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Document 62006TJ0258

Sentenza del Tribunale (Quinta Sezione) del 20 maggio 2010.
Repubblica federale di Germania contro Commissione europea.
Disposizioni applicabili agli appalti pubblici - Aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive "appalti pubblici" - Comunicazione interpretativa della Commissione - Atto impugnabile - Atto destinato a produrre effetti giuridici.
Causa T-258/06.

European Court Reports 2010 II-02027

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2010:214

Causa T‑258/06

Repubblica federale di Germania

contro

Commissione europea

«Disposizioni applicabili agli appalti pubblici — Aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive “appalti pubblici” — Comunicazione interpretativa della Commissione — Atto impugnabile — Atto destinato a produrre effetti giuridici»

Massime della sentenza

1.      Ricorso di annullamento — Atti impugnabili — Nozione — Atti che producono effetti giuridici vincolanti — Comunicazione interpretativa della Commissione relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive «appalti pubblici»

(Art. 230 CE; Comunicazione della Commissione 2006/C 179/02)

2.      Appalti pubblici delle Comunità europee — Aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive «appalti pubblici» — Obbligo dell’amministrazione aggiudicatrice di osservare le norme ed i principi del Trattato

(Direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/17, nono ‘considerando’, e 2004/18, secondo ‘considerando’; Comunicazione della Commissione 2006/C 179/02)

3.      Appalti pubblici delle Comunità europee — Aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive «appalti pubblici» — Obbligo dell’amministrazione aggiudicatrice di osservare le norme ed i principi del Trattato

(Comunicazione della Commissione 2006/C 179/02)

4.      Appalti pubblici delle Comunità europee — Aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive «appalti pubblici» — Obbligo dell’amministrazione aggiudicatrice di osservare le norme ed i principi del Trattato

(Artt. 12 CE, 43 CE, 47 CE e 49 CE; Comunicazione della Commissione 2006/C 179/02)

5.      Appalti pubblici delle Comunità europee — Aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive «appalti pubblici» — Obbligo dell’amministrazione aggiudicatrice di osservare le norme ed i principi del Trattato

(Comunicazione della Commissione 2006/C 179/02)

1.      Il ricorso di annullamento è esperibile avverso qualsiasi provvedimento adottato dalle istituzioni, indipendentemente dalla sua natura o dalla sua forma, che miri a produrre effetti giuridici. Per valutare se una Comunicazione della Commissione, pubblicata nella serie C della Gazzetta ufficiale, e diretta a far conoscere l’orientamento generale della Commissione in ordine all’applicazione di tutte le norme fondamentali sull’aggiudicazione degli appalti pubblici derivanti direttamente dalle disposizioni e dai principi del trattato alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive sugli appalti pubblici, miri a produrre effetti giuridici nuovi rispetto a quelli connessi all’applicazione dei principi fondamentali del trattato, se ne deve esaminare il contenuto. Orbene, la Comunicazione interpretativa della Commissione relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive sugli appalti pubblici si limita ad esplicitare le disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, alla libertà di stabilimento, alla libera prestazione di servizi, i principi di non discriminazione e dell’uguaglianza di trattamento nonché di proporzionalità e le regole della trasparenza e del riconoscimento reciproco applicabili agli appalti non o solo parzialmente disciplinati dalle direttive sugli appalti pubblici e non stabilisce obblighi specifici o nuovi rispetto a tali disposizioni, principi e regole come interpretati dalla giurisprudenza della Corte. Ciò considerato, non si può ritenere che detta Comunicazione produca effetti giuridici obbligatori idonei a incidere sulla situazione giuridica degli Stati membri.

(v. punti 25-28, 162)

2.      Le procedure specifiche e rigorose previste dalle direttive comunitarie che coordinano le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici si applicano soltanto ai contratti il cui valore supera la soglia espressamente prevista in ciascuna delle citate direttive. Pertanto, le disposizioni di tali direttive non si applicano agli appalti il cui valore non raggiunge la soglia fissata da queste ultime. Ciò non significa tuttavia che questi ultimi appalti siano esclusi dall’ambito di applicazione del diritto comunitario. Infatti, per quanto riguarda l’aggiudicazione di tali appalti, le amministrazioni aggiudicatrici sono cionondimeno tenute a rispettare le norme fondamentali del trattato in generale e il principio di non discriminazione in base alla nazionalità in particolare.

Orbene, i principi di parità di trattamento e di non discriminazione sulla base della nazionalità, come interpretati dalla giurisprudenza della Corte, comportano, in particolare, un obbligo di trasparenza che consente all’autorità pubblica concedente di assicurarsi che tali principi siano rispettati. Tale assunto è corroborato dal nono ‘considerando’ della direttiva 2004/17, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali; nonché dal secondo ‘considerando’ della direttiva 2004/18, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi. Ne deriva che gli Stati membri nonché le loro amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare tale obbligo di trasparenza per l’aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici, obbligo che consiste nel garantire ad ogni potenziale offerente un adeguato livello di pubblicità che consenta l’apertura del mercato alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione. Questo obbligo comprende una forma di pubblicità prima dell’aggiudicazione dell’appalto pubblico in questione, in altri termini, una pubblicità preventiva prima dell’aggiudicazione. Infatti, una pubblicità ex post non potrebbe garantire una tale pubblicità adeguata.

(v. punti 73-74, 76-77, 79-80)

3.      Dato che i principi fondamentali del trattato sono applicabili a tutti gli appalti pubblici, quand’anche essi non siano oggetto delle direttive sugli appalti pubblici, non può presumersi, dal semplice fatto che un appalto pubblico si collochi al di sotto delle soglie di applicazione di dette direttive, che gli effetti di tale appalto pubblico sul mercato interno siano pressoché insignificanti. Infatti, appalti del genere non sono esclusi dall’ambito di applicazione del diritto comunitario. Orbene, se a priori potesse escludersi qualsiasi impatto di detti appalti sul mercato interno, il diritto comunitario non troverebbe applicazione.

È vero che è del tutto ipotizzabile che, a causa di circostanze particolari quali, segnatamente, un valore economico molto limitato, si può ragionevolmente sostenere che un’impresa con sede in uno Stato membro diverso da quello cui appartiene l’amministrazione aggiudicatrice di un appalto pubblico determinato non abbia interesse a detto appalto e che, di conseguenza, gli effetti sulle libertà fondamentali di cui trattasi devono essere considerati troppo aleatori e troppo indiretti perché si possa concludere nel senso di un’eventuale violazione di queste ultime. Tuttavia, la conclusione relativa alla mancata violazione delle libertà fondamentali può scaturire soltanto da una valutazione delle circostanze specifiche di ciascun caso e non può fondarsi sul semplice fatto che il valore dell’appalto in questione non superi una certa soglia.

A tale riguardo, in linea di principio, spetta all’amministrazione aggiudicatrice valutare, prima di definire le condizioni del bando di gara, l’eventuale interesse transfrontaliero di un appalto il cui valore stimato sia inferiore alla soglia prevista dalle norme comunitarie, fermo restando che tale valutazione può essere oggetto di controllo giurisdizionale Ciò non esclude la possibilità che una normativa stabilisca, a livello nazionale o locale, criteri oggettivi che indichino l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, come non è escluso che si prenda in considerazione la capacità amministrativa dell’amministrazione aggiudicatrice.

(v. punti 85, 87-88, 93-95)

4.      Il procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico deve rispettare in tutte le sue fasi, compresa quella della selezione dei candidati nell’ambito di una procedura ristretta, tanto il principio della parità di trattamento dei potenziali offerenti quanto l’obbligo di trasparenza, affinché tutti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro domande di partecipazione o delle loro offerte.

Nel contesto delle procedure di aggiudicazione degli appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive sugli appalti pubblici, le modalità per conseguire condizioni di concorrenza eque devono servire sia al rispetto di tali principi sia al rispetto del principio della libera prestazione dei servizi.

Tra tali modalità il requisito di una descrizione non discriminatoria dell’oggetto dell’appalto deriva dal principio di parità di trattamento. L’obiettivo di garantire agli operatori economici, qualunque ne sia l’origine, l’uguaglianza di accesso agli appalti indetti deriva dal rispetto dei principi di libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi nonché di libera concorrenza, e in particolare del principio della parità di trattamento nella sua espressione del principio di divieto di discriminazioni fondate sulla cittadinanza di cui all’art. 12 CE. Il principio del reciproco riconoscimento dei diplomi, dei certificati e degli altri attestati costituisce la semplice enunciazione giurisprudenziale di un principio insito nelle libertà fondamentali del trattato che non può perdere una parte della sua forza giuridica in conseguenza dell’adozione di direttive relative al reciproco riconoscimento dei diplomi. L’esigenza di termini adeguati per consentire alle imprese di altri Stati membri di procedere ad una valutazione pertinente e di elaborare la loro offerta è volta a scongiurare il rischio che venga data preferenza agli offerenti o ai candidati nazionali, così violando il principio di non discriminazione. L’esigenza di un approccio trasparente ed oggettivo mira a far conoscere a tutti i potenziali offerenti, prima della formulazione delle loro offerte, i criteri di aggiudicazione che devono essere soddisfatti da dette offerte nonché l’importanza relativa di tali criteri, onde garantire che tutti i potenziali offerenti dispongano delle stesse opportunità nella formulazione dei termini delle loro domande di partecipazione o delle loro offerte.

Tali mezzi implementano quindi i suddetti principi e non costituiscono nuovi obblighi.

(v. punti 111, 113, 116, 120, 122, 124-125, 128)

5.      Gli Stati membri, nonché le loro amministrazioni aggiudicatrici, sono tenuti a conformarsi alle disposizioni e ai principi enunciati nel trattato. Dal momento che tali disposizioni e tali principi implicano eccezioni all’obbligo di pubblicità preventiva, siffatte eccezioni possono essere invocate ex lege dagli Stati membri o dalle amministrazioni aggiudicatrici che aggiudicano un appalto pubblico non o solo parzialmente disciplinato dalle direttive sugli appalti pubblici.

Se uno Stato membro o l’amministrazione aggiudicatrice possono invocare una disposizione del trattato che esclude, in via generale, l’applicazione del diritto primario, quale l’art. 86, n. 2, CE o gli artt. 296 CE o 297 CE, o se interviene una delle cause giustificative previste espressamente da detto trattato (v., ad esempio, l’ordine pubblico e la salute, derivanti dagli artt. 46 CE e 55 CE, e i pubblici poteri, derivante dagli artt. 45 CE e 55 CE) o se sono soddisfatte le condizioni di una causa giustificativa riconosciuta dalla giurisprudenza, i principi del trattato non sono intaccati. Di conseguenza, in siffatti casi, l’obbligo di pubblicità derivante dai principi di detto trattato non si applica all’aggiudicazione di un appalto pubblico. Laddove sia espressamente autorizzata una deroga alle direttive sugli appalti pubblici, ricorrano le condizioni di tale deroga e sia dunque giustificata una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, non vi può essere obbligo di pubblicità. Pertanto, i principi derivanti dal trattato non possono imporre un obbligo di pubblicità relativo agli appalti non o solo parzialmente disciplinati dalle direttive sugli appalti pubblici.

(v. punti 139-141)







SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

20 maggio 2010 (*)

«Disposizioni applicabili agli appalti pubblici – Aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive “appalti pubblici” – Comunicazione interpretativa della Commissione – Atto impugnabile – Atto destinato a produrre effetti giuridici»

Nella causa T‑258/06,

Repubblica federale di Germania, rappresentata dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra C. Schulze-Bahr, in qualità di agenti,

ricorrente,

sostenuta da

Repubblica francese, rappresentata inizialmente dal sig. G. de Bergues, successivamente dai sigg. de Bergues e J.‑C. Gracia, e infine dai sigg. de Bergues e J.‑S. Pilczer, in qualità di agenti,

da

Repubblica d’Austria, rappresentata dal sig. M. Fruhmann, dalla sig.ra C. Pesendorfer e dal sig. C. Mayr, in qualità di agenti,

da

Repubblica di Polonia, rappresentata inizialmente dalla sig.ra E. Ośniecka-Tamecka, successivamente dal sig. T. Nowakowski, poi dal sig. M. Dowgielewicz, indi dal sig. Dowgielewicz e dalle sig.re K. Rokicka e K. Zawisza, e infine dal sig. M. Szpunar, in qualità di agenti,

da

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato inizialmente dalla sig.ra H. Sevenster, successivamente dalla sig.ra C. Wissels e dal sig. M. de Grave, e infine dalla sig.ra Wissels e dai sigg. de Grave e Y. de Vries, in qualità di agenti,

da

Parlamento europeo, rappresentato dai sigg. U. Rösslein e J. Rodrigues, in qualità di agenti,

da

Repubblica ellenica, rappresentata dalle sig.re D. Tsagkaraki e M. Tassopoulou, in qualità di agenti,

e da

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato inizialmente dalla sig.ra Z. Bryanston-Cross, successivamente dal sig. L. Seeboruth, in qualità di agenti,

intervenienti

contro

Commissione  europea, rappresentata dai sigg. X. Lewis e B. Schima, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della comunicazione interpretativa della Commissione relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive «appalti pubblici» (GU 2006, C 179, pag. 2),

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. M. Vilaras, presidente, M. Prek e V. M. Ciucă (relatore), giudici,

cancelliere: sig.ra T. Weiler, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 aprile 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 23 giugno 2006 la Commissione delle Comunità europee ha adottato una comunicazione interpretativa relativa al «diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive “appalti pubblici”» (in prosieguo: la «comunicazione»). Per quanto riguarda l’aggiudicazione di appalti pubblici, nel 2004 la Comunità europea aveva in effetti adottato la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/17/CE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU L 134, pag. 1) e la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114), le quali stabiliscono norme dettagliate disciplinanti le procedure di gara concorrenziali (in prosieguo, congiuntamente: le «direttive appalti pubblici»).

2        Tuttavia, taluni appalti non rientrano o rientrano solo in parte in tali direttive. Dal testo della comunicazione si ricava che la stessa riguarda gli appalti il cui importo è inferiore alle soglie di applicazione delle direttive appalti pubblici nonché gli appalti di cui all’allegato II B della direttiva 2004/18 e all’allegato XVII B della direttiva 2004/17, il cui importo supera le soglie delle direttive appalti pubblici (in prosieguo: gli «appalti II B»).

3        Inoltre, la comunicazione ricorda che dalla giurisprudenza della Corte di giustizia si evince che le disposizioni relative al mercato interno si applicano altresì agli appalti che esulano dall’ambito di applicazione delle direttive appalti pubblici. Nella comunicazione la Commissione fornisce chiarimenti sulla sua interpretazione della giurisprudenza della Corte e suggerisce alcune buone pratiche per aiutare gli Stati membri a sfruttare appieno i vantaggi del mercato interno. Tuttavia, la comunicazione precisa che essa non introdurrà alcuna nuova disposizione legislativa.

4        La comunicazione rammenta le norme fondamentali per l’aggiudicazione degli appalti pubblici che derivano direttamente dalle disposizioni del trattato CE, come interpretate dalla Corte.

5        La comunicazione distingue quindi gli appalti pubblici non rilevanti per il mercato interno, ai quali non si applicano le norme derivate dal trattato CE, e gli appalti che hanno sufficiente rilevanza per il funzionamento del mercato interno, per i quali è prescritta l’osservanza di tali norme. La rilevanza di ciascun appalto pubblico per il mercato interno deve essere valutata caso per caso dalle amministrazioni aggiudicatrici. Se l’esame dell’appalto pubblico rivela che quest’ultimo può essere interessante per gli operatori economici di altri Stati membri, l’aggiudicazione avverrà in conformità con le norme fondamentali del diritto comunitario.

