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Document 52023AE1157

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Un piano industriale del Green Deal per l’era a zero emissioni nette» [COM(2023) 62 final]; e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro di misure per rafforzare l’ecosistema europeo della fabbricazione di prodotti a tecnologia a zero emissioni nette (legge sull’industria a zero emissioni nette) [COM(2023) 161 final — 2023/0081 (COD)]

    EESC 2023/01157

    GU C 349 del 29.9.2023, p. 179–184 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, GA, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    29.9.2023   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 349/179


    Parere del Comitato economico e sociale europeo

    sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Un piano industriale del Green Deal per l’era a zero emissioni nette»

    [COM(2023) 62 final]

    e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro di misure per rafforzare l’ecosistema europeo della fabbricazione di prodotti a tecnologia a zero emissioni nette (legge sull’industria a zero emissioni nette)

    [COM(2023) 161 final — 2023/0081 (COD)]

    (2023/C 349/27)

    Relatrice:

    Sandra PARTHIE

    Consultazione

    a)

    Commissione europea, 27.3.2023

    b)

    Parlamento europeo, 8.5.2023

    b)

    Consiglio, 11.5.2023

    Base giuridica

    a)

    articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

    b)

    articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

    Sezione competente

    Mercato unico, produzione e consumo

    Adozione in sezione

    29.6.2023

    Adozione in sessione plenaria

    13.7.2023

    Sessione plenaria n.

    580

    Esito della votazione

    (favorevoli/contrari/astenuti)

    193/3/3

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1.

    L’Unione europea (UE) deve mantenere la propria posizione di polo industriale. Essa deve essere assertiva in merito al suo ruolo di attore globale e individuare gli strumenti, le misure e i mezzi politici di cui ha bisogno per diventare più rapida e innovativa e tornare a essere attraente per gli investitori, pur mantenendo i suoi valori sociali e ambientali, quali un dialogo sociale e sistemi di protezione sociale efficaci, il rispetto dello Stato di diritto e istituzioni stabili.

    1.2.

    Il contesto economico globale è cambiato per l’Unione, con il declino del sistema multilaterale fondato su regole e l’ascesa del protezionismo. La concorrenza per gli investimenti internazionali è diventata più agguerrita, non da ultimo a causa dell’Inflation Reduction Act (IRA) statunitense, ma anche a causa di una maggiore concorrenza per le materie prime, dell’andamento dei prezzi dell’energia e dei cambiamenti nell’assetto delle catene di approvvigionamento globali. Per migliorare la propria competitività strutturale e sostenibile l’UE deve pertanto riesaminare le sue priorità strategiche. In considerazione della necessità di rafforzare la competitività delle imprese dell’Unione, occorre integrare un controllo della competitività nei processi decisionali dell’UE, garantendo un equilibrio tra le dimensioni economica, sociale e ambientale nei processi decisionali delle proposte legislative.

    1.3.

    Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è convinto che né il Green Deal, né il decennio digitale o i settori industriale, spaziale o automobilistico potranno avere successo in futuro senza una solida base industriale e senza fonti sicure e sostenibili di materie prime critiche. In via prioritaria, il CESE chiede che sia condotto un audit per individuare il modo in cui l’Unione può controllare e migliorare le proprie catene del valore ed evitare dipendenze eccessive.

    1.4.

    Il CESE sottolinea che non potremo raggiungere gli obiettivi climatici per il 2050 senza costruire un’economia circolare competitiva. Di conseguenza, l’Europa dovrebbe trovare il modo di diventare più efficiente in termini di risorse e materiali attuando misure di gestione della domanda su vasta scala tese a ridurre la domanda stessa: progettazione ecocompatibile e circolarità, efficienza energetica, rafforzamento della sostenibilità dei prodotti e sostegno a pratiche e tecniche innovative mirate.

    1.5.

    Garantire l’esistenza e lo sviluppo di un settore industriale diversificato, con un’ampia gamma di settori, produttori ed «ecosistemi industriali», tra cui le PMI e gli attori dell’economia sociale, dovrebbe costituire la base della politica industriale europea. È importante evitare di concentrarsi eccessivamente sulla promozione di determinate tecnologie e sulla selezione di presunti «vincitori» attraverso azioni normative. È invece necessaria una politica globale di sostegno all’innovazione e alla ricerca.

    1.6.

    Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che il piano industriale dell’UE contribuisca a creare posti di lavoro di qualità con condizioni di lavoro eque e una retribuzione adeguata, nonché a promuovere la democrazia sul luogo di lavoro, la contrattazione collettiva e il rispetto dei contratti collettivi.

    1.7.

    Gli appalti pubblici e le decisioni sulla ripartizione dei finanziamenti pubblici sono strumenti importanti per orientare la politica industriale. È necessario garantire che le decisioni degli Stati membri dell’UE, riguardo anche agli aiuti di Stato e alle sovvenzioni, non falsino il mercato unico o minaccino la convergenza economica e la coesione sociale nell’Unione, ma si concentrino piuttosto sullo sviluppo regionale. Il CESE critica il fatto che le attuali proposte della Commissione europea relative al piano industriale del Green Deal e alla normativa sull’industria a zero emissioni nette (NET-Zero Industry Act — NZIA) non tengano sufficientemente conto di questi aspetti.

    2.   Osservazioni generali

    2.1.

    L’UE deve mantenere la propria posizione di polo industriale. Il CESE chiede l’adozione di un quadro normativo che attiri, promuova e incrementi la produzione industriale nell’UE in modo sostenibile e socialmente responsabile. Tale invito si applica non soltanto alle nuove tecnologie ma anche alle industrie manifatturiere, che sono una componente chiave per la resilienza delle economie e delle catene di approvvigionamento europee ecc.

    2.2.

    Il prodotto interno lordo (PIL) dimostra il deterioramento della competitività europea: negli anni 2000 il PIL pro capite nell’Unione era pari a circa il 70 % di quello degli Stati Uniti mentre attualmente è appena al di sotto del 66 %. Nel 1999 solo il 5 % degli investimenti lordi a livello mondiale era realizzato in Cina, mentre nel 2020 la quota è salita al 29 %, un valore superiore a quello registrato in qualsiasi altro paese. Nello stesso periodo, gli investimenti lordi negli Stati Uniti e nell’Unione europea sono diminuiti in misura significativa passando rispettivamente dal 29 % al 20 % e dal 23 % al 15 %. L’Unione dispone degli strumenti per modificare questa tendenza: il completamento del mercato unico potrebbe generare oltre 700 miliardi di EUR in termini di produzione economica nell’arco di 10 anni e un’economia digitale comune potrebbe contribuire con altri 178 miliardi di EUR. L’UE potrebbe inoltre continuare a stabilire e promuovere con successo norme europee a livello mondiale.

    2.3.

    L’UE sta soffrendo più dei suoi concorrenti a livello globale a causa dei prezzi dell’energia e dell’inflazione estremamente elevati, mentre nel contempo altre economie globali sovvenzionano e favoriscono le proprie industrie. Questi fattori generano un rischio di deindustrializzazione dell’UE. Per affrontare efficacemente questi problemi e altre sfide attuali e future, occorre rafforzare la competitività strutturale e sostenibile e la resilienza dell’economia dell’UE. Prerequisiti fondamentali per la competitività industriale dell’Europa sono prezzi dell’energia accessibili e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico.

    2.4.

    Il contesto economico globale è cambiato radicalmente negli ultimi anni: l’UE non può più fare affidamento su un sistema economico e commerciale multilaterale efficace e fondato su regole, ma deve far fronte a crescenti distorsioni del mercato globale, dovute a misure quali l’Inflation Reduction Act adottato dagli Stati Uniti con l’obiettivo di sostenere gli operatori industriali statunitensi attraverso crediti d’imposta, generosi aiuti finanziari e requisiti di contenuto locale che vanno a scapito degli attori economici non statunitensi o i regimi protezionistici di sovvenzioni introdotti dalla Cina diversi anni fa, che favoriscono anch’essi gli attori nazionali e seguono un’agenda economica nazionalista. L’Unione europea deve rispondere con determinazione e individuare gli strumenti, le misure e i mezzi politici di cui ha bisogno per diventare più rapida e innovativa e tornare a essere attraente per gli investitori, pur mantenendo i suoi valori sociali e ambientali.

    2.5.

