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Document 62019CJ0718
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 22 giugno 2021.
Ordre des barreaux francophones et germanophone e a. contro Conseil des ministres.
Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Articoli 20 e 21 TFUE – Direttiva 2004/38/CE – Diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – Decisione di porre fine al soggiorno dell’interessato per motivi di ordine pubblico – Misure preventive volte ad evitare qualsiasi rischio di fuga dell’interessato durante il periodo concessogli per lasciare il territorio dello Stato membro ospitante – Disposizioni nazionali simili a quelle applicabili ai cittadini di paesi terzi ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2008/115/CE – Durata massima del trattenimento ai fini dell’allontanamento – Disposizione nazionale identica a quella applicabile ai cittadini di paesi terzi.
Causa C-718/19.
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 22 giugno 2021.
Ordre des barreaux francophones et germanophone e a. contro Conseil des ministres.
Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Articoli 20 e 21 TFUE – Direttiva 2004/38/CE – Diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – Decisione di porre fine al soggiorno dell’interessato per motivi di ordine pubblico – Misure preventive volte ad evitare qualsiasi rischio di fuga dell’interessato durante il periodo concessogli per lasciare il territorio dello Stato membro ospitante – Disposizioni nazionali simili a quelle applicabili ai cittadini di paesi terzi ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2008/115/CE – Durata massima del trattenimento ai fini dell’allontanamento – Disposizione nazionale identica a quella applicabile ai cittadini di paesi terzi.
Causa C-718/19.
Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:505
Causa C‑718/19
Ordre des barreaux francophones et germanophone e a.
contro
Conseil des ministres
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour constitutionnelle (Belgio)]
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 22 giugno 2021
«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Articoli 20 e 21 TFUE – Direttiva 2004/38/CE – Diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – Decisione di porre fine al soggiorno dell’interessato per motivi di ordine pubblico – Misure preventive volte ad evitare qualsiasi rischio di fuga dell’interessato durante il periodo concessogli per lasciare il territorio dello Stato membro ospitante – Disposizioni nazionali simili a quelle applicabili ai cittadini di paesi terzi ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2008/115/CE – Durata massima del trattenimento ai fini dell’allontanamento – Disposizione nazionale identica a quella applicabile ai cittadini di paesi terzi»
Cittadinanza dell’Unione – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Direttiva 2004/38 – Limitazioni del diritto d’ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza – Decisione di allontanamento – Disposizioni nazionali applicabili nell’ambito dell’esecuzione di una tale decisione – Applicazione di disposizioni identiche o simili a quelle applicabili ai cittadini di paesi terzi e dirette a trasporre nel diritto nazionale la direttiva 2008/115 – Ammissibilità – Presupposto
(Artt. 20 e 21 TFUE; direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/38 e 2008/115)
(v. punto 39)
Cittadinanza dell’Unione – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Direttiva 2004/38 – Limitazioni del diritto d’ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza – Decisione di allontanamento – Disposizioni nazionali volte ad evitare il rischio di fuga in pendenza del termine impartito per lasciare il territorio dello Stato membro ospitante – Applicazione di disposizioni identiche o simili a quelle applicabili ai cittadini di paesi terzi e dirette a trasporre nel diritto nazionale la direttiva 2008/115 – Ammissibilità – Presupposti
(Artt. 20 e 21 TFUE; direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/38, art. 27, e 2008/115, art. 7, § 3)
(v. punti 48‑53, 57, 73 e dispositivo)
Cittadinanza dell’Unione – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Direttiva 2004/38 – Limitazioni del diritto d’ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza – Decisione di allontanamento – Misura di trattenimento della durata massima di otto mesi applicata dopo la scadenza del termine impartito in caso di inosservanza di tale decisione – Applicazione di disposizioni identiche o simili a quelle applicabili ai cittadini di paesi terzi e dirette a trasporre nel diritto nazionale la direttiva 2008/115 – Inammissibilità – Rispetto del principio di proporzionalità – Insussistenza/Assenza
(Artt. 20 e 21 TFUE; direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2004/38 e 2008/115, art. 6, § 1)
(v. punti 60, 64‑69, 72, 73 e dispositivo)
Sintesi
Le misure di esecuzione di una decisione di allontanamento di un cittadino dell’Unione e dei suoi familiari per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza costituiscono restrizioni al diritto di circolazione e di soggiorno, che possono essere giustificate quando sono adottate esclusivamente in relazione al comportamento personale della persona nei riguardi della quale sono applicate e rispettano il principio di proporzionalità
Tenuto conto dei meccanismi di cooperazione di cui dispongono gli Stati membri, la durata massima del trattenimento di otto mesi prevista dal diritto belga va tuttavia oltre quanto è necessario per assicurare un’efficace politica di allontanamento
La Cour constitutionnelle (Corte costituzionale, Belgio) è stata adita di due ricorsi di annullamento della loi du 24 février de 2017 modifiant la loi du 15 décembre 1980 sur l’accès au territoire, le séjour, l’établissement et l’éloignement des étrangers (legge del 24 febbrario 2017, recante modifica della legge del 15 dicembre 1980, che disciplina l’ingresso nel territorio, il soggiorno, lo stabilimento e l’allontanamento degli stranieri) ( 1 ) proposti, il primo, dall’Ordre des barreaux francophones et germanophone e, il secondo, da quattro associazioni senza scopo di lucro attive nei settori della difesa dei diritti dei migranti e della tutela dei diritti dell’uomo.
