Stato alle banche in questione.

19.

Il Državni svet (il Consiglio nazionale), il Varuh človekovih pravic (il difensore civico) e varie persone fisiche (in prosieguo: «Kotnik e a.») hanno proposto dinanzi all’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) istanza di controllo della legittimità costituzionale di talune disposizioni dello ZBan‑1 e dello ZBan‑1L che costituivano la base delle misure di cui al precedente paragrafo 17 (in prosieguo: la «normativa nazionale in questione»).

20.

Nella sua ordinanza di rinvio, l’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) chiarisce che lo scopo della normativa nazionale in questione era istituire un quadro giuridico per la condivisione degli oneri conformemente ai requisiti previsti dalla comunicazione sul settore bancario. In particolare, le passività ammissibili di cui all’articolo 261 a, paragrafo 6, dello ZBan‑1 corrispondono alle definizioni di capitale, di capitale ibrido e di debito subordinato di cui alla comunicazione sul settore bancario. Sulla base di ciò, il giudice del rinvio ritiene che le censure formulate dai ricorrenti nel procedimento principale siano dirette altresì contro le disposizioni di tale comunicazione. A suo avviso, tali censure sollevano questioni relative alla validità e all’interpretazione della comunicazione sul settore bancario.

21.

Alla luce di quanto precede, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la comunicazione sul settore bancario, riguardo agli effetti giuridici che essa concretamente comporta, atteso che l’Unione europea ha competenza esclusiva nel settore degli aiuti di Stato, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e che la Commissione, conformemente all’articolo 108 [TFUE], è competente a decidere nel settore degli aiuti di Stato, debba essere interpretata nel senso che essa ha un effetto vincolante nei confronti degli Stati membri che intendono porre rimedio ad un grave turbamento dell’economia mediante un aiuto di Stato a favore di istituti di credito, laddove tale aiuto ha carattere permanente e non può essere facilmente revocato.

2)

Se i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario – che subordinano la possibilità di concedere aiuti di Stato, i quali sono diretti a porre rimedio ad un grave turbamento dell’economia nazionale, all’esecuzione dell’obbligo di annullare il capitale, il capitale ibrido e il debito subordinato e/o di procedere alla conversione in capitale degli strumenti di capitale ibrido e di debito subordinato, al fine di limitare gli aiuti al minimo necessario alla luce della presa in considerazione del rischio morale – siano incompatibili con gli articoli 107, 108 e 109 [TFUE], in quanto eccedono la competenza della Commissione, come definita dalle suddette disposizioni del Trattato FUE.

3)

In caso di risposta negativa alla questione 2), se i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario – che subordinano la possibilità di concedere aiuti di Stato all’obbligo di annullamento del capitale e/o di conversione in capitale, nei limiti in cui tale obbligo riguarda le azioni (capitale), gli strumenti di capitale ibrido e gli strumenti del debito subordinato emessi prima della pubblicazione della comunicazione sul settore bancario e che, al momento della loro emissione, potevano essere interamente o parzialmente azzerati senza compensazione solo in caso di fallimento della banca – siano compatibili con il principio di tutela del legittimo affidamento sancito dal diritto dell’Unione.

4)

In caso di risposta negativa alla questione 2) e di risposta affermativa alla questione 3), se i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario – che subordinano la possibilità di concedere aiuti di Stato all’obbligo di annullamento del capitale, del capitale ibrido e degli strumenti di debito subordinato e/o alla conversione in capitale degli strumenti di capitale ibrido e degli strumenti di debito subordinato, senza che sia stata avviata e conclusa una procedura concorsuale nella quale liquidare il patrimonio del debitore mediante un procedimento giudiziario nel cui ambito i detentori di strumenti finanziari subordinati avrebbero potuto assumere la posizione di parte processuale – siano compatibili con il diritto di proprietà previsto dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

5)

In caso di risposta negativa alla questione 2) e di risposta affermativa alle questioni 3) e 4), se i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario – che subordinano la possibilità di concedere aiuti di Stato all’obbligo di annullamento del capitale, del capitale ibrido e degli strumenti di debito subordinato e/o alla conversione in capitale degli strumenti di capitale ibrido e degli strumenti di debito subordinato, in quanto l’attuazione di tali misure richiede la riduzione e/o l’aumento del capitale di base di società per azioni sul fondamento della decisione dell’organo amministrativo competente, e non dell’assemblea generale della società per azioni – siano incompatibili con gli articoli 29, 34, 35 e da 40 a 42 della [direttiva 2012/30].

6)

Se la comunicazione sul settore bancario, riguardo al suo punto 19, in particolare all’esigenza, prevista in tale punto, del rispetto dei diritti fondamentali, al suo punto 20 e all’affermazione dell’obbligo di principio, contenuta ai punti 43 e 44 di tale comunicazione, di conversione ovvero di riduzione del capitale ibrido e degli strumenti di debito subordinato prima della concessione di aiuti di Stato, possa essere interpretata nel senso che tale misura non obbliga gli Stati membri che intendano porre rimedio ad un grave turbamento dell’economia mediante un aiuto di Stato a favore degli istituti di credito ad introdurre un obbligo di procedere alla citata conversione o riduzione come condizione per la concessione di aiuti di Stato sul fondamento dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), [TFUE], ovvero nel senso che, per poter ammettere l’aiuto di Stato, è sufficiente che la misura di conversione o riduzione operi solo in misura proporzionata.

7)

Se sia possibile interpretare l’articolo 2, settimo trattino, di tale direttiva nel senso che tra i provvedimenti di risanamento rientrano anche le misure previste di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario (riduzione del capitale primario di classe I, del capitale ibrido e degli strumenti di debito subordinato nonché conversione in capitale degli strumenti di capitale ibrido e di debito subordinato)».

22.

Hanno presentato osservazioni scritte nel presente procedimento T. Kotnik, J. Sedonja, A. Pipuš, F. Marušič, J. Forte, la Fondazione Cassa di Risparmio di Imola, il Državni svet, il Državni zbor (l’assemblea nazionale slovena) e la Banka Slovenije, nonché l’Irlanda, i governi italiano, sloveno e spagnolo, e la Commissione. T. Kotnik, J. Sedonja, la Fondazione Cassa di Risparmio di Imola, J. Forte, I. Karlovšek, il Državni svet, la Banka Slovenije, nonché l’Irlanda, i governi spagnolo e sloveno, e la Commissione, hanno presentato osservazioni orali all’udienza del 1o dicembre 2015.

III – Analisi

A – Competenza della Corte

23.

Innanzitutto, la Commissione rileva che la comunicazione sul settore bancario non è un atto diretto alle persone fisiche e non è inteso a creare diritti per queste ultime. Sulla base di ciò, la Commissione nutre dubbi sulla competenza della Corte a rispondere alle questioni sollevate.

24.

L’argomento della Commissione è, a mio avviso, infondato. Il mero fatto che un atto non sia diretto alle persone fisiche o non sia inteso a creare diritti per queste ultime non significa che un siffatto atto esuli dall’ambito di applicazione della procedura di cui all’articolo 267 TFUE ( 10 ). L’argomento della Commissione introdurrebbe distinzioni tra atti differenti delle quali non vi è traccia in tale disposizione del Trattato. Ciò che rileva ai sensi dell’articolo 267 TFUE, in realtà, è se sia necessaria una risposta della Corte sull’interpretazione o sulla validità dell’atto in questione al fine di consentire al giudice nazionale di emettere sentenza.

25.

Inoltre, come chiarirò in seguito, gli atti di «soft law» (quali la comunicazione sul settore bancario), sebbene non vincolanti per le persone fisiche, possono cionondimeno produrre altri tipi di effetti giuridici. La Corte, di conseguenza, in numerose occasioni ha risposto a questioni sollevate da giudici nazionali su disposizioni contenute in atti di «soft law» ( 11 ).

B – Le questioni pregiudiziali

1. Osservazioni preliminari

26.

Prima di iniziare la mia analisi delle questioni sollevate nel presente procedimento, vorrei formulare alcune osservazioni preliminari.

27.

Talune delle questioni pregiudiziali sembrano essere fondate sulla premessa che la comunicazione sul settore bancario è, se non de jure, almeno de facto vincolante per gli Stati membri. In caso contrario, non vi sarebbe alcun motivo per il giudice del rinvio di mettere in discussione la validità di una tale comunicazione.

28.

Tuttavia, tale premessa è errata. Come spiegherò in dettaglio nella mia risposta alla prima questione, la comunicazione sul settore bancario non è vincolante per gli Stati membri. Gli Stati membri pertanto non sono tenuti, alla luce del diritto dell’Unione, ad adottare una normativa interna che dia attuazione alle disposizioni della comunicazione sul settore bancario.

29.

A mio avviso ciò comporta, logicamente, che i dubbi relativi alla validità di tale atto sollevati dal giudice del rinvio possano essere chiariti piuttosto agevolmente.

30.

Tuttavia, ritengo che se la Corte dovesse limitare la propria analisi alla validità della comunicazione sul settore bancario, le questioni giuridiche rilevate dal giudice del rinvio nel procedimento principale potrebbero non essere interamente risolte. Indipendentemente dagli effetti giuridici della comunicazione sul settore bancario, è pacifico che le disposizioni controverse dello ZBan‑1 e dello ZBan‑1L sono state adottate al fine di ottemperare a tale comunicazione. Le misure di aiuto accordate alle banche in questione sono state, in effetti, prontamente approvate dalla Commissione.

31.

Pertanto, come suggerito dal governo sloveno, l’analisi della Corte dovrebbe estendersi, per quanto possibile, alla compatibilità con il diritto dell’Unione di disposizioni quali quelle della normativa nazionale in questione o delle misure in questione. A tal fine, riformulerò talune delle questioni pregiudiziali sollevate dall’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) e dedicherò buona parte delle presenti conclusioni a tali aspetti.

2. Questione 1

32.

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede indicazioni sugli effetti giuridici della comunicazione sul settore bancario. In sostanza, tale giudice chiede se la comunicazione sul settore bancario debba essere considerata come de facto vincolante per gli Stati membri.

33.

La prima questione dovrebbe, a mio avviso, ricevere risposta negativa.

34.

Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, TUE, ciascuna istituzione dell’Unione deve agire «nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste».

35.

È chiaro che, ai sensi dell’articolo 108 TFUE, la valutazione della compatibilità di specifiche misure di aiuto con il mercato interno in linea di principio rientra nella competenza esclusiva della Commissione, che agisce sotto il controllo dei giudici dell’Unione ( 12 ). In tale valutazione, che comporta l’apprezzamento e il bilanciamento di diversi elementi di natura economica e sociale all’interno di un contesto paneuropeo ( 13 ), la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale ( 14 ).

