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Document 52002AE1031

Parere del Comitato economico e sociale in merito alla "Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici" (COM(2002) 92 def. — 2002/0047 (COD))

GU C 61 del 14.3.2003, p. 154–163 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

52002AE1031

Parere del Comitato economico e sociale in merito alla "Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici" (COM(2002) 92 def. — 2002/0047 (COD))

Gazzetta ufficiale n. C 061 del 14/03/2003 pag. 0154 - 0163


Parere del Comitato economico e sociale in merito alla "Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici"

(COM(2002) 92 def. - 2002/0047 (COD))

(2003/C 61/25)

Il Consiglio, in data 4 marzo 2002, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Retureau, in data 11 settembre 2002.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 19 settembre, nel corso della 393a sessione plenaria, con 43 voti favorevoli, 18 voti contrari e 9 astensioni, il seguente parere.

1. Introduzione sui regimi di proprietà intellettuale

1.1. I brevetti industriali conferiscono al richiedente il monopolio temporaneo di sfruttamento economico della sua invenzione a determinate condizioni ed entro i limiti delle rivendicazioni del richiedente stesso. In virtù delle condizioni di brevettabilità generalmente previste in Europa, un brevetto può essere rilasciato per un'invenzione di carattere tecnico che non sia giudicata ovvia da una persona competente in materia e che apporti un nuovo contributo allo stato dell'arte. L'invenzione dev'essere inoltre "atta ad avere un'applicazione industriale": può quindi consistere in un oggetto tecnico o in un procedimento (di fabbricazione) appartenente al mondo tangibile, in contrasto con quello immateriale delle teorie e dei concetti astratti.

1.2. Il rilascio di un brevetto presuppone la prova di un progresso rispetto allo stato della tecnica e, a tal fine, i principali uffici dei brevetti dispongono di banche dati sui brevetti rilasciati, nelle quali vanno inserite anche una descrizione e delle spiegazioni che consentano la riproduzione dell'invenzione protetta. Un aspetto essenziale della nozione di brevetto è dato infatti dalla clausola che il monopolio temporaneo conferito al richiedente (che peraltro è contrario ai concetti di libera concorrenza e di libero mercato) venga compensato rendendo pubblici il know-how tecnico e le nuove conoscenze derivanti dall'invenzione, che in tal modo contribuisce direttamente al trasferimento di tecnologia e alla divulgazione delle conoscenze.

1.2.1. Oltre che dall'importanza dell'innovazione, la qualità di un brevetto dipende dal livello delle diverse competenze ed esperienze che entrano in gioco: anzitutto quelle degli inventori e in seguito quelle degli esperti e dei consiglieri in materia di brevetti, degli esaminatori degli uffici dei brevetti (conoscenza approfondita dello stato della tecnica, ricerca dell'anteriorità con l'aiuto di banche dati di qualità aggiornate costantemente). Data la territorialità del diritto materiale, la domanda va depositata in tutti i paesi in cui il richiedente desidera dar corso alla protezione. Ne derivano procedure complicate e costose, semplificate solo in parte a livello europeo dalla Convenzione di Monaco del 1973 sul brevetto europeo (CBE) (limitatamente ai paesi firmatari) e, sul piano internazionale, dal PCT (Patent Cooperation Treaty) che consente di estendere la protezione ai paesi firmatari dei pertinenti trattati e convenzioni dell'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI). L'UEB è competente per trattare i depositi effettuati nel quadro del PCT.

1.2.2. Il Comitato coglie l'occasione per ribadire l'importanza decisiva di una protezione efficace della proprietà intellettuale ed industriale per promuovere gli investimenti, la competitività, l'innovazione e quindi la crescita delle imprese e la creazione di posti di lavoro qualificati nella Comunità. Inoltre ha già insistito affinché i costi del deposito e delle tasse periodiche restino modesti di modo che il brevetto sia accessibile in particolare alle PMI-PMII e rinnova la sua richiesta al Consiglio in tal senso. I costi aumentano in funzione del numero dei paesi in cui avviene il deposito e delle traduzioni; di qui l'importanza di un brevetto comunitario davvero accessibile.

1.3. In virtù di un principio chiaro ed universalmente accettato, le attività intellettuali, le scoperte e le teorie scientifiche fondamentali sulle proprietà della materia e i metodi matematici (equazioni, algoritmi, teoria degli insiemi, calcolo delle probabilità e calcolo matriciale, logica fuzzy, ecc.) che trovano un'applicazione diretta in informatica e nella programmazione di software non possono formare oggetto di brevetto. Le teorie della relatività e la meccanica quantistica, la scoperta della radioattività o della fissione nucleare non possono godere di protezione giuridica in quanto si tratta di concetti astratti e di scoperte scientifiche fondamentali, anche se di fatto la radioattività e la fissione nucleare, ad esempio, possono fungere da fondamento teorico ad applicazioni industriali di notevole rilevanza economica e sociale (energia, medicina).

1.4. Determinate creazioni intellettuali, come le produzioni artistiche nel campo della letteratura, delle arti figurative, della fotografia, delle arti plastiche, del cinema, della musica, della librettistica ecc., che possono essere commercializzate sotto diverse forme materiali (pubblicazioni su vari supporti) o presentate in pubblico, sono protette dal regime del diritto d'autore. Da ormai una trentina d'anni anche i programmi informatici sono coperti dal regime dei diritti d'autore sul piano internazionale (prima l'OMPI e in epoca più recente l'OMC) ed europeo (legislazioni nazionali ed esclusione contemplata dalla CBE), anche se taluni paesi, come gli Stati Uniti e il Giappone, hanno modificato il loro ordinamento giuridico e consentono ormai da qualche tempo di brevettare anche i software e i metodi per attività intellettuali. In tali paesi la "novità" e l'"utilità" sono criteri sufficienti, ragion per cui molti brevetti vengono rilasciati per invenzioni che in Europa rientrerebbero nel campo di applicazione del modello di utilità (sistema di conferma di avvenuto acquisto su Internet cliccando il mouse, oppure - e in questo caso si tratta di un brevetto rilasciato dall'UEB - programma elettronico per scegliere la musica da diffondere nei supermercati ...).

