This document is an excerpt from the EUR-Lex website
Document 62005CJ0212
Massime della sentenza
Massime della sentenza
1. Libera circolazione delle persone — Lavoratori — Regolamento n. 1612/68 — Nozione di «lavoratore migrante»
(Regolamento del Consiglio n. 1612/68)
2. Libera circolazione delle persone — Lavoratori — Parità di trattamento — Vantaggi sociali
(Regolamento del Consiglio n. 1612/68, art. 7, n. 2)
1. Un cittadino di uno Stato membro che, pur mantenendo il proprio impiego in tale Stato, abbia trasferito la propria residenza in un altro Stato membro ed eserciti da allora la propria attività lavorativa in qualità di lavoratore frontaliero, può avvalersi dello status di «lavoratore migrante» ai sensi del regolamento (CEE) del Consiglio n. 1612/68, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità.
(v. punto 20, dispositivo 1)
2. L’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità, osta a che il coniuge di un lavoratore migrante che esercita un’attività lavorativa in uno Stato membro, il quale è disoccupato e risiede in un altro Stato membro, sia escluso dal beneficio di un assegno parentale, in quanto non ha né la residenza né la dimora abituale nel primo Stato dato che la concessione di tale assegno al coniuge del lavoratore, che va a beneficio della famiglia nel suo complesso, indipendentemente da quale sia il genitore che la rivendica, può ridurre l’obbligo che grava sul lavoratore di contribuire ai carichi di famiglia e, quindi, rappresenta per lui un «vantaggio sociale» ai sensi della detta disposizione.
Un siffatto requisito di residenza dev’essere giudicato indirettamente discriminatorio quando, per sua stessa natura, tenda ad incidere più sui lavoratori migranti o sui loro coniugi, i quali risiedono per lo più in un altro Stato membro, che sui lavoratori nazionali e, di conseguenza, rischi di essere sfavorevole in modo particolare ai primi.
Nel contesto di una normativa nazionale che persegue obiettivi di politica familiare, concedendo l’assegno parentale alle persone che hanno instaurato un legame effettivo con la società nazionale e ai sensi della quale un contributo rilevante al mercato del lavoro nazionale costituisce anch’esso un valido elemento di integrazione nella società, la concessione dell’assegno controverso non può essere rifiutata ad una coppia che non è residente sul territorio nazionale, ma di cui uno dei componenti svolge in tale Stato un’attività lavorativa a tempo pieno.
(v. punti 26, 30‑33, 36‑38, dispositivo 2)