6        Il punto 2 della comunicazione è dedicato alle norme fondamentali per l’aggiudicazione di appalti rilevanti per il mercato interno. La Commissione vi introduce, riconducendolo alla giurisprudenza della Corte, un obbligo di trasparenza consistente nel garantire un adeguato livello di pubblicità che consente l’apertura del mercato alla concorrenza. La Commissione ne deduce, al punto 2.1.1. della comunicazione, che il solo modo di rispettare i requisiti definiti dalla giurisprudenza della Corte consiste nella pubblicazione di un avviso pubblicitario sufficientemente accessibile prima dell’aggiudicazione dell’appalto. Inoltre, la comunicazione indica al punto 2.1.2. un certo numero di forme concrete di pubblicità adeguate e frequentemente utilizzate. A tale proposito, essa cita internet, le Gazzette ufficiali nazionali, i bollettini nazionali specializzati nella pubblicazione di annunci di appalti pubblici, i quotidiani a diffusione nazionale o regionale o le pubblicazioni specializzate, le pubblicazioni locali e la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea/TED [consultabile su Internet con accesso alla banca dati degli appalti pubblici europei TED (Tenders Electronic Daily)].

7        Per quanto attiene all’aggiudicazione degli appalti pubblici, la comunicazione precisa, al punto 2.2., che essa deve avvenire nel rispetto delle disposizioni e dei principi del trattato CE, il che comporta, in particolare, il rispetto dei principi di non discriminazione e di trasparenza. Un adeguato livello di pubblicità che consenta l’apertura degli appalti alla concorrenza nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione potrebbe essere ottenuto nel miglior modo tramite una descrizione non discriminatoria dell’oggetto dell’appalto, l’uguaglianza di accesso per gli operatori economici di tutti gli Stati membri, il reciproco riconoscimento dei diplomi, dei certificati e degli altri attestati di qualifiche formali, termini adeguati nonché un approccio trasparente e oggettivo.

8        Infine, al punto 2.3. la comunicazione sottolinea l’importanza della tutela giurisdizionale per il controllo dell’imparzialità della procedura.

 Procedimento

9        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 12 settembre 2006, la Repubblica federale di Germania ha proposto il presente ricorso.

10      Il 19 dicembre 2006 la Repubblica francese ha presentato una domanda di intervento a sostegno delle conclusioni della Repubblica federale di Germania. Con ordinanza 9 marzo 2007 il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento. Il 14 giugno 2007 la Repubblica francese ha presentato la sua memoria di intervento.

11      Il 5 gennaio 2007 la Repubblica d’Austria ha presentato una domanda di intervento a sostegno delle conclusioni della Repubblica federale di Germania. Con ordinanza 9 marzo 2007 il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento. Il 14 giugno 2007 la Repubblica d’Austria ha presentato la sua memoria di intervento.

12      Il 10 gennaio 2007 la Repubblica di Polonia ha presentato una domanda di intervento a sostegno delle conclusioni della Repubblica federale di Germania. Con ordinanza 9 marzo 2007 il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento. Il 12 giugno 2007 la Repubblica di Polonia ha presentato la sua memoria di intervento.

13      Il 18 gennaio 2007 il Regno dei Paesi Bassi ha presentato una domanda di intervento a sostegno delle conclusioni della Repubblica federale di Germania. Con ordinanza 9 marzo 2007 il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento. Il 13 giugno 2007 il Regno dei Paesi Bassi ha presentato la sua memoria di intervento.

14      Il 22 gennaio 2007 il Parlamento europeo ha presentato una domanda di intervento a sostegno delle conclusioni della Repubblica federale di Germania. Con ordinanza 9 marzo 2007 il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento. Il 13 giugno 2007 il Parlamento ha presentato la sua memoria di intervento.

15      Il 27 marzo 2007 la Repubblica ellenica ha presentato una domanda di intervento a sostegno delle conclusioni della Repubblica federale di Germania. Con ordinanza 14 maggio 2007 il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento e ha autorizzato la Repubblica ellenica a presentare osservazioni nel corso della fase orale del procedimento, conformemente all’art. 116, n. 6, del regolamento di procedura del Tribunale.

16      Il 13 agosto 2007 il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha presentato una domanda di intervento a sostegno delle conclusioni della Repubblica federale di Germania. Con ordinanza 8 ottobre 2007 il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento e ha autorizzato il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord a presentare osservazioni nel corso della fase orale del procedimento, conformemente all’art. 116, n. 6, del regolamento di procedura.

17      La Commissione ha presentato le sue osservazioni sulle memorie di intervento della Repubblica francese, della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Polonia, del Regno dei Paesi Bassi e del Parlamento il 18 settembre 2007. La Repubblica federale di Germania non ha presentato osservazioni in merito alle dette memorie.

18      Atteso che a partire dal 25 settembre 2007 la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato alla Quinta Sezione, cui la presente causa è stata conseguentemente attribuita.

19      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale. Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 29 aprile 2009. Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord non ha assistito all’udienza.

 Conclusioni delle parti

20      La Repubblica federale di Germania chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la comunicazione;

–        condannare la Commissione europea alle spese.

21      La Repubblica francese, la Repubblica d’Austria e il Regno dei Paesi Bassi chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la comunicazione;

–        condannare la Commissione alle spese.

22      Il Parlamento e la Repubblica di Polonia chiedono che il Tribunale voglia annullare la comunicazione.

23      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile;

–        condannare la Repubblica federale di Germania alle spese.

 Sulla ricevibilità

A –  Osservazioni preliminari

24      Senza sollevare un’eccezione di irricevibilità formale, la Commissione contesta la ricevibilità del ricorso sulla base del rilievo che la comunicazione non può costituire oggetto di un ricorso di annullamento. Afferma che la comunicazione è una comunicazione interpretativa, atto che, avuto riguardo alla sua forma, rientra nella categoria delle raccomandazioni e dei pareri, categorie di atti che, stando alle previsioni del trattato CE, non sono vincolanti. Di conseguenza, la scelta di tale forma giuridica porterebbe a concludere immediatamente che l’atto non sia diretto a produrre effetti giuridici vincolanti. La Commissione precisa che una comunicazione interpretativa è di norma finalizzata ad esplicitare i diritti e i doveri derivanti dalle disposizioni del diritto comunitario, tenuto conto, se del caso, della giurisprudenza della Corte. Ne risulta che, per sua natura, una comunicazione interpretativa non è quindi un atto idoneo a produrre effetti giuridici vincolanti nei confronti dei terzi e a costituire oggetto di un ricorso di annullamento. La Commissione sostiene altresì che dal testo della comunicazione si evince che essa non ha inteso stabilire norme giuridicamente vincolanti e che, al contrario, la formulazione della comunicazione dimostra che essa o riproduce la giurisprudenza della Corte, o indica mediante raccomandazioni non vincolanti le proprie conclusioni in merito a tale giurisprudenza.

25      Si deve ricordare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, il ricorso di annullamento è esperibile avverso qualsiasi provvedimento adottato dalle istituzioni, indipendentemente dalla sua natura o dalla sua forma, che miri a produrre effetti giuridici (v. sentenza della Corte 20 marzo 1997, causa C‑57/95, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑1627, punto 7, e giurisprudenza ivi citata).

26      Nella fattispecie si tratta di una comunicazione che è stata adottata dalla Commissione e integralmente pubblicata nella serie C della Gazzetta ufficiale. Come risulta dagli atti di causa, questo atto è diretto a far conoscere l’orientamento generale della Commissione in ordine all’applicazione di tutte le norme fondamentali sull’aggiudicazione degli appalti pubblici – derivanti direttamente dalle disposizioni e dai principi del trattato CE, segnatamente dai principi di non discriminazione e di trasparenza – alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive appalti pubblici.

27      Per stabilire se la comunicazione miri a produrre effetti giuridici nuovi rispetto a quelli connessi all’applicazione dei principi fondamentali del trattato CE, se ne deve quindi esaminare il contenuto (v., in tal senso, sentenze della Corte 9 ottobre 1990, causa C‑366/88, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑3571, punto 11; 13 novembre 1991, causa C‑303/90, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑5315, punto 10, nonché 20 marzo 1997, Francia/Commissione, cit. supra al punto 25, punto 9).

28      Si deve pertanto valutare se la comunicazione si limiti ad esplicitare le disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, alla libertà di stabilimento, alla libera prestazione di servizi, i principi di non discriminazione e dell’uguaglianza di trattamento nonché di proporzionalità e le regole della trasparenza e del riconoscimento reciproco applicabili agli appalti non o solo parzialmente disciplinati dalle direttive appalti pubblici, o se essa stabilisca obblighi specifici o nuovi rispetto a tali disposizioni, principi e regole (v., in tal senso, sentenze della Corte 16 giugno 1993, causa C‑325/91, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑3283, punto 14, e 20 marzo 1997, Francia/Commissione, cit. supra al punto 25, punto 13).

29      Pertanto, il semplice fatto che, come sostenuto dalla Commissione, una comunicazione interpretativa non si presenti, stando alla sua forma, alla sua natura o alla sua formulazione, come un atto destinato a produrre effetti giuridici non è sufficiente per concludere che essa non produce effetti giuridici obbligatori.

30      La Repubblica federale di Germania riconosce nondimeno che esistono comunicazioni della Commissione non vincolanti che sono pubblicate. Tuttavia essa ritiene che, nella fattispecie, la pubblicazione della comunicazione sia una circostanza da non trascurare ai fini della valutazione degli effetti giuridici della stessa. Infatti, la pubblicazione sarebbe una condizione necessaria dell’esistenza di una norma giuridica e la comunicazione sarebbe finalizzata a produrre un effetto esterno, come una norma giuridica.

31      A tale riguardo, come rilevato in precedenza, se l’esame del contenuto della comunicazione rivela che la stessa stabilisce obblighi specifici o nuovi, il ricorso dovrà essere dichiarato ricevibile, senza che sia necessario esaminare se la comunicazione sia stata oggetto di pubblicazione. Al contrario, in mancanza di tali obblighi, la semplice pubblicazione della comunicazione non è sufficiente per concludere che essa costituisce un atto idoneo a formare oggetto di un ricorso di annullamento.

B –  Sul contenuto della comunicazione

32      A sostegno del suo ricorso, la Repubblica federale di Germania, sostenuta dagli intervenienti, fa valere, in sostanza, che la comunicazione è un atto vincolante, dal momento che essa contiene nuove regole in materia di appalti pubblici che andrebbero al di là degli obblighi previsti dal vigente diritto comunitario e che produrrebbero effetti giuridici per gli Stati membri, il che comporterebbe, di conseguenza, l’incompetenza della Commissione in ordine alla possibile adozione di siffatte regole.

33      A tal proposito, la Repubblica federale di Germania e gli intervenienti sostengono, in sostanza, che, in primo luogo, la comunicazione detta, in particolare al suo punto 2.1., per quanto riguarda gli appalti pubblici il cui valore è inferiore alle soglie di applicazione delle direttive appalti pubblici e gli appalti II B, un obbligo di pubblicità preventiva (ex ante) non previsto dai principi fondamentali del trattato CE come interpretati dalla Corte. In secondo luogo, la Repubblica federale di Germania deduce che gli obblighi derivanti dal punto 2.2. della comunicazione vanno ben al di là di quanto si evince dall’interpretazione da parte della Corte dei principi fondamentali del trattato CE. In terzo luogo, la Repubblica federale di Germania fa valere che le deroghe previste dalle direttive appalti pubblici per le aggiudicazioni di appalti mediante affidamento diretto, sono state semplicemente trasposte agli appalti che esulano dall’ambito di applicazione delle direttive appalti pubblici, come indicato al punto 2.1.4. della comunicazione. Infine, la Repubblica federale di Germania afferma che un effetto giuridico risulta dal punto 1.3. della comunicazione, il quale prevede l’avvio di una procedura di infrazione a norma dell’art. 226 CE nell’ipotesi di inosservanza della comunicazione. Secondo la Repubblica federale di Germania e gli intervenienti, tutti i suesposti elementi inducono a concludere che la comunicazione è destinata a produrre effetti giuridici.

1.     Sulla prima censura, vertente sull’esistenza di un obbligo di pubblicità preventiva (punto 2.1.1. della comunicazione)

a)     Argomenti delle parti

 Repubblica federale di Germania

34      La Repubblica federale di Germania sostiene che la comunicazione prevede, in particolare al punto 2.1.1., un obbligo di principio, a carico degli Stati membri, di pubblicare previamente tutti gli appalti previsti, quindi gli appalti pubblici il cui valore è inferiore alle soglie delle direttive appalti pubblici e gli appalti II B. Orbene, nella giurisprudenza della Corte sulla quale si basa la comunicazione non sarebbe possibile rinvenire un obbligo di pubblicità preventiva e, di conseguenza, di trasparenza ex ante. Dai principi fondamentali del trattato CE o dalla loro interpretazione da parte della Corte non scaturirebbe quindi un obbligo ex ante.

35      A tal riguardo, nella sua difesa orale la Repubblica federale di Germania ha aggiunto che, nonostante il fatto che talune sentenze della Corte successive all’adozione della comunicazione rilevino un obbligo di pubblicità preventiva, tale evoluzione giurisprudenziale non potrebbe retroattivamente fondare un siffatto obbligo.

36      Ad avviso della Repubblica federale di Germania, la giurisprudenza della Corte sulla quale si fonda la comunicazione, e segnatamente le sentenze 7 dicembre 2000, causa C‑324/98, Telaustria e Telefonadress (Racc. pag. I‑10745; in prosieguo: la «sentenza Telaustria»), 21 luglio 2005, causa C‑231/03, Coname (Racc. pag. I‑7287), e 13 ottobre 2005, causa C‑458/03, Parking Brixen (Racc. pag. I‑8585), si applica unicamente alle concessioni di servizi, settore che non rientra nell’ambito di applicazione della comunicazione.

37      Inoltre, le concessioni di servizi si distinguerebbero dai succitati appalti pubblici al di sotto delle soglie per il loro valore economico, che generalmente andrebbe oltre le soglie europee e le accosterebbe quindi agli appalti rientranti nell’ambito di applicazione delle direttive appalti pubblici. Pertanto, se l’obbligo di trasparenza può essere appropriato in materia di concessione di servizi, lo stesso non varrebbe certamente per gli appalti che costituiscono oggetto della comunicazione. Secondo la Repubblica federale di Germania è quindi impossibile trasporre direttamente la giurisprudenza sulle concessioni di servizi agli appalti al di sotto delle soglie di applicazione.

38      Peraltro, la Repubblica federale di Germania fa valere che neppure le altre due decisioni citate nella comunicazione, le quali riguardano appalti al di sotto delle soglie (ordinanza della Corte 3 dicembre 2001, causa C‑59/00, Vestergaard, Racc. pag. I‑9505, e sentenza della Corte 20 ottobre 2005, causa C‑264/03, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑8831), potrebbero fondare l’obbligo di pubblicità preventiva. Secondo la Repubblica federale di Germania, in nessuna decisione la Corte si sarebbe pronunciata in merito a un qualsivoglia obbligo di trasparenza, limitandosi invece a dichiarare l’applicabilità nel caso di specie del principio di non discriminazione (ordinanza Vestergaard, cit., punti 20 e 24, e sentenza Commissione/Francia, cit., punti 32 e 33). L’obbligo di trasparenza ex ante non sarebbe quindi trasposto agli appalti oggetto della comunicazione.

