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Document 62013CC0222

    Conclusioni dell'avvocato generale Bot del 12 giugno 2014.
    TDC A/S contro Erhvervsstyrelsen.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Teleklagenævnet - Danimarca.
    Rinvio pregiudiziale - Reti e servizi di comunicazione elettronica - Direttiva 2002/22/CE - Articolo 32 - Servizi obbligatori supplementari - Sistema di compensazione dei costi connessi alla fornitura di tali servizi - Nozione di "giurisdizione" ai sensi dell’articolo 267 TFUE - Incompetenza della Corte.
    Causa C-222/13.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2014:1979

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    YVES BOT

    presentate il 12 giugno 2014 ( 1 )

    Causa C‑222/13

    TDC A/S

    contro

    Erhvervsstyrelsen

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Teleklagenævnet (Danimarca)]

    «Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale — Nozione di “organo giurisdizionale nazionale” ai sensi dell’articolo 267 TFUE — Indipendenza dell’organo di rinvio — Settore delle telecomunicazioni — Servizio universale e diritti degli utenti — Direttiva 2002/22/CE — Prestazione, da parte del fornitore del servizio universale, di servizi obbligatori supplementari ai sensi dell’articolo 32 della direttiva — Finanziamento dei servizi obbligatori supplementari — Calcolo del costo netto — Determinazione dell’onere ingiustificato»

    1. 

    Con il presente rinvio pregiudiziale, il Teleklagenævnet (Danimarca) chiede alla Corte di precisare le modalità di finanziamento di un servizio obbligatorio supplementare fornito ai sensi dell’articolo 32 della direttiva 2002/22/CE ( 2 ) da parte dell’impresa fornitrice del servizio universale.

    2. 

    La direttiva servizio universale è volta a istituire un quadro normativo armonizzato che deve garantire, in tutta l’Unione europea, un accesso abbordabile a servizi di comunicazione di base e di buona qualità ( 3 ). Tali servizi sono espressamente determinati dal legislatore dell’Unione al capo II di suddetta direttiva. Nella misura in cui essi sono forniti ad un prezzo che diverge da quello fissato in normali condizioni commerciali, l’impresa fornitrice del servizio universale viene risarcita dallo Stato membro tramite un finanziamento pubblico oppure dalle imprese del settore tramite un fondo settoriale.

    3. 

    In conformità del principio di sussidiarietà, gli Stati membri possono oltrepassare il perimetro ristretto del servizio universale e dei suoi servizi complementari ( 4 ), rendendo accessibili e abbordabili nel loro territorio «servizi obbligatori supplementari» qualora il mercato non venga incontro alle esigenze degli utenti finali.

    4. 

    L’articolo 32 della direttiva servizio universale, la cui portata deve essere interpretata in questa sede, così recita:

    «Gli Stati membri possono decidere di rendere accessibili al pubblico, nel loro territorio nazionale, servizi supplementari rispetto ai servizi compresi negli obblighi di servizio universale definiti al capo II; in tal caso, tuttavia, non può essere prescritto un sistema di indennizzo che preveda la partecipazione di specifiche imprese».

    5. 

    Tale disposizione lascia agli Stati membri un ampio margine quanto ai servizi suscettibili di essere forniti nel loro territorio in quanto «servizio obbligatorio supplementare». Nella presente causa, il Regno di Danimarca ha in tal senso incaricato la TDC A/S (in prosieguo: la «TDC»), principale operatore danese nel settore delle telecomunicazioni, di garantire servizi di sicurezza e di soccorso marittimo in forma di servizi radio nel suo territorio nazionale, nonché in Groenlandia. Tali servizi radio vengono messi a disposizione gratuitamente di tutte le navi, a prescindere dalla loro nazionalità, e consentono a queste ultime di chiedere aiuto qualora si trovino in situazioni di emergenza ( 5 ).

    6. 

    Cionondimeno, contrariamente alle norme che disciplinano la compensazione dei fornitori del servizio universale, il legislatore dell’Unione non precisa le condizioni alle quali uno Stato membro deve indennizzare l’impresa fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare. Se, da un lato, esso esclude espressamente il finanziamento settoriale, esso non precisa, per contro, in che misura gli Stati membri siano tenuti ad indennizzare la prestazione di un servizio obbligatorio supplementare e in che modo essi sono tenuti a calcolare i costi legati a tale prestazione ai fini di un finanziamento pubblico.

    7. 

    Nella causa principale, l’organo competente in materia di telecomunicazioni ( 6 ) si è così rifiutato di accordare alla TDC una compensazione delle spese legate alla prestazione dei servizi di sicurezza e di soccorso marittimo di cui trattasi per il 2010. Tale organo ha ritenuto, infatti, che, in conformità della legislazione nazionale applicabile fino al 31 marzo 2012, la TDC non aveva diritto alla compensazione delle spese sostenute a causa di questo servizio obbligatorio supplementare, dal momento che essa conseguiva, nel complesso, un profitto dall’adempimento di obblighi di servizio universale e di servizi obbligatori supplementari, congiuntamente considerati ( 7 ). Si evince dalla decisione di rinvio che, in pratica, le spese legate ai servizi di sicurezza di cui trattasi ammontavano a circa 60000000 corone danesi (DKK) l’anno (ossia a circa EUR 8 036 000), dei quali quasi la metà erano collegate alla prestazione di tali servizi in Groenlandia.

    8. 

    Nell’ambito del ricorso del quale è stato investito, il giudice del rinvio si è interrogato in merito ai principi e alle regole che disciplinano il finanziamento di tale servizio obbligatorio supplementare ai sensi dell’articolo 32 della direttiva servizio universale. Nutrendo dubbi circa l’interpretazione di tale disposizione, il Teleklagenævnet ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se la [direttiva servizio universale], in particolare l’articolo 32 della medesima, osti a che uno Stato membro introduca disposizioni secondo cui un’impresa non può chiedere allo Stato membro il rimborso specifico del costo netto derivante dalla prestazione di un servizio obbligatorio supplementare non rientrante nel capo II [di tale] direttiva, laddove i profitti dell’impresa derivanti da altri servizi compresi nel suo obbligo di servizio universale ai sensi del capo II [di tale] direttiva superino le perdite derivanti dalla prestazione del servizio obbligatorio supplementare.

    2)

    Se la direttiva servizio universale osti a che uno Stato membro introduca disposizioni in base alle quali le imprese possono chiedere il rimborso allo Stato membro dei costi netti derivanti dalla prestazione di servizi obbligatori supplementari non rientranti nel capo II [di tale] direttiva esclusivamente nel caso in cui i costi netti costituiscano un onere eccessivo per le imprese di cui trattasi.

    3)

    Qualora la seconda questione sia risolta negativamente, se lo Stato membro possa stabilire che non sussiste un onere eccessivo derivante dalla prestazione di un servizio obbligatorio supplementare non rientrante nel capo II della direttiva [servizio universale] qualora l’impresa nel suo complesso abbia conseguito profitti dalla prestazione di tutti i servizi per cui sussiste l’obbligo di servizio universale, compresa la prestazione di servizi che l’impresa avrebbe prestato anche senza l’obbligo di servizio universale.

    4)

    Se la direttiva servizio universale osti a che uno Stato membro introduca disposizioni secondo cui i costi netti di un’impresa designata, collegati al suo obbligo di servizio universale ai sensi del capo II [di tale] direttiva, sono calcolati sulla base dei ricavi complessivi e dei costi complessivi collegati alla prestazione del servizio di cui trattasi, compresi i ricavi e i costi che l’impresa avrebbe avuto anche senza l’obbligo di servizio universale.

    5)

    Se sulla risposta alle questioni dalla prima alla quarta influisca il fatto che la gestione di un servizio obbligatorio supplementare riguarda la Groenlandia che, ai sensi dell’allegato II del TFUE, costituisce un paese o territorio d’oltremare [(in prosieguo: i “PTOM”)], qualora la sua gestione sia conferita dalle autorità danesi ad un’impresa che è stabilita in Danimarca e l’impresa non abbia per il resto attività in Groenlandia.

    6)

    Che rilevanza abbiano per la risposta alle questioni dalla prima alla quinta l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, nonché la decisione [2012/21/UE] della Commissione, del 20 dicembre 2011, riguardante l’applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale [ ( 8 )].

    7)

    Che rilevanza abbia per la risposta alle questioni dalla prima alla quinta il principio della minima distorsione del mercato contenuto, tra l’altro, nell’articolo 1, paragrafo 2, nell’articolo 3, paragrafo 2, e nei considerando 4, 18, 23 e 26, nonché nell’allegato IV, parte B, della direttiva servizio universale.

    8)

    Qualora le disposizioni della direttiva servizio universale ostino a normative nazionali del tipo di quelle menzionate nella prima, nella seconda e nella quarta questione, se tali disposizioni o preclusioni abbiano effetto diretto».

    9. 

    Nella causa oggetto di esame, nutro in particolari seri dubbi sull’indipendenza di giudizio dei membri che compongono l’organo di rinvio, in quanto questi ultimi, designati e revocati dal ministro competente, non dispongono, segnatamente, di alcuna garanzia particolare concernente la loro revoca, ad eccezione di quelle previste dal diritto del lavoro.

    I – Diritto dell’Unione

    A – La direttiva servizio universale

    10.

    Ai sensi del suo articolo 1, la direttiva servizio universale mira a garantire la disponibilità in tutta l’Unione di servizi di buona qualità accessibili al pubblico attraverso una concorrenza efficace e un’effettiva possibilità di scelta, nonché a disciplinare i casi in cui le esigenze degli utenti finali non sono adeguatamente soddisfatte mediante il mercato. A tal fine, essa stabilisce i diritti degli utenti finali e i corrispondenti obblighi delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica.

    11.

    Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva servizio universale, gli Stati membri determinano il metodo più efficace e adeguato per garantire l’attuazione del servizio universale, nel rispetto dei principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità. Essi mirano inoltre a limitare le distorsioni del mercato, in particolare la fornitura di servizi a prezzi o ad altre condizioni che divergano dalle normali condizioni commerciali, tutelando nel contempo l’interesse pubblico.

    12.

