COMMISSIONE EUROPEA
Bruxelles, 29.11.2017
COM(2017) 708 final
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO
Orientamenti in merito ad alcuni aspetti della direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale
{SWD(2017) 431 final}
{SWD(2017) 432 final}
I.INTRODUZIONE
I diritti di proprietà intellettuale ("DPI") tutelano le attività immateriali, consentendo ai creatori, agli inventori e agli artisti di trarre profitto dalle loro attività creative e innovative. Le attività immateriali rappresentano oltre la metà del valore delle imprese e assumono una rilevanza sempre maggiore. In un contesto in cui le imprese dell'UE devono sempre più misurarsi sul piano dell'innovazione, della creatività e della qualità, la proprietà intellettuale ("PI") costituisce un importante strumento per accrescere la competitività di tutte le imprese, incluse le piccole e medie imprese ("PMI").
La direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (di seguito la "direttiva" o la "direttiva IPRED") prevede una serie minima - ma standard - di misure, procedure e mezzi di ricorso atti ad assicurare una efficace tutela civile dei diritti di proprietà intellettuale. L'obiettivo di tale direttiva è di ravvicinare le legislazioni nazionali al fine di assicurare un livello elevato, equivalente ed omogeneo di protezione nel mercato interno.
Dalla valutazione della direttiva IPRED è emerso che le misure, le procedure e i mezzi di ricorso da essa previsti hanno efficacemente contribuito a una migliore tutela dei diritti di proprietà intellettuale in tutta l'UE e a un migliore trattamento delle violazioni di tali diritti in sede civile. La direttiva ha portato alla definizione di un quadro giuridico comune in cui la medesima serie di strumenti va utilizzata in tutta l'Unione. Sotto questo aspetto, essa ha conseguito l'obiettivo di ravvicinare le legislazioni degli Stati membri in materia di tutela civile dei diritti di proprietà intellettuale.
Le misure, le procedure e i mezzi di ricorso previsti dalla direttiva non sono tuttavia attuati e applicati in modo omogeneo tra gli Stati membri. Ciò è riconducibile al fatto che la direttiva si propone solo un livello minimo di armonizzazione (l'articolo 2 consente espressamente alla legislazione nazionale di prevedere strumenti che siano più favorevoli ai titolari dei diritti), il che determina pertanto la mancanza di un'interpretazione uniforme delle disposizioni della direttiva, e al sussistere di differenze tra i procedimenti di diritto civile e tra le tradizioni giurisdizionali nazionali. Il quadro normativo dell'UE per la tutela civile dei diritti di proprietà intellettuale potrebbe quindi trarre beneficio dal chiarimento di alcuni aspetti della direttiva, consentendo una interpretazione e una applicazione più efficaci e coerenti.
Detto questo, è evidente altresì che l'ambito di applicazione della direttiva, anche se correttamente applicata, è limitato alla regolamentazione delle misure, delle procedure e dei mezzi di ricorso a disposizione per la tutela civile dei diritti di proprietà intellettuale. La direttiva in quanto tale non può pertanto risolvere tutti i problemi segnalati dai portatori di interessi in occasione della sua valutazione, in particolare quelli afferenti, più in generale, la protezione dei diritti di proprietà intellettuale al di fuori del contesto di un contenzioso, o anteriormente a esso. Ad esempio, alcuni portatori di interessi vorrebbero che fossero chiarite o sottoposte a riesame le norme sulla limitazione della responsabilità dei prestatori di servizi che agiscono come intermediari, trattata in primo luogo nella direttiva sul commercio elettronico. La Commissione ha tenuto conto delle osservazioni ricevute al riguardo dai portatori di interessi e, oltre a essersi impegnata a mantenere l'attuale regime di responsabilità, ha, in una recente iniziativa, chiarito meglio le responsabilità degli intermediari circa l'individuazione e la rimozione dei contenuti illeciti online (compresi i contenuti che violano i DPI).