39      In ogni caso, la Repubblica federale di Germania ritiene che gli appalti pubblici al di sotto delle soglie presentino in generale un valore economico molto limitato e non arrechino quindi pregiudizio alle libertà fondamentali interessate, poiché essi avrebbero soltanto effetti piuttosto aleatori e indiretti su tali libertà (sentenza Coname, cit. supra al punto 36, punto 20). Tale affermazione troverebbe conferma nelle conclusioni presentate dall’avvocato generale Sharpston nella causa C‑195/04, decisa dalla Corte con sentenza 26 aprile 2007, Commissione/Finlandia (Racc. pagg. I‑3351, I‑3353, punti 83 e 85).

40      Per di più, la comunicazione andrebbe al di là del diritto vigente per gli appalti II B, poiché tali appalti presenterebbero in generale specificità locali e avrebbero un ridotto potenziale per gli appalti transfrontalieri, il che spiegherebbe il fatto che il legislatore comunitario li assoggetti soltanto a un obbligo di trasparenza ex post, e non ex ante come imporrebbe d’ora innanzi la comunicazione.

41      Inoltre, per la Repubblica federale di Germania, l’obbligo di pubblicità preventiva dell’aggiudicazione degli appalti può essere valido ed efficace soltanto se le sue modalità mirano all’apertura dei mercati. Orbene, ciò non si verificherebbe nel caso in cui non ci siano o ci siano pochissimi offerenti stranieri che possano aver un potenziale interesse per gli appalti in questione, come gli appalti disciplinati dalla comunicazione. A tal proposito, nella sentenza Coname, cit. supra al punto 36, la Corte avrebbe ricordato che esistono appalti per i quali gli effetti sui principi fondamentali del trattato CE di cui trattasi sono troppo aleatori e troppo indiretti perché si possa concludere nel senso di una loro eventuale violazione. Il punto 1.3. della comunicazione rivelerebbe che la Commissione è consapevole del fatto che la scarsa rilevanza dal punto di vista economico di taluni appalti li renderebbe poco attraenti agli occhi delle imprese straniere, il che giustificherebbe la mancanza di un obbligo di pubblicità preventiva in ipotesi del genere.

42      Orbene, fissando soglie di applicazione delle direttive appalti pubblici, il legislatore comunitario avrebbe espressamente previsto che al di sotto di tali valori in linea di principio si dovesse presumere che gli effetti sul mercato interno siano piuttosto «aleatori o indiretti» e quindi concludere nel senso di una mancanza di interesse per gli offerenti stranieri. Tale valutazione del legislatore dovrebbe essere osservata da parte della Commissione. La Repubblica federale di Germania sottolinea che anche l’avvocato generale Sharpston è del medesimo avviso nelle sue conclusioni relative alla causa Commissione/Finlandia, cit. supra al punto 39 (punti 85 e 96). Per di più, secondo la Repubblica federale di Germania, non sarebbe ragionevole imporre alle amministrazioni aggiudicatrici di esaminare caso per caso la rilevanza di un appalto pubblico con riferimento al mercato interno, come previsto al punto 1.3. della comunicazione: al contrario, tali amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero poter rapidamente ravvisare gli obblighi di trasparenza che gravano su di loro. In udienza, la Repubblica federale di Germania ha aggiunto che l’approccio concreto e individuale, seguito dal punto 1.3. della comunicazione, sarebbe contrario, in particolare, alla sentenza della Corte 15 maggio 2008, cause riunite C‑147/06 e C‑148/06, SECAP, (Racc. pag. I‑3565), nella quale la Corte avrebbe ammesso una definizione astratta e generale della rilevanza di un appalto pubblico per il mercato interno.

43      Non si potrebbe neppure imporre alle amministrazioni aggiudicatrici di esaminare, caso per caso, se un appalto II B o un appalto al di sotto della soglia sia rilevante per il mercato interno. Infatti, il principio della certezza del diritto imporrebbe che le autorità nazionali possano constatare rapidamente gli obblighi di pubblicità applicabili. A tale principio risponderebbero le soglie fissate nonché l’elenco degli appalti II B.

44      La Repubblica federale di Germania ritiene inoltre che l’obbligo di pubblicità preventiva previsto dalla comunicazione vada oltre il divieto di procedere a discriminazioni durante la procedura di aggiudicazione degli appalti (privilegiando ad esempio gli offerenti tedeschi rispetto agli offerenti stranieri). Da tale obbligo scaturirebbe un obbligo di agire imposto alle amministrazioni aggiudicatrici al fine di consentire e incoraggiare le offerte transfrontaliere.

45      Secondo la Repubblica federale di Germania, la pubblicità ritenuta necessaria dalla comunicazione si avvicina alle norme previste nelle direttive appalti pubblici e risulta lunga e costosa. Sulla scorta delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston relative alla causa Commissione/Finlandia, cit. supra al punto 39, la Repubblica federale di Germania ritiene quindi che spetti agli Stati membri stabilire le modalità attuative del principio di trasparenza. Del pari, emergerebbe dal punto 98 delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston relative alla sentenza Commissione/Finlandia, cit. supra al punto 39, che la questione intesa a stabilire cosa costituisca un livello adeguato di pubblicità per gli appalti di valore modesto spetti agli ordinamenti nazionali.

46      A tal riguardo, la Repubblica federale di Germania ha precisato in udienza di contestare in particolare l’obbligo per le amministrazioni aggiudicatici di scegliere il mezzo più adeguato a garantire la pubblicità dei loro appalti, come previsto al primo paragrafo del punto 2.1.2. della comunicazione. Facendo riferimento a ciascuna amministrazione aggiudicatrice, la Commissione seguirebbe un approccio concreto e individuale, il quale non deriverebbe dalla giurisprudenza della Corte. A tal proposito, la Repubblica federale di Germania ha aggiunto di non contestare l’elenco indicativo delle forme di pubblicità adeguata di cui al punto 2.1.2. della comunicazione.

47      La Repubblica federale di Germania ritiene quindi che gli appalti indicati nella comunicazione non siano assoggettati proprio ad alcun obbligo generale di trasparenza derivante dal diritto comunitario. L’obbligo di pubblicità preventiva risultante dalla comunicazione andrebbe dunque ben oltre quanto si evince dall’interpretazione dei principi fondamentali del trattato CE elaborata dalla Corte.

 Intervenienti

48      Secondo la Repubblica francese, occorre esaminare se la comunicazione si limiti ad esplicitare le norme e i principi del trattato CE relativi all’aggiudicazione degli appalti pubblici oppure se essa stabilisca obblighi nuovi rispetto a tali norme e principi. Orbene, la comunicazione si aggiungerebbe alla normativa vigente.

49      A tal riguardo, la Repubblica francese fa valere, in particolare, che nell’ordinanza Vestergaard, cit. supra al punto 38, la Corte non ha imposto alcun obbligo generale di garantire una pubblicità adeguata per quanto riguarda gli appalti al di sotto delle soglie, ma che detta ordinanza riguarda l’applicazione del principio di non discriminazione e non l’obbligo di trasparenza. La Corte avrebbe considerato, al punto 20 dell’ordinanza Vestergaard, cit. supra al punto 38, che, sebbene taluni contratti siano esclusi dalla sfera di applicazione delle direttive comunitarie nel settore degli appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici che li stipulano sono cionondimeno tenute a rispettare i principi fondamentali del trattato CE e da ciò avrebbe dedotto che l’art. 28 CE osta a che un’amministrazione aggiudicatrice inserisca nel capitolato d’oneri relativo a un appalto una clausola che prescrive per l’esecuzione di tale appalto l’impiego di un prodotto di una determinata marca senza aggiungere la menzione «o equivalente» (ordinanza Vestergaard, cit. supra al punto 38, punto 24).

50      Un siffatto obbligo generale di pubblicità adeguata per quanto riguarda gli appalti al di sotto delle soglie non si ricaverebbe neppure dalla sentenza Commissione/Francia, cit. supra al punto 38. Infatti, al punto 32 di tale sentenza, la Corte avrebbe considerato che, sebbene taluni contratti siano esclusi dalla sfera di applicazione delle direttive comunitarie nel settore degli appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici che li stipulano sarebbero cionondimeno tenute a rispettare i principi fondamentali del trattato CE e, in particolare, il principio di non discriminazione in base alla nazionalità. Invece, secondo la Corte, ne deriverebbe soltanto che la disposizione francese controversa costituisce un ostacolo alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’art. 49 CE, in quanto essa finisce per riservare la funzione di committente delegato ad un elenco tassativo di persone giuridiche di diritto francese (sentenza Commissione/Francia, cit. supra al punto 38, punto 68).

51      Inoltre, la Repubblica francese considera che, se nella sentenza Telaustria, cit. supra al punto 36, la Corte ha fatto riferimento a un obbligo di pubblicità adeguata, è perché si trattava di una concessione di elevato valore economico. Tale conclusione sarebbe confermata dalla sentenza Coname, cit. supra al punto 36, che riguarderebbe, a contrario, concessioni aventi un valore economico molto limitato.

52      In ogni caso, la Repubblica francese fa valere che, se si dovesse ritenere che un obbligo di pubblicità adeguata risulti dalla giurisprudenza della Corte, esso non potrebbe comunque consistere in un obbligo di pubblicazione preventiva come imporrebbe la comunicazione al suo punto 2.1.1.

53      Inoltre, la Repubblica francese sostiene che, dalle conclusioni degli avvocati generali Sharpston, relative alla causa Commissione/Finlandia, cit. supra al punto 39, e Fennelly, relative alla causa Telaustria, cit. supra al punto 36 (Racc. pag. I‑10747), si evince che l’obbligo di trasparenza non comporta un obbligo di pubblicazione, come previsto al punto 2.1.2. della comunicazione.

54      Per quanto riguarda gli appalti II B, la Repubblica francese ritiene che la scelta del Consiglio di non sottoporli ad un obbligo di pubblicità preventiva sia acclarata dal diciottesimo e diciannovesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/18. Ne risulta che gli appalti II B non sono soggetti all’applicazione integrale della direttiva, ovverosia in particolare a un obbligo di pubblicità preventiva, ma sono sottoposti a osservazione secondo modalità che devono consentire agli interessati di avere accesso alle informazioni in materia.

55      La Repubblica francese ritiene quindi che, nella direttiva 2004/18, il Consiglio abbia chiaramente inteso assoggettare, in materia di pubblicità, gli appalti II B a un regime specifico e completo che costituisce un regime di aggiudicazione meno rigoroso.

56      Anche la Repubblica d’Austria ritiene che la comunicazione sia un atto produttivo di effetti giuridici a causa della previsione di un obbligo generale di pubblicità ex ante che non emerge né dal trattato CE né dalla giurisprudenza della Corte.

57      A tal proposito, la Repubblica d’Austria aggiunge agli argomenti della Repubblica federale di Germania che le conclusioni presentate dagli avvocati generali Stix-Hackl e Sharpston, rispettivamente nella causa C‑507/03, decisa dalla Corte con sentenza 13 novembre 2007, Commissione/Irlanda (Racc. pagg. I‑9777, I‑9780), e nella causa Commissione/Finlandia, cit. supra al punto 39, mostrano che la situazione giuridica è incerta e controversa per quanto riguarda l’applicazione dell’obbligo di trasparenza alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive appalti pubblici. Afferma che mentre l’avvocato generale Stix-Hackl giunge alla conclusione che l’aggiudicazione di appalti di servizi non prioritari richiede, almeno di norma, la pubblicazione di un bando, l’avvocato generale Sharpston nega, da parte sua, l’esistenza di un obbligo generale di trasparenza ex ante per i contratti il cui valore sia inferiore alle soglie. Al momento dell’adozione della comunicazione, la Corte non si era ancora pronunciata in merito a tali due cause. Di conseguenza la Commissione, optando nella sua comunicazione per un obbligo di pubblicità preventiva per tutte le aggiudicazioni di appalti di tale genere (vale a dire per i servizi non prioritari come per gli appalti di valore modesto), creerebbe effetti giuridici nuovi.

58      Gli obblighi imposti alle amministrazioni aggiudicatrici ai punti 1.3. e 2.1.2. della comunicazione sarebbero contrari alla sentenza SECAP, cit. supra al punto 42, come sostenuto in udienza dalla Repubblica d’Austria, dal momento che la comunicazione non prenderebbe in considerazione la capacità dell’amministrazione aggiudicatrice, come previsto al punto 32 di detta sentenza.

59      La Repubblica d’Austria rileva altresì che il livello di pubblicità adeguato che consente l’apertura del mercato dei servizi alla concorrenza nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione, quali risultano dalla sentenza Telaustria, cit. supra al punto 36, non comporta obbligatoriamente una pubblicazione preventiva. Infatti, dai lavori di revisione in corso delle direttive sui ricorsi in materia di appalti pubblici [v. il documento 2006/0066/COD nonché i nuovi artt. 2 quinquies-2 septies della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395, pag. 33) ivi proposti] emergerebbe che anche una tutela giurisdizionale a posteriori – senza pubblicità preventiva dell’appalto – potrebbe consentire un controllo effettivo sull’imparzialità della procedura di aggiudicazione.

60      Inoltre, nonostante l’assenza di una perfetta simmetria, di fatto e di diritto, tra la disciplina in materia di appalti pubblici e quella sugli aiuti di Stato, la Repubblica d’Austria fa valere la regola de minimis applicabile in materia di aiuti di Stato, secondo la quale gli aiuti inferiori a talune soglie non possono incidere sensibilmente sugli scambi tra Stati membri e non falsano o non minacciano di falsare la concorrenza. La Repubblica d’Austria è del parere che, nel procedere a un paragone delle due fattispecie, non appare irragionevole partire dal principio che, per il mercato interno, gli appalti pubblici al di sotto delle soglie siano privi della rilevanza che giustificherebbe la necessità di prevedere un obbligo di pubblicità preventiva al fine di aprire la concorrenza. Infatti, gli aiuti andrebbero direttamente a vantaggio delle imprese, mentre le soglie applicabili in materia di appalti pubblici sarebbero collegate al valore dell’appalto, di modo che il profitto (il quale, in questo contesto, può essere paragonato a un aiuto) realizzato dall’impresa in tali casi rappresenta soltanto una frazione poco importante di detto valore.

61      La Repubblica d’Austria invoca infine il ‘considerando’ 19 della direttiva 2004/18, dal quale, a suo avviso, risulta implicitamente che il legislatore comunitario non ha ritenuto necessario che gli appalti di servizi non prioritari (appalti II B) comportino il pieno sfruttamento del potenziale di crescita degli scambi con l’estero. L’unica ragione che potrebbe giustificare tale differenza di trattamento consisterebbe nel fatto che tali appalti, esclusi dall’applicazione integrale della direttiva, non siano ritenuti sufficientemente rilevanti per il mercato interno da giustificare il pieno sfruttamento del potenziale di crescita degli scambi con l’estero, il che comporterebbe un obbligo generale di pubblicità preventiva dei bandi di gara.

62      Il Regno dei Paesi Bassi fa valere che la Commissione dà al diritto comunitario un’interpretazione che va al di là della giurisprudenza creando un regime giuridico completo che impone agli Stati membri un obbligo di trasparenza preventiva per tutti gli appalti pubblici indicati nella comunicazione, mentre la Corte non ha ancora avuto modo di pronunciarsi in merito a tale questione.

63      Il Regno dei Paesi Bassi è anche dell’avviso, riferendosi al principio della certezza del diritto, che la questione se la comunicazione crei obblighi nuovi vada risolta alla luce dello stato della giurisprudenza al momento dell’adozione della comunicazione. Orbene, dalla giurisprudenza successiva emergerebbe che la comunicazione precorre l’evoluzione della giurisprudenza.

