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Document 62003CJ0433

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 14 luglio 2005.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di Germania.
Inadempimento di uno Stato - Negoziazione, conclusione, ratifica ed attuazione di accordi bilaterali da parte di uno Stato membro - Trasporti di merci o di persone per via navigabile - Competenza esterna della Comunità - Art. 10 CE - Regolamenti (CEE) n. 3921/91 e (CE) n. 1356/96.
Causa C-433/03.

Raccolta della Giurisprudenza 2005 I-06985

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:462

Causa C-433/03

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica federale di Germania

«Inadempimento di uno Stato — Negoziazione, conclusione, ratifica e attuazione di accordi bilaterali da parte di uno Stato membro — Trasporti di merci o di persone per via navigabile — Competenza esterna della Comunità — Art. 10 CE — Regolamenti (CEE) n. 3921/91 e (CE) n. 1356/96»

Conclusioni dell’avvocato generale A. Tizzano, presentate il 10 marzo 2005 

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 14 luglio 2005 

Massime della sentenza

1.     Ricorso per inadempimento — Oggetto della controversia — Determinazione nel corso del procedimento precontenzioso — Modifica ulteriore in senso restrittivo — Ammissibilità

(Art. 226 CE)

2.     Ricorso per inadempimento — Esame sul merito da parte della Corte — Situazione da prendere in considerazione — Situazione esistente alla scadenza del termine fissato nel parere motivato

(Art. 226 CE)

3.     Accordi internazionali — Competenza della Comunità — Creazione di una competenza esterna esclusiva della Comunità a motivo dell’esercizio della sua competenza interna — Presupposti — Trasporti per via navigabile — Regolamento n. 3921/91 — Insufficienza della normativa comunitaria per operare il trasferimento della competenza esterna esclusiva alla Comunità

[Artt. 71, n. 1, CE e 80, n. 1, CE; regolamento (CEE) del Consiglio n. 3921/91]

4.     Procedura — Atto introduttivo di ricorso — Oggetto della controversia — Definizione — Modifica in corso di causa — Divieto

5.     Stati membri — Obblighi — Obbligo di cooperazione — Decisione che autorizza la Commissione a negoziare un accordo multilaterale a nome della Comunità — Obblighi degli Stati membri — Doveri di azione e di astensione — Portata

(Art. 10 CE)

1.     Anche se l’oggetto del ricorso proposto a norma dell’art. 226 CE è definito dal procedimento precontenzioso previsto da tale disposizione e, di conseguenza, il parere motivato della Commissione e il ricorso devono fondarsi sulle stesse censure, ciò non significa tuttavia che debba sussistere in ogni caso una perfetta coincidenza nella loro formulazione, dal momento che l’oggetto della controversia non è stato ampliato o modificato ma, al contrario, semplicemente ridotto.

(v. punto 28)

2.     L’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e che la Corte non può tener conto dei mutamenti successivi.

(v. punto 32)

3.     La Comunità acquista una competenza esterna esclusiva a motivo dell’esercizio della sua competenza interna, quando gli impegni internazionali rientrano nell’ambito di applicazione delle norme comuni o, comunque, di un settore già in gran parte disciplinato da tali norme, e ciò anche se non vi sono contraddizioni fra tali impegni e dette norme.

Quindi, allorché la Comunità include nei suoi atti legislativi interni clausole relative al trattamento da riservare ai cittadini di paesi terzi o conferisce espressamente alle proprie istituzioni una competenza a negoziare con i paesi terzi, essa acquista una competenza esterna esclusiva in misura corrispondente ai suddetti atti.

Lo stesso vale, anche in mancanza di clausola espressa che autorizzi le sue istituzioni a negoziare con i paesi terzi, quando la Comunità realizza un’armonizzazione completa in un determinato settore, poiché il mantenimento da parte degli Stati membri di una certa libertà di negoziare con i paesi terzi potrebbe incidere sulle norme comuni così adottate.

Per quel che riguarda le condizioni di ammissione dei vettori non comunitari ai trasporti nazionali per via navigabile, la Comunità non ha acquisito una competenza esclusiva esterna. Infatti, il regolamento n. 3921/91, che fissa le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci o di persone per via navigabile in uno Stato membro, non regola la situazione dei detti vettori in quanto esso riguarda soltanto i vettori stabiliti in uno Stato membro e l’armonizzazione operata da tale regolamento non ha per tale fatto carattere completo.

(v. punti 44-48, 50, 52-53)

4.     una parte non può modificare in corso di causa l’oggetto stesso della controversia, sicché la fondatezza del ricorso deve essere esaminata unicamente con riferimento alle conclusioni contenute nell’atto introduttivo.

(v. punto 61)

5.     Il dovere di leale cooperazione, sancito all’art. 10 CE, è di applicazione generale e non dipende né dal carattere esclusivo o meno della competenza comunitaria di cui trattasi, né dall’eventuale diritto degli Stati membri a contrarre obbligazioni nei confronti di paesi terzi.

Specificamente, gli Stati membri sono tenuti a doveri particolari di azione e di astensione in una situazione in cui la Commissione ha presentato al Consiglio proposte che, pur se non adottate da quest’ultimo, rappresentano il punto di partenza di un’azione comunitaria concertata.

Ne consegue che l’adozione da parte del Consiglio di una decisione che autorizza la Commissione a negoziare un accordo multilaterale a nome della Comunità, adozione che segna l’inizio di un’azione comunitaria concertata sul piano internazionale, implica, a tale titolo, se non un dovere di astensione a carico degli Stati membri, quanto meno un obbligo di stretta cooperazione tra questi ultimi e le istituzioni comunitarie in modo da facilitare l’esecuzione dei compiti della Comunità e da garantire l’unità e la coerenza dell’azione e della rappresentanza internazionale di quest’ultima.

