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Document 62011CC0149

Conclusioni dell'avvocato generale Sharpston del 5 luglio 2012.
Leno Merken BV contro Hagelkruis Beheer BV.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Gerechtshof te 's-Gravenhage - Paesi Bassi.
Marchio comunitario - Regolamento (CE) n. 207/2009 - Articolo 15, paragrafo 1 - Nozione di "uso effettivo del marchio" - Estensione territoriale dell’uso - Uso del marchio comunitario nel territorio di un solo Stato membro - Sufficienza.
Causa C-149/11.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2012:422

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 5 luglio 2012 ( 1 )

Causa C-149/11

Leno Merken BV

contro

Hagelkruis Beheer BV

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof te ’s-Gravenhage (Paesi Bassi)]

«Marchio comunitario — Regolamento n. 207/2009 sul marchio comunitario — Uso effettivo — Luogo di utilizzo»

1. 

La tutela del marchio è prettamente territoriale. Questo perché un marchio è un diritto di proprietà che tutela un segno in un territorio determinato. All’interno dell’Unione Europea, la tutela dei marchi nazionali e del marchio comunitario coesiste. Il titolare di un marchio nazionale può esercitare i diritti connessi a tale marchio nel territorio dello Stato membro a norma del cui diritto il marchio è tutelato. Il titolare di un marchio comunitario può fare lo stesso nel territorio dei ventisette Stati membri, dal momento che il marchio ha efficacia in tutto questo territorio ( 2 ).

2. 

In base all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 207/2009 ( 3 ), del Consiglio (in prosieguo: il «regolamento») il marchio comunitario è sottoposto a sanzioni se entro cinque anni dalla registrazione non ha formato oggetto di un «uso effettivo nella Comunità per i prodotti e servizi per i quali è stato registrato» (salvo motivo legittimo per il mancato uso) ( 4 ).

3. 

Mentre l’ambito di applicazione della tutela di un marchio comunitario è determinato, sul piano giuridico, con riferimento al territorio dei ventisette Stati membri, la questione di dove tale marchio debba formare oggetto di un uso effettivo non deve necessariamente essere risolta nello stesso modo. Nella causa in esame, la Corte è chiamata a determinare l’estensione territoriale dell’uso di un marchio, necessaria per soddisfare la condizione dell’«uso effettivo» di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento e, in particolare, se sia sufficiente l’utilizzo del marchio nel territorio di un solo Stato membro.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione europea in materia di marchi

Il regolamento

4.

I marchi comunitari sono «i marchi di prodotti o di servizi registrati alle condizioni e secondo le modalità previste» dal regolamento ( 5 ). Essi possono consistere di «tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma dei prodotti o del loro imballaggio, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese» ( 6 ).

5.

Ai sensi del secondo considerando del regolamento, «[l]a realizzazione di siffatto mercato e il rafforzamento della sua unità, oltre a implicare l’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione delle merci e alla libera prestazione dei servizi, nonché l’istituzione di un regime atto a garantire che la concorrenza non venga falsata, prevede parimenti l’instaurazione di condizioni giuridiche che consentano alle imprese di adattare prontamente alle dimensioni della Comunità le loro attività di fabbricazione e di distribuzione di beni o di fornitura di servizi». Il secondo considerando così dispone:

«Tra gli strumenti giuridici di cui le imprese dovrebbero disporre a tal fine sono particolarmente appropriati marchi che consentano loro di contraddistinguere i rispettivi prodotti o servizi in modo identico in tutta la Comunità, superando le barriere nazionali».

6.

Il terzo considerando dispone che, onde perseguire tali obiettivi comunitari, «risulta necessario prevedere un regime comunitario dei marchi che conferisca alle imprese il diritto di acquisire, secondo una procedura unica, marchi comunitari che godano di una protezione uniforme e producano i loro effetti sull’intero territorio della Comunità». Questo è il principio del carattere unitario del marchio comunitario, che «dovrebbe applicarsi salvo disposizione contraria del (…) regolamento».

7.

Il sesto considerando riconosce la libertà di un’impresa di registrare un marchio come marchio nazionale o come marchio comunitario, sottolineando che «non sembra infatti giustificato obbligare le imprese a registrare i rispettivi marchi come marchi comunitari». Ai sensi di tale considerando, «i marchi nazionali restano necessari alle imprese che non desiderano una tutela dei loro marchi a livello comunitario».

8.

Ai sensi del decimo considerando «[è] giustificato tutelare i marchi comunitari, nonché, nei loro confronti, i marchi registrati che siano anteriori, soltanto nella misura in cui siano effettivamente utilizzati».

9.

L’articolo 1, paragrafo 2, così dispone:

«Il marchio comunitario ha carattere unitario. Esso produce gli stessi effetti in tutta la Comunità: esso può essere registrato, trasferito, formare oggetto di una rinuncia, di una decisione di decadenza dei diritti del titolare o di nullità e il suo uso può essere vietato soltanto per la totalità della Comunità. Tale principio si applica salvo disposizione contraria del presente regolamento».

10.

La registrazione di un marchio come marchio comunitario conferisce taluni diritti esclusivi al suo titolare. Tali diritti sono elencati, in particolare, nell’articolo 9, che dispone quanto segue:

«1.   Il marchio comunitario conferisce al suo titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare in commercio:

a)

un segno identico al marchio comunitario per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b)

un segno che[,] a motivo della sua identità o somiglianza col marchio comunitario e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio comunitario e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione tra il segno e il marchio;

c)

un segno identico o simile al marchio comunitario per prodotti o servizi che non sono simili a quelli per i quali questo è stato registrato, se il marchio comunitario gode di notorietà nella Comunità e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio comunitario o reca pregiudizio agli stessi.

