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Document 61992CJ0136

    Sentenza della Corte del 1º giugno 1994.
    Commissione delle Comunità europee contro Augusto Brazzelli Lualdi e altri.
    Ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado - Dipendenti - Retribuzioni - Interessi di mora e compensativi.
    Causa C-136/92 P.

    Raccolta della Giurisprudenza 1994 I-01981

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1994:211

    61992J0136

    SENTENZA DELLA CORTE DEL 1. GIUGNO 1994. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO AUGUSTO BRAZZELLI LUALDI E ALTRI. - RICORSO CONTRO UNA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO - DIPENDENTI - RETRIBUZIONI - INTERESSI DI MORA E COMPENSATIVI. - CAUSA C-136/92 P.

    raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-01981


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    ++++

    1. Dipendenti ° Retribuzione ° Adeguamento tardivo ° Distinzione tra interessi di mora e interessi compensativi

    (Statuto del personale, art. 65, n. 2)

    2. Dipendenti ° Responsabilità extracontrattuale delle istituzioni ° Presupposti ° Illecito dell' amministrazione ° Danno ° Nesso causale

    (Statuto del personale, art. 65, n.. 2)

    3. Ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado ° Motivi ° Valutazione erronea dei fatti ° Irricevibilità ° Rigetto

    [Trattato CEE, art. 168 A; Statuto (CEE) della Corte di giustizia, art. 51]

    4. Dipendenti ° Retribuzione ° Adeguamento ° Arretrati di stipendio ° Diritto a interessi di mora ° Insussistenza, in mancanza di un credito certo o determinabile

    (Statuto del personale, art. 65, n. 2)

    5. Ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado ° Motivi ° Mezzo dedotto per la prima volta in sede di impugnazione ° Irricevibilità

    [Statuto (CEE) della Corte di giustizia, art. 51]

    6. Ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado ° Motivi ° Valutazione erronea degli elementi di prova regolarmente prodotti ° Valutazione erronea della riparazione adeguata di un danno accertato ° Irricevibilità ° Rigetto

    [Statuto (CEE) della Corte di giustizia, art. 51)

    7. Ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado ° Impugnazione incidentale ° Termine di presentazione

    [Statuto (CEE) della Corte di giustizia, art. 51; regolamento di procedura della Corte, artt. 115 e 116)

    Massima


    1. La distinzione tra interessi di mora e interessi compensativi ha il suo posto nel diritto comunitario, in particolare nelle controversie relative alla regolarizzazione tardiva delle retribuzioni dei dipendenti.

    2. Nel contesto di una domanda di risarcimento danni proposta da un dipendente, la responsabilità della Comunità presuppone il sussistere di un complesso di condizioni, e cioè quelle relative all' illegittimità del comportamento di cui si fa carico alle istituzioni, alla realtà del danno ed all' esistenza di un nesso causale fra il comportamento e il danno fatti valere.

    3. Ai sensi dell' art. 168 A del Trattato CEE, il ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado è limitato ai motivi di diritto. Tale limitazione è ribadita dall' art. 51, primo comma, dello Statuto della Corte che precisa i mezzi su cui tale ricorso può essere fondato, vale a dire l' incompetenza del Tribunale, i vizi della procedura seguita dinanzi al Tribunale recanti pregiudizio agli interessi delle parti ricorrenti, nonché la violazione del diritto comunitario da parte del Tribunale. Il ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado può fondarsi solo su mezzi relativi alla violazione di norme di diritto, ad esclusione di ogni valutazione dei fatti, ed esso è di conseguenza ricevibile solo nei limiti in cui nel ricorso si addebita al Tribunale il fatto di aver statuito in spregio delle norme di diritto di cui esso era tenuto a garantire l' osservanza.

    Ne discende che solo il Tribunale è competente ad accertare i fatti salvo il caso in cui l' inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposto.

    Per contro, la Corte è competente ad effettuare il controllo ad essa imposto dal citato art. 168 A qualora il Tribunale, dopo aver accertato e valutato i fatti, abbia qualificato la loro natura giuridica e ne abbia fatto derivare conseguenze di diritto.

    4. Un obbligo di corrispondere interessi di mora può configurarsi solo qualora il credito principale sia certo quanto al suo ammontare o quanto meno determinabile sulla base di comprovati elementi oggettivi. Le competenze che il Consiglio deriva dall' art. 65 dello Statuto per adeguare le retribuzioni e le pensioni dei dipendenti di ruolo e non di ruolo e per determinare i coefficienti correttori da applicare a tali retribuzioni e pensioni comportano un margine di valutazione; circa la portata di tali adeguamenti e di tali determinazioni non esiste alcuna certezza prima che il Consiglio abbia fatto uso delle sue competenze e adottato il previsto regolamento. Pertanto, prima della data di emanazione del regolamento, il credito dei dipendenti non era né certo né determinabile e gli interessi moratori non potevano quindi iniziare a decorrere.

    5. Un motivo presentato per la prima volta dinanzi alla Corte nell' ambito del ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado dev' essere dichiarato irricevibile. Infatti, consentire ad una parte di sollevare in tale contesto un motivo che essa non aveva dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di ricorsi avverso decisioni del Tribunale di primo grado è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell' ambito di un siffatto ricorso, la competenza della Corte è pertanto limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado.

    6. Così come non è competente, nell' ambito di un' impugnazione, ad accertare i fatti, la Corte non ha competenza, in linea di principio, per esaminare le prove che il Tribunale ha accolto a sostegno dei fatti stessi. Infatti, una volta che tali prove siano state ottenute regolarmente, che le regole e i principi generali di diritto in materia di onere della prova siano stati rispettati così come le norme di procedura in materia di produzione della prova, spetta unicamente al Tribunale giudicare il valore da attribuire agli elementi che gli sono stati sottoposti.

    Per le stesse ragioni, una volta che il Tribunale abbia accertato l' esistenza di un danno, esso è competente in via esclusiva a valutare, entro i limiti della domanda, il risarcimento più adeguato.