In questo contesto, e in particolare sulla base del feedback ricevuto dai portatori di interessi nel corso della valutazione della direttiva IPRED, la Commissione ha deciso di emanare i presenti orientamenti per chiarire il suo punto di vista sulle disposizioni della direttiva laddove vi sono state interpretazioni divergenti.
La presente comunicazione di orientamento rientra in un pacchetto globale sulla PI. Le problematiche in materia di rispetto dei diritti di proprietà intellettuale che non riguardano l'interpretazione e l'applicazione di tali disposizioni, nonché i possibili strumenti a disposizione per affrontare tali sfide sono presentati nella comunicazione della Commissione "Un sistema equilibrato di tutela della PI per affrontare le sfide della società odierna", che fa altresì parte di tale pacchetto.
I presenti orientamenti sono incentrati sulle seguenti disposizioni della direttiva IPRED:
·campo d'applicazione (articoli 1 e 2);
·obbligo generale (articolo 3);
·legittimazione a chiedere misure, procedure e mezzi di ricorso (articolo 4);
·presunzione del diritto d'autore o di titolarità dei diritti (articolo 5);
·norme circa l'acquisizione e la protezione delle prove (articoli 6 e 7);
·diritto d'informazione (articolo 8);
·ingiunzioni (articoli 9 e 11);
·misure correttive (articolo 10);
·calcolo del risarcimento del danno (articolo 13);
·spese giudiziarie (articolo 14).
L'obiettivo dei presenti orientamenti è di facilitare l'interpretazione e l'applicazione della direttiva da parte delle autorità giudiziarie competenti e di altre parti interessate al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale nei procedimenti dinanzi a tali autorità. Più specificatamente, il presente documento di orientamento si prefigge lo scopo di:
- rafforzare l'efficienza e l'efficacia del quadro di tutela civile dei DPI (sezione II),
- assicurare un approccio equilibrato in materia di rispetto dei DPI e impedire l'abuso delle misure, delle procedure e dei mezzi di ricorso di cui alla direttiva (sezione III),
- garantire l'efficace tutela dei diritti di proprietà intellettuale, anche in un contesto digitale (sezione IV), e
- assicurare la dimensione del mercato unico nella tutela dei diritti di proprietà intellettuale (sezione V).
Pur tenendo conto del fatto che le misure, le procedure e i mezzi di ricorso previsti dalla direttiva sono a disposizione di tutti gli utilizzatori dei sistemi di tutela dei DPI, gli orientamenti dedicano speciale attenzione agli strumenti che risultano particolarmente importanti per le PMI, prendendo in considerazione, ad esempio, le norme sul calcolo del risarcimento dei danni, sulla rifusione delle spese giudiziarie e sugli strumenti per prevenire abusi.
Gli orientamenti qui illustrati si basano sulle pronunce pregiudiziali della Corte di giustizia dell'Unione europea ("CGUE") successivamente all'adozione della direttiva e sulle conclusioni della valutazione della direttiva IPRED, comprese le consultazioni pubbliche, nonché le buone prassi individuate a livello nazionale. Gli orientamenti combinano pertanto una interpretazione giuridica autorevole con le opinioni della Commissione che potrebbero servire da ispirazione per coloro che se ne servono.
Il presente documento non è giuridicamente vincolante e gli orientamenti forniti non pregiudicano la giurisprudenza della CGUE. Gli orientamenti dovrebbero facilitare l'interpretazione e l'applicazione della direttiva IPRED, informando in tal modo la relativa politica della Commissione alla luce dell'articolo 258 del TFUE e contribuendovi fattivamente.
