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Document 62011CC0059

Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate il 19 gennaio 2012.
Association Kokopelli contro Graines Baumaux SAS.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla cour d’appel de Nancy.
Agricoltura — Direttive 98/95/CE, 2002/53/CE, 2002/55/CE e 2009/145/CE — Validità — Ortaggi — Vendita, sul mercato nazionale dei semi, di sementi da orto non contenute nel catalogo ufficiale comune delle varietà delle specie di ortaggi — Inosservanza del regime di previa autorizzazione all’immissione sul mercato — Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura — Principio di proporzionalità — Libertà d’impresa — Libera circolazione delle merci — Parità di trattamento.
Causa C‑59/11.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2012:28

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 19 gennaio 2012 ( 1 )

Causa C-59/11

Association Kokopelli

contro

Graines Baumaux SAS

[domanda di pronuncia pregiudiziale

proposta dalla Cour d’appel de Nancy (Francia)]

«Agricoltura — Validità — Direttiva 2002/55/CE — Ortaggi — Commercializzazione delle sementi — Divieto di commercializzare sementi di varietà che non sono ammesse ufficialmente e non sono registrate nel catalogo delle varietà — Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura — Principio di proporzionalità — Libertà d’impresa — Libera circolazione delle merci — Parità di trattamento»

I – Introduzione

1.

È noto che nell’agricoltura europea vengono coltivate sempre meno varietà vegetali. Molte varietà tradizionali scompaiono o vengono conservate solo per i posteri in banche di semi. Al loro posto, i campi sono dominati da poche varietà, i cui singoli esemplari sono apparentemente particolarmente simili fra loro.

2.

Per questo motivo, la diversità biologica nell’agricoltura si è drasticamente ridotta. Non si può escludere che ciò comporterà l’assenza, in futuro, di varietà maggiormente in grado di adattarsi, ad esempio, ai cambiamenti climatici o a nuove malattie rispetto alle varietà attualmente dominanti. E già oggi la scelta del consumatore finale nel campo dei prodotti agricoli viene limitata.

3.

Si potrebbe pensare che tale sviluppo sia incentivato principalmente dagli interessi economici degli agricoltori, i quali utilizzano, ove possibile, le varietà più produttive.

4.

Il caso in esame mostra, tuttavia, che la limitazione della diversità biologica nell’agricoltura europea si fonda perlomeno anche su disposizioni del diritto dell’Unione. Le sementi della maggior parte delle specie vegetali sfruttate a fini agricoli possono infatti essere commercializzate solo se la varietà è ufficialmente ammessa. L’ammissione presuppone che la varietà sia distinta, stabile e sufficientemente omogenea. Talvolta occorre inoltre dimostrare la produttività, ossia un «valore agronomico e di utilizzazione soddisfacente». Per molte «varietà antiche» tali prove non devono essere fornite. Sorge pertanto la questione se tale restrizione del commercio di sementi sia giustificato.

II – Contesto normativo

A – Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura

5.

Il Consiglio, con decisione del 24 febbraio 2004 ( 2 ), ha autorizzato la conclusione del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura ( 3 ) (in prosieguo: il «Trattato internazionale»).

6.

L’articolo 5, paragrafo 1 del Trattato internazionale menziona le misure più importanti:

«5.1.   Ogni parte contraente, fatte salve le disposizioni della propria legislazione nazionale e in collaborazione con altre parti contraenti, promuove, se del caso, un approccio integrato alla ricerca, alla conservazione e all’uso sostenibile delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura e, se del caso, si adopera, in particolare, per:

(…)

c)

incoraggiare o sostenere, se del caso, gli sforzi degli agricoltori e delle comunità locali per gestire e conservare in azienda le loro risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura;

(…)».

7.

L’articolo 6 del Trattato internazionale menziona ulteriori misure:

«6.1.   Le parti contraenti adottano e attuano politiche e disposizioni giuridiche adeguate volte a promuovere l’uso sostenibile delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura.

6.2.   L’uso sostenibile delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura potrebbe richiedere, in particolare, le seguenti misure:

a)

elaborare politiche agricole leali che incoraggino, se necessario, la realizzazione e il mantenimento di sistemi agricoli diversificati che favoriscono l’uso sostenibile della diversità biologica agricola e delle altre risorse naturali;

(…)

d)

allargare la base genetica delle piante coltivate e accrescere la diversità del materiale genetico messo a disposizione degli agricoltori;

e)

promuovere, se necessario, una maggiore utilizzazione delle piante coltivate, delle varietà e delle specie sottoutilizzate, locali o adatte alle condizioni locali;

(…)

g)

riesaminare e, se del caso, adeguare le strategie di selezione e la normativa inerente alla commercializzazione delle varietà e alla distribuzione delle sementi».

8.

L’articolo 9 del Trattato internazionale enuncia i diritti degli agricoltori e prevede, al paragrafo 2, determinate misure:

«Le parti contraenti convengono che, per quanto attiene alle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, la realizzazione dei diritti degli agricoltori spetta ai governi. In funzione delle proprie esigenze e priorità, ogni parte contraente dovrebbe, se necessario, e salvo quanto previsto dalla normativa nazionale, adottare apposite misure per proteggere e promuovere i diritti degli agricoltori e per garantire, tra l’altro:

a)

la protezione delle conoscenze tradizionali che presentino un interesse per le risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura;

b)

il diritto di partecipare equamente alla ripartizione dei vantaggi derivanti dall’utilizzazione delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura;

c)

il diritto di partecipare all’adozione di decisioni, a livello nazionale, sulle questioni relative alla conservazione e all’uso sostenibile delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura».

B – Diritto dell’Unione

9.

Le questioni concernenti le sementi vengono disciplinate in diverse direttive. Tali normative sono state adottate per la prima volta nel 1970 per le sementi di ortaggi ( 4 ), e già nel 1966 ( 5 ) per altre varietà sfruttate a fini agricoli. Allo stato attuale si applicano peraltro le disposizioni riportate di seguito, ai fini della cui revisione la Commissione procede attualmente a delle consultazioni ( 6 ).

1. La direttiva 2002/55/CE

10.

Le varietà oggetto del procedimento principale sono soggette in larga misura, se non esclusivamente, alla direttiva 2002/55/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alla commercializzazione delle sementi di ortaggi ( 7 ) (in prosieguo: la «direttiva sugli ortaggi»).

11.

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi vieta la commercializzazione di sementi la cui varietà non è ufficialmente ammessa:

«Gli Stati membri prescrivono che le sementi di ortaggi possono essere certificate, controllate quali sementi standard e commercializzate soltanto se la loro varietà è ufficialmente ammessa almeno in uno Stato membro».

12.

L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi, disciplina l’ammissione:

«Gli Stati membri provvedono affinché una varietà venga ammessa solo ove sia distinta, stabile e sufficientemente omogenea.

Per la cicoria industriale, la varietà deve possedere un valore agronomico e di utilizzazione soddisfacente».

13.

L’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva sugli ortaggi contiene disposizioni a tutela dei consumatori di prodotti alimentari ricavati dalle varietà:

«Tuttavia, se del materiale derivato da una varietà vegetale è destinato ad essere utilizzato come alimento e ingrediente alimentare rientrante nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 258/97, questi prodotti o ingredienti alimentari non devono:

presentare rischi per il consumatore;

indurre in errore il consumatore;

differire dagli altri prodotti o ingredienti alimentari alla cui sostituzione essi sono destinati, al punto che il loro consumo normale possa comportare svantaggi per il consumatore sotto il profilo nutrizionale».

14.

L’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva sugli ortaggi prevede un’ammissione semplificata nell’interesse della conservazione delle risorse fitogenetiche. I relativi requisiti devono essere fissati dalla Commissione ai sensi degli articoli 44, paragrafo 2, e 46, paragrafo 2.

15.

L’articolo 5 della direttiva sugli ortaggi definisce i caratteri della differenziabilità, della stabilità e dell’omogeneità:

«1.   Una varietà è distinta se, indipendentemente dall’origine – artificiale o naturale – della varietà iniziale da cui proviene, si distingue nettamente per uno o più caratteri importanti da qualsiasi altra varietà nota nella Comunità.

(...)

2.   Una varietà è stabile se, dopo le sue riproduzioni o moltiplicazioni successive o alla fine di ogni ciclo, qualora il costitutore abbia definito un ciclo particolare di riproduzioni o di moltiplicazioni, resta conforme alla definizione dei suoi caratteri essenziali.