    In tale contesto, il CESE accoglie con favore le proposte della Commissione europea relative a un piano industriale del Green Deal e alla normativa sull’industria a zero emissioni nette, che forniscono orientamenti e garantiscono prevedibilità agli attori industriali dell’UE, e costituiscono un impegno a rafforzare i produttori europei e i relativi ecosistemi. Gli sforzi da intraprendere nella transizione verso un’economia decarbonizzata entro il 2050 equivalgono a una seconda rivoluzione industriale e devono essere intesi come tali, compresi i necessari impegni politici, economici e sociali.

    2.6.

    In particolare, il CESE approva i chiari riferimenti, in entrambi i documenti, alla necessità di investimenti globali nella transizione verso un’economia e una società sostenibili. L’obiettivo della politica industriale verde dovrebbe essere fra l’altro quello di garantire benefici in termini di benessere sociale. Il CESE accoglie con favore l’attenzione che la normativa sull’industria a zero emissioni nette rivolge alle carenze di competenze e risorse umane che stanno attualmente rallentando la transizione. La normativa non specifica tuttavia in che modo saranno conseguiti gli obiettivi dichiarati e quali azioni saranno effettivamente intraprese.

    2.7.

    Il CESE invita pertanto la Commissione europea a precisare quali azioni effettive intende intraprendere per migliorare i fattori di localizzazione e la competitività delle economie europee e per differenziare l’UE dai suoi rivali sistemici. Tali azioni dovrebbero riguardare in particolare il miglioramento della connettività all’interno del mercato unico per tutti gli Stati membri, anche mediante lo sviluppo e il potenziamento delle infrastrutture e delle interconnessioni per i trasporti e l’energia, comprese le reti.

    2.8.

    Il CESE sottolinea che i datori di lavoro, i lavoratori e i cittadini stanno attraversando momenti difficili, dovuti allo shock dell’approvvigionamento energetico, allo shock dell’offerta di manodopera, allo shock della catena di approvvigionamento e all’inflazione. Tali fattori creano un notevole onere supplementare per tutti. L’obiettivo del piano industriale del Green Deal e della normativa sull’industria a zero emissioni nette dovrebbe pertanto essere quello di ridurre tali oneri piuttosto che aggiungerne altri.

    2.9.

    Il CESE ritiene inoltre che i consumatori abbiano un ruolo da svolgere per far progredire la transizione verso l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050. Le loro scelte a favore o a sfavore dei prodotti e il loro sostegno, la loro tolleranza o intolleranza riguardo alle condizioni di fabbricazione e di produzione nell’Unione, ma anche nei paesi terzi, sono un fattore importante ai fini del cambiamento. Il CESE sostiene la loro responsabilizzazione (1) e sottolinea la necessità che i consumatori adottino decisioni consapevoli.

    3.   Osservazioni particolari

    3.1.   Il contesto normativo

    3.1.1.

    L’elaborazione delle politiche dell’UE dovrebbe basarsi sull’innovazione, sull’eccellenza e su livelli elevati di competenze e qualifiche, cercando di ridurre la burocrazia e i costi, ove possibile. In quanto pilastro dell’UE, lo Stato di diritto garantisce certezza e stabilità al contesto imprenditoriale e deve essere sempre rispettato. Un dialogo sociale strutturato su base tripartita tra governi, sindacati e organizzazioni dei datori di lavoro è indispensabile per garantire stabilità, accettabilità sociale e resilienza economica.

    3.1.2.

    La normativa sull’industria a zero emissioni nette propone una serie di misure per migliorare le condizioni abilitanti per la produzione di tecnologia a zero emissioni nette, compreso un contesto normativo semplificato, ad esempio con procedure di autorizzazione più rapide e sportelli unici nell’amministrazione. È di fondamentale importanza che tali procedure di autorizzazione più rapide siano applicate a tutta la catena del valore dei progetti tecnologici a zero emissioni nette, fatti salvi gli obiettivi sociali e ambientali stabiliti dal regolamento. Pur concordando con questo approccio, il CESE esorta i legislatori a non limitare detti miglioramenti alle tecnologie a zero emissioni nette, ma a farne l’impostazione predefinita per tutti i settori economici.

    3.1.3.

    Il CESE sottolinea che, in ultima analisi, la trasformazione dell’industria europea va ben oltre la produzione di tecnologie pulite, perché l’Europa ospita numerose industrie pesanti e primarie ad alta intensità energetica che devono essere decarbonizzate e non sono incluse nel piano industriale del Green Deal europeo. Una strategia industriale coerente per l’Europa consiste in una crescita economica inclusiva che garantisca che tutti gli Stati membri e tutte le regioni partecipino alla transizione industriale verde e ne traggano beneficio. È pertanto fondamentale che il piano industriale del Green Deal europeo eviti qualsiasi frammentazione del mercato unico e miri alla coesione tra gli Stati membri e le regioni.