 Commissione

64      Per quanto attiene al contenuto concreto della comunicazione e agli elementi di carattere legislativo dedotti dalla Repubblica federale di Germania, vale a dire, essenzialmente, l’elusione della soglia di applicazione delle direttive appalti pubblici e l’obbligo di pubblicità preventiva, la Commissione contesta che tali elementi della comunicazione stabiliscano nuove norme giuridiche. Essi si limiterebbero, conformemente all’art. 211 CE, a esplicitare le disposizioni e i principi del trattato CE, come interpretati dalla giurisprudenza della Corte.

65      La Commissione contesta l’affermazione della Repubblica federale di Germania e degli intervenienti secondo la quale la comunicazione aggira la decisione del legislatore di prevedere disposizioni relative alla pubblicità soltanto per gli appalti pubblici che raggiungono determinate soglie. A tal proposito, la Commissione fa valere che, se il legislatore ha ritenuto necessario fissare regole dettagliate soltanto per gli appalti al di là delle soglie di applicazione delle direttive, al di sotto di tali soglie egli avrebbe considerato sufficiente l’applicazione delle disposizioni e dei principi del trattato CE. Nondimeno, esso non avrebbe voluto – né potuto – escludere, attraverso le direttive, l’applicazione di tali disposizioni e di tali principi del trattato CE per gli appalti pubblici al di sotto della soglia.

66      Ciò emergerebbe dalla giurisprudenza della Corte, e più particolarmente dalle sentenze Telaustria, cit. supra al punto 36, e Commissione/Francia, cit. supra al punto 38. Secondo la Commissione, nella sentenza Telaustria la Corte ha stabilito che, in occasione della stipula di contratti non soggetti alle direttive appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici erano tuttavia tenute a rispettare i principi fondamentali del trattato CE, in generale, e il principio di non discriminazione in base alla nazionalità in particolare (sentenza Telaustria, cit. supra al punto 36, punto 60). Tale ragionamento sarebbe in effetti confermato dal punto 33 della sentenza Commissione/Francia, cit. supra al punto 38. Parimenti, nella sentenza Coname, cit. supra al punto 36, la Corte avrebbe affermato che i contratti estranei all’ambito di applicazione della direttiva, come i contratti di concessione, restano sottoposti alle norme generali del trattato CE. Al momento dell’adozione delle direttive appalti pubblici, il legislatore europeo – al nono ‘considerando’ della direttiva 2004/17 – avrebbe tenuto conto di tale giurisprudenza.

67      La Commissione ritiene anche che la Corte abbia concretizzato l’obbligo di trasparenza affermando che, prima dell’aggiudicazione di un appalto, le imprese aventi sede in un altro Stato membro debbano avere accesso alle informazioni adeguate ad esso relative, di modo che esse possano, se del caso, manifestare il loro interesse alla sua aggiudicazione (sentenza Coname, cit. supra al punto 36, punto 21).

b)     Giudizio del Tribunale

68      La Repubblica federale di Germania e gli intervenienti fanno valere che il punto 2.1.1. della comunicazione introduce un obbligo di principio, a carico degli Stati membri, di pubblicare preventivamente tutti gli appalti previsti, obbligo che rappresenterebbe una novità rispetto ai principi del trattato CE.

69      Per quanto riguarda le disposizioni e i principi del trattato CE (punto 1.1. della comunicazione) applicabili all’aggiudicazione di un appalto pubblico di interesse per il mercato interno, la comunicazione prevede al suo punto 2.1. le norme fondamentali applicabili in materia di pubblicità. A tal riguardo, il punto 2.1.1. rubricato «Obbligo di garantire una pubblicità adeguata», dispone quanto segue:

«Secondo la [Corte], i principi di uguaglianza di trattamento e di non discriminazione comportano un obbligo di trasparenza che consiste nel garantire, in favore di ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che consenta l’apertura del mercato alla concorrenza.

L’obbligo di trasparenza implica che un’impresa situata sul territorio di un altro Stato membro possa avere accesso ad informazioni adeguate relative all’appalto prima che esso sia aggiudicato, in modo tale che, se tale impresa lo desidera, sia in grado di manifestare il proprio interesse ad ottenere tale appalto.

La Commissione è del parere che la prassi consistente nel prendere contatto con un certo numero di potenziali offerenti non è sufficiente a tale riguardo, anche se l’amministrazione aggiudicatrice si rivolge ad imprese di altri Stati membri o si sforza di entrare in contatto con l’insieme dei potenziali fornitori. Un approccio selettivo di questa natura non può escludere qualunque discriminazione nei confronti dei potenziali offerenti di altri Stati membri, e in particolare dei nuovi arrivati sul mercato. Lo stesso dicasi di qualunque forma di pubblicità "passiva", ovvero quando un’amministrazione aggiudicatrice non garantisce una pubblicità attiva, ma risponde alle richieste di informazioni provenienti da candidati che hanno scoperto con i loro mezzi la prevista aggiudicazione di un appalto. Inoltre, un semplice riferimento ad articoli o servizi nei mezzi di comunicazione, a dibattiti parlamentari o politici o ad eventi come congressi quali fonti di informazione non può costituire una pubblicità adeguata.

Pertanto, il solo modo di rispettare i requisiti definiti dalla [Corte] consiste nella pubblicazione di un avviso pubblicitario sufficientemente accessibile prima dell’aggiudicazione dell’appalto. Tale avviso pubblicitario deve essere pubblicato dall’amministrazione aggiudicatrice nell’intento di aprire alla concorrenza l’aggiudicazione dell’appalto».

70      I due primi paragrafi del punto 2.1.1. della comunicazione riprendono la giurisprudenza della Corte contenuta nelle sentenze Telaustria, Coname e Parking Brixen, cit. supra al punto 36, e non sono contestati né dalla Repubblica federale di Germania né da alcuno degli intervenienti. Per di più, il terzo paragrafo del punto 2.1.1. della comunicazione non è stato contestato durante la fase scritta. L’ultimo paragrafo del punto 2.1.1. della comunicazione si conclude con la previsione dell’obbligo di garantire una pubblicità adeguata consistente nella pubblicazione di un avviso pubblicitario sufficientemente accessibile prima dell’aggiudicazione dell’appalto.

71      La Repubblica federale di Germania, sostenuta dagli intervenienti, fa valere, in sostanza, che tale punto della comunicazione stabilisce, per gli appalti pubblici rientranti nel suo ambito di applicazione, un obbligo di pubblicità preventiva, la quale non deriverebbe affatto dai principi e dalla giurisprudenza della Corte evocati al medesimo punto. Ciò costituirebbe quindi un obbligo nuovo, che conferirebbe alla comunicazione in questione il carattere di atto destinato a produrre effetti giuridici obbligatori, idoneo a costituire oggetto di un ricorso di annullamento.

72      Occorre quindi esaminare se la comunicazione si limiti a esplicitare tale obbligo, derivante, per gli Stati membri, dai principi fondamentali del trattato CE, oppure se essa fissi nuovi obblighi, come affermano la Repubblica federale di Germania e gli intervenienti.

73      A tale riguardo, occorre innanzitutto rilevare che le procedure specifiche e rigorose previste dalle direttive comunitarie che coordinano le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici si applicano soltanto ai contratti il cui valore supera la soglia espressamente prevista in ciascuna delle citate direttive (ordinanza Vestergaard, cit. supra al punto 38, punto 19, e sentenza Commissione/Francia, cit. supra al punto 38, punto 33). Pertanto, le disposizioni di tali direttive non si applicano agli appalti il cui valore non raggiunge la soglia fissata da queste ultime.

74      Ciò non significa tuttavia che questi ultimi appalti siano esclusi dall’ambito di applicazione del diritto comunitario (ordinanza Vestergaard, cit. supra al punto 38, punto 19). Infatti, conformemente alla costante giurisprudenza della Corte, per quanto concerne l’aggiudicazione degli appalti che, in considerazione del loro valore, non sono soggetti alle procedure previste dalle norme comunitarie, le amministrazioni aggiudicatrici sono cionondimeno tenute a rispettare, in generale, le norme fondamentali del trattato CE (ordinanza Vestergaard, cit. supra al punto 38, punto 20, e sentenza Commissione/Francia, cit. supra al punto 38, punto 32) e, in particolare, il principio di non discriminazione in base alla nazionalita (v., in tal senso, sentenze della Corte 18 novembre 1999, causa C‑275/98, Unitron Scandinavia e 3-S, Racc. pag. I‑8291, punto 29; Telaustria, cit. supra al punto 36, punto 62; Coname, cit. supra al punto 36, punto 16; Parking Brixen, cit. supra al punto 36, punto 46, nonché 6 aprile 2006, causa C‑410/04, ANAV, Racc. pag. I‑3303, punto 18).

75      Ciò trova peraltro conferma nel nono ‘considerando’ della direttiva 2004/17, ai sensi del quale, «per gli appalti pubblici il cui valore è inferiore alla soglia che fa scattare l’applicazione di disposizioni di coordinamento comunitario, è opportuno fare riferimento alla giurisprudenza della Corte (…) secondo cui si applicano le norme e i principi dei trattati citati [vale a dire il principio di parità di trattamento, di cui il principio di non discriminazione non è altro che una particolare espressione, il principio di mutuo riconoscimento, il principio di proporzionalità, nonché l’obbligo di trasparenza]», nonché nel primo e nel secondo ‘considerando’ della direttiva 2004/18, i quali fanno riferimento all’applicazione di tali stessi principi all’aggiudicazione di ogni appalto concluso negli Stati membri, inferiore o superiore alle soglie.

76      I principi di parità di trattamento e di non discriminazione sulla base della nazionalità comportano, in particolare, come la Corte ha costantemente affermato, un obbligo di trasparenza che consente all’autorità pubblica concedente di assicurarsi che tali principi siano rispettati (sentenze della Corte Unitron Scandinavia e 3-S, cit. supra al punto 74, punto 31; Telaustria, cit. supra al punto 36, punto 61; 18 giugno 2002, causa C‑92/00, HI, Racc. pag. I‑5553, punto 45; Parking Brixen, cit. supra al punto 36, punto 49, e ANAV, cit. supra al punto 74, punto 21), essendo tale obbligo corroborato dal nono ‘considerando’ della direttiva 2004/17 nonché dal secondo ‘considerando’ della direttiva 2004/18. Ne deriva che gli Stati membri nonché le loro amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare tale obbligo di trasparenza, come interpretato dalla Corte, per l’aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici.

77      La Corte ha poi precisato che tale obbligo di trasparenza, posto a carico dell’amministrazione aggiudicatrice, consiste nel garantire ad ogni potenziale offerente un adeguato livello di pubblicità che consenta l’apertura del mercato dei servizi alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione (sentenze Telaustria, cit. supra al punto 36, punto 62; Parking Brixen, cit. supra al punto 36, punto 49, e ANAV, cit. supra al punto 74, punto 21).

78      Secondo la Corte, il dovere di trasparenza che grava sulle amministrazioni aggiudicatici implica, in particolare, obblighi tali da consentire che un’impresa avente sede nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in questione possa avere accesso alle informazioni adeguate relative all’appalto pubblico di cui trattasi prima che lo stesso sia attribuito, di modo che tale impresa, se lo avesse desiderato, sarebbe stata in grado di manifestare il proprio interesse ad ottenere detto appalto pubblico (v., in tal senso, sentenza Coname, cit. supra al punto 36, punto 21).

79      Da tale giurisprudenza emerge che l’obbligo di trasparenza inteso come pubblicità adeguata comprende dunque una forma di pubblicità prima dell’aggiudicazione dell’appalto pubblico in questione, in altri termini, una pubblicità preventiva. Di conseguenza, e contrariamente alla tesi della Repubblica federale di Germania e degli intervenienti, la comunicazione, come interpretata dal giudice comunitario, riferendosi ad un «avviso pubblicitario sufficientemente accessibile prima dell’aggiudicazione dell’appalto», non ha introdotto un nuovo obbligo a carico degli Stati membri, ma si è limitata a richiamare un obbligo vigente derivante dal diritto comunitario applicabile agli appalti pubblici oggetto della comunicazione in questione.

80      Ciò trova del resto conferma nella giurisprudenza della Corte successiva alla pubblicazione della comunicazione, come ha riconosciuto la Repubblica federale di Germania in udienza. Infatti, conformemente alla giurisprudenza della Corte, da un lato, agli appalti – anche se esclusi dall’ambito di applicazione delle direttive appalti pubblici – aventi un interesse transfrontaliero certo si applicano ex lege gli obblighi derivanti dal diritto primario relativi alla parità di trattamento e alla trasparenza [v., in tal senso, per quanto attiene alla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36 CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (GU L 199, pag. 1) e di un appalto avente un valore al di sotto della soglia di detta direttiva, sentenza della Corte 14 giugno 2007, causa C‑6/05, Medipac-Kazantzidis, Racc. pag. I‑4557, punto 33; per quanto attiene alla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1) e di un appalto II B, sentenza Commissione/Irlanda, cit. supra al punto 57, punti 30, 31 e 32, e, per quanto attiene alle direttive del Consiglio 14 giugno 1993, 92/50, 93/36, 93/37/CEE, che coordinano le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (GU L 199, pag. 54), e del Consiglio 14 giugno 1993, 93/38/CEE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 199, pag. 84), sentenza della Corte 21 febbraio 2008, causa C‑412/04, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑619, punti 66, 81 e 82]. Dall’altro lato, secondo la Corte, una pubblicità ex post non può garantire una pubblicità adeguata nel senso della giurisprudenza Telaustria e Coname, cit. supra al punto 36, il che qui significa che l’obbligo di trasparenza derivante dai principi del trattato CE implica che il bando di gara debba essere oggetto di una pubblicità preventiva da realizzarsi prima dell’aggiudicazione (sentenza Commissione/Irlanda, cit. supra al punto 57, punti 30 e 32).

81      La constatazione secondo la quale l’obbligo di pubblicità preventiva previsto al punto 2.1.1. della comunicazione non andrebbe oltre l’interpretazione dei principi fondamentali del trattato CE elaborata dalla Corte non può essere messa in discussione dai diversi argomenti della Repubblica federale di Germania e degli intervenienti.

82      In primo luogo, la Repubblica federale di Germania fa valere, in sostanza, che le sentenze Telaustria, Coname e Parking Brixen, cit. supra al punto 36, riguardano appalti pubblici relativi a concessioni di servizi, i quali, benché esulino dall’ambito di applicazione delle direttive appalti pubblici, sarebbero, per il loro valore, equiparabili agli appalti pubblici rientranti nell’ambito di applicazione di dette direttive, e che, di conseguenza, la giurisprudenza scaturita da tali sentenze non è applicabile agli appalti pubblici oggetto della comunicazione.

83      A tale riguardo, è d’uopo osservare che dalla giurisprudenza su cui si fonda il ragionamento sviluppato della Repubblica federale di Germania si evince che la Corte ha già avuto modo di dichiarare, relativamente ai contratti di concessione, che, quand’anche l’attribuzione di una simile concessione non sia disciplinata da nessuna delle direttive appalti pubblici, siffatti contratti resterebbero sottoposti alle norme generali del trattato CE (v., in tal senso, sentenza Coname, cit. supra al punto 36, punto 16, corroborata dalla sentenza Commissione/Francia, cit. supra al punto 38, punto 33). Occorre inoltre constatare che, secondo tale giurisprudenza, l’obbligo di trasparenza deriva direttamente dalle regole generali del Trattato e, segnatamente, dal principio di parità di trattamento e di non discriminazione (sentenze Telaustria, cit. supra al punto 36, punto 61, e Parking Brixen, cit. supra al punto 36, punto 49) e che lo stesso obbligo di trasparenza implica un obbligo di pubblicità preventiva (v., in tal senso, sentenza Coname, cit. supra al punto 36, punto 21). Per contro, la circostanza che gli appalti cui tali sentenze si riferivano siano, dal punto di vista della loro importanza, equiparabili agli appalti pubblici cui si applicano le direttive appalti pubblici, non è affatto richiamata in tali sentenze per giustificare l’obbligo di una pubblicità adeguata e, in particolare, preventiva. Ne deriva che, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica federale di Germania, tale giurisprudenza è trasponibile agli appalti pubblici oggetto della comunicazione, a cui si applicano altresì, come è gia stato rilevato, il principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza da esso derivante.

