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Document 62012CC0556

Conclusioni dell'avvocato generale Cruz Villalón del 16 gennaio 2014.
TDC A/S contro Teleklagenævnet.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Østre Landsret - Danimarca.
Rinvio pregiudiziale - Reti e servizi di comunicazione elettronica - Direttiva 2002/19/CE - Articolo 2, lettera a) - Accesso e uso di elementi di rete specifici e risorse correlate - Articoli 5, 8, 12 e 13 - Competenza delle autorità nazionali di regolamentazione - Obbligo relativo all’accesso e uso di elementi di rete specifici e risorse correlate - Impresa che dispone di un potere significativo su un determinato mercato - Allacciamento privato fra il punto di distribuzione della rete di accesso e il punto terminale di rete presso l’utilizzatore finale - Proporzionalità dell’obbligo di soddisfare le richieste ragionevoli di accesso e di autorizzare l’uso di elementi di rete specifici e risorse correlate - Direttiva 2002/21/CE - Articolo 8 - Obiettivi generali per lo svolgimento delle funzioni delle autorità nazionali di regolamentazione.
Causa C-556/12.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2014:17

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 16 gennaio 2014 ( 1 )

Causa C‑556/12

TDC A/S

contro

Teleklagenævnet

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret [Danimarca])

«Direttiva 2002/19/CE — Accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate — Articolo 2, lettera a) — Definizione di “accesso” — Articoli 8 e 12 — Facoltà dell’autorità nazionale di regolamentazione di imporre obblighi agli operatori di telecomunicazioni — Obbligo di un’impresa proprietaria di una rete in fibra ottica di fornire all’utente finale, su richiesta di un’altra impresa di telecomunicazioni, un allacciamento con cavo della lunghezza massima di 30 metri — Proporzionalità della misura — Considerazione di elementi quali l’investimento iniziale o l’esistenza di un sistema di determinazione dei prezzi»

1. 

Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, l’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca) chiede alla Corte di giustizia di interpretare gli articoli 2, lettera a), 8 e 12 della direttiva 2002/19/CE, relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate ( 2 ). Più in particolare, il giudice del rinvio chiede se sia compatibile con tali disposizioni l’imposizione all’operatore proprietario di una rete in fibra ottica dell’obbligo di installare cavi di allacciamento su richiesta di un altro operatore concorrente, sempreché il cavo da installare sia di lunghezza inferiore a 30 metri.

2. 

La causa solleva varie questioni di interesse, in quanto la direttiva 2002/19 non è chiara in tutte le sue disposizioni e, tra l’altro, non specifica se l’installazione di un cavo di allacciamento, e segnatamente l’ampliamento della rete esistente su richiesta di un concorrente, costituisca un’ipotesi di «accesso» ai sensi della medesima direttiva.

I – Contesto normativo

3.

La direttiva 2002/19, come modificata dalla direttiva 2009/140/CE, definisce, all’articolo 2, la nozione di «accesso» nei seguenti termini:

«a)

per “accesso”: si intende il fatto di rendere accessibili risorse e/o servizi ad un’altra impresa a determinate condizioni, su base esclusiva o non esclusiva, al fine di fornire servizi di comunicazione elettronica anche quando sono utilizzati per la prestazione di servizi della società dell’informazione o di servizi di radiodiffusione di contenuti. Il concetto comprende, tra l’altro, l’accesso agli elementi della rete e alle risorse correlate, che può comportare la connessione di apparecchiature con mezzi fissi o non fissi (ivi compreso, in particolare, l’accesso alla rete locale nonché alle risorse e ai servizi necessari per fornire servizi tramite la rete locale); l’accesso all’infrastruttura fisica, tra cui edifici, condotti e piloni; l’accesso ai pertinenti sistemi software, tra cui i sistemi di supporto operativo; l’accesso a sistemi informativi o banche dati per l’ordinazione preventiva, la fornitura, l’ordinazione, la manutenzione, le richieste di riparazione e la fatturazione; l’accesso ai servizi di traduzione del numero o a sistemi che svolgono funzioni analoghe; l’accesso alle reti fisse e mobili, in particolare per il roaming; l’accesso ai sistemi di accesso condizionato per i servizi di televisione digitale e l’accesso ai servizi di rete virtuale».

4.

La suddetta direttiva prevede altresì, agli articoli 8 e 12, che le autorità nazionali possano imporre obblighi agli operatori di telecomunicazioni. Ai fini del presente procedimento, occorre evidenziare le seguenti disposizioni dei citati articoli:

«Articolo 8

Imposizione, modifica o revoca degli obblighi

1.   Gli Stati membri garantiscono che le rispettive autorità nazionali di regolamentazione abbiano l’autorità di imporre gli obblighi individuati negli articoli da 9 a 13 bis.

2.   Qualora, in esito all’analisi del mercato realizzata a norma dell’articolo 16 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), un operatore sia designato come detentore di un significativo potere di mercato in un mercato specifico, le autorità nazionali di regolamentazione impongono, in funzione delle circostanze, gli obblighi previsti agli articoli da 9 a 13 bis della presente direttiva.

