Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 51996IR0340

Parere del Comitato delle regioni sul tema «L'assetto territoriale in Europa»

CdR 340/96 fin

GU C 116 del 14.4.1997, p. 1–18 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

51996IR0340

Parere del Comitato delle regioni sul tema «L'assetto territoriale in Europa» CdR 340/96 fin

Gazzetta ufficiale n. C 116 del 14/04/1997 pag. 0001


Parere del Comitato delle regioni sul tema «L'assetto territoriale in Europa»

(97/C 116/01)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Comunicazione della Commissione in merito alla «Cooperazione per lo sviluppo del territorio - Europa 2000+»;

visto il proprio parere in merito alla «Cooperazione per lo sviluppo del territorio europeo - Europa 2000+» () e visti i 6 seminari organizzati insieme con la Commissione europea sull'assetto territoriale;

vista la propria decisione del 18 ottobre 1996 di formulare, conformemente al disposto dell'articolo 198 C, quarto paragrafo, del Trattato CE, un parere sull'assetto del territorio in Europa, e di incaricare della sua preparazione la Commissione 5 «Assetto territoriale, ambiente ed energia»;

visto il progetto di parere (CdR 340/96 riv.) adottato dalla Commissione 5 in data 20 novembre 1996 in base al rapporto introduttivo della relatrice du Granrut,

ha adottato a maggioranza il 15 gennaio 1997, nel corso della 16a sessione plenaria, il seguente parere.

1. Nuove soluzioni per l'assetto e lo sviluppo del territorio europeo

La ricchezza delle esperienze presentate e delle idee espresse nel corso dei 6 seminari regionali sulla cooperazione per l'assetto del territorio europeo, che si sono svolti da marzo ad ottobre 1996 () e la cui sintesi è allegata al presente parere, permettono di definire nuove soluzioni per l'assetto e lo sviluppo del territorio europeo.

1.1. Affermazione della volontà degli enti locali e regionali di attuare la cooperazione interregionale.

1.1.1. La cooperazione ha costituito uno dei motivi conduttori dei seminari. I responsabili locali e regionali conoscono meglio di chiunque altro le debolezze dei rispettivi territori e le soluzioni richieste. Essi sono inoltre consapevoli dell'impossibilità di risolvere da soli tutti i problemi riscontrati. Quando gli enti locali e regionali vicini sono confrontati con le stesse difficoltà, sembra loro normale e utile fare uno sforzo congiunto per trovare soluzioni comuni e unire le rispettive capacità di intervento. Essi non hanno alcun timore di predisporre insieme dei progetti operativi e ne misurano il valore aggiunto ricavabile.

Gli enti locali e regionali non cooperano soltanto per risolvere problemi comuni. In nome della solidarietà essi mettono insieme tutti i loro elementi di forza e le loro potenzialità per risolvere problemi che investono uno solo di essi. Alla cooperazione si aggiunge quindi la solidarietà.

La volontà di cooperare degli enti locali e regionali si fonda sull'efficacia. Ai risultati materiali che giustificano la loro azione si sommano quelli prodotti dalla solidarietà tra le rispettive popolazioni e alla migliore conoscenza reciproca che esse acquisiscono.

1.1.2. I programmi di cooperazione interregionale inducono i responsabili locali e regionali a realizzare strutture che non hanno equivalenti. Il loro obiettivo è generalmente quello di sovrintendere ai lavori di esperti, di facilitare tecnicamente e finanziariamente l'attuazione dei programmi, di garantire la continuità del dialogo tra le comunità interessate e, eventualmente, di fungere da interlocutore tecnico agli altri enti territoriali, gli Stati e l'Unione europea. Il processo decisionale dev'essere abbastanza flessibile da consentire di trattare i problemi specifici a livello nazionale, regionale o locale, a seconda dei casi.

1.1.3. Gli enti locali e regionali si considerano rappresentati, sul piano istituzionale e presso le istituzioni dell'Unione europea, dal Comitato delle regioni. Esso è il loro portavoce politico, capace di comprendere le loro rivendicazioni, sintetizzarle, presentarle e sostenerle presso la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo.

1.2. Maggiore considerazione delle esigenze dei cittadini e valore aggiunto agli aiuti dell'Unione

L'assetto dello spazio europeo, nella sua diversità ed estensione non può essere organizzato a partire da un solo livello decisionale. Occorre tener conto delle esigenze della popolazione e coinvolgere i responsabili locali e regionali.

1.2.1. Sotto la spinta della politica regionale dell'Unione europea e dei programmi generati dai fondi strutturali, gli enti locali e regionali sono stati indotti a preoccuparsi maggiormente delle esigenze dei cittadini, ad incoraggiare le loro iniziative e utilizzare le loro capacità nell'ambito di partenariati locali. È stata anche un'occasione per incoraggiare i soggetti locali a impegnarsi in un'azione collettiva sulla quale avevano già espresso il loro consenso. Gli enti locali e regionali sono divenuti, da interlocutori, partner e quindi soggetti dell'assetto e dello sviluppo del territorio europeo.

1.2.2. Gli enti locali e regionali, per la loro prossimità ai cittadini, sono in grado meglio di qualsiasi altro potere di percepirne le esigenze e di avviare con essi un dialogo costruttivo. Grazie alla loro capacità di analisi e di diagnosi, essi riescono ad avere una visione trasversale e globale dei problemi da risolvere. Con la loro capacità di engineering dei progetti e la loro rapidità di intervento, essi forniscono la risposta più efficace. Grazie alla loro prossimità, sia sul piano della decisione che del controllo, essi possono adattare la loro risposta all'evolversi della situazione.

Gli enti locali e regionali costituiscono inoltre il primo livello al quale si può ricercare la coerenza spaziale: essi sono in grado, da soli o insieme ad altri enti locali e regionali, di prevedere l'insieme delle azioni da intraprendere per sviluppare l'attività economica e l'occupazione, per organizzare l'habitat e i trasporti a breve distanza, per salvaguardare, o addirittura migliorare l'ambiente.

1.2.3. La combinazione della rapidità e della tecnicità di analisi, della flessibilità di intervento e della ricerca della massima efficacia fanno degli enti locali e regionali i partner più attivi dei progetti europei di assetto dello spazio, nonché gli artefici del valore aggiunto di tali progetti.

Gli enti locali e regionali e i loro cittadini, consapevoli dei propri elementi di forza e del proprio contributo positivo, non ammetteranno più di non essere partner a pieno titolo di qualsiasi programma di assetto e sviluppo, sia nella fase preparatoria che in quella esecutiva.

Per il Comitato la cooperazione interregionale attesta le possibilità pratiche d'integrazione europea. Il Comitato considera suo compito agevolare tale contributo all'emergere di una identità europea, sia valorizzando tale aspetto positivo della cooperazione interregionale, sia favorendo la diffusione delle prassi applicate nel settore dagli enti locali e regionali.

1.3. Pertinenza del quadro di intervento delle zone interregionali

Una politica di assetto e di sviluppo non conosce frontiere, siano esse interne o esterne agli Stati membri e all'Unione europea nella sua configurazione attuale.

1.3.1. Il raggruppamento del territorio europeo in 11 zone di intervento, proposto in EUROPA 2000+ segue diversi criteri:

- geografico: ogni zona appartiene allo stesso sistema geologico e/o idrografico, o allo stesso sistema marittimo;

- economico: gli studi condotti hanno rivelato analogie significative in termini di tipo di attività economiche, di livello di vita, di esistenza di fattori di disturbo o di inquinamento, vale a dire di una serie di fattori determinanti in ordine alle azioni strutturali da intraprendere;

- storico e culturale: lo spazio europeo è stato talmente ritagliato nel corso dei secoli, il più delle volte senza consultare le popolazioni e senza curarsi dei loro legami culturali, che adesso è veramente tempo di ritrovare queste complementarità e di dare la parola e la possibilità di scelta a quanti le percepiscono come tali.

1.3.2. La combinazione, sia pur variabile, di questi tre criteri crea un sentimento di appartenenza e di comunanza di destini. Essa ha effetti positivi sul piano dell'impegno dei responsabili degli enti locali e regionali e di sostegno dei cittadini ad azioni di ampia portata.

L'organizzazione dei seminari ha comportato l'esigenza di raggruppare le zone del Mare del Nord e del Baltico, del Mediterraneo occidentale e centrale e, sotto la definizione di regioni frontaliere dell'Europa centrale, i nuovi Länder e i paesi dell'Europa centrorientale. Questi raggruppamenti non hanno rimesso in questione le zone, al contrario, essi hanno evidenziato il ruolo insostituibile del Mediterraneo come catalizzatore culturale ed economico, le complementarità delle coste del Mare del Nord e di quelle del Baltico e, nell'Europa centrale, la volontà degli enti locali e regionali di questo spazio di dare la priorità assoluta al superamento della divisione, contraria alla natura, del continente europeo.

1.3.3. Tutti i partecipanti ai seminari hanno riconosciuto la pertinenza delle zone ai fini del loro assetto e del loro sviluppo, anche se, all'interno di tali zone, affinità o problemi specifici danno luogo a cooperazioni più intense tra determinati enti locali e regionali. Analogamente, in margine a tali zone, affinità o problemi possono determinare una cooperazione tra certi enti locali e regionali appartenenti a zone diverse.

Tutti hanno riconosciuto il valore della coesione territoriale e il formidabile effetto di apertura della cooperazione transfrontaliera e transnazionale, nonché la dinamica che deriva dalla volontà di sormontare le frontiere, vere e proprie «disavventure storiche».

In questo settore, senza negare le appartenenze nazionali, è stato raggiunto il punto di non ritorno.

