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Document 62004CJ0244

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 19 gennaio 2006.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di Germania.
Inadempimento di uno Stato - Articolo 49 CE - Libera prestazione dei servizi - Impresa che occupa lavoratori cittadini di Stati terzi - Impresa che svolge prestazioni in un altro Stato membro - Regime del visto di lavoro.
Causa C-244/04.

Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-00885

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2006:49

Causa C‑244/04

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica federale di Germania

«Inadempimento di uno Stato — Art. 49 CE — Libera prestazione dei servizi — Impresa che occupa lavoratori cittadini di Stati terzi — Impresa che svolge prestazioni in un altro Stato membro — Regime del visto di lavoro»

Conclusioni dell’avvocato generale L.A. Geelhoed, presentate il 15 settembre 2005 

Sentenza della Corte (Prima Sezione) 19 gennaio 2006 

Massime della sentenza

Libera prestazione dei servizi — Restrizioni — Distacco di lavoratori cittadini di Stati terzi da parte di un’impresa in un altro Stato membro

(Art. 49 CE)

Uno Stato membro, il quale non si limiti a subordinare il distacco di lavoratori cittadini di Stati terzi in vista del compimento di una prestazione di servizi nel suo territorio ad una semplice previa dichiarazione dell’impresa, avente sede in un altro Stato membro, che intende procedere al distacco dei detti lavoratori, ed esiga che questi ultimi siano occupati da almeno un anno da tale impresa, viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 49 CE.

(v. punto 64 e dispositivo)





SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

19 gennaio 2006 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Art. 49 CE – Libera prestazione dei servizi – Impresa che occupa lavoratori cittadini di Stati terzi – Impresa che svolge prestazioni in un altro Stato membro – Regime del visto di lavoro»

Nella causa C‑244/04,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto l’8 giugno 2004,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. G. Braun ed E. Traversa, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Repubblica federale di Germania, rappresentata dal sig. C.‑D. Quassowski e dalla sig.ra A. Tiemann, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues, M. Ilešič ed E. Levits (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. L.A. Geelhoed

cancelliere: sig. R. Grass

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 settembre 2005,

ha emesso la seguente

Sentenza

1       Con il presente ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede che la Corte voglia constatare che, limitando in modo assolutamente sproporzionato, secondo una prassi fondata su una circolare, il distacco di lavoratori cittadini di Stati terzi nell’ambito di una prestazione di servizi, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell’art. 49 CE.

 Contesto normativo

2       Ai sensi dell’art. 3 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 1996, 96/71/CE, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (GU 1997, L 18, pag. 1):

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché, qualunque sia la legislazione applicabile al rapporto di lavoro, le imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 1 garantiscano ai lavoratori distaccati nel loro territorio le condizioni di lavoro e di occupazione relative alle materie in appresso indicate che, nello Stato membro in cui è fornita la prestazione di lavoro, sono fissate:

–       da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, e/o

–       da contratti collettivi o da arbitrati dichiarati di applicazione generale, a norma del paragrafo 8, sempreché vertano sulle attività menzionate in allegato:

(…)

c)      tariffe minime salariali, comprese le tariffe maggiorate per lavoro straordinario; (...)

(…)».

3       Il distacco dei lavoratori dipendenti cittadini di uno Stato terzo è disciplinato in Germania dalla legge sugli stranieri (Ausländergesetz), nella versione del 9 gennaio 2002 (BGBl. 2002 I, pag. 361; in prosieguo: l’«AuslG»), dal regolamento di esecuzione di tale legge e da una circolare del 15 maggio 1999 indirizzata dal Ministero degli Affari esteri a tutte le rappresentanze diplomatiche e consolari tedesche (in prosieguo: la «circolare»).

4       Conformemente agli artt. 1‑3 dell’AuslG, le persone che non sono di nazionalità tedesca debbono presentare un’autorizzazione di soggiorno sotto forma di un visto per entrare e soggiornare nel territorio tedesco.