Tale normativa nazionale prevede, da una parte, la possibilità di imporre ai cittadini dell’Unione e ai loro familiari, in pendenza del termine loro impartito per lasciare il territorio belga a seguito dell’adozione di una decisione di allontanamento presa nei loro confronti per motivi di ordine pubblico o durante il periodo in cui tale termine è prorogato, misure preventive volte ad evitare qualsiasi rischio di fuga, come l’assegnazione a una residenza obbligatoria. Dall’altra parte, essa consente, per un periodo massimo di otto mesi, di disporre il trattenimento dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari che non si siano conformati a una tale decisione di allontanamento, al fine di garantire l’esecuzione di quest’ultima. Tali disposizioni sono simili o identiche a quelle, applicabili ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, che mirano a trasporre nel diritto belga la direttiva rimpatri ( 2 ).
In tale contesto, il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di statuire sulla conformità di tale normativa belga con la libertà di circolazione che è garantita ai cittadini dell’Unione e ai loro familiari dagli articoli 20 e 21 TFUE nonché dalla direttiva soggiorno ( 3 ).
Giudizio della Corte
La Corte, in Grande Sezione, rileva in via preliminare che, in assenza di norme di diritto dell’Unione relative all’esecuzione di una decisione di allontanamento dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, il semplice fatto che lo Stato membro ospitante preveda norme nell’ambito di tale esecuzione ispirandosi a quelle applicabili al rimpatrio dei cittadini di paesi terzi non è, di per sé, contrario al diritto dell’Unione. Cionondimeno, tali norme devono essere conformi al diritto dell’Unione, segnatamente in materia di libertà di circolazione e di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari. La Corte verifica poi se tali norme costituiscano restrizioni a tale libertà e, in caso affermativo, se dette norme siano giustificate.
La Corte considera quindi, in primo luogo, che le disposizioni nazionali di cui trattasi, limitando i movimenti dell’interessato, costituiscono restrizioni alla libertà di circolazione e di soggiorno.
In secondo luogo, per quanto concerne l’esistenza di giustificazioni a tali restrizioni, la Corte ricorda anzitutto che le misure controverse riguardano l’esecuzione di decisioni di allontanamento adottate per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza e devono quindi essere valutate alla luce dell’articolo 27 della direttiva soggiorno ( 4 ).
Da un lato, per quanto riguarda le misure preventive volte ad evitare qualsiasi rischio di fuga, la Corte dichiara che gli articoli 20 e 21 TFUE nonché la direttiva soggiorno non ostano all’applicazione nei confronti dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, in pendenza del termine loro concesso per lasciare il territorio dello Stato membro ospitante a seguito dell’adozione di una tale decisione di allontanamento, di disposizioni che sono simili a quelle che, per quanto concerne i cittadini di paesi terzi, mirano a recepire nel diritto nazionale la direttiva rimpatri ( 5 ), a condizione che le prime disposizioni rispettino i principi generali concernenti la limitazione del diritto di ingresso e del diritto di soggiorno per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica previsti alla direttiva soggiorno ( 6 ) e che non siano meno favorevoli delle seconde.
Infatti, tali misure preventive contribuiscono necessariamente alla tutela dell’ordine pubblico, dal momento che esse mirano a garantire che una persona che costituisce una minaccia per l’ordine pubblico dello Stato membro ospitante sia allontanata dal territorio di quest’ultimo. Tali misure devono quindi essere considerate come limitanti la libertà di circolazione e di soggiorno di quest’ultima «per motivi di ordine pubblico», ai sensi della direttiva soggiorno ( 7 ), sicché esse possono, in linea di principio, essere giustificate in base a tale direttiva.