84      Ad abundantiam, si deve sottolineare che ciò collima peraltro con la giurisprudenza della Corte successiva alla pubblicazione della comunicazione. Infatti, al punto 33 della sentenza Medipac-Kazantzidis, cit. supra al punto 80, la Corte ha fatto riferimento, a proposito di un appalto di lavori pubblici, a una giurisprudenza costante secondo la quale, anche se il valore di un appalto che è oggetto di una gara non raggiunge la soglia di applicazione delle direttive appalti pubblici, con cui il legislatore comunitario ha disciplinato il settore degli appalti pubblici, e l’appalto di cui trattasi non rientra quindi nel loro ambito di applicazione, le amministrazioni aggiudicatrici che stipulano un appalto sono cionondimeno tenute a rispettare i principi generali del diritto comunitario, come il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza da esso derivante, ed ha citato nello stesso punto, quale costante giurisprudenza, le sentenze Telaustria, Coname e Parking Brixen, cit. supra al punto 36. La Corte ha quindi esteso alle regole per l’aggiudicazione degli appalti il cui importo finanziario sia inferiore alle soglie di applicazione delle direttive le soluzioni elaborate a proposito delle modalità di conclusione di contratti di concessione di servizio pubblico (sentenza Medipac‑Kazantzidis, cit. supra al punto 80, punto 33).

85      In secondo luogo, per quanto attiene all’argomento della Repubblica federale di Germania, riassunto al precedente punto 38, secondo il quale l’ordinanza Vestergaard, cit. supra al punto 38, e la sentenza Commissione/Francia, cit. supra al punto 38, riguarderebbero soltanto il principio di non discriminazione e non potrebbero, di conseguenza, giustificare l’obbligo di una pubblicità preventiva, occorre osservare che, secondo la giurisprudenza indicata al precedente punto 76, l’obbligo di trasparenza, in particolare mediante una forma di pubblicità adeguata, deriva proprio dal principio di parità di trattamento e di non discriminazione in base alla nazionalità. Poiché da tali decisioni emerge che i principi fondamentali del trattato CE sono applicabili a tutti gli appalti pubblici, quand’anche essi non fossero oggetto delle direttive appalti pubblici (ordinanza Vestergaard, cit. supra al punto 38, punto 19, e sentenza Commissione/Francia, cit. supra al punto 38, punti 32 e 33), giustamente la Commissione ha richiamato tale ordinanza e tale sentenza nella comunicazione.

86      In terzo luogo, non può essere accolto neppure l’argomento secondo il quale il legislatore comunitario, nel fissare le soglie di applicazione delle direttive appalti pubblici, avrebbe espressamente indicato che, al di sotto di tali valori, in linea di principio, si debba presumere che gli effetti sul mercato interno siano piuttosto «aleatori o indiretti» e, quindi, concludere nel senso di una mancanza di interesse per gli offerenti stranieri.

87      A tal riguardo, è d’uopo precisare che dal semplice fatto che un appalto pubblico si collochi al di sotto delle soglie di applicazione delle direttive appalti pubblici non può presumersi che gli effetti di detto appalto pubblico sul mercato interno siano pressoché insignificanti. Tale tesi è contraddetta dalla giurisprudenza indicata ai precedenti punti 73 e 74, secondo la quale appalti del genere non sono esclusi dall’ambito di applicazione del diritto comunitario. Orbene, se a priori potrebbe escludersi qualsiasi impatto di detti appalti sul mercato interno, il diritto comunitario non troverebbe applicazione.

88      È vero che, come riconosciuto dalla Corte, è del tutto ipotizzabile che, a causa di circostanze particolari quali, segnatamente, un valore economico molto limitato, si può ragionevolmente sostenere che un’impresa con sede in uno Stato membro diverso da quello cui appartiene l’amministrazione aggiudicatrice di un appalto pubblico determinato non abbia interesse a detto appalto e che, di conseguenza, gli effetti sulle libertà fondamentali di cui trattasi devono essere considerati troppo aleatori e troppo indiretti perché si possa concludere nel senso di un’eventuale violazione di queste ultime (v., in tal senso, sentenza Coname, cit. supra al punto 36, punto 20, e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, la conclusione relativa alla mancata violazione delle libertà fondamentali può scaturire soltanto da una valutazione delle circostanze specifiche di ciascun caso e non può fondarsi sul semplice fatto che il valore dell’appalto in questione non superi una certa soglia.

89      Così, il punto 1.3. della comunicazione prevede quanto segue:

«Spetta alle singole amministrazioni aggiudicatrici decidere se l’aggiudicazione di un determinato appalto possa essere interessante per operatori economici situati in altri Stati membri. La Commissione ritiene che questa decisione de[bba] essere basata su una valutazione delle circostanze specifiche del caso, quali l’oggetto dell’appalto, il suo importo stimato, le particolari caratteristiche del settore in questione (dimensioni e struttura del mercato, prassi commerciali, ecc.), nonché il luogo geografico di esecuzione dell’appalto. Se l’amministrazione aggiudicatrice giunge alla conclusione che l’appalto in questione presenta interesse per gli operatori economici di altri Stati membri, deve aggiudicarlo in conformità con le norme fondamentali derivanti dal diritto comunitario».

90      In quarto luogo, la Repubblica federale di Germania sostiene, tuttavia, che nell’esigere che le amministrazioni aggiudicatrici valutino, caso per caso, la rilevanza di un appalto pubblico rispetto al mercato interno al fine di determinare, in particolare, l’applicabilità dell’obbligo di pubblicità preventiva, di cui al punto 2.1.1. della stessa comunicazione, quest’ultima crea un nuovo obbligo e produce, quindi, effetti giuridici obbligatori.

91      Orbene, la giurisprudenza della Corte già prevede, in merito ad un appalto pubblico che esula dall’ambito di applicazione delle direttive appalti pubblici, un obbligo dell’amministrazione aggiudicatrice di valutare, sotto il controllo delle giurisdizioni competenti, le specificità dell’appalto in questione sotto il profilo dell’adeguatezza delle modalità di svolgimento di pubblica gara (v., in tal senso, sentenza Parking Brixen, cit. supra al punto 36, punti 49 e 50). Non si può sostenere, quindi, che il punto 1.3. della comunicazione, in combinato disposto con il punto 2.1.1., crei un nuovo obbligo per gli Stati membri.

92      La Repubblica federale di Germania e la Repubblica d’Austria su tale punto hanno aggiunto in udienza che una valutazione specifica, come prevista dal punto 1.3. della comunicazione, sarebbe in contrasto con la sentenza SECAP, cit. supra al punto 42 (punti 30-32), la quale prevede una definizione astratta e generale della rilevanza di un appalto pubblico per il mercato interno.

93      A tale riguardo, si deve constatare che il punto 30 della sentenza SECAP, cit. supra al punto 42, corrobora la conclusione illustrata al precedente punto 91, secondo la quale, in linea di principio, spetta all’amministrazione aggiudicatrice valutare, prima di definire le condizioni del bando di gara, l’eventuale interesse transfrontaliero di un appalto il cui valore stimato sia inferiore alla soglia prevista dalle norme comunitarie, fermo restando che tale valutazione può essere oggetto di controllo giurisdizionale.

94      Inoltre, va osservato che non esiste alcun contrasto tra la comunicazione, in particolare il suo punto 1.3., e la sentenza SECAP, cit. supra al punto 42. Infatti, la comunicazione non esclude la possibilità che una normativa stabilisca, a livello nazionale o locale, criteri oggettivi che indichino l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo, come previsto al punto 31 della sentenza SECAP, cit. supra al punto 42. Le amministrazioni aggiudicatrici che applicano una siffatta normativa nazionale sono cionondimeno tenute a rispettare i principi fondamentali del trattato CE nonché, in particolare, il principio di non discriminazione in base alla nazionalità (sentenza SECAP, cit. supra al punto 42, punto 29).

95      Per quanto riguarda il punto 32 della sentenza SECAP, cit. supra al punto 42, è giocoforza constatare che esso non è neppure in contrasto con i punti 1.3. e 2.1.2. della comunicazione. Infatti, tale punte riguarda l’esclusione automatica di alcune offerte a causa del loro carattere anormalmente basso, anche in presenza di un interesse transfrontaliero certo, e si applica quindi in una fase dell’aggiudicazione dell’appalto pubblico diversa rispetto a quella della determinazione dell’interesse potenziale di un appalto pubblico per gli operatori economici con sede in altri Stati membri, prevista dal punto 1.3. della comunicazione, o della scelta del mezzo più adeguato a garantire la pubblicità prevista al punto 2.1.2. della comunicazione. In ogni caso, va sottolineato che tali punti della comunicazione non escludono una considerazione della capacità amministrativa dell’amministrazione aggiudicatrice e, pertanto, non possono introdurre un nuovo obbligo per gli Stati membri o per le loro amministrazioni aggiudicatrici.

96      In quinto luogo, contrariamente a quanto affermato dalla Repubblica federale di Germania (v. punto 46 supra), il punto 2.1.2. della comunicazione, secondo cui «[s]petta alle amministrazioni aggiudicatrici scegliere il mezzo più adeguato a garantire la pubblicità dei loro appalti», non è inconciliabile con la fissazione, da parte di una normativa nazionale, dei criteri generali da seguire in tale scelta, posto che il rispetto delle regole fondamentali del trattato CE, tra cui, in particolare, il principio di non discriminazione in base alla nazionalità, non può essere messo in discussione dall’utilizzo di tali criteri. Infatti, come già osservato al precedente punto 91, spetta all’autorità pubblica appaltante valutare, sotto il controllo delle giurisdizioni competenti, l’adeguatezza delle modalità di gara alle specificità dell’appalto pubblico di cui trattasi. Conformemente alla giurisprudenza della Corte, la comunicazione affida dunque alle amministrazioni aggiudicatrici il compito di determinare il livello e la forma di pubblicità adeguata (v., in tal senso, sentenza Parking Brixen, cit. supra al punto 36, punti 49 e 50). La comunicazione indica quindi giustamente, al punto 2.1.2., che «spetta alle amministrazioni aggiudicatrici scegliere il mezzo più adeguato a garantire la pubblicità dei loro appalti». Essa, pertanto, non crea un nuovo obbligo giuridico per le amministrazioni aggiudicatrici.

97      Peraltro, in risposta all’argomento della Repubblica d’Austria fondato sul confronto delle soglie di applicazione delle direttive appalti pubblici con la regola de minimis applicabile agli aiuti di Stato, è sufficiente osservare che non risulta affatto da dette direttive che le soglie in questione siano fondate su considerazioni analoghe a quelle che giustificano la regola de minimis nell’ambito degli aiuti di Stato.

98      In sesto luogo, per quanto riguarda l’argomento della Repubblica francese secondo cui la comunicazione introduce, al punto 2.1.2., un obbligo di pubblicazione che consiste nel ricorso a un mezzo scritto per garantire la pubblicità degli appalti indicati, va osservato che esso è fondato su una premessa erronea. Infatti, nella comunicazione non è mai indicato un obbligo di pubblicità consistente nel ricorso a un mezzo scritto per garantire la pubblicità degli appalti pubblici cui essa si riferisce. Da un lato, il punto 2.1.3., primo comma, della comunicazione richiama la giurisprudenza secondo la quale l’obbligo di trasparenza non comporta necessariamente l’obbligo di presentare un invito formale a presentare offerte (sentenza Coname, cit. supra al punto 36, punto 21). Dall’altro, il punto 2.1.2., terzo comma, rileva quanto segue:

«Quali forme di pubblicità adeguate e frequentemente utilizzate, è opportuno citare:

– Internet, (...)».

Come riconosciuto, peraltro, dalla Repubblica federale di Germania e dagli intervenienti, si tratta qui di un elenco indicativo che non esclude affatto differenti forme adeguate di pubblicità.

99      In settimo luogo, per quanto riguarda l’argomento della Repubblica federale di Germania nonché quello della Repubblica francese secondo cui l’esclusione – operata dalla comunicazione mediante l’obbligo di trasparenza – della prassi consistente nel prendere contatto con i potenziali offerenti, anche se l’amministrazione aggiudicatrice si rivolge a imprese di altri Stati membri e si sforza di entrare in contatto con l’insieme dei potenziali fornitori (punto 2.1.1., terzo paragrafo, della comunicazione), sarebbe un elemento atto a stabilire obblighi specifici rispetto ai principi del trattato CE, occorre sottolineare che esso riguarda una parte della comunicazione che non è affatto messa in discussione nel ricorso o nella memoria di intervento. A tal riguardo, va osservato che, se è pur vero che l’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura consente, in determinate circostanze, la deduzione di mezzi nuovi in corso di causa, tale disposizione non può essere in alcun caso interpretata nel senso che essa autorizza la ricorrente a presentare al Tribunale conclusioni nuove e a modificare, in tal modo, l’oggetto della controversia (v. sentenza del Tribunale 12 luglio 2001, causa T‑3/99, Banatrading/Consiglio, Racc. pag. II‑2123, punto 28, e giurisprudenza ivi citata). Ne deriva che l’argomento in questione è irricevibile, dal momento che esso amplia l’oggetto della controversia attraverso l’inclusione di una parte della comunicazione non contemplata nell’atto introduttivo del ricorso.

100    In ogni caso, occorre constatare che la comunicazione non esclude tale prassi in modo categorico. Come previsto ai punti 2.2.2. e 2.1.3. della comunicazione, le amministrazioni aggiudicatrici hanno la possibilità di limitare ad un livello adeguato il numero di candidati invitati a presentare un’offerta. Tuttavia, a tal riguardo, la comunicazione impone il rispetto del principio di non discriminazione e dell’obbligo di trasparenza (punto 2.2.2. della comunicazione) per garantire una concorrenza sufficiente. Inoltre, affinché possa essere effettuato il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione, il Tribunale ritiene che dall’obbligo di trasparenza derivi la necessità che le amministrazioni aggiudicatrici procedano ad una divulgazione attiva, poiché ad esse spetta l’adeguamento preventivo delle modalità di gara (sentenza Parking Brixen, cit. supra al punto 36, punto 50). Pertanto, il contenuto del punto 2.1.1., terzo paragrafo, della comunicazione, come contestato dalla Repubblica federale di Germania e dalla Repubblica francese, non introduce obblighi specifici.

2.     Sulla seconda censura, vertente sulla specificazione degli obblighi di pubblicità (punto 2.2. della comunicazione)

a)     Argomenti delle parti

 Repubblica federale di Germania

101    La Repubblica federale di Germania fa valere che gli obblighi derivanti dal punto 2.2. della comunicazione vanno ben al di là di quanto si evince dall’interpretazione dei principi fondamentali del trattato CE da parte della Corte. Secondo la Repubblica federale di Germania, la Commissione ha deciso innanzitutto, al punto 2.2. della comunicazione, che gli appalti devono essere attribuiti in conformità ai principi fondamentali del trattato CE, al fine di garantire condizioni di concorrenza eque all’insieme degli offerenti interessati e, successivamente, da tale obbligo generale ha fatto derivare un certo numero di obblighi concreti riguardanti la pubblicità della decisione di aggiudicare un appalto.