    7. Qualora una parte proponga, nella sua comparsa di risposta presentata nell' ambito di un ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado, un' impugnazione incidentale diretta ad ottenere la condanna della controparte al pagamento delle somme oggetto della sua domanda in primo grado, ma rifiutatele dal Tribunale, il solo termine a cui tale impugnazione incidentale è soggetta è quello previsto dall' art. 115, n. 1, del regolamento di procedura della Corte per la presentazione della comparsa di risposta, cioè due mesi a decorrere dalla notifica dell' atto d' impugnazione.

    Parti


    Nel procedimento C-136/92 P,

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Gianluigi Valsesia, consigliere giuridico principale, e Lucio Gussetti, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Georgios Kremlis, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

    ricorrente,

    avente ad oggetto un ricorso diretto all' annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (Seconda Sezione) il 26 febbraio 1992, nelle cause riunite T-17/89, T-21/89 e T-25/89, tra Augusto Brazzelli Lualdi e altri, Cleto Bertolo e altri nonché Helga Alex e altri, da una parte, e, dall' altra, la Commissione delle Comunità europee (Racc. pag. II-293),

    procedimento in cui altre parti sono:

    Augusto Brazzelli Lualdi e altri, dipendenti di ruolo e non di ruolo della Commissione delle Comunità europee, con l' avv. Giuseppe Marchesini, patrocinante dinanzi alla Corte di cassazione italiana, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell' avv. Ernest Arendt, 4, avenue Marie-Thérèse, che concludono, in via principale, per l' irricevibilità del ricorso e, in via subordinata, per il rigetto del ricorso stesso e per la riforma della sentenza del Tribunale, con l' accoglimento integrale delle loro domande in primo grado,

    LA CORTE,

    composta dai signori O. Due, presidente, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida, M. Diez de Velasco, D.A.O. Edward, presidenti di sezione, C.N. Kakouris, R. Joliet (relatore), F.A. Schockweiler, G.C. Rodríguez Iglesias, F. Grévisse, M. Zuleeg, P.J.G. Kapteyn, J.L. Murray, giudici,

    avvocato generale: C.O. Lenz

    cancelliere: R. Grass

    vista la relazione del giudice relatore,

    sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 5 ottobre 1993,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 28 aprile 1992, la Commissione delle Comunità europee, in forza dell' art. 49 dello Statuto CEE e delle norme corrispondenti degli Statuti CECA e CEEA della Corte di giustizia, ha proposto un ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado 26 febbraio 1992, cause riunite T-17/89, T-21/89 e T-25/89, Brazzelli e a./Commissione (Racc. pag. II-293), nella parte in cui tale sentenza ha condannato la Commissione a versare al signor Brazzelli Lualdi e ad altri 618 dipendenti di ruolo e non di ruolo delle Comunità europee (in prosieguo: i "dipendenti") interessi compensativi come risarcimento del danno da essi subito, all' atto della liquidazione degli arretrati di retribuzione loro spettanti, in ragione della loro perdita di potere d' acquisto tra il 1 gennaio 1984 e il novembre 1988.

    2 Nella loro comparsa di risposta depositata il 31 luglio 1992, i dipendenti, dopo aver concluso, in via principale, per l' irricevibilità del ricorso, hanno chiesto, in via subordinata e sulla base dell' art. 116 del regolamento di procedura della Corte, che venissero accolte tutte le domande da essi presentate in primo grado, che erano dirette ad ottenere non solo gli interessi compensativi loro concessi dal Tribunale, ma anche interessi di mora.

    3 Dalla sentenza del Tribunale (punto 1) risulta che il signor Brazzelli Lualdi e gli altri ricorrenti sono tutti dipendenti di ruolo e non di ruolo delle Comunità europee e che essi sono in servizio presso il Centro comune di ricerca di Ispra (Varese). Il loro ricorso dinanzi al Tribunale verteva sull' adeguamento della loro retribuzione al costo della vita nel luogo della loro sede di servizio.

    4 Ai sensi dell' art. 63, primo comma, dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo "Statuto"), la retribuzione dei dipendenti viene espressa in franchi belgi. Lo stesso articolo aggiunge che essa è pagata nella moneta del paese in cui il dipendente presta servizio.

    5 Perché tutti i dipendenti godano, indipendentemente dalla loro sede di servizio, di un potere d' acquisto equivalente per la retribuzione da essi percepita, l' art. 64, primo comma, dello Statuto dispone che "Alla retribuzione del funzionario espressa in franchi belgi viene attribuito (...) un coefficiente correttore superiore, inferiore o pari al 100% in rapporto alle condizioni di vita nelle varie sedi di servizio". L' art. 64, secondo comma, precisa che tali coefficienti sono fissati dal Consiglio, che delibera su proposta della Commissione.

    6 D' altro canto, l' art. 65 dello Statuto aggiunge che

    "1. Il Consiglio procede ogni anno ad un esame del livello delle retribuzioni dei funzionari e degli altri agenti delle Comunità (...).

    Nel corso di tale esame, il Consiglio valuta se, nel quadro della politica economica e sociale delle Comunità, sia opportuno procedere ad un adeguamento delle retribuzioni (...).

    2. In caso di variazione sensibile del costo della vita, il Consiglio decide, nel termine massimo di due mesi, sulle misure di adeguamento dei coefficienti correttori ed eventualmente sulla loro retroattività".

    7 In applicazione di tali disposizioni, il Consiglio aveva adottato, nel 1976, un primo metodo di adeguamento delle retribuzioni dei dipendenti di ruolo e non di ruolo delle Comunità europee. Con decisione 15 dicembre 1981, 81/1061/Euratom, CECA, CEE, che modifica il metodo di adeguamento delle retribuzioni dei funzionari e altri agenti delle Comunità (GU L 386, pag. 6), il Consiglio ha adottato un nuovo metodo. Ai sensi del punto II, 1.1, secondo comma, dell' allegato a tale decisione, ogni cinque anni, l' Istituto statistico delle Comunità europee (in prosieguo: l' "Istituto statistico") verifica, d' intesa con i servizi statistici degli Stati membri, se i rapporti tra coeffecienti correttori riflettono in modo adeguato le equivalenze di potere d' acquisto tra le retribuzioni versate al personale in servizio nelle capitali degli Stati membri. Al terzo comma si aggiunge che si procede a tale verifica per le altre sedi di servizio quando elementi obiettivi indicano l' esistenza di un rischio di distorsioni rilevanti rispetto ai dati rilevati nella capitale del paese interessato.