(v. punti 64-66)




SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

14 luglio 2005 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Negoziazione, conclusione, ratifica e attuazione di accordi bilaterali da parte di uno Stato membro – Trasporti di merci o di persone per via navigabile – Competenza esterna della Comunità – Art. 10 CE – Regolamenti (CEE) n. 3921/91 e (CE) n. 1356/96»

Nella causa C-433/03,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 10 ottobre 2003,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra C. Schmidt nonché dai sigg. W. Wils e A. Manville, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica federale di Germania, rappresentata dal sig. W.‑D. Plessing, in qualità di agente, assistito dal sig. G. Schohe, Rechtsanwalt,

convenuta,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. C. Gulmann, J. Makarczyk e P. Kūris, giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano

cancelliere: sig. R. Grass

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 marzo 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       Con il presente ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede che la Corte voglia constatare che la Repubblica federale di Germania:

a)      avendo individualmente negoziato, concluso, ratificato e attuato:

–       l’accordo tra il governo della Repubblica federale di Germania e il governo della Romania sulla navigazione interna, firmato a Bonn il 22 ottobre 1991 (BGBl. 1993 II, pag. 770; in prosieguo: l’«accordo concluso con la Romania»),

–       l’accordo tra il governo della Repubblica federale di Germania e il governo della Repubblica di Polonia sulla navigazione interna, firmato a Varsavia l’8 novembre 1991 (BGBl. 1993 II, pag. 779; in prosieguo: l’«accordo concluso con la Polonia»), e

–       l’accordo tra il governo della Repubblica federale di Germania ed il governo dell’Ucraina sulla navigazione interna, firmato a Bonn il 14 luglio 1992 (BGBl. 1994 II, pag. 258; in prosieguo: l’«accordo concluso con l’Ucraina»), e

b)      rifiutandosi di denunciare gli accordi conclusi con la Romania, la Polonia e l’Ucraina così come:

–       l’accordo tra il governo della Repubblica federale di Germania e il governo della Repubblica socialista cecoslovacca sulla navigazione interna, firmato a Praga il 26 gennaio 1988 (BGBl. 1989 II, pag. 1035; in prosieguo: l’«accordo concluso con la Cecoslovacchia»), e

–       l’accordo tra la Repubblica federale di Germania e il governo della Repubblica popolare di Ungheria sulla navigazione interna, firmato a Budapest il 15 gennaio 1988 (BGBl. 1989 II, pag. 1026; in prosieguo: l’«accordo concluso con l’Ungheria»),

è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 10 CE e del regolamento (CEE) del Consiglio 16 dicembre 1991, n. 3921, che fissa le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci o di persone per via navigabile in uno Stato membro (GU L 373, pag. 1), per quanto riguarda gli accordi menzionati alla lett. a), nonché del regolamento (CE) del Consiglio 8 luglio 1996, n. 1356, riguardante regole comuni applicabili ai trasporti di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri al fine di realizzare in tali trasporti la libera prestazione di servizi (GU L 175, pag. 7), per quanto riguarda gli accordi menzionati alla lett. b).

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

 Le norme del Trattato CE

2       L’art. 10 CE è così formulato:

«Gli Stati membri adottano tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal presente trattato ovvero determinati dagli atti delle istituzioni della Comunità. Essi facilitano quest’ultima nell’adempimento dei propri compiti.

Essi si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del presente trattato».

3       Per quanto riguarda il settore dei trasporti, l’art. 70 CE prevede che gli obiettivi del Trattato siano perseguiti dagli Stati membri nel quadro di una politica comune.

4       L’art. 71, n. 1, CE così dispone:

«Ai fini dell’applicazione dell’articolo 70 e tenuto conto degli aspetti peculiari dei trasporti, il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, stabilisce:

a)      norme comuni applicabili ai trasporti internazionali in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri;

b)      le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali in uno Stato membro;

c)      le misure atte a migliorare la sicurezza dei trasporti;

d)      ogni altra utile disposizione».

5       Sulla base di quest’ultima disposizione, il Consiglio ha adottato i regolamenti nn. 3921/91 e 1356/96.

 Il regolamento n. 3921/91

6       Il regolamento n. 3921/91, secondo il suo terzo ‘considerando’, è inteso a far sì che i vettori non residenti siano ammessi ad effettuare trasporti nazionali di merci o di persone per via navigabile alle medesime condizioni di quelle che lo Stato membro interessato impone ai propri vettori.

7       A tal fine, l’art. 1, primo comma, di tale regolamento prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 1993, qualsiasi vettore di merci o di persone per via navigabile è ammesso ad effettuare trasporti nazionali di merci o di persone per via navigabile per conto terzi in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilito, denominati «cabotaggio», a condizione che sia stabilito in uno Stato membro conformemente alla legislazione di quest’ultimo ed eventualmente vi sia abilitato ad effettuare trasporti internazionali di merci o di persone per via navigabile. Il secondo comma di tale articolo prevede che qualora soddisfi a dette condizioni, il detto vettore può esercitare il cabotaggio a titolo temporaneo nello Stato membro interessato senza crearvi una sede o un altro centro di attività.