3.   Una varietà è sufficientemente omogenea se le piante che la compongono – a parte qualche rara aberrazione – sono, tenendo conto delle particolarità del sistema di riproduzione delle piante, simili o geneticamente identiche per l’insieme delle caratteristiche considerate a tal fine».

16.

La direttiva sugli ortaggi, ai sensi dell’articolo 52, è entrata in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, ossia il 9 agosto 2002. Poiché essa ha consolidato disposizioni di direttive precedenti, i cui termini di attuazione erano già scaduti, la stessa non ha fissato termini di recepimento supplementari.

2. La direttiva 2009/145/CE

17.

La direttiva 2009/145/CE della Commissione, del 26 novembre 2009, che prevede talune deroghe per l’ammissione di ecotipi e varietà vegetali tradizionalmente coltivati in particolari località e regioni e minacciati dall’erosione genetica, nonché di varietà vegetali prive di valore intrinseco per la produzione vegetale a fini commerciali ma sviluppate per la coltivazione in condizioni particolari e per la commercializzazione di sementi di tali ecotipi e varietà ( 8 ) (in prosieguo: la «direttiva sulle deroghe»), è stata fondata sugli articoli 4, paragrafo 4, 44, paragrafo 2, e 46, paragrafo 2, della direttiva sugli ortaggi.

18.

L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva sulle deroghe stabilisce per quali varietà debbono essere previste delle deroghe:

«Per quanto riguarda le specie vegetali di cui alla direttiva 2002/55/CE, la presente direttiva prevede alcune deroghe in materia di conservazione in situ e di utilizzazione sostenibile delle risorse fitogenetiche attraverso la coltivazione e la commercializzazione:

a)

per l’ammissione, nei cataloghi nazionali, delle varietà di specie vegetali, conformemente alla direttiva 2002/55/CE, di ecotipi e di varietà tradizionalmente coltivati in particolari località e regioni e minacciati dall’erosione genetica (di seguito “varietà da conservare”); e

b)

per l’ammissione, nei cataloghi di cui alla lettera a), di varietà prive di valore intrinseco per la produzione vegetale a fini commerciali ma sviluppate per la coltivazione in condizioni particolari (di seguito “varietà sviluppate per la coltivazione in condizioni particolari”); e

c)

per la commercializzazione delle sementi di tali varietà da conservare e delle varietà sviluppate per la coltivazione in condizioni particolari [sic]».

19.

I requisiti essenziali concernenti l’ammissione di varietà da conservare si evincono dall’articolo 4 della direttiva sulle deroghe:

«1.   Per essere ammesse in quanto varietà da conservare un ecotipo o una varietà di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), deve presentare un interesse per la conservazione delle risorse fitogenetiche.

2.   In deroga all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2003/91/CE gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali per quanto riguarda la differenziabilità, la stabilità e l’omogeneità delle varietà da conservare.

(…)».

20.

Gli articoli 13 e 14 della direttiva sulle deroghe prevedono che le sementi delle varietà da conservare possono essere prodotte e commercializzate al di fuori della regione di origine solo eccezionalmente.

21.

Ai sensi dell’articolo 15 della direttiva sulle deroghe, le varietà da conservare possono essere commercializzate solo in quantità estremamente limitata:

«Ogni Stato membro vigila affinché, per ogni varietà da conservare, la quantità di sementi commercializzate annualmente non superi la quantità necessaria per produrre ortaggi sul numero di ettari fissato all’allegato I per le specie interessate».

22.

Le cifre fissate all’allegato I sono pari, a seconda della specie, a 10, 20 o 40 ettari.

23.

L’articolo 22 della direttiva sulle deroghe contiene i requisiti di ammissione per varietà sviluppate per la coltivazione in condizioni particolari:

«1.   Per essere ammessa come varietà sviluppata per la coltivazione in condizioni particolari, come è previsto all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), una varietà deve essere priva di valore intrinseco per la produzione vegetale a fini commerciali ma sviluppata per la coltivazione in condizioni particolari.

Una varietà viene considerata sviluppata per la coltivazione in condizioni particolari se è stata sviluppata per la coltivazione in particolari condizioni agrotecniche, climatiche o pedologiche.

2.   In deroga all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2003/91/CE, gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali per quanto riguarda la differenziabilità, la stabilità e l’omogeneità delle varietà sviluppate per la coltivazione in condizioni particolari».

24.

Ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva sulle deroghe, quest’ultima doveva essere recepita entro il 31 dicembre 2010.

3. La direttiva 2003/91/CE

25.

La direttiva 2003/91/CE della Commissione, del 6 ottobre 2003, che stabilisce modalità di applicazione dell’articolo 7 della direttiva 2002/55/CE del Consiglio per quanto riguarda i caratteri minimi sui quali deve vertere l’esame e le condizioni minime per l’esame di alcune varietà delle specie di ortaggi ( 9 ), menzionata nella direttiva sulle deroghe, precisa, all’articolo 1, paragrafo 2, i requisiti attinenti alla differenziabilità, la stabilità e l’omogeneità delle varietà, richiamando determinati documenti dell’Ufficio comunitario delle varietà vegetali e dell’Unione internazionale per la protezione delle novità vegetali. Entrambe le istituzioni si dedicano alla tutela della proprietà intellettuale sulle varietà vegetali.

4. La direttiva 2002/53/CE

26.

La direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole ( 10 ) (in prosieguo: la «direttiva sul catalogo della varietà») fissa disposizioni comuni relative all’ammissione delle varietà per piante agricole che rientrano nell’ambito di applicazione di diverse direttive, ma non in quello della direttiva sugli ortaggi. Nella specie rivestono interesse le barbabietole da zucchero e da foraggio ai sensi della direttiva 2002/54/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alla commercializzazione delle sementi di barbabietole ( 11 ) (in prosieguo: la «direttiva sulle barbabietole»).

27.

L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva sul catalogo delle varietà definisce il proprio ambito di applicazione:

«La presente direttiva riguarda l’ammissione delle varietà di barbabietole (…) in un catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole le cui sementi o i cui materiali di moltiplicazione possono essere commercializzati secondo le disposizioni delle direttive relative rispettivamente alla commercializzazione delle sementi di barbabietole (2002/54/CE) (…)».

28.

L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva sul catalogo delle varietà disciplina la base del catalogo comune delle varietà:

«Il catalogo comune delle varietà viene compilato in base ai cataloghi nazionali degli Stati membri».

29.

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sul catalogo delle varietà prevede la compilazione di cataloghi nazionali delle varietà:

«Ogni Stato membro compila uno o più cataloghi delle varietà ammesse ufficialmente alla certificazione e alla commercializzazione nel suo territorio (…)».

30.

I requisiti attinenti all’ammissione delle varietà sono sanciti all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva sul catalogo delle varietà:

«Gli Stati membri provvedono affinché una varietà venga ammessa solo ove sia distinta, stabile e sufficientemente omogenea. Essa deve inoltre possedere un valore agronomico e di utilizzazione soddisfacente».

31.

L’articolo 5 della direttiva sul catalogo delle varietà definisce, come l’articolo 5 della direttiva sugli ortaggi, i requisiti di ammissione, ma chiarisce inoltre, al paragrafo 4, cosa debba intendersi per «valore agronomico o di utilizzazione soddisfacente»:

«Una varietà possiede un valore agronomico o di utilizzazione soddisfacente se, visto l’insieme delle sue qualità, costituisce, rispetto alle altre varietà ammesse nel catalogo dello Stato membro in questione, almeno per la produzione in una determinata regione, un netto miglioramento per la coltivazione o per la gestione dei raccolti o per l’impiego dei prodotti ottenuti. L’eventuale deficienza di talune caratteristiche può essere compensata dalla presenza di altre caratteristiche favorevoli».

5. La direttiva 98/95/CE

32.

La direttiva 98/95/CEE del Consiglio, del 14 dicembre 1998, che modifica, per quanto riguarda il consolidamento del mercato interno, le varietà geneticamente modificate e le risorse genetiche delle piante, le direttive 66/400/CEE, 66/401/CEE, 66/402/CEE, 66/403/CEE, 69/208/CEE, 70/457/CEE e 70/458/CEE concernenti la commercializzazione delle sementi di barbabietole, delle sementi di piante foraggere, delle sementi di cereali, dei tuberi-seme di patate, delle sementi di piante oleaginose e da fibra e delle sementi di ortaggi e il catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole ( 12 ) (in prosieguo: la «direttiva di modifica»), ha introdotto taluni fondamenti giuridici i quali, nell’ambito della normativa concernente la commercializzazione delle sementi, dovevano rendere possibile, mediante l’utilizzazione in situ, la conservazione di specie minacciate da erosione genetica (diciassettesimo considerando). La Commissione avrebbe potuto adottare disposizioni analoghe in una procedura di comitatologia. Tali disposizioni fanno oggi parte della direttiva sugli ortaggi, della direttiva sulle barbabietole, e della direttiva sul catalogo delle varietà, e sono state pertanto abrogate in occasione dell’adozione di tali strumenti.

III – Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

33.

L’Association Kokopelli (in prosieguo: la «Kokopelli»), un'organizzazione non governativa, vende sementi per cosiddette «varietà antiche», le quali in parte non sono ammesse nel senso di cui alla direttiva sugli ortaggi. La Graines Baumaux SAS (in prosieguo: la «Graines Baumaux»), un'impresa che commercia in sementi, ha identificato nell’offerta della Kokopelli 461 varietà non ammesse e, nel 2005, ha pertanto proposto un'azione per concorrenza sleale. La Graines Baumaux chiede, inter alia, un risarcimento danni forfettario pari a EUR 50 000, nonché la soppressione della pubblicità in relazione a tali varietà. In primo grado, il Tribunal de Grande Instance de Nancy (Tribunale regionale di Nancy) ha accordato alla Graines Baumaux un risarcimento danni pari a EUR 10 000 e ha respinto il ricorso per il resto.

34.

La Kokopelli ha impugnato tale sentenza dinanzi alla Cour d’appel de Nancy (Corte d’appello di Nancy). Nel corso di tale procedimento viene proposta alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

Se la direttiva di modifica, la direttiva sul catalogo delle varietà, la direttiva sugli ortaggi e la direttiva sulle deroghe siano invalide, alla luce di taluni diritti e principi fondamentali dell’Unione europea, e segnatamente quelli del libero esercizio dell’attività economica, di proporzionalità, di parità di trattamento o di non discriminazione, della libera circolazione delle merci, nonché in considerazione degli impegni presi in forza del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, in particolare nella parte in cui essi impongono vincoli di produzione e di immissione in commercio per sementi e piante antiche.

35.

La Graines Baumaux, la Kokopelli, la Repubblica francese, il Regno di Spagna, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea hanno partecipato alla fase scritta del procedimento. La trattazione orale non ha avuto luogo.

IV – Valutazione giuridica

A – Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

36.

La Graines Baumaux nutre dubbi circa la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. La validità delle summenzionate direttive sarebbe priva di rilievo per l’esito della causa a quo, in quanto essa riguarderebbe il rispetto di disposizioni del diritto francese che recepiscono le direttive. Dal momento che la Corte non risolve questioni ipotetiche ( 13 ), la domanda sarebbe, nella specie, irricevibile.

37.

Va riconosciuto che la violazione della normativa francese di attuazione da parte della Kokopelli non verrebbe certamente meno qualora le disposizioni controverse delle direttive fossero invalide. Tuttavia, fintantoché la loro validità debba essere presunta ( 14 ), i giudici nazionali possono difficilmente mettere in dubbio anche la validità della normativa di attuazione ( 15 ). Qualora, per contro, le direttive siano invalide, anche la normativa di attuazione va rimessa in discussione. Essa potrebbe, ad esempio, essere contraria alla libera circolazione delle merci ai sensi dell’articolo 34 TFUE, nella misura in cui, fra le sementi controverse, si trovavano anche merci provenienti da altri Stati membri. La Corte di giustizia è pertanto investita di siffatte questioni ( 16 ).

B – Sull’oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale

38.

La Cour d’appel de Nancy si interroga in merito alla validità di quattro direttive, le quali contengono una pluralità di disposizioni sulla commercializzazione di sementi. Esse stabiliscono, in particolare, le condizioni alle quali le varietà vengono ammesse e vengono inserite nei cataloghi nazionali delle varietà o nel catalogo comune delle varietà, vietano la vendita di sementi di varietà non ammesse, e disciplinano anche il controllo e la qualità di sementi nonché gli imballaggi. In tutti i settori esistono «vincoli di produzione e di immissione in commercio [imposti] alle sementi e alle piante antiche», la cui validità, stando alla formulazione della questione pregiudiziale, dovrebbe essere analizzata.

39.

La controversia oggetto della causa a quo è, tuttavia, manifestamente più circoscritta. Essa si limita alla censura, secondo la quale la Kokopelli avrebbe venduto sementi per varietà vegetali non ammesse. La Kokopelli non chiede l’inserimento delle sue varietà in un catalogo e rileva espressamente di non mettere in discussione le regole attinenti la qualità delle sementi ( 17 ). È vero che la Kokopelli contesta le disposizioni concernenti gli imballaggi ( 18 ); tuttavia, non risulta che tali disposizioni siano oggetto della causa principale.

40.

Di conseguenza, occorre esaminare unicamente il divieto di commercializzare sementi di varietà non ammesse.

41.

Stando al ricorso della Graines Baumaux in primo grado, la Kokopelli ha distribuito 461 varietà vegetali non ammesse. È pacifico che tali varietà sono soggette nella stragrande maggioranza, se non addirittura tutte, alla terza direttiva menzionata dalla Cour d’appel, la direttiva sugli ortaggi. Mi concentrerò pertanto, nel prosieguo, su tale direttiva.

42.

Occorre analizzare, al riguardo, l’obbligo degli Stati membri, sancito all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi, di prescrivere che le sementi di ortaggi possono essere commercializzate soltanto se la loro varietà è ufficialmente ammessa almeno in uno Stato membro.

43.

Le disposizioni attinenti l’ammissione sono contenute soprattutto agli articoli 4 e 5 della direttiva sugli ortaggi. Ai sensi di tali disposizioni, le sementi possono essere commercializzate solo qualora sia certo che la varietà è distinta, stabile e sufficientemente omogenea. Quanto alle sementi della cicoria industriale, la varietà deve possedere inoltre un valore agronomico e di utilizzazione soddisfacente.

44.

Siffatte condizioni costituiscono un problema per l’impiego delle «sementi antiche» menzionate nella questione pregiudiziale, nella misura in cui la Kokopelli e la Commissione ( 19 ) espongono che molte delle varietà non ammesse non possono soddisfare dette condizioni. Ciò è confermato dalla direttiva sulle deroghe per le sementi di ortaggi, dal momento che, stando al suo secondo considerando, tale direttiva è stata adottata per consentire la coltivazione e la commercializzazione di talune varietà, anche se non conformi alle condizioni generali.

45.

Secondo l’argomento della Kokopelli, l’origine genetica delle «varietà antiche» da essa distribuite è meno uniforme dell’origine genetica delle varietà ammesse. Di conseguenza, le «varietà antiche» possono svilupparsi in maniera diversa a seconda delle condizioni ambientali, ossia non sono stabili. Anche i singoli esemplari di piante nelle rispettive scorte sono poco simili fra loro. Le varietà, se paragonate alle varietà ammesse, non sono pertanto omogenee ( 20 ).

46.

Occorre dunque verificare la compatibilità con le norme di rango superiore menzionate nella domanda di pronuncia pregiudiziale del divieto, imposto dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi, di commercializzare sementi di varietà delle quali non sia dimostrabile la differenziabilità, la stabilità e la sufficiente omogeneità, e che non possiedono eventualmente neanche un valore agronomico e di utilizzazione soddisfacente.

47.

Al riguardo verificherò, anzitutto, il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura (al riguardo sub C.1), successivamente il principio di proporzionalità (al riguardo sub C.2), poi la libertà di esercitare un'attività economica (al riguardo sub C.3) e la libera circolazione delle merci (al riguardo sub C.4), nonché, infine, il principio della parità di trattamento (al riguardo sub C.5).

48.

La Commissione ha adottato l’ultima direttiva menzionata dalla Cour d’appel, ossia la direttiva sulle deroghe per le sementi di ortaggi, solo nel 2009, e il suo termine di recepimento è scaduto il 31 dicembre 2010. Poiché il procedimento principale è stato avviato già nel 2005, tale direttiva è presumibilmente priva di rilevanza per il risarcimento danni richiesto. Tuttavia, essa può rivestire importanza per decidere se la Kokopelli debba astenersi, in futuro, dal pubblicizzare sementi non ammesse. Occorre pertanto verificare se la direttiva sulle deroghe modifichi l’esito dell’esame dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi [al riguardo sub C.2, lettera c), in fine].

49.