    8 Al fine di verificare se i coefficienti correttori riflettessero correttamente l' andamento del costo della vita verificatosi tra il 1 gennaio 1976 e il 31 dicembre 1980, l' Istituto statistico ha proceduto a indagini nel 1980 e nel 1981. Non esistendo dati disponibili per gli affitti pagati dai dipendenti europei nelle capitali, il costo dell' alloggio dei dipendenti è stato valutato in base agli affitti pagati il 1 gennaio 1981 dalla popolazione in generale in ciascuno Stato membro complessivamente considerato. Sulla base dei risultati di tali indagini, la Commissione ha elaborato una proposta di regolamento recante modifica dei coefficienti correttori, da essa sottoposta al Consiglio il 17 luglio 1984. Al fine di attenuare i rischi di errore derivanti dal calcolo del costo dell' alloggio, la Commissione ha suggerito di modificare, in più o in meno, solo i coefficienti correttori per i quali l' adeguamento superava il 2,5%. La sua proposta prevedeva inoltre che i nuovi coefficienti correttori entrassero in vigore dal 1 gennaio 1981.

    9 Durante la discussione della proposta, il Consiglio sosteneva che a suo parere era in contrasto con l' art. 64 dello Statuto il fatto di adeguare solo i coefficienti correttori per i quali la modifica superasse il 2,5%. Esso rifiutava di adottare tale proposta.

    10 La Commissione incaricava quindi l' Istituto statistico di procedere a un' indagine sugli affitti che erano stati pagati il 1 gennaio 1981 dai dipendenti europei nelle varie capitali. Una volta effettuata tale indagine, la Commissione sottoponeva poi, il 23 dicembre 1985, una nuova proposta al Consiglio. Tale seconda proposta teneva ferma come data d' entrata in vigore dei coefficienti correttori il 1 gennaio 1981.

    11 Il 26 novembre 1986, il Consiglio adottava il regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 3619/86, che modifica i coefficienti correttori da applicarsi in Danimarca, in Germania, in Grecia, in Francia, in Irlanda, in Italia, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito alle retribuzioni e alle pensioni dei dipendenti delle Comunità europee (GU L 336, pag. 1, in prosieguo: il "regolamento n. 3619/86").

    12 Tale regolamento si scostava su due punti dalla seconda proposta della Commissione. In primo luogo, esso respingeva i risultati dell' indagine sugli affitti. In secondo luogo, esso stabiliva, come data di entrata in vigore dei nuovi coefficienti correttori, non già il 1 gennaio 1981, ma il 1 luglio 1986.

    13 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 15 gennaio 1987, la Commissione chiedeva allora l' annullamento di tale regolamento sulla base dell' art. 173, primo comma, del Trattato CEE.

    14 Parallelamente a tale ricorso, i signori Augusto Brazzelli Lualdi e Cleto Bertolo, la signora Helga Alex e altri dipendenti di ruolo e non di ruolo in servizio a Ispra hanno presentato, rispettivamente il 23 dicembre 1986, il 1 ottobre 1987 e il 10 febbraio 1988, tre ricorsi diretti, in primo luogo, all' annullamento di taluni loro prospetti di retribuzione emessi nel 1986 e nel 1987, nei limiti in cui vi era stato applicato il regolamento n. 3619/86 e, in secondo luogo, al riconoscimento di interessi di mora e compensativi come risarcimento del preteso danno economico da essi subito a seguito del ritardo a loro dire intervenuto nell' adeguamento dei coefficienti correttori applicabili alle loro retribuzioni.

    15 I procedimenti relativi a questi tre ricorsi sono stati sospesi sino alla pronuncia della Corte sul ricorso proposto dalla Commissione.

    16 Tale sentenza è stata pronunciata il 28 giugno 1988 (causa 7/87, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 3401). Essa ha annullato il regolamento n. 3619/86 per violazione dell' art. 64 dello Statuto.

    17 Il Consiglio ha allora adottato il regolamento (CECA, CEE, Euratom) 24 ottobre 1988, n. 3294, che rettifica, con effetto dal 1 gennaio 1981, i coefficienti correttori applicabili in Danimarca, in Germania, in Grecia, in Francia, in Irlanda, in Italia, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito alle retribuzioni e alle pensioni dei funzionari e degli altri agenti delle Comunità europee (GU L 293, pag. 1, in prosieguo: il "regolamento n. 3294/88").

    18 Poiché tale regolamento aveva riconosciuto le pretese dei dipendenti per quanto riguarda l' adeguamento delle loro retribuzioni e poiché la Commissione aveva proceduto, nel novembre 1988, alla regolarizzazione delle retribuzioni, i dipendenti hanno desistito dalla domanda diretta all' annullamento di alcuni loro fogli paga. Essi hanno tuttavia mantenuto le loro pretese per quanto riguarda, in primo luogo, il pagamento di interessi di mora per il periodo compreso tra il momento in cui gli arretrati di retribuzione avrebbero dovuto essere versati e quello del loro versamento effettivo e, in secondo luogo, il risarcimento del danno risultante dalla perdita di potere d' acquisto che ha inciso su tali arretrati.

    19 La fase scritta del procedimento si è interamente svolta dinanzi alla Corte che, con ordinanza 15 novembre 1989, ha rinviato le tre cause dinanzi al Tribunale.

    20 Con ordinanza 2 aprile 1990, il Tribunale ha disposto la riunione di tali cause ai fini della trattazione orale e della sentenza.

    21 Nella sua sentenza, il Tribunale rileva anzitutto che, a sostegno della loro domanda di interessi di mora, i dipendenti fanno valere un mezzo unico fondato sul ritardo con il quale la Commissione aveva versato loro gli arretrati di retribuzione.