1.5. Il diritto d'autore ha anzitutto una portata più prettamente internazionale in quanto non è necessario corrispondere una tassa di deposito né versare altri canoni anche se il diritto materiale, come la normativa brevettuale, è sempre soggetto alla legislazione nazionale di ciascun paese. Il diritto d'autore viene dunque accordato facilmente, anche se in alcuni paesi (come in America latina) solo sotto riserva di registrazione e in altri solo in seguito ad una prima pubblicazione ("copyright" nel diritto anglosassone ...) o previa presentazione di prove dell'anteriorità dell'opera e dell'identità dell'autore. Pertanto, rispetto al brevetto, che generalmente è costoso (un brevetto europeo va dai 50000 ai 150000 EUR) i diritti d'autore sono tutelati in modo praticamente gratuito e universale.

1.6. Tuttavia, data la crescente importanza della ricerca fondamentale ed applicata nell'industria e il ruolo sempre maggiore del sapere, della conoscenza e delle componenti "immateriali" delle nuove tecnologie (i software integrati, le componenti elettroniche programmatiche, le macchine "intelligenti" o "virtuali" ecc.), al giorno d'oggi sembra talvolta più difficile tracciare una linea di demarcazione netta tra i due principali regimi giuridici della proprietà intellettuale, senza per questo rimettere in causa le loro basi fondamentali. Fatti i debiti adeguamenti e con una maggiore flessibilità in taluni settori, il brevetto dovrebbe continuare ad essere applicato ai procedimenti e alle invenzioni che producono effetti materiali nel mondo fisico mediante un insieme di componenti elettroniche connesse a dispositivi di ingresso e di uscita (il cui assemblaggio è paragonabile a quello di un computer), anche se sono dotati di programmi informatici ad hoc (p.es. sistema di frenatura ABS, macchine a controllo numerico, strumenti di guida ecc.). Dal canto suo, il diritto d'autore dovrebbe continuare ad essere applicato alle creazioni intellettuali e alle pubblicazioni nel campo della cultura, della letteratura, della scienza e dei programmi informatici, anche se in certi settori i supporti materiali di tali opere sono cambiati profondamente (supporti multimediali, reti elettroniche, televisione) mentre è diventato relativamente facile produrne delle copie o farne taluni usi illegali. Ma anche se questo influisce sui metodi e gli strumenti per tutelare i diritti, che in questi ultimi anni sono stati peraltro potenziati, il regime giuridico della proprietà rimane globalmente, pur con riserva dei necessari ritocchi, ancora adeguato.

1.6.1. Ciò nondimeno resta il problema di definire meglio gli adeguamenti più adatti ai regimi di protezione classici e di stabilire delle forme di tutela sui generis al fine di garantire al meglio i diritti di proprietà intellettuale nel campo delle nuove tecnologie e della società dell'informazione e della comunicazione senza peraltro ostacolare la diffusione delle conoscenze e delle tecnologie. La riflessione è orientata, a seconda dei casi, verso regimi ad hoc (topografie di semiconduttori, ritrovati vegetali) oppure verso degli adeguamenti più o meno profondi dei regimi giuridici tradizionali per renderli più flessibili e più adatti alla natura delle tecnologie e agli interessi generali della società (ad esempio l'imposizione di "licenze nazionali" o di licenze obbligatorie a basso costo nel caso dei brevetti di medicinali ai fini della lotta contro le epidemie; la limitazione del campo di applicazione della protezione nel settore delle biotecnologie ecc.). Si tratta di cercare un equilibrio tra l'esercizio di un diritto legittimo (quello di proprietà intellettuale, che è riconosciuto come un diritto della persona umana) e i diritti e gli interessi legittimi delle altre persone e della società, nell'interesse generale - e questo è un classico problema giuridico ed etico.

1.7. Si sta peraltro sviluppando, anche se ancora solo ad un livello embrionale, una legislazione comunitaria in materia di proprietà intellettuale ed industriale (direttive sui programmi per elaboratore, invenzioni biotecnologiche, schemi di circuiti elettronici, marchio comunitario, indicazioni geografiche e denominazioni d'origine ...). Tuttavia va rilevata purtroppo la mancanza di un brevetto comunitario (un progetto in tal senso è fallito all'inizio degli anni '70), che ha indotto a colmare il vuoto giuridico che ne consegue nel modo più rigido che esiste, e cioè quello della cooperazione intergovernativa, mediante la convenzione di Monaco del 1973 sul brevetto europeo (CBE) e la creazione dell'UEB, l'Ufficio europeo dei brevetti. In sede di Consiglio la creazione di un brevetto comunitario è ritardata ancora da serie difficoltà politiche e giuridiche, dovute in particolare a ragioni linguistiche (pretesti?) e ad obiezioni sulla creazione di un sistema giurisdizionale europeo specializzato(1): il Comitato auspica vivamente che queste difficoltà possano in tale sede venire rapidamente superate.

1.8. Dato lo sviluppo delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione, e in particolare l'apertura della rete universale di Internet, la continua creazione di software per il funzionamento dei vari tipi di hardware che compongono tale rete (che è uno spazio di espressione e di comunicazione libere e che sostiene un'economia di rete) e infine la creazione di applicazioni per il commercio, la circolazione dei capitali, l'istruzione e l'amministrazione, è legittimo chiedersi se l'attuale sistema brevettuale sia adeguato o meno alle nuove tecnologie. Mentre ai programmi informatici (compilatori, linguaggi, sistemi operativi e applicazioni) si applica il regime dei diritti d'autore, Internet non è brevettato. Gli organismi di regolamentazione stabiliscono norme adeguate e garantiscono che vengano preservate l'universalità e l'interoperabilità della rete mondiale, la quale è indubbiamente un elemento essenziale per lo sviluppo delle nuove tecnologie della società della conoscenza e per la crescita di numerosi settori industriali e dei servizi.

1.9. Tuttavia, degli elementi indispensabili sia per la democrazia che per l'economia, come l'universalità, l'interoperabilità e i bassi costi di accesso ad Internet, sono talvolta minacciati dal deposito di brevetti che incidono sugli standard della rete e sui programmi indispensabili al suo funzionamento, che dovrebbero invece per quanto possibile restare aperti e in ogni caso gratuiti. Si tratta di una questione estremamente importante e l'Europa dovrebbe svolgere un ruolo più attivo affinché Internet continui ad essere un bene pubblico inalienabile, in quanto strumento d'importanza universale sia per le imprese, le università e i centri di ricerca che svolgono un ruolo fondamentale nel suo sviluppo e innovazione, sia per le amministrazioni e per i privati.