8       Inoltre l’art. 2, n. 1, di questo stesso regolamento dispone che per essere ammesso ad effettuare il cabotaggio il vettore può inoltre utilizzare a tal fine soltanto battelli il cui proprietario o i cui proprietari siano persone fisiche aventi domicilio in uno Stato membro e siano cittadini di uno Stato membro o persone giuridiche che abbiano sede sociale in uno Stato membro e appartengano in maggioranza a cittadini degli Stati membri.

9       Infine, secondo l’art. 6 del regolamento n. 3921/91, le disposizioni di questo non pregiudicano i diritti esistenti ai sensi della convenzione modificata per la navigazione sul Reno, firmata a Mannheim il 17 ottobre 1868 (in prosieguo: la «convenzione di Mannheim»).

 Il regolamento n. 1356/96

10     Come risulta dal titolo e dal secondo ‘considerando’, il regolamento n. 1356/96 ha come obiettivo quello di realizzare la libera prestazione di servizi nel settore dei trasporti di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri eliminando qualsiasi restrizione nei confronti del prestatore di servizi basata sulla nazionalità o sul fatto che questi sia stabilito in uno Stato membro diverso da quello nel quale deve essere fornita la prestazione.

11     Gli artt. 1 e 2 di tale regolamento prevedono che qualsiasi vettore di merci o di persone per via navigabile è ammesso ad effettuare le operazioni di trasporto tra Stati membri e in transito attraverso questi, senza discriminazioni motivate dalla sua nazionalità e dal suo luogo di stabilimento. Il detto art. 2 fissa altresì le condizioni di tale ammissione.

12     A tenore dell’art. 3 del medesimo regolamento, le disposizioni di questo «non pregiudicano i diritti esistenti per i vettori dei paesi terzi a titolo della convenzione modificata sulla navigazione del Reno (convenzione di Mannheim), della convenzione sulla navigazione del Danubio (convenzione di Belgrado), né i diritti che derivano da obblighi internazionali della Comunità».

 Gli accordi bilaterali conclusi dalla Repubblica federale di Germania

13     Gli accordi bilaterali menzionati al punto 1 della presente sentenza (in prosieguo: gli «accordi bilaterali») contengono disposizioni relative all’uso reciproco delle vie navigabili mediante battelli delle parti contraenti per i trasporti di persone e di merci.

14     Questi accordi prevedono, in particolare, che i trasporti di persone e/o di merci da parte dei battelli di una parte contraente tra porti dell’altra parte (cabotaggio) e i trasporti di persone e/o di merci da parte dei battelli di una parte contraente tra porti dell’altra parte e quelli di uno Stato terzo (traffico con gli Stati terzi) siano soggetti ad un’autorizzazione speciale delle autorità competenti delle parti contraenti interessate.

15     Gli accordi conclusi con l’Ungheria e la Cecoslovacchia sono stati ratificati con due leggi del 14 dicembre 1989 e sono entrati in vigore rispettivamente il 31 gennaio e il 4 maggio 1990. Gli accordi conclusi con la Romania e la Polonia sono stati ratificati con due leggi del 19 aprile 1993 e sono entrati in vigore rispettivamente il 9 luglio e il 1° novembre 1993. L’accordo concluso con l’Ucraina è stato ratificato con una legge del 2 febbraio 1994 ed è entrato in vigore il 1° luglio 1994.

 I fatti della controversia e la fase precontenziosa

16     Il 28 giugno 1991 la Commissione ha sottoposto al Consiglio una raccomandazione di decisione relativa all’apertura di negoziati aventi ad oggetto la conclusione di un accordo multilaterale tra la Comunità e i paesi terzi nel settore del trasporto delle persone e delle merci per via navigabile.

17     Con decisione 7 dicembre 1992, il Consiglio «ha autorizzato la Commissione a negoziare un accordo multilaterale avente ad oggetto le regole per il trasporto fluviale di viaggiatori e di merci tra la Comunità economica europea, da un lato, la Polonia e gli Stati contraenti della Convenzione del Danubio (Ungheria, Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria, ex URSS, ex Iugoslavia e Austria), dall’altro lato» (in prosieguo: la «decisione del Consiglio 7 dicembre 1992»).

18     A seguito di tale decisione del Consiglio, la Commissione, con lettera 20 aprile 1993, ha chiesto a vari Stati membri, tra cui la Repubblica federale di Germania, «di astenersi da ogni iniziativa che potesse compromettere il buon andamento dei negoziati avviati a livello comunitario e, in particolare, di rinunciare alla ratifica degli accordi già siglati o firmati nonché all’apertura di nuovi negoziati con paesi dell’Europa centrale ed orientale in materia di navigazione interna».

19     L’8 aprile 1994 il Consiglio ha deciso che dovevano essere condotti prioritariamente negoziati con la Repubblica ceca, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Polonia e la Repubblica slovacca.

20     I negoziati multilaterali condotti dalla Commissione si sono conclusi il 5 agosto 1996 con la sigla di un progetto di accordo multilaterale sulla base del quale la Commissione, il 13 dicembre 1996, ha presentato al Consiglio una proposta di decisione relativa alla conclusione dell’accordo che fissa le condizioni che regolano il trasporto per via navigabile di merci e di passeggeri tra la Comunità europea, da un lato, e la Repubblica ceca, la Repubblica di Polonia e la Repubblica slovacca, dall’altro.

21     A tutt’oggi, tuttavia, nessun accordo multilaterale è stato concluso dalla Comunità con i paesi interessati.

22     Con lettera di diffida del 10 aprile 1995 e una lettera di diffida integrativa del 24 novembre 1998, la Commissione ha avviato il procedimento per inadempimento di cui all’art. 226 CE e ha chiesto alla Repubblica federale di Germania di denunciare gli accordi bilaterali.