(…)».

11.

L’articolo 15 prevede che il titolare faccia uso del marchio comunitario:

«1.   Se entro cinque anni dalla registrazione il marchio comunitario non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nella Comunità per i prodotti e servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio comunitario è sottoposto alle sanzioni previste nel presente regolamento, salvo motivo legittimo per il mancato uso.

Ai sensi del paragrafo 1 sono inoltre considerate come uso:

a)

l’utilizzazione del marchio comunitario in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio nella forma in cui esso è stato registrato;

b)

l’apposizione del marchio comunitario sui prodotti o sul loro imballaggio nella Comunità solo ai fini dell’esportazione.

2.   L’uso del marchio comunitario con il consenso del titolare è considerato come effettuato dal titolare».

12.

L’articolo 42, intitolato «Esame dell’opposizione», dispone quanto segue:

«2.   Su istanza del richiedente, il titolare di un marchio comunitario anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che[,] nel corso dei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di registrazione del marchio comunitario, il marchio comunitario anteriore sia stato seriamente utilizzato nella Comunità per i prodotti o i servizi per cui è stato registrato e sui quali si fonda l’opposizione, o che vi siano legittime ragioni per la mancata utilizzazione, purché a quella data il marchio anteriore fosse registrato da almeno cinque anni. In mancanza di tale prova, l’opposizione è respinta. Se il marchio comunitario anteriore è stato utilizzato solo per una parte dei prodotti o dei servizi per cui è stato registrato, ai fini dell’esame dell’opposizione si intende registrato solo per tale parte dei prodotti o dei servizi.

3.   Il paragrafo 2 si applica ai marchi nazionali anteriori di cui all’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), fermo restando che l’utilizzazione nella Comunità è sostituita dall’utilizzazione nello Stato membro in cui il marchio nazionale anteriore è tutelato».

13.

L’articolo 51, intitolato «Motivi di decadenza», così dispone:

«1.   Il titolare del marchio comunitario è dichiarato decaduto dai suoi diritti su domanda presentata all’Ufficio o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione:

a)

se il marchio, per un periodo ininterrotto di cinque anni, non ha formato oggetto di un uso effettivo nella Comunità per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e non vi sono ragioni legittime per la mancata utilizzazione (….);

(…)».

14.

Ai sensi dell’articolo 112, il titolare può richiedere la trasformazione del marchio comunitario in marchio nazionale:

«1.   Il richiedente o il titolare di un marchio comunitario può richiedere la trasformazione della sua domanda o del suo marchio comunitario in domanda di marchio nazionale nella misura in cui:

a)

la domanda di marchio comunitario è respinta, ritirata o considerata ritirata;

b)

il marchio comunitario cessa di produrre i suoi effetti.

2.   La trasformazione non può essere effettuata:

a)

ove il titolare del marchio comunitario sia stato dichiarato decaduto dai suoi diritti per mancanza di utilizzazione di questo marchio, a meno che, nello Stato membro per il quale viene richiesta la trasformazione, il marchio comunitario non sia stato utilizzato con modalità che costituiscono un’utilizzazione effettiva secondo la legislazione nazionale;

(…)».

La direttiva

15.

Ai sensi del nono considerando della direttiva «occorre prescrivere che i marchi di impresa registrati vengano effettivamente usati a pena di decadenza». Tale requisito è volto a «ridurre il numero totale dei marchi di impresa registrati e tutelati nella Comunità, e di conseguenza il numero di conflitti che possono insorgere al riguardo».

16.

L’articolo 10, intitolato «Uso del marchio di impresa», così dispone:

«1.   Se, entro cinque anni dalla data in cui si è chiusa la procedura di registrazione, il marchio di impresa non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio di impresa è sottoposto alle sanzioni previste nella presente direttiva, salvo motivo legittimo per il mancato uso.

(…)».

17.

L’articolo 11, paragrafo 2, così dispone:

«Uno Stato membro può prevedere che un marchio d’impresa non possa essere escluso dalla registrazione a causa dell’esistenza di un marchio di impresa anteriore in conflitto il quale non soddisfi le condizioni di uso di cui all’articolo 10, paragrafi 1 e 2, o, eventualmente, paragrafo 3».

18.

L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva chiarisce che i «marchi di impresa anteriori» comprendono i marchi comunitari.

La Convenzione del Benelux sulla proprietà intellettuale (marchi e disegni o modelli)

19.

La Convenzione del Benelux sulla proprietà intellettuale (marchi e disegni o modelli, in prosieguo: la «Convenzione del Benelux») definisce, tra l’altro, le condizioni per acquisire e mantenere un marchio Benelux e i diritti ad esso associati.

20.

Un marchio Benelux si acquisisce con la registrazione. Nella valutazione dell’anteriorità del deposito ( 7 ), l’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), della Convenzione del Benelux, stabilisce che si tiene conto dei diritti su «marchi identici o somiglianti, registrati per prodotti o servizi identici o analoghi, se possono dar adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante il rischio di associazione con il marchio di impresa anteriore» ( 8 ). Il titolare di tale marchio anteriore può presentare opposizione avverso la registrazione del marchio, ai sensi dell’articolo 2.14.1.

21.

Conformemente all’articolo 2.46, l’articolo 2.3 «si applica [anche] ai marchi comunitari, per i quali, ai sensi del regolamento comunitario sui marchi, viene validamente invocata l’anteriorità per la regione del Benelux (…)».