5       L’art. 10 dell’AuslG dispone che gli stranieri che prevedono di soggiornare più di tre mesi nel territorio tedesco e di esercitare ivi un’attività lavorativa subordinata, debbono essere in possesso di un’autorizzazione di soggiorno specifica, conformemente al regolamento di applicazione dell’AuslG.

6       Le modalità di rilascio di tale visto sono disciplinate dalla circolare ai sensi della quale la rappresentanza diplomatica tedesca presso la quale il lavoratore cittadino di uno Stato terzo chiede un visto in previsione del suo distacco in Germania esamina, previamente, la domanda per valutare se sussistano i criteri e le informazioni qui di seguito indicati:

–       devono essere chiaramente indicate le date relative all’inizio e alla fine del periodo di distacco del lavoratore di cui trattasi;

–       il lavoratore interessato deve essere impiegato da almeno un anno presso l’impresa che effettua il distacco;

–       l’autorizzazione di soggiorno e, se del caso, il permesso di lavoro rilasciati nello Stato membro dove è stabilita l’impresa che procede al distacco devono essere presentati per garantire la continuazione dell’impiego del detto lavoratore al termine del periodo di attività in Germania;

–       i lavoratori cittadini di uno Stato terzo devono essere iscritti al regime di sicurezza sociale dello Stato membro in cui è stabilita l’impresa che procede al distacco oppure, se l’iscrizione è su base volontaria, fruire di una sufficiente copertura assicurativa privata contro le malattie e gli infortuni. La tutela garantita da tali regimi assicurativi deve coprire anche le attività svolte in Germania, e

–       i detti lavoratori devono essere in possesso di un passaporto valido per il periodo di soggiorno previsto.

 La fase precontenziosa

7       La Commissione, con lettera di messa in mora 12 febbraio 1997 indirizzata alle autorità tedesche, ha sollevato la questione circa la compatibilità con l’art. 49 CE del procedimento applicato dalla Repubblica federale di Germania in materia di distacco nel suo territorio di lavoratori cittadini di Stati terzi, da parte di prestatori di servizi stabiliti in altri Stati membri.

8       La risposta delle dette autorità a tale lettera di messa in mora non veniva giudicata soddisfacente dalla Commissione la quale, il 7 agosto 1998, indirizzava alla Repubblica federale di Germania un parere motivato con il quale invitava quest’ultima a conformarsi ai suoi obblighi entro due mesi a partire dalla notifica del detto parere.

9       Il governo tedesco rispondeva il 5 novembre 1998 al detto parere motivato tenendo ferma, in sostanza, la sua precedente posizione. La Commissione allora, in data 24 maggio 2000 e 17 settembre 2001, rivolgeva richieste di informazioni supplementari alla Repubblica federale di Germania. Avendo constatato che la situazione giuridica era sensibilmente evoluta su taluni punti, decideva di concentrare le sue censure sulla conformità con l’art. 49 CE del carattere preliminare del controllo effettuato dalle autorità diplomatiche tedesche nonché della condizione di un previo periodo di occupazione di un anno in seno all’impresa che intende procedere al distacco di lavoratori.

10     Ritenendo che le risposte fornite dal governo tedesco alle dette domande di informazioni complementari, in particolare con lettera 28 novembre 2001, non fossero soddisfacenti alla luce delle censure che ancora restavano in essere, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

 Sul ricorso

 Argomenti delle parti

11     La Commissione sostiene che la prassi delle autorità tedesche, assoggettando i prestatori di servizi stabiliti in uno Stato membro diverso dalla Repubblica federale di Germania a condizioni specifiche circa il distacco del loro personale proveniente da Stati terzi, opera una discriminazione a danno di tali prestatori rispetto ai loro concorrenti stabiliti nel territorio tedesco i quali possono utilizzare liberamente il loro personale per fornire una prestazione di servizi in Germania.

12     Siffatte restrizioni sarebbero vietate dall’art. 49 CE, a meno che tali restrizioni, qualora siano discriminatorie, siano giustificate dal combinato disposto di cui agli artt. 46 CE e 55 CE, o, qualora non siano discriminatorie, da altre ragioni imperative di interesse generale sviluppate nella giurisprudenza della Corte.

