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Document 52009AE1037

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Risultati del vertice sull'occupazione

GU C 306 del 16.12.2009, p. 70–75 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

16.12.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 306/70


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Risultati del vertice sull'occupazione

2009/C 306/16

Con lettera del 13 marzo 2009 il Presidente della Commissione europea ha invitato il Comitato economico e sociale europeo, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, ad elaborare un parere sul tema:

«Risultati del vertice sull'occupazione».

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 maggio 2009 sulla base del progetto predisposto dal relatore unico GREIF.

Alla sua 454a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 giugno 2009 (seduta dell'11 giugno 2009), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 140 voti favorevoli, 27 voti contrari e 24 astensioni.

1.   Raccomandazioni

1.1

L'attuale crisi dei mercati finanziari e dell'economia ha colpito duramente gli Stati membri. La disoccupazione aumenta in misura preoccupante. In tutta l'UE la priorità assoluta dev'essere quindi evitare licenziamenti di massa e un ulteriore aumento della disoccupazione. Per il CESE è chiaro che affinché questo si realizzi occorrono sforzi considerevoli di tutti i responsabili. Continuare come in tempi normali non serve in questa particolare situazione e non costituisce un'opzione di politica occupazionale.

1.2

Come contributo alla preparazione delle decisioni del Consiglio europeo del 18 e 19 giugno 2009 il CESE formula qui di seguito alcune raccomandazioni per superare l'attuale crisi del mercato del lavoro:

ristabilire la fiducia di consumatori ed investitori garantendo e stimolando la domanda privata e pubblica,

utilizzare strumenti di politica occupazionale attiva sovvenzionati con fondi pubblici per salvaguardare l'occupazione e attuando al tempo stesso misure di riqualificazione,

evitare se possibile le riduzioni salariali, promuovere le pari opportunità, tenere conto delle disuguaglianze esistenti e garantire più sicurezza sul mercato del lavoro,

mantenimento degli investimenti pubblici grazie a un'applicazione temporaneamente flessibile del patto di stabilità e all'ampliamento della base imponibile negli Stati membri,

maggior ricorso a risorse finanziarie europee, accesso facilitato ai fondi strutturali e rapido miglioramento del fondo di adeguamento alla globalizzazione.

portare avanti riforme strutturali socialmente accettabili, migliorare le competenze professionali e renderle più consone alle esigenze del mercato del lavoro, accrescere la mobilità e dare impulso all'imprenditorialità.

1.3

Le parti sociali e gli altri rappresentanti della società civile organizzata assumono nella gestione della crisi un ruolo chiave. Tutti coloro che hanno posizioni di responsabilità nell'economia, nella società e nella politica hanno il compito di garantire oggi che una crisi del genere non si ripeterà.

2.   Introduzione: nell'UE la disoccupazione cresce a dismisura, mantenere l'impostazione seguita in tempi normali non costituisce in queste circostanze un'opzione di politica occupazionale

2.1

L'attuale crisi dei mercati finanziari e dell'economia ha colpito duramente gli Stati membri. Da settembre 2008 a ora è aumentato enormemente il numero delle imprese colpite dalla profonda recessione economica. La disoccupazione aumenta in misura preoccupante:

secondo le stime più recenti nell'eurozona il tasso di disoccupazione crescerà dal 7,5 % del 2008 al 10 % nel 2009 e addirittura al 12 % nel 2010 (1).

Rispetto alle recessioni precedenti, quella in corso è caratterizzata da un incremento molto più rapido della disoccupazione. All'inizio degli anni '90 la disoccupazione cresceva dell'1 % ogni 12/15 mesi, nel 2009, nella sola eurozona, essa è aumentata del 3 % (2).

In numerosi settori si verificano ondate di licenziamenti, nei settori dei servizi (soprattutto nel settore bancario) come in quello della produzione (soprattutto nell'industria automobilistica e dei componenti, nell'industria chimica e nel comparto della costruzione).

Dobbiamo aspettarci un altro doloroso aumento della disoccupazione: secondo le attuali previsioni della Commissione e dell'OCSE più di 8 milioni di disoccupati supplementari.