Causa principale e questioni pregiudiziali

22.

La Leno Merken BV (in prosieguo: la «Leno») e la Hagelkruis Beheer BV (in prosieguo: la «Hagelkruis») sono imprese coinvolte in una controversia concernente la domanda, presentata da quest’ultima il 27 luglio 2009, per la registrazione del segno denominativo «OMEL» come marchio Benelux, per taluni servizi rientranti nelle classi 35, 41 e 45 della classificazione di Nizza ( 9 ). Il 18 agosto 2009, la Leno ha proposto opposizione avverso tale registrazione, sostenendo di essere titolare del marchio comunitario «ONEL», registrato il 2 ottobre 2003 per taluni servizi nelle classi 35, 41 e 42 della classificazione di Nizza ( 10 ). L’opposizione era fondata su argomenti illustrati in una lettera del 26 ottobre 2009 alla quale la Hagelkruis ha replicato in data 2 dicembre 2009.

23.

Con lettera del 6 novembre 2009, la Hagelkruis ha chiesto alla Leno prove dell’uso effettivo del marchio comunitario «ONEL». La Leno ha replicato a tale richiesta in data 19 novembre 2009.

24.

Il 15 gennaio 2010, l’Ufficio del Benelux per la Proprietà intellettuale (in prosieguo: l’«UBPI») ha respinto l’opposizione della Leno, concludendo che alla Hagelkruis doveva essere consentito di registrare il marchio «OMEL» come marchio Benelux.

25.

La Leno ha impugnato tale decisione dinanzi al Gerechtshof te ’s-Gravenhage (Corte d’appello dell’Aja). È pacifico dinanzi a tale giudice che: i) «ONEL» e «OMEL» sono marchi simili; ii) i marchi sono stati registrati per servizi identici o simili; iii) tra «OMEL» e «ONEL» sussiste un rischio di confusione nel pubblico, ai sensi dell’articolo 2.3, lettera b), della Convenzione del Benelux; e iv) la Leno ha effettivamente utilizzato il marchio «ONEL» nei Paesi Bassi. Tra la Leno e la Hagelkruis è controverso se la Leno sia tenuta a dimostrare di avere effettivamente utilizzato il marchio «ONEL» in più di un solo Stato membro, al fine di potersi opporre alla registrazione del marchio «OMEL» da parte della Hagelkruis.

26.

Il giudice del rinvio sottopone alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.

Se l’articolo 15, paragrafo 1, del [regolamento n. 207/2009] debba essere interpretato nel senso che per avere l’uso effettivo di un marchio comunitario sia sufficiente che lo stesso sia utilizzato entro i confini di un solo Stato membro, sempre che detto uso, nel caso di un marchio nazionale, venga considerato come uso effettivo in detto Stato membro (v. dichiarazione comune n. 10, relativa all’articolo 15 del [regolamento n. 40/94] e le direttive dell’UAMI sull’opposizione).

2.

In caso di soluzione negativa della prima questione, se l’uso sopra menzionato di un marchio comunitario in un solo Stato membro non debba mai essere considerato come “uso effettivo” nella Comunità, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, del [regolamento n. 207/2009].

3.

Se l’uso di un marchio comunitario in un solo Stato membro non può mai essere considerato come uso effettivo nella Comunità, quali condizioni siano applicabili, per la valutazione di un uso effettivo nella Comunità, all’estensione territoriale dell’uso di un marchio comunitario – oltre agli altri fattori.

4.

O se – in alternativa a quanto sopra – l’articolo 15 del [regolamento n. 207/2099] debba essere interpretato nel senso che nella valutazione di un uso effettivo nella Comunità si deve completamente prescindere dai confini del territorio dei singoli Stati membri [e riferirsi, ad esempio, alle quote di mercato (mercato del prodotto/mercato geografico)]».

27.

Osservazioni scritte sono state presentate dalla Leno, dalla Hagelkruis, dai governi di Belgio, Danimarca, Germania, Ungheria, Paesi Bassi e Regno Unito nonché dalla Commissione europea.

28.

All’udienza del 19 aprile 2012, la Leno, la Hagelkruis, i governi di Danimarca, Francia e Ungheria nonché la Commissione hanno svolto osservazioni orali.

Valutazione

Osservazioni preliminari

29.

Con le quattro questioni proposte il Gerechtshof te ’s-Gravenhage chiede alla Corte, in sostanza, di determinare l’estensione territoriale all’interno della quale il titolare di un marchio comunitario deve utilizzare il marchio al fine di evitare le sanzioni previste dal regolamento e, quindi, conservare i diritti esclusivi associati al marchio.

30.

La tutela del marchio comunitario non è più giustificata se il marchio non viene effettivamente utilizzato ( 11 ). Se, per fruire della tutela nel territorio di tutti i 27 Stati membri, fosse sufficiente limitarsi a registrare un marchio come marchio comunitario, le imprese potrebbero richiedere la tutela per marchi che non usano o non intendono usare. In tal modo, esse potrebbero privare i concorrenti della possibilità di utilizzare tale marchio, o un marchio simile, al momento di immettere nel mercato interno merci e/o servizi identici o simili a quelli contraddistinti dal marchio. Per tale motivo, un titolare di un marchio comunitario può non essere più legittimato a invocare i diritti di monopolio esclusivo associati al marchio, se entro cinque anni dalla registrazione il marchio non ha formato oggetto di un uso effettivo nella Comunità.