La seconda direttiva menzionata dalla Cour d’appel è la direttiva sul catalogo delle varietà. Essa viene in considerazione solo se fra le nove varietà di barbabietole menzionate dalla Graines Baumaux nel suo elenco delle varietà di ortaggi controverse ( 21 ) si trovino anche le barbabietole da zucchero o da foraggio, le quali sono soggette alla direttiva sulle barbabietole, non menzionata nella domanda di pronuncia pregiudiziale. È vero che nel fascicolo non sono ravvisabili indizi in tal senso, e che anche l’argomento della Graines Baumaux e della Kokopelli depone a sfavore. Non si può tuttavia escludere con assoluta certezza che nella causa principale non rilevi anche la validità della direttiva sul catalogo delle varietà. Affinché in questo caso non sia necessario un nuovo rinvio pregiudiziale della Cour d’appel ( 22 ), verificherò infine se la conclusione cui si perviene in relazione alla direttiva sugli ortaggi sia trasponibile alla direttiva sul catalogo delle varietà (al riguardo sub D).

50.

La prima direttiva menzionata dalla Cour d’appel, ossia la direttiva di modifica, non è più in vigore a seguito dell’adozione della direttiva sugli ortaggi e della direttiva sul catalogo delle varietà. Inoltre, essa si limita a contenere fondamenti giuridici per disposizioni derogatorie mai applicate nella sua vigenza. Il suo esame è pertanto superfluo.

C – Sull’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi

1. Sul Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura

51.

Il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura è inteso, inter alia, ai sensi del suo articolo 1, alla conservazione e all’uso sostenibile delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura. La Kokopelli sostiene che esso osti alle disposizioni sull’ammissione delle varietà.

52.

La Corte di giustizia verifica la validità del diritto derivato alla luce di tutte le norme del diritto internazionale, purché siano rispettate due condizioni. In primo luogo, l’Unione deve essere vincolata da tali norme; in secondo luogo, la Corte può procedere all’esame della validità di una disposizione alla luce di un trattato internazionale solo ove ciò non sia escluso né dalla natura né dalla struttura di esso e, inoltre, ove le sue disposizioni appaiano, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise ( 23 ).

53.

Il vincolo dell’Unione all’osservanza del Trattato internazionale non è problematico, in quanto essa è parte contraente. La questione se la sua natura e la sua struttura ostino ad una verifica del diritto derivato ( 24 ) non deve essere risolta nella specie dalla Corte. Tale trattato, infatti, non contiene alcuna disposizione incondizionata e sufficientemente precisa dal punto di vista del suo contenuto, da mettere in discussione la validità delle disposizioni dell’Unione concernenti la commercializzazione delle sementi.

54.

L’articolo 5 del Trattato internazionale prevede che le misure vengano adottate «fatte salve le disposizioni della propria legislazione nazionale» e «se del caso». Ai sensi dell’articolo 6, vengono adottate e attuate «politiche e disposizioni giuridiche adeguate». Segue un elenco di possibili esempi di siffatte misure. Entrambe le disposizioni assoggettano pertanto le misure di volta in volta da adottare al potere discrezionale degli Stati. Il margine di discrezionalità dell’Unione nel disciplinare la commercializzazione delle sementi non ne risulta limitato.

55.

L’articolo 9 del Trattato internazionale riguarda i diritti degli agricoltori. Le parti contraenti devono adottare misure in funzione delle proprie esigenze e priorità, se necessario, e salvo quanto previsto dalla normativa nazionale. Anche in questo caso non ricorre un obbligo incondizionato e sufficientemente preciso.

56.

Altre disposizioni pertinenti del Trattato internazionale non sono ravvisabili.

57.

Di conseguenza, dall’esame del Trattato internazionale non è emerso nulla che possa mettere in discussione la validità dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi.

2. Sul principio di proporzionalità

58.

Il divieto di commercializzare sementi di varietà non ammesse potrebbe peraltro essere sproporzionato.

59.

Ai sensi del principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, gli atti delle istituzioni dell’Unione non possono superare i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva, e che gli inconvenienti causati non debbono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti ( 25 ).

60.

Per quanto riguarda il controllo giurisdizionale delle condizioni menzionate al paragrafo precedente, il legislatore dell’Unione dispone di un ampio potere discrezionale in un settore che richiede da parte sua scelte di natura politica, economica e sociale e rispetto al quale esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse. Solo una manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo perseguito dall’istituzione competente, può inficiare la legittimità di tale provvedimento ( 26 ).

61.

Siffatta formula standard impiegata dalla Corte non deve essere interpretata nel senso che occorra verificare unicamente l’idoneità del provvedimento, o che solo in relazione a tale criterio si applichi il parametro di una mancanza manifesta. Piuttosto, con tale formula si intende sottolineare che l’esame è inteso a verificare se il provvedimento sia manifestamente sproporzionato ( 27 ). Al riguardo, occorre prendere in considerazione tutte le tre fasi della verifica della proporzionalità ( 28 ).

62.

Inoltre, anche in presenza di tale (ampio) potere, il legislatore dell’Unione è tenuto a basare la propria decisione su criteri oggettivi. Nell’ambito della valutazione dei vincoli connessi alle varie misure possibili, egli deve inoltre verificare se gli obiettivi perseguiti dalla misura prescelta siano idonei a giustificare conseguenze economiche negative, anche considerevoli, per taluni operatori economici ( 29 ).

a) Sugli obiettivi del divieto e sulla sua idoneità a conseguire tali obiettivi

63.

Ai sensi dei considerando dal secondo al quarto della direttiva sugli ortaggi, le disposizioni sull’ammissione delle varietà sono intese ad aumentare la produttività dell’agricoltura. Come sottolinea correttamente la Commissione, ciò costituisce, ai sensi dell’articolo 39, paragrafo 1, lettera a), TFUE, un obiettivo della politica agricola comune.

64.

Inoltre, il divieto di vendita previene gli acquirenti dall’acquisto di sementi di varietà che non sono distinte, stabili e sufficientemente omogenee e che, eventualmente non possiedono un valore agronomico e di utilizzazione soddisfacente, ossia una redditività.

65.

Il divieto di vendita per sementi di varietà non ammesse è senza dubbio idoneo a promuovere questi due obiettivi. Esso garantisce ampiamente che gli acquirenti, ossia in particolare gli agricoltori, ricevano solo sementi che presentino le proprietà accertate in sede di ammissione.

66.

Se una varietà è distinta, stabile e sufficientemente omogenea, gli acquirenti delle sementi possono in particolare fare affidamento sul fatto che esse produrranno i frutti desiderati. Siffatto affidamento costituisce un presupposto fondamentale per sfruttare al meglio le risorse agricole. Qualora, come previsto nel caso della cicoria industriale, venga dimostrato persino un valore agronomico e di utilizzazione soddisfacente ( 30 ), è inoltre legittimo aspettarsi una certa redditività.

67.

Per contro, qualora non ricorrano le summenzionate proprietà delle sementi, gli acquirenti comprano, in certo qual modo, «a scatola chiusa». Essi devono fare affidamento sulle informazioni del venditore quanto alle specie di frutti che devono risultare dalle sementi. La correttezza di tali informazioni potrà essere verificata, in genere, nella migliore delle ipotesi, alcuni mesi dopo, quando dalle sementi si sviluppano le piante, e forse persino solo quando i frutti sono maturi. Qualora risulti che le piante non soddisfano le aspettative, il ciclo produttivo di cui trattasi non può più essere modificato, a scapito della produttività.

68.

A ciò si aggiunge che, al momento dell’introduzione del divieto di commercializzare sementi di varietà non ammesse, non esisteva ancora, forse, un’industria delle sementi sufficientemente professionale, caratterizzata da un elevato standard produttivo. Non è da escludersi che allora fosse necessaria una regolamentazione rigorosa, al fine di eliminare la concorrenza da parte di «offerenti a basso costo» e di consentire la creazione di strutture serie.

69.

Una produttività agricola elevata può inoltre contribuire indirettamente alla sicurezza alimentare e consentire il ritiro dalla produzione di superfici non più necessarie o il loro sfruttamento in maniera più rispettosa dell’ambiente, quali ulteriori obiettivi delle disposizioni sulla commercializzazione controverse menzionati dalla Francia, dalla Commissione e dal Consiglio. Questi due obiettivi sono tuttavia connessi solo marginalmente al divieto di vendita previsto per le sementi non ammesse.

70.

