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Documento 62006CJ0205
Massime della sentenza
Massime della sentenza
Causa C-205/06
Commissione delle Comunità europee
contro
Repubblica d’Austria
«Inadempimento di uno Stato — Violazione dell’art. 307, secondo comma, CE — Mancata adozione delle misure atte ad eliminare le incompatibilità tra gli accordi bilaterali conclusi con Stati terzi prima dell’adesione dello Stato membro all’Unione europea e il Trattato CE — Accordi conclusi dalla Repubblica d’Austria con la Repubblica di Corea, la Repubblica del Capo Verde, la Repubblica popolare cinese, la Malaysia, la Federazione russa e la Repubblica di Turchia in materia d’investimenti»
Conclusioni dell’avvocato generale M. Poiares Maduro, presentate il 10 luglio 2008 I ‐ 1303
Sentenza della Corte (Grande Sezione) 3 marzo 2009 I ‐ 1320
Massime della sentenza
Procedura – Fase orale del procedimento – Riapertura
(Art. 222, secondo comma, CE; regolamento di procedura della Corte, art. 61)
Accordi internazionali – Accordi degli Stati membri – Accordi anteriori al Trattato CE
(Artt. 57, n. 2, CE, 59 CE, 60, n. 1, CE e 307, secondo comma, CE)
In forza dell’art. 222, secondo comma, CE, l’avvocato generale ha l’ufficio di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia, richiedono il suo intervento. Dato che la Corte non è vincolata né dalle conclusioni dell’avvocato generale né dalla motivazione in base alla quale egli vi perviene, non è indispensabile riaprire la fase orale, conformemente all’art. 61 del regolamento di procedura, ogniqualvolta l’avvocato generale sollevi una questione di diritto che non è stata oggetto di discussione tra le parti, considerato che la sentenza non si basa su argomenti che non siano stati oggetto di dibattito tra queste ultime.
(v. punti 14-15)
Uno Stato membro che omette di avvalersi dei mezzi atti ad eliminare le incompatibilità relative alle disposizioni in materia di trasferimento di capitali contenute in un accordo sugli investimenti da esso concluso con uno Stato terzo viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 307, secondo comma, CE.
Le disposizioni degli artt. 57, n. 2, CE, 59 CE e 60, n. 1, CE conferiscono al Consiglio la competenza a limitare, in taluni casi ben determinati, i movimenti di capitali e i pagamenti tra gli Stati membri e gli Stati terzi. Per garantire l’effetto utile di dette disposizioni è necessario che le misure limitative della libera circolazione dei capitali, in caso di una loro adozione da parte del Consiglio, possano essere immediatamente applicate nei confronti degli Stati cui esse si riferiscono e che possono essere degli Stati terzi che hanno firmato un accordo sugli investimenti. Di conseguenza, queste competenze del Consiglio, che consistono nell’adottare unilateralmente misure restrittive nei confronti di Stati terzi in una materia identica o connessa a quella disciplinata da un accordo anteriore concluso tra uno Stato membro e uno Stato terzo, evidenziano un’incompatibilità con detto accordo qualora, da un lato, quest’ultimo non preveda disposizioni che consentano allo Stato membro interessato di esercitare i propri diritti e di soddisfare i propri obblighi in quanto membro della Comunità e, dall’altro, non lo consenta neppure un meccanismo di diritto internazionale.
I termini inerenti a qualunque negoziazione internazionale, che sarebbero necessari per ridiscutere l’accordo in questione, sono, per loro natura, incompatibili con l’effetto utile di tali misure. La possibilità di ricorrere ad altri mezzi offerti dal diritto internazionale, come la sospensione dell’accordo, se non addirittura la denuncia dell’accordo di cui trattasi o di talune sue clausole, è troppo incerta nei suoi effetti per garantire che le misure adottate dal Consiglio possano essere utilmente applicate.
(v. punti 35-37, 39-40, 45)