1.4. Approfondimento delle finalità dei settori di intervento

Nei programmi di cooperazione interregionale per l'assetto e in quelli per lo sviluppo del territorio figurano gli stessi settori di intervento. Gli enti locali e regionali sono stati tuttavia indotti ad approfondirne le finalità in risposta ai problemi specifici dei territori in questione e per aumentarne l'efficacia.

Nel campo dei trasporti di terra, la cui importanza è riconosciuta da tutti, e specialmente dagli enti locali e regionali della diagonale continentale al fine di assicurare i loro collegamenti con il resto dell'Unione europea, si pone l'accento da un lato sulla loro accessibilità e sulla loro connessione con le vie secondarie, d'altro lato sulla necessità di dare la preferenza ai mezzi di comunicazione meno inquinanti e di organizzare il trasporto intermodale per migliorare l'offerta e regolare i flussi. Infine, è auspicabile riequilibrare l'esistente fascio di infrastrutture di trasporto terrestre nord-sud con un sistema di trasporto completo ovest-est.

1.4.1. Nel settore dei trasporti marittimi le preoccupazioni principali sono: intensificare il trasporto marittimo tra i grandi porti e i porti medi, con lo sviluppo del cabotaggio, la frequenza dei brevi tragitti e la realizzazione di collegamenti rapidi; favorire lo sviluppo di un sistema comune di informazione per tutte le flotte mercantili. In generale, ottimizzare i traffici marittimi tra i diversi porti delle coste dell'Unione europea.

Lo sviluppo del trasporto aereo dovrebbe basarsi sugli aeroporti regionali e per i paesi mediterranei con variazioni di frequenza per adeguarsi all'attività turistica.

1.4.2. Le priorità della tutela ambientale sono la regolazione e la qualità delle risorse idriche, la lotta all'inquinamento atmosferico, la riduzione al minimo dei rifiuti e un uso più sostenibile delle risorse naturali, la gestione dei litorali, il controllo e il trattamento dei rifiuti e, per le regioni più continentali, la salvaguardia degli spazi di interesse floristico e faunistico grazie alla creazione di parchi naturali, mentre in determinate zone dell'Europa centrorientale è necessario disinquinare il territorio per impiantarvi nuove attività.

1.4.2.bis L'agricoltura deve essere considerata fattore strategico della ruralità intesa come indispensabile tessuto connettivo per consentire il mantenimento di un livello minimo di popolazione per la conservazione dell'ambiente naturale e quale presupposto per il consolidamento e lo sviluppo di altre attività economiche.

1.4.3. Vi sono anche proposte specifiche in merito all'equilibrio tra zone urbane e rurali: la funzione economica urbana può ritrovare il suo dinamismo se le grandi città del Centro delle capitali uniranno i loro sforzi per lottare contro l'esclusione sociale e le sue varie cause e se le città di medie dimensioni, in particolare quelle che costituiscono poli tecnologici, si organizzeranno in rete per fare in modo che ognuna di esse offra alle imprese la gamma di servizi che queste richiedono. Saranno così creati i posti di lavoro da offrire alle loro popolazioni e da ripartire eventualmente, in un secondo tempo, nei comuni rurali, permettendo così che vi rimanga un certo numero di persone in attività. È tuttavia chiaro che tali misure da sole non saranno sufficienti e che continueranno a essere necessarie misure orientate specificamente verso i problemi economici delle aree rurali.

1.4.4. Per gli enti locali e regionali l'innovazione e la ricerca, nonché l'impiego delle nuove tecnologie dell'informazione, sono le chiavi dello sviluppo economico. Si tratta dei tre fattori che possono permettere loro di raccogliere localmente la sfida della mondializzazione dell'economia sul terreno della tecnicità, della qualità delle risorse umane e della capacità di adattamento.

1.4.5. La maggior parte dei progetti che riguardano le attività turistiche mettono l'accento sulla loro componente culturale. Gli enti locali e regionali sanno di condividere il privilegio di disporre di un patrimonio culturale, storico o naturale quasi sempre eccezionale, e che è loro dovere, insieme, valorizzarlo e farlo conoscere.

Al compito di assetto e sviluppo si aggiunge la volontà di effettuare scambi culturali, di conoscersi meglio a vicenda, di potersi esprimere nella stessa lingua, di trovare dei sistemi comuni di riferimento.

L'immaginazione creativa degli enti locali e regionali, la loro capacità di iniziativa e le strategie collettive attuate sono la garanzia di una crescita economica generatrice di posti di lavoro, di una coesione economica e sociale autentica e, inoltre, più stabile.

1.5. Contributi specifici della cooperazione interregionale alla costruzione europea

Gli enti locali e regionali sono consapevoli del fatto che la loro cooperazione non avviene in un contesto di isolamento. Al contrario, la loro responsabilità collettiva si estende al resto del territorio dell'Unione europea, ai paesi dell'Europa centrorientale e a quelli del Mediterraneo meridionale.

All'identità di ciascuna zona corrisponde un tipo di responsabilità.

1.5.1. Per la zona del Centro delle capitali si tratta di riuscire a conservare allo spazio europeo un centro di gravità attivo, all'avanguardia del progresso tecnologico e della funzione economica urbana, capace inoltre di contrastare le varie forme di inquinamento e di trovare soluzioni intermodali alla congestione delle sue strade e dei suoi porti.

1.5.2. L'arco alpino rappresenta un altro motore dell'Europa per la sua collocazione centrale, la ricchezza delle valli circostanti, la sua millenaria esperienza di flussi migratori e la sua vecchia tradizione di cooperazione interregionale, che gli hanno permesso, fino al momento attuale, di trasformare le sue fragilità in altrettante occasioni di sviluppo.

1.5.3. Dal canto loro gli enti locali e regionali frontalieri dell'Europa centrorientale si considerano responsabili dell'accelerazione del processo di integrazione nell'Unione europea.

Forti di questo sentimento, essi si rivolgono agli enti locali e regionali situati dall'altra parte della frontiera e organizzano con questi cooperazioni che prescindono dalle differenze in materia di stato giuridico o di competenze e interessano direttamente la vita quotidiana delle rispettive popolazioni, in particolare dei giovani, e che pongono in rilievo l'appartenenza ad un patrimonio culturale comune.

La loro diagnosi sulle grandi azioni da intraprendere è chiara: assoluta necessità di creare infrastrutture efficienti nel campo delle reti di comunicazione, dell'energia e delle telecomunicazioni. I territori così unificati devono divenire spazi di sviluppo e non di passaggio.

Si tratta di un progetto ambizioso, che apre la strada alla costruzione di una nuova Europa, l'Europa dei cittadini, dei partenariati e di un mercato interno senza frontiere.

1.5.4. Gli enti locali e regionali della zona mediterranea auspicano di rafforzare il proprio sviluppo economico onde accelerare il dialogo dell'Unione europea con le regioni del Mediterraneo meridionale, per un reciproco arricchimento economico e culturale. L'Europa non può disinteressarsi del divenire dei territori situati a sud e ad est del «mare nostrum», catalizzatore di cultura, di civiltà e, perché no, di prosperità.

1.5.5. Le zone del Mare del Nord e del Baltico hanno costituito storicamente un attivo e potente luogo di scambio e di commercio; esse hanno la tradizione di una democrazia locale e di una comunità culturale ben affermata.

Gli enti locali e regionali del Mare del Nord possono mostrare al resto d'Europa come un'area caratterizzata da un prestigioso passato economico possa riuscire a vincere la doppia sfida rappresentata dalla promozione e dalla migliore ripartizione delle sue ricchezze industriali, agricole e soprattutto portuali diventando di nuovo un polo economicamente forte.

L'assetto e lo sviluppo della zona baltica grazie alla cooperazione congiunta degli Stati e degli enti locali e regionali, «The Baltic Sea Region Conference VASAB 2010» esempio eccezionale che merita di essere seguito, dimostrerà la capacità di questa zona di ritrovare il ruolo fondamentale che ha svolto storicamente nelle relazioni commerciali e di cooperazione culturale tra l'ovest e l'est dell'Europa, in particolare con paesi limitrofi come la Russia.

1.5.6. La zona dell'Arco atlantico, prima di trovarsi alla periferia dell'Europa, ha rappresentato il suo punto di partenza per la conquista del mondo. La scelta di riorganizzare la propria attività marittima ha due obiettivi: da un lato divenire nuovamente lo sbocco commerciale dei prodotti dell'Unione e dall'altro rafforzare l'attività portuale lungo l'Arco atlantico per legare maggiormente tra di loro gli enti locali e regionali, favorendone lo sviluppo integrato. In tal modo, le altre regioni dell'Unione europea possono contribuire significativamente all'ulteriore sviluppo dell'Arco atlantico, al fine di promuovere la coesione in Europa.

1.6. Applicazione concreta del principio di sussidiarietà ed evoluzione del quadro istituzionale e delle procedure di finanziamento

Il principio di sussidiarietà è un principio di organizzazione politica in base al quale ogni ente territoriale agisce entro i limiti delle competenze che gli sono conferite e degli obiettivi che gli sono assegnati.

La sua applicazione funzionale permette ad ognuno di partecipare all'opera complessiva nel luogo dove si trova e nell'esercizio delle proprie capacità e competenze.

1.6.1. Dal momento che gli enti locali e regionali ascoltano naturalmente con attenzione le esigenze dei cittadini, che essi danno prova della capacità di difendere e regolare i loro interessi, talvolta divergenti, elaborando una strategia di gestione globale ed efficace, essi si sentono in diritto di esigere che gli Stati e l'Unione europea li coinvolgano, come partner, nelle loro riflessioni e nella programmazione, nonché, come soggetti, nell'attuazione della politica di assetto e sviluppo dello spazio europeo. È questa una possibilità di applicazione concreta del principio di sussidiarietà.