1.10. I software sono indispensabili tanto per lo sviluppo delle tecnologie di rete quanto per il perfezionamento degli strumenti informatici e di vari macchinari usati nell'industria e vengono utilizzati in un crescente numero di servizi o di apparecchi tecnologici innovativi, alcuni dei quali rivoluzionano letteralmente la nostra vita quotidiana, o la nostra cultura e relazioni sociali.

2. La proposta della Commissione

2.1. In virtù della direttiva in esame, gli Stati membri sono tenuti ad introdurre nella propria legislazione, per legge o mediante la giurisprudenza, "la brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici" (art. 1, campo d'applicazione), obbligando così gli uffici dei brevetti di tutti i paesi firmatari a rilasciare brevetti per tali invenzioni, come fa l'UEB nonostante l'esclusione prevista dalla CBE, al fine di "unificare" la giurisprudenza dei tribunali nazionali.

2.2. Le definizioni di cui all'articolo 2 indicano che cosa s'intende nel progetto di direttiva per invenzioni "attuate per mezzo di elaboratori elettronici" e quali sono le loro caratteristiche.

2.3. Si precisa che l'esecuzione di una tale invenzione implica l'uso di un elaboratore, di una rete di elaboratori, o di un altro apparecchio programmabile (art. 2, lettera a)).

2.4. Il "contributo tecnico" viene definito, in modo classico, come "un contributo allo stato dell'arte in un settore tecnico" (art. 2, lettera b)) giudicato non ovvio da uno specialista; tuttavia questo contributo tecnico "a prima vista" innovativo deve essere realizzato "in tutto o in parte per mezzo di uno o più programmi per elaboratore".

2.5. Dato che un programma è una sequenza di istruzioni finalizzate all'elaborazione di dati numerici o analogici, il contributo tecnico è quindi strettamente legato all'esecuzione di uno o più programmi informatici su un calcolatore elettronico programmabile o su un apparecchio simile e dipende in gran parte, se non del tutto, da tale operazione.

2.6. Tuttavia qualsiasi "invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici [è] considerata appartenente ad un settore della tecnologia" (art. 3). Pertanto si ritiene d'ufficio che il o i software (in quanto l'invenzione può essere attuata integralmente mediante software, cioè può consistere di fatto in un software e nel metodo o nel risultato dell'elaborazione di determinati dati e può prevedere eventualmente delle banche dati), appartengano ad un settore della tecnologia e che soddisfino quindi determinati criteri fondamentali della brevettabilità (invenzione a carattere tecnico, contributo allo stato della tecnica).

2.6.1. L'articolo 4 (condizioni della brevettabilità), oltre a quanto stabilito precedentemente, prevede un'ulteriore condizione classica per il rilascio di un brevetto, e cioè quella secondo cui l'invenzione dev'essere "atta ad un'applicazione industriale".

2.7. L'articolo 5 (forma delle rivendicazioni) prevede che un'invenzione "possa essere rivendicata come prodotto, ossia come elaboratore programmato, rete di elaboratori programmati" o come processo realizzato "mediante l'esecuzione di un software".

2.8. L'articolo 6 salvaguarda invece le condizioni di applicazione, in Europa, delle norme relative alla tutela dei programmi per elaboratore mediante il diritto d'autore, di cui alla direttiva 91/250/CEE, che autorizzano il reverse engeenering e la decompilazione ai fini dell'interoperabilità e consentono di produrre una copia di sicurezza dei programmi, ad uso personale. Restano inoltre impregiudicate anche le norme relative alla topografia dei semiconduttori e ai marchi.

3. Osservazioni di carattere generale

3.1. La direttiva consente di brevettare un elaboratore programmato, una rete di elaboratori programmati o un "processo" realizzato mediante l'esecuzione di un software. Qualsiasi innovazione realizzata in tal modo viene infatti considerata d'ufficio "appartenente ad un settore della tecnologia" anche se il risultato è ottenuto unicamente mediante l'impiego di un software. Sembra dunque davvero spianata la strada al brevetto del software in quanto nessun componente elettronico programmabile funziona senza programmi informatici e in pratica è impossibile spiegare la differenza tra software"in quanto tali" e "software che producono un effetto tecnico", differenza che è frutto di una casistica giuridisprudenziale. Tutti i software, infatti, sono destinati ad un elaboratore elettronico o a componenti elettroniche come sistema o come applicazione e questa estensione del campo di applicazione della brevettabilità in seguito potrebbe essere estesa senza alcun limite ai software e ai metodi per attività intellettuali sulla scorta delle successive sentenze delle commissioni tecniche di ricorso dell'UEB, per aggirare l'esclusione di cui all'articolo 52 CBE.

3.1.1. Anche se per il momento il campo di applicazione della direttiva proposta dalla Commissione è circoscritto alle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici, che sono soggette ai classici criteri cumulativi che delimitano il campo di applicazione della brevettabilità (il che non soddisferà i fautori dell'abolizione pura e semplice di qualsiasi limitazione al campo di applicazione del diritto brevettuale), il testo rappresenta di fatto un'accettazione e una giustificazione a posteriori della deriva giuridica dell'UEB. Anche se prima facie la direttiva presenta una posizione meno estrema della pura e semplice abrogazione dell'articolo 52, paragrafo 2, della CBE auspicata dal consiglio di amministrazione dell'UEB e da taluni membri del Consiglio, essa rappresenta di fatto una porta aperta alla futura brevettabilità di tutto il settore del software, soprattutto in quanto ammette che l'"effetto tecnico" può essere frutto anche della sola applicazione di un software a elaboratori di uso generale.

3.1.2. La possibilità del brevetto per i metodi commerciali (business methods) è peraltro già stata prevista dal consiglio di amministrazione dell'UEB sulla scorta dell'interpretazione interna applicata ai software (l'allegato n. 6 alla regolamentazione interna destinata agli esaminatori, intitolato "Business Methods", è esplicito in tal senso). Per analogia, in seguito anche altri settori esclusi potrebbero entrare poco per volta nel campo di applicazione della brevettabilità. È il caso, ad esempio, dei metodi di insegnamento che, come i metodi commerciali, possono essere applicati tramite programmi informatici e mediante l'uso di reti elettroniche, in particolare di Internet.