(…)

4.   Gli obblighi imposti ai sensi del presente articolo dipendono dal tipo di problema evidenziato e sono proporzionati e giustificati alla luce degli obiettivi di cui all’articolo 7 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro). Tali obblighi sono imposti solo previa consultazione ai sensi degli articoli 6 e 7 di detta direttiva.

5.   In relazione al primo trattino del paragrafo 3, le autorità nazionali di regolamentazione notificano alla Commissione le proprie decisioni di imporre, modificare o revocare gli obblighi nei confronti dei soggetti del mercato, conformemente alle procedure stabilite dall’articolo 7 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro).

(…)

Articolo 12

Obblighi in materia di accesso e di uso di determinate risorse di rete

1.   Ai sensi dell’articolo 8, le autorità nazionali di regolamentazione possono imporre agli operatori di accogliere richieste ragionevoli di accesso e ad autorizzare l’uso di determinati elementi di rete e risorse correlate, in particolare qualora l’autorità nazionale di regolamentazione reputi che il rifiuto di concedere l’accesso o termini e condizioni non ragionevoli di effetto equivalente ostacolerebbe l’emergere di una concorrenza sostenibile sul mercato al dettaglio o sarebbe contrario agli interessi dell’utente finale.

Agli operatori può essere imposto, tra l’altro:

a)

di concedere a terzi un accesso a determinati elementi e/o risorse di rete, compreso l’accesso agli elementi della rete che non sono attivi e/o l’accesso disaggregato alla rete locale, anche per consentire la selezione e/o la preselezione del vettore e/o l’offerta di rivendita delle linee di abbonati;

(…)

Le autorità nazionali di regolamentazione possono associare a tali obblighi condizioni di equità, ragionevolezza, tempestività.

2.   Nel valutare l’opportunità di imporre gli obblighi di cui al paragrafo 1, e soprattutto se tali obblighi siano proporzionati agli obiettivi definiti nell’articolo 8 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro), le autorità nazionali di regolamentazione tengono conto, in particolare, dei seguenti fattori:

a)

fattibilità tecnica ed economica dell’uso o dell’installazione di risorse concorrenti, a fronte del ritmo di evoluzione del mercato, tenuto conto della natura e del tipo di interconnessione e/o di accesso in questione, fra cui la fattibilità di altri prodotti di accesso upstream quale l’accesso ai condotti;

b)

fattibilità della fornitura dell’accesso proposto, alla luce della capacità disponibile;

c)

investimenti iniziali del proprietario delle risorse, tenendo conto di qualsiasi investimento pubblico effettuato e dei rischi connessi a tali investimenti;

d)

necessità di tutelare la concorrenza a lungo termine, con particolare attenzione ad una concorrenza infrastrutturale economicamente efficace;

e)

se del caso, eventuali diritti di proprietà intellettuale applicabili;

f)

fornitura di servizi paneuropei.

(…)».

II – Fatti e controversia principale

5.

La TDC A/S (in prosieguo: la «TDC») è l’operatore storico danese del settore delle telecomunicazioni, circostanza in virtù della quale essa detiene attualmente un potere significativo sul mercato, in particolare quello dei collegamenti a banda larga mediante reti di cavi in rame, di televisione via cavo e di fibra ottica.

6.

Nel 2009 la TDC ha acquistato la rete in fibra ottica della DONG Energy per un importo di 425 milioni di corone danesi (DKK). A seguito di tale acquisto, la TDC è divenuta un operatore detentore di un potere significativo sul mercato dei collegamenti con reti in fibra ottica.

7.

Considerata la posizione acquisita dalla TDC su detto mercato, la IT- og Telestyrelsen (autorità nazionale per le tecnologie dell’informazione e le telecomunicazioni) le ha imposto vari obblighi in forza degli articoli 8 e 12 della direttiva 2002/19, tra i quali si evidenzia quello in discussione nel presente procedimento. Infatti, la IT- og Telestyrelsen ha imposto alla TDC di provvedere, su richiesta di un operatore concorrente, alla posa di cavi di allacciamento dalla sua rete in fibra ottica all’utilizzatore finale, sempre che ciò non richiedesse lavori di scavo di lunghezza superiore a 30 metri.

8.

La TDC ha impugnato il provvedimento della IT- og Telestyrelsen dinanzi al Teleklagenævnet (Commissione sui ricorsi in materia di telecomunicazioni), che ha respinto il ricorso e ha confermato integralmente il provvedimento impugnato. La TDC ha proposto un nuovo ricorso, questa volta in sede giurisdizionale, dal quale è scaturita la presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

III – Questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

9.

Il 3 dicembre 2012 è pervenuta alla Corte di giustizia la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret, che è così formulata:

«1)

Se la nozione di “accesso” di cui all’articolo 2, lettera a), della direttiva sull’accesso comprenda l’accesso sotto forma di installazione di cavi di allacciamento fra il punto di distribuzione della rete di accesso e il segmento terminale presso l’utilizzatore finale. Se per la questione rilevi il fatto che la lunghezza dei cavi di allacciamento non sia superiore a 30 metri.