1.6.2. Per gli enti locali e regionali la rivendicazione del rispetto del principio di sussidiarietà è costante. Nel settore dell'assetto e dello sviluppo dello spazio europeo tale applicazione si basa su criteri di efficienza, segnatamente in termini di sviluppo economico. Essa ha inoltre carattere di dogma, perché conferma le competenze che derivano agli enti locali e regionali dalla loro legittimazione elettorale, e l'idea che il cittadino è al centro del progetto di integrazione europea.

1.6.3. I Länder e le regioni responsabili dell'assetto dei rispettivi territori chiedono, più precisamente, che l'Unione europea intervenga solo quando si tratti di problemi di dimensione europea.

1.6.4. Anche se gli enti locali e regionali non dispongono di competenze identiche in tutti gli Stati membri, essi giudicano necessario che l'Unione europea e gli Stati membri assicurino loro la piena valorizzazione delle loro potenzialità nell'ambito della cooperazione interregionale, ossia un quadro giuridico e amministrativo e le prassi di finanziamento che ne conseguono.

In nessun testo legislativo o regolamentare, dunque di applicazione generale, si trova un quadro istituzionale per la cooperazione interregionale. Le euroregioni esistono, centinaia di accordi interregionali, relativi all'organizzazione di territori situati da una parte e dall'altra delle frontiere nazionali, sono stati conclusi, senza un autentico riconoscimento giuridico europeo o internazionale.

1.6.5. Le partecipazioni finanziarie non sono soggette ad alcuna regola, il che non facilita le eventuali complementarità e mina l'efficacia degli investimenti. Gli enti locali e regionali elaborano programmi senza conoscerne il bilancio e sono obbligati a partecipare a progetti senza essere stati coinvolti nella loro elaborazione.

Il dinamismo proprio degli enti locali e regionali nel settore dell'assetto e dello sviluppo del territorio ha fatto emergere potenzialità che non sono sfruttate razionalmente e che potrebbero esserlo grazie ad una applicazione istituzionale del principio di sussidiarietà.

2. Proposte di azioni

2.1. Osservazioni preliminari

I contributi della cooperazione interregionale all'assetto e allo sviluppo dello spazio europeo si dimostrano positivi e indispensabili per tre ragioni essenziali: efficacia e coerenza, adattamento alla globalizzazione dell'economia, coesione sociale e sicurezza delle persone.

2.1.1. La problematica dell'assetto e dello sviluppo dello spazio europeo, avviata con la politica regionale della Commissione europea, ha trovato un intermediario naturale al livello degli enti locali e regionali, grazie alle loro competenze ed esperienze ed al loro dinamismo. Si è dimostrato che in questo settore, che coinvolge, in un momento o nell'altro, i soggetti locali, era più opportuno ricercare il loro consenso in anticipo per beneficiare del loro impegno, e che, d'altra parte, dall'elaborazione di programmi coerenti conseguiva la configurazione di spazi transfrontalieri di assetto e di sviluppo.

La ricerca di soluzioni comuni a problemi comuni, che comporta degli obblighi per gli enti locali e regionali, è comunque anche una prova di efficacia e di coerenza territoriale, che deve essere loro riconosciuta sia dagli Stati che dall'Unione.

2.1.2. È d'altra parte ormai assodato che la mondializzazione dell'economia e la ricerca di una maggiore creazione di posti di lavoro esigono soluzioni territoriali: dal momento in cui un territorio si dota di strumenti di sviluppo economico quali centri di ricerca, accesso alle reti di comunicazione e di telecomunicazioni, qualificazione delle risorse umane e servizi alle imprese, diventa il più adatto ad attrarre imprese piccole e medie, sia indipendenti, sia legate a delle multinazionali che sapranno adeguare le proprie produzioni agli imperativi del mercato mondiale.

Negli ultimi anni sono emersi distretti economici funzionali, aperti al mondo ed in grado di affrontare la concorrenza mondiale, la cui prosperità si basa sull'accettazione di una certa interdipendenza al fine di procurarsi i servizi di informazione e di innovazione più efficienti.

2.1.3. Tale approccio più consensuale di assetto e di sviluppo delle potenzialità di un territorio, al servizio dei cittadini, rappresenta una garanzia di coesione sociale, di stabilità economica e di sicurezza delle persone.

2.2. Proposte specifiche relative al Comitato di sviluppo spaziale e allo Schema di sviluppo dello spazio comunitario

I risultati dei lavori dei seminari hanno ampiamente dimostrato che lo Schema di sviluppo dello spazio comunitario interessa direttamente gli enti locali e regionali.

2.2.1. Uno spazio è un bene collettivo su cui agiscono vari partner istituzionali: l'Unione, lo Stato e gli enti locali e regionali.

Ma non è sufficiente enunciarlo; occorre organizzarlo in uno spirito di partenariato e nel rispetto del principio di sussidiarietà, e arricchirlo della cooperazione interregionale, delle sue capacità di dinamismo, di efficienza, di solidarietà e di democrazia di prossimità.

Tale sistema di governo ha varie conseguenze:

- l'assetto e lo sviluppo del territorio si costruiscono a partire dal livello inferiore a quello statale, è l'approccio «bottom-up», dal basso verso l'alto;

- la moltiplicazione dei luoghi in cui i soggetti locali possono difendere i propri interessi e regolarli da soli evita il rischio di omogeneizzazione dei territori in questione, contribuisce al mantenimento della loro identità e fa emergere la coscienza di appartenere ad un progetto europeo;

- l'approccio per zone geografiche facilita la ricerca della funzionalità economica e istituzionale, esso permette di sormontare l'ostacolo delle frontiere politiche che non hanno senso in relazione all'assetto e di riuscire, a beneficio del territorio, ad integrare politiche che altrimenti potrebbero essere contraddittorie.

2.2.2. Gli enti locali e regionali, grazie alle loro cooperazioni regionali, permettono l'approfondimento delle finalità delle infrastrutture dei trasporti. Essi sono in grado di mobilitare i rappresentanti eletti delle grandi città per risolvere i loro problemi di esclusione, di inquinamento, di congestione del traffico, per ritrovare la loro funzione di dinamismo economico, e di organizzare tra le città medie una sinergia che permetta loro di attirare le imprese e, alle une come alle altre, di dislocare nelle zone rurali circostanti la propria capacità di creare posti di lavoro.

Gli enti locali e regionali, grazie alla loro competenza, alla loro responsabilità e alla loro sensibilità per l'ambiente e la protezione delle risorse naturali, sono garanti di uno sviluppo sostenibile.

2.2.3. Gli enti locali e regionali partecipano alla realizzazione della politica di assetto e sviluppo non soltanto del territorio dell'Unione ma anche di quello dei paesi che si trovano ancora all'esterno, come i paesi dell'Europa continentale e orientale, gli Stati baltici, quelli dell'ex Unione Sovietica e i paesi terzi mediterranei.

2.2.4. Gli enti locali e regionali sono così portatori della concezione di un assetto territoriale che oltrepassa le frontiere nazionali per ragioni di coerenza territoriale, di efficacia e di redditività degli investimenti materiali e umani.

Gli enti locali e regionali dovrebbero avere inoltre la possibilità di partecipare ai lavori preparatori a livello nazionale.

In tali condizioni appare necessario che il Comitato delle regioni, rappresentante degli enti regionali, sia consultato e invitato a partecipare alle riunioni informali dei ministri competenti per l'assetto territoriale, nel quadro della preparazione dello Schema di sviluppo dello spazio comunitario.

Non farlo vorrebbe dire privarsi di un apporto qualitativo e umano insostituibile e considerare irrilevanti le centinaia di cooperazioni interregionali che hanno dato prova della propria efficacia in materia di assetto e sviluppo.

2.3. In relazione alla Conferenza intergovernativa

Tutti gli osservatori concordano nel dire che i lavori della Conferenza intergovernativa avanzano troppo lentamente, ed esprimono il timore che tali lavori producano un progetto di riforma minimalista, che faccia correre dei rischi di diluizione all'Unione europea quando essa conterà una ventina di membri.

2.3.1. Le previste campagne di comunicazione dirette ai cittadini, la cui utilità è incontestabile, non saranno sufficienti per ovviare al deficit di legittimità e di trasparenza delle istituzioni europee. Occorre inoltre avviare una riflessione prospettiva sulla realizzazione di una democrazia rappresentativa, economica e politica, su scala comunitaria.

A tal fine occorre garantire il diritto dei cittadini europei di gestire una parte sostanziale degli affari pubblici attraverso le assemblee elettive e gli esecutivi forniti di nuove competenze a livello locale e regionale. Grazie alla loro intermediazione sarà assicurata la partecipazione dei cittadini all'elaborazione e all'attuazione delle politiche comunitarie, e più specificamente di quelle che riguardano l'assetto e lo sviluppo del territorio comunitario.

2.3.2. Per tale ragione si suggerisce che venga precisato nel Trattato che la strategia di assetto del territorio rientra nelle competenze comunitarie, che sia introdotta la nozione di coesione territoriale e che sia completato come segue l'articolo 130 A: «.... e a incoraggiare, con le proprie azioni, la cooperazione interregionale, transfrontaliera e transnazionale degli enti locali e regionali». Dovrà essere inoltre prevista la creazione di uno strumento giuridico comunitario che ufficializzi e favorisca la cooperazione interregionale.