36.

Per contro, in tale ambito la Commissione non ha un potere legislativo generale. Solo il Consiglio, ai sensi dell’articolo 109 TFUE, è legittimato ad adottare ogni regolamento utile ai fini dell’applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo. In tale ambito, il Consiglio può delegare taluni poteri regolamentari alla Commissione ( 15 ).

37.

Ciò significa che la Commissione non è legittimata a fissare norme vincolanti generali ed astratte che disciplinino, ad esempio, le situazioni in cui un aiuto possa essere ritenuto compatibile in quanto destinato a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE. Un simile complesso di norme vincolanti sarebbe nullo ( 16 ).

38.

Tuttavia, per ragioni di trasparenza, e per garantire la parità di trattamento e la certezza del diritto, la Commissione può pubblicare atti di «soft law» (quali orientamenti, avvisi o comunicazioni) al fine di annunciare come intenda fare uso, in talune situazioni, di detto potere discrezionale ( 17 ). Sebbene la Corte abbia statuito che le disposizioni di tali atti di «soft law» devono, in forza dell’obbligo di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, essere prese debitamente in considerazione dalle autorità degli Stati membri ( 18 ), tale obbligo non può essere inteso nel senso che rende vincolanti tali norme – neanche de facto – a pena di eludere la procedura legislativa stabilita nel Trattato FUE.

39.

Pertanto, tali principi e tali norme non sono vincolanti per gli Stati membri. L’unico effetto che tali norme possono produrre direttamente è nei confronti della Commissione, e anche in tal caso solo come limite all’esercizio del suo potere discrezionale: detta istituzione è tenuta ad accettare le misure che ottemperano a tali norme e non può discostarsi da esse, a meno che non dia una valida ragione per farlo. In mancanza di una valida ragione, il discostarsi da tali norme autoimposte può configurare una violazione di principi generali del diritto, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento ( 19 ). La Commissione è pertanto vincolata da tali norme, purché – tuttavia – queste non siano contrarie ai trattati o ad altra normativa applicabile ( 20 ).

40.

Di conseguenza, un atto come la comunicazione sul settore bancario non può essere considerato, de jure o de facto, vincolante per gli Stati membri. Qualsiasi effetto di tali norme sugli Stati membri può al massimo essere accessorio o indiretto. Anche dopo la pubblicazione di una simile comunicazione, gli Stati membri restano liberi di notificare alla Commissione le misure di aiuto che ritengono compatibili, anche se non soddisfano le condizioni stabilite in tale comunicazione ( 21 ). Ricevuta detta notifica, la Commissione avrebbe il dovere di esaminare attentamente la compatibilità di tali misure di aiuto alla luce delle disposizioni del Trattato.

41.

Pertanto, il mero fatto della mancata ottemperanza ad una o più norme della comunicazione sul settore bancario non costituirebbe, di per sé, una valida ragione perché la Commissione dichiari incompatibili gli aiuti ( 22 ). La Commissione può – e quindi dovrebbe, nei casi in cui ciò è giustificato – derogare ai principi stabiliti dalla comunicazione sul settore bancario ( 23 ). Un erroneo rifiuto di fare ciò potrebbe naturalmente essere impugnato dinanzi ai giudici dell’Unione ai sensi degli articoli 263 e 265 TFUE ( 24 ).

42.

È vero che spesso potrebbe non essere facile per uno Stato membro convincere la Commissione del fatto che, a causa delle particolari caratteristiche di un caso, uno dei principi di base stabiliti dalla comunicazione sul settore bancario (ad esempio, quello della condivisione degli oneri) non si debba applicare. È probabile che, per via dell’analisi giuridica più complessa richiesta dalla Commissione (il caso non rientra in una delle situazioni esaminate a priori nella comunicazione), l’esame della compatibilità dell’aiuto pianificato possa diventare maggiormente incerto quanto al suo esito e possa essere ritardato, portando eventualmente all’apertura di una procedura d’indagine formale ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE ( 25 ).

43.

Si può anche supporre che, in situazioni quali quelle di cui al procedimento principale (crisi finanziaria che ha rischiato di compromettere la stabilità dell’intero sistema finanziario di uno Stato membro), un governo possa non essere sempre pronto a correre il rischio di notificare alla Commissione misure di aiuto non completamente in linea con le disposizioni della comunicazione sul settore bancario. Capisco che, in talune circostanze, un’approvazione agevole e rapida dell’aiuto notificato possa essere di particolare importanza per un governo. Cionondimeno, si tratta di considerazioni di opportunità che possono essere rilevanti per l’adozione di decisioni politiche da parte di un governo, ma che non possono influire sulla natura e sull’efficacia di un atto dell’Unione, come emerge dalle norme dei trattati. Il fatto che uno Stato membro corra il rischio di dover prorogare il periodo di standstill di un aiuto pianificato, e che il suo onere di convincere la Commissione della compatibilità della misura di aiuto possa essere gravoso, è una semplice conseguenza di fatto, non già un effetto giuridico derivante da una presunta natura vincolante della comunicazione sul settore bancario ( 26 ).

44.

Ciò che è fondamentale è che, da un punto di vista giuridico, uno Stato membro possa essere in grado di dimostrare che, nonostante la mancata condivisione degli oneri (o il mancato rispetto di qualsiasi altro criterio stabilito dalla comunicazione sul settore bancario), gli aiuti ad una banca in difficoltà continuino a soddisfare i requisiti di cui all’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE. Si possono infatti immaginare situazioni, in aggiunta a quelle già previste dalla stessa comunicazione sul settore bancario, in cui un governo possa dimostrare che il salvataggio e la ristrutturazione di una banca siano, ad esempio, meno costosi per lo Stato, nonché più rapidi e agevoli da gestire, se non vengono adottate misure di condivisione degli oneri nei confronti di tutti o di alcuni degli investitori a cui si fa riferimento nella comunicazione sul settore bancario ( 27 ).

45.

Alla luce delle considerazioni che precedono, si dovrebbe rispondere alla prima questione, a mio avviso, affermando che la comunicazione sul settore bancario non è vincolante per gli Stati membri.

3. Questione 2

46.

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede se i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario, relativi alla condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati di una banca, eccedano la competenza attribuita alla Commissione ai sensi degli articoli da 107 a 109 TFUE.

a) La Commissione richiede sempre la condivisione degli oneri?

47.

Come indicato in precedenza, la seconda questione sembra essere basata sull’idea che la comunicazione sul settore bancario, di fatto, stabilisca norme che gli Stati membri sono tenuti a rispettare.

48.

Tuttavia, per le ragioni illustrate in risposta alla prima questione, tale premessa non è corretta: la comunicazione sul settore bancario, compresi i punti da 40 a 46 della stessa, non è vincolante per gli Stati membri. Di conseguenza, è evidente che la Commissione non può considerare la condivisione degli oneri, come illustrata nella comunicazione sul settore bancario, condicio sine qua non per dichiarare gli aiuti pianificati a favore di una banca in difficoltà compatibili ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE. Una misura di aiuto può infatti soddisfare i requisiti di tale disposizione del Trattato anche se non prevede alcuna condivisione degli oneri. Dopotutto, la condivisione degli oneri non compare nel testo dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE.

49.

Tale conclusione è tanto più valida in quanto nel testo stesso della comunicazione sul settore bancario si legge che la condivisione degli oneri è richiesta solo «di norma» (punti 41 e 43), «in linea di principio» (punti 43 e 44) e non può essere richiesta qualora possa violare i diritti fondamentali (punto 19) o mettere in pericolo la stabilità finanziaria o determinare risultati sproporzionati (punto 45). In circostanze eccezionali, pertanto, non viene richiesta dalla Commissione alcuna misura di condivisione degli oneri.

b) La Commissione viola le norme sugli aiuti di Stato richiedendo di norma la condivisione degli oneri?

50.

Ciò posto, la questione sottoposta dal giudice nazionale potrebbe anche essere interpretata nel senso che con essa si chiede se la Commissione interpreti o applichi in modo errato le norme sugli aiuti di Stato laddove ritiene che, nelle situazioni disciplinate dalla comunicazione sul settore bancario, gli aiuti alle banche in difficoltà richiedano di norma misure di condivisione degli oneri per essere compatibili ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE.

51.

Tale questione andrebbe, a mio avviso, risolta in senso negativo.

52.

Come menzionato al precedente paragrafo 35, la Commissione gode di un ampio potere discrezionale nel valutare se gli aiuti di Stato possano essere dichiarati compatibili con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, TFUE. Nessuna norma sugli aiuti di Stato sembra impedire alla Commissione di prendere in considerazione, al fine di tale valutazione, se e, eventualmente, in che misura siano state adottate misure di condivisione degli oneri. Al contrario, ritengo che una posizione favorevole in relazione all’adozione di siffatte misure possa essere coerente proprio con i principi alla base delle disposizioni del Trattato sugli aiuti di Stato. Come chiarirò, ciò sembra a fortiori valido nelle situazioni disciplinate dalla comunicazione sul settore bancario.

53.

Secondo costante giurisprudenza, un aiuto può essere dichiarato compatibile solo quando sia necessario per conseguire uno degli scopi stabiliti dall’articolo 107, paragrafo 3, TFUE. Gli aiuti che vanno oltre quanto strettamente necessario per conseguire lo scopo perseguito danno origine ad un vantaggio concorrenziale ingiustificato accordato al beneficiario dell’aiuto. Un siffatto aiuto non può, di conseguenza, essere considerato compatibile con il mercato interno ( 28 ).

54.

È evidente che una condizione secondo la quale una banca in difficoltà mobiliti le proprie risorse interne per coprire almeno una parte delle perdite prima della concessione di qualsiasi sostegno pubblico e secondo la quale, ove necessario e opportuno, anche gli investitori di tale banca contribuiscano alla sua ricapitalizzazione sembra idonea a limitare l’aiuto al minimo essenziale. Pertanto, la ratio dei punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario sembrerebbe essere coerente con i principi alla base delle disposizioni del Trattato sugli aiuti di Stato.

55.