13     Nella specie, la Commissione considera che sia la prassi fondata sulla verifica di taluni criteri prima del distacco sia la limitazione del distacco ai soli lavoratori occupati da almeno un anno dall’impresa prestatrice, stabilita in un altro Stato membro, costituiscono ostacoli alla libera prestazione dei servizi che non possono essere giustificati sulla base delle disposizioni menzionate al punto precedente.

14     In primo luogo, per quanto riguarda la condizione circa il controllo preliminare al distacco, se è vero che la Commissione non si oppone a che i lavoratori distaccati, cittadini di uno Stato terzo, costituiscano oggetto di un controllo sulla base dei criteri formulati nella sentenza della Corte 9 agosto 1994, causa C‑43/93, Vander Elst (Racc. pag. I‑3803), contesta, per contro, il fatto che tale controllo venga effettuato preliminarmente al distacco dei lavoratori in Germania.

15     La Commissione considera infatti che un controllo successivo al distacco sarebbe altrettanto efficace per consentire alle autorità tedesche di assicurarsi del ritorno dei lavoratori nello Stato membro di origine e risulta per contro meno vessatorio dell’attuale misura di controllo preliminare.

16     In secondo luogo, la Commissione sostiene che il fatto che un’impresa possa distaccare soltanto lavoratori cittadini di uno Stato terzo da lei occupati da almeno un anno costituirebbe un ostacolo alla libera prestazione dei servizi.

17     La Commissione assume, da un lato, che tale limitazione del diritto al distacco non rifletterebbe in alcun modo i criteri sviluppati dalla Corte nella citata sentenza Vander Elst e renderebbe illusorio il diritto per le imprese di recente creazione di fruire della libertà di circolazione.

18     Per quanto riguarda la giustificazione di questa seconda condizione, la Commissione, dall’altro lato, fa presente che la Corte, nella sentenza 21 ottobre 2004, causa C‑445/03, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑10191), ha espressamente respinto il motivo di natura economica connesso con la protezione del mercato nazionale del lavoro nella misura in cui il lavoratore distaccato non aspira ad accedere al mercato del lavoro dello Stato membro nel quale la prestazione deve essere effettuata.

19     Il governo tedesco dubita, in primo luogo, del carattere significativo della restrizione che l’attuale procedura comporta in forza della quale, nell’ambito di un distacco in Germania, il lavoratore cittadino di uno Stato terzo deve ottenere un visto, detto visto «Vander Elst», per essere ammesso a lavorare nel detto Stato membro.

20     Tale procedura risponderebbe, infatti, ai requisiti del diritto comunitario, quali, tra l’altro, risultano dalla giurisprudenza sorta dalla citata sentenza Vander Elst, e riguarderebbe soltanto un numero limitato di casi, nella specie quelli relativi, da un lato, ai lavoratori distaccati che non dispongono di un visto Schengen e, dall’altro, ai cittadini di Stati terzi che dispongono di un titolo di soggiorno rilasciato da uno Stato membro, ma distaccati per un periodo superiore a tre mesi nel territorio tedesco. Inoltre, l’amministrazione competente per il rilascio di un visto «Vander Elst» non disporrebbe di alcun potere discrezionale, con la conseguenza che tale rilascio sarebbe quasi automatico e avrebbe luogo entro un termine estremamente breve.

21     In secondo luogo, quand’anche si ammettesse che si tratta di una restrizione alla libera prestazione dei servizi, il governo tedesco contesta la fondatezza delle censure sollevate dalla Commissione.

22     Per quanto riguarda la condizione di un controllo preliminare al distacco, il governo tedesco sostiene che siffatto procedimento mira soltanto a verificare che un prestatore benefici del privilegio della libertà di prestazione dei servizi nell’ambito del distacco. Ciò consentirebbe di impedire che vengano aggirati i requisiti comunitari e nazionali in occasione dell’occupazione di cittadini di Stati terzi.