2)

Se l’installazione di un cavo di allacciamento della lunghezza massima di 30 metri fra il punto di distribuzione della rete di accesso e il segmento terminale presso l’utilizzatore finale rientri nell’espressione “accesso [a] e (...) uso di determinati elementi di rete e risorse correlate” ai sensi dell’articolo 12 della direttiva sull’accesso, in combinato disposto con gli articoli 2 e 8 della stessa direttiva.

3)

Se, sulla risposta alle prime due questioni in merito all’obbligo di accesso sotto forma dell’obbligo di installazione, ad esempio, di cavi di allacciamento fra il punto di distribuzione della rete di accesso e il segmento terminale presso il consumatore finale, incida il fatto che il proprietario della rete di comunicazione elettronica debba realizzare investimenti che superano notevolmente il costo di acquisto della rete di comunicazioni elettroniche cui si deve dare accesso.

4)

Se per la risposta alla terza questione rilevi la circostanza che il proprietario possa beneficiare di una copertura dei costi di installazione dei cavi di allacciamento mediante un obbligo imposto di controllo dei prezzi».

10.

Hanno presentato osservazioni scritte la TDC, i governi del Regno di Danimarca, del Regno del Belgio e della Repubblica francese, nonché la Commissione europea.

IV – Analisi

11.

Le quattro questioni sollevate dall’Østre Landsret sono sostanzialmente complementari. In un primo momento, con i primi due quesiti, si solleva la questione di principio se l’obbligo di installare un «cavo di allacciamento» possa essere considerato un obbligo di «accesso» ai sensi della direttiva 2012/19. In un secondo momento, si chiede alla Corte quali circostanze consentano di pronunciarsi sulla proporzionalità dell’obbligo imposto. In tale contesto, il giudice del rinvio colloca la questione relativa alla lunghezza massima del cavo di allacciamento nel primo di tali momenti, una scelta che agevola, come si vedrà, la risposta alla questione di principio.

12.

Affronterò in primo luogo la risposta alle prime due questioni, congiuntamente. Dopo avere risposto alla questione di principio, nella risposta alla terza e alla quarta questione mi pronuncerò sulle circostanze che, se debitamente valutate dal giudice nazionale, possono giustificare l’obbligo imposto, in particolare sotto il profilo della proporzionalità.

A – Sulle questioni pregiudiziali prima e seconda

1. Osservazioni presentate alla Corte

13.

Con le questioni pregiudiziali prima e seconda, l’Østre Landsret chiede alla Corte se l’obbligo di installare un cavo di allacciamento su richiesta di un operatore concorrente possa essere considerato una forma di «accesso» ai sensi dell’articolo 2, lettera a), nonché degli articoli 8 e 12, paragrafo 1, della direttiva 2002/19, disposizioni che garantiscono entrambe il diritto di ogni operatore di servirsi delle infrastrutture di telecomunicazioni, conferendogli a tal fine un diritto di accesso alle medesime.

14.

La TDC ha sostenuto nelle sue osservazioni scritte che l’installazione di un cavo di allacciamento non può in nessun caso costituire una modalità di «accesso» a una rete di infrastruttura ai sensi della direttiva 2002/19. A suo parere, l’«accesso» cui fa riferimento l’articolo 2, lettera a), di detta direttiva, che definisce tale nozione, riguarda l’accessibilità alle infrastrutture esistenti, e non la costruzione di infrastrutture nuove. Siffatta interpretazione troverebbe conferma non solo nell’articolo 2, lettera a), ma anche nell’articolo 12, paragrafo 1, della medesima direttiva, che menziona a titolo di ipotesi specifica l’accesso «a determinati elementi e/o risorse di rete, compreso l’accesso agli elementi della rete che non sono attivi e/o l’accesso disaggregato alla rete locale, anche per consentire la selezione e/o la preselezione del vettore e/o l’offerta di rivendita delle linee di abbonati». La TDC rileva che tale direttiva non ha previsto tra le ipotesi specifiche di accesso quella consistente nell’estensione della rete, e in particolare nell’installazione del cavo di allacciamento.

15.

I governi del Regno di Danimarca, del Regno del Belgio e della Repubblica francese, nonché la Commissione europea, hanno sostenuto una tesi contrapposta. In generale, le osservazioni di detti intervenienti propongono un’interpretazione teleologica della direttiva 2002/19, che condurrebbe ad includere nella nozione di «accesso» anche la creazione di un’infrastruttura parzialmente nuova, sempre che ciò costituisca una condizione necessaria per garantire l’effettivo accesso alla rete. Secondo detti intervenienti, laddove un operatore detenga un significativo potere di mercato, come nel caso della TDC, gli operatori concorrenti non si trovano in posizione di parità se i loro servizi possono essere forniti solo qualora la TDC decida di eseguire i lavori di installazione del cavo di allacciamento. Poiché tale cavo viene spesso installato nel momento in cui il consumatore richiede il servizio, la TDC potrebbe subordinare detta installazione alla condizione che il consumatore chieda un servizio prestato da essa stessa e non da un operatore concorrente. Tale rischio giustificherebbe un’interpretazione estensiva del termine «accesso» nei limiti in cui serva ad assicurare, in linea con gli obiettivi della direttiva 2012/19, un’effettiva concorrenza tra gli operatori di telecomunicazioni.