II.RAFFORZARE L'EFFICIENZA E L'EFFICACIA DEL QUADRO DI TUTELA CIVILE DEI DPI
1.Garantire un adeguato risarcimento del pregiudizio subito
L'imprevedibilità dell'entità del risarcimento riconosciuto e la scarsa probabilità di ottenere un adeguato risarcimento per i danni subiti sono state alcune delle principali ragioni addotte per spiegare il motivo per cui i titolari dei diritti non esperiscono mezzi di ricorso di diritto civile in caso di violazione di diritti di proprietà intellettuale. Questo aspetto riveste un'importanza particolare per le PMI.
La pratica dimostra che la valutazione del risarcimento per violazione dei diritti di proprietà intellettuale può essere complicata. Di conseguenza, i titolari dei diritti, i magistrati, gli avvocati e il pubblico in generale hanno chiesto maggiore chiarezza giuridica in merito al calcolo dei risarcimenti, nonché una ripartizione più equa.
Calcolo dei risarcimenti
A norma dell'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva, gli Stati membri sono tenuti ad assicurarsi che le competenti autorità giudiziarie ordinino all'autore della violazione, implicato consapevolmente o con ragionevoli motivi per esserne consapevole in un'attività di violazione, di risarcire al titolare del diritto danni adeguati al pregiudizio effettivo da questo subito a causa della violazione. Nei casi in cui l'autore della violazione è stato implicato in un'attività di violazione senza saperlo o senza avere motivi ragionevoli per saperlo, gli Stati membri possono prevedere la possibilità che le autorità giudiziarie dispongano il recupero dei profitti o il pagamento di danni che possono essere predeterminati (articolo 13, paragrafo 2).
Ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 1, il risarcimento dei danni dovrebbe essere adeguato al pregiudizio effettivo subito a causa della violazione. L'obiettivo è la piena riparazione del pregiudizio subito.
La direttiva prevede due possibilità per fissare l'ammontare del risarcimento. L'ammontare può essere determinato dalle autorità giudiziarie:
·tenendo conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno subito dalla parte lesa, i benefici realizzati illegalmente dall'autore della violazione, e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione [articolo 13, paragrafo 1, lettera a)], oppure, in alternativa,
·fissando, in casi appropriati, una somma forfettaria in base ad elementi quali, per lo meno, l'importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti qualora l'autore della violazione avesse richiesto l'autorizzazione per l'uso del diritto di proprietà intellettuale in questione ("diritti ipotetici") [articolo 13, paragrafo 1, lettera b)].
Il fine non è quello di introdurre un obbligo di prevedere un risarcimento punitivo, ma di permettere un risarcimento fondato su una base obiettiva, tenuto conto delle spese sostenute dal titolare, ad esempio, per l'individuazione della violazione e relative ricerche.
In base alla formulazione dell'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva IPRED, gli Stati membri sono tenuti a garantire che nella loro legislazione nazionale siano contemplati entrambi i metodi di fissazione del risarcimento stabiliti in tali disposizioni. Contrariamente a quanto disposto, ad esempio, all'articolo 13, paragrafo 2, agli Stati membri non si offrono in questo caso due opzioni; spetta piuttosto all'attore e, in ultima analisi, alla competente autorità giudiziaria decidere quale di questi due metodi alternativi deve essere applicato per fissare il risarcimento dei danni in un determinato caso.
Al momento di scegliere tra i due metodi alternativi in un determinato caso, in base alla formulazione dell'articolo 13, paragrafo 1, risulta che l'applicazione del metodo della somma forfettaria di cui alla lettera b) di tale disposizione dovrebbe essere "appropriata". Il considerando 26 della direttiva IPRED riporta un esempio, vale a dire il caso in cui sia difficile determinare l'importo dell'effettivo danno subito. Secondo quanto riferito, in alcuni casi, a norma delle disposizioni nazionali applicabili, gli attori possono chiedere il calcolo del risarcimento dei danni applicando tale metodo solo se il ricorso al metodo di cui alla lettera a) è impossibile. Tale interpretazione non è, a parere della Commissione, in linea con la direttiva, dato che il considerando 26 cita questo caso solo a titolo di esempio e fa inoltre riferimento all'uso dell'altro metodo come difficile e non impossibile. Al contrario, alla luce del considerando 17, delle prescrizioni di carattere generale di cui all'articolo 3, comprese l'effettività e la proporzionalità, nonché del fine di permettere un risarcimento fondato su una base obiettiva, l'opportunità di applicare il metodo della somma forfettaria dovrebbe essere determinata in funzione delle circostanze di ogni singolo caso.