23     Si tratterebbe pertanto di una misura idonea e necessaria, dato che la sola presentazione di un passaporto o di un semplice visto di ingresso nel territorio dello Stato membro ospitante non consentirebbe ai cittadini di Stati terzi di dimostrare che sono regolarmente occupati nello Stato membro dove è stabilito il loro datore di lavoro.

24     Il governo tedesco sostiene inoltre che un controllo a posteriori, al momento dell’iscrizione del domicilio, non sarebbe altrettanto efficace. Infatti, da un lato, tale obbligo di iscrizione sarebbe relativo alla residenza, situazione cui i lavoratori distaccati non aspirano, e, dall’altro lato, dipenderebbe dai Länder, che non sono competenti in materia di entrata e di soggiorno degli stranieri nel territorio tedesco. Da ciò conseguirebbe che un controllo a posteriori della legittimità del distacco, nella fase di iscrizione del domicilio, comporterebbe un’incertezza giuridica per l’impresa stabilita in un altro Stato membro che procede al distacco, in quanto, prima di inviare i propri lavoratori in Germania, ignorerebbe se questi potranno soggiornare nel territorio di tale Stato membro fino al termine della prestazione di servizi per la quale sono stati distaccati.

25     Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il governo tedesco considera che la succitata sentenza Commissione/Lussemburgo non costituisce un esempio giurisprudenziale pertinente per quanto riguarda la prassi tedesca oggetto del ricorso. Si sarebbe qui in presenza non già di un’autorizzazione di lavoro ai sensi della normativa lussemburghese, bensì solo di un visto che implica l’esame di taluni criteri supplementari. Nella causa che ha dato luogo alla detta sentenza, la concessione del permesso di lavoro era parimenti soggetta alla valutazione dell’amministrazione competente in funzione, in particolare, di considerazioni relative alla situazione, all’evoluzione o all’organizzazione del mercato nazionale del lavoro. Orbene, questo non sarebbe il caso nella presente fattispecie, poiché la prassi delle autorità tedesche si fonda essenzialmente su esigenze connesse con l’interesse generale.

26     Per quanto riguarda la condizione di un contratto di lavoro concluso almeno un anno prima del distacco, il governo tedesco sostiene che si tratta dell’attuazione del criterio relativo alla necessità di essere in possesso di un’occupazione regolare e abituale quale considerata dalla Corte nella citata sentenza Vander Elst.

27     Tale condizione costituirebbe uno strumento idoneo ed efficace per conseguire vari obiettivi di interesse generale. Infatti, da un lato, contribuirebbe alla tutela dei lavoratori distaccati impedendo alle imprese stabilite in un altro Stato membro di occupare personale al solo scopo del distacco. Dall’altro lato, per quanto riguarda l’accesso dei cittadini degli Stati terzi al mercato del lavoro degli Stati membri, essa consentirebbe a questi ultimi di salvaguardare le loro prerogative in materia di controllo di tale accesso.

28     A questo proposito, il governo tedesco sostiene che la soluzione accolta dalla Corte nella citata sentenza Commissione/Lussemburgo non è pertinente nel caso di specie. Infatti, nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, ciò che avrebbe reso la procedura nel suo complesso sproporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti da tale normativa sarebbe l’effetto cumulato dei vari requisiti previsti dalla normativa lussemburghese.

29     A tal titolo, il governo tedesco si dichiara disposto a ridurre la durata del periodo di impiego precedente al distacco a sei mesi.

 Giudizio della Corte

30     In limine, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l’art. 49 CE impone non solo l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi (v., in particolare, sentenza 24 gennaio 2002, causa C‑164/99, Portugaia Construções, Racc. pag. I‑787, punto 16).