2. Il tenore letterale degli articoli 2, lettera a), 8 e 12, paragrafo 1, della direttiva 2002/19

16.

L’articolo 2, lettera a), della direttiva 2002/19 fornisce una definizione di «accesso» applicabile a tutte le disposizioni di detto testo. Tale definizione ha carattere esaustivo ed include tutte le possibili forme di accesso alla rete cui hanno diritto gli operatori di telecomunicazioni. Lo conferma il preambolo della direttiva, quando enuncia che «[i]l termine “accesso” ha molte accezioni ed è pertanto necessario definire con esattezza in che senso esso è impiegato nell’ambito della presente direttiva (…)» ( 3 ).

17.

Il primo elemento degno di nota appare nella prima frase della disposizione, laddove essa enuncia in generale che l’«accesso» consiste nel «fatto di rendere accessibili risorse e/o servizi ad un’altra impresa a determinate condizioni (…), al fine di fornire servizi di comunicazione elettronica» ( 4 ). Da ciò può dedursi, in generale e per sistematizzare il contenuto del precetto, che la messa a disposizione della rete comprende quelle che si potrebbero definire le dimensioni «passiva» e «attiva», che ricadono ovviamente sul proprietario della rete. Quest’ultimo, infatti, a motivo della sua posizione strategica in quanto proprietario della rete attraverso la quale transitano necessariamente i dati sui quali è basata la comunicazione, assume un obbligo «passivo» di accesso alla rete, vale a dire un obbligo di astensione, di non impedire l’accesso di altri operatori alla sua rete, ma anche un obbligo «attivo», di fare, consistente nella prestazione di servizi diretti esclusivamente a fornire l’accesso.

18.

Sia la dimensione «attiva» che quella «passiva» dell’«accesso» emergono nuovamente dalla seconda frase della disposizione, che fornisce vari esempi di «accesso». In particolare, la disposizione menziona l’accesso «agli elementi della rete e alle risorse correlate, che può comportare la connessione di apparecchiature con mezzi fissi o non fissi (ivi compreso, in particolare, l’accesso alla rete locale nonché alle risorse e ai servizi necessari per fornire servizi tramite la rete locale)» ( 5 ). Come si vede, il proprietario mette a disposizione la propria rete ed è anche tenuto a fornire determinati servizi necessari, vale a dire i servizi indispensabili affinché l’accesso sia reale ed effettivo.

19.

La dimensione «attiva» dell’«accesso» emerge anche dalle altre disposizioni della direttiva 2002/19 rilevanti ai fini del presente procedimento. Infatti, l’articolo 8, nel quale sono enunciati in generale gli obblighi che possono essere imposti dalle autorità nazionali di regolamentazione, non contiene alcuna precisazione quanto al tipo di obbligo, sia di fare sia di non fare, limitandosi ad aggiungere che, qualora un operatore detenga un significativo potere di mercato in un mercato specifico, le autorità nazionali di regolamentazione «impongono, in funzione delle circostanze, gli obblighi previsti agli articoli da 9 a 13 della presente direttiva». Più avanti, il medesimo articolo 8 fa ulteriormente riferimento agli «obblighi» senza specificare il tipo di comportamento esigibile dall’operatore proprietario della rete.

20.

I menzionati articoli da 9 a 13 e, più in particolare, l’articolo 12 concretizzano i possibili contenuti dell’«obbligo» di «accesso» che può essere imposto dalle autorità nazionali di regolamentazione. L’articolo 12 acquista speciale rilevanza nel presente procedimento, poiché riguarda gli obblighi in materia di accesso e di uso di determinate risorse di rete. Come si è già rilevato, l’installazione di cavi di allacciamento, quale richiesta dall’autorità nazionale nel caso di specie, rientrerebbe, in linea di principio, fra tali «determinat[e] (...) risorse».

21.

Il paragrafo 1 del menzionato articolo 12 prevede che le autorità nazionali di regolamentazione possano imporre agli operatori proprietari della rete «di accogliere richieste ragionevoli di accesso e ad autorizzare l’uso di determinati elementi di rete e risorse correlate». La medesima disposizione elenca poi una serie di obblighi che possono essere stabiliti dall’autorità nazionale di regolamentazione. Tale elenco, che ha valore esemplificativo, come ricorda la medesima disposizione con l’espressione introduttiva «tra l’altro», contiene obblighi sia di non fare che di fare. Così, tra i primi, compare l’obbligo di concedere l’accesso agli elementi della rete che non sono attivi o l’accesso disaggregato alla rete locale ( 6 ). Tra i secondi, la disposizione in parola menziona l’obbligo di negoziare in buona fede le domande di accesso ( 7 ), di garantire determinati servizi all’ingrosso per rivendita da parte di terzi ( 8 ) o di fornire determinati servizi necessari per garantire agli utenti l’interoperabilità dei servizi da punto a punto ( 9 ).