2.2

Dinanzi a queste tendenze inquietanti sui mercati del lavoro, in tutta l'UE la priorità assoluta dev'essere quindi evitare licenziamenti di massa e un ulteriore aumento della disoccupazione. Per il CESE è chiaro che ciò richiederà sforzi particolari da parte di tutti i responsabili sia negli Stati membri sia a livello UE. Continuare come in tempi normali non serve in questa particolare situazione e non costituisce attualmente un'opzione di politica occupazionale. Il CESE ha pertanto accolto l'organizzazione di un vertice sull'occupazione come una buona occasione per aprire una discussione su che cosa si deve fare perché una crisi del genere con queste conseguenze drammatiche sui mercati del lavoro non si verifichi più. E a questo fine ha accettato l'invito a una collaborazione attiva dei rappresentanti degli interessi delle parti sociali e della società civile organizzata.

2.3

Già nel suo Programma per l'Europa (3) e in precedenti pareri (in particolare sul piano europeo di ripresa economica) ha sottolineato alcuni punti centrali che rivestono una particolare importanza come misure a breve termine per la gestione della crisi.

2.4

Per completare queste proposte, il CESE formula nel presente parere altre raccomandazioni su come fronteggiare l'ulteriore aumento della disoccupazione. Queste costituiscono il suo contributo alla preparazione delle decisioni del Consiglio europeo del 18 e 19 giugno 2009.

3.   Raccomandazioni del CESE sulla gestione dell'attuale crisi del mercato del lavoro

3.1   Ristabilire la fiducia di consumatori ed investitori garantendo e stimolando la domanda privata e pubblica

3.1.1

La politica del mercato del lavoro in sé non crea posti di lavoro. Essa può sostenere il processo di creazione di occupazione, ma non può sostituire il dinamismo necessario alla creazione di posti di lavoro. Il fondamento di una politica occupazionale efficiente è un'economia stabile. Senza una rivitalizzazione dell'economia non ci saranno sviluppi occupazionali positivi. Specie in una situazione di tensione sul mercato del lavoro, le misure di politica del mercato del lavoro possono quindi ottenere risultati positivi soltanto in un contesto macroeconomico più favorevole. In queste circostanze il CESE ha dato il suo sostegno al piano europeo di ripresa economica approvato nel dicembre 2008, considerando che esso costituisca la strategia giusta per reagire alle sfide presenti, ma chiede alla Commissione e a tutte le parti interessate negli Stati membri di attuare il piano senza ulteriori indugi (4).

3.1.2

Tuttavia, per evitare licenziamenti di massa e prevenire una disoccupazione di massa sono adesso necessari sforzi ben più intensi a livello nazionale ed europeo. Il CESE ribadisce pertanto le riserve già espresse relative alla portata insufficiente del piano di ripresa avviato (5). Se in autunno si dovesse evidenziare che le misure intraprese sinora per prevenire la disoccupazione di massa sono troppo modeste, il CESE invita ad approvare un secondo piano europeo di ripresa economica del PIL che abbia un impatto rilevante sul mercato del lavoro e che rappresenti un ulteriore 2 % del PIL. Oltre ad investimenti nazionali aggiuntivi diretti a intensificare gli effetti occupazionali, da effettuare in modo molto più coordinato rispetto a quanto accaduto finora, vanno individuati progetti d'investimento significativi a livello europeo.

3.1.3

Accanto alla rivitalizzazione dell'economia, è essenziale anche attuare misure occupazionali. Pertanto la spesa prevista deve essere destinata esplicitamente, per un importo pari all'1 %, a misure relative al mercato del lavoro, che possono assumere forme differenti nei vari Stati membri in funzione delle rispettive situazioni occupazionali (ad esempio rafforzamento del sostegno alla disoccupazione, promozione di modelli di flessicurezza, appoggio a modelli di lavoro a orario ridotto con adeguata garanzia di reddito, investimenti nella formazione e nel perfezionamento professionale, rafforzamento degli incentivi occupazionali, misure preventive adeguate alle esigenze delle aziende, creazione di posti di lavoro nel terzo settore, ecc.) e per un altro 1 % a investimenti con un alto contenuto occupazionale. Gli investimenti diretti alla soluzione di problemi ambientali e sociali e alla promozione dell'innovazione promettono «un doppio dividendo», in quanto essi non solo infondono nuovo dinamismo a breve termine all'economia, ma fanno aumentare allo stesso tempo, nell'ottica della strategia di Lisbona, anche la competitività e il futuro potenziale di crescita.