In effetti, anche prima della crisi la prassi della Commissione con riferimento all’aiuto al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese in difficoltà – sostenuta dai giudici dell’Unione ( 29 ) – è generalmente stata quella di richiedere ai beneficiari dell’aiuto di contribuire in modo adeguato ai costi di ristrutturazione ( 30 ). È vero che le norme dell’Unione sugli aiuti di Stato non impongono necessariamente alcun tipo di misure di «bail-in» da parte degli azionisti e dei creditori di una società che uno Stato membro intende ristrutturare. Tuttavia, un contributo maggiormente rilevante da parte della società stessa, o dei suoi azionisti e creditori – che potenzialmente prende la forma delle misure di condivisione degli oneri di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario – può essere ritenuto più efficace, in considerazione delle situazioni disciplinate dalla comunicazione sul settore bancario ( 31 ).

56.

La comunicazione sul settore bancario è stata adottata sulla base dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE, il quale autorizza gli aiuti destinati a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro ( 32 ). Si tratta di una forma di aiuto che può essere accordata solo in circostanze eccezionali: il turbamento deve essere «grave» e deve colpire l’intera economia dello Stato membro interessato e non solo quella di una sua regione o parte del suo territorio ( 33 ). Nella presente causa, il ricorso alla base giuridica dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE sembra ancora più giustificato poiché numerosi Stati membri sono stati colpiti da un grave turbamento della loro economia che è derivato, a diversi livelli, da una crisi finanziaria globale.

57.

Per le ragioni che seguono, non trovo irragionevole che, in primo luogo, la natura eccezionale delle situazioni disciplinate dalla comunicazione sul settore bancario imponga una valutazione particolarmente rigorosa della questione se l’aiuto notificato sia davvero ridotto al minimo essenziale e, in secondo luogo, che una valutazione tanto rigorosa sia svolta, in linea di principio, in tutti i casi analoghi notificati alla Commissione.

58.

I servizi finanziari, e i servizi bancari in particolare, costituiscono attività che dovrebbero essere esaminate – almeno dal punto di vista degli aiuti di Stato – come qualsiasi altra attività economica. Si tratta di un’attività che varie società (pubbliche o private) svolgono in un mercato aperto e concorrenziale. Al pari di ogni altra attività economica, le persone fisiche investono nelle imprese attive su tale mercato, con il fine, di norma, di realizzare un profitto sul loro investimento. È nella natura di ogni attività economica che talune imprese – generalmente quelle meno efficienti – falliranno e abbandoneranno il mercato, e che i loro investitori, di conseguenza, perderanno tutti o parte dei loro investimenti ( 34 ).

59.

Allo stesso tempo, tuttavia, i servizi finanziari giocano un ruolo molto specifico nei sistemi economici moderni. Le banche e gli altri enti creditizi sono una fonte vitale di finanziamento per (la maggior parte delle) imprese attive su un qualsiasi mercato. Inoltre, le banche sono spesso strettamente interconnesse e molte di loro operano a livello internazionale. Questo è il motivo per cui la crisi di una o più banche rischia di estendersi rapidamente ad altre banche (tanto nello Stato d’origine quanto in altri Stati membri) e ciò, a sua volta, rischia di produrre effetti di ricaduta negativi in altri settori dell’economia (cui si fa spesso riferimento come all’«economia reale») ( 35 ). Tale effetto di contagio, in definitiva, è suscettibile di influire sulla vita dei singoli individui.

60.

Di conseguenza, nel corso di una crisi finanziaria, le autorità pubbliche affrontano il gravoso compito di dover agire, spesso con grande urgenza, al fine di raggiungere un delicato equilibrio di diversi interessi concorrenti. Da un lato, le autorità devono garantire la stabilità del loro sistema finanziario ed evitare, o ridurre, qualsiasi contagio delle banche «sane» e dell’economia reale. Dall’altro, tuttavia, le autorità devono limitare, per quanto possibile, le risorse pubbliche coinvolte, poiché i costi per il bilancio pubblico per garantire la stabilità possono essere considerevoli. Un’esposizione eccessivamente ampia dello Stato può di fatto contribuire a trasformare una crisi finanziaria in una crisi del debito sovrano, con possibili ripercussioni anche su tutta l’Unione economica e monetaria (in prosieguo: l’«UEM»). Inoltre, come rilevato dal governo sloveno, un massiccio intervento pubblico, che preveda un sostegno pieno ed incondizionato alle banche in difficoltà, può provocare gravi distorsioni della concorrenza e compromettere l’integrità del mercato interno: le società ben gestite potrebbero essere penalizzate dall’aiuto accordato a concorrenti meno efficienti. Inoltre, potrebbe essere incentivato il rischio morale: gli enti creditizi potrebbero essere indotti ad effettuare investimenti più rischiosi nella speranza di realizzare maggiori profitti, poiché, in caso di difficoltà finanziarie, le autorità pubbliche sembrano pronte ad intervenire e salvarli utilizzando denaro pubblico.

61.

Vi è, inoltre, un argomento valido a favore della richiesta generalizzata, da parte della Commissione, di misure di condivisione degli oneri. La Commissione di fatto non manterrebbe condizioni di parità per le banche se richiedesse tali misure solo quando lo Stato membro interessato non fosse in grado di aggiungere gli ulteriori fondi necessari per sostituire dette misure. Le banche non dovrebbero infatti essere trattate diversamente a seconda delle dimensioni dello Stato membro in cui sono stabilite e delle condizioni economiche prevalenti in tale Stato membro ( 36 ).

62.

In tale contesto, sono dell’avviso che la Commissione abbia la facoltà di ritenere che, in situazioni quali quelle disciplinate dalla comunicazione sul settore bancario, la condivisione degli oneri da parte degli investitori possa di norma essere necessaria affinché gli aiuti siano considerati compatibili ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE.

63.

Alla luce di quanto precede, sono dell’avviso che i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario non eccedano la competenza attribuita alla Commissione ai sensi degli articoli da 107 a 109 TFUE. Inoltre, la Commissione non interpreta o applica in modo errato le norme sugli aiuti di Stato nel ritenere che, nelle situazioni disciplinate dalla comunicazione sul settore bancario, gli aiuti alle banche in difficoltà di norma richiedano misure di condivisione degli oneri per essere compatibili con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE.

4. Questioni 3 e 4

64.

Con le sue questioni terza e quarta, che possono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la condivisione degli oneri, quale prevista dai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario, sia compatibile con, rispettivamente, il principio di tutela del legittimo affidamento e il diritto di proprietà (in prosieguo, congiuntamente: i «diritti in questione»).

65.

Il principio di tutela del legittimo affidamento è ritenuto dalla Corte un principio generale di diritto dell’Unione, di rango superiore, diretto alla tutela dei singoli ( 37 ). Inoltre, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, il diritto di proprietà costituisce uno dei diritti fondamentali riconosciuti dall’ordinamento giuridico dell’Unione.

66.

Ciò posto, non condivido la tesi dei ricorrenti nel procedimento principale secondo la quale la comunicazione sul settore bancario viola i diritti in questione. Innanzitutto, vorrei ribadire che tale atto non è vincolante per gli Stati membri: una misura di aiuto può essere ritenuta compatibile con il mercato interno, nelle situazioni disciplinate da tale atto, anche se le norme in esso contenute (comprese quelle relative alla condivisione degli oneri) non siano rispettate alla lettera.

67.

Inoltre, come rilevato in precedenza ( 38 ), la comunicazione sul settore bancario dispone espressamente che la condivisione degli oneri non sarà sempre richiesta, in particolare quando ciò comporterebbe una violazione dei diritti fondamentali. Pertanto, nessuna disposizione dell’Unione sugli aiuti di Stato (compresi i principi stabiliti nella comunicazione sul settore bancario) può essere interpretata nel senso che richiede la condivisione degli oneri quando ciò violerebbe uno dei diritti in questione.

a) La comunicazione sul settore bancario viola il principio di tutela del legittimo affidamento?

68.

Più nello specifico, quanto al principio di tutela del legittimo affidamento, rilevo che, secondo costante giurisprudenza, un siffatto affidamento può sussistere solo qualora una persona abbia ricevuto rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili ( 39 ). Non vedo quando e come i ricorrenti nel procedimento principale avrebbero ricevuto rassicurazioni quanto al fatto che i loro investimenti non sarebbero stati in alcun modo colpiti dalle misure pubbliche dirette al salvataggio e alla ristrutturazione delle banche in difficoltà. Il fatto che, prima della pubblicazione della comunicazione sul settore bancario, la Commissione non abbia sistematicamente richiesto l’imposizione ai creditori e ad altri analoghi tipi di investitori di misure di condivisione degli oneri affinché gli aiuti venissero dichiarati compatibili ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE ( 40 ) non può essere considerato una «rassicurazion[e] precis[a], incondizionat[a] e concordant[e]» ai sensi della summenzionata giurisprudenza. In mancanza di un impegno chiaro ed espresso da parte della Commissione, un investitore prudente ed accorto non può fare alcun affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata nell’ambito del potere discrezionale delle autorità competenti ( 41 ). La Commissione deve essere in grado di adeguare la sua analisi ai sensi dell’articolo 107 TFUE in funzione dei mutamenti di circostanze nei mercati su cui incidono gli aiuti e, più in generale, nell’economia complessiva dell’Unione ( 42 ). La Commissione dovrebbe, inoltre, essere in grado di imparare dalla sua prassi passata e di conseguenza adeguare i propri metodi di valutazione degli aiuti notificati conformemente all’esperienza maturata ( 43 ).

69.

Né vi può essere una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento perché la Commissione non ha previsto, nella comunicazione sul settore bancario, un periodo di transizione prima che i nuovi principi fossero applicabili. È vero che i periodi di transizione sono spesso idonei a consentire agli operatori economici di adattarsi ad un cambio di politica in un determinato settore del diritto. Tuttavia, ciò non sempre avviene. Ad esempio, la comunicazione sul settore bancario dispone che, nelle situazioni da essa disciplinate, devono essere evitati deflussi di fondi (in particolare dai detentori di capitale ibrido e di debito subordinato), per garantire che l’aiuto sia davvero limitato al minimo necessario ( 44 ). Pertanto, vi possono essere casi in cui i periodi di transizione non siano necessari, siano impossibili o addirittura controproducenti. Un cambio di politica o una nuova prassi amministrativa potrebbe dover essere effettuato in maniera particolarmente rapida e, a volte, senza preavviso.

70.

La Corte ha in effetti ammesso che un interesse pubblico prevalente può ostare all’adozione di provvedimenti transitori per situazioni sorte prima dell’entrata in vigore della nuova normativa ma non ancora conclusesi ( 45 ). A mio avviso, l’obiettivo di garantire la stabilità del sistema finanziario e, allo stesso tempo, di evitare un’eccessiva spesa pubblica e di minimizzare le distorsioni della concorrenza costituisce un interesse pubblico prevalente di questo genere.

b) La comunicazione sul settore bancario viola il diritto di proprietà?