22.

Il limite che la direttiva 2002/19 impone alle autorità nazionali di regolamentazione nel caso degli obblighi concernenti l’accesso a determinate risorse risulta dal paragrafo 1, terzo comma, nonché dai paragrafi 2 e 3 del succitato articolo 12. Al momento di stabilire gli obblighi, le autorità nazionali di regolamentazione devono assicurarsi che gli stessi siano conformi a criteri di equità, ragionevolezza, tempestività ( 10 ), nonché valutare una serie di fattori, quali la fattibilità tecnica ed economica dell’obbligo ( 11 ), gli investimenti iniziali del proprietario ( 12 ) o la necessità di tutelare la concorrenza ( 13 ).

23.

Se si considera l’elenco degli obblighi menzionati all’articolo 12, è vero che, come ha fatto valere la TDC nel presente procedimento, non vi compare l’installazione del cavo di allacciamento, vale a dire un lavoro di estensione della rete, su richiesta di un operatore concorrente, fino al punto di destinazione presso l’utilizzatore finale. Tuttavia, come ho esposto poc’anzi, il fatto che tale obbligo non sia incluso nell’elenco non implica, in assoluto, che esso sia incompatibile con i poteri conferiti alle autorità nazionali di regolamentazione dalla direttiva 2002/19. Al contrario, atteso che l’obbligo di accesso, sia esso di fare o di non fare, ha per oggetto, come richiesto dall’articolo 2, lettera a), la «forni[tura di] servizi di comunicazione elettronica», si deve concludere che l’obbligo in parola rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 8 nonché, in particolare, dell’articolo 12.

24.

A prescindere dagli argomenti tratti dal diritto della concorrenza che analizzerò più avanti esaminando gli obiettivi della direttiva 2002/19, in questa fase è sufficiente aggiungere che, alla luce del tenore letterale degli articoli 2, lettera a), 8 e 12 della direttiva 2002/19, l’obbligo di fornire un servizio di installazione di un cavo di allacciamento rientra tra gli obblighi di accesso che possono essere imposti da un’autorità nazionale di regolamentazione.

25.

Infine, occorre tener conto del fatto che l’estensione della rete di cui trattasi non implica in alcun modo l’ampliamento della rete esistente, ma rende solo possibile, ove già esista una rete, il collegamento all’utilizzatore finale. Si tratta, pertanto, di un ampliamento in un senso molto limitato. Inoltre, il fatto che l’obbligo in questione riguardi solo i cavi di allacciamento di lunghezza inferiore a 30 metri conferma che l’obiettivo della misura non è obbligare la TDC ad ampliare la sua rete, ma solo a fornire il collegamento finale laddove tale rete sia già presente.

26.

Pertanto, alla luce del tenore letterale dei citati articoli 2, lettera a), 8 e 12, ritengo che l’obbligo contestato nel procedimento principale abbia ad oggetto una misura di «accesso» alla rete.

3. Gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2002/19

27.

Tale conclusione è avvalorata dall’esame degli obiettivi della direttiva 2002/19, che non si limitano ad assicurare l’interconnessione e l’interoperabilità, ma anche il mantenimento di condizioni di concorrenza fra tutti gli operatori del mercato. Il preambolo di tale direttiva sottolinea come sia importante che il mercato delle telecomunicazioni rimanga scevro da restrizioni tali da impedire alle imprese di competere tra loro apertamente e lealmente. Come evidenzia detto preambolo, gli operatori del settore, compreso logicamente il proprietario della rete, devono agire in modo che nulla impedisca la conclusione di accordi diretti a «realizzare un autentico mercato paneuropeo caratterizzato da una maggiore efficienza, da una concorrenza effettiva, da più ampie possibilità di scelta e da servizi concorrenziali per i consumatori» ( 14 ).

28.

Precisamente, gli obblighi enunciati in generale dall’articolo 8 della direttiva 2002/19, pur essendo determinati dalle autorità nazionali di regolamentazione, vanno rivolti, una volta stabiliti, proprio a quei soggetti che la disposizione definisce «operator[i detentori] di un significativo potere di mercato in un mercato specifico». In altre parole, si tratta di obblighi finalizzati a vincolare un operatore dominante affinché la sua posizione non alteri le condizioni necessarie per il funzionamento del mercato.

29.