23     Avendo il governo tedesco contestato, nelle sue risposte del 23 giugno 1995 e del 26 febbraio 1999, il fatto che la conclusione degli accordi bilaterali costituisse una violazione del diritto comunitario, il 28 febbraio 2000 la Commissione ha emesso un parere motivato con il quale invitava la Repubblica federale di Germania ad adottare le misure necessarie per conformarsi a tale parere entro due mesi a decorrere dalla notifica.

24     Ritenendo che la situazione restasse insoddisfacente, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

 Sulla ricevibilità

25     Il governo tedesco sostiene, in primo luogo, che il ricorso è irricevibile per quanto riguarda gli accordi conclusi con l’Ungheria e con la Cecoslovacchia. Infatti, questi ultimi non sarebbero stati esaminati nel parere motivato.

26     A tale riguardo è sufficiente rilevare che, per quanto concerne la censura relativa all’incompatibilità degli accordi bilaterali con il regolamento n. 1356/96, il parere motivato fa riferimento inequivocabilmente e ripetutamente agli accordi conclusi con l’Ungheria e con la Cecoslovacchia e che, al punto 2 della sua risposta al parere motivato, la Repubblica federale di Germania ha esplicitamente preso posizione su tale questione.

27     Il governo tedesco contesta, in secondo luogo, la ricevibilità del ricorso in quanto la Commissione fa riferimento in esso alle sentenze 5 novembre 2002, dette «Cielo aperto», Commissione/Regno Unito (causa C‑466/98, Racc. pag. I‑9427); Commissione/Danimarca (causa C‑467/98, Racc. pag. I‑9519); Commissione/ Svezia (causa C‑468/98, Racc. pag. I‑9575); Commissione/Finlandia (causa C‑469/98, Racc. pag. I‑9627); Commissione/Belgio (causa C‑471/98, Racc. pag. I‑9681); Commissione/Lussemburgo (causa C‑472/98, Racc. pag. I‑9741); Commissione/Austria (causa C‑475/98, Racc. pag. I‑9797) e Commissione/ Germania (causa C‑476/98, Racc. pag. I‑9855), mentre queste ultime sono state pronunciate dopo la chiusura della fase precontenziosa. Secondo il governo tedesco, prima di presentare il ricorso per inadempimento la Commissione avrebbe dovuto inviare alla Repubblica federale di Germania un nuovo parere motivato da cui risultasse questo nuovo contesto giurisprudenziale.

28     Anche se l’oggetto del ricorso proposto a norma dell’art. 226 CE è definito dal procedimento precontenzioso previsto da tale disposizione e, di conseguenza, il parere motivato della Commissione e il ricorso devono fondarsi sulle stesse censure, ciò non significa tuttavia che debba sussistere in ogni caso una perfetta coincidenza nella loro formulazione, dal momento che l’oggetto della controversia non è stato ampliato o modificato ma, al contrario, semplicemente ridotto (v., in particolare, sentenze 16 settembre 1997, Commissione/Italia, causa C‑279/94, Racc. pag. I-4743, punti 24 e 25; 25 aprile 2002, causa C‑52/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I-3827, punto 44, e 11 luglio 2002, causa C‑139/00, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑6407, punti 18 e 19).

29     Orbene, riferendosi nel ricorso alle citate sentenze «Cielo aperto», la Commissione ha semplicemente voluto menzionare la giurisprudenza più recente relativa ai principi che regolano la competenza esterna esclusiva della Comunità, senza ampliare, modificare né tanto meno ridurre l’oggetto della controversia, come definito nel parere motivato del 28 febbraio 2000.

30     Risulta da quanto precede che il ricorso è ricevibile.

 Sul ricorso

31     In via preliminare, il governo tedesco chiede alla Corte di constatare che l’oggetto del ricorso è venuto meno per quanto riguarda gli accordi conclusi con la Cecoslovacchia, l’Ungheria e la Polonia, a seguito dell’adesione all’Unione europea, il 1o maggio 2004, della Repubblica ceca, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Polonia e della Repubblica slovacca.

32     È sufficiente ricordare, a questo proposito, che, secondo una giurisprudenza costante, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e che la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi (v., in particolare, sentenze 11 ottobre 2001, causa C‑110/00, Commissione/Austria, Racc. pag. I‑7545, punto 13, e sentenza 19 febbraio 2004, causa C-310/03, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑1969, punto 7).

33     Nel caso di specie, il termine assegnato nel parere motivato è scaduto il 28 aprile 2000, sicché l’adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Polonia e della Repubblica slovacca all’Unione europea non ha alcuna incidenza sulla presente controversia.

34     La Commissione deduce tre censure a sostegno del suo ricorso. In primo luogo, addebita alla Repubblica federale di Germania di aver violato la competenza esterna esclusiva della Comunità ai sensi della sentenza 31 marzo 1971, causa 22/70, Commissione/Consiglio, detta «AETS» (Racc. pag. 263). In secondo luogo, fa valere una violazione dell’art. 10 CE. In terzo luogo, sostiene che gli accordi bilaterali sono incompatibili con il regolamento n. 1356/96.

 Sulla prima censura relativa ad una violazione della competenza esterna esclusiva della Comunità

 Argomenti delle parti

35     Con la prima censura la Commissione sostiene che la Repubblica federale di Germania, avendo negoziato, concluso, ratificato e attuato gli accordi stipulati con la Polonia, la Romania e l’Ucraina, ha violato la competenza esterna esclusiva della Comunità a concludere accordi internazionali ai sensi della citata sentenza AETS. Infatti, tali accordi inciderebbero sulle regole comuni adottate dalla Comunità nel regolamento n. 3921/91.