71.

Quanto, poi, al diritto di proprietà, devo rilevare che la comunicazione sul settore bancario non richiede alcuna forma particolare, o procedura di adozione, per le misure di condivisione degli oneri di cui ai punti da 40 a 46. Tali misure possono infatti essere adottate anche volontariamente dalla banca o dai suoi investitori, o con il loro consenso. Pertanto, la comunicazione sul settore bancario non impone necessariamente alle autorità nazionali di adottare misure che incidono sul diritto di proprietà degli investitori ( 46 ).

72.

Inoltre, il punto 46 della comunicazione sul settore bancario chiarisce che gli Stati membri devono rispettare il principio secondo cui «nessun creditore può essere svantaggiato»: i creditori subordinati non dovrebbero ricevere, in termini economici, meno di quanto sarebbe valso il loro strumento in caso di mancata concessione di aiuti di Stato. Più in generale, il punto 20 dispone che le misure volte a limitare le distorsioni della concorrenza ( 47 )«dovrebbero essere ponderate in modo tale da riprodurre il più possibile la situazione di mercato che si sarebbe concretizzata se il beneficiario degli aiuti fosse uscito dal mercato in assenza di aiuti» (farò riferimento a tale principio come al «principio di ravvicinamento del mercato»).

73.

Tali principi – di cui parlerò successivamente – impongono chiaramente agli Stati membri di tenere in debita considerazione i diritti di proprietà degli investitori nel corso della ristrutturazione di una banca in difficoltà.

74.

Alla luce di quanto precede, concludo che i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario sono compatibili con il principio di tutela del legittimo affidamento e con il diritto di proprietà.

c) Le misure di cui trattasi violano i diritti in questione?

75.

Ciò posto, si può anche ritenere che, con le sue questioni, il giudice del rinvio si chieda se le misure di cui trattasi violino i diritti in questione, anziché la comunicazione sul settore bancario. Evidentemente, il fatto che i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario non conducano automaticamente ad una violazione di tali diritti non comporta che le misure di condivisione degli oneri effettivamente adottate da uno Stato membro che ottempera a tale comunicazione siano necessariamente compatibili con tali diritti.

76.

Per le ragioni esposte in precedenza, è pertanto evidente che i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario non possono essere interpretati nel senso che alle autorità nazionali è stata accordata, in forza del diritto dell’Unione, un’illimitata «autorizzazione di espropriazione» di capitale, capitale ibrido o debito subordinato presso banche in difficoltà. La comunicazione sul settore bancario non impone, né permette, agli Stati membri di violare i diritti in questione. Né l’approvazione degli aiuti da parte della Commissione implica che le misure notificate sfuggano alla possibilità di un controllo della loro compatibilità con i diritti fondamentali, nella misura in cui tali misure rientrino nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. La giurisprudenza di questa Corte, nonché quella della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «CEDU») relativa ai diritti in questione, rimane, a mio avviso, pienamente applicabile a situazioni quali quelle di cui al procedimento principale.

77.

Ritengo che una siffatta analisi sia ancor più importante per quanto riguarda il diritto di proprietà degli investitori nelle banche in questione. È infatti indiscutibile che misure di condivisione degli oneri quali quelle di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario, se adottate contro la volontà degli azionisti e dei creditori delle banche da ricapitalizzare, possono gravemente pregiudicare i loro diritti di proprietà.

78.

Non spetta, tuttavia, alla Corte decidere su tale questione, anche qualora dette misure rientrino nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Il contesto fattuale, economico e giuridico di cui al procedimento principale è infatti di particolare complessità e la Corte non dispone di tutte le informazioni necessarie per una valutazione accurata.

79.

Inoltre, vi è una ragione ancora più decisiva per lasciare tale valutazione ai giudici nazionali. A questo punto, potrebbe essere utile sottolineare che, ai sensi delle norme dell’Unione sugli aiuti di Stato, nessuna impresa può rivendicare il diritto di ricevere aiuti di Stato; o, in altre parole, nessuno Stato membro può essere ritenuto obbligato, in forza del diritto dell’Unione, a concedere aiuti di Stato ad un’impresa.

80.

È vero che dopo l’istituzione dell’UEM – che comporta il coordinamento della politica economica, una politica monetaria comune e una moneta comune ( 48 ) – gli Stati membri hanno taluni obblighi nei confronti dell’Unione (e degli altri Stati membri) relativi, in particolare, al rispetto degli obiettivi di mantenere prezzi stabili, finanze pubbliche e condizioni monetarie sane nonché una bilancia dei pagamenti sostenibile ( 49 ). Evidentemente, garantire la stabilità del sistema finanziario in ogni Stato membro deve essere ritenuto fondamentale per il raggiungimento dei summenzionati obiettivi. Non è in contestazione il fatto che, come sottolineato dalla Banka Slovenije, gli Stati membri non sono completamente liberi quando agiscono al fine del salvataggio e della ristrutturazione di banche di importanza sistemica. È altresì nell’interesse dell’Unione che gli Stati membri intervengano per prevenire (o limitare) le esternalità che il collasso di una o più banche nel loro territorio potrebbe avere sulla stabilità e sul funzionamento dell’UEM.

81.

Nella causa in esame, in effetti, la ristrutturazione delle banche in questione era parte di un intervento più globale da parte delle autorità Slovene, volto a correggere gli squilibri macroeconomici esistenti e a garantire la stabilità del sistema bancario. In tale contesto, tra le possibili misure previste dalle istituzioni dell’Unione, vi era effettivamente la ricapitalizzazione di banche sistemiche, ove necessario prevedendo fondi pubblici aggiuntivi in caso di ulteriori carenze ( 50 ).

82.

Resta tuttavia il fatto che, nonostante eventuali suggerimenti o raccomandazioni da parte delle istituzioni dell’Unione, ai sensi del diritto dell’Unione gli Stati membri non sono tenuti a concedere aiuti in circostanze specifiche. Gli Stati membri hanno a loro disposizione una vasta gamma di strumenti per affrontare le questioni problematiche individuate dalle istituzioni dell’Unione. Di conseguenza, se in un determinato momento sia opportuno concedere aiuti di Stato a una o più imprese specifiche è una decisione che in definitiva spetta alle autorità nazionali. Spetta inoltre alle autorità nazionali prendere una decisione sulla quantità di fondi pubblici da utilizzare e sulla struttura delle misure ( 51 ). La Commissione è tenuta solo al controllo della misura pianificata al fine di valutarne la compatibilità con il mercato interno. Può pertanto porre il veto su una misura, o concederla a talune condizioni, ma non può mai prendere decisioni al posto delle autorità nazionali.

83.

Ciò non significa, ovviamente, che alla Commissione è precluso dare indicazioni alle autorità nazionali su come rendere gli aiuti notificati compatibili con il mercato interno ( 52 ). Possono essere date indicazioni anticipate, attraverso la pubblicazione di atti di «soft law», come detto al precedente paragrafo 38, e ad hoc, nell’ambito delle procedure in corso ai sensi dell’articolo 108 TFUE.

84.

Tuttavia, rimane il fatto che sono le autorità degli Stati membri ad essere giuridicamente responsabili della decisione di concedere aiuti in una data situazione e di garantire che le misure di aiuto previste rispettino qualsiasi altra norma dell’Unione, nazionale o internazionale applicabile ( 53 ). Ciò vale nonostante il fatto che, dal punto di vista politico, le loro decisioni in tale materia possono essere, in modo più o meno rilevante, influenzate da suggerimenti e raccomandazioni delle istituzioni dell’Unione.

85.

Di conseguenza, i giudici nazionali sono generalmente più idonei della Corte a valutare se siano stati violati i diritti fondamentali di taluni individui, una volta rese efficaci le misure di aiuto.

86.

Passando alla causa in esame, senza prendere una posizione definitiva sugli argomenti avanzati dai ricorrenti nel procedimento principale, farei le seguenti osservazioni, nella speranza di fornire indicazioni utili al giudice del rinvio.

87.

L’articolo 17 della Carta stabilisce che il diritto di proprietà non si configura come prerogativa assoluta, ma deve essere preso in considerazione in relazione alla sua funzione nella società. Conseguentemente, possono essere apportate restrizioni all’esercizio del diritto di proprietà, a condizione che rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti garantiti ( 54 ).

88.

Come sottolinea il giudice del rinvio nell’ordinanza di rinvio, l’obiettivo di garantire la stabilità del sistema finanziario e, allo stesso tempo, di evitare un’eccessiva spesa pubblica e di minimizzare le distorsioni della concorrenza costituisce un obiettivo di interesse pubblico che può giustificare talune limitazioni al diritto di proprietà ( 55 ).

89.

Quanto alla tematica se le misure in questione costituiscano un intervento inaccettabile, che colpisce l’essenza stessa dei diritti di proprietà degli investitori, devo fare ancora una volta riferimento ai principi stabiliti dai punti 20 e 46 della comunicazione sul settore bancario: ravvicinamento del mercato e «nessun creditore può essere svantaggiato» ( 56 ).

90.

Tali principi comportano che, se effettuati correttamente, gli interventi dello Stato riducono solo il valore nominale del capitale e degli strumenti di debito colpiti, poiché tale valore non corrisponde più al loro reale valore. Il deprezzamento di tali strumenti è pertanto meramente formale. Da un punto di vista economico, la posizione degli investitori, nel complesso, dovrebbe rimanere immutata: nella peggiore delle ipotesi, non vengono complessivamente svantaggiati maggiormente rispetto a quanto lo sarebbero stati se lo Stato non fosse intervenuto ( 57 ). Ciò significherebbe, a mio avviso, che l’essenza stessa del diritto di proprietà degli investitori non viene compromessa.

91.

Nella causa in esame, il rispetto delle due condizioni di cui sopra deve, tuttavia, essere verificato da parte del giudice del rinvio. Nel suo controllo delle misure in questione, tale giudice deve naturalmente prendere in considerazione tutte le circostanze rilevanti. In particolare, tale giudice potrebbe, da un lato, dover considerare la necessità di un’azione particolarmente rapida da parte delle autorità nazionali, i rischi che il sistema finanziario in Slovenia potrebbe aver corso in mancanza di siffatta azione e la necessità di evitare ripercussioni eccessive sul bilancio pubblico. Dall’altro, tale giudice potrebbe dover altresì verificare se le valutazioni economiche effettuate dalle autorità pubbliche (ad esempio della carenza di capitale della banca e del valore economico reale degli investimenti precedenti e successivi all’intervento dello Stato), nonostante l’urgenza con la quale è stato necessario effettuarle, fossero ragionevoli e basate su dati affidabili.