    3.1.4.

    Il CESE ritiene che sia possibile elaborare un’agenda di semplificazione verde che migliori le procedure di autorizzazione per i progetti verdi nel rispetto delle leggi ambientali. Il miglioramento delle competenze, delle capacità e delle conoscenze degli enti locali e delle autorità nazionali è un passo necessario, unitamente alla digitalizzazione e alla semplificazione dei processi di approvazione. Il miglioramento dell’efficienza delle procedure di autorizzazione deve essere ottenuto attraverso un’adeguata pianificazione e migliorando la capacità dei livelli amministrativi competenti, anche attraverso l’aumento del personale e una forza lavoro qualificata. In considerazione della necessità di rafforzare la competitività delle imprese dell’Unione, occorre integrare un controllo della competitività nei processi decisionali dell’UE, garantendo un equilibrio tra le dimensioni economica, sociale e ambientale nei processi decisionali delle proposte legislative.

    3.1.5.

    Il CESE sottolinea che la regolamentazione deve essere integrata da altri strumenti, quali i sussidi, al fine di evitare una perdita di PIL e di protezione sociale. Gli obblighi di informazione, in particolare per quanto riguarda l’insieme della legislazione verde, digitale ed economica dell’UE, dovrebbero essere razionalizzati e, ove possibile, armonizzati per evitare una proliferazione di norme, il caos normativo e la frammentazione del mercato unico.

    3.2.   Accesso agli investimenti e agevolazione degli stessi

    3.2.1.

    Gli attori economici dell’UE devono far fronte a una agguerrita concorrenza mondiale. Il tempo è un fattore decisivo per migliorare la competitività. Il CESE sottolinea pertanto che le decisioni in materia di sostegno finanziario e accesso ai finanziamenti devono essere prese più rapidamente, anche nell’ambito dei vari programmi di sostegno europei come RePowerEU, InvestEU e altri regimi. Procedure lunghe e laboriose — una giungla impenetrabile di finanziamenti — allontaneranno gli investitori dall’Europa e andranno a scapito degli sforzi per attrarre investimenti.

    3.2.2.

    Il CESE sottolinea pertanto che il sostegno finanziario deve essere attuabile, tempestivo e più facilmente accessibile in termini sia di costi operativi che di spese in conto capitale, per imprese di tutte le dimensioni, comprese le PMI. Chiede che si proceda a una valutazione degli strumenti esistenti al fine di individuare e potenziare quelli più efficaci. Il CESE ritiene che il piano industriale del Green Deal debba individuare quando e dove le finanze pubbliche sono essenziali per sostenere, sulla base di condizionalità chiare, la transizione di settori importanti e, viceversa, dove i finanziamenti privati possono colmare il divario, a condizione che siano istituiti incentivi normativi adeguati.

    3.2.3.

    Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che il semplice allentamento delle norme sugli aiuti di Stato senza ulteriori meccanismi finanziari a livello dell’UE potrebbe aggravare le disparità tra le economie dell’Unione, poiché alcuni Stati membri potrebbero non avere un margine di bilancio sufficiente per investire nella transizione verde. La destinazione dei prestiti nell’ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF) e REPowerEU a settori industriali puliti può avere un impatto solo se integrata da ingenti sovvenzioni per operazioni che non produrranno necessariamente ritorni sugli investimenti, ad esempio lo sviluppo di infrastrutture pubbliche, sovvenzioni alle famiglie che non hanno le risorse per la ristrutturazione e gli investimenti nelle energie rinnovabili su piccola scala, l’istruzione e la riqualificazione.

    3.2.4.

    Il CESE chiede che il piano industriale del Green Deal si concentri anche sullo sviluppo di appalti pubblici verdi, in modo che le autorità pubbliche diventino acquirenti di prodotti verdi. Le risorse nell’ambito del piano industriale del Green Deal, compresi i piani nazionali aggiornati per la ripresa e la resilienza, potrebbero coprire i costi legati agli appalti pubblici verdi, fino a quando non diventerà un requisito comune ai sensi del diritto dell’UE. Il sostegno pubblico dovrebbe essere subordinato a condizioni che puntino a migliorare la tutela dell’ambiente, aiutare le imprese a offrire posti di lavoro di qualità, promuovere l’accesso alla formazione e creare apprendistati di qualità. È inoltre importante rendere le procedure di gara più accessibili alle PMI, e a tal fine il CESE invita la Commissione a creare una banca dati di facile utilizzo.