A parere della Commissione, la possibilità di fissare il risarcimento dei danni sulla base di una somma forfettaria ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 1, lettera b), è un'alternativa al metodo di cui all'articolo 13, paragrafo 1, lettera a), che richiede l'individuazione e la quantificazione di tutti gli aspetti pertinenti, ed entrambi i metodi dovrebbero in linea di principio essere messi a disposizione delle competenti autorità giudiziarie. Tali autorità dovrebbero essere in grado di riconoscere un risarcimento fissato sulla base di una somma forfettaria ai sensi della lettera b) qualora lo ritengano opportuno alla luce delle circostanze del caso specifico in esame, in particolare allorché sia difficile fissare il risarcimento dei danni sulla base del metodo di cui alla lettera a).
Danni morali
È stata segnalata la difficoltà di calcolare i danni quando esiste la possibilità di ottenere un risarcimento per il danno morale subito. Tra gli esempi di casi in cui sono stati chiesti danni morali figurano casi di lesione della reputazione del titolare del diritto, stress emotivo, sofferenze provocate da una violazione, ecc..
A questo proposito l'articolo 13, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IPRED è chiaro in quanto afferma espressamente che elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione, possono essere uno degli "aspetti pertinenti" da prendere in considerazione nello stabilire il risarcimento dei danni secondo il metodo di cui a tale disposizione.
L'articolo 13, paragrafo 1, lettera b), della direttiva, per contro, non menziona espressamente la possibilità di un risarcimento per il danno morale nello stabilire il risarcimento dei danni conformemente al metodo della somma forfettaria. La CGUE ha affermato tuttavia che tale disposizione non esclude neppure che possa essere concessa tale compensazione e che in realtà, nel fissare la somma forfettaria al fine di conseguire l'obiettivo di consentire una piena riparazione del pregiudizio effettivo subito, è necessario tenere conto del danno morale patito.
La parte lesa da una violazione dei diritti di proprietà intellettuale che chieda il risarcimento del danno subito, fissato secondo il metodo della somma forfettaria di cui all'articolo 13, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IPRED, può chiedere e, se la richiesta è comprovata, ottenere non solo il risarcimento dei danni materiali, ma anche del danno morale causato da tale violazione.
Fissazione del risarcimento come somma forfettaria
Nella valutazione della direttiva IPRED sono state segnalate difficoltà nel fissare il risarcimento sulla base del metodo di cui all'articolo 13, paragrafo 1, lettera b). È stato sostenuto in particolare che il riconoscimento del risarcimento pari al semplice ammontare dei diritti ipotetici non è sufficiente a compensare il pregiudizio effettivo subito e non garantisce un sufficiente effetto deterrente. In tale contesto si è discusso se la direttiva preveda la possibilità di riconoscere un risarcimento che consisterebbe in un valore multiplo dei diritti ipotetici.