92.

La risposta alla terza e alla quarta questione dovrebbe pertanto essere che i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario sono compatibili con il principio di tutela del legittimo affidamento e con il diritto di proprietà; spetta ai giudici nazionali verificare che, con l’esecuzione delle misure adottate ai sensi di tale comunicazione, tali diritti non siano stati violati.

5. Questione 5

93.

Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede se i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario violino le disposizioni della direttiva 2012/30 ai sensi delle quali l’aumento o la riduzione di capitale delle società per azioni può essere effettuato solo in seguito ad una decisione dell’assemblea degli azionisti o ad una decisione giudiziaria.

94.

Rilevo, innanzitutto, che i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario non prendono posizione, espressamente o implicitamente, sulla natura dell’organo (privato o pubblico e, in quest’ultimo caso, amministrativo o giudiziario) che deve adottare le misure di condivisione degli oneri. In realtà, tali misure possono anche essere adottate volontariamente, senza alcun intervento delle autorità pubbliche. Come rilevano il governo sloveno e la Commissione, come tali misure debbano essere decise e attuate è una questione di diritto nazionale, non influenzata dalle disposizioni della comunicazione sul settore bancario.

95.

Pertanto, la premessa sulla quale si basano gli argomenti avanzati da talune parti nel procedimento principale al fine di contestare la validità della comunicazione sul settore bancario – secondo la quale essa presumibilmente obbliga gli Stati membri a conferire alle autorità amministrative il potere di adottare misure di condivisione degli oneri – è errata. Di conseguenza, i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario non violano le disposizioni della direttiva 2012/30.

96.

Ciò posto, la questione sollevata dal giudice del rinvio può essere interpretata anche nel senso che si chiede di accertare se le disposizioni nazionali che conferiscono alla banca centrale nazionale l’adozione delle misure di condivisione degli oneri previste ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario siano compatibili con la direttiva 2012/30.

97.

È piuttosto evidente che la direttiva 2012/30 non contiene alcuna deroga espressa all’applicazione delle sue disposizioni in situazioni quali quelle in cui si è trovata la Slovenia (e altri Stati membri) durante la crisi finanziaria. La problematica fondamentale sollevata da tale questione è pertanto se decisioni quali quelle in questione siano precluse dalla direttiva 2012/30.

98.

Nel prosieguo spiegherò perché ritengo che alla questione debba essere data risposta negativa.

a) Scopo e ambito di applicazione della direttiva 2012/30

99.

In primo luogo, si deve sottolineare che la direttiva 2012/30 non è una misura che prevede la totale armonizzazione della materia che tratta. Tale direttiva si limita a coordinare le disposizioni nazionali relative alla costituzione, alla salvaguardia, all’aumento e alla riduzione del capitale delle società per azioni, per «assicurare l’equivalenza minima della protezione degli azionisti e dei creditori» di tali società in tutta l’Unione ( 58 ).

100.

La direttiva 2012/30 è stata quindi concepita per assicurare che agli investitori, in tutto il mercato interno, sia garantito che le società abbiano una determinata struttura e che taluni organi delle società siano responsabili per talune decisioni. Lo scopo essenziale di tale strumento giuridico è quindi quello di mantenere l’equilibrio dei poteri tra i diversi organi della società, specialmente in caso di conflitto tra tali organi ( 59 ).

101.

Di conseguenza, si è affermato – a mio avviso, in modo convincente – che la tutela accordata agli azionisti ai sensi della direttiva 2012/30 è innanzitutto una tutela nei confronti degli altri organi della società, ma non necessariamente nei confronti delle misure adottate dallo Stato ( 60 ). La direttiva 2012/30 non era intesa ad armonizzare (tantomeno ad armonizzare completamente) le garanzie degli azionisti nei confronti delle misure dello Stato adottate in situazioni di emergenza o di crisi. Una simile tutela aggiuntiva potrebbe pertanto essere solo secondaria o accessoria: quella che inevitabilmente deriva dalle garanzie introdotte dalla direttiva 2012/30.

b) La sentenza Pafitis e le nuove disposizioni dell’Unione

102.

È vero che la sentenza Pafitis e a. (in prosieguo: la «sentenza Pafitis») ( 61 ), a cui i ricorrenti nel procedimento principale fanno riferimento, sembra indicare una diversa interpretazione della direttiva 2012/30. In tale causa, la Corte ha statuito che le disposizioni della direttiva 77/91 (ora rifusa nella direttiva 2012/30) ostassero ad una normativa nazionale ai sensi della quale il capitale di una banca che si trovi, a causa del suo indebitamento, in una situazione eccezionale può essere aumentato mediante atto amministrativo e senza delibera dell’assemblea generale.

103.

Cionondimeno, metterei in guardia da un’interpretazione della sentenza Pafitis secondo la quale essa stabilisce un principio di generale applicazione. Tale sentenza è stata emessa in un contesto in cui le circostanze fattuali e il panorama giuridico erano piuttosto differenti.

104.

Innanzitutto, il contesto fattuale della causa Pafitis non è interamente paragonabile con quello del procedimento principale. La prima causa riguardava un atto adottato da un commissario provvisorio (non direttamente da una banca centrale nazionale), in una situazione di mera difficoltà finanziaria di un singolo ente creditizio in uno Stato membro (non in una situazione in cui l’intero sistema finanziario di uno Stato membro era minacciato da una crisi sistemica, con potenziali ripercussioni sull’intera UEM) ( 62 ).

105.

Ancora più importante è il fatto che tanto il diritto primario quanto quello secondario dell’Unione nel frattempo si sono evoluti in modo considerevole. Le misure nazionali impugnate nella causa Pafitis erano state adottate nel periodo 1986-1990 e la Corte ha adottato la propria sentenza nel 1996, pertanto ben prima dell’inizio della terza fase di attuazione dell’UEM, con l’introduzione dell’euro come moneta dell’Eurozona, l’istituzione dell’Eurosistema e le relative modifiche ai trattati dell’Unione.

106.

L’articolo 131 TFUE dispone ora che «[c]iascuno Stato membro assicura che la propria legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, sarà compatibile con i trattati e con lo statuto del SEBC e della BCE». A sua volta, l’articolo 3, paragrafo 3, del protocollo (n. 4) dello Statuto del SEBC e della BCE, dispone che il SEBC «contribuisce ad una buona conduzione delle politiche perseguite dalle competenti autorità per quanto riguarda la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e la stabilità del sistema finanziario».

107.

Sebbene vi sia un evidente interesse pubblico a garantire, in tutta l’Unione, una tutela degli investitori forte e coerente, tale interesse non può essere ritenuto prevalente, in ogni circostanza, rispetto all’interesse pubblico a garantire la stabilità del sistema finanziario. Questi due interessi dovrebbero essere controbilanciati tra loro. Una diversa posizione sarebbe difficile da conciliare con le summenzionate disposizioni del Trattato; in particolare, perché garantire la stabilità del sistema finanziario è di suprema importanza in un’unione che, tra gli altri obiettivi principali, ha quello di istituire un’UEM ( 63 ). In tale contesto, può essere opportuno ricordare che l’adozione da parte della Banka Slovenije delle misure in questione è avvenuta in seguito ad una prova di stress sulle banche in questione sotto la supervisione, tra gli altri, della BCE.

108.

Inoltre, la direttiva 2001/24 non era ancora in vigore quando è stata adottata la sentenza Pafitis ( 64 ). Tale direttiva, adottata dopo l’entrata in vigore della direttiva 77/91 (di cui la direttiva 2012/30 è una mera rifusione), mira ad istituire un sistema per il riconoscimento reciproco, tra gli Stati membri, dei provvedimenti di risanamento e delle procedure di liquidazione degli enti creditizi ( 65 ).

109.

Come verrà chiarito nell’ambito della settima questione, misure quali quelle contestate nel procedimento principale possono rientrare nella nozione di «provvedimenti di risanamento» ai fini della direttiva 2001/24. Il risanamento di un ente creditizio in effetti può spesso comportare talune misure, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale. È importante osservare che tale direttiva prevede, molto chiaramente, che tali misure possono essere adottate anche da autorità amministrative ( 66 ).

110.

La direttiva 2001/24 sembra essere basata sulla premessa che le autorità amministrative nazionali conservino tali poteri, malgrado l’esistenza delle disposizioni della direttiva 77/91, come interpretate dalla Corte nella sentenza Pafitis. Né i considerando né le disposizioni della direttiva 2001/24 suggeriscono che il legislatore intendesse introdurre una deroga alle norme stabilite dalla direttiva 77/91. In ogni caso, anche se si dovesse essere dell’avviso che la direttiva 2001/24 avesse in realtà l’effetto di limitare l’ambito di applicazione della direttiva 77/91, l’applicazione della prima – essendo lex specialis e lex posterior – dovrebbe verosimilmente prevalere nel procedimento principale.

111.

Pertanto, esiterei a trarre argomenti conclusivi dalla sentenza Pafitis quanto alla questione se una normativa nazionale adottata ai fini del raggiungimento di obietti pubblici superiori (quali la stabilità dell’intero sistema finanziario) possa, in circostanze eccezionali, conferire poteri alle autorità amministrative che abbiano priorità sui diritti degli azionisti riconosciuti dalla direttiva 2012/30 ( 67 ).

112.

Inoltre, rilevo che, sulla scia della crisi finanziaria globale, numerosi Stati membri hanno introdotto meccanismi per far fronte in modo più efficiente e rapido alla situazione degli enti creditizi in difficoltà. Tra le misure adottate tramite leggi nazionali si trova la possibilità di aumentare il capitale sociale di tali enti senza l’approvazione degli azionisti ( 68 ). Ad esempio, la normativa nazionale in questione era stata informalmente controllata e approvata dalla BCE prima della sua adozione ( 69 ). L’adozione, da parte di numerosi Stati membri, di normative in tale settore è esattamente una delle ragioni che hanno indotto il legislatore dell’Unione ad adottare la direttiva 2014/59 ( 70 ).

113.