2.3.3. Il Comitato delle regioni, nell'ambito del riconoscimento della sua autonomia di funzionamento e dell'estensione delle sue competenze consultive, dovrà essere il partner della Commissione e del Consiglio e il garante del riconoscimento della partecipazione degli enti locali e regionali al processo di assetto e sviluppo del territorio, a livello della loro elaborazione, attuazione e valutazione.

2.3.4. I patti territoriali per l'occupazione illustrano concretamente i vantaggi derivanti dalla partecipazione degli enti locali e regionali alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione.

2.3.5. Le istituzioni dell'Unione non possono ignorare che il deficit democratico dell'Unione stessa non sarà annullato se non quando i rappresentanti più prossimi ai cittadini saranno riconosciuti come suoi partner attivi e responsabili.

Come ha detto Jean Monnet: «Lo scopo dell'Unione europea è unire degli uomini e non coalizzare degli Stati».

2.4. In relazione al Parlamento europeo

2.4.1. Il deficit democratico che ancora caratterizza il sistema decisionale dell'Unione europea può essere ridotto grazie ad una migliore collaborazione istituzionale tra il Parlamento europeo e il Comitato delle regioni.

2.4.2. Il Comitato ritiene necessario che il Parlamento europeo, allo stesso titolo della Commissione e del Consiglio, possa consultarlo in merito ad argomenti che esso considera essenziali per le regioni e gli enti locali, così come è stato richiesto nella relazione del Parlamento europeo sulla riforma istituzionale.

2.4.3. Sembra infine auspicabile un ravvicinamento delle Commissioni di lavoro del Comitato delle regioni e del Parlamento europeo, onde permettere loro, quando si occupano di questioni relative alle politiche settoriali comunitarie, o di politiche più specificamente applicabili alle regioni e agli enti locali, di partecipare all'elaborazione di una legislazione europea che tenga conto delle esigenze dei cittadini e delle specificità dei territori implicati.

2.5. In relazione alla Commissione europea

La Commissione europea è stata presente a tutti i seminari. Essa ha auspicato che le opzioni prescelte nel corso degli incontri con gli enti locali e regionali siano prese in considerazione e articolate con le regole che disciplinano gli aiuti dell'Unione.

Essa non esclude una modifica delle modalità di emissione di pareri sui fondi strutturali. È decisa ad elaborare delle formule che permettano agli enti locali e regionali di partecipare alla strategia di assetto e di sviluppo dello spazio europeo.

2.5.1. A proposito delle politiche comunitarie di settore

Gli enti locali e regionali stabiliscono il principio che ogni politica settoriale debba essere esaminata dal punto di vista del suo impatto sull'assetto territoriale, in base al principio dello sviluppo integrato e della coesione territoriale.

Per esempio, per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto o delle telecomunicazioni, occorrerà cercare la loro articolazione con le reti secondarie e il loro contributo alle economie locali; la politica ambientale, l'inquinamento, le inondazioni o la siccità, che non conoscono frontiere, sono questioni che vanno risolte tenendo conto dei loro effetti sull'assetto del territorio in questione.

L'evoluzione della politica agricola comune deve tenere in considerazione la cura dei terreni agricoli, dare maggior rilievo ai microequilibri ecologici, in particolare, ma non esclusivamente, in montagna e nelle zone litoranee. Per quanto riguarda l'occupazione e la formazione professionale, che dipendono sempre più dalla capacità d'attrazione dei territori e dalle operazioni condotte dai soggetti locali, la politica comunitaria deve intervenire soltanto a sostegno degli enti locali e regionali, da soli o associati. Infine, come è affermato nel parere del Comitato delle regioni sul tema «Europa 2000+» le «isole di ricerca», che sono poco numerose sul territorio europeo devono, in via prioritaria, non solo svilupparsi ma anche offrire la propria collaborazione ai centri di importanza minore, al fine di ottimizzare le capacità di innovazione dei territori isolati o periferici dell'Unione.

Ogni azione nell'ambito delle politiche comunitarie deve essere esaminata sulla base dei suoi effetti sull'assetto territoriale. Il Comitato, nei suoi pareri, esamina da questo punto di vista i documenti che gli vengono sottoposti. Gli enti locali e regionali auspicano che la Commissione adotti questa pratica in modo sistematico.

2.5.2. A proposito dei fondi strutturali

Le riforme del 1989 e del 1993 hanno dato avvio alla ricerca di una maggiore coerenza dei programmi e alla loro valutazione in base agli effetti sulle regioni beneficiarie.

Gli insegnamenti tratti dalla cooperazione interregionale inducono gli enti locali e regionali a proporre di avanzare in tale direzione.

Dal momento che gli enti locali e regionali sono raggruppati per zone funzionali di assetto e sviluppo, l'Unione e gli Stati membri devono riconoscere la necessità di rispettare la problematica di ogni zona presa globalmente, come definita dalle strutture interregionali, di accettare le priorità stabilite da tali strutture e elaborare un programma di sviluppo benefico per l'intera zona, nonché i bilanci e la ripartizione delle somme contributive. In tale modo la maggior parte delle cooperazioni interregionali vi saranno integrate. Tale sviluppo per zone consentirebbe inoltre di tendere ad uno sviluppo più equilibrato e policentrico dei grandi complessi di dimensione europea.

Tale proposta di principio comporta alcune modifiche delle regole di ammissibilità ai benefici dei fondi strutturali:

- revisione, in direzione dell'unificazione, degli obiettivi dei fondi strutturali, dato che una zona di intervento può comportare differenti obiettivi;

- creazione di un nuovo criterio preferenziale legato alla cooperazione interregionale;

- considerazione delle cooperazioni interregionali quando esse concorrono all'obiettivo del programma globale;

- criteri specifici di ammissione ai benefici per gli enti locali e regionali frontalieri dei paesi dell'Europa centrorientale.

L'applicazione di tali nuovi criteri non provoca di per sé un aumento significativo del ricorso all'aiuto finanziario dei fondi strutturali, se si fa riferimento, in particolare, all'efficacia delle azioni regionali e interregionali. Inversamente, le zone di intervento rischiano di essere più estese di quanto siano adesso, con un conseguente aumento del numero di progetti ammessi ai benefici.

2.5.3. A proposito di Interreg II C

Nel parere del 21 luglio 1995 su «Europa 2000+» il Comitato auspicava un'iniziativa comunitaria destinata a permettere la realizzazione di progetti di assetto interregionali e transnazionali. In tal modo veniva previsto un ruolo maggiore degli enti locali e regionali nella strategia di assetto del territorio europeo.

Nella comunicazione del 10 luglio 1996 sull'iniziativa Interreg, la Commissione precisa che gli Stati membri e gli enti locali e regionali presentano una strategia concertata al livello dello spazio in questione, ogni programma operativo sarà realizzato da una struttura comune di gestione, sarà data priorità alle proposte fatte in cooperazione con gli enti locali e regionali. I territori soggetti ad essere ammessi ai benefici non sono strettamente definiti in rapporto agli obiettivi dei fondi strutturali, ma per la loro appartenenza ad una zona riconosciuta ... attraverso Phare e Tacis, i paesi terzi possono essere associati, all'iniziativa saranno destinati 120 milioni di ECU in tre anni.

Rispetto a quanto fatto finora, i programmi Phare e Tacis dovrebbero essere legati più strettamente al programma Interreg, affinché i progetti Interreg concordati con i paesi terzi possano essere attuati in linea con gli obiettivi del programma. Occorrerebbe inoltre ampliare il potere decisionale di cui dispongono gli enti locali e regionali dei paesi terzi nel selezionare i progetti Phare e Tacis.

L'annunzio e le modalità di attuazione dell'iniziativa Interreg II C, che corrispondeva alle loro aspettative, ha fornito agli enti locali e regionali l'occasione di esprimere le loro preoccupazioni e di formulare degli auspici sotto forma di raccomandazioni.

2.5.3.1. La suddivisione in zone definita da Europa 2000+, anche se formalmente non comprende i paesi che non sono membri dell'Unione europea, è stata considerata nei seminari come una base appropriata per la cooperazione interregionale. L'applicazione di una differente suddivisione in zone per il programma sperimentale Interreg II C ha generato timori di una perturbazione e di una diluizione degli sforzi già effettuati dalle regioni e dagli enti locali interessati.

Le regioni mediterranee in particolare si preoccupano per la sparizione di uno spazio pilota unico per il Mediterraneo.

La divisione proposta tende ad isolare, frammentare e marginalizzare tale spazio ponendosi in contraddizione con la volontà, più volte ribadita dagli Stati membri e delle istituzioni europee, di attuare una nuova politica mediterranea che sia sensibile alle reali esigenze del bacino:

- Gli stanziamenti assegnati a Interreg II C, sia pur integrati da quelli dell'articolo 10 del FESR, non permettono di lanciare programmi operativi dimostrativi e di ampia portata. Tale insufficienza è tanto più sensibile perché la ripartizione delle dotazioni effettuata al livello degli Stati non è stata oggetto di una ridistribuzione e gli Stati non hanno preso alcun impegno finanziario per quanto li riguarda.

- Il coordinamento Stato/regioni non ha mantenuto, salvo alcune eccezioni, le promesse formulate nella comunicazione della Commissione. Gli enti locali e regionali non sono stati realmente consultati in anticipo. Non sono stati forniti loro gli elementi di base, in particolare finanziari, per poter determinare la o le priorità essenziali e per costruire un programma di insieme per la zona alla quale appartengono. Per esempio, non si è tenuto conto dei lavori preliminari effettuati dalle regioni sullo spazio pilota mediterraneo.

2.5.3.2. Per assicurare la riuscita del programma sperimentale Interreg II C e nella misura in cui non sarà riutilizzata la suddivisione in zone di Europa 2000+, le modifiche apportate dovrebbero essere avallate dagli enti locali e regionali interessati.