36     In particolare, la Commissione considera che, consentendo, mediante un’autorizzazione speciale, l’accesso al cabotaggio in Germania a vettori dei paesi terzi interessati, detti accordi incidono sulle regole comuni contenute nel regolamento n. 3921/91, in quanto queste armonizzano completamente, a decorrere dal 1° gennaio 1993, le condizioni di ammissione al cabotaggio negli Stati membri della Comunità.

37     La Commissione afferma, a questo proposito, che il regolamento n. 3921/91 riguarda non soltanto i vettori comunitari, ma anche i vettori di paesi terzi, poiché il suo art. 6 riconosce i diritti di accesso dei vettori svizzeri in forza della convenzione di Mannheim.

38     Il governo tedesco sostiene che le disposizioni previste dagli accordi conclusi con la Polonia, la Romania e l’Ucraina non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 3921/91 o in un settore già ampiamente disciplinato da questo, ragion per cui questi accordi non incidono sulle regole comuni adottate dalla Comunità nel detto regolamento.

39     Infatti, il governo tedesco considera che il regolamento n. 3921/91 presenta un carattere puramente interno. Quest’ultimo organizzerebbe soltanto il cabotaggio sulle vie navigabili di uno Stato membro da parte di vettori stabiliti in altri Stati membri e non conterrebbe alcuna clausola riguardante le condizioni nelle quali taluni vettori di paesi terzi potrebbero essere autorizzati a fornire prestazioni di cabotaggio sulle vie navigabili della Comunità.

40     A questo proposito, il governo tedesco afferma che il rinvio alla convenzione di Mannheim, di cui all’art. 6 del regolamento n. 3921/91, non può interpretarsi come una clausola relativa al trattamento da riservare ai cittadini di paesi terzi. Tale disposizione riguarderebbe soltanto la Svizzera e si limiterebbe a confermare i diritti che derivano per quest’ultima dalla detta convenzione.

 Giudizio della Corte

41     Occorre rilevare che, se è vero che il Trattato non attribuisce esplicitamente una competenza esterna alla Comunità in materia di trasporti per via navigabile, gli artt. 71, n. 1, CE e 80, n. 1, CE prevedono ciò non di meno un potere di azione della Comunità in tale settore.

42     Orbene, ai punti 16-18 e 22 della citata sentenza AETS, la Corte ha dichiarato che la competenza della Comunità a concludere accordi internazionali non dev’essere in ogni caso espressamente prevista dal Trattato, ma può desumersi anche da altre disposizioni del Trattato e da atti adottati, in forza di queste disposizioni, dalle istituzioni della Comunità. In particolare, tutte le volte che, per la realizzazione di una politica comune prevista dal Trattato, la Comunità ha adottato delle disposizioni contenenti, sotto qualsivoglia forma, norme comuni, gli Stati membri non hanno più il potere, né individualmente né collettivamente, di contrarre con gli Stati terzi obbligazioni che incidano su dette norme. A mano a mano che queste norme comuni vengono adottate, infatti, si accentra nella Comunità la competenza ad assumere e ad adempiere, con effetto per l’intera sfera in cui vige l’ordinamento comunitario, impegni nei confronti degli Stati terzi. Qualora vengano adottate norme comunitarie per il raggiungimento degli scopi del Trattato, gli Stati membri non possono, fuori dall’ambito delle istituzioni comuni, assumere impegni atti a incidere su dette norme o ad alterarne l’efficacia.

43     Infatti, se gli Stati membri restassero liberi di concludere impegni internazionali che incidono sulle norme comuni, verrebbe messa a repentaglio la realizzazione dell’obiettivo perseguito da tali norme come pure quella della missione della Comunità e degli scopi del Trattato (sentenza 2 giugno 2005, causa C‑266/03, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑4805, punto 41).

44     Le condizioni nelle quali l’efficacia delle norme comuni può essere lesa o alterata dagli impegni internazionali assunti dagli Stati membri e, pertanto, le condizioni nelle quali la Comunità acquista una competenza esterna esclusiva a motivo dell’esercizio della sua competenza interna sono state ricordate dalla Corte in particolare nelle citate sentenze «Cielo aperto».

45     Questo si verifica quando tali impegni internazionali rientrano nell’ambito di applicazione delle norme comuni o, comunque, di un settore già in gran parte disciplinato da tali norme, e ciò anche se non vi siano contraddizioni fra tali impegni e dette norme (sentenza Commissione/Germania, citata, punto 108).

46     Pertanto, allorché la Comunità include nei suoi atti legislativi interni clausole relative al trattamento da riservare ai cittadini di paesi terzi o conferisce espressamente alle proprie istituzioni una competenza a negoziare con i paesi terzi, essa acquista una competenza esterna esclusiva in misura corrispondente ai suddetti atti (sentenza Commissione/Germania, citata, punto 109).

47     Lo stesso vale, anche in mancanza di clausola espressa che autorizzi le sue istituzioni a negoziare con i paesi terzi, quando la Comunità realizza un’armonizzazione completa in un determinato settore, poiché il mantenimento da parte degli Stati membri di una certa libertà di negoziare con i paesi terzi potrebbe incidere, ai sensi della precitata sentenza AETS, sulle norme comuni così adottate (sentenza Commissione/Germania, citata, punto 110).