Sembrerebbe quindi che la direttiva 2012/30 sia stata generalmente interpretata dalle autorità degli Stati membri nel senso che non osta, in circostanze eccezionali quali quelle di una crisi finanziaria, a misure amministrative che comportano la modifica del capitale di una banca, in assenza di una specifica delibera dell’assemblea degli azionisti ( 71 )

c) Direttiva 2014/59

114.

Infine, non ritengo che i dubbi espressi dal giudice del rinvio derivanti dalla recente adozione della direttiva 2014/59 – atto giuridico che, ratione temporis, non è applicabile al procedimento principale – siano fondati.

115.

Il giudice del rinvio si chiede se il fatto che l’articolo 123 della direttiva 2014/59 introduca una deroga espressa all’applicazione di talune disposizioni della direttiva 2012/30 (compresi gli articoli da 33 a 36 e da 40 a 42), quando «l’uso di strumenti, poteri e meccanismi di risoluzione di cui al titolo IV della prima sono utilizzati», ( 72 ) significhi che una siffatta deroga non esistesse in precedenza.

116.

Non ritengo che un siffatto argomento sia convincente.

117.

È vero che, dopo l’entrata in vigore della direttiva 2014/59, una violazione delle disposizioni della direttiva 2012/30 dovuta all’azione di una banca centrale quale quella di cui trattasi nel procedimento principale sembrerebbe da escludersi: tale azione trova una base espressa nell’articolo 123 della prima direttiva.

118.

Tuttavia, ciò non significa che, in precedenza, una siffatta azione fosse necessariamente proibita dal punto di vista del diritto dell’Unione. La direttiva 2014/59 persegue lo scopo di istituire un quadro normativo per il risanamento e la risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. A tal fine, la direttiva 2014/59 ha fissato nuove disposizioni e ha modificato taluni atti giuridici esistenti. In tale ambito, è evidente che il legislatore dell’Unione volesse garantire la coerenza del quadro normativo nel suo complesso ( 73 ), in particolare coordinando e chiarendo le interrelazioni tra i diversi strumenti giuridici modificati.

119.

Per le ragioni suesposte, la direttiva 2001/24 non necessitava di una disposizione espressa per consentire agli Stati membri di derogare, in circostanze eccezionali quali quelle derivanti dalla crisi finanziaria, alla direttiva 77/91 (poi rifusa nella direttiva 2012/30). D’altra parte, come afferma in modo convincente la Banka Slovenjie, la direttiva 2001/24 non precludeva agli Stati membri di accordare agli investitori una tutela più estensiva rispetto a quella derivante dalla direttiva 77/91: quest’ultima prevedeva solo uno standard minimo di tutela. Pertanto, poiché la direttiva 2014/59 intende parzialmente armonizzare la materia (in particolare, quanto agli strumenti di risoluzione), è risultato necessario non consentire agli Stati membri di introdurre o di mantenere norme nazionali sulla tutela degli investitori che si pongano in conflitto con le nuove norme dell’Unione.

120.

L’articolo 123 della direttiva 2014/59 non può pertanto essere preso come indicazione del fatto che le misure di «bail-in» codificate nel titolo IV della stessa direttiva fossero, in precedenza, generalmente precluse dalla direttiva 2012/30.

121.

La quinta questione deve pertanto essere risolta nel senso che i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario non violano le disposizioni della direttiva 2012/30; le disposizioni nazionali che conferiscono l’adozione delle misure di condivisione degli oneri alla banca centrale nazionale in una situazione quale quella di cui trattasi nel procedimento principale non sono incompatibili con la direttiva 2012/30.

6. Questione 6

122.

Con la sua sesta questione, il giudice del rinvio desidera sapere se la condizione di conversione o di riduzione del capitale ibrido e degli strumenti di debito subordinato, prevista ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario, sia un prerequisito per la concessione degli aiuti di Stato o se debba essere applicata solo se proporzionata.

123.

Ho illustrato in precedenza le ragioni per cui ritengo che l’adozione di misure di condivisione degli oneri non possano costituire una condicio sine qua non per considerare gli aiuti di Stato compatibili ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE. A fortiori, ritengo che ciò valga per le misure adottate nei confronti di investitori diversi dagli azionisti che generalmente godono di una tutela giuridica maggiore in caso di insolvenza della società in cui hanno investito. Tuttavia, ho altresì chiarito che, nelle situazioni disciplinate dalla comunicazione sul settore bancario, il fatto che gli investitori (compresi i detentori di capitale ibrido e di strumenti di debito subordinato) contribuiscano alla ricapitalizzazione della banca non è, in linea generale, contrario alle norme sugli aiuti di Stato.

124.

Ciò posto, devo ricordare che il principio di proporzionalità è un principio generale del diritto dell’Unione europea ed esige che gli strumenti istituiti dalle sue disposizioni siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerli ( 74 ). Pertanto, la decisione che impone la conversione o la riduzione del capitale ibrido e degli strumenti di debito subordinato può ovviamente essere soggetta ad un controllo di proporzionalità.

125.

In effetti, la stessa comunicazione impone alle autorità nazionali di prendere in considerazione il principio di proporzionalità nel decidere sul contributo dovuto dai detentori di capitale ibrido e dai detentori di debito subordinato per la ristrutturazione di una banca in difficoltà. Un tale contributo viene richiesto solo come misura di ultima istanza per le banche che, nonostante la carenza di capitale, rimangono al di sopra del patrimonio minimo di vigilanza (punto 43). Solo per le banche che non dispongono più di tale patrimonio minimo viene generalmente imposto il contributo tramite capitale ibrido e debito subordinato (punto 44). In ogni caso, in nessuna circostanza viene imposta la condivisione degli oneri quando ciò «determinerebbe risultati sproporzionati» (punto 45).

126.

Per le ragioni esposte ai precedenti paragrafi da 78 a 85, spetta al giudice del rinvio verificare se le misure in questione rispettino tale principio. A mio avviso, la questione fondamentale che dovrebbe guidare l’analisi dell’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) a tal proposito è se la situazione in cui si trova ogni categoria di investitori colpiti dalle misure di condivisione degli oneri sia, da un punto di vista economico, globalmente comparabile a quella che si sarebbe concretizzata se la banca, in mancanza di aiuti, avesse abbandonato il mercato ( 75 ).

127.

Tra gli aspetti che al giudice del rinvio potrebbe essere richiesto di esaminare vi è la coerenza complessiva della serie di misure di condivisione degli oneri adottate dalle autorità dello Stato membro nei confronti delle diverse categorie di investitori.

128.

Su tale aspetto, la comunicazione sul settore bancario distingue semplicemente tra, da una parte, gli azionisti, i detentori di capitale ibrido e i detentori di debito subordinato e, dall’altra, i detentori di titoli di debito di primo rango (punto 42). È importante rilevare, tuttavia, che la comunicazione sul settore bancario non dispone che gli Stati membri devono generalmente trattare in modo differente tali due gruppi; essa dispone semplicemente che gli Stati membri possono trattarli in modo differente quando lo ritengano opportuno ( 76 ). La posizione dei detentori di titoli di debito di primo rango non è, di fatto, di norma paragonabile con quella dei detentori di capitale o di debito di rango inferiore, in particolar modo nel corso di procedure concorsuali o di liquidazione, e può quindi essere ragionevole tenere conto di tale elemento.

129.

Possono esservi differenze altresì tra le diverse categorie di investitori generalmente colpiti dalle misure di condivisione degli oneri (azionisti, detentori di capitale ibrido e detentori di debito subordinato), in particolare con riferimento all’ordine di priorità in caso di procedure concorsuali. A tal proposito, il giudice nazionale potrebbe dover verificare che nessuna di tali categorie sopporti un onere ingiustificato ed eccessivo, alla luce dei fatti di causa, delle norme nazionali (in particolar modo di diritto societario e di diritto fallimentare) e delle disposizioni contrattuali ad essi applicabili.

130.

Pertanto, la sesta questione dovrebbe essere risolta nel senso che la conversione o la riduzione del capitale ibrido e degli strumenti di debito subordinato, prevista ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario, non è un prerequisito per la concessione degli aiuti di Stato e non è necessaria quando determinerebbe risultati sproporzionati; spetta ai giudici nazionali verificare che, con l’esecuzione delle misure di aiuto adottate conformemente alla comunicazione sul settore bancario, sia rispettato il principio di proporzionalità.

7. Questione 7

131.

Con la sua settima questione, il giudice del rinvio si chiede se le misure di condivisione degli oneri di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario possano essere considerate provvedimenti di risanamento ai sensi dell’articolo 2, settimo trattino, della direttiva 2001/24.

132.

Ritengo che le ragioni che hanno portato l’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) a sottoporre tale questione non siano ovvie. Intendo tale questione come connessa alla tematica, sollevata in relazione alla quinta questione, relativa al rapporto tra la comunicazione sul settore bancario, la direttiva 2001/24 e la direttiva 2012/30. In altri termini, la questione sembra essere se le misure di condivisione degli oneri di cui alla comunicazione sul settore bancario debbano essere considerate «provvedimenti di risanamento» ai fini della direttiva 2001/24 e, di conseguenza, non debbano essere precluse dalla direttiva 2012/30, conformemente al principio della lex specialis.

133.

Ho già affrontato il merito della questione nella mia risposta alla quinta questione. Ciò che resta da chiarire qui sono le ragioni per cui, come tutte le parti che hanno presentato osservazioni su tale punto, sono dell’avviso che le misure di condivisione degli oneri di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario spesso (sebbene non sempre) possano rientrare nella nozione di «provvedimenti di risanamento» di cui all’articolo 2 della direttiva 2001/24.

134.

Ai sensi di tale disposizione, i provvedimenti di risanamento sono «i provvedimenti destinati a salvaguardare o risanare la situazione finanziaria di un ente creditizio e che possono incidere sui diritti preesistenti dei terzi, compresi i provvedimenti che comportano la possibilità di una sospensione dei pagamenti, di una sospensione delle procedure di esecuzione o di una riduzione dei crediti».

135.

La nozione di provvedimenti di risanamento sembra quindi essere definita in modo piuttosto ampio. Ciò mi sembra coerente con lo scopo perseguito dalla direttiva: predisporre un sistema per il reciproco riconoscimento, tra gli Stati membri, dei provvedimenti di risanamento e delle procedure di liquidazione degli enti creditizi. Vi sono tre elementi cumulativi nella definizione fornita dalla direttiva 2001/24: i) il provvedimento deve essere adottato dalle autorità amministrative o giudiziarie competenti di uno Stato membro ( 77 ); ii) il provvedimento deve essere adottato al fine di salvaguardare o risanare la situazione finanziaria di un ente creditizio, e iii) il provvedimento deve potenzialmente incidere sui diritti dei terzi. Esaminerò questi tre elementi uno alla volta, con riferimento alle misure in questione.