    22 Al riguardo, il Tribunale, ai punti 23-26 della sua sentenza, rileva, in primo luogo, che, prima del 24 ottobre 1988, data in cui il Consiglio ha emanato il regolamento n. 3294/88, nessuna istituzione comunitaria sapeva se i coefficienti correttori in vigore sarebbero stati oggetto di modifica e, in caso affermativo, quali sarebbero stati i nuovi coefficienti applicabili. Il Tribunale ne deduce che, anteriormente a tale data, i ricorrenti non avevano acquisito alcun diritto al versamento di arretrati di retribuzione e, correlativamente, che non sussisteva per le istituzioni comunitarie alcun obbligo né alcuna possibilità di corrispondere tali arretrati. Pertanto, sino alla data suddetta non potevano essersi verificati ritardi nella liquidazione di somme dovute. Il Tribunale rileva, in secondo luogo, che, successivamente all' emanazione del regolamento n. 3294/88, la Commissione ha proceduto, nel novembre 1988, alla liquidazione ed al versamento degli arretrati di retribuzione dovuti in base al regolamento medesimo. Esso ne deduce che la Commissione ha adempiuto con diligenza il suo obbligo di pagamento e che, sotto questo profilo, non può esserle imputato nessun ritardo.

    23 Di conseguenza, il Tribunale respinge le conclusioni dei dipendenti dirette a vedersi corrispondere interessi di mora.

    24 Il Tribunale rileva poi che, a sostegno della loro domanda di risarcimento del danno derivante dalla perdita del potere d' acquisto, i dipendenti deducono due mezzi relativi, da un lato, alla violazione degli artt. 64 e 65 dello Statuto e, dall' altro, alla non corretta esecuzione della citata sentenza Commissione/Consiglio.

    25 Al riguardo, il Tribunale ritiene, ai punti 38-40 della sua sentenza, che il regolamento di rettifica dei coefficienti correttori avrebbe dovuto essere adottato entro e non oltre il 1986, dato che a tale epoca il Consiglio disponeva di tutti gli elementi necessari. Esso considera tuttavia che, anche qualora il Consiglio avesse emanato un siffatto regolamento nel 1986, l' iter preliminare ° cioè le indagini e le proposte della Commissione al Consiglio ° si sarebbe già protratto eccessivamente. Per il Tribunale, tale normativa avrebbe infatti potuto ° e quindi dovuto ° essere adottata fin dal 1 gennaio 1984. Il Tribunale ne conclude che si è verificato un illecito ritardo e che i ricorrenti hanno subito un danno costituito dalla perdita di potere d' acquisto degli arretrati di retribuzione che avrebbero dovuto essere liquidati nel corso del primo trimestre del 1984 e che lo sono stati solamente diversi anni più tardi. Esso rileva al riguardo che, con la produzione di dati statistici pertinenti, non contestati dalla Commissione, i dipendenti hanno sufficientemente provato la diminuzione del loro potere d' acquisto.

    26 Di conseguenza, il Tribunale ha condannato la Commissione a versare ai dipendenti interessi compensativi come risarcimento del danno da essi subito a seguito della perdita di potere d' acquisto che ha inciso sui loro arretrati di retribuzione tra il 1 gennaio 1984 e il novembre 1988. Esso ha aggiunto che l' importo di tali interessi doveva essere calcolato sulla base delle statistiche ufficiali della Comunità relative all' andamento del potere d' acquisto nei vari Stati membri e, se possibile, essere fissato di comune accordo tra le parti.

    27 Per chiedere l' annullamento di tale sentenza, la Commissione deduce tre motivi fondati, il primo, sulla pretesa interpretazione erronea, da parte del Tribunale, del diritto comunitario per quanto riguarda gli interessi di mora e gli interessi compensativi, il secondo, sull' insufficienza e sulla contraddittorietà della motivazione di cui ai punti 23-26 e 38-40 della sentenza e, il terzo, sull' interpretazione e sull' applicazione erronee del diritto comunitario per quanto riguarda la prova del danno.

    28 Dal canto loro, nella comparsa di risposta, i dipendenti sostengono, in via principale, che i motivi del ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado sono irricevibili. In via subordinata, essi chiedono l' annullamento della sentenza del Tribunale sotto due aspetti. Il primo è relativo alla violazione dei principi generali di risarcimento del danno, mentre il secondo è relativo a una contraddizione tra la motivazione e il dispositivo della sentenza, nonché alla violazione del principio di non discriminazione.

    29 Si deve sottolineare, in questa fase, che, nell' ambito di un ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado, la Corte non è chiamata a pronunciarsi sull' insieme della controversia di cui è stato investito il Tribunale ma soltanto sui punti della sentenza del Tribunale che sono contestati nel ricorso stesso. Inoltre, essa è chiamata a pronunciarsi su tali punti solo sotto il profilo dei motivi dedotti nel ricorso al fine di ottenere l' annullamento della sentenza.

    Sul ricorso della Commissione contro la sentenza del Tribunale di primo grado

    Quanto al primo motivo della Commissione, relativo all' interpretazione erronea del diritto comunitario per quanto riguarda gli interessi di mora e gli interessi compensativi

    30 Nell' ambito del suo primo motivo, la Commissione censura il fatto che il Tribunale abbia operato una distinzione, per gli interessi dovuti in caso di liquidazione tardiva della retribuzione dei dipendenti, tra gli interessi di mora e gli interessi compensativi, mentre nella giurisprudenza della Corte non comparirebbe tale distinzione.

    31 Secondo la Commissione, la Corte ha elaborato, per il risarcimento del danno causato dal versamento tardivo di somme dovute, un sistema di interessi proprio al diritto comunitario. Tali interessi sarebbero dovuti solo se ricorrono due condizioni: anzitutto dovrebbe essere accertata l' esistenza di un illecito da parte del debitore di tali interessi; poi tale debitore dovrebbe essere stato messo in mora dal creditore. La Commissione considera inoltre che tali interessi tengono implicitamente conto della svalutazione monetaria.