Senza sottovalutare l'obbligo, cui è tenuta, di rispettare i poteri dei governi nazionali, la Commissione poteva e può ancora articolare meglio i caratteri transnazionali e interregionali di Interreg II C, il che imporrebbe agli Stati l'organizzazione di un nuovo tipo di partenariato tra essi e con gli enti locali e regionali, e di negoziazione per determinare gli assi prioritari di assetto, ripartire i contributi finanziari, elaborare i programmi e creare l'organo di attuazione e di controllo.

La Commissione poteva e può ancora esigere che venga prima creata una struttura comune, con rappresentanti dei poteri nazionali, regionali e locali degli Stati della zona di intervento, come quella creata dagli Stati membri e dalle regioni interessate per gestire Interreg II C Mare del Nord. Tale struttura dovrebbe basarsi sulle esperienze riuscite in tale settore, effettuate dalle regioni e dalla Commissione europea nel corso del periodo precedente.

A tale proposito, e segnatamente per assicurarsi del rispetto del criterio riguardante la priorità da dare alle proposte fatte in collaborazione con gli enti territoriali, il Comitato chiede che rappresentanti degli enti regionali e locali possano partecipare alla selezione dei progetti in qualità di membri dei comitati di gestione e di controllo esistenti nelle varie regioni. Si riserva per parte sua, d'essere consultato nella fase finale di assunzione della decisione comunitaria.

Occorre inoltre prevedere misure che consentano di prendere in considerazione progetti di collaborazione tra le macroregioni di Interreg II C. Ciò è di particolare importanza per lo sviluppo di corridoi di trasporti e comunicazioni volti a rafforzare i collegamenti tra le regioni periferiche dell'UE e quelle centrali.

2.5.3.3. Per gli enti locali e regionali l'obiettivo di Interreg II C è di dimostrare che una strategia di assetto e di sviluppo del territorio europeo con la partecipazione attiva degli altri enti territoriali e in condizioni di parità con essi dà risultati migliori dal punto di vista dell'impiego dello spazio e delle risorse umane, della crescita economica e occupazionale, della coesione sociale e territoriale.

L'efficacia delle cooperazioni, che ne rappresentano la prima dimostrazione, fa pensare agli enti locali e regionali che se il programma Interreg II C fornisce loro lealmente l'occasione, la riuscita di Interreg II C confermerà definitivamente il loro ruolo nella strategia europea dell'assetto del territorio.

Come ha affermato il Commissario Wulf-Mathies al seminario del 3 e 4 luglio 1996 su Interreg II C, occorre una chiara divisione dei compiti tra la Commissione, gli Stati membri e gli enti locali, in uno spirito di partenariato e nel rispetto del principio di sussidiarietà, essenziale nel settore dell'assetto del territorio.

Bruxelles, 15 gennaio 1997.

Il Presidente del Comitato delle regioni

Pasqual MARAGALL i MIRA

() GU n. C 100 del 2. 4. 1996, pag. 65.

() Discarding a TABLE

>SPAZIO PER TABELLA>

ALLEGATO

Resoconto dei lavori dei seminari

I lavori di ciascuno dei seminari hanno messo in evidenza la ricchezza e l'efficacia delle cooperazioni interregionali. Le cooperazioni presentate evidenziano la capacità degli enti locali e regionali di rispondere alle esigenze dei cittadini e di partecipare all'assetto e allo sviluppo dello spazio europeo.

1. L'arco alpino

1.1. L'arco alpino è uno spazio che conta 70 milioni di abitanti con un elevato tenore di vita, caratterizzato da una tradizione di cooperazione interregionale, transfrontaliera e transnazionale che è dovuta alla sua posizione, insieme centrale e frontaliera nell'Unione europea. Tali cooperazioni, animate da 26 regioni e 6 paesi, tra cui la Svizzera e il Liechtenstein, hanno rappresentato la risposta a problemi che oltrepassavano le frontiere politiche.

1.2. L'arco alpino dispone di un certo numero di elementi di forza:

- è uno spazio ricco sotto il profilo culturale, essendo il punto di incontro della cultura germanica, di quella latina e di quella slava;

- le reti fitte e moderne di trasporti e comunicazioni svolgono un ruolo determinante per la libera circolazione di beni, persone, capitali e servizi sull'intero territorio europeo;

- si tratta di uno spazio privilegiato, di alta qualità, sia per la vita dei suoi abitanti che in termini di immagine;

- il potenziale e le dinamiche economiche, tecnologiche e scientifiche fanno di questa zona uno dei sistemi trainanti dell'Europa sotto il profilo dell'innovazione e della competitività.

1.3. L'arco alpino è alle prese con le difficoltà dovute alla sua diversità geografica e frontaliera, perché tocca il Mediterraneo, il bacino renano e quello danubiano:

- la presenza di numerose «città-capitali» causa una forte attrazione urbana che contribuisce alla loro congestione e allo spopolamento delle campagne e delle zone montane;

- talune zone circostanti le Alpi sono pericolosamente isolate;

- la congestione delle città e delle infrastrutture è dovuta all'intensificarsi dei traffici, che devono essere regolarizzati con l'accesso delle regioni dell'arco alpino alle grandi reti di infrastrutture, la definizione di nuovi corridoi di trasporti e la creazione di trasporti multimodali;

- una particolare vulnerabilità dello spazio, connessa al richiamo, specialmente turistico, delle zone montane e alla densità urbana nelle valli, comporta una minaccia per le risorse idriche;

- l'aumento della concorrenza per taluni prodotti turistici impone una politica di etichettatura comune alle regioni della zona;

- il fenomeno dello spopolamento minaccia l'equilibrio ecologico delle zone di montagna, strettamente connesso al dinamismo dell'agricoltura tradizionale dell'alpeggio.

1.4. Gli enti locali e regionali sono portatori di un'esperienza esemplare in materia di cooperazione sui problemi comuni con cui sono confrontati ed hanno formulato l'auspicio che queste iniziative, di cui sono i principali animatori, siano sostenute a livello europeo.

- La Comunità di lavoro delle Alpi - Adriatico (ALPEN-ADRIA) comprende 22 regioni di Italia, Germania, Austria e Slovenia. La sua attività principale consiste nel coordinare e trattare insieme le questioni di interesse per i suoi membri. In materia di trasporti, essa si è occupata del tracciato delle vie di trasporto transalpine e del traffico portuale sui principali fiumi della zona. Essa svolge inoltre una riflessione su altre questioni, come la produzione e la distribuzione di energia, la gestione delle risorse idriche e la tutela dell'ambiente, l'agricoltura, l'assetto del territorio, la cultura e la ricerca/tecnologia.

- La Comunità di lavoro delle regioni alpine (ARGE-ALP) raggruppa 11 regioni e cantoni di Svizzera, Germania e Austria. Essa sviluppa iniziative comuni in materia di cultura, economia, ecologia e protezione dell'ambiente. Attualmente essa lavora all'elaborazione di un piano di massima per lo sviluppo e la tutela della regione alpina.

- La Comunità di lavoro delle Alpi occidentali (COTRAO) riunisce 8 regioni e cantoni di Svizzera, Francia e Italia. Il suo compito principale consiste nell'identificare i problemi comuni dei suoi membri in settori quali la ricerca/tecnologia, l'economia, il turismo o la cultura, e nel coordinare le soluzioni apportate da ciascuno. L'obiettivo è di fare in modo che le Alpi rimangano per i loro abitanti uno spazio di vita, di lavoro e di svago di qualità.

- La Comunità di lavoro del GIURA comprende quattro cantoni svizzeri e la regione della Franca Contea. Il suo compito è quello di favorire la cooperazione transfrontaliera per promuovere uno sviluppo e un assetto concertati e convergenti dell'area del Giura. È in corso l'elaborazione di uno schema dell'area del Giura per il 2005.

1.5. Gli enti locali e regionali dell'arco alpino hanno chiesto che l'Unione europea riconosca la specificità di tale regione.

Essi pertanto propongono:

- che la problematica dell'arco alpino sia inserita, sotto il profilo dell'assetto del territorio, nell'attuazione delle politiche comunitarie e che

- l'elaborazione, a livello europeo e in associazione con i poteri locali e regionali, di uno schema strategico per lo sviluppo dell'arco alpino, che serva da quadro di riferimento e da sostegno per le cooperazioni realizzate nella zona.

Essi desiderano:

- partecipare alla definizione delle zone, dei criteri di selezione, dei bilanci e dei dispositivi di aiuti che vengono loro applicati nell'ambito delle politiche comunitarie e in particolare dei fondi strutturali;

- contribuire all'elaborazione dello Schema di sviluppo dello spazio comunitario (SDEC) e partecipare alla definizione di incentivi alla cooperazione interregionale, transfrontaliera e transnazionale a livello europeo, a partire dalla valutazione dell'attuazione della nuova iniziativa comunitaria Interreg II C.

2. Bacino mediterraneo, arco latino e Mediterraneo centrale

2.1. La zona mediterranea costituisce uno spazio estremamente diversificato che si estende su quattro paesi dell'Unione europea e due distinti sottoinsiemi geografici, l'arco latino e il Mediterraneo centrale. Malgrado i suoi numerosi punti forti, si tratta di una regione che rischia una rottura con il resto dell'Europa, nonostante gli sforzi che l'Unione europea, in particolare attraverso i fondi strutturali, dispiega per il suo sviluppo.

2.2. Le otto regioni continentali, le isole Baleari, la Corsica e la Sardegna per l'arco latino e le sette regioni e isole greche e italiane per il Mediterraneo centrale, che compongono la zona, hanno sviluppato negli ultimi anni, sulla base dei dispositivi comunitari di sostegno, cooperazioni interregionali e transfrontaliere tra loro, e prevedono di sviluppare scambi con i paesi del Mediterraneo meridionale.