Inoltre, tali misure non possono essere ritenute contrarie alla direttiva soggiorno per il solo fatto di essere simili alle misure dirette a recepire nel diritto nazionale la direttiva «rimpatri». Ciò premesso, la Corte sottolinea che ai beneficiari della direttiva soggiorno sono accordati uno status e dei diritti di natura del tutto diversa da quelli di cui possono avvalersi i beneficiari della direttiva rimpatri. Pertanto, tenuto conto dello status fondamentale accordato ai cittadini dell’Unione, le misure volte ad evitare il rischio di fuga che possono essere imposte a questi ultimi non possono essere meno favorevoli delle misure previste dal diritto nazionale al fine di evitare un tale rischio, in pendenza del termine per la partenza volontaria, con riferimento ai cittadini di paesi terzi oggetto di una procedura di rimpatrio per motivi di ordine pubblico.
Dall’altro lato, per quanto riguarda il trattenimento ai fini dell’allontanamento, la Corte dichiara che gli articoli 20 e 21 TFUE nonché la direttiva soggiorno ostano a una normativa nazionale che applica ai cittadini dell’Unione e ai loro familiari, che a seguito della scadenza del termine impartito o della proroga di tale termine non si siano conformati a una decisione di allontanamento adottata nei loro confronti per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, una misura di trattenimento della durata massima di otto mesi, durata che è identica a quella applicabile nel diritto nazionale ai cittadini di paesi terzi che non si siano conformati a una decisione di rimpatrio adottata per tali motivi, ai sensi della direttiva rimpatri ( 8 ).
In proposito, la Corte dichiara che la durata del trattenimento prevista dalla disposizione nazionale di cui trattasi, che è identica a quella applicabile all’allontanamento dei cittadini di paesi terzi, deve essere proporzionata all’obiettivo perseguito, consistente nel garantire un’efficace politica di allontanamento dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari. Orbene, con specifico riferimento alla durata della procedura di allontanamento, i cittadini dell’Unione e i loro familiari non si trovano in una situazione paragonabile a quella dei cittadini di paesi terzi, per cui non è giustificato accordare un identico trattamento all’insieme di tali persone con riferimento alla durata massima del trattenimento.
In particolare, gli Stati membri dispongono di meccanismi di cooperazione e di agevolazioni nell’ambito dell’allontanamento dei cittadini dell’Unione o dei loro familiari verso un altro Stato membro, di cui essi non necessariamente dispongono nel contesto dell’allontanamento di un cittadino di un paese terzo verso un paese terzo. In effetti, dato che le relazioni tra gli Stati membri si fondano sull’obbligo di leale cooperazione e sul principio della fiducia reciproca, esse non dovrebbero dar luogo a difficoltà identiche a quelle che possono sorgere nel caso della cooperazione tra gli Stati membri e i paesi terzi. Inoltre, le difficoltà pratiche relative all’organizzazione del viaggio di rimpatrio non dovrebbero generalmente essere le stesse per tali due categorie di persone. Infine, il rimpatrio del cittadino dell’Unione nel territorio del suo Stato membro d’origine è facilitato dalla direttiva soggiorno ( 9 ).
Secondo la Corte, ne consegue che una durata massima del trattenimento di otto mesi ai fini dell’allontanamento per i cittadini dell’Unione e i loro familiari va oltre quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito.
( 1 ) Moniteur belge del 19 aprile 2017, pag. 51890.
( 2 ) Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98; in prosieguo: la «direttiva rimpatri»).
( 3 ) Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e rettifiche in GU 2004, L 229, pag. 35, e GU 2014, L 305, pag. 116; in prosieguo: la «direttiva soggiorno»).
( 4 ) Conformemente al paragrafo 2 di tale articolo, i provvedimenti restrittivi adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza rispettano il principio di proporzionalità e sono adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale della persona nei riguardi della quale essi sono applicati.
( 5 ) Articolo 7, paragrafo 3, della direttiva «rimpatri». Ai sensi di tale disposizione, «[p]er la durata del periodo per la partenza volontaria possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria adeguata, la consegna di documenti o l’obbligo di dimorare in un determinato luogo».
( 6 ) Articolo 27 della direttiva soggiorno.
( 7 ) Articolo 27, paragrafo 1, della direttiva soggiorno.
( 8 ) Articolo 6, paragrafo 1, della direttiva rimpatri.
( 9 ) Infatti, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 4, lo Stato membro che ha rilasciato il passaporto o la carta di identità deve riammettere senza formalità nel suo territorio il titolare di tale documento che è stato allontanato.