    32 Per i dipendenti, questo primo motivo è irricevibile per tre ragioni.

    33 Anzitutto, per quanto riguarda gli interessi di mora, la Commissione non sarebbe risultata soccombente come esige, quale presupposto per la ricevibilità di un ricorso, l' art. 49, secondo comma, dello Statuto (CEE) della Corte, poiché la domanda relativa a tali interessi è stata respinta dal Tribunale. In secondo luogo, tale motivo, che non si traduce in una domanda diretta alla riforma del punto della sentenza relativo agli interessi di mora, non contiene alcuna conclusione ai sensi dell' art. 113 del regolamento di procedura della Corte. Infine, tale motivo non fa riferimento ad una violazione di una norma comunitaria o di un principio generale di diritto, ma ad un contrasto con la giurisprudenza della Corte. Orbene, a parte il fatto che la giurisprudenza in materia di interessi non sarebbe costante, tale contrasto non sarebbe tale da consentire l' impugnazione di una sentenza del Tribunale di primo grado.

    34 Il primo motivo della Commissione dev' essere dichiarato ricevibile. Infatti, dal momento che la Commissione contesta la distinzione tra gli interessi di mora e gli interessi compensativi a cui ha proceduto il Tribunale, e ritiene che, in base alla sua interpretazione della giurisprudenza, siano dovuti solo interessi sui generis in caso di ritardo nel pagamento di una retribuzione, essa contesta, in realtà, in maniera implicita ma certa, il dispositivo della sentenza del Tribunale che l' ha condannata al pagamento di interessi compensativi.

    35 Per contro, tale primo motivo non è fondato. Infatti, la Corte stessa, in particolare nelle controversie relative alla regolarizzazione tardiva della retribuzione dei dipendenti, è pervenuta a distinguere gli interessi di mora dagli interessi compensativi (v. sentenze 15 gennaio 1985, causa 158/79, Roumengous Carpentier/Commissione, Racc. pag. 39, punti 8-14; cause riunite 532/79, 534/79, 567/79, 600/79, 618/79, 660/79 e 543/79, Amesz e a./Commissione, Racc. pag. 55, punti 11-17; causa 737/79, Battaglia/Commissione, Racc. pag. 71, punti 6-13, e sentenze 4 luglio 1985, causa 174/83, Amman e a./Consiglio, Racc. pag. 2133, punto 13; causa 175/83, Culmsee e a./CES, Racc. pag. 2149, punto 13; causa 176/83, Allo e a./Commissione, Racc. pag. 2155, punto 19), in particolare, per decidere, in relazione agli aspetti procedurali propri di tali cause, che le domande relative agli interessi compensativi non erano ricevibili, mentre quelle relative agli interessi di mora erano ricevibili ma non fondate. Alla luce di quanto sopra, non si può ritenere che la distinzione a cui ha proceduto il Tribunale non trovi origine nella giurisprudenza della Corte.

    36 Il primo motivo della Commissione deve quindi essere respinto.

    Quanto al secondo motivo della Commissione, relativo all' insufficienza e alla contraddittorietà della motivazione

    37 Con il suo secondo motivo, la Commissione sostiene che la motivazione della sentenza è insufficiente e contraddittoria. Essa suddivide tale motivo in tre parti.

    Per quanto riguarda la prima parte

    38 La Commissione ritiene anzitutto che la motivazione della sentenza in ordine alla distinzione tra interessi di mora e interessi compensativi sia insufficiente e contraddittoria. Essa sarebbe insufficiente in quanto il Tribunale non avrebbe spiegato perché esso si è scostato dalla nozione di interessi elaborata dalla giurisprudenza della Corte. Essa sarebbe contraddittoria in quanto il Tribunale, in primo luogo, avrebbe rilevato, ai punti 23 e 26 della sua sentenza, che, prima dell' emanazione del regolamento n. 3294/88, non esisteva, per le istituzioni comunitarie, alcun obbligo né alcuna possibilità di corrispondere gli arretrati di retribuzione e che, successivamente a tale emanazione, la Commissione li ha versati con diligenza e, in secondo luogo, al punto 38, avrebbe ritenuto esistente un illecito ritardo in quanto la base giuridica dell' adeguamento quinquennale avrebbe dovuto essere approntata fin dal 1986, ossia dal momento in cui il Consiglio disponeva di tutti gli elementi necessari per poter emanare un regolamento conforme a quanto prescritto dallo Statuto.

    39 I dipendenti ribattono che tale prima parte è irricevibile in quanto tale censura riguarda i punti 23-26 della sentenza, ossia la parte della motivazione relativa agli interessi di mora e che, in tali punti, il Tribunale ha accolto le tesi della Commissione.

    40 La prima parte del secondo motivo è ricevibile. Infatti, come si è detto al precedente punto 34, la Commissione contesta la distinzione, operata dal Tribunale, tra interessi di mora e interessi compensativi per dedurne che sono dovuti solo interessi sui generis. Le censure della Commissione sono pertanto rivolte contro i punti della motivazione della sentenza del Tribunale che hanno condotto quest' ultimo a condannarla a versare interessi compensativi. La Commissione ha interesse a sollevare tali censure.

    41 Tuttavia, la prima parte non è fondata.

    42 Anzitutto, rilevando, al punto 35 della sua sentenza, che, secondo una costante giurisprudenza, per poter ottenere interessi compensativi il ricorrente deve dimostrare che l' istituzione ha commesso un illecito, che il danno è certo, reale e valutabile e che sussiste un nesso causale tra l' illecito e il danno asserito, il Tribunale non si è scostato dalla giurisprudenza della Corte. Infatti, nella sentenza 16 dicembre 1987, causa 111/86, Delauche/Commissione (Racc. pag. 5345, punto 30), la Corte ha dichiarato, nel contesto di una domanda di risarcimento danni proposta da un dipendente, che la responsabilità della Comunità presuppone il sussistere di un complesso di condizioni relative all' illegittimità del comportamento di cui si fa carico alle istituzioni, alla realtà del danno ed all' esistenza di un nesso causale fra il comportamento e il danno asserito. La motivazione del Tribunale non può pertanto essere considerata insufficiente.