    3.2.5.

    Affrontando le carenze del mercato e le criticità dei settori con finanziamenti privati insufficienti, i nuovi finanziamenti congiunti dell’UE dovrebbero fornire un sostegno efficace a vari segmenti dell’industria delle tecnologie pulite, in particolare alle PMI. Dovrebbero evitare distorsioni del mercato interno e contribuire a migliorare la coesione economica in tutta l’Unione. In questo contesto il CESE sottolinea che le esenzioni temporanee dalle norme in materia di aiuti di Stato dovrebbero rimanere tali oltre a essere mirate. Dovrebbero altresì mirare alla riqualificazione, alla formazione e alla giusta transizione dei lavoratori al fine di garantire una base di competenze in grado di soddisfare le esigenze future.

    3.2.6.

    Il CESE è consapevole delle difficoltà nel reperire ulteriori finanziamenti al livello dell’UE. A medio termine, dovrebbe essere avviato un dibattito serio sulle nuove risorse proprie dell’Unione e sul Fondo per la sovranità europea, separatamente dai negoziati sul prossimo QFP. A breve termine, i finanziamenti disponibili attraverso il Fondo per l’innovazione del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE dovrebbero essere anticipati e destinati a tecnologie innovative in settori dove le emissioni sono difficili da eliminare.

    3.3.   Mercati e catene di approvvigionamento

    3.3.1.

    Nel 2021 la Commissione europea ha pubblicato un elenco di «ecosistemi industriali» nel quadro della propria strategia industriale. Tale elenco intende offrire un quadro migliore sia delle interconnessioni che delle lacune nelle strutture economiche e nelle catene di approvvigionamento europee. In questo contesto il CESE invita la Commissione europea a prendere atto delle interdipendenze tra le catene del valore e il ruolo svolto dalle sostanze chimiche, dalle materie prime e, in particolare, dai settori e dai processi primari nella transizione verso un’economia a zero emissioni nette e circolare. L’attenzione rivolta alle tecnologie a zero emissioni non deve condurre a nuove carenze nelle catene di approvvigionamento europee a causa della mancata considerazione delle esigenze di altri settori, come quelli ad alta intensità energetica. Non rispondendo alle loro preoccupazioni, come i prezzi elevati dell’energia, l’UE rischia di perdere parti importanti, forse anche strategiche, degli ecosistemi industriali.

    3.3.2.

    Il CESE desidera altresì sottolineare la necessità di accedere all’energia e alle materie prime a un prezzo competitivo. Tali politiche dovrebbero essere sostenute da accordi commerciali e da un approvvigionamento di materie prime a livello globale. Il CESE riconosce nel contempo che una corsa globale alle materie prime non è sostenibile. Di conseguenza, l’Europa dovrebbe trovare il modo di diventare più efficiente in termini di risorse e materiali attuando misure di gestione della domanda su vasta scala tese a ridurre la domanda stessa: progettazione ecocompatibile e circolarità, efficienza energetica, rafforzamento della sostenibilità dei prodotti e sostegno a pratiche e tecniche innovative mirate. In via prioritaria, il CESE chiede che sia condotto un audit per individuare il modo in cui l’Unione può controllare e migliorare le proprie catene del valore ed evitare dipendenze eccessive.

    3.3.3.

    Il CESE sottolinea la necessità di instaurare relazioni commerciali più solide con i paesi terzi, promuovendo gli accordi di libero scambio, che sostengono anche i nostri valori, continuando nel contempo a sviluppare e a impiegare strumenti di difesa commerciale, come misure antidumping, strumenti di lotta alla coercizione e il controllo degli investimenti esteri.

    3.3.4.

    L’accesso all’energia e alle materie prime a prezzi competitivi è fondamentale per mantenere nell’UE la produzione industriale e l’indotto. Nel rafforzare la sua competitività, resilienza e influenza globale, l’Unione dovrebbe basarsi su un’economia di mercato e società aperte quali punti di forza fondamentali e riorientare la sua azione verso le condizioni essenziali per creare prosperità e benessere.