Tale preoccupazione emerge chiaramente dall’articolo 12 della direttiva 2002/19, disposizione che assume particolare rilievo nel presente procedimento, in quanto riguarda gli obblighi di accesso a determinate risorse, precisamente quelle in discussione nel caso di specie. Tale disposizione, nella sua ultima frase, dopo avere conferito alle autorità nazionali di regolamentazione la facoltà di imporre obblighi ai proprietari delle reti, indica che tali obblighi possono essere stabiliti «qualora l’autorità nazionale di regolamentazione reputi che il rifiuto di concedere l’accesso o termini e condizioni non ragionevoli di effetto equivalente ostacolerebbe l’emergere di una concorrenza sostenibile sul mercato al dettaglio o sarebbe contrario agli interessi dell’utente finale». Pertanto, il fine ultimo degli obblighi di fare o di non fare menzionati all’articolo 12 della direttiva 2002/19 è assicurare condizioni di concorrenza fra tutti gli operatori. L’«accesso» che detta direttiva è intesa a garantire non costituisce un fine in sé stesso, bensì un mezzo per realizzare un mercato delle telecomunicazioni concorrenziale.

30.

Nel caso di specie, l’obbligo contestato dalla TDC consiste nel dover installare, su richiesta di un operatore concorrente, il cosiddetto cavo di allacciamento, che consente di collegare il punto di distribuzione al segmento terminale presso il consumatore finale. L’installazione è costosa, o almeno così risulta dagli atti. Secondo la TDC, il costo medio dell’installazione di un cavo di allacciamento ammonterebbe a circa DKK 12000 per ogni potenziale utilizzatore finale. Il motivo per cui l’autorità danese ha imposto tale obbligo è che in Danimarca, stando alle informazioni fornite dal governo danese nelle sue osservazioni scritte, vi sono migliaia di abitazioni prive di allacciamento alla rete in fibra ottica. Di regola, il cavo di allacciamento è installato solo qualora l’utilizzatore finale chieda formalmente un prodotto a banda larga sulla rete in fibra ottica. Secondo le autorità nazionali di regolamentazione, il fatto che la TDC possa decidere liberamente quando collegare le abitazioni alla rete in fibra ottica e quali abitazioni debbano essere collegate le conferisce un vantaggio concorrenziale rispetto agli altri operatori. Per tale motivo, l’obbligo di installare il cavo di allacciamento sorge solo su richiesta di un operatore concorrente. Poiché l’adempimento di tale obbligo comporta costi elevati, l’autorità danese ne ha limitato l’applicazione ai casi in cui i lavori debbano coprire una distanza non superiore a 30 metri tra il punto di distribuzione e il segmento terminale.

31.

Concordo con la Commissione europea, nonché con i governi del Regno di Danimarca, del Regno del Belgio e della Repubblica francese, e ritengo che l’obbligo imposto dal Teleklagenævnet sia coerente con il mantenimento di adeguate condizioni di concorrenza nel mercato delle telecomunicazioni, in particolare quello dei servizi prestati mediante fibra ottica. È coerente in quanto l’obbligo consente agli operatori concorrenti di accedere a una rete in modo che fin da questo momento si trovino in condizioni di parità nell’offrire i loro servizi sulla stessa. Nonostante il costo elevato che l’esecuzione dell’obbligo comporta, questione che affronterò esaminando la terza e la quarta questione pregiudiziale, non vi è dubbio che la costruzione degli impianti necessari affinché la rete in fibra ottica raggiunga un maggior numero di abitazioni, specie nel caso di una rete come quella in esame, attualmente in costruzione, costituisce un mezzo adeguato per rendere effettivo il diritto di accesso all’infrastruttura. Non si tratta, quindi, di imporre alla TDC la costruzione di una nuova infrastruttura, come essa ha sostenuto nelle sue osservazioni scritte, bensì di imporle l’esecuzione di lavori di allacciamento, sempre in punti specifici, che consentano l’esercizio del diritto di accesso, al fine di rendere effettive le condizioni di concorrenza fra tutti gli operatori.

4. Ricapitolazione

32.

Alla luce dei suesposti argomenti, ritengo che l’obbligo di installare, su richiesta di un operatore concorrente, un cavo di allacciamento della lunghezza massima di 30 metri possa essere considerato un obbligo di fare ricompreso tra quelli che le autorità nazionali di regolamentazione possono imporre, in forza degli articoli 8 e 12 della direttiva 2002/19, ad un operatore detentore di un significativo potere di mercato. Tale obbligo è coerente non solo con l’obiettivo di rendere possibile l’«accesso» alla rete di fibra ottica in questione, ma anche con quello di assicurare adeguate condizioni di concorrenza fra tutti gli operatori del mercato.

33.

Come prima conclusione intermedia, ritengo che gli articoli 2, lettera a), nonché, in particolare, 8 e 12 della direttiva 2002/19 debbano essere interpretati nel senso che l’«obbligo» di garantire l’«accesso» alle reti di telecomunicazioni possa parimenti includere, in linea di principio e purché sia rispettato il principio di proporzionalità, l’obbligo di installare, su richiesta di un operatore concorrente, un cavo di allacciamento della lunghezza massima di 30 metri. Le circostanze che possono rendere proporzionata siffatta misura saranno analizzate infra, nel contesto della risposta alla terza e alla quarta questione.