Inoltre, il dodicesimo considerando della direttiva sugli ortaggi mostra che il catalogo comune delle varietà è inteso a garantire la libera circolazione delle sementi. Tale obiettivo viene compreso dall’articolo 3, paragrafo 3, TUE, il quale prevede l’instaurazione del mercato interno. La normativa sull’ammissione delle varietà è idonea a contribuire alla realizzazione di tale obiettivo, nella misura in cui gli Stati membri possono partire dal presupposto che le sementi offerte legalmente in altri Stati membri soddisfino anche i requisiti previsti nel territorio nazionale.

71.

L’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva sugli ortaggi, può infine essere inteso nel senso che l’ammissione delle varietà è intesa anche a tutelare i consumatori finali dei generi alimentari prodotti, in particolare da rischi per la salute e da errori. La considerazione di tali obiettivi in sede di ammissione delle varietà può contribuire alla loro realizzazione.

72.

La Commissione indica infine lo stato sanitario delle sementi, menzionato al dodicesimo considerando della direttiva 66/402 – normativa antecedente una direttiva parallela in materia di sementi di cereali – quale obiettivo delle disposizioni sulla commercializzazione. È ben possibile che anche le direttive menzionate nella domanda di pronuncia pregiudiziale contengano disposizioni intese a realizzare tale obiettivo. Non è tuttavia dato vedere in che modo le norme sull’ammissione delle varietà debbano contribuirvi. I requisiti di ammissione non presentano alcun collegamento con la salute delle piante. Detto obiettivo non deve pertanto essere preso in considerazione in relazione alla loro giustificazione.

b) Sulla necessità

73.

A prima vista si potrebbe dubitare della necessità del divieto di commercializzare sementi di varietà non ammesse. Gli obiettivi menzionati, infatti, possono essere ampiamente conseguiti mediante obblighi di etichettatura meno restrittivi ( 31 ). Qualora l’acquirente delle sementi sia a conoscenza del fatto che la varietà non soddisfa i requisiti del catalogo delle varietà, lo stesso può astenersi dall’acquistarle e dall’utilizzarle. Verrebbero in tal modo evitati gli svantaggi attinenti la produttività e la tutela dei consumatori verrebbe ciononostante soddisfatta.

74.

Un’ampia realizzazione degli obiettivi non è tuttavia sufficiente ad escludere la necessità. Un provvedimento è necessario già allorché lo strumento meno incisivo sia meno efficace. Ebbene, è questo ciò che si verifica nel caso di specie.

75.

Infatti, gli obblighi di etichettatura e di avvertenza non garantirebbero in egual misura che gli acquirenti ricevano unicamente sementi che soddisfano i requisiti di ammissione. Non si potrebbe escludere che gli acquirenti incorrano comunque in errore in merito alla qualità delle sementi, oppure utilizzino per altri motivi, ad esempio a causa del prezzo, perché indotti dalla pubblicità, o per convinzione, sementi che non soddisfano i requisiti di ammissione. Se una – di poco – più ampia realizzazione di obiettivi normativi da parte del divieto in esame sia sufficiente a giustificarlo è una questione che non attiene alla necessità, ma che deve essere esaminata in sede di ponderazione degli svantaggi con gli obiettivi.

76.

Peraltro, il collegamento dell’ammissione delle varietà ad un divieto di commercializzare varietà non ammesse non è necessario per consentire la libera circolazione delle sementi nel mercato interno ( 32 ). Persino qualora la tutela dell’agricoltura da sementi di varietà non ammesse giustificasse ostacoli nazionali agli scambi ( 33 ), l’Unione non dovrebbe prevedere alcun divieto. Piuttosto, sarebbe sufficiente l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi, il quale garantisce la libera circolazione a livello dell’Unione delle varietà che soddisfano i requisiti di ammissione.

77.

Le disposizioni sull’ammissione non sono neanche necessarie a tutelare i consumatori finali di generi alimentari ricavati dalle varietà. Tale obiettivo viene già assicurato dalla legislazione alimentare, come ad esempio il regolamento (CE) n. 178/2002 ( 34 ), il quale contiene al riguardo disposizioni manifestamente più precise.

c) Sulla ponderazione di vantaggi e svantaggi (adeguatezza)

78.

Occorre dunque verificare se gli svantaggi del divieto di vendita siano manifestamente inadeguati rispetto agli obiettivi della promozione della produttività agricola e della tutela degli acquirenti delle sementi. In tale contesto occorre verificare se, esercitando il suo potere discrezionale, il legislatore dell’Unione abbia tentato di garantire un certo equilibrio tra, da una parte, tali obiettivi e, dall’altra, gli interessi economici degli operatori ( 35 ).

79.

Nel prosieguo mostrerò, anzitutto, che il legislatore, fino all’adozione della direttiva sulle deroghe per gli ortaggi, non ha preso alcuna iniziativa per contemperare gli interessi contrastanti, e, di seguito, che gli svantaggi della disposizione sono inoltre manifestamente sproporzionati rispetto ai suoi vantaggi. Infine, verificherò se la considerazione della direttiva sulle deroghe comporti un risultato diverso.

Sullo sforzo del legislatore di contemperare gli interessi di cui trattasi

80.

Il divieto di commercializzare sementi di varietà non ammesse si fonda, stando ai considerando delle direttive oggetto di esame e a quanto argomentato dalla pluralità delle parti del presente procedimento, sull’idea che gli obiettivi perseguiti rispondano all’interesse degli operatori economici. Una produttività elevata e la tutela da sementi di varietà che non soddisfano i requisiti di ammissione corrispondono all’interesse economico di molti agricoltori.

81.

Tale disposizione riguarda peraltro anche gli interessi di operatori economici e di consumatori che non sono interessati in via primaria ad una produttività elevata e a prodotti standard. Viene al contempo toccato l’interesse della collettività alla diversità genetica delle varietà agricole.

82.

Gli operatori economici, il cui interesse non è rivolto in via principale alla produttività, vengono limitati in maniera significativa dal sistema vigente. I produttori e i commercianti di sementi, gli agricoltori, ma anche coloro che utilizzano prodotti agricoli, non possono impiegare varietà che presentano proprietà diverse da quelle delle varietà ammesse. Qualora, ad esempio, una varietà non ammessa abbia un sapore diverso da quello delle varietà ammesse, o, a determinate condizioni colturali, fornisca un profitto migliore, essa non può comunque essere offerta. Anche gli sforzi di sviluppare ulteriormente varietà non ammesse, rispetto a varietà che soddisfano i requisiti di ammissione, vengono resi più difficili.

83.

Al contempo, viene limitata la scelta dei consumatori. Essi non possono né accedere a prodotti alimentari o ad altri prodotti risultanti da varietà che non sono conformi ai requisiti di ammissione, né coltivare essi stessi – ad esempio nel proprio giardino – tali varietà.

84.

La circoscrizione della scelta degli agricoltori alle varietà ammesse riduce, in definitiva, la diversità genetica sui terreni europei, in quanto vengono coltivate meno varietà e le scorte di tali varietà presentano differenze genetiche minime fra i singoli esemplari ( 36 ).

85.

È vero che la diversità biologica non viene espressamente menzionata nei trattati quale obiettivo della politica europea; tuttavia, l’Unione, in particolare mediante la Convenzione sulla diversità biologica ( 37 ), si è impegnata a salvaguardarla, e anche la Corte di giustizia l’ha già considerata un obiettivo meritevole di tutela ( 38 ). Per l’agricoltura in particolare, tale obiettivo viene riconosciuto dal Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura.

86.

È vero che banche di semi e una coltivazione limitata sotto il profilo territoriale possono contribuire alla conservazione delle varietà non ammesse; tuttavia, siffatte misure dipendono tipicamente da finanziamenti statali. Per contro, uno sfruttamento economico delle varietà non ammesse garantirebbe in maniera manifestamente più forte la loro conservazione e comporterebbe inoltre, in pratica, una maggiore diversità biologica nella coltivazione.

87.

Stando ai considerando e a quanto argomentato dalle parti, e in particolare dal Consiglio e dalla Commissione, non risulta che il legislatore abbia tenuto conto di tali interessi fini all’adozione della direttiva sulle deroghe per gli ortaggi. Già per questo motivo la disposizione pare manifestamente sproporzionata.

Sulla ponderazione di svantaggi e obiettivi

88.

Qualora il legislatore dovesse avere comunque proceduto ad una – non documentata – ponderazione, esso avrebbe manifestamente mancato l’obiettivo consistente nella realizzazione di un rapporto equilibrato fra svantaggi e obiettivi.

89.

I vantaggi del divieto di vendita rispetto a misure meno restrittive, come ad esempio gli obblighi di etichettatura, sono sostanzialmente limitati – come mostrato in precedenza ( 39 ) – alla prevenzione dell’impiego erroneo di sementi non ammesse. Tale rischio sarebbe tuttavia estremamente circoscritto, laddove venissero prescritte avvertenze sufficientemente chiare.