    3.4.   Migliorare le competenze per la creazione di posti di lavoro di qualità nelle tecnologie a zero emissioni nette

    3.4.1.

    Il CESE sostiene i principi dei sistemi efficaci di apprendimento permanente e una migliore previsione del fabbisogno futuro di competenze. In tale contesto, il CESE chiede il coinvolgimento strutturale delle parti sociali nelle previste accademie dell’industria a zero emissioni nette. Il CESE ritiene altresì che un migliore quadro normativo per il riconoscimento congiunto delle qualifiche non dovrebbe essere limitato ai posti di lavoro legati alle tecnologie a zero emissioni nette, ma dovrebbe essere esteso a tutti i settori e a tutte le competenze. Il CESE sottolinea che il modo migliore per sostenere l’industria europea consiste nell’investire nei suoi lavoratori e nell’appoggiarli, anche proteggendo l’occupazione e aiutando i lavoratori in regimi di riduzione dell’orario lavorativo.

    3.4.2.

    Il CESE è dell’avviso che il miglioramento delle competenze e la formazione saranno necessari per sostenere la trasformazione. In generale i settori a rischio legati alle alte emissioni rappresentano una minaccia ridotta, ma in alcune regioni europee l’impatto a breve termine potrebbe essere devastante. Solo se si investe nel miglioramento delle competenze, si garantisce l’accesso alla formazione e alla riqualificazione e si promuove la diversificazione economica verso attività più verdi sarà possibile rendere gestibile la transizione, in modo da affrontare l’attuale chiusura dei mercati e migliorare la ridistribuzione del lavoro. Le esigenze di ristrutturazione possono essere meglio anticipate e gestite attraverso la partecipazione tempestiva di tutti i soggetti interessati coinvolti, inclusi i rappresentanti dei lavoratori organizzati (2). Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che il piano industriale dell’UE contribuisca a creare posti di lavoro di qualità con condizioni di lavoro eque e una buona retribuzione, nonché a promuovere la contrattazione collettiva e il rispetto dei contratti collettivi.

    3.4.3.

    Per quanto riguarda la proposta relativa alle accademie dell’industria a zero emissioni nette, il CESE fa riferimento alle strutture di istruzione e formazione professionale esistenti e consolidate nell’UE e sottolinea che non esiste alcuna base giuridica per introdurre disposizioni di questo tipo in materia di politica di formazione (professionale) mediante un regolamento. Il progetto di regolamento non rispecchia la realtà nelle imprese e negli Stati membri dell’UE, come dimostra anche il fatto che non è previsto un coinvolgimento continuo delle parti sociali né di altre organizzazioni pertinenti. Il CESE raccomanda pertanto che gli aspetti della proposta di regolamento riguardanti istruzione e formazione siano trattati nel quadro di una raccomandazione, come è prassi corrente in quest’ambito, ma invita le istituzioni dell’UE almeno a coinvolgere attivamente le parti sociali e la rete europea delle camere nelle attività delle accademie europee per l’industria a zero emissioni nette e della piattaforma Europa a zero emissioni nette.

    3.4.4.

    Dai calcoli della Commissione europea emerge che vi è un notevole potenziale in termini di creazione di posti di lavoro nella tecnologia a zero emissioni nette, dato che vi è bisogno di 180 000 lavoratori nella produzione di idrogeno per le celle a combustibile, di 66 000 lavoratori nella produzione di energia solare fotovoltaica e di 800 000 lavoratori nella produzione di batterie. Il CESE chiede pertanto alla Commissione e agli Stati membri non solo di sostenere le condizioni quadro per lo sviluppo delle competenze necessarie all’interno dell’Unione, ma anche di accelerare e standardizzare i permessi di lavoro per i lavoratori qualificati provenienti da paesi terzi.

    3.5.   Innovazione

    3.5.1.

    La capacità di innovazione consente anch’essa di aumentare la produttività ed è essenziale per lo sviluppo, l’adattabilità e il rinnovamento delle imprese. Gli investimenti sia pubblici che privati nella ricerca e nell’innovazione sono necessari per il successo dell’UE in futuro. La cooperazione tra imprese, università e organizzazioni che si occupano d’innovazione deve essere agevolata in quanto importante modalità pratica per promuovere l’innovazione produttiva. Il coinvolgimento dei lavoratori può inoltre contribuire positivamente a realizzare appieno il potenziale dell’innovazione e i cambiamenti auspicati.