31     Tuttavia, una normativa nazionale rientrante in un settore che non ha costituito oggetto di armonizzazione a livello comunitario e che si applica indistintamente a tutte le persone o imprese che esercitano un’attività nel territorio dello Stato membro ospitante può, nonostante gli effetti restrittivi sulla libera prestazione dei servizi, essere giustificata se risponde a ragioni imperative d’interesse generale, qualora tale interesse non sia già tutelato dalle norme cui il prestatore è soggetto nello Stato membro in cui risiede, se è idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e se non va oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (v. sentenze 23 novembre 1999, cause riunite C‑369/96 e C‑376/96, Arblade e a., Racc. pag. I‑8453, punti 34 e 35, nonché Portugaia Construções, citata, punto 19).

32     Poiché la materia relativa al distacco di lavoratori subordinati cittadini di uno Stato terzo nell’ambito di una prestazione di servizi transfrontaliera non è fino ad oggi armonizzata a livello comunitario, occorre esaminare la compatibilità delle condizioni poste dalla prassi delle autorità tedesche con l’art. 49 alla luce dei principi ricordati nei due punti che qui sopra precedono.

 Sul carattere preliminare del controllo del rispetto delle condizioni poste dalla prassi delle autorità tedesche

33     In limine, si deve ricordare che il fatto che la prassi delle autorità tedesche in materia di distacco di lavoratori provenienti da Stati terzi riguarda solo un gruppo limitato di persone, che il procedimento di rilascio di un visto «Vander Elst» non supera la durata di sette giorni e che l’amministrazione competente non dispone di alcun potere discrezionale per rilasciare un siffatto visto è ininfluente per quanto riguarda il carattere restrittivo di tale prassi nei confronti della libera prestazione dei servizi.

34     Infatti, a proposito del distacco di un lavoratore cittadino di uno Stato terzo da parte di un’impresa comunitaria prestatrice di servizi, la Corte ha già dichiarato che una normativa nazionale che subordini al rilascio di un’autorizzazione amministrativa l’esercizio di talune prestazioni di servizi sul territorio nazionale da parte di un’impresa avente sede in un altro Stato membro costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’art. 49 CE (v. citate sentenze Vander Elst, punto 15, e Commissione/Lussemburgo, punto 24).

35     Orbene, se è vero, come sostenuto dal governo tedesco, che gli oneri amministrativi e finanziari che il controllo preventivo quale praticato dalle autorità tedesche implica non sono della natura di quelli esaminati dalla Corte nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Commissione/Lussemburgo, resta ciò nondimeno che un siffatto procedimento è idoneo a rendere più difficoltoso, se non addirittura impossibile, l’esercizio della libera prestazione dei servizi tramite lavoratori distaccati cittadini di Stati terzi, in particolare quando la prestazione da svolgere richiede una certa rapidità di azione.

36     Si deve ricordare che la Corte ha riconosciuto agli Stati membri la facoltà di verificare l’osservanza delle disposizioni nazionali e comunitarie in materia di prestazione di servizi. Parimenti ha riconosciuto la fondatezza di misure di controllo necessarie per verificare l’osservanza di condizioni esse stesse giustificate da ragioni di interesse generale (sentenza Arblade e a., citata, punto 38). Tuttavia, al punto 17 della sentenza 27 marzo 1990, causa C‑113/89, Rush Portuguesa (Racc. pag. I‑1417), la Corte ha parimenti giudicato che tali controlli devono rispettare i limiti imposti dal diritto comunitario e non debbono rendere illusoria la libertà di prestazioni dei servizi.

37     Ciò considerato, occorre esaminare se le restrizioni alla libera prestazione dei servizi derivanti dalla prassi delle autorità tedesche appaiano giustificate da un obiettivo d’interesse generale e se, eventualmente, siano necessarie per il conseguimento effettivo di tale obiettivo con i mezzi adeguati (v. sentenze 25 ottobre 2001, cause riunite C‑49/98, C‑50/98, da C‑52/98 a C‑54/98 e da C‑68/98 a C‑71/98, Finalarte e a., Racc. pag. I‑7831, punto 37, e Commissione/Lussemburgo, citata, punto 26).