102    La Repubblica federale di Germania sostiene in particolare che, ai sensi del punto 2.2. della comunicazione, gli Stati membri devono descrivere l’oggetto dell’appalto di modo che tutti i potenziali offerenti lo possano comprendere allo stesso modo, assicurando al contempo l’uguaglianza di accesso agli operatori economici di tutti gli Stati membri. Inoltre, qualora essi richiedessero la presentazione da parte degli offerenti di documenti scritti, le autorità dovrebbero accettare anche i documenti rilasciati in altri Stati membri. I termini stabiliti dovrebbero essere sufficienti per consentire agli offerenti di altri Stati membri di rispettarli. Infine, la procedura dovrebbe essere trasparente per tutti i partecipanti. Tale elencazione di regole avrebbe un complemento nelle norme procedurali, che gli Stati membri devono rispettare se desiderano procedere alla stesura di elenchi ristretti di candidati invitati a presentare un’offerta per l’appalto in questione (punto 2.2.2. della comunicazione), e nelle norme applicabili alla decisione di aggiudicazione dell’appalto (punto 2.2.3. della comunicazione).

103    Se l’obbligo di una descrizione non discriminatoria dell’oggetto dell’appalto di cui al primo trattino dell’elenco del punto 2.2.1. della comunicazione potrebbe eventualmente derivare dalla giurisprudenza della Corte, nell’ordinanza Vestergaard, cit. supra al punto 38 (punto 24), gli altri obblighi di cui al punto 2.2.1. della comunicazione conterrebbero istruzioni concrete non derivanti dal diritto comunitario positivo. Ciò troverebbe conferma nell’affermazione della Commissione secondo la quale i principi succitati sarebbero atti a garantire, nella prassi, il rispetto dei principi fondamentali del trattato CE (punto 1.2. della comunicazione). Non si tratterebbe dunque di una descrizione della giurisprudenza della Corte, ma proprio di nuove regole in materia di aggiudicazione degli appalti. La Repubblica federale di Germania contesta quindi, in sostanza, i diversi strumenti indicati al punto 2.2.1. della comunicazione, i quali, a suo avviso, introducono nuovi obblighi.

 Intervenienti

104    In merito alla specificazione degli obblighi di pubblicità di cui al punto 2.2. della comunicazione, la Repubblica d’Austria fa valere che taluni aspetti ivi trattati, quali l’esigenza di termini sufficientemente lunghi e il numero di candidati iscritti nell’elenco ristretto, per quanto attiene alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive appalti pubblici, sono parimenti diretti a produrre nuovi effetti giuridici vincolanti. Orbene, tali obblighi non potrebbero essere desunti dalla giurisprudenza della Corte.

105    Il Parlamento concorda con le conclusioni della Repubblica federale di Germania relative al punto 2.2. della comunicazione, ma sottolinea alcuni ulteriori aspetti, avvalorando in questo modo l’argomento della Repubblica federale di Germania. Secondo il Parlamento, in tale punto, la Commissione stabilisce regole dettagliate sul contenuto e sui termini dei bandi di gara, su un’eventuale procedura di preselezione e sulla tutela giurisdizionale.

106    La Repubblica di Polonia fa valere che, indicando le modalità di pubblicità e il contenuto degli annunci, e stabilendo regole relative ai termini procedurali in materia di aggiudicazione di appalti pubblici, la Commissione non cita alcuna sentenza della Corte a sostegno della sua posizione. Orbene, stando a quanto afferma la Commissione, la comunicazione serve a interpretare la giurisprudenza della Corte su tale materia. Ciò spiegherebbe perché la dichiarazione della Commissione, secondo la quale la comunicazione riassumerebbe la giurisprudenza, non troverebbe conferma nel suo contenuto.

 Commissione

107    La Commissione respinge l’argomento della Repubblica federale di Germania e degli intervenienti utilizzato per contestare i criteri di cui al punto 2.2.1. della comunicazione. A suo avviso, i principi di uguaglianza di accesso per gli operatori economici di tutti gli Stati membri e di reciproco riconoscimento dei diplomi, dei certificati e degli altri attestati di qualifiche formali, l’esigenza di termini adeguati e quella di un approccio trasparente e oggettivo costituiscono principi derivanti del trattato CE. Non si tratterebbe affatto di nuove regole sull’aggiudicazione degli appalti, bensì di una trasposizione dei principi generali del diritto comunitario nel settore degli appalti pubblici.

b)     Giudizio del Tribunale

108    Il punto 2.2. della comunicazione è dedicato all’«aggiudicazione dell’appalto».

109    A tal riguardo, il punto 2.2.1. della comunicazione dispone quanto segue:

«Principi

Nella sentenza Telaustria, la [Corte] ha dichiarato che l’obbligo di trasparenza consiste nel garantire, in favore di ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che consenta l’apertura del mercato alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione. In pratica, la garanzia di una procedura equa e imparziale costituisce il corollario necessario dell’obbligo di garantire una pubblicità trasparente.

Deriva da quanto precede che un appalto deve essere aggiudicato nel rispetto delle disposizioni e dei principi del trattato CE, al fine di garantire condizioni di concorrenza eque all’insieme degli operatori economici interessati da tale appalto. In pratica, tale obiettivo può essere raggiunto nel miglior modo tramite:

–        Una descrizione non discriminatoria dell’oggetto dell’appalto

La descrizione delle caratteristiche richieste di un prodotto o di un servizio non deve fare riferimento a una fabbricazione o a una provenienza determinata, né a procedimenti particolari, né deve riferirsi a un marchio commerciale, a un brevetto, a un’origine o a una produzione determinati, a meno che una preferenza di tale natura sia giustificata dall’oggetto dell’appalto e sia accompagnata dalla menzione "o equivalente". In ogni caso è preferibile utilizzare descrizioni più generali per quanto riguarda l’esecuzione o le funzioni.

–        L’uguaglianza di accesso per gli operatori economici di tutti gli Stati membri

Le amministrazioni aggiudicatrici non devono prevedere alcuna condizione che comporti una discriminazione diretta o indiretta nei confronti dei potenziali offerenti di altri Stati membri, come l’obbligo, per un’impresa interessata all’appalto, di essere stabilita sul territorio dello stesso Stato membro o della stessa regione dell’amministrazione aggiudicatrice.

–        Il reciproco riconoscimento dei diplomi, dei certificati e degli altri attestati di qualifiche formali

Se i candidati o gli offerenti sono tenuti a presentare certificati, diplomi o altri tipi di attestati scritti, i documenti provenienti da altri Stati membri che offrono un livello equivalente di garanzia devono essere accettati conformemente al principio del reciproco riconoscimento di diplomi, certificati e altri attestati di qualifiche formali.

–        Termini adeguati

I termini stabiliti per presentare una manifestazione d’interesse o un’offerta devono essere sufficienti per consentire alle imprese di altri Stati membri di procedere a una valutazione pertinente e di elaborare la loro offerta.

–        Un approccio trasparente e oggettivo

Tutti i partecipanti devono poter conoscere in anticipo le regole applicabili ed avere la certezza che tali regole saranno applicate nello stesso modo a tutti gli operatori».

 Osservazioni preliminari

110    Occorre innanzitutto constatare che l’argomento della Repubblica federale di Germania è fondato sulla premessa secondo cui gli appalti oggetto della comunicazione non sarebbero soggetti a nessun obbligo generale di trasparenza derivante dal diritto comunitario. È giocoforza constatare che, come si è osservato in precedenza (v. punti 68-100), tale premessa è errata.

111    Il Tribunale osserva inoltre che il punto 2.2.1. della comunicazione mira a garantire, da un lato, [l’osservanza del]l’obbligo di pubblicità di cui al punto 2.1. della comunicazione e, dall’altro, l’aggiudicazione dell’appalto nel rispetto delle disposizioni e dei principi del trattato CE. A tal fine, la comunicazione si richiama alla giurisprudenza della Corte, secondo la quale il procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico deve rispettare in tutte le sue fasi, segnatamente in quella della selezione dei candidati nell’ambito di una procedura ristretta, tanto il principio della parità di trattamento dei potenziali offerenti quanto l’obbligo di trasparenza, affinché tutti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro domande di partecipazione o delle loro offerte (v., in tal senso, relativamente alla fase di raffronto tra le offerte, sentenze della Corte 25 aprile 1996, causa C‑87/94, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑2043, punto 54, e 12 dicembre 2002, causa C‑470/99, Universale-Bau e a., Racc. pag. I‑11617, punto 93).

112    Inoltre va rilevato che, secondo la giurisprudenza della Corte, il principio della parità di trattamento, del quale sono specifica espressione gli artt. 43 CE e 49 CE, vieta non soltanto le discriminazioni palesi, a motivo della nazionalità, ma anche qualsiasi forma di discriminazione dissimulata che, mediante il ricorso ad altri criteri distintivi, abbia in pratica le stesse conseguenze (sentenze della Corte 29 ottobre 1980, causa 22/80, Boussac Saint-Frères, Racc. pag. 3427, punto 7, e 5 dicembre 1989, causa C‑3/88, Commissione/Italia, Racc. pag. 4035, punto 8), affinché gli appalti pubblici nei vari Stati membri siano accessibili a tutti gli imprenditori della Comunità. Infine, la Corte ha accolto il principio della parità di trattamento degli offerenti (sentenze della Corte 22 giugno 1993, causa C‑243/89, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I‑3353, punto 23, e Commissione/Belgio, cit. supra al punto 111, punto 51). Pertanto, occorre esaminare le varie modalità citate al punto 2.2.1. della comunicazione alla luce delle suesposte considerazioni.

 Sul punto 2.2.1. della comunicazione

–       Sul primo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione

113    Il primo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione prevede una descrizione non discriminatoria dell’oggetto dell’appalto. È giocoforza constatare che, come riconosciuto dalla stessa Repubblica federale di Germania, tale requisito emerge già dall’ordinanza Vestergaard, cit. supra al punto 38. Infatti, nell’aggiudicazione di un appalto, tale obiettivo deriva dal principio di parità di trattamento, del quale le libertà fondamentali costituiscono una specificazione. Così, ad esempio, nella sua giurisprudenza, la Corte ha constatato che la legittimità di una clausola contenuta nel capitolato d’oneri relativo a un appalto che non raggiunga la soglia della direttiva 93/37, e che quindi non rientri nell’ambito di applicazione della stessa, deve essere valutata alla luce dei principi fondamentali del trattato CE dei quali fa parte la libera circolazione delle merci di cui all’art. 28 CE (ordinanza Vestergaard, cit. supra al punto 38, punto 21).

114    Con riferimento alla spiegazione fornita al primo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione, il Tribunale osserva che, secondo la giurisprudenza, nel settore degli appalti pubblici di forniture, il fatto di non aggiungere la menzione «o equivalente» dopo l’indicazione, nel capitolato d’oneri, di un determinato prodotto non solo può dissuadere gli operatori economici che usano sistemi analoghi a tale prodotto dal partecipare alla gara d’appalto, ma può altresì, in contrasto con l’art. 28 CE, ostacolare le correnti d’importazione nel commercio intracomunitario riservando il mercato ai soli offerenti che si propongono di usare il prodotto specificamente indicato (sentenze della Corte 22 settembre 1988, causa 45/87, Commissione/Irlanda, Racc. pag. 4929, punto 22; 24 gennaio 1995, causa C‑359/93, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑157, punto 27, e ordinanza Vestergaard, cit. supra al punto 38, punto 24).

115    Pertanto, il contenuto del primo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione corrisponde all’interpretazione, effettuata dalla Corte, dei principi fondamentali del trattato CE.

–       Sul secondo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione

116    Per quanto riguarda il secondo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione, vale a dire l’uguaglianza di accesso per gli operatori economici di tutti gli Stati membri, il Tribunale ritiene che tale obiettivo, che mira a garantire agli operatori economici, qualunque ne sia l’origine, l’uguaglianza di accesso agli appalti indetti, derivi dal rispetto dei principi di libertà di stabilimento e di prestazione di servizi nonché di libera concorrenza (v., a tal proposito, le conclusioni dell’avvocato generale Léger presentate nella causa C‑44/96, decisa dalla Corte con sentenza 15 gennaio 1998, Mannesmann Anlagenbau Austria e a., Racc. pagg. I‑73, I‑77, paragrafo 47, riprese nelle conclusioni dell’avvocato generale Mischo presentate nella causa C‑237/99, decisa dalla Corte con sentenza 1° febbraio 2001, Commissione/Francia, Racc. pagg. I‑939, I‑941, paragrafo 49), e in particolare dal principio di parità di trattamento (v. punto 112 supra) nella sua espressione del principio di divieto di discriminazioni fondate sulla cittadinanza di cui all’art. 12 CE.

117    Va da sé che il principio di non discriminazione vieta a un’amministrazione aggiudicatrice di prevedere una condizione che comporti una discriminazione diretta o indiretta, come previsto dal secondo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione. Secondo la giurisprudenza della Corte, le condizioni generali del capitolato d’oneri devono rispettare tutte le disposizioni pertinenti del diritto comunitario e, in particolare, i divieti che discendono dai principi sanciti dal trattato CE in materia di diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, nonché il principio di non discriminazione in base alla nazionalità (v., in tal senso, sentenze della Corte 9 luglio 1987, cause riunite 27/86-29/86, CEI e Bellini, Racc. pag. 3347, punto 15, e 20 settembre 1988, causa 31/87, Beentjes, Racc. pag. 4635, punti 29 e 30).

118    Di conseguenza, il principio della parità di trattamento degli offerenti comprende il contenuto del primo e del secondo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione.

–       Sul terzo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione

119    Il terzo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione introduce il principio del reciproco riconoscimento, il quale consente di garantire la libera circolazione delle merci e dei servizi senza la necessità di armonizzare le legislazioni nazionali degli Stati membri (sentenza della Corte 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral, Racc. pag. 649). A tale proposito, occorre ricordare che le autorità di uno Stato membro sono tenute a prendere in considerazione l’insieme dei diplomi, certificati e altri attestati di qualifiche formali, nonché l’esperienza pertinente dell’interessato, procedendo ad un raffronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalla legislazione nazionale (v., per analogia, in particolare per l’accesso alle professioni, sentenze della Corte 7 maggio 1991, causa C‑340/89, Vlassopoulou, Racc. pag. I‑2357, punti 16, 19 e 20; 9 febbraio 1994, causa C‑319/92, Haim, Racc. pag. I‑425, punti 27 e 28; 14 settembre 2000, causa C‑238/98, Hocsman, Racc. pag. I‑6623, punto 23, e 22 gennaio 2002, causa C‑31/00, Dreessen, Racc. pag. I‑663, punto 24).

120    La Corte ha sottolineato che tale giurisprudenza costituisce la semplice enunciazione giurisprudenziale di un principio insito nelle libertà fondamentali del trattato CE e che tale principio non può perdere una parte della sua forza giuridica in conseguenza dell’adozione di direttive relative al reciproco riconoscimento dei diplomi (sentenze Hocsman, cit. supra al punto 119, punti 24 e 31, e Dreessen, cit. supra al punto 123, punto 25), con la conseguenza che gli Stati membri devono rispettare i loro obblighi in materia di reciproco riconoscimento, quali risultano dall’interpretazione elaborata dalla Corte agli artt. 43 CE e 47 CE (v., per analogia, in particolare per l’accesso alle professioni, sentenza Dreessen, cit. supra al punto 123, punto 27, e giurisprudenza ivi citata). A tale riguardo, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che il reciproco riconoscimento deve consentire alle autorità nazionali di assicurarsi obiettivamente che il diploma straniero attesti, da parte del suo titolare, il possesso di conoscenze e di qualifiche, se non identiche, quanto meno equivalenti a quelle attestate dal diploma nazionale (v., in tal senso, sentenza della Corte 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens e a., Racc. pag. 4097, punto 13).