31.

L’ordinanza di rinvio contiene pochi dettagli in merito alla registrazione del marchio «ONEL» come marchio comunitario, o alle circostanze che hanno portato alla conclusione che il marchio abbia formato oggetto di un uso effettivo nei Paesi Bassi ( 12 ). Come risulta dall’ordinanza, la Leno ha sostenuto, senza essere contraddetta, che se «ONEL» fosse stato un marchio dei Paesi Bassi, sarebbe stato considerato oggetto di un uso effettivo nei Paesi Bassi. Alla Corte non sono stati forniti particolari circa il mercato dei servizi contraddistinti dal marchio «ONEL», né circa l’uso specifico di tale marchio nei Paesi Bassi. Esaminerò, pertanto, in termini generali la questione dell’estensione territoriale per la quale deve essere dimostrato l’uso di un marchio comunitario.

Significato di «uso effettivo nella Comunità» di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento

32.

La Corte ha già esaminato in precedenza il significato di «uso effettivo», principalmente con riferimento a marchi nazionali o del Benelux ( 13 ). I marchi nazionali devono «[formare] oggetto (…) di un uso effettivo nello Stato membro» ( 14 ). I marchi comunitari, per contro, devono «[formare] oggetto (…) di un uso effettivo nella Comunità» ( 15 ). Sebbene tali tipi di marchio esistano in base a diverse legislazioni nazionali, ritengo che la funzione del requisito dell’«uso effettivo» sia la stessa. Esso è volto a garantire che il registro non contenga marchi che ostacolino, anziché migliorare, la concorrenza nel mercato, limitando il novero dei segni che possono essere registrati come marchi da altri, non perseguendo alcuno scopo commerciale e non aiutando, di fatto, a distinguere tra merci o servizi nel mercato pertinente, associandoli al titolare del marchio.

33.

Se un marchio comunitario non viene utilizzato in maniera conforme alla sua funzione, la tutela del marchio nel territorio di tutti i ventisette Stati membri deve venir meno. Lo stesso principio si applica ad un marchio nazionale, ma la perdita della tutela è limitata, evidentemente, al territorio dello Stato membro nel quale il marchio è stato registrato. Pertanto, non vedo alcuna ragione per cui la Corte non debba dare alla nozione di «uso effettivo» utilizzata nell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento, un’interpretazione che si accordi, in linea generale, al significato da essa attribuito alla stessa nozione nella direttiva ( 16 ).

34.

I testi dell’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva e dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento differiscono, nondimeno, perché il primo utilizza l’espressione «nello Stato membro», mentre il secondo utilizza l’espressione «nella Comunità». Ciò sembra indicare che il fatto che un marchio comunitario abbia formato oggetto di un uso effettivo dipende dalla valutazione dei criteri pertinenti in una dimensione geografica che trascende quella del contesto in cui l’uso effettivo di un marchio nazionale è dimostrato.

L’uso al di fuori della Comunità è irrilevante

35.

L’espressione «nella Comunità», contenuta nell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento, significa chiaramente che l’uso di un marchio comunitario al di fuori del territorio dei ventisette Stati membri non può contribuire a dimostrare che il marchio ha formato oggetto di un uso effettivo al fine di evitare le sanzioni previste dal regolamento ( 17 ). Siffatta interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 1, è in linea con il principio che la tutela di un marchio comunitario è limitata a tale territorio.

36.

Inoltre, qualora un’interpretazione in senso contrario fosse corretta, non sarebbe stato necessario per il legislatore statuire espressamente nell’articolo 15, paragrafo 1, lettera b), che «ai sensi del paragrafo 1 [è] inoltre considerat[a] come uso» l’apposizione del marchio comunitario sui prodotti o sul loro imballaggio solo ai fini dell’esportazione.

«Uso effettivo nella Comunità» è una nozione inscindibile

37.

La formulazione dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento, non distingue tipi diversi di uso effettivo in funzione del luogo in cui tale uso è effettuato al di fuori della «Comunità». Essa si focalizza sul fatto se il marchio formi oggetto di un «uso effettivo nella Comunità», una nozione, a mio avviso, inscindibile. Ciò significa che «uso effettivo» e «nella Comunità» non sono condizioni cumulative che devono essere prese in esame separatamente.

38.

La Corte ha ammesso che «l’importanza territoriale dell’uso è solo uno dei fattori che devono essere presi in considerazione, tra gli altri, per determinare se [tale uso] sia effettivo oppure no» ( 18 ). Il luogo d’uso è, pertanto, un fattore da prendere in considerazione nel valutare se il marchio sia stato oggetto di un uso effettivo nella Comunità. Non si tratta né di una condizione autonoma, applicabile contemporaneamente al requisito dell’uso effettivo ( 19 ), né di un fattore unico o dominante, che determina cosa costituisca un uso effettivo nella Comunità.

39.

Tale ragione è bastevole, a mio avviso, per ritenere che l’uso di un marchio comunitario all’interno dei confini di un unico Stato membro non è, di per sé, necessariamente sufficiente per caratterizzare un uso effettivo di tale marchio, dal momento che l’importanza territoriale dell’uso è solo uno dei fattori che devono essere presi in considerazione nella valutazione.

Estensione territoriale dell’uso ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento

– Applicazione del criterio utilizzato dalla Corte nella sentenza Pago

40.