3.2. Un numero sempre crescente di apparecchiature contengono componenti elettroniche e programmi informatici: telecamere e videocamere digitali (camcorder), aeromobili, satelliti, automobili, strumenti di misurazione per uso industriale, sistemi di controllo e di allarme automatici, robot industriali, macchine utensili programmabili e via dicendo. Il loro elenco completo sarebbe già assai lungo ed è inoltre destinato ad allungarsi continuamente. Sarebbe dunque fondamentale considerare che un "effetto tecnico" non può che consistere in una creazione o in un effetto di natura materiale, in un intervento nel campo della fisica.

3.3. In caso contrario, il fatto che nel progetto di direttiva qualsiasi invenzione attuata per mezzo di elaboratori (e quindi del tutto o in parte mediante uno o più programmi) venga considerata automaticamente come facente parte di un settore della tecnologia rischia di assimilare tutti i software utilizzati a delle invenzioni tecniche che rientrano nel campo di applicazione della normativa brevettuale e quindi di confondere pericolosamente i confini tra i regimi giuridici applicabili ai software, a seconda che questi ultimi vengano considerati "in sé" o in quanto "attuano in tutto o in parte un'invenzione tecnica".

3.4. L'articolo 6 non fa che aumentare ulteriormente la confusione in quanto sembra mantenere il regime giuridico del diritto d'autore per i programmi che attuano le invenzioni ed hanno un "impatto tecnico" nuovo, pur integrandole nel regime dei brevetti. Tuttavia, in base al regime dei brevetti, la decompilazione, la messa a punto di applicazioni interoperabili e la copia ad uso personale autorizzate dalla direttiva sui programmi per elaboratore e, più in generale, dal regime giuridico del diritto d'autore sarebbero delle contraffazioni o delle copie illegali.

3.5. È lecito interrogarsi sul vero obiettivo della direttiva proposta, soprattutto in quanto la relazione introduttiva si abbandona a disquisizioni sulla necessità di proteggere l'industria del software dalla pirateria e nei documenti allegati si parla quasi esclusivamente di software e di "industria del software". Del resto, anche se l'importanza di tale industria è del tutto fuori discussione, il suo peso nella direttiva proposta sembra eccessivo, soprattutto se il campo di applicazione di quest'ultima è davvero destinato ad essere così limitato come sostiene la Commissione.

3.6. I software sono il risultato di processi modulari in cui spesso vengono riutilizzate intere parti del codice, ma al tempo stesso sono incrementali, in quanto si basano su funzionalità esistenti. Inoltre l'interoperabilità richiede una compatibilità verso l'alto tale da permettere che gli elaboratori e le componenti più vecchie, nonché le applicazioni precedenti non debbano essere sostituiti ad ogni nuova versione del sistema operativo o dei processori.

3.7. La complessità dei software moderni è il risultato naturale di un processo in cui le conoscenze sono state accumulate e approfondite, un processo comune alle attività intellettuali e scientifiche che si basano sulle conoscenze precedenti (o sulla critica delle stesse). La conoscenza scientifica e tecnica che sta alla base degli oggetti tecnici non ha la stessa natura delle componenti materiali: la conoscenza, infatti, può essere condivisa, divulgata e trasmessa senza perdere valore. Per quanto riguarda i software, i meccanismi di cooperazione per la creazione di software nel mondo universitario o nei laboratori di ricerca pubblici, ad esempio, contribuiscono a diffondere il know-how indispensabile alla società della conoscenza. Il regime dei brevetti potrebbe essere un ostacolo a tali cooperazioni e alla diffusione di software gratuiti o aperti.

3.8. Data la natura dei software, visto che nei paesi che ammettono la brevettabilità del software non è necessario depositare il codice sorgente e non si procede ad esami approfonditi, anche in Europa si darebbe il via libera a procedimenti giudiziari ostili per contraffazione quantunque sia impossibile verificare se si tratti o meno di contraffazione se il codice non viene pubblicato. E anche se il codice venisse pubblicato, degli importanti blocchi di codice sarebbero per forza identici (istruzioni correnti per la gestione dei dati nei programmi, algoritmi di separazione, di compressione delle immagini o del testo, formato dei file ecc.). Il rischio che si moltiplichino i procedimenti giudiziari che richiedono perizie tecniche e giuridiche lunghe e costose, come si vede negli Stati Uniti, non gioverebbe alle PMI, che rischierebbero di soccombere pur vincendo il processo intentato da un concorrente che disponesse eventualmente di una copertura finanziaria sufficiente, oppure potrebbero venire assorbite o essere costrette a concedere delle licenze incrociate, condividendo l'innovazione con un'impresa avente una posizione dominante senza necessità per quest'ultima di contribuire all'investimento iniziale per la ricerca. Orbene, pratiche simili rafforzano le concentrazioni e le pratiche pregiudizievoli alla concorrenza.

3.9. La Commissione non spiega peraltro in alcun modo in che senso il brevetto offrirebbe una tutela maggiore rispetto al diritto d'autore contro la copia dei software proprietari. Nessuna analisi economica solida ha dimostrato che i brevetti delle "invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici" abbiano effettivamente l'effetto positivo per le PMI-PMII che è stato loro attribuito. I pareri formulati dal settore del software libero/aperto, alcuni dei quali sono favorevoli ad un regime sui generis, sono stati messi da parte con la scusa che solo il modello proprietario avrebbe creato ricchezza e occupazione, anche se finora lo sviluppo economico di questo settore in Europa ha potuto pienamente realizzarsi sotto il regime del diritto d'autore e se tale regime non ha di fatto ostacolato gli investimenti. Sostanzialmente si è tenuto conto dunque solo del parere di una dozzina di grandi industrie del software, per lo più non europee, favorevoli al brevetto. Sono stati per contro ignorati anche i pareri contrari di altre importanti imprese, così come talune controproposte a favore di un regime sui generis o di un modello di utilità ad hoc.

3.10. Nel progetto di direttiva non viene precisato neanche il concetto di rete e potrebbe quindi trattarsi di Internet. Ai sensi del progetto di direttiva diventa perciò possibile rilasciare un brevetto per un'invenzione effettuata su Internet - uno spazio pubblico - e che può dunque consistere unicamente in un software. È quindi in gioco la libertà di Internet, strumento fondamentale su cui si fonda la società della comunicazione, dell'informazione, del sapere e della conoscenza.