    L’ambito del servizio universale è precisato agli articoli da 4 a 7 della direttiva servizio universale. Esso comprende una connessione in postazione fissa a una rete di comunicazione pubblica, nonché la messa a disposizione degli utenti finali di un servizio di consultazione telefonica e di un elenco abbonati completi. Esso comprende parimenti la messa a disposizione di telefoni pubblici a pagamento che consentano, segnatamente, di effettuare chiamate d’emergenza, nonché misure particolari che garantiscano agli utenti disabili l’accesso a tali servizi.

    13.

    Il finanziamento dei costi legati alla fornitura del servizio universale è disciplinato agli articoli da 12 a 14 della direttiva servizio universale.

    14.

    L’articolo 12 della direttiva servizio universale, intitolato «Calcolo del costo degli obblighi di servizio universale», al paragrafo 1 così dispone:

    «Allorché le [ARN] ritengono che la fornitura del servizio universale di cui agli articoli da 3 a 10 possa comportare un onere eccessivo per le imprese designate a fornire tale servizio, esse calcolano i costi netti di tale fornitura.

    A tal fine, le [ARN] possono:

    a)

    procedere al calcolo del costo netto dell’obbligo di servizio universale, tenendo conto degli eventuali vantaggi commerciali derivanti all’impresa designata per la fornitura del servizio universale, in base alle modalità stabilite nell’allegato IV, parte A, oppure

    b)

    utilizzare i costi netti della fornitura del servizio universale individuati in base a un meccanismo di determinazione conforme all’articolo 8, paragrafo 2».

    15.

    L’allegato IV, parte A, della direttiva servizio universale descrive il metodo di calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale.

    16.

    L’articolo 13, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva fissa le norme sul finanziamento degli obblighi di servizio universale. Tale disposizione prevede quanto segue:

    «1.   Qualora, sulla base del calcolo del costo netto di cui all’articolo 12 le [ARN] riscontrino che l’impresa stessa è soggetta ad un onere eccessivo, gli Stati membri decidono, previa richiesta di un’impresa designata:

    a)

    di introdurre un dispositivo inteso a indennizzare l’impresa per i costi netti così calcolati attingendo a fondi pubblici in condizioni di trasparenza, e/o

    b)

    di ripartire il costo netto degli obblighi di servizio universale tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica.

    2.   Qualora il costo netto sia ripartito ai sensi del paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri istituiscono un meccanismo di ripartizione, gestito dalle [ARN] o da un organismo indipendente dai beneficiari e posto sotto la supervisione dell’[ARN].

    Può essere finanziato unicamente il costo netto degli obblighi di cui agli articoli da 3 a 10, calcolato conformemente all’articolo 12».

    17.

    Gli Stati membri possono dunque indennizzare il fornitore attingendo a fondi pubblici. Essi possono parimenti ripartire il costo netto degli obblighi di servizio universale tra tutti i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica che forniscono servizi sul suo territorio tramite l’istituzione di un fondo settoriale. Tali regole sono precisate ai considerando da 21 a 23, nonché all’allegato IV, parte B, della direttiva servizio universale.

    18.

    Infine, l’articolo 32 di tale direttiva, intitolato «Servizi obbligatori supplementari», del quale sono chiamato in questa sede ad interpretare i termini, dispone quanto segue:

    «Gli Stati membri possono decidere di rendere accessibili al pubblico, nel loro territorio nazionale, servizi supplementari rispetto ai servizi compresi negli obblighi di servizio universale definiti al capo II; in tal caso, tuttavia, non può essere prescritto un sistema di indennizzo che preveda la partecipazione di specifiche imprese».

    B – La direttiva 2002/77/CE

    19.

    L’articolo 6 della direttiva 2002/77/CE ( 9 ), intitolato «Obblighi di servizio universale», al suo paragrafo 1 precisa:

    «Qualsiasi regime nazionale ai sensi della direttiva [servizio universale] inteso a condividere il costo netto degli obblighi di espletamento del servizio universale deve basarsi su criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori ed essere coerente con i principi di proporzionalità e di minimizzazione della distorsione del mercato. In particolare, quando ad un’impresa pubblica che fornisce servizi di comunicazione elettronica vengono imposti in tutto o in parte obblighi di servizio universale, si tiene conto di tale elemento nel calcolo dell’eventuale contributo al costo netto degli obblighi di servizio universale».

    II – Esame della competenza della Corte

    20.

    Nell’ambito del procedimento principale, si pone la questione della competenza della Corte, alla luce dell’identità dell’organo di rinvio.

    21.

    Nella sua decisione di rinvio, il Teleklagenævnet illustra le ragioni per le quali esso ritiene di soddisfare tutte le condizioni necessarie per essere considerato un «organo giurisdizionale» ai sensi dell’articolo 267 TFUE e potere pertanto sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte.

    22.

    Per contro, nelle sue osservazioni, la Commissione nutre taluni dubbi al riguardo. Di conseguenza, la Corte ha invitato il governo danese a precisare le regole che disciplinano l’attività dello Teleklagenævnet e, segnatamente, quelle che garantiscono la sua indipendenza, nonché quelle relative all’obbligatorietà della sua giurisdizione. Nelle precisazioni fornite alla Corte, il governo danese sostiene che il Teleklagenævnet soddisfa tutti i criteri fissati dalla giurisprudenza ai fini della sua qualificazione come «organo giurisdizionale», e che la Corte è pertanto competente a pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali sottopostele da tale organo.

    23.

    Secondo una giurisprudenza costante, la questione attinente alla qualità dell’organo remittente è unicamente una questione di diritto dell’Unione. Per valutare se esso rientri nella nozione di «organo giurisdizionale» ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la Corte tiene conto di un insieme di elementi quali l’origine legale dell’organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l’organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente ( 10 ).

    24.

    La Corte valuta dunque la qualità di tale organo secondo criteri sia strutturali che funzionali, adoperandosi per collocarsi nel particolare contesto normativo in cui quest’ultimo è indotto a rivolgersi alla Corte ( 11 ). In altri termini, la Corte verifica in concreto la natura specifica delle funzioni esercitate dall’organo di rinvio. Uno stesso organo nazionale può in tal senso essere qualificato talvolta come «organo giurisdizionale» e talvolta come «autorità amministrativa», a seconda che, nel caso concreto, esso svolga funzioni giurisdizionali o adempia compiti di carattere amministrativo ( 12 ). A tal riguardo, la Corte presta un’attenzione particolare alla questione se dinanzi all’organo di rinvio sia pendente una lite e se esso sia chiamato a statuire nell’ambito di un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale ( 13 ).

    25.

    Procederò adesso ad illustrare le ragioni per le quali ritengo che, nell’ambito del procedimento principale, il Teleklagenævnet non sia competente per investire la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

    26.

    È vero che, dalla decisione di rinvio, si evince che i requisiti enunciati nella giurisprudenza della Corte, attinenti all’origine legale dell’organo di rinvio, al suo carattere permanente, alla natura contraddittoria del suo procedimento e all’applicazione di norme giuridiche, sono soddisfatti.

    27.

    Infatti, il Teleklagenævnet è un organo pubblico permanente di risoluzione delle controversie istituito dall’articolo 68, paragrafo 1, della legge n. 169 relativa alle reti e ai servizi di comunicazione elettronica (lov nr. 169 om elektroniske kommunikationsnet og -tjenester), del 3 marzo 2011 ( 14 ). La sua origine legale non può quindi essere messa in dubbio. Le modalità del suo funzionamento sono fissate dal regolamento n. 383 sull’attività del Teleklagenævnet (bekendtgørelse nr. 383 om teleklagenævnets virksomhed), del 21 aprile 2011 ( 15 ).

    28.

    Inoltre, ai sensi dell’articolo 70, paragrafo 1, della legge sulle telecomunicazioni, tale organo emette le sue decisioni in applicazione di una norma giuridica, ossia la legge sulle telecomunicazioni.

    29.

    Ancora, emerge dalla decisione di rinvio che il procedimento dinanzi al Teleklagenævnet è meramente scritto, ma che tale organo vigila affinché le parti possano presentare le loro osservazioni in conformità del principio del contraddittorio.

    30.

    Per contro, il carattere obbligatorio della sua competenza e l’indipendenza dei membri che lo compongono possono suscitare qualche riserva.

    A – Il carattere obbligatorio della competenza del Teleklagenævnet

    31.

    Nella causa sfociata nella sentenza Dorsch Consult (EU:C:1997:413), la Corte ha precisato la nozione di giurisdizione obbligatoria. Secondo la Corte, tale nozione ricomprende due realtà. Una giurisdizione sarebbe «obbligatoria» nel caso in cui, in primo luogo, l’organo di rinvio costituisca, in realtà, l’unica possibilità di ottenere una tutela giuridica e, in secondo luogo, tale organo emetta decisioni vincolanti ( 16 ). In tale causa, la Corte non ha dovuto fornire una delimitazione chiara e netta che avrebbe consentito di privilegiare una delle due alternative interpretative.

    32.

    Nella specie, la Commissione esprime dubbi quanto al carattere obbligatorio della competenza del Teleklagenævnet, nella misura in cui il ricorso a tale organo non costituisce l’unica possibilità di ottenere una tutela giuridica, dal momento che l’operatore interessato è libero di proporre direttamente un ricorso dinanzi agli organi giurisdizionali ordinari.

    33.

    In primo luogo, sulla base delle informazioni a mia disposizione, sembra che la legge sulle telecomunicazioni abbia creato due procedimenti alternativi che consentono ad un operatore economico il quale, al pari della TDC, ritenga che i suoi diritti siano stati violati di contestare una decisione emessa dall’autorità amministrativa incaricata della vigilanza del settore delle telecomunicazioni, ossia l’Erhvervsstyrelsen, il quale fa parte del Ministero dell’Impresa e della Crescita. L’operatore economico sarebbe infatti libero di presentare un ricorso sia dinanzi al Teleklagenævnet (facente parte del Ministero della Ricerca, dell’Innovazione e dell’Istruzione superiore), sia direttamente dinanzi agli organi giurisdizionali ordinari ( 17 ).

    34.