121    Ne deriva che l’obiettivo di cui al terzo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione non crea nuovi obblighi per gli Stati membri.

–       Sul quarto trattino del punto 2.2.1. della comunicazione

122    Per quanto riguarda l’esigenza di termini adeguati per consentire alle imprese di altri Stati membri di procedere ad una valutazione pertinente e di elaborare la loro offerta, va ricordato che le amministrazioni aggiudicatrici devono osservare il principio della libera prestazione di servizi e il principio di non discriminazione, i quali sono diretti a tutelare gli interessi degli operatori economici stabiliti in uno Stato membro che intendano offrire beni o servizi alle amministrazioni aggiudicatrici stabilite in un altro Stato membro (sentenze della Corte 3 ottobre 2000, causa C‑380/98, University of Cambridge, Racc. pag. I‑8035, punto 16; 1° febbraio 2001, Commissione/Francia, cit. supra al punto 116 punto 41; HI, cit. supra al punto 76, punto 43, e Universale-Bau e a., cit. supra al punto 111, punto 51). Il loro obiettivo consiste nell’escludere il rischio che gli offerenti o i candidati nazionali godano di trattamenti preferenziali nell’aggiudicazione di appalti da parte delle amministrazioni aggiudicatrici (v., in tal senso, sentenza Universale-Bau e a., cit. supra al punto 111, punto 52, e giurisprudenza ivi citata).

123    Di conseguenza, l’obiettivo del quarto trattino del punto 2.2.1. della comunicazione, il quale è diretto ad impedire che un’amministrazione aggiudicatrice possa escludere, attraverso i termini concessi agli offerenti, la partecipazione di un operatore economico con sede in un altro Stato membro, emerge dai principi del trattato CE, il che implica che neanche tale parte della comunicazione introduce un nuovo obbligo.

–       Sul quinto trattino del punto 2.2.1. della comunicazione

124    Per quanto riguarda il contenuto del quinto trattino del punto 2.2.1. della comunicazione, il Tribunale ritiene che, come già sottolineato dalla Corte, la garanzia del rispetto dei principi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza mira appunto a rendere noti a tutti i potenziali offerenti, prima della formulazione delle loro offerte, i criteri di aggiudicazione che devono essere soddisfatti da dette offerte nonché l’importanza relativa di tali criteri [a proposito del disposto dell’art. 27, n. 2, della direttiva del Consiglio 17 settembre 1990, 90/531/CEE, relativa alle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 297, pag. 1), che è formulato in termini sostanzialmente identici a quelli dell’art. 30, n. 2, della direttiva 93/37, v. sentenze Commissione/Belgio, cit. supra al punto 111, punti 88 e 89, e Universale-Bau e a., cit. supra al punto 115, punto 99]. Il quinto trattino del punto 2.2.1. della comunicazione è diretto dunque a garantire che tutti i potenziali offerenti dispongano delle stesse opportunità nella formulazione dei termini delle loro domande di partecipazione o delle loro offerte, conformemente alla giurisprudenza della Corte.

125    Alla luce di quanto fin qui esposto, il Tribunale ritiene che le modalità per conseguire condizioni di concorrenza eque di cui ai singoli trattini del punto 2.2.1. della comunicazione favoriscano il rispetto del principio di parità di trattamento dei potenziali offerenti e quello dell’obbligo di trasparenza nonché il rispetto della libera prestazione dei servizi durante l’aggiudicazione di un appalto, conformemente alla giurisprudenza della Corte (sentenze Commissione/Belgio, cit. supra al punto 111, punto 54, e Universale-Bau e a., cit. supra al punto 111, punto 93) e, di conseguenza, non introducano obblighi nuovi.

 Sul punto 2.2.2. della comunicazione

126    Il punto 2.2.2. della comunicazione prevede quanto segue:

«Limitazione del numero di candidati invitati a presentare un’offerta

Le amministrazioni aggiudicatrici hanno la facoltà di limitare il numero di candidati ad un livello adeguato, a condizione di farlo in modo trasparente e non discriminatorio. Possono ad esempio applicare criteri oggettivi, come l’esperienza dei candidati nel settore in questione, le dimensioni e l’infrastruttura delle loro attività, la loro capacità tecnica e professionale o altri fattori. Possono anche optare per un’estrazione a sorte, sia come unico meccanismo di selezione, sia in combinazione con altri criteri. In ogni caso, il numero dei candidati iscritti sull’elenco ristretto deve rispondere alla necessità di garantire una sufficiente concorrenza.

Le amministrazioni aggiudicatrici possono inoltre prevedere di applicare sistemi di qualificazione, vale a dire la redazione di un elenco di operatori qualificati mediante una procedura trasparente e aperta oggetto di adeguata pubblicità. Successivamente, quando si tratterà di aggiudicare i singoli appalti che rientrano nel campo di applicazione del sistema, l’amministrazione aggiudicatrice potrà selezionare dall’elenco degli operatori qualificati, su una base non discriminatoria, gli operatori che saranno invitati a presentare un’offerta (ad esempio estraendo a rotazione dall’elenco)».

127    Il punto 2.2.2. della comunicazione riguarda la limitazione del numero di candidati invitati a presentare un’offerta ad un livello adeguato e riconosce alle amministrazioni aggiudicatrici, ad esempio, la facoltà di fare ricorso a determinati strumenti e di sfruttare alcune possibilità, a condizione di farlo in modo trasparente e non discriminatorio e allo scopo di garantire una sufficiente concorrenza. Detto punto della comunicazione richiede in particolare l’applicazione di criteri oggettivi e di una procedura sufficientemente trasparente e aperta che sia stata adeguatamente resa pubblica.

128    A tal riguardo, è giocoforza constatare che tali esigenze sono completamente adeguate ai principi del trattato CE e alla giurisprudenza della Corte. Esse derivano segnatamente dalla giurisprudenza della Corte secondo la quale il procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico deve rispettare in tutte le sue fasi, segnatamente in quella della selezione dei candidati in una procedura ristretta, tanto il principio della parità di trattamento dei potenziali offerenti quanto quello della trasparenza, affinché tutti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro domande di partecipazione o delle loro offerte (v., in tal senso, relativamente alla fase di raffronto tra le offerte, sentenze Commissione/Belgio, cit. supra al punto 111, punto 54, e Universale-Bau e a., cit. supra al punto 111, punto 93).

 Sul punto 2.2.3. della comunicazione

129    Il punto 2.2.3. della comunicazione così recita:

«Decisione di aggiudicazione dell’appalto

È importante che la decisione definitiva di aggiudicazione dell’appalto sia conforme alle regole procedurali fissate all’inizio e che i principi di non discriminazione e di uguaglianza di trattamento siano pienamente rispettati. Questo aspetto è particolarmente importante nel caso delle procedure che prevedono una negoziazione con gli offerenti inseriti in un elenco ristretto. Le negoziazioni devono essere organizzate in modo tale che tutti gli offerenti abbiano accesso allo stesso volume di informazioni e in modo da escludere vantaggi ingiustificati per uno specifico offerente».

130    Il punto 2.2.3. della comunicazione prevede che la decisione finale di aggiudicazione dell’appalto debba rispettare i principi di non discriminazione e di parità di trattamento. Tale finalità e il suo contenuto non vanno oltre i principi sui quali si fonda detto punto.

131    Da quanto precede si evince che le modalità elencate al punto 2.2. della comunicazione relativo all’aggiudicazione di un appalto sono dirette a garantire, conformemente alla giurisprudenza della Corte, il rispetto del principio di parità di trattamento dei potenziali offerenti, quello dell’obbligo di trasparenza nonché dei principi di libera prestazione dei servizi (sentenze Commissione/Belgio, cit. supra al punto 111, punto 54, e Universale-Bau e a., cit. supra al punto 111, punto 93) e di libera concorrenza (sentenza 1° febbraio 2001, Commissione/Francia, cit. supra al punto 116, punto 49), e non creano quindi nuovi obblighi idonei a costituire oggetto di un ricorso di annullamento.

3.     Sulla terza censura, vertente sulle deroghe alla pubblicità preventiva (punto 2.1.4. della comunicazione)

a)     Argomenti delle parti

132    La Repubblica federale di Germania sostiene che la Commissione, nel trasporre agli appalti che si collocano al di sotto delle soglie di applicazione il regime di deroga previsto dalle direttive appalti pubblici per gli appalti assegnati mediante affidamento diretto, ha stabilito nuovi obblighi giuridici, e ciò è avvenuto al punto 2.1.4. della comunicazione, benché l’applicazione delle deroghe previste dalla direttiva appalti pubblici sia subordinata al superamento di dette soglie.

133    Inoltre, la Repubblica federale di Germania contesta l’argomento della Commissione secondo il quale, estendendo le deroghe all’obbligo di pubblicità previste nelle direttive appalti pubblici agli appalti pubblici non rientranti nell’ambito di applicazione di tali direttive, essa si limiterebbe ad effettuare un’analogia legittima, giustificando tale interpretazione con i principi fondamentali del trattato CE. Infatti, secondo la Repubblica federale di Germania, affinché tale analogia sia legittima, ci si sarebbe dovuti trovare in presenza di un vuoto legislativo, ipotesi che non ricorrerebbe nella fattispecie, poiché, prevedendo le soglie, il legislatore avrebbe deciso espressamente di non applicare tali esigenze di pubblicità a determinati appalti.

134    La Repubblica federale di Germania ha precisato in udienza che, a suo avviso, le deroghe di cui al punto 2.1.4. della comunicazione sono tassative e che, pertanto, sono impossibili altre deroghe. La comunicazione conterrebbe dunque una nozione molto restrittiva e tassativa delle deroghe possibili, contraria sotto tale aspetto alla costante giurisprudenza della Corte sulle libertà fondamentali, come la possibile giustificazione di un trattamento differenziato in ragione di circostanze oggettive. In combinato disposto con il punto 2.1.1., la comunicazione introdurrebbe quindi un obbligo di pubblicità preventiva incondizionato ed escluderebbe qualsiasi altra forma di trasparenza.

135    Secondo la Repubblica federale di Germania, la formulazione del punto 2.1.4. della comunicazione, segnatamente la sua prima frase, stabilisce chiaramente un collegamento con le deroghe previste dalle direttive appalti pubblici, e limita in questo modo a tali deroghe le eccezioni all’obbligo di pubblicità preventiva. Pertanto, la comunicazione escluderebbe altre eccezioni derivanti dal diritto primario. Tale nozione tassativa delle deroghe sarebbe contraria alla sentenza SECAP, cit. supra al punto 42, la quale prevede che possano essere prese in considerazione altre deroghe.

136    Rispetto alle deroghe al principio di pubblicità preventiva di cui al punto 2.1.4. della comunicazione, il Parlamento fa valere che la Commissione estende le deroghe previste dalle direttive appalti pubblici relativamente alla procedura di aggiudicazione mediante affidamento diretto agli appalti il cui importo sia inferiore alle soglie di applicazione di tali direttive. In tale esempio sarebbe particolarmente evidente che la Commissione avrebbe stabilito nella sua comunicazione norme autonome sull’aggiudicazione di appalti, senza considerare il fatto che le condizioni preliminari a una siffatta analogia, vale a dire un’omissione involontaria del legislatore che si colloca al di fuori dell’ambito di applicazione delle direttive appalti pubblici, non sarebbero soddisfatte nel caso di specie.

137    La Commissione sostiene che l’analogia proposta nella comunicazione, che consiste nell’estendere le deroghe all’obbligo di pubblicità previste nelle direttive appalti pubblici agli appalti non disciplinati da tali direttive, si limita a riflettere l’interpretazione dei principi fondamentali del trattato CE proposta dalla Commissione e non fisserebbe norme giuridiche. Inoltre, la Commissione ritiene che il punto 2.1.4. della comunicazione non sia restrittivo, ma indichi, al contrario, in modo non esaustivo, soltanto le deroghe più importanti. Con la sua presa di posizione sullo specifico punto dell’applicabilità delle deroghe dell’obbligo di pubblicità preventiva, previste nelle direttive appalti pubblici, agli appalti oggetto della comunicazione, la Commissione non avrebbe voluto affermare che non esistono altre deroghe ammissibili all’obbligo di pubblicità preventiva conciliabili con i succitati principi.

b)     Giudizio del Tribunale

138    Stando al suo titolo, il punto 2.1.4. della comunicazione si applica alle «[p]rocedure senza previa pubblicazione di un avviso pubblicitario». Tale punto dispone quanto segue:

«Le direttive ‘appalti pubblici’ prevedono deroghe specifiche che autorizzano, a talune condizioni, procedure senza previa pubblicazione di un avviso pubblicitario. I casi più importanti riguardano le situazioni di estrema urgenza, risultanti da eventi imprevedibili, e gli appalti la cui esecuzione, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, può essere affidata unicamente ad un determinato operatore economico.

La Commissione ritiene che le deroghe pertinenti possano essere applicate agli appalti non disciplinati dalle direttive. Le amministrazioni aggiudicatrici possono pertanto aggiudicare tali appalti senza previa pubblicazione di un avviso pubblicitario, a condizione di rispettare le condizioni enunciate nelle direttive per una di tali deroghe».

139    Il Tribunale ritiene innanzitutto che, contrariamente a quanto affermato dalla Repubblica federale di Germania, il punto 2.1.4. della comunicazione non escluda affatto la possibilità che esistano altre deroghe all’obbligo di pubblicità preventiva. Infatti, come del resto ricordano i punti 1.1. e 1.2. della comunicazione, gli Stati membri, nonché le loro amministrazioni aggiudicatrici, sono tenuti a conformarsi alle disposizioni e ai principi enunciati nel trattato CE. Pertanto, dal momento che tali disposizioni e tali principi implicano eccezioni all’obbligo di pubblicità preventiva, siffatte eccezioni possono essere invocate ex lege dagli Stati membri o dalle amministrazioni aggiudicatrici che aggiudicano un appalto pubblico disciplinato dalla comunicazione.

140    A tal riguardo, va osservato in particolare che, se lo Stato membro o l’amministrazione aggiudicatrice possono invocare una disposizione del trattato CE che esclude, in via generale, l’applicazione del diritto primario, quale l’art. 86, n. 2, CE o gli artt. 296 CE o 297 CE, o se interviene una delle cause giustificative previste espressamente da detto trattato (v., ad esempio, l’ordine pubblico e la salute, derivanti dagli artt. 46 CE e 55 CE, e i pubblici poteri, derivante dagli artt. 45 CE e 55 CE) o se sono soddisfatte le condizioni di una causa giustificativa riconosciuta dalla giurisprudenza (v., per una ragione imperativa di interesse generale, sentenza della Corte 27 ottobre 2005, causa C‑158/03, Commissione/Spagna, punto 35, e giurisprudenza ivi citata), i principi del trattato CE non sono intaccati. Di conseguenza, in siffatti casi, l’obbligo di pubblicità previsto dalla comunicazione, derivante dai principi di detto trattato, non si applica all’aggiudicazione di un appalto pubblico.

141    Inoltre, va sottolineato che il punto 2.1.4. della comunicazione è diretto soltanto a consentire alle amministrazioni aggiudicatrici di invocare le deroghe all’obbligo di pubblicità previste nelle direttive appalti pubblici, osservando i requisiti da esse previsti per avvalersi di siffatte deroghe, e ciò anche se queste ultime direttive non sono applicabili agli appalti pubblici oggetto della comunicazione. Come osservato nelle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs presentate nella causa C‑525/03, decisa dalla Corte con sentenza 27 ottobre 2005, Commissione/Italia (Racc. pagg. I‑9405, I‑9407, paragrafi 46-49), laddove sia espressamente autorizzata una deroga alle direttive appalti pubblici, ricorrano le condizioni di tale deroga e sia dunque giustificata una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, non vi può essere obbligo di pubblicità. Pertanto, i principi derivanti dal trattato CE non possono imporre un obbligo di pubblicità, qualora le direttive prevedano espressamente una deroga, altrimenti tale deroga risulterebbe inefficace (v., altresì, in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Stix Hackl presentate nella causa Coname, cit. supra al punto 36, Racc. pag. I‑7289, punto 93).