90.

Per contro, non vi è motivo di temere che l’agricoltura europea perda l’accesso a sementi di qualità elevata. Gli agricoltori, infatti, possono utilizzare le varietà che sono indicate nel catalogo delle varietà e che soddisfano pertanto i requisiti, anche in assenza di un divieto di commercializzare varietà non ammesse. A causa della redditività delle varietà ammesse, non ci si deve neanche aspettare una tangibile politica dei prezzi predatoria da parte delle varietà non ammesse.

91.

Inoltre, è stata nel frattempo creata la normativa sulla tutela delle varietà ( 40 ), la quale costituisce un incentivo supplementare per lo sviluppo di varietà più forti. La tutela delle varietà è caratterizzata da requisiti analoghi a quelli attinenti l’ammissione delle varietà per il catalogo delle sementi. Di conseguenza, il settore professionale delle sementi non ha praticamente bisogno di essere tutelato dalla concorrenza da parte di varietà non ammesse.

92.

Il Consiglio sostiene che un ulteriore vantaggio del divieto di commercializzazione è costituito dall’impedimento in generale dell’impiego di sementi non ammesse. Tali sementi potrebbero essere dannose o non in grado di garantire una produzione agricola ottimale. Intendo tale argomento nel senso che gli agricoltori, se necessario anche contro la loro volontà, devono essere di fatto costretti ad utilizzare varietà produttive. In ciò è tuttavia ravvisabile un vantaggio estremamente limitato, dal momento che spetta in linea di principio agli agricoltori decidere quali varietà coltivare. Essi potrebbero anche rinunziare del tutto a sfruttare i loro terreni.

93.

Per contro, gli svantaggi del divieto di commercializzare sementi di varietà non ammesse sono gravi. Essi riguardano – come illustrato in precedenza – la libertà d’impresa, i consumatori di prodotti agricoli e la diversità biologica nell’agricoltura.

94.

Occorre quindi constatare che gli svantaggi del divieto di commercializzare sementi di varietà non ammesse prevalgono manifestamente sui suoi vantaggi.

Sulla direttiva sulle deroghe

95.

La direttiva sulle deroghe per gli ortaggi metterebbe in discussione la conclusione cui si è pervenuti perlomeno per il periodo fino al 31 dicembre 2010, qualora essa minimizzi gli svantaggi delle disposizioni in vigore finora.

96.

Già la direttiva di modifica del 1998 mostra che il legislatore aveva riconosciuto la necessità di un equilibrio fra gli interessi con riguardo alla diversità biologica. Tale direttiva ha introdotto i fondamenti per limitate deroghe ai rigorosi requisiti di ammissione, ripresi nella direttiva sugli ortaggi. Prima che, infine, nel 2009, la Commissione le applicasse con l’adozione della direttiva sulle deroghe per le sementi di ortaggi, tali misure lasciavano tuttavia impregiudicato il divieto, cosicché neanche la ponderazione degli interessi mutava.

97.

Con la direttiva sulle deroghe si aprono peraltro possibilità di commercializzare sementi per varietà che finora non potevano essere ammesse. È vero che la direttiva non obbliga espressamente gli Stati membri ad ammettere determinate varietà; tuttavia, gli Stati membri devono esercitare il potere discrezionale loro accordato dalla direttiva in conformità con i diritti fondamentali del diritto dell’Unione ( 41 ). Essi sono pertanto obbligati ad ammettere le varietà che soddisfano i requisiti previsti dalla direttiva sulle deroghe, qualora la normativa sull’ammissione delle varietà risulti altrimenti sproporzionata ( 42 ).

98.

Di conseguenza, occorre verificare se la direttiva sulle deroghe consenta in maniera sufficiente l’utilizzazione di «varietà antiche». La direttiva contiene disposizioni in relazione a due tipi di varietà, da un lato, le varietà da conservare, e, dall’altro, «ogni varietà sviluppata per la coltivazione in condizioni particolari».

99.

L’ammissione di varietà da conservare continua ad esigere, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva sulle deroghe, la dimostrazione di una determinata qualità minima per quanto riguarda la differenziabilità, la stabilità e l’omogeneità. Inoltre, l’impiego di tali varietà è considerevolmente limitato: ai sensi degli articoli 13 e 14, le sementi possono essere coltivate e commercializzate esclusivamente nelle regioni d’origine o in regioni analoghe. Ancora, gli articoli 15 e 16, in combinato disposto con l’allegato I, limitano la quantità di sementi. A seconda della specie, per ciascuna varietà possono essere prodotte e commercializzate annualmente sementi per la coltivazione di una superficie compresa tra 10 e 40 ettari.

100.

È vero che la Kokopelli dubita che tali disposizioni concilino in maniera adeguata gli obiettivi della produttività e della tutela degli agricoltori, da un lato, e la conservazione della diversità genetica nell’agricoltura, dall’altro. Tuttavia, non si può più constatare che i vantaggi del sistema di ammissione delle varietà siano manifestamente sproporzionati rispetto al pregiudizio dell’interesse alla diversità genetica. Infatti, è adesso possibile coltivare in quantità minima varietà che rivestono interesse sotto il profilo della conservazione delle risorse fitogeniche, ma che non soddisfano i requisiti generali concernenti un’ammissione. E se i requisiti speciali relativi alla differenziabilità, alla stabilità e all’omogeneità di tali varietà vengono redatti ed interpretati in maniera ampia nel senso del principio di proporzionalità, un’ammissione delle «varietà antiche» dovrebbe, in linea di principio, essere possibile.

101.

Tali disposizioni non sono tuttavia intese, a causa delle restrizioni ivi contenute, a consentire uno sfruttamento economico delle varietà contemplate. Gli interessi degli operatori economici e dei consumatori non vengono pertanto presi sufficientemente in considerazione.

102.

L’utilizzazione di varietà sviluppate per la coltivazione in condizioni particolari è limitata in maniera meno incisiva; in relazione alla loro ammissione si applicano tuttavia requisiti più rigorosi. Ai sensi dell’articolo 22 della direttiva sulle deroghe, una siffatta varietà deve essere priva di valore intrinseco per la produzione vegetale a fini commerciali e deve essere stata sviluppata per la coltivazione in particolari condizioni agrotecniche, climatiche o pedologiche. Quest’ultima condizione viene probabilmente soddisfatta solo da poche «varietà antiche». Pertanto, anche se tale disposizione consente l’utilizzazione di talune varietà antiche, essa è tuttavia formulata in termini troppo restrittivi per garantire nel complesso la proporzionalità delle disposizioni sull’ammissione delle varietà.

103.

Riepilogando, si deve constatare che, anche a seguito dell’adozione della direttiva sulle deroghe per gli ortaggi, permangono gli svantaggi per gli operatori economici e per i consumatori, ai quali viene impedito l’accesso alle «varietà antiche» non ammesse. Anche a prescindere dagli svantaggi per la diversità biologica, essi sono manifestamente sproporzionati rispetto ai vantaggi del divieto, senza che il legislatore si sia adoperato per una compensazione.

d) Conclusione parziale

104.

Occorre pertanto rilevare che gli svantaggi del divieto, sancito dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi, di vendere sementi di varietà delle quali non è dimostrata la differenziabilità, la stabilità e la sufficiente omogeneità, e che eventualmente non possiedono un valore agronomico e di utilizzazione soddisfacente, sono sproporzionati rispetto ai suoi scopi. Tale disposizione è pertanto invalida.

3. Sul libero esercizio di un’attività economica

105.

Occorre inoltre chiarire se il divieto sia compatibile con il diritto fondamentale di esercitare un’attività economica.

106.

Il libero esercizio di un’attività economica viene tutelato, quale libertà d’impresa, dall’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali, la quale, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, gode dello stesso valore giuridico dei trattati ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, TUE ( 43 ). La Corte di giustizia aveva riconosciuto tale diritto fondamentale già in precedenza, segnatamente quale parte integrante del diritto di libero esercizio di un’attività professionale ( 44 ).

107.

Che le disposizioni sulla commercializzazione per le sementi limitino tali libertà, è evidente: senza ammissione della varietà, le sue sementi non possono essere commercializzate, e non possono neanche essere acquistate per essere coltivate.

108.

Ai sensi dell’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti da tale Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui ( 45 ).

109.