3.11. Con la sua proposta la Commissione delibera quindi nel quadro di un mercato nel quale i consumatori possono ancora scegliere apertamente e di un contesto in cui è ancora possibile un dibattito democratico. I brevetti finirebbero per rafforzare le posizioni monopolistiche e minaccerebbero l'esistenza del modello libero/aperto e le forme shareware non commerciali di sviluppo dei programmi, che offrono delle possibilità d'innovazione e un'alternativa concorrenziale estremamente preziose per la società e l'economia.

3.12. Al giorno d'oggi è o meno opportuno estendere il brevetto, che è uno strumento dell'era industriale, a creazioni intellettuali e immateriali come i software e al risultato della loro esecuzione su un elaboratore? Nella presentazione della proposta di direttiva e nella scheda di valutazione dell'impatto la risposta a questa domanda è del tutto esplicita e alquanto tendenziosa. Il punto di vista adottato nel progetto di direttiva è limitato: si parte dal regime giuridico dei brevetti adducendolo come unica motivazione, senza tener conto in misura sufficiente dei fattori economici, dell'impatto sulla ricerca e sulle imprese europee. Manca quindi una visione d'insieme e pertanto questo punto di vista non è compatibile con l'importanza delle sfide cui la società deve far fronte nel campo dello sviluppo e anche della democrazia (e-government, istruzione, informazione dei cittadini), sfide che a termine rischiano di essere messe in discussione.

3.13. Far credere che per un periodo iniziale di tre anni, alla fine del quale si procederebbe ad una valutazione, il tutto sarebbe solo una specie di esperimento reversibile non è molto plausibile e con tutta probabilità sarebbe fonte di insicurezza e forse creerebbe anche confusione dal punto di vista giuridico in quanto nel frattempo verrebbero acquisiti dei diritti. All'atto pratico si innescherebbe un processo irreversibile che avrebbe delle conseguenze in gran parte sconosciute sulle nostre economie e sulle nostre società, anche se talune tendenze ne fanno già presagire alcuni aspetti: ostacolo all'innovazione e all'interoperabilità, rischio di segmentazione di Internet e di aumento dei costi di accesso, rimessa in questione della possibilità dell'opzione "software aperti" per i consumatori e della sua redditività per i produttori e i fornitori di servizi Internet, servizi di rete e applicazioni adattate tramite tali software.

3.14. Il Comitato ritiene che in mancanza di studi economici e di valutazioni d'impatto indipendenti, serie e approfondite, in particolare sulle PMI-PMII, sull'occupazione e sulle conseguenze sociali a lungo termine, sarebbe azzardato legiferare in modo affrettato per estendere il campo di applicazione del regime brevettuale ad un numero indefinito di software considerati come aventi un "effetto tecnico". Reputa invece che converrebbe piuttosto armonizzare le legislazioni e, di conseguenza, la giurisprudenza degli Stati membri confermando, come già avviene nella maggior parte di essi la possibilità di brevettare le invenzioni tecniche che contengono un codice specifico indispensabile al loro funzionamento (ma non quelle che consistono unicamente o principalmente nel software stesso o che utilizzano quasi esclusivamente software standard).

3.15. Essa comporta il rischio di sconvolgere il regime giuridico applicabile ai software e alle altre creazioni intellettuali, il che sarebbe pregiudizievole alle convenzioni internazionali amministrate dall'OMPI e agli accordi dell'OMC sui diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio. L'applicazione estensiva del regime dei brevetti nel settore delle nuove tecnologie in taluni paesi ha comportato l'eliminazione di numerosi operatori creativi, soprattutto PMI, da mercati fondamentali per la crescita e per la realizzazione della società dell'informazione e della conoscenza, o la loro relegazione in "nicchie", e ha indotto ad inserire nel regime brevettuale altre forme di creazione intellettuale come i metodi commerciali (business methods), i metodi didattici o gli algoritmi (criptaggio, compressione).

3.16. Il Comitato economico e sociale reputa che, nella sua forma attuale, la proposta di direttiva comporti anche seri rischi di accentuare le differenze tra le pratiche degli uffici dei brevetti e le giurisprudenze nazionali qualora la legislazione comune nel mercato interno diventasse più ambigua. Pare che attualmente le legislazioni nazionali stiano evolvendo verso una maggiore omogeneità. In futuro, e più precisamente una volta che sarà stato possibile definire un quadro comunitario chiaro in materia di proprietà intellettuale, sarebbe pertanto opportuno analizzare e favorire questa armonizzazione, ad esempio mediante il ricorso al metodo aperto di coordinamento.

3.17. Una forma importante di protezione delle invenzioni di software, che non figura nella proposta di direttiva, è il mercato stesso: in molti casi una creazione innovativa può conquistare un mercato e mantenere la sua posizione per tutto il tempo necessario a compensare le spese di ricerca e di divulgazione prima che altri rivali propongano soluzioni concorrenti. Per contro, se la concorrenza è più innovativa o offre un miglior rapporto qualità/prezzo, dopo un certo periodo di tempo questa può conquistare dei segmenti di mercato, il che è positivo in quanto aumenta la possibilità di scelta dei consumatori e riduce il prezzo delle licenze della concorrenza.

4. Osservazioni specifiche

4.1. Ad un brevetto concepito sul modello di quello rilasciato per le invenzioni tecnologiche si frappongono un certo numero di difficoltà o di specificità inerenti alla natura stessa del software.

4.1.1. In primo luogo vi sono difficoltà relative alla conoscenza dello "stato dell'arte"; a differenza di quanto avviene per le invenzioni tecnologiche, per le quali esistono banche dati come quella dell'UEB o quella dell'USPO (United States Patent Office) accessibili via Internet o su CD-ROM, per i software non esistono basi dati ed è quindi praticamente impossibile definire un concetto come quello di "stato dell'arte".

4.1.2. Generalmente le PMI-PMII non dispongono delle risorse tecniche, giuridiche e finanziarie necessarie non solo per depositare dei brevetti, ma soprattutto per far fronte a procedimenti giudiziari per contraffazione, particolarmente facili da intentare nel settore del software. A tal fine andrebbero creati un fondo europeo o dei fondi nazionali; in caso contrario, con la brevettabilità dei software, tali imprese si troverebbero in una situazione molto pericolosa, se non critica, in caso di siffatti procedimenti.