Diverse parti che hanno presentato osservazioni rilevano che, nella sentenza HIWATT, il Tribunale ha già dichiarato che «[una seria utilizzazione] presuppone che il marchio sia presente su una parte sostanziale del territorio nell’ambito del quale esso è protetto», vale a dire, la Comunità. ( 20 ). Si tratta dello stesso criterio utilizzato dalla Corte nella sentenza Pago ( 21 ) per determinare se un marchio gode di notorietà nella Comunità ( 22 ).

41.

A mio parere, la sentenza Pago riguardava una questione diversa. In tale sentenza, la Corte ha deciso che, per godere di notorietà nella Comunità, al fine di beneficiare dell’ulteriore protezione prevista dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), del regolamento, un marchio comunitario deve essere conosciuto in una parte significativa del territorio della Comunità, prima che il titolare possa esercitare il diritto contemplato da tale disposizione ( 23 ). Tale territorio può corrispondere al territorio di uno Stato membro. Per contro, nella causa in esame, la Corte è chiamata a determinare l’estensione territoriale dell’uso di un marchio necessaria per evitare sanzioni come la decadenza.

42.

Parto quindi dalla considerazione che l’interpretazione adottata nella sentenza Pago non può essere direttamente applicabile al contesto della decadenza di un marchio comunitario e alla condizione di uso effettivo.

– L’utilizzo del marchio comunitario deve essere sufficiente per conservare o creare quote di mercato interno

43.

Nella sentenza Sunrider, la Corte ha affermato che un marchio nazionale è oggetto di un uso effettivo «allorché assolve alla sua funzione essenziale, che è di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato al fine di trovare o di mantenere per essi uno sbocco» ( 24 ). Esso deve essere «quantitativamente sufficiente per conservare o creare quote di mercato per i prodotti o servizi protetti dal marchio» ( 25 ). Per stabilire se un marchio abbia formato oggetto di un uso effettivo, occorre valutare tutti i fatti e le circostanze del caso di specie, tra cui le caratteristiche del settore economico e del mercato interessati, la natura dei prodotti e servizi tutelati dal marchio e l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio ( 26 ).

44.

In sostanza, quindi, i marchi vengono utilizzati nei mercati. Il mercato pertinente per un marchio comunitario è il mercato interno che, ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, TFUE, comprende «uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali».

– Estensione territoriale dell’uso di un marchio, necessaria per soddisfare la condizione dell’«uso effettivo» di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento

45.

Un marchio comunitario consente alle imprese di adattare le loro attività alle dimensioni del mercato interno. Infatti, esso è stato istituito per le imprese che intendono sviluppare o continuare attività a livello comunitario e che intendono farlo immediatamente o a breve termine. Esso consente a commercianti, consumatori, produttori e distributori di identificare prodotti e servizi nel mercato e contraddistinguerli da quelli di altre imprese in tutta la Comunità. Ciò è coerente con gli obiettivi generali di tutela del marchio comunitario, volti ad incoraggiare e aprire attività economiche in tutto il mercato interno, comunicando informazioni concernenti i prodotti o i servizi contraddistinti dal marchio ( 27 ).

46.

A tal fine, i marchi comunitari sono tutelati in tutto il territorio comunitario, senza alcuna distinzione tra Stati membri fondata sui confini territoriali.

47.

L’articolo 15 del regolamento prevede che, al fine di conservare tale tutela, il marchio comunitario deve «forma[re] oggetto (…) di un uso effettivo nella Comunità per i prodotti e servizi per i quali è stato registrato». Se il marchio non ha formato oggetto di tale uso, il suo titolare può perdere, ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 2, del regolamento, il diritto di opporsi alla domanda di registrazione di un marchio simile per servizi identici o simili ( 28 ). Il principio è applicabile anche qualora il titolare di un marchio nazionale anteriore proponga opposizione avverso la registrazione di un marchio comunitario: in tali circostanze, l’articolo 42, paragrafo 3, del regolamento, prevede che l’utilizzazione nella Comunità sia sostituita dall’utilizzazione nello Stato membro in cui il marchio nazionale anteriore è tutelato. A mio parere, lo stesso principio deve essere applicato, mutatis mutandis, nel caso in cui l’opposizione ad un marchio nazionale si fondi su un marchio comunitario anteriore: al titolare di quest’ultimo può essere richiesto di addurre la prova dell’uso effettivo nella Comunità ( 29 ). Il carattere unitario del marchio comunitario significa che esso deve godere della stessa tutela nei procedimenti di opposizione concernenti la registrazione di marchi nazionali così come di marchi comunitari.

48.

Per determinare se sia soddisfatta la condizione di uso effettivo nella Comunità, ritengo che il giudice nazionale debba esaminare tutte le forme di uso del marchio nel mercato interno. In tale contesto, la definizione geografica del mercato pertinente è tutto il territorio dei 27 Stati membri. I confini tra gli Stati membri e le rispettive dimensioni dei loro territori non sono pertinenti nella presente questione pregiudiziale. Ciò che rileva è la presenza commerciale nel mercato interno di tale marchio e, di conseguenza, dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio.

49.

Nella causa in esame, ritengo che l’uso del marchio nel mercato dei Paesi Bassi faccia parte di tale valutazione e che possa contribuire a determinare se il marchio si sia affermato nel mercato interno per i servizi contraddistinti dal marchio. L’uso (o il mancato uso) al di fuori dei Paesi Bassi è, tuttavia, parimenti rilevante.

50.