    Contrariamente alla causa sfociata nella sentenza Belov (EU:C:2013:48), sembra che questi due procedimenti non siano autonomi. Infatti, come precisato dal governo danese nella sua risposta scritta ai quesiti rivolti dalla Corte, né l’adizione degli organi giurisdizionali ordinari e neppure il ricorso ad un arbitro ostano a che il ricorso venga esaminato dal Teleklagenævnet ( 18 ). In tale ipotesi, il governo danese rileva che, ai sensi dell’articolo 345 della legge relativa all’amministrazione giudiziaria (Retsplejeloven), il giudice civile deve allora sospendere il procedimento, in attesa della decisione del Teleklagenævnet.

    35.

    Inoltre, il governo danese indica che, in pratica, non sembrano esistere casi in cui le decisioni dell’Erhvervsstyrelsen siano state contestate direttamente dinanzi agli organi giurisdizionali ordinari, senza la previa adizione del Teleklagenævnet.

    36.

    In secondo luogo, e nel caso in cui l’operatore economico di cui trattasi avvii un ricorso dinanzi al Teleklagenævnet, si evince dall’articolo 71, paragrafo 2, della legge sulle telecomunicazioni che le decisioni emesse da quest’ultimo sono vincolanti per le parti, a meno che esse non propongano un ricorso dinanzi al giudice ordinario entro un termine di otto settimane.

    37.

    Infatti, ai sensi dell’articolo 71, paragrafo 1, della legge sulle telecomunicazioni, il Teleklagenævnet si pronuncia definitivamente in materia amministrativa: tali decisioni non possono essere impugnate dinanzi ad un’altra autorità amministrativa.

    38.

    L’insieme di questi elementi non osta, a mio avviso, al riconoscimento, in capo al Teleklagenævnet, di una competenza obbligatoria ai sensi della giurisprudenza della Corte.

    39.

    Ben altra è la questione dell’indipendenza di tale organo, nella quale si concentrano, a mio avviso, tutte le difficoltà.

    B – L’indipendenza del Teleklagenævnet

    40.

    La Commissione ritiene che il Teleklagenævnet non presenti garanzie sufficienti quanto alla sua indipendenza. Essa rileva, infatti, che tale organo si inserisce nella struttura organizzativa del Ministero della Ricerca, dell’Innovazione e dell’Istruzione superiore, in quanto quest’ultimo mette a disposizione del Teleklagenævnet servizi di segreteria, ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 2, della legge sulle telecomunicazioni. Tale constatazione viene rimessa in discussione dal governo danese.

    41.

    Come rammentato dalla Corte nella sentenza Wilson ( 19 ), la nozione di indipendenza, intrinseca alla funzione giurisdizionale, implica innanzi tutto che l’organo interessato si trovi in posizione di terzietà rispetto all’autorità che ha adottato la decisione oggetto del ricorso ( 20 ).

    42.

    Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di indipendenza presenta due aspetti.

    43.

    Il primo aspetto ha carattere esterno. Esso presuppone che l’organo di rinvio sia tutelato da pressioni o da interventi dall’esterno idonei a mettere a repentaglio l’indipendenza di giudizio dei suoi membri per quanto riguarda le controversie loro sottoposte ( 21 ). Esso implica il riconoscimento di talune garanzie a favore delle persone che svolgono la funzione giurisdizionale, come, ad esempio, l’inamovibilità.

    44.

    Il secondo aspetto esaminato dalla Corte con riguardo all’indipendenza dell’organo di rinvio riveste carattere interno. Esso si ricollega alla nozione di imparzialità e riguarda l’equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi concernenti l’oggetto di quest’ultima ( 22 ). Questo aspetto impone il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione da dare alla controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica.

    45.

    Secondo la Corte, tali garanzie di indipendenza e di imparzialità implicano l’esistenza di disposizioni, relative, in particolare, alla composizione dell’organo e alla nomina, alla durata delle funzioni, alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità del detto organo rispetto a elementi esterni ed alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti. A tale riguardo, la Corte ritiene che la condizione relativa all’indipendenza dell’organo di rinvio possa essere considerata soddisfatta solo se i casi di revoca dei membri di tale organo sono determinati da espresse disposizioni di legge ( 23 ).

    46.

    Orbene, nella specie, tali requisiti non sono soddisfatti, e si deve riconoscere che nessuno degli elementi forniti dal governo danese nella sua risposta ai quesiti rivolti dalla Corte e in udienza ha consentito di fugare i dubbi da me nutriti quanto all’indipendenza di giudizio dei membri del Teleklagenævnet e all’impermeabilità di quest’ultimo rispetto ad elementi esterni.

    47.

    La composizione del Teleklagenævnet è disciplinata dall’articolo 68 della legge sulle telecomunicazioni.

    48.

    Si evince dai paragrafi 2 e 3 di tale disposizione che il Teleklagenævnet consta da cinque a sette membri. Il governo danese ha confermato, in udienza, che il Teleklagenævnet può dunque essere composto da un numero pari di membri, come peraltro avviene attualmente, e che, in caso di parità di voto, il voto del presidente di tale organo è decisivo, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento n. 383.

    49.

    Ai sensi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, il fatto che il presidente possa disporre di un voto decisivo giustifica doppiamente un esame approfondito della sua indipendenza e della sua imparzialità, nonché di quelle della formazione a cui egli appartiene ( 24 ). Nella sua citata sentenza Grande Stevens et autres c. Italie, pronunciata dalla Grande Sezione, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha in tal senso preso in considerazione, nell’ambito di tale esame, la modalità di designazione dei membri dell’organo di cui trattasi, la durata del loro mandato, l’esistenza di una tutela contro le pressioni esterne, la loro imparzialità soggettiva e oggettiva e la parvenza di indipendenza.

    50.

    A tal riguardo, si evince dalla normativa applicabile che i membri del Teleklagenævnet sono nominati dal Ministro dell’Impresa e della Crescita. Ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 2, seconda frase, della legge sulle telecomunicazioni, quest’ultimo deve vigilare affinché tale organo sia composto da personalità in possesso non solo di qualifiche nei settori del diritto, e in particolare del diritto della concorrenza, dell’economia e del commercio, bensì anche di competenze tecniche nel settore delle telecomunicazioni ( 25 ). Si evince cionondimeno dall’articolo 68, paragrafo 4, di tale legge, che il presidente del Teleklagenævnet deve essere un giurista. Ai sensi di questa stessa disposizione, il Ministro dell’Impresa e della Crescita può designare, fra i membri, un giurista in qualità di vicepresidente, il quale potrà sostituire il presidente in caso di impedimento o di ricusazione.

    51.

    Per quanto riguarda l’indipendenza dei membri del Teleklagenævnet, il governo danese indica, nella sua risposta scritta ai quesiti rivolti dalla Corte, che, in conformità dell’articolo 69, paragrafo 3, della legge sulle telecomunicazioni, il Teleklagenævnet non è assoggettato, per il suo funzionamento, ad alcuna istruzione relativa al trattamento e all’esito di una determinata causa.

    52.

    Per quanto riguarda, in particolare, la revoca dei membri che compongono tale organo, il governo danese precisa parimenti che la «revoca dei membri del Teleklagenævnet non è disciplinata né dalla legge sulle telecomunicazioni né dal regolamento [n. 383]». Esso rileva, cionondimeno, che questi ultimi vengono nominati per una durata di quattro anni e sono «tutelati nei confronti di una revoca arbitraria e abusiva in conformità delle norme generali del diritto amministrativo e del diritto del lavoro». In udienza, il governo danese ha indicato, inoltre, che il potere di revoca incombe alla stessa persona titolare del potere di nomina, ossia il Ministro dell’Impresa e della Crescita. Il governo danese ha cionondimeno sottolineato che, stando alle informazioni in suo possesso, non esistevano casi in cui un membro del Teleklagenævnet è stato revocato.

    53.

    Tali elementi non sono sufficienti a convincermi del fatto che i membri del Teleklagenævnet sono sottratti, a causa della loro indipendenza e imparzialità, a qualsiasi pressione esterna.

    54.

    Infatti, non esiste alcuna disposizione di legge espressa che stabilisce i casi in cui i membri del Teleklagenævnet possono essere revocati o in cui la loro nomina può essere annullata. Inoltre, le garanzie destinate a tutelare i membri delle giurisdizioni ordinarie non sono applicabili ai medesimi per analogia.

    55.

    Di conseguenza, i membri del Teleklagenævnet, i quali, peraltro, sono nominati e revocati dalla stessa autorità, non dispongono di alcuna garanzia particolare con riguardo alla loro revoca, ad eccezione di quelle previste dalle norme generali del diritto amministrativo e del lavoro. Orbene, a mio avviso ciò non è sufficiente ai sensi della giurisprudenza della Corte, in quanto la loro revoca deve essere prevista da disposizioni specifiche, estranee al diritto comune. Infine, è evidente che il loro mandato, della durata di quattro anni, non può garantire la loro inamovibilità.

    56.

    Tali elementi mi sembrano costituire ostacoli insuperabili e si oppongono, a mio avviso, al riconoscimento a favore del Teleklagenævnet della qualità di «organo giurisdizionale» ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal momento che il complesso di tali circostanze tende a dimostrare che tale organo assomiglia piuttosto ad un’autorità amministrativa.

    57.

    A questo punto della mia analisi, occorre cionondimeno precisare che le decisioni del Teleklagenævnet, ai sensi dell’articolo 71, paragrafo 2, della legge sulle telecomunicazioni, sono impugnabili dinanzi agli organi giurisdizionali ordinari, entro un termine di otto settimane. Siffatta impugnabilità consente dunque di garantire l’effettività del meccanismo di rinvio pregiudiziale previsto all’articolo 267 TFUE e l’interpretazione unitaria del diritto dell’Unione, e, nella specie, segnatamente, della direttiva servizio universale, che suddetta disposizione del Trattato FUE tende a garantire. Infatti, per riprendere i termini di una giurisprudenza costante, siffatti organi giurisdizionali nazionali, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, sono dotati della facoltà o sono, eventualmente, tenuti a adire la Corte in via pregiudiziale quando una decisione sull’interpretazione o sulla validità del diritto dell’Unione è loro necessaria per poter pronunciarsi ( 26 ).

    58.

    Di conseguenza, ritengo che la Corte non sia competente a statuire sulle questioni pregiudiziali sollevate dal Teleklagenævnet.

    59.

    È pertanto in subordine, e nel caso in cui la Corte dovesse ciononostante dichiararsi competente, che esaminerò le questioni pregiudiziali sollevate da tale organo di rinvio.