4.1.3. I software consistono in un insieme di istruzioni (codice sorgente) sempre più spesso indipendenti dalla piattaforma tecnica o dal sistema (cross compatibility) per ragioni di portabilità e di interoperabilità soprattutto su Internet. Vi sono parecchie analogie tra i programmi scritti in modo indipendente nel medesimo linguaggio di programmazione è ciò è dovuto ai vincoli tipici di ogni linguaggio, alla loro natura algoritmica (numerosi linguaggi derivano da linguaggi precedenti o da combinazioni di linguaggi) e ai programmi ottenuti con l'aiuto di kit di sviluppo. Per alcuni di questi programmi non è praticamente necessario scrivere un codice, come nel caso della creazione di un sistema di gestione di basi di dati o di siti Internet.

4.1.4. Non è facile quindi definire il concetto di "innovazione"; esso è dato spesso dal numero più o meno grande di funzionalità integrate in programmi diversi destinati a fini simili o dal modo di "chiamarli". Le interfacce utente sono spesso simili sia in quanto vengono utilizzati gli stessi programmi di sviluppo del software per una o più piattaforme, sia per ragioni di interoperabilità: in caso contrario, infatti, gli utenti dovrebbero imparare ad utilizzare una nuova interfaccia per ogni applicazione.

4.1.5. Un codice deve formare oggetto di una manutenzione costante per poter correggere i bug e i buchi di sicurezza o per essere migliorato in funzione delle necessità degli utenti. Nel contesto - ormai di importanza strategica - della sicurezza della rete, la manutenzione è diventata una responsabilità fondamentale dell'editore e delle società di servizi informatici. Soprattutto nel campo della difesa, della produzione militare e dell'amministrazione elettronica (e-government), le autorità pubbliche vogliono dei software aperti, per garantirne la sicurezza e la perennità, nonché la riservatezza delle informazioni e dei pagamenti, e vogliono conoscere il codice sorgente, ai fini di manutenzione, stabilità e sicurezza anche qualora l'editore non sia più accessibile. A meno di prevedere numerose deroghe, il regime giuridico del brevetto del software non appare adatto a soddisfare queste legittime esigenze, o comunque molto meno del diritto d'autore, nettamente più flessibile e adattabile (cfr. la direttiva citata sui programmi per elaboratore).

4.1.6. Il codice non è un "oggetto tecnico" in senso classico, che possa essere soggetto ad un regime giuridico standard concepito per le tecnologie materiali. Nei paesi che prevedono la brevettabilità del software non esistono definizioni chiare di "effetto tecnico", di "attività inventiva" o di "modificazione dello stato della tecnica" (che infatti è impossibile definire) e negli Stati Uniti il progetto di creazione di una base dati sui software è stato abbandonato. Anche lo stato dell'arte non si può definire. Da tutto ciò, al momento di stabilire le condizioni di brevettabilità in Europa bisogna trarre le debite conseguenze.

4.1.7. Va riconosciuto anche che gli attuali criteri di deposito delle "invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici", soprattutto se consistono in tutto o in parte in un software, non soddisfano le esigenze normali di un esame e di un deposito realmente conformi ai requisiti europei in materia di brevettabilità, se non è prevista la pubblicazione del codice sorgente del software o almeno della sua interfaccia utente o del formato dei file, ai fini dell'interoperabilità. Inoltre non viene affrontata la questione della gratuità delle licenze per le invenzioni relative al funzionamento della rete Internet.

4.2. Il problema per i software, come d'altronde per i "prodotti" multimediali, è quello delle copie illegali, che sono relativamente facili da realizzare nonostante l'uso di varie protezioni tecniche o informatiche. Sul piano tecnico e giuridico i problemi relativi alla tutela dei diritti d'autore contro la copia e la diffusione di copie sono molto simili a quelli delle altre produzioni intellettuali ed artistiche "multimediali". Vi sono analogie anche per quanto riguarda le soluzioni da attuare e le tecniche per la copia e la diffusione illegali, che si sono sviluppate parecchio, soprattutto su Internet. Maggiori sono invece le differenze rispetto ai metodi da utilizzare in materia di lotta contro la contraffazione per gli oggetti tecnici o i prodotti materiali(2).

4.3. È possibile che nel caso di un dispositivo tecnico complesso, nel quale è integrato un software non standard che svolge un ruolo fondamentale in tempo reale (sistema di frenatura ABS, robotica) ed è di fatto inseparabile dal dispositivo stesso, sia giustificato il deposito di un brevetto per tutta l'invenzione. Tuttavia nulla impedisce di separare tali componenti dal punto dal punto di vista giuridico e di sottoporre ognuna di esse ad un regime giuridico distinto. Del resto, all'atto pratico questo è il caso più frequente. Un'invenzione tecnica come un'agenda elettronica tascabile (personal digital assistant, PDA) può essere soggetta a diversi diritti di proprietà intellettuale ben distinti: nome e marchio commerciale, disegno (design), diritto d'autore sul sistema operativo integrato, il software per il riconoscimento della scrittura e le altre applicazioni, singoli brevetti per varie componenti come lo schermo tattile, il tipo di batteria, le componenti elettroniche (alcune delle quali programmate in precedenza o programmabili) e via dicendo. Esistono dei software di sistema standard integrati che possono essere applicati in numerosi settori, dal computer portatile alla guida di qualsiasi veicolo, alla navicella spaziale (come QNX, che è un processo standard per l'industria, un software aperto fondato su "Eclipse", un "motore" informatico realizzato e offerto in open source dall'IBM; esistono ad esempio anche un "embedded Windows XP", un "Windows-CE", un "embedded BSD", un "embedded Linux": in alcuni casi si tratta di sistemi operativi proprietari, in altri casi di sistemi operativi aperti).

4.4. Tuttavia spesso taluni impianti automatici e taluni software destinati a produzioni pesanti non sono nemmeno brevettati e restano all'interno dell'impresa come segreti industriali (che peraltro in taluni paesi sono protetti e potrebbero esserlo anche in Europa).