2.3. Il Mediterraneo presenta forti potenzialità, legate alla sua storia, alla sua cultura e alla sua civiltà:

- Questa parte d'Europa, grazie al patrimonio culturale archeologico e architettonico esistente in tutte le sue regioni, presenta importanti opportunità per gli scambi culturali e lo sviluppo del turismo.

- L'ambiente naturale dello spazio mediterraneo, con la sua varietà di paesaggi, mare, isole, montagne, è eccezionale.

- Un'agricoltura tradizionale tipica e prodotti regionali di qualità contribuiscono all'immagine positiva di quest'area.

- Le vie di comunicazione e la diversità dei modi di trasporto facilitano gli scambi di merci e di persone.

- Lo sviluppo di poli scientifici e tecnici contribuisce alla realizzazione di un tessuto industriale di qualità e alla valorizzazione della produzione delle piccole e medie industrie e delle piccole e medie imprese.

2.4. Parallelamente, gli enti locali e regionali devono far fronte a varie sfide:

- Lo sviluppo di città di media grandezza, e più in generale la realizzazione di un tessuto urbano intermedio, devono contribuire ad attenuare gli squilibri demografici, di congestione e di sviluppo economico tra le zone litoranee e quelle interne.

- Occorre riorganizzare la ripartizione e il peso di ciascun modo di trasporto in base all'analisi dei punti di congestione e delle nuove esigenze. Il trasporto marittimo, il più adatto a favorire un contatto integrato euromediterraneo, deve essere rafforzato mettendo in circolazione imbarcazioni ad alta velocità e sviluppando nei vari porti un sistema di informazione comune. Il trasporto aereo dev'essere orientato verso il collegamento est-ovest attraverso il Mediterraneo per rispondere all'apertura dei mercati alle nuove compagnie e alla creazione di aeroporti regionali. Occorre infine sviluppare le vie di comunicazione su strada e per ferrovia realizzando reti supplementari, principali e di grandezza intermedia.

- Il collegamento in rete dei poli tecnologici e scientifici, collegati a loro volta alle piccole e medie industrie e piccole e medie imprese vicine, deve contribuire ad una migliore ripartizione delle conoscenze tecniche e al monitoraggio tecnologico nell'Europa meridionale.

- Le opportunità offerte dalle nuove tecniche di informazione e di comunicazione devono essere utilizzate per rompere l'isolamento delle zone periferiche, come le isole, e sviluppare nuovi strumenti per la gestione dei problemi ambientali (incendi, inquinamento), per un migliore sfruttamento delle potenzialità economiche e per aumentare la sicurezza nel settore dei trasporti.

2.5. Gli enti locali e regionali sono consapevoli del ruolo che devono svolgere nello sviluppo economico del bacino mediterraneo. Per tale ragione sono decisi a realizzare insieme delle iniziative di cooperazione, in particolare con il sostegno dell'Unione europea:

- La Corsica e la Sardegna sperimentano insieme per la seconda volta il programma di cooperazione transfrontaliera Interreg. Tale dispositivo ha permesso alle due isole di avviare azioni comuni intese a valorizzare e proteggere il loro patrimonio naturale, in particolare le bocche di Bonifacio, a sviluppare contatti scientifici di alto livello sul tema del mare e a realizzare degli scambi di studenti.

- Il programma Interreg ha permesso alle città di Bastia e di Livorno di ristabilire contatti tra due amministrazioni locali molto interessate agli scambi di esperienze in materia di politica urbana, di turismo, cultura e trasporti.

- Il programma comunitario MED, finalizzato alla creazione di cooperazioni decentrate tra l'Unione europea e i paesi mediterranei, è all'origine della creazione, nel dicembre 1995, del centro euromediterraneo per l'ambiente (CREA), il cui compito principale è quello di riflettere sull'impiego delle risorse, le biotecnologie, le tecnologie pulite, il turismo e i cambiamenti climatici.

- Infine, e indipendentemente dai dispositivi comunitari, la Corsica, la Sardegna e le Baleari hanno deciso di associarsi creando, il 21 marzo 1996, l'IMEDOC, che riunisce le isole del Mediterraneo occidentale. Il loro obiettivo è sviluppare dei rapporti di cooperazione in merito ai problemi dell'insularità, del turismo, dell'ambiente, dell'economia e dello sviluppo rurale, e di presentare progetti comuni alle istituzioni comunitarie.

- Gli enti locali e regionali si compiacciono della promozione, da parte dell'Unione europea, di uno spazio economico euromediterraneo, e desiderano partecipare attivamente alla sua realizzazione, che deve fare da contrappunto alle azioni condotte a favore dei paesi dell'Europa centrorientale.

- Essi forniscono il proprio sostegno all'attuazione di nuovi strumenti comunitari che, attraverso l'applicazione del principio di sussidiarietà, possono facilitare la cooperazione decentrata, interregionale e transfrontaliera, come il programma MEDA, il programma Ecos-Ouverture, Interreg II C o l'articolo 10 del FESR.

- Sono consapevoli del fatto che la loro partecipazione a questo processo deve permettere di ravvicinare dei popoli e contribuirà a garantire la pace e la prosperità dell'intero bacino mediterraneo.

3. Europa centrale. Zona frontaliera est - ovest

3.1. La zona frontaliera est - ovest comprende 14 Stati limitrofi delle frontiere esterne dell'Unione, dal Baltico al Mediterraneo. Questo spazio di frontiera molto esteso costituisce il punto di contatto dell'Unione europea con un gran numero di paesi candidati. Ogni giorno, attraverso tale frontiera ormai permeabile, si stabiliscono contatti tra cittadini, associazioni, centri di istruzione, comuni e regioni.

3.2. Si tratta di una zona geografica che, grazie al proprio passato economico, possiede grandi potenzialità e può divenire un dinamico punto di scambio nel cuore di un'Unione europea ampliata. Il patrimonio culturale è stato preservato, l'apprendistato dei nuovi elementi essenziali della crescita economica si realizza poco a poco grazie alle cooperazioni di ogni tipo che si sono sviluppate, in particolare con il sostegno dei programmi Phare, Interreg e Tacis. Ciò è avvenuto nonostante le differenze statutarie e amministrative tra gli enti locali e regionali siti dall'una e dall'altra parte della frontiera, e nonostante la limitatezza dei bilanci.

3.3. Tra queste cooperazioni multiple e multiformi, si possono citare quelle che esistono con l'Ungheria, in particolare nel quadro del gruppo di lavoro ALP-ADRIA; le iniziative locali condotte tra la Boemia, la Baviera e l'Austria, che si traducono in progetti comuni in campo economico, turistico, culturale, di apprendimento delle lingue e di scambio di giovani.

I poteri locali e regionali della Finlandia hanno sviluppato legami di cooperazione non soltanto con i loro omologhi degli Stati baltici, ma anche con la Repubblica ceca. Tali scambi riguardano principalmente lo sviluppo di centri di ricerca e di università e l'attuazione di programmi di formazione.

Nella Repubblica ceca, la cooperazione riguarda il miglioramento delle infrastrutture stradali e le attrezzature turistiche e culturali.

3.4. Gli enti locali e regionali di questa zona sono consapevoli di essere gli artefici responsabili dell'integrazione rapida e durevole nell'Unione europea dei paesi dell'Europa centrale. Questa Europa allargata sarà costruita soprattutto grazie alle regioni, poiché esse sono elementi della costruzione e punti di collegamento decisivi per il processo di integrazione. È compito dell'Unione stabilire un calendario preciso e definitivo per il proprio ampliamento, tenendo conto degli interessi delle regioni frontaliere.

3.5. La cooperazione transfrontaliera tra gli enti locali e regionali dell'est e quelli dell'ovest permette in primo luogo di rispondere alle esigenze immediate dei cittadini, nel settore della formazione, della ricerca, della cultura e dell'insegnamento delle lingue. Essa può inoltre riguardare la sicurezza delle persone e dei beni.

La cooperazione transfrontaliera è anche una delle basi dell'assetto dello spazio. Gli enti locali e regionali, che hanno ed assumono la responsabilità della cooperazione transfrontaliera, costruiscono l'Europa dal basso verso l'alto, ossia secondo un approccio «bottom up». Le loro iniziative sono adattate alle varie situazioni regionali e locali: esse garantiscono così uno sviluppo equilibrato nel rispetto del principio di sussidiarietà.

È per questo che tanto gli Stati quanto l'Unione devono prendere in considerazione gli obiettivi stabiliti a livello regionale e impegnarsi in modo vincolante a tener conto degli aspetti di importanza transfrontaliera dell'assetto territoriale.

Per quanto riguarda l'ambiente, gli enti locali e regionali sono particolarmente attenti alla conservazione e anche al ristabilimento dell'equilibrio ecologico, a uno sfruttamento delle risorse naturali compatibile con tale equilibrio e alla valorizzazione dei siti. Ogni progetto viene studiato in funzione del pregiudizio che può arrecare al territorio interessato o ad uno limitrofo.

Per recuperare i ritardi di sviluppo economico, tecnico e commerciale, occorre fare degli sforzi a livello dell'Unione e degli Stati, secondo gli orientamenti raccomandati dagli enti locali e regionali della zona in questione: creazione di infrastrutture efficienti, reti di comunicazione, di energia e di telecomunicazioni per raccordare tale spazio ai grandi assi europei; sviluppo di istituti di ricerca per creare nuovi settori di attività ed esplorare nuovi mercati; misure compensative per le regioni situate da una parte e dall'altra della frontiera.