B – Sulle questioni pregiudiziali terza e quarta

34.

Con le questioni terza e la quarta esposte nell’ordinanza di rinvio, l’Østre Landsret esprime i propri dubbi circa la possibile incidenza sulla legittimità dell’obbligo imposto alla TDC, in primo luogo, del fatto che il costo dell’obbligo sia superiore a quello dell’investimento realizzato e, in secondo luogo, dell’esistenza di un sistema di controllo dei prezzi che consenta alla TDC di recuperare i suoi costi di installazione.

35.

Sebbene il giudice del rinvio menzioni tali due circostanze in due quesiti distinti, non vi è dubbio che esse incidano alla stessa maniera sulla legittimità della misura. In altre parole, entrambe le circostanze condizionano l’analisi della proporzionalità dell’obbligo imposto alla TDC.

36.

Infatti, l’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2002/19 sottolinea, in riferimento agli obblighi che possono essere imposti dalle autorità nazionali di regolamentazione, che siffatte misure «dipendono dal tipo di problema evidenziato e sono proporzionat[e] e giustificat[e] alla luce degli obiettivi di cui all’articolo [8] della direttiva 2002/21/CE». Gli obiettivi indicati in tale disposizione includono, tra l’altro, la tutela dei consumatori e la garanzia del servizio universale e dell’integrità delle reti ( 15 ).

37.

Considerando sotto questo profilo le questioni poste dal giudice del rinvio, si deve sottolineare come il succitato articolo 12 richieda che gli obblighi imposti agli operatori dalle autorità nazionali di regolamentazione siano «ragionevoli» e che le stesse tengano conto in ogni caso di vari elementi, compreso l’investimento iniziale del proprietario delle risorse. L’articolo 13 della medesima direttiva riguarda poi gli obblighi in materia di controllo dei prezzi che le suddette autorità possono imporre agli operatori. Il paragrafo 1 di tale articolo enuncia chiaramente che, «[p]er incoraggiare gli investimenti effettuati dall’operatore anche nelle reti di prossima generazione, le autorità nazionali di regolamentazione tengono conto degli investimenti effettuati dall’operatore e gli consentono un ragionevole margine di profitto sul capitale investito». Tuttavia, il paragrafo 2 dello stesso articolo aggiunge che i meccanismi di recupero dei costi o di determinazione dei prezzi devono servire «a promuovere l’efficienza e la concorrenza sostenibile ed ottimizz[are] i vantaggi per i consumatori».

38.

Dall’insieme di tali elementi si evince che la proporzionalità dell’obbligo imposto all’operatore dipende, tra altri fattori, dall’investimento iniziale del proprietario delle risorse e dall’esistenza di un metodo di determinazione dei prezzi. Orbene, questa considerazione non implica affatto che dette circostanze incidano automaticamente sul giudizio di proporzionalità. Ciò che la direttiva 2002/19 esige dalle autorità nazionali di regolamentazione è una valutazione che tenga conto di questi e altri fattori. Pertanto, l’investimento iniziale e il metodo di determinazione dei prezzi sono elementi importanti per valutare la proporzionalità del provvedimento, ma la loro assenza può essere compensata dall’esistenza di altri elementi che in definitiva rendano l’obbligo una misura proporzionata.

39.

In ogni caso, tale valutazione non spetta alla Corte di giustizia, ma al giudice nazionale. Si tratta chiaramente di un controllo per il quale occorre analizzare elementi di fatto che non rientrano nell’ambito giurisdizionale di un procedimento pregiudiziale come quello presente. Tutt’al più, la Corte deve fornire gli elementi di interpretazione necessari affinché il giudice del rinvio possa procedere a tale controllo di proporzionalità.

40.

Pur avendo già avuto modo, nell’interpretare la direttiva 2002/19, di insistere sull’importanza della proporzionalità degli obblighi imposti agli operatori ( 16 ), la Corte ha anche sottolineato gli «ampi poteri di intervento» delle autorità nazionali di regolamentazione ( 17 ). Pertanto, l’interpretazione degli articoli 8 e 12 della direttiva 2002/19, e in particolare il controllo di proporzionalità ivi previsto, devono partire dal presupposto che le autorità nazionali di regolamentazione dispongano di un ampio margine di manovra al fine di imporre gli obblighi che considerano necessari agli operatori del mercato e, in particolare, agli operatori più importanti.

41.

Il giudice del rinvio deve poi esaminare se gli scopi perseguiti dal provvedimento dell’autorità nazionale di regolamentazione siano conformi tanto agli obiettivi enunciati dall’articolo 8 della direttiva 2002/21 quanto a quelli contemplati dalla direttiva 2002/19, tra i quali si evidenziano la garanzia dell’accesso degli operatori alle reti di telecomunicazioni, il mantenimento di una concorrenza effettiva tra gli operatori e la qualità del servizio prestato all’utilizzatore finale.

42.