3.2   Utilizzare strumenti di politica occupazionale attiva sovvenzionati con fondi pubblici per salvaguardare l'occupazione attuando al tempo stesso le misure di riqualificazione

3.2.1

Il CESE accoglie con favore il fatto che sempre più Stati membri dell'UE, alla luce della situazione drammatica del mercato del lavoro e delle difficili circostanze di molte imprese, hanno applicato strumenti, sovvenzionati con fondi pubblici, di politica attiva del mercato del lavoro, per mantenere gli occupati in azienda e riqualificarli (il cosiddetto orario di lavoro ridotto) invece di licenziare. Nell'utilizzare tali modelli che permettono alle imprese di trattenere i dipendenti durante la crisi, in congiunzione con robusti sostegni ai redditi nel quadro della diminuzione del tempo di lavoro, il CESE individua una risposta molto più intelligente per la gestione della crisi che il semplice licenziamento dei dipendenti al primo segno di calo degli ordini, in quanto in questo modo non appena l'economia ricomincia a crescere vi è un livello sufficiente di manodopera specializzata formata a disposizione dell'impresa. Secondo il CESE questi modelli dovrebbero essere sviluppati anche in quei paesi dell'UE dove adesso non esistono ed essere estesi obbligatoriamente anche agli occupati con contratti di lavoro atipici.

3.2.2

Se tali modelli possono aiutare ad allentare la tensione nei settori e nelle imprese particolarmente colpite, ci si deve però chiedere che cosa fare se la contrazione continua e questi strumenti diretti alle imprese non sono sufficienti a impedire i licenziamenti. Devono quindi essere sviluppati, garantendone il finanziamento e coinvolgendo le parti sociali, strumenti aggiuntivi quanto più estesi possibile per la protezione dell'occupazione e per la riqualificazione con l'obiettivo di attenuare l'impatto della crisi sul mercato del lavoro (per es. reti di sicurezza specifiche, misure di qualificazione orientate alla domanda in settori di avanguardia, come ad esempio l'ambiente, l'energia, la salute).

3.2.3

Sono, inoltre, necessarie reti di sicurezza sociale sufficienti, efficaci e sostenibili, nel cui quadro occorre prestare particolare attenzione all'aiuto alle persone colpite più duramente, cioè ai gruppi socialmente deboli e svantaggiati nel mercato del lavoro. Infatti di regola la crisi colpisce in primis le persone più deboli con contratti di lavoro precari come quelli di lavoro interinale o coloro che hanno un lavoro a tempo determinato oppure ancora i gruppi svantaggiati nel mercato del lavoro. Anche i giovani sono colpiti in modo sproporzionato. Per tale ragione l'integrazione dei giovani nel mercato del lavoro è una delle massime priorità in questa crisi. L'economia sociale può assumere un ruolo significativo nella gestione della crisi, specie quando si tratta di creare posti di lavoro di particolare utilità sociale. Nel farlo occorre tuttavia aver cura di evitare distorsioni della concorrenza.

3.3   Evitare se possibile le riduzioni salariali, promuovere le pari opportunità, tenere conto delle disuguaglianze esistenti e garantire più sicurezza sul mercato del lavoro

3.3.1

Il forte repentino incremento della disoccupazione come anche l'utilizzazione di modelli di lavoro a orario ridotto mostrano che nella maggior parte dei paesi UE vi è una flessibilità nei mercati del lavoro sufficiente per permettere alle imprese di reagire nel breve periodo ad un declino degli ordini. Non si può quindi assolutamente parlare di mercati del lavoro rigidi in Europa. Nella crisi attuale gli appelli alla riduzione delle norme di protezione del lavoro esistenti mancano di qualsiasi fondamento reale. Di fronte ai rischi crescenti che un numero sempre più elevato di occupati corrono con l'aggravarsi della situazione sul mercato del lavoro, si manifesta piuttosto la necessità di un aumento della sicurezza effettiva nel mercato del lavoro. A parere del CESE una delle misure necessarie a tal fine consiste nel facilitare l'accesso alle prestazioni sociali di sostegno, specie in caso di disoccupazione, e la loro estensione al fine di impedire un ulteriore aumento delle disuguaglianze. In tale contesto il CESE invita la Commissione a riprendere la sua proposta di ampliamento della durata di riferimento delle prestazioni sociali di sostegno in caso di disoccupazione (6).