4.5. Nessuno studio comparativo e nessuna motivazione ha finora dimostrato che, nel caso dei software, siano essi integrati o meno, il brevetto offrirebbe una tutela migliore rispetto al diritto d'autore. La Business Software Association (BSA) ritiene che, a livello mondiale, l'uso pirata nelle imprese interessi oltre il 40 % di tutti i software professionali, percentuale che in alcuni paesi può salire al 90 %, per non parlare delle copie ad uso privato fatte dai dipendenti delle imprese. Nel caso di produzioni multimediali, musica, cinema e giochi elettronici tutelati dal diritto d'autore i problemi relativi alle copie sono analoghi. Nel progetto di relazione non si dice né si dimostra per quale motivo il regime del diritto d'autore, che consente degli introiti non indifferenti nel campo del cinema o della musica, non potrebbe avere gli stessi vantaggi per il software, e perché si dovrebbe quindi modificare il regime di protezione per quest'ultimo.

4.6. I motivi per i quali le PMI-PMII europee non ricorrono se non in misura limitata al deposito di brevetti sono ben noti e non verranno affatto risolti, neanche in parte, con il progetto di direttiva sulle "invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici". Come il Comitato ha già sottolineato in precedenti pareri(3), il problema è anzitutto rappresentato dalla mancanza di un vero e proprio brevetto comunitario accessibile dal punto di vista tecnico e finanziario.

4.7. Il Comitato esorta il Consiglio a prendere quanto prima una decisione; esso fa inoltre presente che si dovrebbero anche rivedere o integrare, nel rispetto delle vigenti norme internazionali, alcuni dei testi esistenti che non vietano regimi specifici, come ad esempio quelli che offrono una protezione maggiore.

4.8. Per quanto riguarda infine l'innovazione, il Comitato ha già sottolineato più volte che gli sforzi di finanziamento della ricerca di base e della R& S sono notoriamente insufficienti.

4.9. Per il Comitato sono queste le vere priorità. Pertanto esso reputa che prima di modificare definitivamente il diritto di proprietà intellettuale si debbano esaminare nuovamente, in modo davvero oggettivo e senza pregiudizi, gli studi e le analisi economiche e giuridiche più audaci ed indipendenti nonché le opinioni di tutti gli operatori interessati, e questo anche se le modifiche proposte sono limitate ad una parte del settore del software, in quanto un'iniziativa in tal senso avrebbe profonde conseguenze sull'intero campo di applicazione del brevetto.

5. Conclusioni

5.1. Come in altri settori, si pone la questione della forma giuridica che dovrebbe assumere la protezione dei software di qualsiasi tipo dall'appropriazione indebita, dalla copia illegale o dalla contraffazione. Ma questa non è certo una buona ragione per modificare in modo irreversibile il regime giuridico applicabile come si intendeva fare sopprimendo addirittura l'esclusione dei programmi per elaboratore, di cui all'articolo 52 della CBE, prima che tutte le parti interessate abbiano proceduto ad una riflessione più approfondita tenendo conto dell'interesse generale. Il Comitato reputa che qualsiasi modifica sostanziale in vista della definizione di un quadro regolamentare coerente in seno al mercato unico debba obbligatoriamente essere preceduta da una riflessione generale sull'approccio europeo e sui principi di armonizzazione in materia di proprietà intellettuale.

5.2. Il Comitato reputa che la Commissione, il Consiglio e il Parlamento debbano valutare le questioni della proprietà intellettuale da un punto di vista globale e coerente, che tenga conto di tutti i vari aspetti della proprietà industriale e intellettuale e cerchi di armonizzarli, nel contesto degli obiettivi politici ed economici dell'Unione, e in particolare di quelli definiti a Lisbona. Il Comitato ricorda che il Consiglio Mercato interno alla sessione del maggio 2002 ha ribadito che il brevetto comunitario rappresenta una questione prioritaria.

5.3. Né nella relazione introduttiva della proposta della Commissione né nella scheda di valutazione dell'impatto ad essa allegata e neppure nell'unico studio commissionato ad un ufficio nazionale dei brevetti si dimostra che per i software la protezione giuridica conferita dal diritto d'autore sia meno efficace del brevetto industriale. Non è d'altronde stato valutato nemmeno l'impatto che la proposta avrebbe sugli utenti (consumatori): in che senso questi trarrebbero vantaggio da un cambiamento del regime giuridico di protezione, che sarebbe molto costoso per le imprese? Inoltre non è stato quantificato l'impatto sull'occupazione né si è accennato alla protezione degli inventori che prestano servizio come lavoratori dipendenti o lavorano in subappalto, quantunque essi svolgano un ruolo fondamentale in queste "produzioni" immateriali.

5.4. Il Comitato preferirebbe che l'attuale progetto di direttiva venisse riveduto profondamente. Reputa inoltre che la Commissione dovrebbe piuttosto passare alla vera e propria fase politica e giuridica rendendo più coerenti gli aspetti relativi alla proprietà intellettuale e industriale a livello comunitario, in funzione della ricerca, dell'innovazione e del loro finanziamento e realizzare in via prioritaria il progetto di brevetto comunitario, nel pieno rispetto degli impegni internazionali sottoscritti dalla Comunità nei confronti dell'OMC e di quelli assunti dagli Stati membri nel quadro dell'OMPI e della CBE nella sua forma attuale. Ci si chiede a questo punto se non converrebbe piuttosto comunitarizzare la CBE e l'UEB, poiché in caso contrario, i tentativi comunitari di armonizzazione giungerebbero in ritardo e dipenderebbero da un'organizzazione non comunitaria, competente per un solo aspetto della proprietà intellettuale e ovviamente desiderosa di estendere il suo settore di competenza e le sue fonti di reddito senza tuttavia essere in grado di comprendere il carattere globale e complesso delle questioni relative alla proprietà intellettuale né la necessità di una maggiore flessibilità o di una maggiore diversificazione dei regimi giuridici applicabili alle nuove tecnologie.

