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Document 62009CJ0232
Massime della sentenza
Massime della sentenza
1. Politica sociale — Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori — Lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento — Direttiva 92/85 — Nozione di lavoratore
(Direttiva del Consiglio 92/85)
2. Politica sociale — Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile — Accesso al lavoro e condizioni di lavoro — Parità di trattamento — Direttiva 76/207 — Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori — Direttive 92/85 e 86/613 — Revoca di un membro del consiglio di amministrazione a causa della sua gravidanza — Inammissibilità
[Direttive del Consiglio 76/207, artt. 2, n. 1 e 7, e 3, n. 1, lett. c), 92/85, art. 10, e 86/613]
1. Un membro di un consiglio di amministrazione di una società di capitali, che fornisca prestazioni a quest’ultima e ne faccia parte integrante, deve essere considerato come dotato della qualità di lavoratore ai fini della direttiva 92/85, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, se svolge la sua attività, per un certo periodo di tempo, sotto la direzione o il controllo di un altro organo di detta società e se, come contropartita per detta attività, riceve una retribuzione. Spetta al giudice del rinvio procedere a verificare gli elementi di fatto necessari per poter valutare se tali circostanze ricorrano nella controversia di cui è investito.
A tal proposito, la natura giuridica sui generis del rapporto di lavoro riguardo al diritto nazionale non può avere alcuna conseguenza sulla qualità di lavoratore ai sensi del diritto dell’Unione. Nel momento in cui una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione della stessa, prestazioni in contropartita delle quali percepisca una retribuzione, la natura del nesso giuridico che la lega all’altra parte del rapporto di lavoro è irrilevante ai fini dell’applicazione della direttiva 92/85. Peraltro la qualità di membro di un consiglio di amministrazione di una società di capitali non può, di per sé, escludere che la persona interessata si sia trovata in un rapporto di subordinazione rispetto alla società in parola. Occorre difatti esaminare le condizioni alle quali il membro del consiglio è stato incaricato, la natura delle funzioni assegnategli, il contesto in cui queste ultime sono svolte, la portata dei poteri dell’interessato e il controllo cui è soggetto all’interno della società, così come le circostanze in cui può essere revocato.
(v. punti 39-40, 47, 56, dispositivo 1)
2. L’art. 10 della direttiva 92/85, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che consente la revoca di un membro di un consiglio di amministrazione di una società di capitali senza limitazioni, quando la persona interessata abbia la qualità di «lavoratrice gestante» ai sensi della direttiva in parola e la decisione di revoca adottata nei suoi confronti sia basata essenzialmente sul suo stato di gravidanza. Anche volendo supporre che il membro di cui trattasi di un consiglio di amministrazione non abbia detta qualità, ciò nondimeno la revoca di un membro di un consiglio di amministrazione, che svolge funzioni in quanto parte integrante della società e che fornisce a questa delle prestazioni in contropartita di una retribuzione, può riguardare unicamente le donne e, pertanto, costituisce una discriminazione diretta basata sul sesso, contraria agli artt. 2, nn. 1 e 7, e 3, n. 1, lett. c), della direttiva 76/207, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, come modificata dalla direttiva 2002/73.
Difatti, lo scopo perseguito dalle norme del diritto dell’Unione sul principio di parità tra uomini e donne nel settore dei diritti delle donne gestanti o puerpere è quello di tutelare le stesse prima e dopo il parto. Tale obiettivo, che ispira sia la direttiva 92/85 che la direttiva 76/207, non potrebbe essere raggiunto qualora la tutela contro il licenziamento concessa dal diritto dell’Unione alle donne gestanti dipendesse dalla qualificazione formale del loro rapporto di lavoro nel diritto nazionale o dalla scelta operata all’atto della loro assunzione fra l’uno o l’altro tipo di contratto. A prescindere da quale sia la direttiva applicabile, è importante garantire all’interessata la tutela concessa dal diritto dell’Unione alle donne gestanti nel caso in cui il rapporto giuridico che la lega ad un altro soggetto sia stato risolto a causa della sua gravidanza.
(v. punti 68-70, 74, dispositivo 2)