    III – L’esame, in subordine, delle questioni pregiudiziali

    60.

    L’insieme delle questioni sollevate dal Teleklagenævnet è inteso a stabilire le condizioni alle quali uno Stato membro è tenuto, in conformità dell’articolo 32 della direttiva servizio universale, a versare una compensazione ad un’impresa fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare.

    61.

    Ai fini della mia analisi, esaminerò tali questioni in un ordine diverso da quello presentato dall’organo di rinvio.

    62.

    Inizierò il mio esame analizzando la quinta questione, la quale solleva, a mio avviso, una questione preliminare, ossia quella dell’incidenza del luogo di esecuzione della prestazione di cui trattasi sulle risposte che occorrerà fornire alle questioni dalla prima alla quarta.

    63.

    Proseguirò poi la mia analisi esaminando le questioni relative all’interpretazione della direttiva servizio universale.

    64.

    In un primo tempo, affronterò l’esame della quarta questione, concernente il metodo di calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale.

    65.

    In un secondo tempo, esaminerò le questioni relative alle modalità di finanziamento dei servizi obbligatori supplementari. In tale ambito, analizzerò congiuntamente la prima, la sesta e la settima questione, in quanto esse riguardano ciascuna le norme di base applicabili alla concessione e al calcolo dell’indennizzo dovuto per la fornitura di tali servizi. In tale occasione, risponderò all’ottava questione, relativa all’effetto diretto dell’articolo 32 della direttiva servizio universale. Infine, analizzerò la seconda e la terza questione, le quali riguardano più in dettaglio il calcolo di tale indennizzo.

    A – Sulla quinta questione, relativa allo status particolare della Groenlandia

    66.

    Con la quinta questione, il Teleklagenævnet si chiede se il fatto che la TDC fornisca il servizio obbligatorio supplementare di cui trattasi alla Groenlandia influisca sulle soluzioni da fornire alle questioni dalla prima alla quarta, relative all’interpretazione dell’articolo 32 della direttiva servizio universale.

    67.

    La problematica suscitata dalla presente causa risiede pertanto nel fatto che il servizio di sicurezza e di soccorso marittimo non è offerto dalla TDC unicamente nel territorio di uno Stato membro dell’Unione, bensì anche in un PTOM. Si pone pertanto la questione se lo status particolare di cui gode la Groenlandia implichi che la Corte adotti un approccio diverso, con riferimento all’interpretazione della direttiva servizio universale, da un lato, e all’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato, dall’altro, da quello che la stessa adotterebbe qualora l’operatore fornisse tale servizio unicamente nel territorio dello Stato membro.

    68.

    In primo luogo, il fatto che la TDC fornisca il servizio di cui trattasi alla Groenlandia non incide, a mio avviso, sull’applicabilità delle norme relative agli aiuti di Stato al caso di specie. Infatti, il finanziamento in questione riguarda un finanziamento pubblico, proveniente dalle risorse del Regno di Danimarca, e va a beneficio di un’impresa danese situata nel territorio nazionale. Tale punto non solleva pertanto alcuna difficoltà particolare.

    69.

    Del tutto diversa è la questione dell’applicabilità della direttiva servizio universale. Per comprendere la portata di tale questione, è opportuno interessarsi brevemente della situazione particolare e dello status della Groenlandia rispetto al diritto dell’Unione.

    70.

    I PTOM, presi in considerazione nell’ambito dell’allegato II al Trattato FUE e dei quale fa parte la Groenlandia, sono «territori» legati ad uno Stato membro per motivi storici o politici. Essi non costituiscono Stati sovrani muniti di personalità giuridica internazionale. Per quanto riguarda la Groenlandia, essa fa parte integrante del Regno di Danimarca. Essa dispone, cionondimeno, di uno status di autonomia interna ottenuto il 1o maggio 1979, che ne fa una «comunità distinta in seno al Regno di Danimarca», e che è stato rafforzato a seguito della legge sull’autonomia della Groenlandia adottata dal Parlamento danese il 20 giugno 2009.

    71.

    Come indicato dalla Corte nella sentenza Antillean Rice Mills e a./Commissione ( 27 ), «benché i PTOM siano paesi e territori associati che hanno legami particolari con [l’Unione], essi tuttavia non fanno parte di quest’ultima» ( 28 ). I Trattati, e in particolare gli articoli 52 TUE e 355, punto 2, TFUE, accordano pertanto a tali territori uno status particolare, fondato su un regime speciale di associazione imperniato sullo sviluppo economico e sociale dei PTOM. Tale regime viene definito in termini generali nell’ambito della quarta parte del Trattato FUE, la quale raggruppa gli articoli da 198 TFUE a 204 TFUE e, per quanto riguarda la Groenlandia, nell’ambito del protocollo (n. 34) concernente il regime particolare applicabile alla Groenlandia, allegato ai Trattati UE e FUE.

    72.

    Sfortunatamente, tali disposizioni non consentono di determinare con certezza se il regime speciale di associazione dei PTOM fondi un ordinamento giuridico autonomo e proprio nel quale solo gli articoli da 198 TFUE a 204 TFUE e gli atti adottati sulla base dei medesimi sarebbero loro applicabili, oppure se tale regime costituisca una lex specialis, applicabile in caso di necessità al posto delle norme generali del Trattato FUE.

    73.

    Le disposizioni che figurano nella quarta parte del Trattato FUE sono infatti redatte in termini ambigui, e la giurisprudenza non fornisce, peraltro, risposte chiare. Tali difficoltà sono state perfettamente riassunte dall’avvocato generale Cruz Villalón nelle sue conclusioni nella causa Prunus e Polonium ( 29 ). Dopo aver illustrato i due orientamenti giurisprudenziali della Corte ( 30 ), l’avvocato generale Cruz Villalón ha considerato che «la qualificazione di un PTOM come Stato membro o come paese terzo è una questione che non ammette soluzioni categoriche e deve semmai essere esaminata, caso per caso, in funzione dell’ambito normativo pertinente e tenendo in debita considerazione le finalità perseguite dal regime speciale di associazione previsto dalla quarta parte del [Trattato FUE]» ( 31 ).

    74.

    Questa impostazione mi trova d’accordo. Mi sembra, infatti, che le disposizioni del Trattato FUE e del suo diritto derivato debbano essere applicabili ai PTOM, a meno che esse non siano soppiantate da norme specifiche previste agli articoli da 198 TFUE a 204 TFUE, o a meno che esse non compromettano gli obiettivi perseguiti nell’ambito del regime di associazione.

    75.

    Orbene, nella causa principale è evidente che la prestazione di un servizio obbligatorio supplementare alle condizioni stabilite dall’articolo 32 della direttiva servizio universale partecipa agli obiettivi del regime di associazione concluso con la Groenlandia, in quanto essa contribuisce allo sviluppo economico e sociale di tale territorio e favorisce gli interessi dei suoi abitanti, in conformità degli obiettivi di cui agli articoli 198 TFUE e 199 TFUE. Inoltre, nessuna disposizione specifica prevista nell’ambito degli articoli da 198 TFUE a 203 TFUE o nell’ambito del protocollo (n. 34) concernente il regime particolare applicabile alla Groenlandia, allegato ai Trattati UE e FUE, osta ad una siffatta applicabilità.

    76.

    Di conseguenza, ritengo che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, il fatto che l’impresa incaricata del servizio obbligatorio supplementare di cui all’articolo 32 della direttiva servizio universale fornisca tale servizio non solo nel territorio dello Stato membro, bensì anche nel territorio di un PTOM non incide né sull’interpretazione che deve essere data alle disposizioni di tale direttiva né sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato.

    B – Sulla quarta questione, relativa al metodo di calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale

    77.

    Con la quarta questione, il Teleklagenævnet chiede alla Corte se la direttiva servizio universale osti a che uno Stato membro tenga conto, ai fini del calcolo del costo netto sostenuto da un’impresa che fornisce il servizio universale, dell’insieme dei ricavi e dei costi collegati alla prestazione del servizio di cui trattasi, e segnatamente di quelli che l’impresa avrebbe avuto senza tali obblighi.

    78.

    La risposta a tale questione si trova nel testo stesso della direttiva servizio universale.

    79.

    Come previsto dal considerando 4 di tale direttiva, il fatto di assicurare un servizio universale può comportare la prestazione di determinati servizi a determinati utenti finali a prezzi che si discostano da quelli risultanti dalle normali condizioni di mercato. È per questa ragione che il legislatore dell’Unione ha previsto, come risulta dal considerando 18 di suddetta direttiva, che gli Stati membri, ove necessario, dovrebbero istituire meccanismi di finanziamento del costo netto derivante dagli obblighi di servizio universale qualora sia dimostrato che tali obblighi possono essere assunti solo in perdita o ad un costo netto superiore alle normali condizioni commerciali.

    80.

    In tal senso, in conformità dell’articolo 12, paragrafo 1, primo comma, della direttiva servizio universale, le ARN devono calcolare i costi netti derivanti dalla fornitura del servizio universale allorché ritengono che essa possa comportare un onere eccessivo per l’impresa fornitrice.

    81.

    Il legislatore ha illustrato in dettaglio i metodi di calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale all’articolo 12, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva servizio universale e li ha precisati al considerando 19 e all’allegato IV, parte A, di tale direttiva.

    82.

    Emerge anzitutto dall’articolo 12, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della suddetta direttiva che gli Stati membri devono calcolare il costo netto dell’obbligo di servizio universale tenendo conto degli eventuali vantaggi commerciali derivanti all’impresa fornitrice.

    83.

    Si evince inoltre dall’allegato IV, parte A, della direttiva servizio universale che il costo netto consiste nella differenza tra il costo netto delle operazioni dell’impresa quando è soggetta ad obblighi di servizio universale e il costo netto delle operazioni in assenza di tali obblighi. Il legislatore dell’Unione aggiunge che gli Stati membri devono riservare particolare attenzione alla corretta valutazione dei costi che le imprese avrebbero scelto di evitare se non fossero state soggette a tali obblighi.

    84.

    Il legislatore dell’Unione precisa, infine, che il calcolo del costo netto deve tenere in debita considerazione non solo i costi e i ricavi, bensì anche i vantaggi immateriali derivanti dalla fornitura del servizio universale ( 32 ).