38     Nella specie, il governo tedesco invoca motivi relativi alla prevenzione di sviamenti della libertà di prestazione dei servizi, di tutela dei lavoratori e di certezza del diritto.

39     In primo luogo, il governo tedesco deduce la necessità di verificare se un prestatore di servizi stabilito in uno Stato membro diverso dalla Repubblica federale di Germania non si serva della libertà di prestazione dei servizi per uno scopo diverso da quello per il quale è stata istituita, ad esempio quello di far venire il suo personale per collocamento sul mercato nazionale del lavoro. A questo proposito considera che i controlli sono giustificati nella misura in cui sono intesi a porre in essere un’esigenza del diritto comunitario, e cioè verificare se i lavoratori interessati fossero impiegati «in modo regolare e abituale» nello Stato membro ove è stabilito il detto prestatore, ai sensi della citata sentenza Vander Elst, prima del loro distacco nel territorio tedesco.

40     La Corte ha già avuto occasione di dichiarare che uno Stato membro può accertare se l’impresa stabilita in un altro Stato membro che distacchi sul suo territorio lavoratori cittadini di uno Stato terzo non si avvalga della libertà di prestazione dei servizi per uno scopo diverso dall’adempimento della prestazione di cui si tratta (v. citate sentenze Rush Portuguesa, punto 17, e Commissione/Lussemburgo, punto 39).

41     Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 27 delle sue conclusioni, la condizione che da parte del prestatore dei servizi venga fornita una semplice dichiarazione preliminare attestante che i lavoratori interessati sono in una situazione regolare, soprattutto in termini di residenza, di autorizzazione di lavoro e di copertura assicurativa nello Stato membro ove la detta impresa li occupa, offrirebbe alle autorità nazionali, in maniera meno restrittiva e parimenti efficace come il controllo preliminare al distacco, garanzie circa la regolare situazione di tali lavoratori e il fatto che questi esercitano la loro attività principale nello Stato membro dove ha sede l’impresa prestatrice di servizi (v., in questo senso, Commissione/Lussemburgo, citata, punto 46). Una siffatta condizione consentirebbe alle autorità nazionali di controllare tali dati a posteriori e di adottare le misure necessarie in caso di irregolarità della situazione dei detti lavoratori. Tale condizione potrebbe inoltre assumere la forma di una succinta comunicazione dei documenti richiesti, in particolare qualora la durata del distacco non consentisse di esercitare un siffatto controllo in modo efficace.

42     Da ciò risulta che la misura di controllo preliminare al distacco quale quello che risulta dalla prassi delle autorità tedesche eccede quanto è necessario per prevenire gli abusi cui può dar luogo l’attuazione della libertà di prestazione dei servizi.

43     In secondo luogo, il governo tedesco, per giustificare la prassi del controllo preliminare al distacco, invoca motivi attinenti alla tutela dei lavoratori.

44     A questo proposito, se è vero che la Corte ha giudicato che tra le ragioni imperative d’interesse generale che possono giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi rientra la tutela dei lavoratori (sentenza Arblade e a., citata, punto 36), si deve ricordare che il diritto comunitario non osta a che gli Stati membri estendano l’applicazione delle loro leggi o dei contratti collettivi di lavoro stipulati tra le parti sociali a chiunque svolga un lavoro subordinato, ancorché temporaneo, nel loro territorio indipendentemente dal paese in cui è stabilito il datore di lavoro, che il diritto comunitario non vieta nemmeno agli Stati membri di imporre l’osservanza di queste norme con mezzi adeguati, quando risulti che la protezione da queste conferita non è garantita da obblighi identici o sostanzialmente comparabili ai quali l’impresa è già soggetta nello Stato membro di stabilimento (v. sentenza Commissione/Lussemburgo, citata, punto 29).