La giustificazione di ingerenze nella libertà di impresa deve pertanto soddisfare i requisiti del principio di proporzionalità ( 46 ). Poiché è già stato constatato che il divieto di vendita è sproporzionato, esso è contrario, in linea di principio, anche al diritto fondamentale di libero esercizio di un’attività imprenditoriale.

110.

Peraltro, in sede di applicazione del principio di proporzionalità, occorre osservare, al fine di giustificare una restrizione del libero esercizio di un’attività imprenditoriale, che non tutti gli svantaggi del divieto di vendita devono essere ponderati con i suoi obiettivi, bensì solo l’ingerenza nel diritto fondamentale oggetto di esame, ossia, soprattutto, le restrizioni per i produttori di sementi e per gli agricoltori, illustrate al paragrafo 82. Tuttavia, anche procedendo a siffatta ristretta ponderazione, pervengo alla conclusione che il divieto di vendita è manifestamente sproporzionato.

111.

Di conseguenza, la restrizione del diritto di libero esercizio di un’attività imprenditoriale ai sensi dell’articolo 16 della Carta da parte dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi non è giustificata ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. La disposizione è pertanto invalida anche in quanto contraria a tale diritto fondamentale.

4. Sulla libera circolazione delle merci

112.

Il divieto di commercializzare sementi di varietà non ammesse potrebbe inoltre essere contrario alla libera circolazione delle merci.

113.

Il divieto delle restrizioni quantitative e delle misure di effetto equivalente, previsto dall’articolo 34 TFUE, vale non solo per i provvedimenti nazionali, ma anche per quelli adottati dalle istituzioni dell’Unione ( 47 ).

114.

Il divieto limita necessariamente gli scambi. Poiché anche tale restrizione è giustificata solo se soddisfa il principio di proporzionalità ( 48 ), valgono anche al riguardo le considerazioni svolte in precedenza ( 49 ).

5. Sulla parità di trattamento o sul divieto di discriminazione

115.

Occorre infine verificare la compatibilità con il principio della parità di trattamento ovvero con il divieto di discriminazione. Tale principio, nel frattempo sancito anche dall’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali, esige che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato ( 50 ). Una differenza di trattamento è giustificata se si fonda su un criterio obiettivo e ragionevole, vale a dire qualora essa sia rapportata a un legittimo scopo perseguito dalla normativa in questione, e tale differenza sia proporzionata allo scopo perseguito dal trattamento in esame ( 51 ). La normativa considerata deve pertanto essere proporzionata alle differenze e alle similitudini della rispettiva situazione ( 52 ).

116.

La presente disparità di trattamento risiede nel fatto che le sementi di varietà ammesse possono essere vendute, le sementi di varietà non ammesse, per contro, no. Il divieto di vendita si fonda sulla mancata dimostrazione dei requisiti di ammissione. L’assenza di tale dimostrazione costituisce una differenza fra le due varietà, la quale giustificherebbe, in linea di principio, anche una disparità di trattamento, come ad esempio l’obbligo di etichettare in maniera speciale le sementi di varietà non ammesse.

117.

Gli svantaggi di un divieto di vendita sono invece, come esposto in precedenza, sproporzionati rispetto agli obiettivi della disposizione. La disparità di trattamento non è pertanto giustificata, e il divieto è invalido anche in quanto contrario al principio della parità di trattamento.

6. Conclusione

118.

A titolo di conclusione parziale, va dichiarato che il divieto, sancito dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi, di vendere sementi di varietà delle quali non è dimostrata la differenziabilità, la stabilità e la sufficiente omogeneità, e che eventualmente non possiedono un valore agronomico e di utilizzazione soddisfacente, è invalido in quanto contrario al principio di proporzionalità, alla libertà d’impresa ai sensi dell’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, alla libera circolazione delle merci ai sensi dell’articolo 34 TFUE, nonché al principio della parità di trattamento ai sensi dell’articolo 20 della Carta.

D – Sulla direttiva sul catalogo delle varietà

119.

Occorre infine verificare se il risultato dell’esame dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi debba essere trasposto alla direttiva sul catalogo delle varietà.

120.

Diversamente dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi, la direttiva sul catalogo delle varietà non prevede espressamente che le sementi possano essere commercializzate solo se la loro varietà è ufficialmente ammessa.

121.

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva sul catalogo delle varietà, essa disciplina l’ammissione di varietà le cui sementi o i cui materiali di moltiplicazione possono essere commercializzati. L’articolo 3, paragrafo 1, in relazione ai requisiti di ammissione, si riferisce inoltre alle «varietà ammesse ufficialmente».

122.

È possibile leggere tali disposizioni della direttiva sul catalogo delle varietà nel senso che solo le sementi di varietà ammesse possono essere commercializzate. Un siffatto divieto sarebbe invalido per gli stessi motivi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sugli ortaggi. Questa interpretazione non è tuttavia convincente.

123.

Piuttosto, l’ammissione potrebbe essere intesa unicamente nel senso che essa costituisce il presupposto per una registrazione della varietà nel catalogo, e conferma la dimostrazione dei requisiti di ammissione. Questa interpretazione deve essere privilegiata, in quanto un atto giuridico dell’Unione, secondo un principio ermeneutico generale, deve essere interpretato, nei limiti del possibile, in modo da non rimettere in discussione la sua validità ( 53 ).

124.

Poiché una siffatta interpretazione conforme ai diritti fondamentali è possibile, va constatata la validità della direttiva sul catalogo delle varietà.

V – Conclusione

125.

Propongo pertanto alla Corte di statuire come segue:

1.

il divieto, sancito dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2002/55/CE, di vendere sementi di varietà delle quali non è dimostrata la differenziabilità, la stabilità e la sufficiente omogeneità, e che eventualmente non possiedono un valore agronomico e di utilizzazione soddisfacente, è invalido in quanto contrario al principio di proporzionalità, alla libertà d’impresa ai sensi dell’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, alla libera circolazione delle merci ai sensi dell’articolo 34 TFUE, nonché al principio della parità di trattamento ai sensi dell’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali.

2.

Per contro, dall’esame della domanda di pronuncia pregiudiziale nulla è emerso che possa mettere in discussione la validità delle restanti disposizioni della direttiva 2002/55/CE, nonché della direttiva 98/95/CE, della direttiva 2002/53/CE, e della direttiva 2009/145/CE.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) GU L 378, pag. 1.

( 3 ) GU L 378, pag. 3.

( 4 ) Articoli 3 e 4 della direttiva 70/458/CEE del Consiglio, del 29 settembre 1970, relativa alla commercializzazione delle sementi di ortaggi (GU L 225, pag. 7).

( 5 ) V. la direttiva 66/400/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1966, relativa alla commercializzazione delle sementi di barbabietole (GU 125, pag. 2290), la direttiva 66/401/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1966, relativa alla commercializzazione delle sementi di piante foraggere (GU 125, pag. 2298), nonché la direttiva 66/402/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1966, relativa alla commercializzazione delle sementi di cereali (GU 125, pag. 2309).

( 6 ) I documenti rilevanti nonché i pareri di diverse autorità e parti interessate sono rinvenibili su un sito web della Commissione, http://ec.europa.eu/food/plant/propagation/evaluation/index_en.htm, visitato da ultimo il 16 gennaio 2012.

( 7 ) GU L 193, pag. 33.

( 8 ) GU L 312, pag. 44.

( 9 ) GU L 254, pag. 11.

( 10 ) GU L 193, pag. 1.

( 11 ) GU L 193, pag. 12.

( 12 ) GU 1999, L 25, pag. 1.

( 13 ) V., ad esempio, la sentenza del 15 settembre 2011, Gueye e Salmerón Sanchez (C-483/09 e C-1/10, Racc. pag. I-8263, punto 40).

( 14 ) Sentenze del 13 febbraio 1979, Granaria (101/78, Racc. pag. 623, punto 4); del 5 ottobre 2004, Commissione/Grecia (C-475/01, Racc. pag. I-8923, punto 18), nonché del 12 febbraio 2008, Centre d’exportation du livre français (C-199/06, Racc. pag. I-469, punto 59).

( 15 ) V., relativamente al sindacato della normativa di recepimento alla luce del diritto costituzionale nazionale, sentenza del 22 giugno 2010, Melki (C-188/10 e C-189/10, Racc. pag. I-5667, punto 56).