5.5. Vi sono sicuramente soluzioni giuridiche nuove e adatte alla realtà oggettiva, vale a dire al fatto che il contributo intellettuale-scientifico - e dunque la componente "immateriale" delle innovazioni tecnologiche - è in continua crescita. Tali soluzioni richiedono un esame approfondito e consultazioni con tutte le parti interessate e i vari attori, ivi compresi gli utenti finali, e al tempo stesso il rispetto degli impegni internazionali nei confronti dell'OMPI e dell'OMC, al fine di tutelare l'innovazione, pur garantendo il trasferimento delle tecnologie e la divulgazione delle conoscenze. Questi due aspetti sono i pilastri fondamentali della tutela giuridica dell'innovazione tecnologica e l'unico motivo che ne giustifichi l'esclusione dal diritto della concorrenza. Tali obiettivi non possono svanire per creare delle situazioni di monopolio eccessivamente lunghi o dei dispositivi di controllo tecnologico nei confronti dei paesi in via di sviluppo o di quelli di recente industrializzazione.

5.6. Il Comitato reputa che solo la qualità degli strumenti giuridici - indipendentemente dal fatto che si tratti di brevetti o del diritto d'autore - l'efficacia della loro protezione e soprattutto la qualità delle innovazioni stesse siano fattori in grado di attirare i capitali di investitori realmente interessati allo sviluppo di tali paesi. Perciò è importante che a tal fine il legislatore europeo definisca regole comuni chiare per mantenere l'elevato livello delle privative europee.

5.7. Quanto alla proposta della Commissione, il Comitato reputa che andrebbero armonizzate le legislazioni degli Stati membri - e quindi indirettamente anche la giurisprudenza dei loro tribunali - affinché, come già avviene nella maggior parte di essi, sia possibile brevettare le invenzioni tecniche che contengono un codice specifico indispensabile al loro funzionamento, purché vengano rispettate le esigenze relative alla brevettabilità di un'invenzione. Per contro, se si tratta di invenzioni tecniche per le quali l'innovazione consiste principalmente o unicamente nel software o che invece sono innovative sul piano tecnico ma utilizzano esclusivamente o principalmente software standard, il Comitato ritiene che sia necessario procedere a studi giuridici approfonditi incentrati in particolare sulle questioni relative alla definizione e alla delimitazione, al fine di armonizzare l'applicazione dei singoli regimi giuridici di protezione dell'innovazione in Europa. Si dovrebbe inoltre procedere anche a studi economici come le analisi costo-beneficio e le valutazioni dell'impatto sul piano finanziario, in termini di efficacia della tutela (soprattutto per quanto riguarda le PMI e le PMII), di costi e di diritti e garanzie per i consumatori.

5.8. Il Comitato condivide pienamente il punto di vista delle imprese, delle industrie e dei servizi che hanno sede in Europa e quello degli autori e degli utenti che auspicano che vi sia una vera coerenza tra la politica economica e di ricerca e le norme necessarie ai fini di una protezione efficace ed armonizzata dei vari aspetti della proprietà intellettuale.

5.9. Le misure da adottare a livello politico e di bilancio e gli strumenti giuridici devono incoraggiare maggiormente l'innovazione scientifica e quella tecnologica, che al giorno d'oggi sono inscindibili, stimolando così una crescita e una competitività sostenibili, creatrici di posti di lavoro qualificati, al fine generale di promuovere l'economia del sapere e della conoscenza. È tale economia, infatti, che l'Europa intende realizzare, con il pieno sostegno del Comitato, e che si propone altresì di condividere maggiormente con i paesi in via di sviluppo.

Bruxelles, 19 settembre 2002.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale

Göke Frerichs

(1) Parere CES 282/98, GU C 129 del 27.4.1998.

(2) Parere CES 701/2001 (GU C 221 del 7.8.2001).

(3) Pareri CES 411/2001 (GU C 155 del 29.5.2001) e CES 921/2001 (GU C 260 del 17.9.2001).

ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale

I seguenti emendamenti sono stati respinti, ma hanno ottenuto almeno un quarto dei suffragi espressi:

Punto 3.12

Sopprimere.

Motivazione

La direttiva proposta non estende la portata dei brevetti. L'UEB ha già rilasciato migliaia di brevetti per invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici. La direttiva viene proposta per armonizzare l'interpretazione in quanto in taluni paesi, e in particolare in Germania e nel Regno Unito, le giurisprudenze nazionali sono divergenti.

Punto 3.13

Sopprimere.

Motivazione

Il testo è fuorviante. Come indicato sopra, l'UEB ha rilasciato migliaia di brevetti per invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici (circa 25000, stando a quanto affermato dal rappresentante della Commissione alla riunione della sezione TEN). In Europa esistono già dei diritti in tal senso e più precisamente da quando, in seguito alla decisione Sohei (causa Sohei, T 0769/92), l'UEB ha iniziato a rilasciare questo tipo di brevetti. Ci dovrebbe quindi essere già quella "confusione dal punto di vista giuridico" che, stando al parere, la direttiva minaccerebbe di creare. Di fatto però non è così. L'obiettivo della direttiva, come già affermato, è quello di codificare sotto forma di norme di diritto di proprietà intellettuale l'attuale prassi in base alla quale si rilasciano già un gran numero di brevetti per le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici e anche per i software.

Punto 3.14

Sopprimere.

Motivazione

Anche in questo caso si afferma che la direttiva modifica le norme sui brevetti, ma di fatto non è così. Essa codifica la prassi esistente in base alla quale l'UEB (analogamente all'ufficio statunitense dei brevetti (USPTO) e a quello giapponese (JPO)) ha già rilasciato brevetti per invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici.

Punto 3.15

Sopprimere

Motivazione

Il testo contiene generalizzazioni fuorvianti. I metodi commerciali sono brevettabili negli Stati Uniti, ma non lo sono dall'UEB né dal JPO. Se intesi nel senso di formule matematiche gli algoritmi non sono di per sé brevettabili in nessuna parte del mondo, mentre l'uso di un algoritmo in una nuova invenzione che risolve un problema tecnico è un'invenzione brevettabile nella maggior parte delle legislazioni. Al punto 3.15 si afferma che la direttiva porterà al brevetto di metodi commerciali, di metodi didattici o di algoritmi (puri), ma in realtà non è così: la direttiva codifica la prassi esistente in base alla quale vengono rilasciati brevetti per invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici se esse sono nuove, presuppongono un'invenzione e hanno un effetto tecnico. La direttiva non modifica la prassi attuale né la brevettabilità dei metodi commerciali e degli algoritmi.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 27, voti contrari: 27, astensioni: 6.

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