    43 Inoltre, la motivazione non è contraddittoria. Il Tribunale, infatti, ha chiaramente distinto tra il periodo di tempo impiegato per l' emanazione dei provvedimenti diretti a regolarizzare la retribuzione dei dipendenti, periodo da esso considerato di durata eccessiva ed ingiustificata, e quindi costitutivo di un illecito (punto 39 della sua sentenza) e il periodo impiegato per il pagamento di tali retribuzioni dopo l' emanazione di tali provvedimenti, periodo da esso considerato normale (punto 26 della sentenza). Al riguardo, la sentenza controversa non può essere considerata come viziata da carenza di motivazione.

    44 Alla luce di quanto sopra, la prima parte del secondo motivo dev' essere respinta.

    Per quanto riguarda la seconda parte

    45 Con la sua seconda parte, la Commissione contesta al Tribunale il fatto di averle imputato l' intero ritardo con cui gli arretrati di retribuzione sono stati corrisposti senza aver tenuto conto del fatto che, fin dal 1986, essa aveva presentato al Consiglio i risultati delle verifiche statistiche necessarie alla revisione quinquennale e che il ritardo successivo al 1986 era dovuto alla proposizione del suo ricorso dinanzi alla Corte contro il regolamento adottato dal Consiglio in senso contrario alla sua proposta. Essa ritiene che, per conseguenza, gli arretrati di retribuzione fossero determinabili fin dal 1986 e che quindi siano dovuti solo interessi di mora.

    46 Per i dipendenti, tale censura è irricevibile. Infatti, il rilievo formulato dal Tribunale verterebbe sull' entità del ritardo imputabile alla Commissione nella predisposizione della proposta di regolamento. Si tratta in questo caso di una valutazione di fatto che non è impugnabile.

    47 Al riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell' art. 168 A del Trattato CEE e delle corrispondenti norme dei Trattati CECA e CEEA, il ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado è limitato ai motivi di diritto. Tale limitazione è ribadita dall' art. 51, primo comma, dello Statuto CEE e dalle corrispondenti norme degli Statuti CECA e CEEA della Corte di giustizia, che precisano i mezzi su cui tale ricorso può essere fondato, vale a dire l' incompetenza del Tribunale, i vizi della procedura dinanzi al Tribunale recanti pregiudizio agli interessi delle parti ricorrenti, nonché la violazione del diritto comunitario da parte del Tribunale.

    48 Occorre altresì ricordare che il ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado può fondarsi solo su mezzi relativi alla violazione di norme di diritto, ad esclusione di ogni valutazione dei fatti, ed esso è di conseguenza ricevibile solo nei limiti in cui nel ricorso si addebita al Tribunale il fatto di aver statuito in spregio delle norme di diritto di cui esso era tenuto a garantire l' osservanza (v. sentenze 1 ottobre 1991, causa C-283/90 P, Vidrányi/Commissione, Racc. pag. I-4339, punti 11-13; 8 aprile 1992, causa C-346/90 P, F./Commissione, Racc. pag. I-2691, punti 6 e 7, e 2 marzo 1994, causa C-53/92 P, Hilti/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 10).

    49 Solo il Tribunale è pertanto competente ad accertare i fatti salvo il caso in cui l' inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposto. Nella fattispecie, gli accertamenti del Tribunale relativi alla serie di avvenimenti che hanno preceduto l' emanazione del regolamento n. 3294/88 (punto 11 della sentenza), che non sono contestati, non possono più essere rimessi in discussione. Il Tribunale è parimenti il solo giudice competente a valutare tali fatti. Nella fattispecie, ciò vale per la sua valutazione secondo cui la trasmissione, avvenuta il 23 dicembre 1985, da parte della Commissione al Consiglio, della seconda proposta relativa ai coefficienti correttori avrebbe potuto essere realizzata più rapidamente, in maniera tale che la normativa avrebbe di fatto potuto e dovuto essere adottata fin dal 1 gennaio 1984 (punto 39 della sentenza). Per contro, quando il Tribunale ha accertato o valutato dei fatti, la Corte è competente ad effettuare il controllo ad essa imposto dall' art. 168 A del Trattato CEE, dal momento in cui esso ha qualificato la loro natura giuridica e ne ha fatto derivare conseguenze di diritto. Nella fattispecie, ciò vale a proposito della valutazione del Tribunale secondo la quale la lentezza nell' iter preparatorio è costitutiva di un illecito (punto 39 della sentenza).

    50 Entro questi limiti, la seconda parte dev' essere dichiarata ricevibile.

    51 Per contro, essa non è fondata. Infatti, il Tribunale ha ritenuto che l' illecito della Commissione consista nell' aver trasmesso al Consiglio solo nel 1986 una proposta che avrebbe già potuto essere approvata dal 1984 (punto 39). Qualificando in tal modo il comportamento della Commissione, il Tribunale non ha commesso un errore di diritto.

    52 Si deve tuttavia rilevare che il Tribunale non si è pronunciato sul nesso di causalità tra tale illecito e il danno subito dai dipendenti tra il 1986 e il 1988. Occorre però rilevare che la Commissione non ha dedotto tale motivo nel suo ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado. La Corte non può quindi accoglierlo. Occorre pertanto esaminare il motivo della Commissione sotto il solo profilo che esso tratta, cioè il fatto che, nell' ipotesi di un illecito come quello riconosciuto dal Tribunale, sono dovuti solo interessi di mora.