142    Ne deriva che, lungi dal creare nuovi obblighi a carico degli Stati membri, il punto 2.1.4. della comunicazione è piuttosto ad essi favorevole, nel senso che consente loro, nell’ipotesi in cui siano soddisfatte le condizioni per la sua applicazione, di non rispettare l’obbligo di pubblicità preventiva.

143    Per quanto attiene all’argomento della Repubblica federale di Germania relativo alla sentenza SECAP, cit. supra al punto 42 (v. punto 135 supra), è giocoforza constatare che tale argomento è fondato su una premessa errata, dal momento che il punto 2.1.4. della comunicazione non esclude altre possibilità di deroga.

4.     Sulla quarta censura, vertente sul procedimento per inadempimento (punto 1.3. della comunicazione)

a)     Argomenti delle parti

144    La Repubblica federale di Germania, sostenuta dagli intervenienti, fa valere infine che l’affermazione della Commissione al punto 1.3. della comunicazione, secondo la quale essa avvierebbe una procedura d’infrazione nell’ipotesi di mancato rispetto della procedura prevista, mostra che tale testo è destinato a produrre obblighi a carico degli Stati membri. Ciò troverebbe conferma nel procedimento amministrativo n. 2005/4043 nei confronti della Repubblica federale di Germania relativo all’aggiudicazione di un appalto II B per il quale non sarebbe stata disposta la pubblicità preventiva: la comunicazione sarebbe ivi citata come se fosse una base giuridica complementare. Inoltre, la Commissione avrebbe già avviato procedure d’infrazione contro alcuni Stati membri per far applicare i principi ormai formulati nella comunicazione per gli appalti non rientranti nell’ambito di applicazione delle direttive appalti pubblici. A tal riguardo, la Repubblica federale di Germania cita le cause che hanno dato luogo alle sentenze Commissione/Finlandia, cit. supra al punto 39 e 13 novembre 2007, Commissione/Irlanda, cit. supra al punto 57. Di conseguenza, la produzione di effetti giuridici della comunicazione si evincerebbe dal suo punto 1.3. e dal suo nesso con il procedimento per inadempimento.

145    Inoltre, secondo la Repubblica federale di Germania, gli effetti della comunicazione derivanti dal suo punto 1.3. non rilevano soltanto sul piano dell’informazione, ma dettano altresì norme di comportamento e, dunque, sono giuridici. Ciò sarebbe ammesso dalla Commissione, la quale afferma che la comunicazione avrebbe lo scopo di fissare una linea di condotta. Un effetto vincolante della comunicazione emergerebbe allora dall’intento dichiarato dalla Commissione di fondare sulla comunicazione la sua prassi in materia di procedimento per inadempimento.

146    Per di più, con riferimento al punto 1.3. della comunicazione, il Parlamento sostiene che la Commissione, quale autore della comunicazione, riveste al contempo la posizione di organo esecutivo centrale della Comunità e quella di custode dei trattati. Perciò, le amministrazioni aggiudicatrici degli Stati membri dovrebbero conformarsi al contenuto della comunicazione per evitare un ricorso per inadempimento, per il quale la Commissione si fonderebbe sulle regole fissate nella propria comunicazione.

147    La Repubblica di Polonia aggiunge che ci si dovrebbe aspettare che le linee guida contenute nella comunicazione servano da punto di riferimento ai revisori della Commissione che controllano le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici cofinanziati dal bilancio dell’Unione europea e che includono misure strutturali. Nei casi di eventuali irregolarità nello svolgimento delle procedure rispetto alle linee guida presenti nella comunicazione, i revisori sarebbero inclini a negare la qualifica di spese recuperabili con i crediti comunitari. In questo modo, nonostante quanto affermato all’inizio della comunicazione, le raccomandazioni ivi presenti sarebbero applicate «come giuridiche». Orbene, tenuto conto dell’importanza del sostegno finanziario del bilancio dell’Unione europea in Polonia, tale facoltà dei revisori sarebbe una circostanza sufficiente per considerare vincolanti le raccomandazioni.

148    Contrariamente all’argomento della Repubblica federale di Germania, secondo il quale un effetto giuridico risulterebbe dal punto 1.3. della comunicazione, la Commissione fa valere che la possibile incidenza della comunicazione sulla politica della Commissione in materia di inadempimento non creerebbe effetti giuridici nei confronti dei terzi, ma avrebbe conseguenze soltanto per la stessa Commissione. Infatti, la Commissione non avrebbe il potere di determinare gli obblighi a carico degli Stati membri mediante la politica che essa applica nei procedimenti per inadempimento. È soltanto dinanzi alla Corte, nell’ambito di un procedimento per inadempimento, che la portata dei diritti e degli obblighi degli Stati membri viene sancita in modo giuridicamente vincolante.

b)     Giudizio del Tribunale

149    L’ultimo paragrafo del punto 1.3. della comunicazione dispone quanto segue:

«Quando la Commissione viene a conoscenza di potenziali violazioni delle norme fondamentali per l’aggiudicazione di appalti pubblici che non rientrano nell’ambito di applicazione delle direttive “appalti pubblici”, valuterà la rilevanza dell’appalto in questione per il mercato interno alla luce delle circostanze specifiche di ciascun caso. Avvierà una procedura d’infrazione a norma dell’articolo [226 CE] solo nei casi in cui lo riterrà opportuno in considerazione della gravità delle infrazioni e delle loro ripercussioni sul mercato interno».

150    A tal riguardo, occorre osservare che è senz’altro possibile che la Commissione avvii un procedimento per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE nei confronti di uno Stato membro nell’ipotesi in cui detto Stato non abbia rispettato gli obblighi derivanti dalle disposizioni e dai principi enunciati nel trattato CE per le amministrazioni aggiudicatrici degli Stati membri in sede di aggiudicazione degli appalti pubblici. Di conseguenza, il semplice fatto che il punto 1.3. della comunicazione evochi la possibilità di avviare un tale procedimento non prova affatto, contrariamente a quanto affermato dalla Repubblica federale di Germania, che detta comunicazione crei nuovi obblighi a carico degli Stati membri in sede di aggiudicazione degli appalti pubblici e sia quindi un atto produttivo di effetti giuridici obbligatori.

151    Se è pur vero che tale punto della comunicazione può rivelare a uno Stato membro che esso corre il rischio reale di subire un procedimento per inadempimento nell’ipotesi di inosservanza dei suoi obblighi derivanti dal diritto comunitario primario e richiamati nella comunicazione, ciò costituisce una semplice conseguenza di fatto e non un effetto giuridico vincolante (v., in tal senso, sentenze della Corte 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639, punto 19, e 1° dicembre 2005, causa C‑301/03, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑10217, punto 30).

152    L’argomento dedotto dalla Repubblica federale di Germania è tanto più irrilevante dal momento che l’apertura di un procedimento per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE non costituisce un atto avente effetti vincolanti o obbligatori. Nell’ambito di detto procedimento, il momento che precede la presentazione del ricorso rappresenta una fase precontenziosa destinata ad indurre lo Stato membro a conformarsi ai suoi obblighi, dal momento che la Commissione manifesta il proprio punto di vista, mediante parere, solo dopo aver messo lo Stato membro in grado di presentare le sue osservazioni. Tale fase precontenziosa non implica, secondo la giurisprudenza della Corte, alcun atto della Commissione che sia giuridicamente vincolante (sentenza della Corte 1° marzo 1966, causa 48/65, Lütticke e a./Commissione, Racc. pagg. 27, 39).

153    Inoltre, secondo il sistema istituito dagli artt. 226 CE-228 CE, la determinazione dei diritti e degli obblighi degli Stati membri nonché il giudizio sul loro comportamento possono risultare unicamente da una sentenza della Corte (v., in tal senso, sentenze della Corte 27 maggio 1981, cause riunite 142/80 e 143/80, Essevi e Salengo, Racc. pag. 1413, punti 15 e 16, e 29 settembre 1998, causa C‑191/95, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑5449, punto 45). Ne deriva che, contrariamente all’argomento della Repubblica federale di Germania, soltanto una sentenza della Corte può avere un effetto vincolante in tale materia.

154    Di conseguenza, dev’essere respinto l’argomento della Repubblica federale di Germania e degli intervenienti, relativo ad un effetto vincolante che deriverebbe dall’avvio di un procedimento per inadempimento nell’ipotesi di inosservanza della procedura prevista dalla comunicazione.

155    Tale conclusione non sarebbe rimessa in discussione dall’argomento della Repubblica federale di Germania relativo al punto 6 delle conclusioni dell’avvocato generale Tesauro presentate nella causa decisa dalla Corte con sentenza 16 giugno 1993, Francia/Commissione, cit. supra al punto 28, (Racc. pag. I‑3292), il quale propenderebbe per l’espresso riconoscimento di effetti giuridici vincolanti derivanti dal rischio di apertura di un procedimento di infrazione.

156    Orbene, a differenza del caso di specie, nel corso di tutto il procedimento conclusosi con la sentenza 16 giugno 1993, Francia/Commissione, cit. supra al punto 28, la Commissione non aveva mai dubitato della portata obbligatoria dell’atto in questione. Partendo da tale ipotesi, l’avvocato generale Tesauro ha interpretato l’apertura di un procedimento per inadempimento come un ulteriore indizio per proporre alla Corte di non dichiarare d’ufficio l’irricevibilità del ricorso, ma di esaminarne il contenuto (conclusioni dell’avvocato generale Tesauro presentate nella causa decisa dalla Corte con sentenza 16 giugno 1993, Francia/Commissione cit. supra al punto 28, paragrafo 6). Per di più, occorre osservare che la Corte, in tale sentenza, non ha ripreso tale ragionamento, sul quale si fonda l’argomento della Repubblica federale di Germania.

157    Alla luce delle constatazioni svolte ai precedenti punti 150-153, deve essere parimenti respinto, quantomeno come irrilevante, l’argomento della Repubblica federale di Germania, del Regno dei Paesi Bassi e della Repubblica di Polonia diretto a dimostrare un’autolimitazione della Commissione attraverso la comunicazione. Si evince inoltre dal testo del punto 1.3. della comunicazione che la Commissione non prevede l’apertura di un procedimento per inadempimento in tutti i casi di inadempimento di cui verrà a conoscenza: l’apertura di un procedimento per inadempimento avverrà piuttosto dopo che la Commissione abbia considerato le circostanze specifiche di ciascun caso, lasciandosi guidare da due criteri principali: la gravità dell’infrazione e le ripercussioni dell’infrazione sul mercato interno.

158    Per quanto riguarda infine l’argomento della Repubblica federale di Germania secondo il quale la Commissione farebbe riferimento alla comunicazione come ad un atto legislativo e avrebbe già avviato diverse procedure di infrazione per fare applicare i principi della stessa, è giocoforza constatare che esso non può essere accolto.

159    Per quanto riguarda il procedimento amministrativo n. 2005/4043, dedotto dalla Repubblica federale di Germania, è d’uopo constatare che, in effetti, al punto 7 del parere motivato la Commissione fa riferimento alla comunicazione. Tuttavia, contrariamente a quanto afferma la Repubblica federale di Germania, la comunicazione non vi figura quale fondamento normativo, ma quale semplice riferimento tra parentesi alla fine di detto punto. Il dispositivo del parere motivato si basa sugli artt. 43 CE e 49 CE nonché sui principi della parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza.

160    Lo stesso dicasi per le due cause invocate dalla Repubblica federale di Germania che hanno dato luogo alle sentenze Commissione/Finlandia, cit. supra al punto 39, e 13 novembre 2007, Commissione/Irlanda, cit. supra al punto 57. A tal riguardo, va osservato che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza Commissione/Finlandia, cit. supra al punto 39, la Corte aveva dichiarato irricevibile il ricorso della Commissione, dal momento che fondando il ricorso su taluni principi fondamentali del trattato CE e, in particolare, sul principio di non discriminazione, che comporta l’obbligo di trasparenza, la Commissione non aveva fornito elementi sufficienti per consentire alla Corte di conoscere esattamente la portata della violazione del diritto comunitario contestata allo Stato membro (sentenza Commissione/Finlandia, cit. supra al punto 39, punto 32). Con riferimento alla causa che ha dato luogo alla sentenza 13 novembre 2007, Commissione/Irlanda, cit. supra al punto 57, è giocoforza constatare che da tale sentenza emerge che una pubblicità ex post non può garantire una pubblicità adeguata e che tale sentenza conferma l’esistenza di un obbligo di pubblicità preventiva, constatazione condivisa in udienza dalla Repubblica federale di Germania.

161    Per quanto attiene all’argomento dedotto dalla Repubblica di Polonia secondo il quale la comunicazione avrebbe l’effetto di rivelare agli Stati membri che essi rischiano di veder respinto il finanziamento comunitario per talune spese effettuate, è giocoforza constatare che si tratta, ancora una volta, di una semplice conseguenza di fatto e non già di un effetto giuridico vincolante prodotto da detta comunicazione (v. punto 151 supra).

162    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che la comunicazione non contiene nuove regole di aggiudicazione degli appalti pubblici che vadano al di là degli obblighi derivanti dal diritto comunitario vigente. Ciò considerato, non si può ritenere che la comunicazione produca effetti giuridici obbligatori idonei a incidere sulla situazione giuridica della Repubblica federale di Germania e degli intervenienti e, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato irricevibile.

 Sulle spese

163    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica federale di Germania, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

164    Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Nella fattispecie, le parti intervenute a sostegno della Repubblica federale di Germania sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è irricevibile.

2)      La Repubblica federale di Germania sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      La Repubblica francese, la Repubblica d’Austria, la Repubblica di Polonia, il Regno dei Paesi Bassi, il Parlamento europeo, la Repubblica ellenica e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporteranno le proprie spese.

Vilaras

Prek

Ciucă

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 maggio 2010.

Firme

Indice


Fatti

Procedimento

Conclusioni delle parti

Sulla ricevibilità

A – Osservazioni preliminari

B – Sul contenuto della comunicazione

1. Sulla prima censura, vertente sull’esistenza di un obbligo di pubblicità preventiva (punto 2.1.1. della comunicazione)

a) Argomenti delle parti

Repubblica federale di Germania

Intervenienti

Commissione

b) Giudizio del Tribunale

2. Sulla seconda censura, vertente sulla specificazione degli obblighi di pubblicità (punto 2.2. della comunicazione)

a) Argomenti delle parti

Repubblica federale di Germania

Intervenienti

Commissione

b) Giudizio del Tribunale

Osservazioni preliminari

Sul punto 2.2.1. della comunicazione

– Sul primo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione

– Sul secondo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione

– Sul terzo trattino del punto 2.2.1. della comunicazione

– Sul quarto trattino del punto 2.2.1. della comunicazione

– Sul quinto trattino del punto 2.2.1. della comunicazione

Sul punto 2.2.2. della comunicazione

Sul punto 2.2.3. della comunicazione

3. Sulla terza censura, vertente sulle deroghe alla pubblicità preventiva (punto 2.1.4. della comunicazione)

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio del Tribunale

4. Sulla quarta censura, vertente sul procedimento per inadempimento (punto 1.3. della comunicazione)

a) Argomenti delle parti

b) Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: il tedesco.

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