136.

In primo luogo, le misure adottate da un’autorità quale una banca centrale nazionale possono certamente essere considerate adottate da un’autorità amministrativa di uno Stato membro. Per contro, come già detto, anche le misure di condivisione degli oneri adottate volontariamente dagli investitori di una banca possono soddisfare i requisiti di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario. Vi sono stati infatti casi in cui gli investitori (pubblici e privati) hanno volontariamente accettato «scarti di garanzia» per ripristinare la redditività di un ente creditizio. Una siffatta misura esulerebbe dall’ambito di applicazione della direttiva 2001/24.

137.

In secondo luogo, lo scopo delle misure di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario è evidentemente quello di salvaguardare o risanare la situazione finanziaria di un ente creditizio. Infatti, dal testo della comunicazione sul settore bancario è evidente che tali misure sono tese a «ridurre la carenza di capitale nella massima misura possibile» (punto 41), «ripristinare (…) la (…) posizione patrimoniale [della banca]» e «superare la carenza di capitale» (punto 43).

138.

In terzo luogo, le misure di condivisione degli oneri che colpiscono i detentori di capitale ibrido e i detentori di debito subordinato sono, evidentemente, in grado di incidere sui diritti dei terzi ai sensi della direttiva 2001/24. D’altra parte, le misure di condivisione degli oneri che colpiscono solo gli azionisti esulano dall’ambito di applicazione della direttiva 2001/24. Il considerando 8 di tale direttiva afferma che i provvedimenti «che incidono sul funzionamento della struttura interna degli enti creditizi o sui diritti dei dirigenti o degli azionisti, non hanno bisogno della presente direttiva per produrre i loro effetti negli Stati membri, nella misura in cui, secondo le norme di diritto internazionale privato, la legge applicabile è quella dello Stato d’origine». Inoltre, il considerando 10 aggiunge che «[l]e persone che partecipano al funzionamento della struttura interna degli enti creditizi nonché i dirigenti e gli azionisti di detti enti non dovrebbero, in quanto tali, essere considerati come terzi per l’applicazione della presente direttiva».

139.

Se confrontata con i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario, la nozione di «provvedimenti di risanamento» di cui all’articolo 2 della direttiva 2001/24 sembra pertanto ricomprendere talune delle misure di cui alla comunicazione suddetta, ma non necessariamente tutte.

140.

Tale conclusione, a mio avviso, non è inficiata dal fatto che la nozione di «provvedimenti di risanamento» di cui alla direttiva 2001/24 sia stata modificata dall’articolo 117 della direttiva 2014/59 in modo tale da comprendere in modo espresso l’applicazione degli strumenti di risoluzione e l’esercizio dei poteri di risoluzione previsti da quest’ultima direttiva ( 78 ).

141.

Mi pare di capire che il giudice del rinvio si chiede se la modifica dell’articolo 2 della direttiva 2001/24 debba essere interpretata nel senso che comporta che la precedente definizione di «provvedimenti di risanamento» di cui a tale disposizione non ricomprendesse tale tipo di misure di «bail-in».

142.

Non condivido i dubbi espressi dal giudice del rinvio su tale punto. Come ho già chiarito, in considerazione della loro stessa natura e del loro stesso ambito di applicazione, talune misure di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario rientrano esattamente nella definizione di provvedimenti di risanamento contenuta nella direttiva 2001/24.

143.

Come rileva l’Irlanda, la modifica a cui si fa riferimento al paragrafo 141 deve essere interpretata alla luce del fatto che la direttiva 2001/24 non puntava ad armonizzare la normativa rilevante degli Stati membri, ma solo a predisporre un sistema di reciproco riconoscimento ( 79 ). Tuttavia, la direttiva 2014/59 ora impone agli Stati membri di introdurre talune misure che agevolino il risanamento delle banche. È pertanto logico che la stessa direttiva preveda anche disposizioni tese a garantire che tali nuove misure rientrino nel quadro esistente dell’Unione. Ciò non implica in nessun modo che misure analoghe esistenti nella normativa nazionale, in mancanza di norme di armonizzazione, in precedenza non rientrassero nella definizione di provvedimenti di risanamento.

144.

Alla luce di quanto precede, sono dell’avviso che le misure di condivisione degli oneri di cui ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario possano, a seconda delle circostanze, rientrare nella definizione di provvedimenti di risanamento di cui alla direttiva 2001/24.

IV – Conclusioni

145.

In conclusione, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dall’Ustavno sodišče (Corte costituzionale) nei termini seguenti:

la comunicazione della Commissione relativa all’applicazione, dal 1o agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria («La comunicazione sul settore bancario») non è vincolante per gli Stati membri;

i punti da 40 a 46 di tale comunicazione non eccedono la competenza attribuita alla Commissione ai sensi degli articoli da 107 a 109 TFUE; la Commissione non interpreta o applica in modo errato le norme sugli aiuti di Stato nel ritenere che, nelle situazioni disciplinate dalla comunicazione sul settore bancario, gli aiuti alle banche in difficoltà di norma richiedano misure di condivisione degli oneri per essere compatibili con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE;

i punti da 40 a 46 di tale comunicazione sono compatibili con il principio di tutela del legittimo affidamento e con il diritto di proprietà; spetta ai giudici nazionali verificare che, con l’esecuzione delle misure di aiuto adottate ai sensi della comunicazione sul settore bancario, tali diritti non siano stati violati;

i punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario non violano le disposizioni della direttiva 2012/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012; le disposizioni nazionali che conferiscono l’adozione delle misure di condivisione degli oneri alla banca centrale nazionale in una situazione quale quella di cui trattasi nel procedimento principale non sono incompatibili con la direttiva 2012/30/UE;

la conversione o la riduzione del capitale ibrido e degli strumenti di debito subordinato, prevista ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario, non è un prerequisito essenziale per la concessione degli aiuti di Stato e non è richiesta quando determinerebbe risultati sproporzionati; spetta ai giudici nazionali verificare che, con l’esecuzione delle misure di aiuto adottate conformemente alla comunicazione sul settore bancario, sia stato rispettato il principio di proporzionalità;

le misure di condivisione degli oneri di cui ai punti da 40 a 46 di tale comunicazione possono, a seconda delle circostanze, rientrare nella definizione di provvedimenti di risanamento di cui alla direttiva 2001/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Classens, S., Kose, A.M., «Financial Crises: Explanations, Types, and Implications», documento di lavoro dell’FMI WP/13/2, 2013 Fondo monetario internazionale.

( 3 ) Comunicazione della Commissione relativa all’applicazione, dal 1o agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria («La comunicazione sul settore bancario») (GU C 216, pag. 1).

( 4 ) V. l’elenco delle precedenti comunicazioni alla nota 1 della comunicazione sul settore bancario.

( 5 ) V. punto 1 della comunicazione sul settore bancario.

( 6 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi (GU L 125, pag. 15).

( 7 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sul coordinamento delle garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 54, secondo paragrafo, [TFUE], per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU L 315, pag. 74).

( 8 ) Seconda direttiva del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati Membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU L 26, pag. 1).

( 9 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 173, pag. 190).

( 10 ) V., in tale senso, sentenze Deutsche Shell (C‑188/91, EU:C:1993:24, punti 1819), e JVC France (C‑312/07, EU:C:2008:324, punti 29, 32 e da 33 a 37).

( 11 ) V., tra le altre, sentenze Grimaldi (C‑322/88, EU:C:1989:646, punti da 7 a 9), e Lodato & C. (C‑415/07, EU:C:2009:220, punto 23).

( 12 ) V., in tal senso, sentenze van Calster e a. (C‑261/01 e C‑262/01, EU:C:2003:571, punto 75); Transalpine Ölleitung in Österreich (C‑368/04, EU:C:2006:644, punto 38), e Deutsche Lufthansa (C‑284/12, EU:C:2013:755, punto 28).

( 13 ) V. ordinanza Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português /Commissione (C‑93/15 P, EU:C:2015:703, punto 61).

( 14 ) V. sentenza Italia/Commissione (C‑310/99, EU:C:2002:143, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

( 15 ) V., in particolare, articolo 108, paragrafo 4, TFUE.

( 16 ) V., per analogia, sentenza Francia/Commissione (C‑57/95, EU:C:1997:164).

( 17 ) V., in tal senso, sentenza Germania e a./Kronofrance (C‑75/05 P e C‑80/05 P, EU:C:2008:482, punti 6061), e, per analogia, sentenza Commissione/Grecia (C‑387/97, EU:C:2000:356, punto 87).

( 18 ) V., in tal senso, sentenza Grimaldi (C‑322/88, EU:C:1989:646, punti 1819), e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Expedia (C‑226/11, EU:C:2012:544, paragrafo 38).

( 19 ) V., quanto alla comunicazione sul settore bancario del 2008, sentenza Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑667/13, EU:C:2015:151, punto 69 e giurisprudenza ivi citata). Un analogo effetto di estoppel può verificarsi con riferimento alle autorità degli Stati membri che si sono espressamente impegnati ad ottemperare ai principi contenuti in un atto di «soft law» adottato dalla Commissione: un’ingiustificata inosservanza di tali principi può essere opposta a tali autorità dai singoli interessati, in linea con la massima «venire contra factum proprium non valet». V., in tal senso, sentenza Expedia (C‑226/11, EU:C:2012:795, punti 2627).

( 20 ) V. sentenze Deufil/Commissione (310/85, EU:C:1987:96, punto 22), e Spagna/Commissione (C‑351/98, EU:C:2002:530, punto 53).

( 21 ) V., in tal senso, ordinanza EREF/Commissione (T‑694/14, EU:T:2015:915, punti 2629).

( 22 ) La soluzione contraria, in sostanza, equivarrebbe a sostenere che la Commissione è investita di un potere legislativo in tale materia. Non posso, pertanto, condividere l’interpretazione delle norme del Trattato o la lettura della giurisprudenza esistente proposta nelle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Grecia/Commissione (C‑431/14 P, EU:C:2015:699, nota 21).

( 23 ) V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Commissione/Portogallo (C‑391/01, EU:C:2002:270, paragrafo 38 e giurisprudenza ivi citata). V. anche sentenza Fachvereinigung Mineralfaserindustrie/Commissione (T‑375/03, EU:T:2007:293, punti 140141), e, per analogia, ordinanza Smurfit Kappa Group/Commissione (T‑304/08, EU:T:2010:279, punti da 86 a 97).