48     Pertanto, come risulta dal titolo e dai suoi artt. 1 e 2, il regolamento n. 3921/91 fissa le condizioni per l’ammissione ai trasporti nazionali di merci o di persone per via navigabile in uno Stato membro per quanto riguarda i soli vettori comunitari. Infatti, tali disposizioni riguardano soltanto i vettori di merci o di persone per via navigabile stabiliti in uno Stato membro e che utilizzano battelli il cui proprietario o i proprietari sono persone fisiche aventi domicilio in uno Stato membro e sono cittadini di uno Stato membro o persone giuridiche aventi la loro sede in uno Stato membro e che appartengono in maggioranza a cittadini degli Stati membri (sentenza 2 giugno 2005 Commissione/Lussemburgo, citata, punto 46).

49     Il riferimento ai diritti esistenti ai sensi della convenzione di Mannheim, di cui all’art. 6 del regolamento n. 3921/91, non può portare ad una conclusione diversa, poiché con tale disposizione la Comunità non fa altro che prendere atto dei diritti che la Svizzera trae da tale convenzione (sentenza 2 giugno 2005 Commissione/Lussemburgo, citata, punto 47).

50     Ne consegue che il regolamento n. 3921/91 non regola le condizioni di ammissione dei vettori non comunitari ai trasporti nazionali di merci o di persone per via navigabile in uno Stato membro (sentenza 2 giugno 2005 Commissione/Lussemburgo, citata, punto 48).

51     Gli accordi conclusi con la Polonia, la Romania e l’Ucraina non rientrano in un settore già disciplinato dal regolamento n. 3921/91, pertanto non si può ritenere che incidano su tale regolamento per il motivo dedotto dalla Commissione.

52     Inoltre, il fatto stesso che il regolamento n. 3921/91 non regola la situazione dei vettori stabiliti in paesi terzi operanti all’interno della Comunità dimostra che l’armonizzazione operata da tale regolamento non ha carattere completo.

53     Pertanto è infondata l’affermazione della Commissione secondo cui la Comunità ha acquisito nel settore disciplinato dagli accordi conclusi con la Polonia, la Romania e l’Ucraina una competenza esclusiva esterna ai sensi della citata sentenza AETS.

54     Ciò considerato, la prima censura dev’essere respinta.

  Sulla seconda censura relativa alla violazione dell’art. 10 CE

 Argomenti delle parti

55     Con la seconda censura la Commissione sostiene che, ratificando e attuando gli accordi conclusi con la Polonia, la Romania e l’Ucraina, dopo che il Consiglio aveva deciso, il 7 dicembre 1992, di autorizzare la Commissione a negoziare un accordo multilaterale a nome della Comunità e dopo che la Commissione, nella sua lettera del 20 aprile 1993, aveva chiesto al governo tedesco di rinunciare alla ratifica di questi accordi, la Repubblica federale di Germania ha compromesso l’attuazione di questa decisione e non ha rispettato gli obblighi che le incombono in forza dell’art. 10 CE. Infatti, la negoziazione da parte della Commissione di un accordo multilaterale a nome della Comunità nonché la sua ulteriore conclusione da parte del Consiglio sarebbero rese più difficili dall’interferenza di iniziative individuali di uno Stato membro.

56     Nella replica, la Commissione aggiunge che il mantenimento in vigore, con una comunicazione del 24 marzo 1993, pubblicata il 22 aprile 1993 nel Bundesgesetzblatt (BGBl. 1993 II, pag. 762), dell’accordo concluso con la Cecoslovacchia costituisce altresì una violazione dell’art. 10 CE.

57     Il governo tedesco sostiene che gli Stati membri non possono, in forza del principio di leale cooperazione, essere costretti a denunciare gli accordi bilaterali già conclusi con paesi terzi a causa del fatto che taluni negoziati sono già stati avviati dalla Commissione nello stesso settore regolato da questi accordi. Infatti, poiché l’esito di tali negoziati e la conclusione di un accordo multilaterale a nome della Comunità sono, per natura, incerti, una siffatta denuncia avrebbe per effetto di creare una situazione di vuoto giuridico fino all’eventuale entrata in vigore di tale accordo multilaterale.

58     Comunque, il detto governo ritiene di essersi conformato ai requisiti dell’art. 10 CE poiché, dopo aver consultato la Commissione durante la negoziazione degli accordi bilaterali, si è impegnato a denunciarli fin dalla conclusione di un accordo comunitario e ha ridotto a sei mesi il termine di denuncia di tali accordi.

59     Esso afferma altresì che gli accordi bilaterali sono stati firmati prima dell’adozione della decisione del Consiglio 7 dicembre 1992.

 Giudizio della Corte

60     Per quanto riguarda, in primo luogo, la ricevibilità della censura relativa al mantenimento in vigore dell’accordo concluso con la Cecoslovacchia, occorre constatare che essa è stata dedotta dalla Commissione nella replica e che, pertanto, non può essere esaminata dalla Corte. Infatti, una tale censura non è menzionata dalla Commissione nell’atto introduttivo (v., in tal senso, sentenza 14 luglio 1988, causa 298/86, Commissione/Belgio, Racc. pag. 4343, punto 8).

61     Orbene, secondo una giurisprudenza costante, una parte non può modificare in corso di causa l’oggetto stesso della controversia sicché la fondatezza del ricorso deve essere esaminata unicamente con riferimento alle conclusioni contenute nell’atto introduttivo (v., in particolare, sentenze 25 settembre 1979, causa 232/78, Commissione/Francia, Racc. pag. 2729, punto 3, e 6 aprile 2000, causa C-256/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2487, punto 31).