45     Tuttavia, l’obbligo posto ad un’impresa prestatrice di servizi stabilita in un altro Stato membro, parallelamente alla condizione, considerata nel punto 41 della presente sentenza, di segnalare previamente alle autorità locali la presenza di uno o più lavoratori dipendenti distaccati, la durata prevista di tale presenza e la o le prestazioni di servizi che giustificano il distacco, costituirebbe una misura più proporzionata del controllo preliminare al distacco qui controverso, perché meno restrittiva e altrettanto efficace. Sarebbe tale da consentire alle autorità di controllare il rispetto della normativa sociale tedesca durante il periodo di distacco, tenendo conto degli obblighi ai quali l’impresa è già soggetta per effetto delle norme di diritto del lavoro vigenti nello Stato membro di origine (sentenza Commissione/Lussemburgo, citata, punto 31).

46     Si deve pertanto rilevare che la misura di controllo preliminare al distacco eccede quanto è necessario per perseguire l’obiettivo di tutela dei lavoratori.

47     In terzo luogo, il governo tedesco sostiene che un controllo preliminare al distacco consente alle imprese prestatrici di servizi, stabilite in un altro Stato membro, di avere la garanzia che tale distacco è effettuato in modo legittimo e la certezza di poter disporre dell’insieme del loro personale per tutta la durata della prestazione.

48     A questo proposito si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, gli Stati membri possono giustificare misure di controllo lesive della libera prestazione dei servizi per ragioni imperative di interesse generale, qualora tale interesse non sia tutelato da norme cui il prestatore è soggetto nello Stato membro in cui risiede (sentenza Portugaia Construções, citata, punto 19).

49     Orbene, è certamente nell’interesse sia dello Stato membro ospitante sia dell’impresa prestatrice avere, prima del distacco, la garanzia che i lavoratori cittadini di uno Stato terzo sono distaccati in condizioni legali.

50     Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 28 delle sue conclusioni, spetta alle imprese che non rispettano la detta normativa farsi carico delle responsabilità di un distacco effettuato in condizioni illegali.

51     Da ciò consegue che la misura del controllo preventivo, quale risulta dalla prassi delle autorità tedesche in materia di distacco di lavoratori cittadini di uno Stato terzo, non può essere giustificata dalla necessità di assicurarsi che tale distacco è effettuato in modo legittimo e pertanto costituisce uno strumento sproporzionato alla luce degli obiettivi perseguiti dalla Repubblica federale di Germania.

 Sulla condizione di un previo periodo di occupazione di almeno un anno in seno all’impresa che effettua il distacco

52     Il governo tedesco sostiene che la condizione di un previo periodo di almeno un anno in seno all’impresa che effettua il distacco mette in atto la giurisprudenza scaturita dalla citata sentenza Vander Elst, dove la Corte ha riconosciuto agli Stati membri la facoltà di verificare se i lavoratori distaccati cittadini di uno Stato terzo dispongano di un’occupazione regolare e abituale nello Stato membro dove il loro datore di lavoro è stabilito.

53     Non è contestato che una siffatta condizione costituisca una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Infatti, tale condizione è particolarmente pregiudizievole per le imprese appartenenti ad un settore caratterizzato dal frequente ricorso a contratti di breve durata o a prestazione definita, ovvero per le imprese di recente creazione (v. sentenza Commissione/Lussemburgo, citata, punto 44).

54     Nella specie, il governo tedesco afferma che la detta condizione costituisce uno strumento appropriato ed efficace per vigilare sull’efficacia della normativa nazionale e comunitaria in materia di tutela dei lavoratori, per salvaguardare le prerogative degli Stati membri in materia di controllo dell’accesso al mercato nazionale del lavoro e per prevenire situazioni di dumping sociale.

55     In limine, si deve ricordare che la Repubblica federale di Germania non può, a questo riguardo, basarsi sulla formula utilizzata dalla Corte al punto 26 della citata sentenza Vander Elst, sostenendo che una siffatta condizione di previa occupazione consentirebbe di verificare che il lavoratore distaccato, cittadino di uno Stato terzo, dispone di un’occupazione regolare e abituale nello Stato membro dove il suo datore di lavoro è stabilito. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni, tale formula deve essere ricollocata nel contesto della questione sollevata dal giudice nazionale nella causa che ha dato luogo alla detta sentenza Vander Elst. Va a questo proposito ricordato che la Corte non ha ricollegato alla nozione di «impiego regolare e abituale» una condizione di residenza o di impiego di durata determinata nello Stato dove l’impresa prestatrice di servizi è stabilita.