Occorre dedicare un'attenzione particolare allo sviluppo dell'agricoltura, per la quale è urgente costruire un mercato interno.

L'obiettivo finale di tale spazio di frontiera è quello di divenire il punto nodale degli scambi culturali, industriali e commerciali tra l'est e l'ovest, e non meramente una regione di passaggio.

Per far fronte a tutte queste sfide è essenziale la cooperazione transfrontaliera. Il sostegno fornito a tale cooperazione dai programmi Interreg, Phare e Tacis dev'essere ampliato e semplificato. La protezione commerciale dei prodotti comunitari nel quadro della riforma della PAC e degli accordi del GATT deve essere riconosciuta non appena possibile ai paesi dell'Europa centrorientale.

Forti delle proprie azioni e responsabilità, gli enti locali e regionali della zona chiedono con insistenza alla Conferenza intergovernativa di elaborare delle riforme istituzionali prima dell'ampliamento dell'Unione, agli organi comunitari di accelerare il processo di adesione dei paesi dell'Europa centrorientale, al Comitato delle regioni di difendere gli interessi degli enti locali e regionali delle zone in questione e agli Stati e all'Unione di riconoscere giuridicamente e favorire con aiuti specifici la cooperazione transfrontaliera.

4. Centro delle capitali

4.1. La zona del Centro delle capitali comprende il 25 % della popolazione dell'Unione e il 30 % del suo prodotto interno lordo, il che ne fa uno dei principali poli di sviluppo in Europa.

4.2. Gli enti locali e regionali del Centro delle capitali, e in particolare le grandi metropoli, dopo essere stati la culla della Rivoluzione industriale, ospitano oggi i centri decisionali della ricerca, dell'innovazione e dei servizi finanziari e bancari, nonché le sedi delle grandi imprese e delle istituzioni europee e mondiali:

- L'accelerazione del progresso tecnico nelle reti delle infrastrutture, nelle vie di comunicazione e di telecomunicazione, e nei trasporti (TGV, autostrade, tunnel sotto la Manica, grandi porti, aeroporti internazionali, trasporti attraverso la Manica) hanno consentito il ravvicinamento dei grandi centri decisionali, lo sviluppo degli scambi economici e una maggiore mobilità dei cittadini in funzione delle opportunità residenziali o di lavoro.

- Il ricco passato storico comune agli enti locali e regionali di questo spazio geografico conferisce loro un'identità che essi valorizzano preservando un patrimonio naturale e culturale di qualità.

4.3. Le numerose cooperazioni interregionali e transfrontaliere che gli enti locali e regionali hanno saputo sviluppare tenendo conto della dimensione europea dei problemi e delle prospettive, fanno di tale zona un laboratorio unico in Europa per quanto riguarda l'assetto del territorio:

- Tra il Land Renania settentrionale - Vestfalia, il Belgio e l'Olanda, le cooperazioni transfrontaliere sono sviluppate sia dalle regioni sia dai comuni con il sostegno dell'Unione europea. Attualmente gli scambi si sono concentrati su una armonizzazione delle norme giuridiche e amministrative in grado di eliminare l'ostacolo della frontiera, e sull'organizzazione di servizi, infrastrutture e vie di comunicazione comuni. Il programma comunitario Interreg ha permesso alle città di Maastricht, Aquisgrana e Liegi di avviare uno schema comune di pianificazione. Infine, è in corso di elaborazione un progetto di cooperazione tra gli enti locali e regionali di Germania, Francia, Olanda, Lussemburgo e Belgio nel settore della formazione professionale, che si avvale delle nuove tecniche di informazione e di comunicazione.

- Cinque regioni di Belgio, Francia e Regno Unito, che rappresentano 16 milioni di abitanti, hanno deciso di unire i loro sforzi, formando una euroregione su un territorio sito al crocevia dell'Europa. Le regioni Bruxelles-Capitale, Fiandre, Vallonia, Nord-Pas-de-Calais e Kent, aspirando a stimolare l'economia e a rinsaldare i legami economici e sociali, realizzano progetti comuni di cooperazione nei settori dell'economia, della ricerca, del turismo, della formazione, dello scambio di personale e dell'assetto del territorio. Tale cooperazione ha ricevuto il sostegno della Commissione europea per il suo ruolo esemplare in materia di integrazione territoriale.

- Più a est, il programma comunitario Interreg è alla base della formazione dell'euroregione SAR-LOR-LUX. Grazie alla definizione di orientamenti comuni di sviluppo, la Saar, la Lorena e il Lussemburgo operano per creare un'autentica zona di sviluppo. Le iniziative comuni riguardano l'ammodernamento delle infrastrutture, la riconversione industriale del tessuto economico, in particolare grazie all'elaborazione di uno schema direttivo per il bacino carbonifero, l'eliminazione dei rifiuti, una migliore ripartizione delle infrastrutture, la promozione del bilinguismo e la creazione di una carta delle università.

4.4. Gli enti locali e regionali della zona geografica Centro delle capitali sanno di dover far fronte ad alcune sfide comuni:

- Il collegamento in rete dei centri di ricerca, delle università e delle piccole e medie industrie e piccole e medie imprese e l'avvio di un monitoraggio tecnologico devono permettere di riunire meglio i punti di forza degli enti locali e regionali confrontati alla riconversione industriale e all'internazionalizzazione dei mercati.

- La riorganizzazione delle infrastrutture di comunicazione, dell'energia e dei trasporti deve condurre ad una migliore ripartizione territoriale delle attrezzature ed a un maggiore equilibrio nell'impiego delle risorse energetiche e dei trasporti, che devono essere combinate e complementari (strade, autostrade, porti, aeroporti, vie fluviali e marittime) nel rispetto dell'ambiente.

- Una politica urbana equilibrata e adattata alle esigenze locali deve permettere agli enti locali e regionali del Centro delle capitali di risolvere i problemi di esclusione, di criminalità, di congestione, di inquinamento e di invecchiamento dei centri urbani, e di attuare misure di riequilibrio territoriale tra gli spazi urbani e quelli rurali. Il collegamento in rete delle grandi metropoli deve contribuire, grazie a scambi di esperienze, alla definizione e alla diffusione di prassi ottimali nel settore. Il riequilibrio territoriale della zona geografica deve comprendere lo sviluppo di città medie, di spazi intermedi tra i grandi centri urbani e le zone rurali. Infine le aree rurali devono essere valorizzate meglio, onde por fine allo spopolamento delle campagne, alla congestione delle città e all'aumento della disoccupazione.

- L'attuazione di dispositivi comuni di sorveglianza nel settore dell'ambiente incoraggerà gli enti locali e regionali ad adottare misure efficaci per lottare contro le inondazioni delle zone fluviali e marittime e contro l'inquinamento, e a sviluppare una politica coerente di smaltimento dei rifiuti in tutta l'area geografica.

4.5. Gli enti locali e regionali ritengono che la cooperazione transfrontaliera, interregionale e transnazionale debba essere definitivamente considerata come un fattore di progresso e di sviluppo degli spazi territoriali nei quali è attuata:

- Essi chiedono pertanto che sia elaborato a livello europeo un quadro strategico di orientamento, che tenga conto delle esigenze specifiche di cooperazioni di ciascuna grande zona geografica dell'Unione, e in base al quale tali cooperazioni possano svilupparsi in maniera coerente e complementare.

- Come soggetti di tali cooperazioni, essi desiderano partecipare all'elaborazione di detto quadro di orientamento, e prevedono di istituire a tal fine una struttura comune di pilotaggio, che possa coordinare le varie cooperazioni condotte localmente e dare agli enti locali e regionali la possibilità di parlare con una sola voce.

- Essi chiedono infine che si proceda ad una riforma delle politiche comunitarie in funzione dei nuovi parametri introdotti con la nozione di coesione economica, sociale e territoriale.

5. Mare del Nord e Baltico

5.1. Gli enti locali e regionali del Mare del Nord e del Baltico si collocano su un grande insieme territoriale dell'Europa settentrionale, che va dalla Scozia alla Finlandia. È uno spazio geografico dalle grandi potenzialità, grazie alle caratteristiche comuni dei paesi che lo compongono, in particolare dopo l'ultimo ampliamento dell'Unione europea avvenuto il primo gennaio 1995, e alle prerogative degli Stati con cui confina. Esso comprende sei Stati membri dell'Unione europea; il Regno Unito, l'Olanda, il Belgio, la Germania, la Danimarca, la Svezia e la Finlandia, e uno Stato dello Spazio economico europeo, la Norvegia.

5.2. L'economia degli enti locali e regionali del Mare del Nord e del Baltico è dominata dal mare e dallo sfruttamento delle risorse energetiche:

- I grandi porti del Mare del Nord concentrano la maggior parte del traffico portuale dell'Unione europea. Dotati di infrastrutture e di attrezzature di qualità, essi partecipano all'espansione degli scambi commerciali intraeuropei e internazionali, già molto intensi in partenza da questa zona.

- Il peso della pesca e dell'acquacoltura negli enti locali e regionali del Mare del Nord e del Baltico è importante sotto il profilo dell'attività economica e sotto quello occupazionale, in particolare nelle città e nei paesi costieri della Danimarca o della Scozia.

- Le risorse energetiche degli enti locali e regionali del Mare del Nord e del Baltico rappresentano più del 50 % del fabbisogno energetico dell'Unione europea. Si tratta in particolare di petrolio, carbone e gas naturale.