62     Di conseguenza, per quanto riguarda il mantenimento in vigore dell’accordo concluso con la Cecoslovacchia, la censura della Commissione deve essere dichiarata irricevibile.

63     Per quanto concerne, in secondo luogo, la fondatezza della detta censura, occorre ricordare che l’art. 10 CE impone agli Stati membri di facilitare la Comunità nell’adempimento dei propri compiti e di astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato.

64     Occorre altresì ricordare che tale dovere di leale cooperazione è di applicazione generale e non dipende né dal carattere esclusivo o meno della competenza comunitaria di cui trattasi, né dall’eventuale diritto degli Stati membri a contrarre obbligazioni nei confronti di paesi terzi (sentenza 2 giugno 2005, Commissione/Lussemburgo, citata, punto 58).

65     A tale proposito, la Corte ha già dichiarato che gli Stati membri sono tenuti a doveri particolari di azione e di astensione in una situazione in cui la Commissione ha presentato al Consiglio proposte che, pur se non adottate da quest’ultimo, rappresentano il punto di partenza di un’azione comunitaria concertata (sentenze 5 maggio 1981, causa 804/79, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. 1045, punto 28, e 2 giugno 2005, Commissione/Lussemburgo, citata, punto 59).

66     Orbene, l’adozione di una decisione che autorizza la Commissione a negoziare un accordo multilaterale a nome della Comunità segna l’inizio di un’azione comunitaria concertata sul piano internazionale e implica, a tale titolo, se non un dovere di astensione a carico degli Stati membri, quanto meno un obbligo di stretta cooperazione tra questi ultimi e le istituzioni comunitarie in modo da facilitare l’esecuzione dei compiti della Comunità e da garantire l’unità e la coerenza dell’azione e della rappresentanza internazionale di quest’ultima (sentenza 2 giugno 2005, Commissione/Lussemburgo, citata, punto 60).

67     Nel caso di specie, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 92 delle sue conclusioni, l’adozione della decisione del Consiglio 7 dicembre 1992 ha comportato un sostanziale mutamento del quadro giuridico in cui gli accordi conclusi con la Polonia, la Romania e l’Ucraina si inserivano e rendeva necessaria una cooperazione e una concertazione più strette con la Commissione prima di procedere alla ratifica nonché all’attuazione dei detti accordi.

68     Orbene, come sottolineato, peraltro, dall’avvocato generale ai paragrafi 90 e 91 delle sue conclusioni, anche se talune consultazioni tra il governo tedesco e la Commissione sono avvenute al momento della negoziazione e della firma degli accordi conclusi con la Polonia, la Romania e l’Ucraina, ossia prima dell’adozione della decisione del Consiglio 7 dicembre 1992, è assodato che, dopo questa data, la Repubblica federale di Germania ha proceduto alla ratifica e all’attuazione dei detti accordi senza avere cooperato o senza essersi concertata con la Commissione.

69     Agendo in tal modo, questo Stato membro ha compromesso l’attuazione della decisione del Consiglio 7 dicembre 1992 e, pertanto, l’adempimento dei compiti della Comunità nonché la realizzazione degli scopi del Trattato.

70     La consultazione della Commissione si imponeva tanto più che quest’ultima e il Consiglio avevano convenuto, per quanto riguarda la procedura di negoziazione dell’accordo multilaterale a nome della Comunità, di applicare le regole di condotta figuranti in un «gentleman’s agreement» allegato al mandato a negoziare del 7 dicembre 1992, che prevedono uno stretto coordinamento tra la Commissione e gli Stati membri. A tale riguardo, il titolo II, punto 3, lett. d), di tale «gentleman’s agreement» dispone che, «in occasione dei negoziati, la Commissione si esprime a nome della Comunità, e i rappresentanti degli Stati membri intervengono solo su richiesta della Commissione» e che «i rappresentanti degli Stati membri si astengono da qualsiasi atto idoneo a compromettere la buona esecuzione da parte della Commissione dei suoi compiti».

71     Se è vero, come sottolineato dal governo tedesco, che gli accordi bilaterali sono stati firmati prima dell’adozione della decisione del Consiglio 7 dicembre 1992, resta il fatto che gli accordi conclusi con la Polonia, la Romania e l’Ucraina sono stati ratificati ed attuati dopo questa data.

72     Infine, la circostanza che il governo tedesco si sia impegnato a denunciare gli accordi bilaterali fin dalla conclusione di un accordo multilaterale a nome della Comunità non è tale da dimostrare che l’obbligo di leale cooperazione previsto all’art. 10 CE sia stato rispettato. Infatti, una tale denuncia, intervenendo dopo la negoziazione e la conclusione del detto accordo, sarebbe priva di ogni effetto utile poiché non avrebbe in alcun modo facilitato i negoziati multilaterali condotti dalla Commissione.

73     Risulta da quanto precede che, avendo ratificato e attuato gli accordi conclusi con la Polonia, la Romania e l’Ucraina senza aver cooperato o senza essersi concertata con la Commissione, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’art. 10 CE.

74     Da ciò consegue che la seconda censura è fondata nei termini indicati al punto di cui sopra.

 Sulla terza censura relativa all’incompatibilità degli accordi bilaterali con il regolamento n. 1356/96

 Argomenti delle parti

75     Con la terza censura la Commissione sostiene che il mantenimento, dopo l’adozione del regolamento n. 1356/96, delle disposizioni degli accordi bilaterali che prevedono la possibilità per i battelli immatricolati nei paesi terzi interessati di fornire servizi di trasporto per via navigabile tra la Repubblica federale di Germania e altri Stati membri della Comunità, mediante un’autorizzazione speciale da parte dell’autorità competente, è incompatibile con gli artt. 1 e 2 del detto regolamento come pure con gli obiettivi generali di questo.