( 16 ) V., rispettivamente, i fatti alla base delle sentenze del 14 dicembre 2004, Arnold André (C-434/02, Racc. pag. I-11825, punto 20); del 12 luglio 2005, Alliance for Natural Health e a. (C-154/04 e C-155/04, Racc. pag. I-6451, punto 21); del 6 dicembre 2005, ABNA e a. (C-453/03, C-11/04, C-12/04 e C-194/04, Racc. pag. I-10423, punti 17, 22 e segg. e 34), nonché del 1o marzo 2011, Association Belge des Consommateurs Test-Achats e a. (C-236/09, Racc. pag. I-773, punto 12).

( 17 ) Punto 146 della sua memoria.

( 18 ) Punti 147 e segg.

( 19 ) Punto 95 della presa di posizione della Commissione.

( 20 ) V. Food Chain Evaluation Consortium, «Evaluation of the Community acquis on the marketing of seed and plant propagating material (S&PM)», http://ec.europa.eu/food/plant/propagation/evaluation/s_pm_evaluation_finalreport_en.pdf (2008), pag. 78 e 168 e segg.

( 21 ) Atto introduttivo di primo grado della Graines Baumaux, pag. 25 e seg. degli allegati alla sua memoria: cinque varietà «betteraves» e quattro varietà «navets».

( 22 ) Sentenza del 6 dicembre 2005, Gaston Schul Douane-expediteur (C-461/03, Racc. pag. I-10513, punti 19 e segg.).

( 23 ) Sentenze del 3 giugno 2008, Intertanko e a. (C-308/06, Racc. pag. I-4057, punti 43 e segg.), nonché del 21 dicembre 2011, The Air Transport Association of America e a. (C-366/10, Racc. pag. I-13755, punti 51 e segg.).

( 24 ) V., al riguardo, le mie conclusioni del 6 ottobre 2011 nella causa The Air Transport Association of America e a. (C-366/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafi 68 e segg.).

( 25 ) Sentenze del 12 luglio 2001, Jippes e a. (C-189/01, Racc. pag. I-5689, punto 81); del 7 luglio 2009, S.P.C.M. e a. (C-558/07, Racc. pag. I-5783, punto 41), nonché dell’8 luglio 2010, Afton Chemical (C-343/09, Racc. pag. I-7027, punto 45), e la giurisprudenza ivi citata.

( 26 ) V. le sentenze S.P.C.M. e a., punto 42, nonché Afton Chemical, punto 46, cit. alla nota 24.

( 27 ) Sentenza S.P.C.M. e a. (cit. alla nota 24, punto 71).

( 28 ) V. la verifica nella sentenza S.P.C.M. e a. (cit. alla nota 24, punti 44 e segg. in relazione agli obiettivi e all’idoneità della misura, punti 59 e segg. in relazione alla necessità, nonché punti 64 e segg. sulla ponderazione di svantaggi e obiettivi).

( 29 ) Sentenze del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique e Lorraine e a. (C-127/07, Racc. pag. I-9895, punto 58); dell’8 giugno 2010, Vodafone e a. (C-58/08, Racc. pag. I-4999, punto 53), nonché del 12 maggio 2011, Lussemburgo/Parlamento e Consiglio (C-176/09, Racc. pag. I-3727, punto 63).

( 30 ) V. la definizione di tale valore all’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva sul catalogo delle varietà.

( 31 ) V. anche il quarto di cinque scenari discussi dalla Commissione nel suo documento consultivo sulla riforma del sistema «Options and Analysis of possible Scenarios for the Review of the EU Legislation on the Marketing of Seed and Plant Propagating Material», (http://ec.europa.eu/food/plant/propagation/evaluation/docs/15042011_options_analysis_paper_en.pdf, pagg. 12 e seg.).

( 32 ) V. supra, paragrafo 70.

( 33 ) Le considerazioni svolte infra, paragrafi 88 e segg., in relazione all’adeguatezza, nonché la verifica della libera circolazione delle merci, v. infra, paragrafi 112 e segg., ne fanno dubitare.

( 34 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31, pag. 1).

( 35 ) Sentenza Afton Chemical (cit. alla nota 23, punto 56); v. anche le sentenze S.P.C.M. e a. (cit. alla nota 24, punti 64 e segg.), nonché del 9 novembre 2010, Volker e Markus Schecke (C-92/09 e C-93/09, Racc. pag. I-11063, punti 77 e 81), nonché i rinvii di cui alla nota 28.

( 36 ) V. supra, paragrafo 45.

( 37 ) GU 1993 L 309, pag. 3.

( 38 ) Sentenza del 3 dicembre 1998, Bluhme (C-67/97, Racc. pag. I-8033, punto 33).

( 39 ) V. supra, paragrafo 75.

( 40 ) Disciplinata, nell’Unione, dal regolamento (CE) n. 2100/94 del Consiglio, del 27 luglio 1994, concernente la privativa comunitaria per ritrovati vegetali (GU L 227, pag. 1).

( 41 ) Sentenze del 24 marzo 1994, Bostock (C-2/92, Racc. pag. I-955, punto 16); del 27 giugno 2006, Parlamento/Consiglio («ricongiungimento familiare», C-540/03, Racc. pag. I-5769, punto 105), nonché del 1o luglio 2010, Speranza (C-35/09, Racc. pag. I-6581, punto 28).

( 42 ) V. le sentenze del 18 novembre 1987, Maizena e a. (137/85, Racc. pag. 4587, punto 15), nonché Speranza (cit. alla nota 41, punto 29).

( 43 ) Sentenze del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci (C-555/07, Racc. pag. I-365, punto 22), e del 22 dicembre 2010, DEB Deutsche Energiehandels- und Beratungsgesellschaft (C-279/09, Racc. pag. I-13849, punto 30).

( 44 ) Sentenze del 14 maggio 1974, Nold/Commissione (4/73, Racc. pag. 491, punto 14); del 5 ottobre 1994, Germania/Consiglio (C-280/93, Racc. pag. I-4973, punto 78), nonché del 16 novembre 2011, Bank Melli Iran/Consiglio (C-548/09 P, Racc. pag. I-11381, punto 114).

( 45 ) Analogamente già le sentenze cit. alla nota 43. V., sulla verifica di una siffatta giustificazione, la sentenza Volker e Markus Schecke (cit. alla nota 34, punti 65 e segg.).

( 46 ) Sentenze Alliance for Natural Health e a. (cit. alla nota 15, punto 129), nonché ABNA e a. (cit. alla nota 15, punti 87 e seg.), nonché, sulla tutela dei dati, la sentenza Volker e Markus Schecke (cit. alla nota 34, punto 74).

( 47 ) Sentenze del 7 maggio 1984, Denkavit Nederland (15/83, Racc. pag. 2171, punto 15), nonché Alliance for Natural Health e a. (cit. alla nota 15, punto 47).

( 48 ) V., sull’esame della validità del diritto derivato, le sentenze del 7 febbraio 1985, ADBHU (240/83, Racc. pag. 531, punto 15), e del 25 giugno 1997, Kieffer e Thill (C-114/96, Racc. pag. I-3629, punto 31), nonché, più in generale, le sentenze del 20 settembre 1988, Commissione/Danimarca (302/86, Racc. pag. 4607, punti 11 e – sull’adeguatezza – 21); del 15 novembre 2005, Commissione/Austria (C-320/03, Racc. pag. I-9871, punti 85 e 90).

( 49 ) V. supra, paragrafo 110.

( 50 ) Sentenze del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA (C-344/04, Racc. pag. I-403, punto 95); S.P.C.M. e a. (cit. alla nota 24, punto 74), nonché del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione e a. (C-550/07 P, Racc. pag. I-8301, punto 55).

( 51 ) Sentenza Arcelor Atlantique e Lorraine e a. (cit. alla nota 28, punto 47).

( 52 ) V. le conclusioni presentate dall’avvocato generale Poiares Maduro il 3 aprile 2008 nella causa Huber (sentenza del 16 dicembre 2008, C-524/06, Racc. pag. I-9705, paragrafo 7), nonché le mie conclusioni dell’8 settembre 2005, Parlamento/Consiglio (sentenza del 27 giugno 2006, C-540/03, Racc. pag. I-5769, paragrafo 107, e giurisprudenza ivi citata), nonché del 10 marzo 2009, S.P.C.M. e a. (sentenza, cit. alla nota 25, del 7 luglio 2009,C-558/07, Racc. pag. I-5783, paragrafo 134).

( 53 ) Sentenze del 4 ottobre 2001, Italia/Commissione (C-403/99, Racc. pag. I-6883, punto 37); del 19 novembre 2009, Sturgeon e a. (C-402/07 e C-432/07, Racc. pag. I-10923, punto 47), nonché del 16 settembre 2010, Chatzi (C-149/10, Racc. pag. I-8489, punto 43).

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