    53 Al riguardo, dalle sentenze 30 settembre 1986, cause 174/83, Ammann e a./Consiglio (Racc. pag. 2647, punti 19 e 20), 175/83, Culmsee e a./CES (Racc. pag. 2667, punti 19 e 20), 176/83, Allo e a./Commissione (Racc. pag. 2687, punti 19 e 20), 233/83, Agostini e a./Commissione (Racc. pag. 2709, punti 19 e 20), 247/83, Ambrosetti e a./Commissione (Racc. pag. 2729, punti 19 e 20), e 264/83, Delhez e a./Commissione (Racc. pag. 2749, punti 20 e 21), risulta che un obbligo di corrispondere interessi di mora può configurarsi solo qualora il credito principale sia certo quanto al suo ammontare o quanto meno determinabile sulla base di comprovati elementi oggettivi. Nelle stesse sentenze viene precisato che le competenze che l' art. 65 attribuisce al Consiglio per adeguare le retribuzioni e le pensioni dei dipendenti di ruolo e non di ruolo e per determinare i coefficienti correttori da applicare a tali retribuzioni e pensioni comportano un margine di valutazione. Circa la portata di tali adeguamenti e di tali determinazioni non esiste alcuna certezza prima che il Consiglio abbia fatto uso delle sue competenze e adottato il previsto regolamento.

    54 Nella fattispecie, come il Tribunale ha giustamente rilevato (punto 23 della sua sentenza), prima dell' emanazione del regolamento n. 3294/88 nessuna istituzione comunitaria sapeva se i coefficienti correttori in vigore sarebbero stati oggetto di modifica e, in caso di modifica, quali sarebbero stati i nuovi coefficienti applicabili. Pertanto, prima della data di emanazione del regolamento, il credito dei dipendenti non era né certo né determinabile e gli interessi moratori non potevano quindi iniziare a decorrere.

    55 Di conseguenza, si deve respingere la seconda parte del secondo motivo della Commissione.

    Per quanto riguarda la terza parte

    56 Con la sua terza parte, la Commissione contesta al Tribunale il fatto di averla condannata a versare interessi compensativi per un ritardo la cui responsabilità ricade, secondo lo stesso Tribunale, sul Consiglio. Secondo la Commissione, i dipendenti avrebbero dovuto reclamare nei confronti del Consiglio, sulla base dell' art. 215 del Trattato CEE, il risarcimento del danno da essi subito.

    57 Al riguardo, basti constatare che tale censura non è stata formulata dalla Commissione dinanzi al Tribunale ed è quindi irricevibile.

    58 Infatti, in forza dell' art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

    59 Consentire ad una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo che essa non aveva dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di ricorsi avverso decisioni del Tribunale di primo grado è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell' ambito di un siffatto ricorso, la competenza della Corte è pertanto limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado.

    60 Di conseguenza, si deve dichiarare irricevibile la terza parte del secondo motivo della Commissione.

    Quanto al terzo motivo della Commissione, relativo all' interpretazione e all' applicazione erronee del diritto comunitario per quanto riguarda la prova del danno

    61 Con il suo terzo motivo, la Commissione contesta al Tribunale il fatto di avere, al punto 40 della sentenza, interpretato e applicato in maniera erronea il diritto comunitario per quanto riguarda la prova del danno.

    62 In tale punto, il Tribunale ha in particolare considerato provato che, a seguito dell' illecito ritardo, i dipendenti abbiano subito un danno costituito dalla perdita del potere d' acquisto degli arretrati di retribuzione che avrebbero dovuto essere liquidati nel corso del primo trimestre del 1984 e che lo sono stati solo parecchi anni dopo. Esso ha aggiunto che non si trattava, nelle cause in esame, di ricercare la prova di perdite individuali, bensì di verificare l' esistenza di fatti oggettivamente dimostrabili sulla base di dati precisi e resi pubblici. Esso ha ritenuto che, con la produzione in giudizio di dati statistici pertinenti, non contestati dalla Commissione, i ricorrenti avessero sufficientemente provato la diminuzione del potere di acquisto che aveva inciso sui loro arretrati di retribuzione nel periodo di cui trattasi.

    63 Orbene, secondo la Commissione, tale formulazione è contraria ai principi generali di diritto relativi al risarcimento del danno. Spetterebbe infatti a coloro che intendono ottenere un risarcimento comprovare di aver subito un danno individuale. Tale danno individuale non sarebbe comprovato con la semplice produzione di statistiche. Inoltre, la rivalutazione delle somme dovute può derivare solo da un atto del legislatore comunitario, atto che manca nel caso di specie.

    64 Per i dipendenti, questo terzo motivo si collega con la valutazione delle prove per la quale il Tribunale è esclusivamente competente e non può quindi essere censurato nell' ambito del ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado.

    65 Il terzo motivo è effettivamente irricevibile. Al riguardo, occorre rilevare che il fatto, per i dipendenti, di aver percepito, nel novembre del 1988, arretrati di retribuzione che, secondo la valutazione insindacabile del Tribunale, avrebbero dovuto essere versati loro nel 1984 configura appunto un danno. Il Tribunale ha rilevato infatti, al punto 30 della sua sentenza, che tali arretrati avevano così perduto una parte del loro valore reale.

    66 Così come non è competente ad accertare i fatti, la Corte non ha competenza, in linea di principio, per esaminare le prove che il Tribunale ha accolto a sostegno dei fatti stessi. Infatti, una volta che tali prove siano state ottenute regolarmente, che le regole e i principi generali di diritto in materia di onere della prova siano stati rispettati così come le norme di procedura in materia di produzione della prova, spetta unicamente al Tribunale giudicare il valore da attribuire agli elementi che gli sono stati sottoposti. I motivi diretti a contestare tale valutazione non possono essere accolti dalla Corte. Per le stesse ragioni, una volta che il Tribunale abbia accertato l' esistenza di un danno, esso è competente in via esclusiva a valutare, entro i limiti della domanda, il risarcimento più adeguato.

    67 Il terzo motivo della Commissione non può quindi essere accolto.

    68 Dall' insieme di tali considerazioni risulta che il ricorso della Commissione dev' essere respinto.

    Sul ricorso incidentale dei dipendenti contro la sentenza del Tribunale di primo grado

    69 La Commissione fa valere che il ricorso incidentale contro la sentenza del Tribunale di primo grado proposto dai dipendenti nella loro comparsa di risposta è irricevibile. Occorre esaminare in primo luogo tale eccezione.