76     Infatti, consentendo la concessione unilaterale di diritti d’accesso da parte della Repubblica federale di Germania o quantomeno riservando a tale Stato membro la facoltà di concedere unilateralmente diritti di accesso a vie navigabili comunitarie a vettori che non soddisfano le condizioni previste dal regolamento n. 1356/96, gli accordi bilaterali modificherebbero, in modo unilaterale e al di fuori del controllo della Comunità, la natura e la portata delle regole stabilite dal diritto comunitario in materia di libera prestazione di servizi di trasporto per via navigabile tra gli Stati membri. Orbene, secondo la Commissione, è pacifico che i vettori e le imprese di navigazione cechi, ungheresi, polacchi, rumeni, slovacchi ed ucraini che potrebbero essere autorizzati, in applicazione di tali accordi, a effettuare servizi di trasporto tra la Repubblica federale di Germania e gli altri Stati membri della Comunità non soddisfano nessuna delle dette condizioni.

77     Il governo tedesco sostiene che gli accordi bilaterali non rientrano nel campo di applicazione del regolamento n. 1356/96 o in un settore ampiamente disciplinato da questo.

78     Infatti, secondo questo governo, il regolamento n. 1356/96 ha come unico scopo di attuare il mercato interno definendo le norme comuni applicabili ai trasporti di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri e non contiene alcuna norma che disciplini l’accesso delle imprese di paesi terzi ai servizi di trasporto di persone o di merci per via navigabile sul territorio della Comunità.

 Giudizio della Corte

79     Occorre ricordare che l’obiettivo principale del regolamento n. 1356/96 è la realizzazione della libera prestazione di servizi nel settore dei trasporti di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri eliminando ogni restrizione o discriminazione nei confronti del prestatore di servizi fondata sulla sua nazionalità o sul suo luogo di stabilimento.

80     Secondo l’art. 2 del regolamento n. 1356/96, beneficia di tale regime di libera prestazione di servizi di trasporto di merci e di persone per via navigabile qualsiasi vettore che:

–       sia stabilito in uno Stato membro secondo la legislazione di quest’ultimo;

–       sia ivi autorizzato a effettuare trasporti internazionali di merci o di persone per via navigabile;

–       utilizzi per tali operazioni di trasporto battelli per la navigazione interna immatricolati in uno Stato membro oppure, in mancanza di immatricolazione, muniti di un’attestazione di appartenenza alla flotta di uno Stato membro, e

–       soddisfi le condizioni di cui all’art. 2 del regolamento n. 3921/91, cioè che utilizzi battelli il cui proprietario o i cui proprietari siano persone fisiche aventi domicilio in uno Stato membro e cittadini di uno Stato membro o persone giuridiche che abbiano la sede sociale in uno Stato membro e appartengano in maggioranza a cittadini degli Stati membri.

81     Anche se il regolamento n. 1356/96 pone in essere un regime di libera prestazione di servizi di trasporto per via navigabile tra gli Stati membri della Comunità a favore dei vettori stabiliti in questi ultimi, è giocoforza constatare che il sistema così istituito da tale regolamento non ha come oggetto o effetto quello di impedire ai vettori stabiliti in paesi terzi o ai battelli in essi immatricolati di effettuare detti servizi tra gli Stati membri della Comunità (v. sentenza 2 giugno 2005, Commissione/Lussemburgo, citata, punto 73).

82     Del resto, gli accordi bilaterali non istituiscono un regime di libera prestazione di servizi di trasporto di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri a favore dei vettori cechi, ungheresi, polacchi, slovacchi, rumeni e ucraini, ma si limitano a prevedere, mediante un’autorizzazione speciale delle autorità competenti delle parti di detti accordi, la possibilità per i battelli immatricolati nei paesi terzi interessati, di effettuare detti servizi tra la Repubblica federale di Germania e altri Stati membri della Comunità.

83     Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, le disposizioni degli accordi bilaterali non hanno modificato né la natura né la portata delle norme del regolamento n. 1356/96.

84     Ciò considerato, la terza censura va respinta.

85     Tenuto conto di tutto quanto sopra considerato, si deve, da un lato, constatare che avendo ratificato ed attuato gli accordi bilaterali senza aver cooperato o essersi concertata con la Commissione, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 10 CE e, dall’altro, respingere il ricorso per il resto.

 Sulle spese

86     A norma dell’art. 69, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura, la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi. Considerato che il ricorso della Commissione è stato accolto solo in parte, occorre decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Avendo ratificato e attuato:

–       l’accordo tra il governo della Repubblica federale di Germania e il governo della Romania sulla navigazione interna, firmato a Bonn il 22 ottobre 1991,

–       l’accordo tra il governo della Repubblica federale di Germania e il governo della Repubblica di Polonia sulla navigazione interna, firmato a Varsavia l’8 novembre 1991, e

–       l’accordo tra il governo della Repubblica federale di Germania e il governo dell’Ucraina sulla navigazione interna, firmato a Bonn il 14 luglio 1992,

senza aver cooperato o essersi concertata con la Commissione delle Comunità europee, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 10 CE.

2)      Il ricorso è respinto per il resto.

3)      La Commissione delle Comunità europee e la Repubblica federale di Germania sopporteranno, ciascuna, le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.

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