    85.

    Occorre parimenti aggiungere che, ai sensi del considerando 17 della sua decisione 2012/21, la Commissione ha indicato che, per quanto riguarda l’indennizzo di un’impresa incaricata di un servizio di interesse economico generale, il costo netto da prendere in considerazione poteva essere calcolato come differenza fra i costi sostenuti per la gestione del servizio di interesse economico generale (in prosieguo: il «SIEG») e le entrate derivanti da tale servizio oppure come differenza fra il costo netto sostenuto dal gestore in presenza dell’obbligo di servizio pubblico e il costo netto o l’utile derivante al gestore in assenza di tale obbligo.

    86.

    Alla luce di tali elementi, ritengo, pertanto, che l’articolo 12, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva servizio universale debba essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale mediante la quale uno Stato membro tenga conto, ai fini del calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale, dell’insieme dei ricavi e dei costi collegati alla fornitura di tale servizio, e segnatamente di quelli che l’impresa avrebbe avuto se non fosse stata fornitrice del suddetto servizio.

    C – Sulla prima, sulla sesta e sulla settima questione, relative alle norme e ai principi applicabili alla compensazione di un’impresa che fornisce un servizio obbligatorio supplementare

    87.

    La prima, la sesta e la settima questione invitano la Corte a precisare le norme e i principi che governano il finanziamento, da parte dello Stato membro, dei servizi obbligatori supplementari.

    88.

    Con la prima questione, il Teleklagenævnet chiede, in sostanza, alla Corte se l’articolo 32 della direttiva servizio universale osti a che uno Stato membro si rifiuti di indennizzare un’impresa fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare adducendo che il costo di tale servizio è recuperato tramite gli utili da essa realizzati in forza dei suoi obblighi di servizio universale.

    89.

    Con la sesta questione, il Teleklagenævnet si interroga in merito all’incidenza sull’interpretazione di tale disposizione delle norme relative agli aiuti di Stato fissate non solo agli articoli 107, paragrafo 1, TFUE e 108, paragrafo 3, TFUE, bensì anche nella decisione 2012/21. Tale decisione stabilisce le condizioni alle quali uno Stato membro è esente dall’obbligo di notifica preventiva alla Commissione di un aiuto di Stato versato sotto forma di compensazione per un SIEG reso, quando tale compensazione può essere ritenuta compatibile con l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE.

    90.

    Analogamente, il Teleklagenævnet si interroga, con la settima questione, in merito all’incidenza sull’interpretazione dell’articolo 32 della direttiva servizio universale del principio della minima distorsione del mercato, sul quale si fonda il legislatore dell’Unione nell’ambito di tale direttiva ( 33 ).

    91.

    Esaminerò congiuntamente queste tre questioni, in quanto le norme e i principi presi in considerazione dal Teleklagenævnet nella sesta e nella settima questione non influenzano, bensì governano l’attuazione degli obblighi risultanti dalla direttiva servizio universale, e segnatamente i meccanismi di compensazione che devono essere introdotti ai fini del finanziamento del servizio universale e dei servizi obbligatori supplementari.

    92.

    Per i motivi che procederò adesso ad illustrare, ritengo che uno Stato membro non possa, in forza dell’articolo 32 della direttiva servizio universale, rifiutarsi di indennizzare un’impresa fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare qualora il costo di tale servizio sia recuperato tramite gli utili da essa realizzati in forza dei suoi obblighi di servizio universale.

    93.

    Al pari della Commissione, ritengo che i regimi di compensazione previsti dalla direttiva servizio universale, relativi, da un lato, al servizio universale e, dall’altro, ai servizi obbligatori supplementari, siano indipendenti gli uni dagli altri, e che i costi netti sostenuti per ciascuno di tali servizi debbano costituire l’oggetto di una contabilità separata, in modo da garantire che l’integralità del gettito derivante dal servizio universale non entri nel calcolo del costo netto del servizio obbligatorio supplementare e non condizioni la concessione della compensazione dovuta in forza della prestazione di tale servizio.

    94.

    È vero che l’obbligo di tenere una contabilità separata non è espressamente previsto nell’ambito del finanziamento dei servizi obbligatori supplementari. Cionondimeno, tale requisito risulta dai principi fissati dal legislatore dell’Unione nell’ambito della direttiva servizio universale e dall’applicabilità delle norme relative agli aiuti di Stato.

    95.

    In primo luogo, le norme sancite all’articolo 32 della direttiva servizio universale implicano che l’impresa fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare venga indennizzata. È vero che il legislatore dell’Unione non precisa in maniera dettagliata i principi applicabili a tale compensazione. Esso si limita a vietare agli Stati membri di ripercuotere il costo di tale servizio sugli operatori di reti e di servizi di comunicazione elettronica presenti sul mercato nazionale ( 34 ). Il legislatore dell’Unione mira in tal modo a garantire che i contributi versati dagli operatori del mercato siano direttamente collegati alla fornitura del servizio universale e non si estendano ad attività connesse o accessorie. Il suo obiettivo consiste nel garantire una minima distorsione del mercato, evitando di far sopportare agli operatori del settore, e segnatamente ai nuovi operatori, tramite la creazione di un fondo settoriale, oneri finanziari sproporzionati ( 35 ). Nessuna delle imprese del settore, fra le quali figura l’impresa fornitrice, deve pertanto essere chiamata a contribuire al finanziamento di un servizio obbligatorio supplementare.

    96.

    Il testo dell’articolo 32 della direttiva servizio universale implica dunque che l’impresa fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare non sia tenuta a sostenere il costo collegato alla prestazione di tale servizio e possa ottenere dallo Stato membro una compensazione di tale costo.

    97.

    I termini di tale disposizione sono, a tal riguardo, sufficientemente precisi e incondizionati per esplicare, a mio avviso, un effetto diretto.

    98.

    In tali condizioni, ritengo che uno Stato membro non possa adottare una normativa nazionale volta, in definitiva, a privare di una compensazione l’impresa fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare.

    99.

    In secondo luogo, le norme relative al finanziamento del servizio universale implicano una separazione contabile delle attività che rientrano nell’ambito del servizio universale e di quelle derivanti da altri tipi di servizi, fra i quali figurano i servizi obbligatori supplementari. In tal senso, ai fini del calcolo della compensazione, gli Stati membri sono tenuti a prendere in considerazione unicamente i ricavi realizzati dal fornitore del servizio universale nell’ambito della fornitura di tale servizio ( 36 ).

    100.

    Il requisito di una separazione contabile figura all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/21. Ai sensi di tale disposizione, le imprese sono obbligate a tenere una contabilità separata che consenta di individuare tutti i fattori di costo e ricavo relativi alle loro attività attinenti alla fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica, qualora esse godano, inoltre, di diritti speciali od esclusivi per la fornitura di servizi in altri settori nello stesso Stato membro.

    101.

    Tale requisito è stato ripreso nell’ambito della direttiva servizio universale con riferimento alla fornitura del servizio universale.

    102.

    Infatti, il rispetto dei principi contemplati dal legislatore dell’Unione agli articoli da 12 a 14 di tale direttiva, i quali devono essere letti in combinato disposto con i considerando 3, 18, da 22 a 25 e con l’allegato IV della suddetta direttiva, implica che il regime di compensazione sia direttamente collegato al costo netto generato dagli obblighi di servizio universale, come del resto confermato dalla Corte nella sua giurisprudenza ( 37 ). Si evince in tal senso dai considerando 3 e 18 della direttiva servizio universale che gli Stati membri sono tenuti a versare alle imprese designate un compenso per il costo netto «specifico sostenuto» per la fornitura del servizio universale. Il rispetto di tali principi esige, da parte delle ARN, che esse stabiliscano una distinzione fra il costo netto collegato al servizio universale, da un lato, e i costi legati alla fornitura di servizi che non rientrano nell’ambito del capo II di tale direttiva, dall’altro, a prescindere dal fatto che si tratti di servizi obbligatori supplementari o di servizi commerciali. A tal riguardo, il legislatore dell’Unione ha inoltre previsto modalità di finanziamento distinte a seconda della natura del servizio, escludendo in tal modo espressamente il finanziamento settoriale nell’ambito dell’attuazione dell’articolo 32 della suddetta direttiva ( 38 ).

    103.

    Il requisito di una separazione contabile non solo contribuisce alla trasparenza della procedura di finanziamento ( 39 ), ma consente anche di garantire che il finanziamento del servizio universale venga realizzato in un modo neutrale in termini di concorrenza ( 40 ).

    104.

    Un siffatto requisito assicura anche, in conformità del considerando 18 della direttiva servizio universale, che il finanziamento del servizio universale e dei servizi obbligatori supplementari rispetti le norme sugli aiuti di Stato ( 41 ).

    105.

    La separazione contabile costituisce, infatti, un requisito che governa la concessione, da parte degli Stati membri, delle compensazioni dovute per la prestazione di servizi di interesse economico generale.

    106.

    La prestazione di un servizio obbligatorio supplementare rientra manifestamente, al pari del servizio universale, nell’ambito di un servizio di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE. Anche se i servizi obbligatori supplementari non possono essere qualificati come «servizio universale» ai sensi della direttiva servizio universale, ciò non toglie che, per la loro natura e per la loro finalità, essi rispondono alle stesse preoccupazioni cui risponde il servizio universale, e sono forniti nelle stesse condizioni ( 42 ). In tal senso, la fornitura di un servizio obbligatorio supplementare viene effettuata, nella maggior parte dei casi, ad un prezzo che diverge da quello fissato in normali condizioni commerciali.

    107.

    Orbene, le compensazioni accordate dagli Stati membri per la prestazione di un servizio di interesse economico generale sono soggette al rispetto delle regole fissate dal legislatore dell’Unione agli articoli 107 TFUE e 108 TFUE. Per evitare che tali compensazioni siano qualificate come «aiuti di Stato» incompatibili con l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, l’intervento statale deve dunque soddisfare le quattro condizioni cumulative enunciate dalla Corte nella sentenza Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg ( 43 ). Tali condizioni sono le seguenti:

    in primo luogo, l’impresa beneficiaria deve essere effettivamente incaricata dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico e detti obblighi devono essere definiti in modo chiaro;

    in secondo luogo, i parametri sulla base dei quali viene calcolata la compensazione devono essere previamente definiti in modo obiettivo e trasparente, al fine di evitare che essa comporti un vantaggio economico atto a favorire l’impresa beneficiaria rispetto alle imprese concorrenti;

    in terzo luogo, la compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire interamente o in parte i costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto degli introiti relativi agli stessi nonché di un margine di utile ragionevole, e,

    in quarto luogo, il livello della compensazione deve essere determinato sulla base di un’analisi dei costi che un’impresa media, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata dei mezzi necessari, avrebbe dovuto sopportare qualora l’impresa non fosse stata scelta nell’ambito di una procedura di appalto pubblico.