In proposito, sussiste una differenza tra marchi nazionali e marchi comunitari. Ai fini della determinazione dell’uso effettivo di un marchio nazionale, sono rilevanti solo i casi di utilizzo nel territorio dello Stato membro in cui il marchio è registrato, anche nel caso in cui il titolare lo utilizzi altrove. L’uso di un marchio comunitario ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento, d’altro canto, deve essere valutato tenendo in considerazione l’uso fattone in tutto il mercato interno. Che un marchio comunitario sia stato utilizzato in uno o più Stati membri è irrilevante. Ciò che rileva è l’impatto dell’uso nel mercato interno: più precisamente, se sia sufficiente per conservare o creare quote in tale mercato, per i prodotti e i servizi contraddistinti dal marchio e se contribuisca ad una presenza dei prodotti e servizi contraddistinti dal marchio, che sia rilevante sotto il profilo commerciale ( 30 ). Che tale uso si traduca in un effettivo successo commerciale è irrilevante ( 31 ).

51.

Nella sentenza La Mer, la Corte ha dichiarato che stabilire se un uso sia quantitativamente sufficiente «dipende da diversi fattori e da una valutazione caso per caso che spetta al giudice nazionale effettuare»; si possono prendere in considerazione «[l]e caratteristiche di tali prodotti o servizi, la frequenza o la regolarità dell’uso del marchio, il fatto che il marchio sia utilizzato per commercializzare tutti i prodotti o i servizi identici dell’impresa titolare o semplicemente alcuni di essi, ovvero ancora le prove relative all’uso del marchio che il titolare è in grado di fornire» ( 32 ). La Corte ha ritenuto che «non è possibile stabilire a priori, astrattamente, quale misura quantitativa debba essere considerata per stabilire se l’uso sia effettivo o meno»; una soglia «non consentirebbe al giudice nazionale di valutare tutte le circostanze della controversia di cui deve conoscere» ( 33 ). Ritengo che tale ragionamento sia applicabile alla valutazione dell’uso effettivo nel suo complesso – compresa, nella misura opportuna, l’estensione territoriale dell’uso del marchio.

52.

A mio parere, la valutazione caso per caso di cosa costituisca uso effettivo implica determinare le caratteristiche del mercato interno per i particolari prodotti e servizi in causa. Essa deve inoltre tenere conto del fatto che tali fattori possono cambiare nel tempo.

53.

La domanda, la fornitura o l’accesso a parti del mercato interno possono essere limitati in funzione, ad esempio, di ostacoli linguistici, costi di trasporto o di investimento, gusti e abitudini dei consumatori. L’uso di un marchio in un territorio in cui il mercato è particolarmente concentrato può, pertanto, rivestire un ruolo più significativo nella valutazione rispetto all’uso dello stesso marchio in una parte del mercato dove le fonti di approvvigionamento sono pressoché inesistenti e la domanda di tali prodotti o servizi non sorge.

54.

Si può inoltre pensare che l’uso locale di un marchio comunitario produca, nondimeno, effetti sul mercato interno, ad esempio, assicurando che i prodotti siano conosciuti – sotto il profilo commerciale – dagli operatori di un mercato più ampio rispetto a quello corrispondente al territorio in cui il marchio viene usato ( 34 ).

55.

Non ritengo, pertanto, che l’uso in un territorio corrispondente a quello di un solo Stato membro precluda necessariamente il fatto che l’uso sia qualificato come effettivo nella Comunità. Al contempo, non ritengo che, ad esempio, l’uso di un marchio in un sito internet consultabile in tutti i ventisette Stati membri costituisca, per definizione, uso effettivo nella Comunità.

56.

Interpretando in questo modo il requisito dell’«uso effettivo nella Comunità», si garantisce ad imprese di ogni tipo la libertà di scegliere se registrare un marchio come marchio nazionale o come marchio comunitario ( 35 ). Il marchio comunitario, e la sua coesistenza con i marchi nazionali, sono stati istituiti con l’obiettivo di soddisfare le esigenze di tutti gli operatori del mercato e non solo quelle delle piccole imprese che operano in un solo Stato membro o in una piccola parte del mercato interno, o delle grandi imprese che operano su una larga parte o su tutto il mercato interno. La tutela del marchio comunitario deve essere accessibile a qualsiasi tipo di impresa che desideri ottenere la protezione del proprio marchio nel territorio di tutti i ventisette Stati membri e che abbia l’obiettivo di usare il marchio in modo da conservare o acquisire quote nel mercato interno pertinente.

57.

Nella causa in esame, ritengo che la decisione del giudice nazionale sull’eventuale soddisfazione della condizione di uso effettivo di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento, non può basarsi sulla sola valutazione dei casi di utilizzo del marchio «ONEL» nei Paesi Bassi. Piuttosto, il giudice nazionale deve prendere in considerazione tutti i casi di utilizzo nel mercato interno, che ovviamente comprendono l’uso nei Paesi Bassi, e tenere conto di ciascun uso nel contesto delle peculiari caratteristiche del mercato e della quota del titolare in detto mercato. Se il giudice nazionale ritiene, ad esempio, che il mercato interno dei servizi contraddistinti dal marchio «ONEL» sia particolarmente concentrato nei Paesi Bassi, ed eventualmente nelle zone limitrofe, può essere attribuito particolare rilievo all’uso del marchio solo nei Paesi Bassi. Al contempo, il giudice nazionale deve ampliare la sua valutazione, includendo forme d’uso che possono non essere rilevanti nella valutazione dell’uso effettivo di un marchio nazionale dei Paesi Bassi come, ad esempio, gli usi del marchio comunitario che fanno conoscere i servizi, sotto un profilo commerciale, ai potenziali clienti al di fuori dei Paesi Bassi.