In una causa recente, la CGUE ha affermato che il titolare di diritti patrimoniali d'autore che siano stati violati può chiedere all'autore della violazione di tali diritti la riparazione dei danni subiti mediante pagamento di una somma di denaro equivalente al doppio dell'ammontare dei diritti ipotetici, se la legislazione nazionale applicabile prevede tale possibilità. La CGUE ha inoltre spiegato che, nell'ipotesi di una violazione di un diritto di proprietà intellettuale, il mero versamento di diritti ipotetici non è idoneo a garantire un risarcimento dell'integralità del danno effettivamente subito. Secondo quanto osservato dalla CGUE, infatti, il pagamento di tali diritti, da solo, non garantirebbe il rimborso di eventuali spese legate alla ricerca e all'identificazione di possibili atti di contraffazione, né il risarcimento di un eventuale danno morale, né ancora il versamento di interessi sugli importi dovuti. In tale causa è stato osservato inoltre che l'uso del metodo della somma forfettaria di per sé significa che il risarcimento così fissato non può essere esattamente proporzionale al danno effettivamente subito e che il requisito della causalità non deve essere interpretato e applicato in modo eccessivamente restrittivo al riguardo.
Sulla base di questa giurisprudenza, la Commissione conclude che il risarcimento fissato ricorrendo al metodo della somma forfettaria non deve in alcun modo essere limitato a un importo pari all'ammontare dei diritti ipotetici e può, a seconda dei casi, consistere in un importo più elevato. Risulta inoltre che le competenti autorità giudiziarie dispongono di un margine di discrezionalità in sede di fissazione del risarcimento applicando tale metodo. Di conseguenza, il metodo di cui all'articolo 13, paragrafo 1, lettera b), può essere considerato analogo al conferimento a tali autorità del potere di stimare l'ammontare del danno subito sulla base degli elementi disponibili
.
L'articolo 13, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IPRED non osta a una normativa nazionale ai sensi della quale il titolare di diritti di proprietà intellettuale violati può chiedere all'autore della violazione il pagamento di una somma equivalente al doppio dei diritti ipotetici. Infatti, se l'articolo 13, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IPRED non richiede necessariamente il raddoppio dei diritti ipotetici, la legislazione nazionale che applica tale disposizione dovrebbe permettere al titolare di chiedere che il risarcimento fissato come somma forfettaria sia calcolato non solo in base all'ammontare dei diritti ipotetici, ma anche sulla base di altri aspetti pertinenti. Tra questi può figurare il rimborso di eventuali spese legate alla ricerca e all'individuazione di possibili violazioni, il risarcimento di un eventuale danno morale o il versamento di interessi sugli importi dovuti.
2.Prevedere norme chiare ed efficaci in materia di rimborso delle spese giudiziarie
Dai risultati della consultazione pubblica emerge che i motivi principali per cui i titolari di diritti non esperiscono mezzi di ricorso di diritto civile per presunta violazione dei DPI sono gli onorari degli avvocati e altri costi connessi alla controversia e la percepita scarsa probabilità di ottenere un adeguato risarcimento delle spese giudiziarie e di altra natura. Dalla valutazione della direttiva IPRED risulta che le norme in materia di rimborso delle spese giudiziarie differiscono tra i vari paesi dell'UE e in alcuni casi sono insufficienti a coprire la totalità dei costi sopportati dalla parte vincitrice.
Ai sensi dell'articolo 14 della direttiva, spese giudiziarie ragionevoli e proporzionate, nonché altri oneri eventualmente sopportati dalla parte vincitrice sono a carico della parte soccombente, a meno che il rispetto del principio di equità non lo consenta. Il principio del rimborso delle spese giudiziarie di cui all'articolo 14 si applica a tutti i tipi di azioni giudiziarie contemplate dalla direttiva, vale a dire i procedimenti per violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Come chiarito dalla CGUE, sono compresi anche, ad esempio, i procedimenti per risarcire il pregiudizio causato a parti ingiustamente assoggettate a determinate misure conformemente all'articolo 7, paragrafo 4, e all'articolo 9, paragrafo 7, della direttiva
, così come una procedura di exequatur avviata per ottenere il riconoscimento e l'esecuzione di una decisione nell'ambito di una causa diretta a far rispettare un diritto di proprietà intellettuale. I procedimenti di annullamento non sono contemplati.