- Gli enti locali e regionali del Mare del Nord e del Baltico si sono resi conto dell'importanza di fare di questo spazio geografico del nord d'Europa un polo integrato di crescita e sviluppo, in grado di controbilanciare le tendenze di sviluppo della parte sud del territorio europeo. È per questa ragione che le iniziative di cooperazione interregionale, transfrontaliera e transnazionale sono numerose in quest'area geografica. Le azioni di cooperazione con gli Stati terzi vicini sono state facilitate grazie agli accordi conclusi tra essi e l'Unione europea.

5.3. Attualmente, nell'area del Baltico, il movimento di cooperazione si traduce in 70 strutture di cooperazione, che coinvolgono sia governi nazionali che enti locali e regionali, porti o università. Al fine di sviluppare gli scambi di esperienze è stato creato un Comitato di sviluppo spaziale del Baltico. Al momento si contano 250 cooperazioni di varia importanza. Vengono affrontati tutti gli argomenti, dalla formazione musicale alle reti di distribuzione di elettricità: si tratta di un punto di partenza per dare delle soluzioni a problemi quali il traffico stradale, le risorse energetiche, i trasporti marittimi, le zone portuali, l'inquinamento delle acque, la formazione e la tecnologia. Molte di queste cooperazioni sono alle prese con ostacoli finanziari, mentre occorrerebbe svilupparle. Va osservato che questa cooperazione riceve il sostegno degli Stati: Conferenza di Tallin nel 1994 e di Kalmar nel 1996:

PER LA CONTINUAZIONE DEL TESTO VEDI SOTTO NUMERO: 596IR0340.1

- La Commissione del Mare del Nord è un'associazione di poteri locali e regionali di Regno Unito, Olanda, Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia, che rappresenta più di 40 milioni di abitanti, vale a dire il 12 % della popolazione dell'Unione europea. Essa comprende poteri regionali direttamente interessati dalla problematica del Mare del Nord. Sei gruppi di lavoro hanno elaborato una relazione intitolata «Europa 2000 - Mare del Nord» che deve fungere da quadro comune per attuare delle iniziative di sviluppo, in particolare nell'ambito dello sviluppo sostenibile e della buona gestione delle risorse.

- I programmi di cooperazione per l'assistenza tecnica presso i paesi dell'ex Unione Sovietica, Tacis, e dei paesi dell'Europa centrorientale, Phare, hanno consentito alla Polonia e alla Russia di partecipare ad una riflessione sulla creazione di corridoi chiave nella zona del Baltico. Su tale riflessione deve fondarsi le realizzazione di un sistema multinazionale di trasporti.

5.4. La creazione di un polo di sviluppo integrato per la zona del Mare del Nord e del Baltico comporta che gli enti locali e regionali, come principali animatori delle azioni di cooperazione, definiscano insieme una strategia di assetto del territorio atta a risolvere problemi comuni. L'obiettivo di principio è quello di riappropriarsi dei mari sviluppando il trasporto marittimo. Tale modo di trasporto consentirà di decongestionare strade e autostrade, di prevenire gli inquinamenti e di far uscire dall'isolamento le zone periferiche rurali e quelle poco popolate:

- La promozione del trasporto marittimo tra il Mare del Nord e il Baltico, lungo le coste e tra le isole, contribuirà a sviluppare un'attività economica più equilibrata e a intensificare legami commerciali, nonché ad aumentare la qualità dei servizi.

- Il rinnovamento delle infrastrutture portuali, in particolare con l'impiego di attrezzature informatiche, garantirà la sicurezza del traffico e la prevenzione degli inquinamenti.

- La creazione dei porti di media grandezza nelle zone periferiche e la promozione dei trasporti a corto raggio permetteranno di formare dei poli di sviluppo integrati intermediari, in grado di decongestionare i centri urbani e le vie di comunicazione continentali, e di ridurre l'isolamento delle zone periferiche.

5.5. Gli enti locali e regionali ritengono che i programmi comunitari Interreg II C e l'articolo 10 del FESR rappresentino una base operativa per l'elaborazione di una strategia di sviluppo per la zona del Mare del Nord e del Baltico.

5.6. Essi auspicano che i lavori realizzati dalle strutture di cooperazione interregionale che intervengono in tali due zone possano servire da punto di partenza per l'elaborazione di orientamenti di sviluppo.

5.7. Chiedono, in base al principio di sussidiarietà, che gli enti locali e regionali entrino a pieno titolo a far parte delle strutture di controllo e gestione che saranno create per ciascun programma.

6. L'arco atlantico

6.1. L'arco atlantico è un vasto territorio sito sul litorale occidentale del continente europeo, che si estende per più di 3000 km dalle coste scozzesi a Gibilterra.

6.2. Sebbene comprenda enti locali e regionali di paesi molto differenti, come l'Irlanda, il Regno Unito, la Francia, la Spagna e il Portogallo, l'arco atlantico presenta talune affinità, connesse alla sua posizione periferica e ad un'economia fortemente influenzata dalla componente marittima:

- L'economia dei territori degli enti locali e regionali si è sviluppata a partire dalla navigazione e dallo sfruttamento del mare. L'Europa è partita alla conquista del mondo dai porti della sua costa atlantica.

- Le numerose infrastrutture portuali consentono ancora gli scambi marittimi commerciali, in particolare intercontinentali.

- La creazione di poli tecnologici ha attirato degli investitori e ha permesso la creazione di attività terziarie, in grado di generare posti di lavoro e di diversificare il tessuto economico.

- L'ammodernamento delle infrastrutture di comunicazione ha consentito il rafforzamento dei grandi corridoi e lo sviluppo di diverse metropoli.

- Un patrimonio naturale e culturale di qualità consente uno sviluppo nel settore del turismo e della tutela dell'ambiente.

6.3. Gli enti locali e regionali dell'arco atlantico si sono ben presto resi conto dell'esigenza di cooperare tra loro per coordinare le politiche di sviluppo attuate a livello locale grazie in particolare al sostegno fornito dai fondi strutturali, e di definire gli orientamenti in grado di garantire loro una migliore integrazione nello spazio europeo.

La CRPM, la Commissione dell'arco atlantico, creata nel 1992 nell'ambito della Conferenza delle regioni periferiche marittime, ha stabilito come proprio principale obiettivo la creazione di una dinamica economica basata su una politica comune di assetto del territorio. Il programma Atlantis I, che ha ricevuto il sostegno del Parlamento europeo, definiva gli orientamenti prioritari in materia di infrastrutture marittime, aeree e stradali, di creazione di poli tecnologici, di turismo, di politica urbana e di ambiente, nonché un'azione comune di sviluppo rurale e la creazione della rete Arcantel, telematica interportuale destinata ad inserire i porti dell'arco atlantico nei circuiti commerciali internazionali.

Tra il nord del Portogallo e la Galizia si è instaurata una cooperazione specifica ed esemplare. I due enti territoriali hanno fatto leva sulle proprie affinità naturali, geografiche, culturali e linguistiche per affermare la volontà di rafforzare le rispettive economie regionali, porre fine allo spopolamento delle zone rurali e sfruttare il dinamismo delle relazioni commerciali con l'America latina. Tali relazioni sono state ufficializzate nel 1991 con la creazione di una comunità di lavoro, organismo comune il cui compito è elaborare un piano d'assetto territoriale per le due aree. Una società di capitali di rischio è stata messa a disposizione delle PMI per permettere loro di ampliare i loro mercati e di consolidare le loro produzioni.

6.4. Gli enti locali e regionali dell'arco atlantico sono consapevoli della necessità di proseguire la loro cooperazione per ridurre gli handicap che sussistono o che si evolvono:

- nuova tendenza alla perifericità, conseguente alla preparazione dell'ampliamento ad est dell'Unione;

- ripercussioni della realizzazione del mercato interno, che favorisce le economie continentali;

- accentuazione dei problemi di riconversione industriale e del declino delle attività navali, nonché dello squilibrio tra le zone urbane costiere e quelle rurali.

La scelta dell'economia marittima come asse di sviluppo sembra essere la risposta adatta alla maggior parte di questi problemi, e gli enti locali e regionali chiedono che tale asse sia integrato nella strategia di gestione dell'Unione. L'Unione deve riscoprire e utilizzare le potenzialità della propria fascia costiera occidentale. I porti dell'Atlantico devono svilupparsi, eventualmente in collegamento con uno sviluppo aeroportuale, per alleggerire il traffico nei porti del Mare del Nord e per organizzare gli sbocchi commerciali dei prodotti delle regioni continentali d'Europa. L'Oceano atlantico non è un mare chiuso, esso diventerà un elemento di sviluppo solo se le economie delle altre regioni d'Europa convergeranno verso i suoi porti. All'interno dell'arco atlantico, il rafforzamento dell'attività portuale deve permettere di collegare meglio tra loro gli enti locali e regionali per facilitare lo sviluppo integrato di ognuno di essi.

6.5. Le nuove possibilità di cooperazione interregionale devono permettere di accelerare la coesione economica e sociale della zona arco atlantico e il rovesciamento della sua situazione di dipendenza e di perifericità.

I governi nazionali devono dare il loro consenso alla cooperazione transnazionale e interregionale dell'arco atlantico. Sarà una dimostrazione di fiducia ed un'assicurazione di continuità per gli sforzi fatti e per le iniziative future degli enti territoriali.

La strategia complessiva e i programmi operativi dovranno ricevere finanziamenti maggiori ma anche più chiari e meglio pubblicizzati.

Gli enti locali e regionali dell'arco atlantico ritengono che Interreg II C sia una grande occasione politica per loro stessi e per gli Stati membri interessati, di dibattere insieme e di definire una strategia transnazionale di assetto e di sviluppo. A tal fine essi desiderano conoscere sin d'ora il bilancio prevedibile di tale programma e in particolare l'importo del contributo degli Stati.

Top