58.

Nell’effettuare tale valutazione, il giudice nazionale deve, inoltre, tenere presente che non si tratta di dimostrare e valutare fatti statici. Piuttosto, questi possono evolvere nel tempo, ad esempio, nei cinque anni successivi alla registrazione del marchio.

59.

Ritengo, pertanto, che l’espressione «uso effettivo nella Comunità», ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento, si riferisca ad un uso che, tenendo conto delle peculiari caratteristiche del mercato pertinente, sia sufficiente per conservare o creare quote in tale mercato, per i prodotti e i servizi contraddistinti dal marchio comunitario.

60.

Nel giungere a questa conclusione, non ritengo che la dichiarazione comune o le direttive sull’opposizione – documenti che non sono, evidentemente, vincolanti per la Corte – siano necessari all’analisi. A mio parere, il disposto dell’articolo 15, paragrafo 1, ove si tenga conto del suo contesto, del suo oggetto e del suo scopo, è sufficientemente chiaro. In ogni caso, né la dichiarazione comune né le direttive sull’opposizione, sembrano contraddire la mia conclusione.

– Estensione territoriale dell’uso di un marchio comunitario e sua trasformazione in marchio nazionale in caso di mancato uso.

61.

Infine, diversamente da alcune delle parti che hanno presentato osservazioni, ritengo che la mia interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento, non comprometta l’effetto utile dell’articolo 112, paragrafo 1, lettera a), dello stesso regolamento. L’articolo 112 non è decisivo neanche al fine di differenziare il requisito dell’uso effettivo di un marchio comunitario da quello di un marchio nazionale.

62.

L’articolo 112 descrive le circostanze in cui un marchio comunitario può essere trasformato in un marchio nazionale. La trasformazione è esclusa ove «il titolare del marchio comunitario sia stato dichiarato decaduto dai suoi diritti per mancanza di utilizzazione». L’articolo 112, paragrafo 2, lettera a), prevede una deroga a tale regola qualora, «nello Stato membro per il quale viene richiesta la trasformazione, il marchio comunitario non sia stato utilizzato con modalità che costituiscono un’utilizzazione effettiva secondo la legislazione nazionale».

63.

Pertanto, il mancato uso si contrappone, da un lato, all’uso effettivo nella Comunità e, dall’altro, all’uso effettivo di un marchio nazionale ai sensi della legislazione di uno Stato membro. Se, tenuto conto di tutti gli altri fattori, l’uso in un solo Stato membro può costituire uso effettivo nella Comunità, non sussiste il presupposto per la decadenza del marchio e le circostanze in cui la trasformazione è esclusa non si verificano. In talune circostanze, lo stesso utilizzo di un marchio soddisfa le condizioni sia per l’uso effettivo di un marchio comunitario sia per l’uso effettivo di un marchio nazionale. In tal caso, l’articolo 112 non è applicabile. Per contro, qualora un giudice nazionale ritenga che, tenuto conto di tutti i fatti rilevanti della causa, l’uso in uno Stato membro sia insufficiente per formare oggetto di un uso effettivo nella Comunità, può ancora essere possibile trasformare il marchio comunitario in un marchio nazionale, applicando la deroga di cui all’articolo 112, paragrafo 2, lettera a).

Conclusione

64.

Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali poste dal Gerechtshof te ’s-Gravenhage come segue:

L’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 207/2009, del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario deve essere interpretato nel senso che i) per «uso effettivo» di un marchio comunitario non è, di per sé, necessariamente sufficiente l’uso del medesimo entro i confini di un solo Stato membro, tuttavia, ii) è possibile che, tenuto conto di tutti i fatti rilevanti della causa, l’uso di un marchio comunitario in un’area geografica corrispondente al territorio di un solo Stato membro costituisca uso effettivo nella Comunità.

«Uso effettivo nella Comunità», ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, si riferisce ad un uso che, tenendo conto delle peculiari caratteristiche del mercato pertinente, sia sufficiente per conservare o creare quote in tale mercato, per i prodotti e i servizi contraddistinti dal marchio comunitario.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Nelle presenti conclusioni, riprenderò essenzialmente la terminologia usata nei regolamenti e nelle direttive pertinenti, che continuano a fare riferimento all’uso di un marchio comunitario nella Comunità e non sono ancora stati modificati alla luce del Trattato di Lisbona.

( 3 ) Regolamento del 26 febbraio 2009 sul marchio comunitario (GU 2009 L 78, pag. 1). Il regolamento ha codificato le varie modifiche apportate al regolamento (CE) n. 40/94, del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994 L 11, pag. 1), che ha istituito il marchio comunitario. V. primo considerando del regolamento.

( 4 ) Per contro, un marchio nazionale deve «[formare] oggetto (…) di un uso effettivo nello Stato membro» interessato: articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2008/95/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2008 L 299, pag. 25; in prosieguo: la «direttiva»). V. paragrafi 15 e 16 infra.

( 5 ) Articolo 1, paragrafo 1, del regolamento.

( 6 ) Articolo 4 del regolamento.

( 7 ) Per deposito, in tale contesto, si intende la presentazione di una domanda di marchio.

( 8 ) Traduzione libera delle versioni facenti fede della Convenzione del Benelux.

( 9 ) Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato.

( 10 ) Né il giudice del rinvio né le parti che hanno presentato osservazioni, ci hanno comunicato se il marchio «ONEL» sia stato oggetto di una registrazione internazionale. Ai fini delle presenti conclusioni, partirò dal presupposto che il marchio comunitario di cui trattasi non sia stato oggetto di tale registrazione.