Se questo principio generale rappresenta per le autorità giudiziarie nazionali la base per il rimborso delle spese, tali autorità, nel calcolare l'importo effettivo del risarcimento che dovrebbe essere riconosciuto, sono generalmente vincolate da regimi nazionali più dettagliati su questo tema. Alcuni di questi regimi nazionali non sono specifici per la proprietà intellettuale, sono basati su un regime forfettario (massimali) e/o fanno riferimento alle norme nazionali che disciplinano i costi minimi per l'assistenza di avvocati o di consulenti in materia di brevetti. Di conseguenza, i regimi degli Stati membri variano notevolmente in termini di calcolo e di rimborso delle spese giudiziarie e delle procedure che disciplinano tale questione.
Regime forfettario
In tale contesto è stata sollevata la questione se i regimi nazionali basati su un regime forfettario, indicante un importo massimo dei costi che possono essere rimborsati, siano in linea con l'articolo 14 della direttiva IPRED.
La CGUE ha chiarito che una normativa che preveda tariffe forfettarie per il rimborso degli onorari di avvocato può, in linea di principio, essere giustificata a condizione che miri a garantire la ragionevolezza delle spese rimborsabili. Essa dovrebbe tenere conto di fattori quali l'oggetto della controversia, il valore di questa, o il lavoro da svolgere per la difesa del diritto in questione. Tale ipotesi può ricorrere, in particolare, se detta normativa mira ad escludere dal rimborso le spese eccessive. Si tratta di costi dovuti a onorari insolitamente elevati concordati tra la parte vittoriosa e il suo avvocato o dovute alla prestazione, da parte dell'avvocato, di servizi ritenuti non necessari per assicurare il rispetto del diritto di proprietà intellettuale in questione.
La CGUE ha statuito inoltre che il criterio di cui all'articolo 14 della direttiva IPRED secondo il quale la parte soccombente deve sopportare spese giudiziarie ragionevoli non può giustificare una legislazione nazionale che applichi tale disposizione imponendo tariffe forfettarie di gran lunga inferiori rispetto alle tariffe medie effettivamente applicate ai servizi prestati da avvocati in tale Stato membro. Una simile normativa sarebbe incompatibile con l'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva IPRED, che prevede che le misure, le procedure e i mezzi di ricorso previsti da detta direttiva siano dissuasivi.
L'articolo 14 della direttiva IPRED prevede inoltre che le spese giudiziarie a carico della parte soccombente devono essere "proporzionate". A tale proposito la Corte ha osservato che, sebbene il requisito di proporzionalità non implichi che la parte soccombente debba necessariamente rimborsare integralmente le spese sostenute dall'altra parte, esso esige tuttavia che quest'ultima abbia diritto al rimborso, quantomeno, di una parte significativa e congrua delle ragionevoli spese effettivamente sostenute dalla parte vittoriosa. Pertanto, una normativa nazionale che preveda un limite assoluto per le spese di assistenza legale deve assicurare, da un lato, che tale limite rispecchi le tariffe realmente praticate in materia di servizi di assistenza legale nell'ambito della proprietà intellettuale, ma anche, dall'altro, che almeno una parte significativa e congrua delle ragionevoli spese effettivamente sostenute dalla parte vittoriosa sia sopportata dalla parte soccombente.
L'articolo 14 della direttiva IPRED non osta a una normativa nazionale che preveda un regime di tariffe forfettarie per il rimborso delle spese di assistenza legale, a condizione che tali tariffe assicurino che i costi a carico della parte soccombente siano ragionevoli, tenuto conto delle caratteristiche specifiche del caso di specie. L'articolo 14 osta tuttavia a una normativa nazionale che preveda tariffe forfettarie troppo basse per garantire che almeno una parte significativa e congrua delle ragionevoli spese sostenute dalla parte vittoriosa sia sopportata dalla parte soccombente.