    108.

    Qualora tali criteri non vengano rispettati e qualora le condizioni generali di applicabilità dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE siano soddisfatte, le compensazioni versate dallo Stato membro all’impresa fornitrice del servizio di interesse economico sociale costituiranno allora aiuti di Stato e saranno soggette alle disposizioni di cui agli articoli 106 TFUE, 107 TFUE e 108 TFUE.

    109.

    La Commissione ha chiarito ciascuna di tali condizioni nella sua comunicazione sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale ( 44 ). Orbene, con riferimento ai principi che governano la concessione e il calcolo di una compensazione, essa si è preoccupata di precisare, al punto 56 di tale comunicazione, che, «[i]n tale contesto, possono essere presi in considerazione soltanto i costi direttamente connessi alla prestazione del [SIEG]» ( 45 ).

    110.

    La Commissione ha parimenti precisato, all’articolo 5, paragrafo 3, della sua decisione 2012/21, che la compensazione concessa ad un’impresa incaricata della gestione di un servizio di interesse economico generale poggia sul principio di una contabilità analitica che consente di identificare ciascuno dei costi collegati alla prestazione del servizio di cui trattasi.

    111.

    Si osservi che tale requisito di una separazione contabile figurava già nell’ambito della direttiva 2006/111/CE della Commissione, del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese ( 46 ). Ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 2006/111, ogni impresa incaricata della gestione di un servizio di interesse economico generale, la quale riceva compensazioni per prestazioni di servizio pubblico in relazione a tale servizio ed eserciti anche altre attività, è obbligata a tenere una contabilità separata che consenta di imputare i costi e i ricavi alle diverse attività di cui trattasi.

    112.

    Nella specie, in una causa come quella di cui al procedimento principale, il rispetto di un obbligo del genere consente, inoltre, di garantire che l’impresa fornitrice sia del servizio universale sia del servizio obbligatorio supplementare non verrà penalizzata. Infatti, tale separazione contabile consente di evitare che non vengano doppiamente presi in considerazione i ricavi realizzati dall’impresa in forza dei suoi obblighi di servizio universale, da un lato, ai fini del calcolo del costo netto dell’obbligo di servizio universale e, di conseguenza, della compensazione concessa a tale titolo e, dall’altro, ai fini del calcolo del costo netto del servizio obbligatorio supplementare e, di conseguenza, della concessione della compensazione versata per il servizio obbligatorio supplementare. Una siffatta prassi penalizzerebbe necessariamente l’impresa fornitrice, in quanto graverebbe quest’ultima del costo del servizio obbligatorio supplementare, in contrasto con i termini stessi dell’articolo 32 della direttiva servizio universale.

    113.

    Come si vedrà nelle considerazioni svolte di seguito, ciò non esclude, cionondimeno, che i ricavi ottenuti nell’ambito degli obblighi di servizio universale possano essere presi in considerazione in una fase successiva, nell’ambito della valutazione del carattere eccessivo o ingiustificato dell’onere gravante sull’impresa fornitrice.

    114.

    Alla luce di tale elementi, ritengo pertanto che l’articolo 32 della direttiva servizio universale debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che consenta allo Stato membro di respingere la domanda di compensazione proposta da un’impresa fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare adducendo che il costo di tale servizio è coperto dagli introiti da essa realizzati in forza dei suoi obblighi di servizio universale.

    115.

    Sulla scorta della soluzione che propongo di fornire a tale questione, occorre adesso esaminare l’ottava questione proposta dal Teleklagenævnet.

    D – Sull’ottava questione, relativa all’effetto diretto dell’articolo 32 della direttiva servizio universale

    116.

    Con l’ottava questione, il Teleklagenævnet si chiede se l’articolo 32 della direttiva servizio universale sia munito di effetto diretto.

    117.

    Per costante giurisprudenza, qualora uno Stato membro si astenga dal recepire una direttiva entro i termini o non l’abbia recepita correttamente, i singoli sono legittimati a invocare contro detto Stato membro le disposizioni di tale direttiva che appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise ( 47 ).

    118.

    Nella presente causa, è vero che l’articolo 32 della direttiva servizio universale non precisa le regole di calcolo che uno Stato membro è tenuto ad adottare ai fini della concessione di una compensazione all’impresa fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare. A tal riguardo, e fatto salvo il rispetto delle norme relative agli aiuti di Stato, gli Stati membri dispongono pertanto di un margine discrezionale.

    119.

    Cionondimeno, l’articolo 32 della direttiva servizio universale genera a favore dell’impresa fornitrice del servizio obbligatorio supplementare il diritto ad ottenere una compensazione dei costi collegati alla fornitura di tale servizio. Escludendo il finanziamento settoriale, il legislatore dell’Unione vieta agli Stati membri di far sostenere il costo di suddetto servizio dalle imprese del settore, fra le quali figura l’impresa fornitrice, e impone una compensazione pubblica. I termini di tale disposizione sono, a mio avviso, sufficientemente precisi e incondizionati per avere, a tal riguardo, un effetto diretto.

    120.

    In tali circostanze, uno Stato membro non può adottare un metodo di calcolo dei costi collegati alla prestazione del servizio obbligatorio supplementare, il quale si risolva nel privare l’impresa fornitrice di tale servizio del diritto ad essere indennizzata.

    121.

    Alla luce di tali considerazioni, ritengo che l’articolo 32 della direttiva servizio universale, in quanto genera a favore dell’impresa fornitrice del servizio obbligatorio supplementare il diritto ad ottenere una compensazione dei costi collegati alla fornitura di tale servizio, sia munito di effetto diretto.

    E – Sulla seconda e sulla terza questione, relative all’esistenza di un onere ingiustificato che da diritto ad una compensazione

    122.

    Le ultime due questioni che affronterò invitano la Corte a precisare le condizioni alle quali gli Stati membri possono tenere conto dell’esistenza di un onere ingiustificato in capo all’impresa fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare ai fini della concessione di una compensazione.

    123.

    Con la seconda questione, il Teleklagenævnet chiede anzitutto alla Corte se la direttiva servizio universale osti ad una normativa nazionale che subordini la concessione di una siffatta compensazione all’esistenza di un onere ingiustificato in capo all’impresa fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare.

    124.

    Per il caso in cui tale direttiva non osti ad una siffatta normativa nazionale, esso chiede, con la terza questione, se, ai fini della valutazione del carattere ingiustificato di tale onere, uno Stato membro possa tenere conto dei profitti realizzati dall’impresa fornitrice del servizio obbligatorio supplementare nell’ambito dei suoi obblighi di servizio universale.

    125.

    A mio avviso, nulla osta ad una siffatta normativa.

    126.

    Infatti, non si evince né dall’articolo 32 della direttiva servizio universale né da altre disposizioni di quest’ultima che il legislatore dell’Unione abbia voluto fissare esso stesso le condizioni alle quali le ARN devono calcolare il costo netto della fornitura di un servizio obbligatorio supplementare e le condizioni alle quali queste ultime sono tenute a ritenere che suddetta fornitura possa rappresentare un onere ingiustificato per l’impresa fornitrice.

    127.

    In tali condizioni, in assenza di una normativa specifica, gli Stati membri sono, a mio avviso, liberi di fissare le condizioni alle quali deve essere calcolato il costo del servizio obbligatorio supplementare e l’onere che ne risulta a carico dell’impresa fornitrice designata, a condizione, cionondimeno, che essi rispettino le norme in materia di aiuti di Stato quali risultano dalle condizioni enunciate dalla Corte nella sentenza Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (EU:C:2003:415) e, in particolare, i principi che governano la concessione, da parte degli Stati membri, delle compensazioni di servizio pubblico.

    128.

    Di conseguenza, questi ultimi sono liberi di esaminare se l’impresa fornitrice del servizio obbligatorio supplementare sia effettivamente soggetta ad un onere ingiustificato prima di attuare un meccanismo di compensazione in ragione dei costi sostenuti da tale impresa.

    129.

    È questo il sistema fissato dal legislatore dell’Unione nell’ambito del finanziamento del servizio universale agli articoli 12 e 13 della direttiva servizio universale.

    130.

    Si evince infatti dal considerando 21 della direttiva servizio universale che il legislatore dell’Unione ha inteso collegare i meccanismi di finanziamento dei costi netti generati dalla fornitura del servizio universale all’esistenza di un onere eccessivo per l’impresa.

    131.

    Al fine di procedere alla compensazione, gli Stati membri devono calcolare dunque il costo netto rappresentato dalla fornitura di tale servizio per ciascuna delle imprese interessate in conformità del metodo di calcolo previsto dall’articolo 12 della direttiva servizio universale e precisato al considerando 19 nonché all’allegato IV, parte A, della medesima ( 48 ). Una volta determinato tale costo netto, gli Stati membri possono poi valutare se l’impresa fornitrice del servizio universale sia effettivamente soggetta ad un onere ingiustificato o eccessivo e decidere quindi, su richiesta di tale impresa, di adottare le modalità di compensazione in ragione del suddetto costo.

    132.

    Infatti, come rilevato dalla Corte, il costo netto del servizio universale non rappresenta necessariamente un onere eccessivo per tutte le imprese interessate e il costo netto di fornitura del servizio universale non da automaticamente adito ad un diritto all’indennizzo ( 49 ).

    133.

    La Corte ha definito la nozione di onere eccessivo o ingiustificato nella sua giurisprudenza. Si tratta dell’onere che, per ogni impresa interessata, presenta un carattere eccessivo rispetto alla sua capacità di sostenerlo tenuto conto dell’insieme delle sue caratteristiche proprie, in particolare del livello delle sue attrezzature, della sua situazione economica e finanziaria nonché della sua quota di mercato ( 50 ).