    3.5.2.

    Attualmente, la maggior parte dei finanziamenti dell’UE è destinata principalmente alle prime fasi dello sviluppo tecnologico e all’adozione di tali tecnologie da parte degli utilizzatori a valle. Il sostegno alla capacità produttiva e all’aumento di scala è limitato. Il CESE ritiene necessario porre rimedio a tale situazione.

    3.5.3.

    Il CESE riconosce che l’importanza delle materie prime critiche per le attività industriali dell’UE non può essere sottolineata a sufficienza. A tale riguardo, l’innovazione dovrebbe concentrarsi, in via prioritaria, sui sostituti, sui prodotti e sui materiali in grado di ridurre la dipendenza dell’UE dalle materie prime critiche alle quali non riesce ad accedere facilmente.

    3.6.   Governance

    3.6.1.

    Il capitolo VII delle proposte relative alla normativa sull’industria a zero emissioni nette istituisce una struttura, la piattaforma Europa a zero emissioni nette, che è intesa come un organismo di riferimento in cui la Commissione e gli Stati membri possono discutere, scambiare informazioni e condividere le migliori pratiche su questioni relative al presente regolamento. Tuttavia, il CESE desidera sottolineare che la Commissione dovrebbe chiedere il contributo non solo di esperti, ma prevalentemente di rappresentanti dell’industria a zero emissioni nette e dei relativi sindacati. Il CESE accoglie con favore la spinta a favore di un migliore coordinamento e dovrebbe essere coinvolto nella piattaforma, in modo da contribuire strutturalmente ai suoi lavori presentando il punto di vista dei lavoratori, dei datori di lavoro e della società civile.

    3.7.   Tecnologie strategiche a zero emissioni nette

    3.7.1.

    Il CESE accoglie con favore l’approccio agli investimenti prioritari e il sostegno delle tecnologie pulite. Tuttavia, l’elenco delle tecnologie sostenute dalla normativa proposta sull’industria a zero emissioni nette ignora in ampia misura la decarbonizzazione delle industrie ad alta intensità energetica e la dimensione della circolarità. Gli obiettivi climatici del 2050 non potranno essere conseguiti senza costruire un’economia circolare competitiva: l’utilizzo dei rifiuti, del carbonio catturato o delle risorse rinnovabili come materie prime costituisce un modo praticabile per ridurre le emissioni in tutti i settori e per limitare la dipendenza dell’UE dalle importazioni di materie prime. Il CESE invita pertanto i legislatori ad ampliare di conseguenza l’elenco delle tecnologie strategiche a zero emissioni nette.

    3.7.2.

    Il CESE sostiene la definizione di traguardi e obiettivi chiari per la capacità di produzione in Europa, in particolare gli obiettivi di assicurare il 10 % dell’estrazione dei nostri minerali strategici, con un forte impegno a favore della protezione continua dell’ambiente, di raggiungere il 40 % della raffinazione dei materiali, di migliorare la capacità di estrazione creando in tal modo un reale valore aggiunto, e di raggiungere un tasso di riciclaggio del 15 % entro il 2030.

    3.7.3.

    Il CESE sottolinea che esiste un rischio elevato di aumento dei costi di produzione poiché quasi il 25 % delle emissioni proviene da settori difficili da decarbonizzare, dove le emissioni non potranno essere ridotte alla velocità desiderata senza sostenere costi di produzione più elevati. Ciò potrebbe portare a uno shock dell’offerta e all’incapacità di soddisfare le esigenze del mercato. Fino a quando non saranno adottate nuove tecnologie, è altamente probabile che si verifichi un aumento dei costi di produzione, causando carenze e determinando un aumento dei prezzi che viene trasferito ad altri prodotti nella catena del valore.

    Bruxelles, 13 luglio 2023

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Oliver RÖPKE


    (1)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE per quanto riguarda la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell'informazione [COM(2022) 143 final — 2022/0092 (COD)] (GU C 443 del 22.11.2022, pag. 75).

    (2)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Democrazia sul luogo di lavoro» (parere esplorativo richiesto dalla presidenza spagnola del Consiglio) (GU C 228 del 29.06.2023, pag. 43).


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