Tipologie di spese da rimborsare
Altre differenze tra gli Stati membri e le rispettive legislazioni nazionali riguardano le tipologie di spese oggetto di disposizioni di diritto nazionale che attuano l'articolo 14 della direttiva IPRED. In pratica, mentre le spese di giudizio per l'avvio di un procedimento giudiziario e altre spese procedurali sono spesso coperte per intero, i costi degli esperti esterni, le spese degli avvocati e gli onorari degli avvocati aggiuntivi, almeno in alcuni casi, sono coperti solo in parte.
Ai sensi dell'articolo 14, l'autore della violazione deve di norma sopportare interamente le conseguenze finanziarie della sua condotta
; d'altro canto, la parte vittoriosa ha diritto al rimborso, quantomeno, di una parte significativa e congrua delle ragionevoli spese giudiziarie effettivamente sostenute
.
Più specificamente, mentre l'articolo 14 della direttiva IPRED si riferisce a "spese giudiziarie" e a "altri oneri eventualmente sopportati dalla parte vincitrice", la direttiva non fornisce una definizione precisa di tali nozioni. La CGUE ha affermato che la nozione di "spese giudiziarie" comprende, tra l'altro, gli onorari di avvocato. Ha affermato altresì che la nozione di "altri oneri" comprende, in linea di principio, le spese sostenute per i servizi di un consulente tecnico. La CGUE tuttavia ha anche precisato che quest'ultima nozione deve essere interpretata in senso stretto e che sono pertanto riconducibili agli "altri oneri", ai sensi dell'articolo 14, le sole spese che sono direttamente e strettamente connesse alla procedura giudiziaria di cui trattasi.
In tale contesto, la CGUE ha giudicato che le spese per l'individuazione della violazione e relative ricerche sostenute, tra l'altro, allorché un consulente tecnico procede ad un'indagine generale di mercato e rileva possibili violazioni di un diritto di proprietà intellettuale, riconducibili ad autori ignoti in tale fase, non sembrano dimostrare che esista un siffatto nesso diretto e stretto. Per contro, essa ha ritenuto che nella misura in cui i servizi di un consulente tecnico, indipendentemente dalla loro natura, siano indispensabili per poter utilmente avviare un'azione giudiziaria che miri, in un caso concreto, ad assicurare il rispetto di un tale diritto, le spese connesse all'assistenza di detto consulente rientrano tra gli "altri oneri". Ai sensi dell'articolo 14 della direttiva IPRED, si tratta di "altri oneri" che devono essere sopportati dalla parte soccombente.
La CGUE ha anche chiarito che l'articolo 14 della direttiva IPRED osta a norme nazionali che prevedono il rimborso delle spese di un consulente tecnico soltanto in caso di fatto illecito commesso dalla parte soccombente, dato che tali spese sono direttamente e strettamente connesse ad un'azione giudiziaria mirante ad assicurare il rispetto della proprietà intellettuale.
Infine, è importante sottolineare che quanto precede non significa necessariamente che le spese non considerate dall'articolo 14 non possono essere risarcite. Significa piuttosto che, se del caso, le richieste di risarcimento di tali spese, ad esempio per l'individuazione della violazione e relative ricerche, devono essere avanzate mediante un ricorso per risarcimento danni ai sensi dell'articolo 13.
L'articolo 14 della direttiva si applica alle spese giudiziarie, comprendenti gli onorari degli avvocati, nonché le altre spese direttamente e strettamente connesse alla procedura giudiziaria di cui trattasi. Queste ultime comprendono le spese sostenute per i servizi di un consulente tecnico quando tali servizi siano indispensabili per poter utilmente avviare un'azione giudiziaria che miri, in un caso concreto, ad assicurare il rispetto di un tale diritto.
