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Document 62017CJ0163

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 19 marzo 2019.
Abubacarr Jawo contro Bundesrepublik Deutschland.
Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Sistema di Dublino – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Trasferimento del richiedente asilo verso lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale – Nozione di “fuga” – Modalità di proroga del termine di trasferimento – Articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Grave rischio di trattamento inumano o degradante al termine della procedura di asilo – Condizioni di vita dei beneficiari di protezione internazionale nel suddetto Stato membro.
Causa C-163/17.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2019:218

Causa C‑163/17

Abubacarr Jawo

contro

Bundesrepublik Deutschland

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof Baden‑Württemberg)

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 19 marzo 2019

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Sistema di Dublino – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Trasferimento del richiedente asilo verso lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale – Nozione di “fuga” – Modalità di proroga del termine di trasferimento – Articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Grave rischio di trattamento inumano o degradante al termine della procedura di asilo – Condizioni di vita dei beneficiari di protezione internazionale nel suddetto Stato membro»

  1. Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale – Regolamento n. 604/2013 – Procedure di presa e di ripresa in carico – Termine previsto per effettuare il trasferimento del richiedente la protezione internazionale – Termine prorogabile in caso di fuga – Nozione di fuga – Sottrazione deliberata alle autorità competenti al fine di scongiurare il trasferimento – Presunzione di fuga – Presupposti

    (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 604/2013, art. 29, § 2)

    (v. punti 54, 56, 57, 61, 62, 64, 65, 70, dispositivo 1)

  2. Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale – Regolamento n. 604/2013 – Ricorso proposto contro una decisione di trasferimento adottata nei confronti di un richiedente protezione internazionale – Termine prorogabile in caso di fuga – Possibilità di invocare la scadenza del normale termine previsto per effettuare il trasferimento a causa dell’assenza di fuga di detto richiedente

    (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 604/2013, artt. 27, § 1, e 29, § 2)

    (v. punti 66‑70, dispositivo 1)

  3. Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale – Regolamento n. 604/2013 – Procedure di presa e di ripresa in carico – Termine previsto per effettuare il trasferimento del richiedente protezione internazionale – Termine prorogabile in caso di fuga – Modalità – Necessità di una concertazione preliminare fra lo Stato membro richiedente e lo Stato membro competente per l’esame della domanda – Insussistenza

    (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 604/2013, art. 29, § 2)

    (v. punti 72, 73, 75, dispositivo 2)

  4. Diritti fondamentali – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Ambito di applicazione – Attuazione del diritto dell’Unione – Decisione di uno Stato membro di trasferire un richiedente protezione internazionale verso lo Stato membro competente per l’esame della sua domanda malgrado un serio rischio di subire un trattamento inumano o degradante in caso di accettazione della sua domanda – Inclusione

    (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 4 e 51, § 1; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 604/2013, art. 29, § 2)

    (v. punti 77‑79, 98, dispositivo 3)

  5. Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale – Trasferimento di un richiedente protezione internazionale verso lo Stato membro competente per l’esame della sua domanda – Presunzione assoluta di rispetto, da parte di quest’ultimo Stato, dei diritti fondamentali dell’Unione – Insussistenza

    (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 4 e 18; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 604/2013)

    (v. punti 81‑84)

  6. Diritti fondamentali – Divieto della tortura e di pene o trattamenti inumani o degradanti – Portata – Carenze sistemiche in esito alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale in uno Stato membro, a causa delle condizioni di vita dei beneficiari di detta protezione – Divieto, per gli altri Stati membri, di trasferire un richiedente protezione internazionale verso tale Stato – Presupposti – Valutazione dell’esistenza di tali carenze – Criteri – Necessità di una situazione di estrema deprivazione materiale

    (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 4; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 604/2013, art. 29, § 2)

    (v. punti 87‑98, dispositivo 3)