3.3.2

In ogni caso, per quanto riguarda tutte le misure adottate per uscire dalla crisi, occorre fare attenzione affinché esse non siano in contrasto con l'obiettivo di incentivare la domanda e l'occupazione e di attenuare le difficoltà sociali. Esse devono essere configurate in modo da essere accettabili sotto il profilo sociale e promuovere la crescita e l'occupazione. A tal fine negli Stati membri occorre rafforzare, con il coinvolgimento delle parti sociali, anche i consumi privati, attraverso opportune politiche fiscali e dei redditi.

3.3.3

Il CESE ha già affermato in precedenza che a una politica salariale, che tenga nel debito conto il doppio ruolo svolto dai salari nell'economia, spetta un ruolo centrale nella gestione della crisi. Poiché le imprese investono e creano posti di lavoro solo se vi sono buone aspettative di domanda, una strategia di medio termine volta a tenere l'incremento dei salari in linea con l'aumento della produttività dell'economia nel suo complesso assicura, in una prospettiva economica generale, che si raggiunga un equilibrio tra un'evoluzione sufficiente della domanda e la garanzia della competitività dei prezzi. Le parti sociali devono pertanto lavorare per evitare diminuzioni dei salari rivolte a scaricare le difficoltà sugli altri (beggar thy neighbour) (7). In questo contesto il CESE sottolinea, specialmente durante una recessione economica gravissima, la necessità di orientare la politica dei salari allo sviluppo della produttività complessiva dell'economia.

3.4   Mantenimento degli investimenti pubblici grazie a un'applicazione temporaneamente flessibile del patto di stabilità e all'ampliamento della base imponibile negli Stati membri

3.4.1

Le misure per stimolare l'economia e per stabilizzare il mercato del lavoro saranno molto costose. La maggior parte dei paesi UE supereranno la soglia del 3% del disavanzo del bilancio pubblico. Il CESE ha già dichiarato che, a suo giudizio, nelle circostanze straordinarie date, ciò è ragionevole, necessario ed è quindi tollerabile senza dover essere sanzionato, nel quadro della flessibilità introdotta con la riforma del patto per la stabilità e la crescita. Affinché si crei il potenziale per la crescita futura le condizioni del patto non devono comunque costituire un ostacolo a futuri investimenti nella ricerca, nello sviluppo e nella formazione (8). La crescita costituisce infatti la condizione necessaria per un rapido ritorno alla normalità dei bilanci pubblici una volta che sia stata superata la crisi. Occorre però pensare fin da ora a come si possa, dopo la crisi, ritornare nuovamente su un sentiero sostenibile a lungo termine.

3.4.2

Non si può attingere ai bilanci pubblici per tutto, dai salvataggi bancari agli incrementi delle spese sociali, passando attraverso gli investimenti nell'innovazione fino al sostegno alle imprese. Sarà inevitabile l'apertura di nuove fonti di entrate per lo Stato. Il CESE è del parere che sia necessario un rafforzamento della base imponibile degli Stati membri, tra l'altro attraverso la chiusura dei paradisi fiscali, mettendo fine alla concorrenza in materia di diminuzione delle imposte e anche attraverso misure contro l'evasione fiscale. Inoltre, è opportuno un ripensamento complessivo dei regimi fiscali, nel cui ambito devono essere prese in considerazione le questioni i riguardanti i contributi delle diverse forme di reddito e patrimonio (9).