    134.

    Qualora un obbligo di servizio universale rappresenti un onere eccessivo per un’impresa, lo Stato membro è dunque autorizzato a indennizzare quest’ultima tramite un meccanismo di recupero o di compensazione dei costi. Poiché la compensazione comporta trasferimenti finanziari, gli Stati membri provvedono affinché tali trasferimenti siano effettuati in modo obiettivo e trasparente, nel rispetto delle norme sugli aiuti di Stato e in modo da comportare distorsioni minime della concorrenza e della domanda.

    135.

    Non ravviso alcuna ragione che osti a che uno Stato membro applichi per analogia tali disposizioni ai fini della determinazione della compensazione versata per la prestazione di servizi obbligatori supplementari. Al contrario. Le regole fissate agli articoli 12 e 13 della direttiva servizio universale sono intese a garantire i principi di trasparenza, obiettività, non discriminazione e proporzionalità ( 51 ), sui quali poggia il finanziamento. Esse rispondono parimenti alle preoccupazioni espresse dalla Corte nella sentenza Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (EU:C:2003:415) e alle condizioni da essa fissate affinché le compensazioni di servizio pubblico esulino dall’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

    136.

    Ad eccezione delle norme specifiche collegate alla natura del finanziamento, mi sembra dunque perfettamente logico che la compensazione dell’impresa fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare soddisfi requisiti identici a quelli stabiliti nell’ambito della prestazione del servizio universale.

    137.

    Infatti, come ho rilevato, anche se i servizi obbligatori supplementari non possono essere qualificati come «servizio universale» ai sensi della direttiva servizio universale, ciò non toglie che, per la loro natura e per la loro finalità, essi rispondono alle stesse preoccupazioni alle quali risponde il servizio universale e sono forniti alle stesse condizioni. In tal senso, la fornitura di un servizio obbligatorio supplementare viene eseguita, nella maggior parte dei casi, ad un prezzo che diverge da quello fissato in normali condizioni commerciali. Nell’ambito della direttiva servizio universale, il legislatore dell’Unione assoggetta la prestazione dei servizi obbligatori supplementari, come la fornitura del servizio universale, al rispetto degli stessi principi, e in particolare al rispetto delle norme sugli aiuti di Stato.

    138.

    Per quanto riguarda la compensazione dei costi collegati alla fornitura dei servizi obbligatori supplementari, gli Stati membri continuano dunque ad essere tenuti a rispettare le regole sugli aiuti di Stato, quali risultano dalle condizioni enunciate dalla Corte nella sua sentenza Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (EU:C:2003:415), e in particolare i principi che governano la concessione, da parte degli Stati membri, delle compensazioni di servizio pubblico.

    139.

    Gli Stati membri devono pertanto garantire che i parametri di calcolo della compensazione non si traducano in una distorsione della concorrenza sul mercato e non comportino, di conseguenza, un vantaggio economico atto a favorire l’impresa beneficiaria rispetto alle imprese concorrenti. Secondo la Commissione, tale compensazione non deve pertanto eccedere quanto necessario per coprire interamente o in parte i costi netti specificamente originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto degli introiti relativi agli stessi, pena il rischio di costituire un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno. Tuttavia, gli Stati membri sono parimenti tenuti ad assicurare all’impresa fornitrice un margine di utile ragionevole ( 52 ).

    140.

    Il legislatore dell’Unione, collegando, nell’ambito del servizio universale, il finanziamento dei costi netti originati dalla fornitura del servizio all’esistenza di un onere eccessivo per l’impresa, risponde all’insieme di tali preoccupazioni.

    141.

    Per i motivi appena illustrati e poiché non esiste, a mio avviso, alcuna ragione per distinguere le modalità relative alla compensazione di un’impresa a seconda che esse riguardino la fornitura di un servizio universale o la prestazione di un servizio obbligatorio supplementare – ad eccezione, evidentemente, di quelle relative alla natura del finanziamento –, ritengo che uno Stato membro possa assoggettare la concessione di una compensazione versata per la fornitura di un servizio obbligatorio supplementare all’esistenza di un onere ingiustificato in capo all’impresa fornitrice.

    142.

    Tenuto conto della soluzione che propongo di fornire a tale questione, occorre adesso esaminare la terza questione sottoposta dal Teleklagenævnet alla Corte.

    143.

    Questi si chiede se uno Stato membro possa tenere conto dell’utile conseguito dall’impresa fornitrice del servizio obbligatorio supplementare nell’ambito dei suoi obblighi di servizio universale per valutare se l’onere ad esso incombente a causa della prestazione del servizio obbligatorio rappresenti un onere ingiustificato o eccessivo.

    144.

    Rammento che la Corte, nella sua giurisprudenza, ha definito la nozione di onere eccessivo o ingiustificato come onere che, per ogni impresa interessata, presenti un carattere eccessivo rispetto alla sua capacità di sostenerlo, tenuto conto dell’insieme delle sue caratteristiche proprie, in particolare del livello delle sue attrezzature, della sua situazione economica e finanziaria nonché della sua quota di mercato ( 53 ).

    145.

    Orbene, i ricavi ottenuti dall’impresa nell’ambito dei suoi obblighi di servizio universale contribuiscono direttamente alla sua capacità economica e finanziaria. Di conseguenza, mi sembra che tali ricavi possano essere presi in considerazione non nel calcolo del costo netto del servizio obbligatorio supplementare, bensì nell’ambito della valutazione del carattere ingiustificato o eccessivo dell’onere che l’impresa deve sopportare per la fornitura di tale servizio.

    146.

    Alla luce dell’insieme di tali elementi, ritengo che la direttiva servizio universale non osti ad una normativa nazionale che assoggetta la concessione di una compensazione versata per la fornitura di un servizio obbligatorio supplementare all’esistenza di un onere ingiustificato per l’impresa fornitrice del suddetto servizio. A tal riguardo, uno Stato membro, ai fini della valutazione del carattere ingiustificato di tale onere, può tenere conto degli utili realizzati da tale impresa nell’ambito dei suoi obblighi di servizio universale.

    IV – Conclusione

    147.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la Corte non sia competente a risolvere le questioni sollevate dal Teleklagenævnet nella sua decisione di rinvio del 25 aprile 2013.

    148.

    In via subordinata, propongo alla Corte di risolvere come segue le questioni pregiudiziali del Teleklagenævnet:

    1)

    In una situazione come quella di cui al procedimento principale, il fatto che l’impresa incaricata del servizio obbligatorio supplementare di cui all’articolo 32 della direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, fornisca tale servizio non solo nel territorio dello Stato membro, bensì anche nel territorio di un paese o territorio d’oltremare non incide né sull’interpretazione che deve essere data alle disposizioni di tale direttiva né sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato.

    2)

    L’articolo 12, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva servizio universale, come modificata dalla direttiva 2009/136, deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale mediante la quale uno Stato membro tenga conto, ai fini del calcolo del costo netto degli obblighi di servizio universale, dell’insieme dei ricavi e dei costi collegati alla fornitura di tale servizio, e segnatamente di quelli che l’impresa avrebbe avuto se non fosse stata fornitrice del suddetto servizio.

    3)

    L’articolo 32 della direttiva servizio universale, come modificata dalla direttiva 2009/136, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che consenta allo Stato membro di respingere la domanda di compensazione presentata da un’impresa fornitrice di un servizio obbligatorio supplementare adducendo che il costo di tale servizio è coperto dai profitti da essa realizzati in forza dei suoi obblighi di servizio universale.

    4)

    L’articolo 32 della direttiva servizio universale, come modificata dalla direttiva 2009/136, in quanto genera a favore dell’impresa fornitrice del servizio obbligatorio supplementare il diritto ad ottenere una compensazione dei costi collegati alla fornitura di tale servizio, è munito di effetto diretto.

    5)

    La direttiva servizio universale, come modificata dalla direttiva 2009/136, non osta ad una normativa nazionale che assoggetti la concessione di una compensazione versata per la fornitura di un servizio obbligatorio supplementare all’esistenza di un onere ingiustificato per l’impresa fornitrice del suddetto servizio. A tal riguardo, uno Stato membro, ai fini della valutazione del carattere ingiustificato di tale onere, può tenere conto degli utili realizzati da tale impresa nell’ambito dei suoi obblighi di servizio universale.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) Direttiva del Parlamento e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) (GU L 108, pag. 51), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento e del Consiglio, del 25 novembre 2009 (GU L 337, pag. 11; in prosieguo: la «direttiva servizio universale»).

    ( 3 ) V. articolo 1, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva.

    ( 4 ) V. articolo 29 della direttiva servizio universale.

    ( 5 ) Si evince dalla decisione di rinvio che, in pratica, i servizi di sicurezza sono forniti alla Groenlandia dalla Tele Greenland A/S, un’impresa detenuta dalle autorità autonome della Groenlandia, mentre la TDC si limita a coprire le spese legate alla prestazione di tali servizi.

    ( 6 ) Si evince dalla decisione di rinvio che, all’epoca dei fatti della controversia di cui al procedimento principale, l’organo competente in materia di telecomunicazioni era Den danske telemyndighed. Da allora, le competenze di tale organo sono state trasferite all’Erhvervsstyrelsen. Si tratta dell’autorità nazionale di regolamentazione (in prosieguo: l’«ARN») incaricata, segnatamente, della sorveglianza del settore in conformità dell’articolo 3 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU L 108, pag. 33).

    ( 7 ) Si evince dalla decisione di rinvio che, a seguito della diffida e del parere motivato notificati dalla Commissione europea rispettivamente il 27 gennaio e il 29 settembre 2011, il governo danese ha modificato la propria legislazione in modo da accollarsi le spese del servizio obbligatorio supplementare di cui trattasi a partire dal 1o aprile 2012. Ritenendo, tuttavia, che la legislazione anteriore non fosse contraria alla direttiva servizio universale, il governo danese ha dichiarato che tale modifica non aveva effetto retroattivo e non consentiva di coprire le spese sostenute per la prestazione dei servizi di sicurezza di cui trattasi prima del 1o aprile 2012.

    ( 8 ) GU 2012, L 7, pag. 3.

    ( 9 ) Direttiva della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica (GU L 249, pag. 21).