( 24 ) V. ordinanza EREF/Commissione (T‑694/14, EU:T:2015:915, punti 2629).

( 25 ) V. ordinanza EREF/Commissione (T‑694/14, EU:T:2015:915, punto 29).

( 26 ) V., per analogia, sentenze IBM/Commissione (60/81, EU:C:1981:264, punto 19), e Italia/Commissione (C‑301/03, EU:C:2005:727, punto 30). V. anche sentenza Germania/Commissione (T‑258/06, EU:T:2010:214, punto 151).

( 27 ) Ciò può verificarsi, ad esempio, qualora – in applicazione del principio per cui nessun creditore può essere più svantaggiato – il contributo richiesto dagli investitori sia piuttosto limitato e le autorità possano prevedere controversie costose e/o complessità procedurali per attuare le misure di condivisione degli oneri. In tali circostanze, non si può escludere che uno Stato membro possa considerare esso stesso di contribuire con i (limitati) fondi aggiuntivi necessari per la ristrutturazione della banca.

( 28 ) V., in tal senso, sentenze Nuova Agricast (C‑390/06, EU:C:2008:224, punti 6869 e giurisprudenza ivi citata), e Germania/Commissione (C‑400/92, EU:C:1994:360, punti 12, 2021).

( 29 ) V., ad esempio, sentenza Francia/Commissione (C‑17/99, EU:C:2001:178, punto 36), e sentenza Corsica Ferries France/Commissione (T‑349/03, EU:T:2005:221, punto 66).

( 30 ) V., ad esempio, Comunicazione della Commissione — Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (GU 2004, C 244, pag. 2), punti 7 e da 43 a 45.

( 31 ) V. sentenze ABN Amro Group/Commissione (T‑319/11, EU:T:2014:186, punto 43), e Corsica Ferries France/Commissione (T‑349/03, EU:T:2005:221, punto 266).

( 32 ) V. considerando 3 della comunicazione sul settore bancario.

( 33 ) V. sentenza Freistaat Sachsen e a./Commissione (T‑132/96 e T‑143/96, EU:T:1999:326, punto 167); confermata in sede d’impugnazione (sentenza Freistaat Sachsen e a./Commissione, C‑57/00 P e C‑61/00 P, EU:C:2003:510, punti 9798).

( 34 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa KA Finanz (C‑483/14, EU:C:2015:757).

( 35 ) V. punto 25 della comunicazione sul settore bancario.

( 36 ) V. punti 9 e 18 della comunicazione sul settore bancario.

( 37 ) V. sentenza Mulder e a./Consiglio e Commissione (C‑104/89 e C‑37/90, EU:C:2000:38, punto 15).

( 38 ) Supra, paragrafo 49.

( 39 ) V., in particolare, sentenza HGA e a./Commissione (da C‑630/11 P a C‑633/11 P, EU:C:2013:387, punto 132 e giurisprudenza ivi citata).

( 40 ) V. punti da 16 a 18 della comunicazione sul settore bancario.

( 41 ) V., in tal senso, per analogia, sentenza Plantanol (C‑201/08, EU:C:2009:539, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

( 42 ) V. sentenze Delacre e a./Commissione (C‑350/88, EU:C:1990:71, punto 33), e British Steel/Commissione (C‑1/98 P, EU:C:2000:644, punto 52).

( 43 ) V. punto 18 della comunicazione sul settore bancario.

( 44 ) V. punti 16, 41 e 47 della comunicazione sul settore bancario.

( 45 ) V. sentenza Affish (C‑183/95, EU:C:1997:373, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

( 46 ) A tal proposito, si deve rammentare che, ai sensi dell’articolo 345 TFUE, «[i] trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri».

( 47 ) A mio avviso, tali misure ricomprendono anche le misure di condivisione degli oneri.

( 48 ) V., in particolare, articolo 3, paragrafo 4, TUE e articoli da 119 a 144 TFUE.

( 49 ) V., in particolare, articolo 119, paragrafo 3, TFUE.V. anche, più in generale, sentenza Pringle (C‑370/12, EU:C:2012:756).

( 50 ) V., in particolare, raccomandazione del Consiglio, del 9 luglio 2013, sul programma nazionale di riforma 2013 della Slovenia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità della Slovenia 2012-2016 (GU C 217, pag. 75) e Commissione europea, economia europea – Squilibri macroeconomici, Slovenia 2013 (Occasional papers 142, aprile 2013).

( 51 ) V., in tal senso, per analogia, ordinanza EREF/Commissione (T‑694/14, EU:T:2015:915, punto 28).

( 52 ) Al contrario, la Commissione ha il dovere di assistere le autorità degli Stati membri in tale materia, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE.

( 53 ) V., in tal senso, per analogia, sentenza Iglesias Gutiérrez e Rion Bea (C‑352/14 e C‑353/14, EU:C:2015:691, punto 29).

( 54 ) V., ad esempio, sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 355).

( 55 ) V. anche Corte eur. D.U., sentenza Olczak c. Polonia (dec.) [(Ricorso n. 30417/96, CEDU 2002-X (per estratto)] e la giurisprudenza ivi citata.

( 56 ) V. supra, paragrafo 72 delle presenti conclusioni.

( 57 ) Da questo punto di vista, si potrebbero anche mettere in discussione i termini utilizzati nella comunicazione sul settore bancario poiché, nella misura in cui gli investitori in teoria non subiscano alcuna perdita economica, nessun onere sembra essere condiviso. In ogni caso, ritengo che i principi stabiliti dalla comunicazione sul settore bancario siano coerenti con la giurisprudenza della CEDU: secondo giurisprudenza costante di tale Corte, l’appropriarsi di proprietà senza il pagamento di un importo ragionevolmente connesso al valore di questa, di norma, costituirebbe un intervento sproporzionato che non potrebbe essere considerato giustificabile ai sensi dell’articolo 1 del protocollo n. 1. Tuttavia, l’articolo 1 non garantisce il diritto al pieno rimborso in tutte le circostanze, poiché obiettivi legittimi di «interesse pubblico», quali quelli perseguiti tramite misure di riforma economica o misure dirette ad ottenere una maggiore giustizia sociale, potrebbero richiedere un rimborso inferiore al pieno valore di mercato. In circostanze eccezionali, potrebbe essere giustificata anche l’assenza di qualsivoglia rimborso (v. sentenza Lithgow e a. c. Regno Unito dell’8 luglio 1986, Serie A n. 102).

( 58 ) V. considerando 3 della direttiva 2012/30. V. anche sentenza Patifis e a. (C‑441/93, EU:C:1996:92, punto 38).

( 59 ) V. considerando da 4 a 7 e 11 della direttiva 2012/30.

( 60 ) V. Kersting, C., «Combating the Financial Crisi: European and German Corporate and Securities Laws and the Case for Abolishing Sovereign Debtors’ Privilege»,Texas International Law Journal, 2012, 269-324, pag. 279.

( 61 ) Sentenza Pafitis e a. (C‑441/93, EU:C:1996:92).

( 62 ) Più dettagliatamente, sulla rilevanza delle circostanze fattuali della causa Pafitis: Hüpkes, E.G.H., The Legal Aspects of Bank Insolvency: A Comparative Analysis of Western Europe, the United States and Canada, Kluwer, 2000, pag. 63.

( 63 ) V. articolo 3, paragrafo 4, TUE.

( 64 ) V. punto 43 della sentenza Pafitis e a. (C‑441793, EU:C:1996:92).

( 65 ) V. considerando 5 e 6 della direttiva 2001/24.

( 66 ) V. in particolare articoli da 3 a 8 della direttiva 2001/24.

( 67 ) Nella dottrina giuridica si è altresì affermato che le conclusioni della Corte nella sentenza Pafitis non sono applicabili a situazioni quali quelle successive alla crisi finanziaria globale: v., ad esempio, Attinger, B.J., «Crisis Management and Bank Resolution: Quo Vadis Europe?», European Central Bank Legal Working Paper Series n. 13, Dicembre 2011, pag. 29, e Kern, A., «Bank Resolution Regimes: Balancing Prudential Regulation and Shareholders’ Rights», Journal of Corporate Law Studies, 2009, 61-93, pagg. 75 e 76.

( 68 ) Per una panoramica su alcuni di tali Stati membri (tra cui, oltre alla Slovenia, anche il Belgio, la Francia, la Germania e l’Italia), v. Kern, A., op.cit., pag. 2.

( 69 ) V. Mnenje Evropske centralne banke z dne 15. Oktobra 2013 o ukrepih za reorganizacijo bank (CON/2013/73) (Parere della BCE del 15 ottobre 2013 sulle misure di ristrutturazione delle banche).

( 70 ) V. considerando 4 e 9 della direttiva 2014/59.

( 71 ) Sebbene questo non sia, in senso stretto, un argomento giuridico, ci si potrebbe tuttavia chiedere se – qualora la normativa dell’Unione fosse stata un ostacolo manifesto all’adozione di tale normativa nazionale – le istituzioni dell’Unione non avrebbero reagito, per attuare le disposizioni asseritamente violate o, in alternativa, per modificare la normativa dell’Unione pertinente.

( 72 ) Il giudice del rinvio osserva che il titolo IV della direttiva 2014/59 prevede diversi strumenti di risanamento, tra i quali anche strumenti di «bail-in», che sono sostanzialmente equivalenti a quelli di cui alla comunicazione sul settore bancario.

( 73 ) V. considerando 11 e 12 della direttiva.

( 74 ) V. sentenze ABNA e a. (C‑453/03, C‑11/04, C‑12/04 e C‑194/04, EU:C:2005:741, punto 68); S.P.C.M. e a. (C‑558/07, EU:C:2009:430, punto 41), e Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 51).

( 75 ) V., per analogia, punti 20 e 46 della comunicazione sul settore bancario.

( 76 ) Invero, per quanto mi è dato sapere, almeno uno Stato membro, durante la recente crisi, ha imposto misure di condivisione degli oneri anche sui creditori di primo rango.

( 77 ) V. articolo 2, sesto trattino, e articolo 3 della direttiva 2001/24.

( 78 ) Come già detto, gli strumenti di risoluzione previsti dalla direttiva 2014/59 comprendono taluni strumenti di «bail-in» che sono analoghi alle misure di condivisione degli oneri contestate dai ricorrenti nel procedimento principale.

( 79 ) V. sentenza LBI (C‑85/12, EU:C:2013:697, punto 39).

Top