Se gli scopi del provvedimento sono conformi a quelli indicati dalla normativa dell’Unione, il passo successivo consiste nell’effettuare un controllo dell’adeguatezza, della necessità e della proporzionalità in senso stretto del provvedimento. Con il primo si valuta se la misura adottata sia oggettivamente idonea a conseguire gli scopi perseguiti. Con il secondo si valuta se esistano mezzi meno restrittivi per raggiungere tali scopi. Infine, l’esame della proporzionalità in senso stretto richiede una ponderazione tra i beni e gli interessi in gioco.

43.

È proprio nell’ultimo punto – la terza fase del controllo di proporzionalità – che il giudice del rinvio deve stabilire se l’autorità nazionale di regolamentazione abbia adeguatamente ponderato l’onerosità della misura rispetto ai vantaggi che ne derivano. In tale fase è particolarmente importante valutare, da un lato, il costo dell’investimento realizzato dalla TDC e, dall’altro, l’esistenza di un sistema di determinazione dei prezzi che consenta all’operatore di recuperare l’investimento effettuato, nonostante l’obbligo imposto.

44.

Siffatta valutazione spetta ovviamente al giudice del rinvio, il quale deve però tenere conto dei criteri di interpretazione sin qui esposti.

45.

Come seconda conclusione intermedia, ritengo che l’autorità nazionale di regolamentazione, quando imponga un obbligo ai sensi degli articoli 8 e 12 della direttiva 2002/19, debba tenere conto sia dell’investimento iniziale effettuato dal destinatario dell’obbligo, sia dell’esistenza di un metodo di determinazione dei prezzi che consenta all’operatore di recuperare l’investimento realizzato. Orbene, è importante ricordare che tali elementi devono essere valutati, insieme ad altri, nell’ambito di un controllo di proporzionalità che consenta all’autorità nazionale di regolamentazione di adottare un decisione proporzionata.

V – Conclusione

46.

Per le ragioni sopra esposte, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dall’Østre Landsret come segue:

«Gli articoli 2, lettera a), 8 e 12, in combinato disposto con l’articolo 13, della direttiva 2002/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all’interconnessione delle medesime, come modificata dalla direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, devono essere interpretati nel senso che gli obblighi relativi all’accesso a determinate risorse della rete includono quello del proprietario di una rete in fibra ottica, operatore detentore di un significativo potere di mercato, di installare, su richiesta di un operatore concorrente, un cavo di allacciamento della lunghezza massima di 30 metri.

A tal riguardo, le autorità nazionali di regolamentazione devono tenere conto sia dell’investimento iniziale realizzato dal destinatario dell’obbligo, sia dell’esistenza di un metodo di determinazione dei prezzi che consenta all’operatore di recuperare l’investimento realizzato. Il giudice deve valutare, nell’ambito di un controllo di proporzionalità, se l’autorità nazionale di regolamentazione si sia attenuta a tali criteri».


( 1 ) Lingua originale: lo spagnolo.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all’interconnessione delle medesime (GU L 108, pag. 7), come modificata dalla direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, recante modifica delle direttive 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, 2002/19/CE relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all’interconnessione delle medesime e 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (GU L 337, pag. 37).

( 3 ) Terzo considerando..

( 4 ) Il corsivo è mio.

( 5 ) Il corsivo è mio.

( 6 ) Articolo 12, paragrafo 1, lettera a).

( 7 ) Articolo 12, paragrafo 1, lettera b).

( 8 ) Articolo 12, paragrafo 1, lettera d).

( 9 ) Articolo 12, paragrafo 1, lettera g).

( 10 ) Articolo 12, paragrafo1, terzo comma.

( 11 ) Articolo 12, paragrafo 2, lettera a).

( 12 ) Articolo 12, paragrafo 2, lettera c).

( 13 ) Articolo 12, paragrafo 2, lettera d).

( 14 ) Quinto considerando.

( 15 ) Detta disposizione evidenzia inoltre, tra gli altri, i seguenti obiettivi: tutelare gli utenti, in particolare persone disabili e anziane [paragrafo 2, lettera a)]; evitare distorsioni e restrizioni della concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche [paragrafo 2, lettera b)]; incoraggiare un uso efficace e garantire una gestione efficiente delle radiofrequenze e delle risorse di numerazione [paragrafo 2, lettera d)]; rimuovere gli ostacoli residui che si frappongono alla fornitura di reti di comunicazione elettronica, di risorse e servizi correlati e di servizi di comunicazione elettronica a livello europeo [(paragrafo 3, lettera a)]; incoraggiare l’istituzione e lo sviluppo di reti transeuropee e l’interoperabilità dei servizi paneuropei e la connettività da utente a utente (end-to-end) [paragrafo 3, lettera b)].

( 16 ) V. sentenza del 13 novembre 2008, Commissione/Polonia (C-227/07, Racc. pag. I-8403, punto 63), che richiama a sua volta la sentenza del 31 gennaio 2008, Centro Europa 7 (C-380/05, Racc. pag. I-349, punto 81).

( 17 ) Sentenza Commissione/Polonia, cit., punto 66.

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