    ( 10 ) V., segnatamente, sentenze Dorsch Consult (C‑54/96, EU:C:1997:413, punto 23); Syfait e a. (C‑53/03, EU:C:2005:333, punto 29); RTL Belgium (C‑517/09, EU:C:2010:821, punto 36), e Belov (C‑394/11, EU:C:2013:48, punto 38 e la giurisprudenza citata), nonché, per un’applicazione più recente, ordinanza Merck Canada (C‑555/13, EU:C:2014:92, punto 16).

    ( 11 ) V. sentenza Belov (EU:C:2013:48, punti 40 e 41).

    ( 12 ) Ordinanze ANAS (C‑192/98, EU:C:1999:589, punto 22) e RAI (C‑440/98, EU:C:1999:590, punto 13), concernenti la Corte dei Conti (Italia).

    ( 13 ) V., segnatamente, sentenza Belov (EU:C:2013:48, punto 39 e la giurisprudenza citata).

    ( 14 ) In prosieguo: la «legge sulle telecomunicazioni».

    ( 15 ) In prosieguo: il «regolamento n. 383».

    ( 16 ) Punti 28 e 29.

    ( 17 ) Tale libertà non sarebbe riconosciuta all’Erhvervsstyrelsen, il quale, ai sensi della giurisprudenza nazionale, non potrebbe contestare «dinanzi ai tribunali le decisioni emesse nei suoi confronti, fatte salve circostanze del tutto eccezionali» (punto 21 della risposta del governo danese ai quesiti posti dalla Corte).

    ( 18 ) Il governo danese richiama l’articolo 2, paragrafo 6, del regolamento n. 383.

    ( 19 ) C‑506/04, EU:C:2006:587.

    ( 20 ) Punto 49 e la giurisprudenza citata.

    ( 21 ) V., segnatamente, sentenza Wilson (EU:C:2006:587, punti 50 e 51 nonché la giurisprudenza citata); ordinanza Pilato (C‑109/07, EU:C:2008:274, punto 23), e sentenza RTL Belgium (EU:C:2010:821, punto 39).

    ( 22 ) Sentenze Wilson (EU:C:2006:587, punto 52 e la giurisprudenza citata), nonché RTL Belgium (EU:C:2010:821, punto 40).

    ( 23 ) Ordinanza Pilato (EU:C:2008:274, punto 24 e la giurisprudenza citata).

    ( 24 ) I criteri di valutazione dell’indipendenza e dell’imparzialità di un organo giurisdizionale sono stati ampiamente elaborati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, e sono stati recentemente richiamati nella sua sentenza Grande Stevens et autres c. Italie del 4 marzo 2014 (§ 132 e segg.). V., parimenti, Cour eur. D.U., sentenza Parti travailliste géorgien c. Géorgie dell’8 luglio 2008, nella quale la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sottolineato, a proposito delle commissioni elettorali della Georgia, che il fatto che sette membri su quindici di ciascuna di tali commissioni, tra cui i presidenti – muniti di un voto decisivo –, fossero nominati dal presidente della Georgia e dal suo partito poteva rimettere in discussione l’imparzialità e l’indipendenza dell’organo chiamato a definire una controversia (§ 106). Tale Corte ha sottolineato che la composizione delle commissioni elettorali non offriva freni a fronte del potere del presidente, e che tali commissioni non integravano il criterio di indipendenza richiesto, ma essa non ha tuttavia concluso nel senso di una violazione dell’articolo 3 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Parigi il 20 marzo 1952, difettando la prova di atti di abuso di potere (§§ 110 e 111).

    ( 25 ) L’avvocato generale Jacobs, al paragrafo 33 delle sue conclusioni nella causa Syfait e a. (EU:C:2004:673), ha ritenuto che il ristretto numero di posti riservati ai giuristi all’interno della Commissione ellenica per la concorrenza non consentisse di escludere il carattere di «organo giurisdizionale», in quanto tale organo era preposto ad un settore tecnico complesso dove, oltre alle qualificazioni giuridiche, erano necessarie anche competenze economiche e tecniche.

    ( 26 ) V. sentenza Belov (EU:C:2013:48, punto 52).

    ( 27 ) C‑390/95 P, EU:C:1999:66.

    ( 28 ) Punto 36.

    ( 29 ) C‑384/09, EU:C:2010:759, paragrafi da 23 a 40.

    ( 30 ) V. paragrafi da 37 a 39 delle conclusioni. L’avvocato generale Cruz Villalón menziona, da un lato, la sentenza Eman e Sevinger (C‑300/04, EU:C:2006:545), nella quale la Corte ha dichiarato che un cittadino di uno Stato membro residente in un PTOM può invocare i diritti di cittadinanza dell’Unione di cui agli articoli 18 TFUE e seguenti, estendendo così il diritto di suffragio passivo nelle elezioni al Parlamento europeo a coloro che risiedono in un PTOM (punto 29). In tale caso, l’avvocato generale Cruz Villalón spiega che si è in presenza di una situazione in cui il Trattato FUE non si è effettivamente pronunciato chiaramente sul proprio grado di applicabilità. Dall’altro, egli prende in considerazione la sentenza van der Kooy (C‑181/97, EU:C:1999:32), nella quale, al contrario, la Corte ha ritenuto che i PTOM dovessero essere trattati alla stregua di paesi terzi (punti da 34 a 39). Occorre parimenti richiamare i pareri 1/78 (EU:C:1979:224) e 1/94 (EU:C:1994:384), nei quali la Corte ha dichiarato che i PTOM sono esclusi dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e, pertanto, si trovano nei confronti dell’Unione nella stessa situazione dei paesi terzi (rispettivamente punti 61 e 62 nonché punto 17).

    ( 31 ) Paragrafo 39 delle presenti conclusioni.

    ( 32 ) Tali vantaggi consistono, ad esempio, nel vantaggio tecnico e commerciale risultante dall’estensione della rete del fornitore rispetto ad un operatore che agisce in condizioni normali di mercato, oppure dall’immagine di mercato associata alla posizione di operatore del servizio universale.

    ( 33 ) Il legislatore dell’Unione definisce il principio della minima distorsione del mercato al considerando 23 della direttiva servizio universale. Il rispetto di tale principio esige, a suo avviso, che i contributi vengano riscossi in modo da ridurre al minimo l’impatto dell’onere finanziario che grava sugli utenti finali, per esempio ripartendo i contributi nel modo più ampio possibile.

    ( 34 ) V., al riguardo, considerando 21 della direttiva servizio universale, ove il legislatore dell’Unione precisa che i «dispositivi di finanziamento dovrebbero garantire che i soggetti del mercato contribuiscano unicamente al finanziamento degli obblighi di servizio universale e non ad attività che non sono direttamente legate alla fornitura di tale servizio» (il corsivo è mio). V., parimenti, considerando 25 di tale direttiva, al quale esso aggiunge che, se ogni Stato membro è libero di imporre misure speciali non riconducibili ad obblighi di servizio universale, essi devono cionondimeno prevedere un finanziamento conforme al diritto dell’Unione e che non implichi contributi prelevati dagli attori presenti sul mercato.

    ( 35 ) V. punto 2.5 della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: una disciplina di qualità per i servizi di interesse generale in Europa [COM(2011) 900 definitivo].

    ( 36 ) V., al riguardo, considerando 19 della direttiva servizio universale, il quale stabilisce che «[i]l calcolo del costo netto del servizio universale dovrebbe tenere in debita considerazione i costi e i ricavi nonché i vantaggi immateriali derivanti dalla fornitura del servizio universale» (il corsivo è mio).

    ( 37 ) Sentenza Commissione/Belgio (C‑222/08, EU:C:2010:583, punti da 49 a 52).

    ( 38 ) Infatti, nell’ambito del finanziamento degli obblighi di servizio universale, la maggior parte degli Stati membri ha optato per un finanziamento settoriale. Nel 2011, solo la Repubblica ceca, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia hanno adottato disposizioni affinché tali costi siano coperti esclusivamente da un finanziamento pubblico, mentre la Repubblica di Malta e la Repubblica portoghese hanno previsto un finanziamento misto pubblico‑privato (v., a tal riguardo, comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: relazione sui risultati della consultazione pubblica e del terzo riesame periodico del contenuto del servizio universale conformemente all’articolo 15 della direttiva 2002/22/CE [COM(2011) 795 definitivo, pag. 13]).

    ( 39 ) Il considerando 19 della direttiva servizio universale dispone che i «costi netti derivanti dagli obblighi di servizio universale dovrebbero essere calcolati in base a procedure trasparenti» (il corsivo è mio).

    ( 40 ) V. articoli 1, paragrafo 1, e 3, paragrafo 2, della direttiva servizio universale, nonché sentenza Commissione/Francia (C‑220/07, EU:C:2008:354, punto 29).

    ( 41 ) V., parimenti, considerando 3 della direttiva servizio universale, nonché articolo 6 della direttiva 2002/77. V., anche, sentenza Commissione/Francia (EU:C:2008:354, punto 30).

    ( 42 ) Se si consulta il sito Internet dell’Erhvervsstyrelsen, si constata, a tal riguardo, che la fornitura dei servizi di cui trattasi è stata integrata negli obblighi che rientrano nel servizio universale.

    ( 43 ) C‑280/00, EU:C:2003:415, punti da 88 a 94.

    ( 44 ) GU 2012, C 8, pag. 4.

    ( 45 ) Il corsivo è mio.

    ( 46 ) GU L 318, pag. 17.

    ( 47 ) V., in tal senso, sentenza El Dridi (C‑61/11 PPU, EU:C:2011:268, punto 46).

    ( 48 ) Ho specificato tale metodo di calcolo ai paragrafi da 81 a 84 delle presenti conclusioni.

    ( 49 ) Sentenza Commissione/Belgio (EU:C:2010:583, punto 49).

    ( 50 ) Idem.

    ( 51 ) V. sentenza Commissione/Francia (EU:C:2008:354, punto 29) e articolo 6 della direttiva 2002/77.

    ( 52 ) V. considerando 3 della direttiva servizio universale; punti 3.4 e 3.5 della comunicazione menzionata al paragrafo 109 delle presenti conclusioni, nonché considerando 15 della decisione 2012/21.

    ( 53 ) Sentenza Commissione/Belgio (EU:C:2010:583, punto 49).

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