Sintesi

Un richiedente asilo può essere trasferito verso lo Stato membro che è di regola competente per l’esame della sua domanda o che ha già riconosciuto al medesimo una protezione sussidiaria, a meno che le prevedibili condizioni di vita dei beneficiari di protezione internazionale non lo espongano ad una situazione di estrema deprivazione materiale, contraria al divieto di trattamenti inumani o degradanti

Nella sentenza Jawo (C‑163/17), del 19 marzo 2019, la Grande Sezione della Corte si è pronunciata, alla luce del regolamento n. 604/2013 ( 1 ) (in prosieguo: il «regolamento Dublino III») e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sulla questione concernente le condizioni che devono ricorrere per potersi ritenere che un richiedente protezione internazionale sia fuggito, cosicché il termine per il suo trasferimento verso lo Stato membro di regola competente per l’esame della sua domanda può essere prorogato, nonché sulla legittimità di un siffatto trasferimento allorché sussista il rischio che l’interessato sia sottoposto ad un trattamento inumano e degradante all’esito della procedura d’asilo, a causa delle condizioni di vita dei beneficiari di protezione internazionale nel suddetto Stato membro.

Nella specie, un cittadino gambiano era entrato nell’Unione europea attraverso l’Italia e aveva ivi depositato una domanda di asilo prima di recarsi in Germania, dove aveva presentato un’altra domanda. Dopo aver richiesto alle autorità italiane la ripresa in carico dell’interessato, le autorità tedesche avevano respinto la sua domanda di asilo e avevano disposto il suo allontanamento verso l’Italia. Un primo tentativo di trasferimento non era riuscito a causa dell’assenza del richiedente dalla struttura di accoglienza assegnatagli. Le autorità tedesche, ritenendo pertanto che questi fosse fuggito, avevano informato le autorità italiane dell’impossibilità di procedere al trasferimento e della proroga del termine, in conformità all’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III. Tale articolo prevede che il termine per procedere al trasferimento sia di sei mesi, ma che possa essere prorogato fino a un massimo di diciotto mesi qualora il richiedente sia fuggito. Successivamente, l’interessato aveva affermato di essersi recato a trovare un amico e di non essere stato a conoscenza del fatto di dover avvisare in caso di assenza. Parallelamente, egli aveva proposto un ricorso avverso la decisione di trasferimento e, a seguito del suo rigetto, lo stesso ha interposto appello dinanzi al giudice del rinvio. Nell’ambito di tale appello, egli ha fatto valere che, poiché non era fuggito, le autorità tedesche non erano legittimate a prorogare il termine per il suo trasferimento verso l’Italia. Egli ha parimenti fatto valere l’esistenza, in Italia, di carenze sistemiche in materia di asilo, le quali osterebbero al suo trasferimento verso tale Stato.

In primo luogo, la Corte ha precisato che la nozione di «fuga», ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, implica, segnatamente, l’esistenza di un elemento intenzionale, cosicché tale disposizione si applica, in linea di principio, solo allorché il richiedente si sottragga deliberatamente alle autorità nazionali al fine di scongiurare il suo trasferimento. La Corte ha tuttavia aggiunto che, al fine di garantire l’effettivo funzionamento del regolamento Dublino III e di tenere conto delle notevoli difficoltà che dette autorità possono incontrare quanto alla produzione della prova circa le intenzioni del richiedente, si può presumere che questi sia fuggito quando il trasferimento non può essere eseguito a causa del fatto che egli ha lasciato il luogo di residenza assegnatogli senza averne informato le autorità nazionali, e non ha chiesto, se del caso, una previa autorizzazione. Tuttavia, tale presunzione è applicabile solo se il richiedente sia stato debitamente informato dei suoi obblighi a tal riguardo, in conformità all’articolo 5 della direttiva 2013/33 ( 2 ). Inoltre, il richiedente deve conservare la possibilità di dimostrare che il fatto che egli non abbia avvisato le autorità competenti della sua assenza è giustificato da valide ragioni e non dall’intenzione di sottrarsi a tali autorità.