3.4.3

Il rafforzamento della dimensione europea significa anche immaginare progetti comuni europei, per esempio nel settore delle infrastrutture per l'approvvigionamento energetico. Un contributo al finanziamento di tali progetti potrebbe venire dall'impiego a tal fine delle risorse non utilizzate del bilancio UE grazie a una maggiore flessibilità tra le linee di bilancio. In questo contesto andrebbe valutata anche l'ipotesi di un prestito obbligazionario europeo di un fondo di investimento sovrano europeo.

3.5   Maggior ricorso a risorse finanziarie europee, accesso facilitato ai fondi strutturali e rapido miglioramento del fondo di adeguamento alla globalizzazione.

3.5.1

Nell'assegnazione delle risorse provenienti dai diversi Fondi europei si richiede, accanto al loro impiego efficiente e alla flessibilità, anche un approccio pragmatico perché i loro effetti si facciano sentire più rapidamente. Si tratta a tale proposito di introdurre semplificazioni amministrative per l'impiego delle risorse previste, ma anche di prevedere un possibile aumento di risorse attraverso l'uso di quelle non utilizzate da altri settori d'intervento della politica comunitaria.

3.5.2

Per quanto riguarda il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, il CESE ha di recente emesso un parere (10) nel quale accoglie con favore la proposta della Commissione di estenderne provvisoriamente il campo di applicazione alle persone occupate che perdono il lavoro a causa della crisi economica mondiale.

3.5.3

Il CESE ha inoltre proposto di portare le risorse del fondo a 1 miliardo di euro e la durata del sostegno a 24 mesi, nonché di dimezzare a 500 il numero minimo di esuberi a partire dal quale è previsto l'intervento e di innalzare il tasso di cofinanziamento. Il CESE esorta anche a far partecipare le parti sociali a tutti i livelli nel trattamento delle richieste di intervento del Fondo. Se la crisi continuasse, si dovrebbe valutare anche un potenziamento delle risorse e un possibile abbassamento del numero minimo di 500 esuberi necessario per chiedere il sostegno del Fondo.

3.6   Migliorare le competenze, rispondere alle esigenze del mercato del lavoro e promuovere la mobilità

3.6.1

Migliorare le competenze è essenziale per la crescita e la produttività future dell'Europa, per la sua capacità di adeguarsi al cambiamento, per l'equità e la coesione sociale. È il modo migliore di sfruttare nuove opportunità per la creazione sostenibile di posti di lavoro.

3.6.2

Quando l'economia inizierà a riprendersi sarà necessaria tutta la forza lavoro disponibile, anche a causa dei cambiamenti demografici e della conseguente contrazione del numero di persone in età lavorativa.

3.6.3

La mobilità dei lavoratori è uno strumento fondamentale per un funzionamento efficace del mercato interno ed è indispensabile per consentire a un numero maggiore di persone di trovare un lavoro migliore, obiettivo primario della strategia di Lisbona. Bisogna accrescere la mobilità dei lavoratori tra un impiego e l'altro e tra differenti regioni e Stati membri, purché ciò avvenga nel rispetto dei contratti collettivi e delle vigenti discipline nazionali del lavoro. La mobilità favorisce inoltre la crescita economica e la competitività dell'UE nella competizione economica globale.

4.   Osservazioni sulle priorità stabilite al vertice sull'occupazione

4.1

Sulla base dei punti essenziali summenzionati il CESE sostiene le priorità stabilite al vertice sull'occupazione che possono contribuire alla stabilizzazione della situazione sul mercato del lavoro.

4.1.1

Conservare il lavoro: per il CESE è di particolare importanza che in questo campo si metta al centro l'aspetto della qualità del lavoro («more and better jobs») e un passaggio da un posto di lavoro ad un altro che sia interessante economicamente («make transition pay»). L'approccio della flessicurezza deve realizzare un'effettiva sicurezza nella transizione e in questo quadro, nella pratica si deve attribuire la stessa priorità alla sicurezza sul mercato del lavoro, a rapporti di lavoro stabili, al mantenimento dell'occupabilità, alla sicurezza sociale e alla flessibilità del mercato del lavoro. L'uscita dalla crisi verso un nuovo processo di crescita deve essere accompagnata in tal senso da maggiori garanzie per i lavoratori e da un minor livello di flessibilità e di contratti di lavoro precari.