( 11 ) Decimo considerando del regolamento.

( 12 ) Si deve tuttavia presupporre che la domanda di registrazione del marchio «ONEL» come marchio comunitario non sia stata pregiudicata dagli impedimenti assoluti o relativi di cui agli articoli 7 e 8 del regolamento. Ad esempio, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, di detto regolamento, la registrazione di un segno come marchio comunitario dev’essere negata se esso è privo di carattere distintivo in una parte della Comunità: v. sentenza del 22 giugno 2006, Storck/UAMI (C-25/05 P, Racc. pag. I-5719, punto 81).

( 13 ) V., ad esempio, sentenze dell’11 marzo 2003, Ansul (C-40/01, Racc. pag. I-2439); del 27 gennaio 2004, La Mer Technology (C-259/02, Racc. pag. I-1159) e dell’11 maggio 2006, Sunrider (C-416/04 P, Racc. pag. I-4237).

( 14 ) Articolo 10, paragrafo 1 della direttiva. Tale disposizione e la direttiva in generale si applicano ai marchi nazionali e ai marchi Benelux: articolo 1 della direttiva.

( 15 ) Articolo 15, paragrafo 1, del regolamento.

( 16 ) V., ad esempio, paragrafo 43 infra.

( 17 ) Ritengo che lo stesso principio sia applicabile ai marchi nazionali: l’uso effettivo in uno Stato membro non può essere dimostrato sulla base dell’uso del marchio al di fuori del territorio di tale Stato membro.

( 18 ) Sentenza Sunrider, cit. alla nota 13 supra, punto 76.

( 19 ) V., inoltre, il memorandum sulla creazione di un marchio CEE, adottato dalla Commissione il 6 luglio 1976, SEC(76) 2462 (luglio 1976), Bollettino delle Comunità europee, Supplemento 8/76, paragrafo 126: «si dovrebbe evitare un’impostazione basata sull’utilizzazione nel territorio di un certo numero di Stati membri» e «sembra essere più opportuna una regolamentazione che imponga un’«“utilizzazione in una parte sostanziale del Mercato comune” o si accontenti di un “uso rilevante all’interno del Mercato comune”».

( 20 ) Sentenza del 12 dicembre 2002, Fernandes/UAMI (HIWATT) (T-39/01, Racc. pag. II-5233, punto 37).

( 21 ) Sentenza del 6 ottobre 2009, Pago (C-301/07, Racc. pag. I-9429).

( 22 ) V. articolo 9, paragrafo 1, lettera c), del regolamento.

( 23 ) Secondo i fatti, «il territorio dello Stato membro in questione [vale a dire l’Austria] può essere considerato configurare una parte sostanziale del territorio della Comunità»: sentenza Pago, cit. alla nota 21 supra, punto 30.

( 24 ) Sentenza Sunrider, cit. alla nota 13 supra, punto 70. V., inoltre, l’ottavo considerando del regolamento.

( 25 ) Sentenza Sunrider, cit. alla nota 13 supra, punto 71 e la giurisprudenza ivi citata.

( 26 ) V. sentenza Sunrider, cit. alla nota 13 supra, punto 70 e la giurisprudenza ivi citata.

( 27 ) Conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Ansul, cit. alla nota 13 supra, paragrafo 44.

( 28 ) In tale contesto, non posso che citare l’osservazione dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer, secondo il quale «gli uffici dei marchi non sono meri depositi di marchi che giacciono in attesa che qualche avventato si spinga ad utilizzarli, e dunque a sfruttarli, con intento, come minimo, speculativo (…)»: conclusioni nella causa Ansul, cit. alla nota 13 supra, paragrafo 42.

( 29 ) La direttiva non contiene una disposizione identica all’articolo 42, paragrafo 3, del regolamento. V. anche articoli 10, paragrafo, 1, e 11, paragrafo 2, della direttiva.

( 30 ) V. paragrafi 41-44 supra.

( 31 ) Concordo pertanto con il Tribunale, che ha adottato la stessa posizione in diverse sentenze. V., ad esempio, sentenza Sunrider/UAMI (VITAFRUIT) (T-203/02, Racc. pag. II-2811, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata). Per fornire un esempio ludico: un affermato venditore di barrette di cioccolato fritte, in Scozia, potrebbe formulare un piano di marketing per espandere la propria attività in Francia, Italia, Estonia e Ungheria. A tale scopo, egli registra un idoneo marchio comunitario. Malgrado ogni sforzo commerciale, il piano si rivela inadeguato: inspiegabilmente, i consumatori in tali Stati membri sembrano prediligere le prelibatezze culinarie nazionali e non sono disposti a lasciarsi tentare dalla nuova offerta. L’assenza di un successo commerciale non inciderebbe sull’analisi della sussistenza di un uso effettivo del marchio. Per contro, il fatto che la domanda del particolare prodotto in questione fosse concentrata, ad un dato momento, in una specifica area geografica sarebbe rilevante per la valutazione.

( 32 ) Sentenza La Mer, cit. alla nota 13 supra, punto 22.

( 33 ) Sentenza La Mer, cit. alla nota 13 supra, punto 25.

( 34 ) Tali effetti extraterritoriali, risultanti dall’utilizzo locale di un marchio nazionale non sono rilevanti ai fini della valutazione dell’uso effettivo nello Stato membro in cui tale marchio è registrato. V. paragrafo 50 supra.

( 35 ) V. sesto considerando del regolamento.

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