    Quanto alla ricevibilità del ricorso incidentale contro la sentenza del Tribunale di primo grado

    70 La Commissione sostiene che il ricorso dei dipendenti contro la sentenza del Tribunale di primo grado non rispetta il disposto dell' art. 49 dello Statuto CEE della Corte in quanto è stato proposto oltre il termine di due mesi a far data dalla notifica della sentenza impugnata.

    71 Tale argomento non può essere accolto. L' art. 116, n. 1, del regolamento di procedura della Corte dispone infatti:

    "Le conclusioni della comparsa di risposta devono avere per oggetto:

    ° il rigetto totale o parziale dell' impugnazione oppure l' annullamento totale o parziale della decisione del Tribunale,

    ° l' accoglimento, totale o parziale, delle conclusioni presentate in primo grado, esclusa ogni nuova conclusione".

    72 Nella fattispecie, le conclusioni della comparsa di risposta dei dipendenti tendono ad ottenere la condanna della Commissione a versare gli interessi di mora da essi pretesi in primo grado, ma rifiutati loro dal Tribunale. Una siffatta domanda corrisponde al disposto del citato art. 116. Ne consegue che il solo termine a cui un ricorso incidentale è soggetto è quello previsto dall' art. 115, n. 1, del regolamento di procedura della Corte per la presentazione della comparsa di risposta, cioè due mesi a decorrere dalla notifica dell' atto d' impugnazione.

    73 Dato che tale termine è stato nella fattispecie rispettato, il ricorso incidentale è ricevibile. Si debbono pertanto esaminare i due motivi che i dipendenti fanno valere a sostegno del ricorso stesso per contestare la sentenza in quanto essa non ha riconosciuto loro interessi di mora e avrebbe dovuto d' altro canto valutare il danno prendendo in considerazione l' anno 1982.

    Quanto al primo motivo dei dipendenti, fondato sulla violazione dei principi generali di risarcimento del danno

    74 I dipendenti sottolineano che sono stati necessari più di otto anni perché essi ottenessero la liquidazione effettiva degli arretrati loro dovuti. Essi fanno valere che in mancanza di interessi di mora essi non dispongono di alcuno strumento nel caso in cui le istituzioni ritardino l' emanazione di un atto normativo al di là di un termine ragionevole. Così tali istituzioni potrebbero essere tentate di rinviare a tempo indeterminato l' adozione di provvedimenti in materia, malgrado il principio sancito all' art. 65, n. 2, dello Statuto che impone di agire in tempo utile. Peraltro la Commissione avrebbe versato siffatti interessi a diverse centinaia di dipendenti, che hanno poi rinunciato ad agire.

    75 Tale argomento non può essere accolto. Infatti, come si è già detto nella presente sentenza (punto 53), gli interessi di mora, secondo la giurisprudenza della Corte, possono iniziare a decorrere solo dal momento in cui il credito dei dipendenti è certo e determinabile, ossia, nella fattispecie, a partire dall' emanazione del regolamento n. 3294/88.

    76 La circostanza secondo la quale, per il resto, la Commissione, senza alcun obbligo giuridico, ha versato siffatti interessi di mora a taluni dipendenti non è tale da modificare questa considerazione.

    77 Ne consegue che il primo motivo del ricorso incidentale dei dipendenti contro la sentenza del Tribunale di primo grado dev' essere respinto.

    Quanto al secondo motivo dei dipendenti, relativo alla contraddizione tra la motivazione e il dispositivo della sentenza nonché alla violazione del principio di non discriminazione

    78 I dipendenti fanno inoltre valere che, benché il Tribunale abbia riconosciuto, al punto 39 della sua motivazione, che la Commissione disponeva già, nel gennaio 1982, dei pertinenti documenti dell' Istituto statistico, esso ha limitato, nel suo dispositivo, il risarcimento della perdita del potere d' acquisto al periodo che s' inizia nel 1984 e ha rifiutato ogni indennizzo per i tre anni precedenti. Vi sarebbe così una contraddizione tra la motivazione e il dispositivo della sentenza. Per giunta, il rifiuto di concedere un risarcimento per una perdita di potere d' acquisto subita per un periodo così lungo violerebbe il principio di non discriminazione tra i dipendenti della Comunità retribuiti in monete diverse.

    79 Tale argomento non può essere accolto. Il motivo così proposto si limita infatti a contestare la valutazione del Tribunale relativa all' epoca in cui il regolamento controverso avrebbe potuto e dovuto essere emanato. Come è già stato dichiarato in precedenza (punto 49), una valutazione del genere riguarda solo i fatti e non può quindi formare oggetto di ricorso contro una sentenza di primo grado.

    80 I dipendenti fanno altresì valere che il Tribunale non ha tenuto conto del fatto che gli interessi compensativi destinati a risarcire la perdita del potere d' acquisto tra il 1984 e il 1988 perderanno a loro volta valore tra il 1988 e la data in cui essi saranno versati in esecuzione della sentenza del Tribunale.

    81 Tale argomento non può essere accolto. Infatti, come è già stato dichiarato al punto 66, spetta unicamente al Tribunale valutare, entro i limiti della domanda, le modalità e la portata del risarcimento del danno.

    82 Anche il secondo motivo del ricorso incidentale contro la sentenza del Tribunale di primo grado deve quindi essere respinto.

    83 Dal complesso delle considerazioni che precedono risulta che il ricorso incidentale dei dipendenti contro la sentenza del Tribunale di primo grado dev' essere respinto.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    84 Ai sensi dell' art. 122 del regolamento di procedura, nelle cause tra le Comunità e i loro dipendenti, l' art. 70 del regolamento stesso si applica soltanto alle impugnazioni proposte dalle istituzioni. In base a tale norma, le spese sostenute dalle istituzioni restano a carico di queste ultime, salvo il disposto dell' art. 69, n. 3, secondo comma.

    85 La Commissione deve quindi essere condannata alle spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    LA CORTE

    dichiara e statuisce:

    1) I ricorsi sono respinti.

    2) La Commissione è condannata alle spese.

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