56     Si deve tuttavia verificare se la condizione di un periodo di previa occupazione di almeno un anno in seno all’impresa che effettua il distacco costituisca uno strumento appropriato per raggiungere gli obiettivi invocati dalla Repubblica federale di Germania.

57     Nella specie, vengono invocati motivi relativi alla tutela dei lavoratori, alla salvaguardia delle prerogative degli Stati membri in materia di accesso al mercato del lavoro di questi ultimi e alla prevenzione del dumping sociale.

58     A questo proposito, contrariamente a quanto sostenuto dal governo tedesco, la Corte ha già avuto modo di giudicare che una normativa che impone la condizione di un previo periodo di impiego di soltanto sei mesi eccede quanto può essere preteso in nome dell’obiettivo di tutela sociale dei lavoratori cittadini di uno Stato terzo (Commissione/Lussemburgo, citata, punto 32).

59     Inoltre, per quanto riguarda la salvaguardia delle prerogative degli Stati membri in materia di accesso al loro mercato del lavoro, si deve ricordare che i lavoratori distaccati non intendono accedere al mercato del lavoro dello Stato membro nel quale sono distaccati (v. citate sentenza Rush Portuguesa, punto 15; Vander Elst, punto 21; Finalarte e a., punto 22, nonché Commissione/Lussemburgo, punto 38).

60     Inoltre, è già stato giudicato che tale condizione è sproporzionata rispetto all’obiettivo inteso a garantire che i lavoratori ritornino nello Stato membro di origine al termine del loro distacco (sentenza Commissione/Lussemburgo, citata, punto 45).

61     Infine, per quanto riguarda la causa di giustificazione che deduce la prevenzione del dumping sociale, la Corte ha giudicato che gli Stati membri possono estendere l’applicazione delle loro leggi o dei contratti collettivi di lavoro in materia di salari minimi a chiunque svolga un lavoro subordinato, ancorché temporaneo, nel loro territorio (sentenza Arblade e a., citata, punto 41). Una siffatta prerogativa è altresì riconosciuta ai sensi dell’art. 3 della direttiva 96/71.

62     A questo proposito, la dichiarazione preventiva menzionata nei punti 41 e 45 della presente sentenza, completata dalle pertinenti informazioni in materia di salari e di condizioni di impiego, costituirebbe uno strumento meno restrittivo per quanto riguarda la libertà di prestazione dei servizi, che consente allo stesso tempo alle autorità locali di assicurarsi che i lavoratori distaccati non siano soggetti ad un regime meno favorevole di quello applicabile nello Stato membro in cui vengono distaccati.

63     Da ciò consegue che la condizione di un previo periodo di occupazione di almeno un anno in seno all’impresa che effettua il distacco dev’essere considerata sproporzionata per raggiungere gli obiettivi che la Repubblica federale di Germania invoca.

64     Si deve pertanto constatare che, non limitandosi a subordinare il distacco di lavoratori cittadini di Stati terzi in vista del compimento di una prestazione di servizi nel suo territorio ad una semplice previa dichiarazione dell’impresa, avente sede in un altro Stato membro, che intende procedere al distacco dei detti lavoratori ed esigendo che questi ultimi siano occupati da almeno un anno da tale impresa, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 49 CE.

 Sulle spese

65     A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica federale di Germania, quest’ultima, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Non limitandosi a subordinare il distacco di lavoratori cittadini di Stati terzi in vista del compimento di una prestazione di servizi nel suo territorio ad una semplice previa dichiarazione dell’impresa, avente sede in un altro Stato membro, che intende procedere al distacco dei detti lavoratori ed esigendo che questi ultimi siano occupati da almeno un anno da tale impresa, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 49 CE.

2)      La Repubblica federale di Germania è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.

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