4.1.2

Incentivazione della mobilità: condizioni economiche in evoluzione richiedono un alto grado di adattabilità innovativa anche sui mercati del lavoro. Si deve poter reagire in modo intelligente a strutture che cambiano rapidamente. Ai fini dell'approccio della flessicurezza ci si deve assicurare che i lavoratori siano attrezzati per raccogliere le nuove sfide che si presentano nel mondo del lavoro in modo che sia possibile una mobilità tra posti di lavoro di buona qualità. Sullo sfondo della crisi attuale si deve dedicare particolare attenzione al mantenimento dell'occupabilità. È importante creare e salvaguardare posti di lavoro, piuttosto che limitarsi a prevedere misure di sostegno in favore dei disoccupati. Bisogna inoltre fare tutto il possibile affinché i provvedimenti di politica del mercato del lavoro e quelli relativi all'occupazione conducano nei fatti alla mobilità da posti di lavoro persi verso posti di lavoro creati ex novo e non sfocino in una mobilità dal lavoro verso la disoccupazione oppure verso la trappola di posti di lavoro di cattiva qualità.

4.1.3

Perfezionamento professionale in linea con i fabbisogni sul mercato del lavoro: il CESE afferma la preminente importanza dell'accesso alla formazione e al perfezionamento professionale e del loro finanziamento, nonché dell'utilizzo del tempo di lavoro nel quadro dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Ciò deve però andare di pari passo con la creazione di posti di lavoro produttivi, altamente qualificati e ben retribuiti, in modo che i lavoratori non accettino - come troppo spesso sono costretti a fare - posti di lavoro poco qualificati. Lavoratori con una buona formazione e disponibilità di posti di lavoro produttivi sono essenziali per inserire i giovani nel mercato del lavoro e per promuovere la concorrenza e la prosperità.

4.1.4

Facilitare l'accesso al mercato del lavoro: questo aspetto deve avere una particolare priorità vista la crisi attuale che approfondisce le disuguaglianze e mette un numero sempre maggiore di persone dinanzi a problemi che toccano aspetti fondamentali della loro vita. Sono importanti soprattutto la creazione di occupazione per coloro che sono esclusi dal mercato del lavoro e un impegno effettivo per eliminare le discriminazioni nell'accesso e nella permanenza sul mercato del lavoro. Il CESE ha già dedicato un parere separato alla promozione dell'accesso di gruppi prioritari al mercato del lavoro e in questo contesto ha affermato che il rientro su tale mercato deve essere affiancato da sforzi nella prospettiva di una permanenza consolidata e un avanzamento nel mercato del lavoro (11). L'UE a tal fine deve creare, coinvolgendo le parti sociali e rispettandone l'autonomia, anche normative adeguate per il lavoro atipico e in tale contesto deve risultare chiaro che anche in futuro i contratti di lavoro a tempo indeterminato devono rimanere la regola.

4.1.5

Incentivare l'imprenditorialità e la creazione di posti di lavoro: il CESE riconosce che le misure a breve termine devono essere accompagnate da interventi a lungo termine e da una strategia lungimirante. Le imprese hanno bisogno di essere aiutate a superare la crisi del credito e a rilanciare la loro missione quotidiana di produrre, fornire servizi e creare posti di lavoro. Occorre sviluppare una mentalità imprenditoriale. I disoccupati, specie giovani, disposti ad avviare un'attività autonoma, vanno sostenuti attraverso strumenti economici, la promozione di investimenti produttivi e specifiche misure di qualificazione.

4.1.6

Le riforme strutturali previste nella strategia dell'UE per la crescita e l'occupazione vanno portate avanti, ma devono essere strutturate in modo socialmente responsabile e non devono vanificare gli sforzi rivolti a rinforzare la domanda privata e pubblica e ad ammortizzare le ricadute sociali.