In secondo luogo, la Corte ha affermato che, in conformità a quanto già dichiarato nella sentenza Shiri ( 3 ), il richiedente può far valere, nell’ambito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento, che, poiché egli non era fuggito, il termine di sei mesi previsto dall’articolo 29, paragrafi 1 e 2 del regolamento Dublino III è scaduto.

In terzo luogo, per quanto riguarda le modalità di proroga del termine di trasferimento, la Corte ha ritenuto che non fosse necessaria una concertazione preliminare fra lo Stato membro richiedente e lo Stato membro competente. Pertanto, al fine di prorogare tale termine a un massimo di diciotto mesi, è sufficiente che il primo Stato, prima della scadenza del termine di sei mesi, informi il secondo Stato del fatto che il richiedente è fuggito, specificando il nuovo termine di trasferimento.

In quarto ed ultimo luogo, la Corte ha esaminato la questione se l’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali osti al trasferimento di un richiedente protezione internazionale, qualora le condizioni di vita dei beneficiari di una siffatta protezione, nello Stato membro di regola competente per l’esame della sua domanda, possano costituire un trattamento inumano o degradante.

Anzitutto, la Corte ha precisato che tale questione rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Essa ha poi sottolineato che, nel contesto del sistema europeo comune di asilo, e segnatamente del regolamento Dublino III, fondato sul principio di fiducia reciproca, si deve presumere che il trattamento riservato ai richiedenti rispetti i loro diritti fondamentali. Tuttavia, come già dichiarato dalla Corte nella sentenza N.S. e a. ( 4 ) e come codificato all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, non si può escludere che il richiedente rischi, a causa, segnatamente, di carenze sistemiche, generalizzate o che colpiscono determinati gruppi di persone nello Stato membro verso il quale è previsto il trasferimento, di subire un trattamento inumano o degradante in tale Stato membro, il che osta dunque a detto trasferimento. A tal riguardo, sebbene l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino III contempli soltanto la situazione all’origine della sentenza N.S. e a., nella quale tale rischio risultava da carenze sistemiche nella procedura di asilo, un trasferimento è tuttavia è escluso qualora esistano motivi seri e comprovati di credere che un siffatto rischio venga corso, o al momento stesso del trasferimento, o durante la procedura di asilo ovvero all’esito di quest’ultima.

Infine, la Corte ha indicato che l’esistenza delle carenze allegate deve essere valutata, dal giudice nazionale investito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento, sulla base di elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati e in considerazione del livello di tutela dei diritti fondamentali garantito dal diritto dell’Unione. Tali carenze devono raggiungere una soglia particolarmente elevata di gravità. Per quanto attiene alle condizioni di vita dei beneficiari della protezione internazionale, tale soglia sarebbe raggiunta quando l’indifferenza delle autorità nazionali comportasse che una persona si venga a trovare, indipendentemente dalla sua volontà e dalle sue scelte personali, in una situazione di estrema deprivazione materiale che non le consenta di far fronte ai suoi bisogni più elementari, e che pregiudichi la sua salute fisica o psichica o la sua dignità umana. Per contro, il fatto che le forme di solidarietà delle strutture familiari alle quali ricorrono i cittadini dello Stato membro interessato per colmare le lacune del sistema sociale generalmente mancano nel caso dei beneficiari di protezione internazionale non può essere sufficiente per constatare che il richiedente potrebbe, in caso di trasferimento verso tale Stato membro, ritrovarsi in una siffatta situazione. Analogamente, l’esistenza di carenze nell’attuazione di programmi di integrazione di tali beneficiari è insufficiente a giustificare una siffatta constatazione. In ogni caso, la mera circostanza che la protezione sociale e/o le condizioni di vita siano più favorevoli nello Stato membro richiedente rispetto allo Stato membro di regola competente per l’esame della domanda non è idonea a concludere per l’esistenza di un rischio di un trattamento inumano o degradante nel secondo Stato membro.


( 1 ) Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31).

( 2 ) Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 96).

( 3 ) Sentenza del 25 ottobre 2017, Shiri (C‑201/16, EU:C:2017:805).

( 4 ) Sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865).

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