4.2

Le parti sociali e gli altri rappresentanti della società civile organizzata assumono nella gestione della crisi un ruolo chiave. È necessario un dialogo sociale rafforzato, in particolare poi un potenziamento dei contratti collettivi, per definire e attuare una politica che ci conduca quanto più rapidamente possibile fuori dalla crisi e contemporaneamente attenui quanto più possibile le ripercussioni economiche e sociali della crisi per i cittadini. Tutti coloro che hanno posizioni di responsabilità nell'economia, nella società e nella politica hanno il compito di garantire oggi che una crisi del genere non si ripeterà.

Bruxelles, 11 giugno 2009.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  Previsioni intermedie dell'OCSE, marzo 2009. A titolo di comparazione con queste previsioni relative ai 16 Stati dell'Eurogruppo, nel 1999 la disoccupazione era pari al 9,9 % nell'UE-15 e al 10,9 % nell'UE-11 (URL: http://www.oecd.org/dataoecd/7/20/2666439.pdf)

(2)  Ibidem.

(3)  Cfr. CESE - Un programma per l'Europa: le proposte della società civile - www.eesc.europa.eu

(4)  Cfr. il parere del CESE, del 24 marzo 2009, sul tema Un piano europeo di ripresa economica COM(246) 800 def., relatore: Delapina (GU C 228 del 22.9.2009).

(5)  Ibidem.

(6)  Comunicazione della Commissione per il Consiglio europeo di primavera - Guidare la ripresa in Europa - COM(2009) 114 def.

(7)  Cfr. nota 4.

(8)  Ibidem.

(9)  Ibidem.

(10)  Cfr. il parere del CESE, del 24 marzo 2009, in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1927/2006, che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione., relatore: Pariza Castaños (GU C 228 del 22.9.2009).

(11)  Cfr. il parere del CESE, del 12 luglio 2007, sul tema L'occupazione per le categorie prioritarie (strategia di Lisbona), relatore: Greif (GU C 256 del 27.10.2007).


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

I seguenti emendamenti, che hanno ricevuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni (art. 54, par. 3, del Regolamento interno):

Punto 3.3

Modificare come segue:

«Evitare se possibile le riduzioni salariali, promuovere le pari opportunità, tenere conto delle disuguaglianze esistenti e garantire più sicurezza sul mercato del lavoro ; la flessicurezza costituisce l'approccio giusto per modernizzare e promuovere l'adattabilità dei mercati del lavoro »

Esito della votazione

Voti favorevoli: 84 Voti contrari: 90 Astensioni: 11

Punto 3.3.1

Modificare come segue:

«Il forte repentino incremento della disoccupazione come anche l'utilizzazione di modelli di lavoro a orario ridotto mostrano che nella maggior parte dei paesi UE vi è una la flessibilità nei mercati del lavoro sufficiente per contribuisce sensibilmente a permettere alle imprese di reagire nel breve periodo ad un declino degli ordini. Non si può quindi assolutamente parlare di mercati del lavoro rigidi in Europa. Nella crisi attuale gli appelli alla riduzione delle norme di protezione del lavoro esistenti mancano di qualsiasi fondamento reale. Di fronte ai rischi crescenti che un numero sempre più elevato di occupati corrono con l'aggravarsi della situazione dell'economia e sul mercato del lavoro, si manifesta piuttosto la necessità di un adeguato equilibrio tra sicurezza e flessibilità. aumento della sicurezza nel mercato del lavoro. Per promuovere la parità di opportunità ed evitare che si accrescano i divari bisogna adottare misure adeguate, rivolte innanzi tutto ai più sfavoriti. A giudizio del Comitato tali misure dovrebbero comprendere una riduzione dei costi non salariali della mano d'opera e la concessione di un adeguato sostegno al reddito, nonché il mantenimento degli incentivi alla riassunzione. A parere del CESE una delle misure necessarie a tal fine consiste nel facilitare l'accesso alle prestazioni sociali di sostegno, specie in caso di disoccupazione, e la loro estensione al fine di impedire un ulteriore aumento delle disuguaglianze. In tale contesto il CESE invita la Commissione a riprendere la sua proposta di ampliamento della durata di riferimento delle prestazioni sociali di sostegno in caso di disoccupazione. »

Esito della votazione

Voti favorevoli: 78 Voti contrari: 96 Astensioni: 9


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