3.Focalizzazione sulle violazioni commesse su scala commerciale
Alcuni degli strumenti di cui alla direttiva IPRED devono essere applicati solo in caso di violazioni dei diritti di proprietà intellettuale commesse su scala commerciale (articolo 6, paragrafo 2, e articolo 9, paragrafo 2) o riguardano persone diverse dagli autori della violazione [articolo 8, paragrafo 1, lettere a), b) e c)] che sono state trovate in possesso di merci oggetto di violazione di un diritto, su scala commerciale, oppure sono state sorprese a utilizzare servizi oggetto di violazione di un diritto, su scala commerciale, o a fornire su scala commerciale servizi utilizzati in attività di violazione di un diritto.
Nell'ambito del quadro giuridico per il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, la nozione di "scala commerciale" richiede l'applicazione di alcune misure di più vasta portata o invasive in caso di violazioni di particolare gravità, garantendo in tal modo che le violazioni più gravi siano trattate efficacemente pur assicurando nel contempo la proporzionalità e un approccio equilibrato. Sembra tuttavia che tale nozione sia interpretata e applicata in modo diverso nei vari Stati membri.
La nozione di "scala commerciale" non è stata definita nella direttiva. La direttiva non contiene inoltre alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo significato. Risulta da una costante giurisprudenza che, alla luce della necessità di garantire tanto l'applicazione uniforme del diritto dell'Unione quanto il principio di uguaglianza, tale nozione dovrebbe in tal caso essere oggetto, nell'intera Unione europea, di un'interpretazione autonoma e uniforme.
Inoltre, il considerando 14 della direttiva fornisce alcuni chiarimenti, affermando che riguarda atti "effettuati per ottenere vantaggi economici o commerciali diretti o indiretti, con l'esclusione di norma degli atti effettuati dai consumatori finali in buona fede".
La nozione di "scala commerciale", ai sensi dell'articolo 61 dell'accordo sugli ADPIC, è stata esaminata in modo approfondito in una relazione del panel per la risoluzione delle controversie dell'Organizzazione mondiale del commercio ("OMC"). Al riguardo il panel ha preso in considerazione il significato ordinario dei termini "scala" e "commerciale" e ha concluso che la nozione deve essere intesa con riferimento a elementi sia qualitativi sia quantitativi e che si riferisce a un ordine di grandezza o dimensione della normale o abituale attività commerciale con riferimento a un certo prodotto in un determinato mercato. Sebbene nell'accordo sugli ADPIC tale nozione sia utilizzata in un contesto lievemente diverso che nella direttiva e che nell'ordinamento giuridico dell'UE tali relazioni del panel non siano di per sé vincolanti ai fini dell'interpretazione di un atto di diritto derivato dell'Unione, come la direttiva IPRED, la Commissione ritiene che la relazione rappresenti tuttavia un utile punto di riferimento.
Da quanto precede risulta che, a parere della Commissione, la nozione di scala commerciale, quale utilizzata in diverse disposizioni della direttiva, non dovrebbe essere intesa in termini puramente quantitativi; al contrario, dovrebbero essere tenuti in considerazione anche alcuni elementi qualitativi, ad esempio se l'attività in questione è normalmente esercitata per ottenere vantaggi economici o commerciali.
La nozione di "scala commerciale", ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, dell'articolo 8, paragrafo 1, e dell'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva IPRED dovrebbe essere interpretata e applicata tenendo conto di elementi qualitativi, quali i vantaggi economici o commerciali che possono essere conseguiti con le violazioni in questione, nonché di elementi quantitativi, come il numero e l'entità delle violazioni, che sono pertinenti nel caso in esame.
III.ASSICURARE UN APPROCCIO EQUILIBRATO IN MATERIA DI RISPETTO DEI DPI E IMPEDIRE GLI ABUSI
1.Obbligo generale e diritti fondamentali
L'obbligo generale contenuto nella direttiva consiste nel contemplare le misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad assicurare il rispetto dei DPI. Questi devono essere "leali ed equi", non devono essere "inutilmente complessi o costosi e non comportano termini irragionevoli né ritardi ingiustificati"; devono inoltre essere efficaci, proporzionati e dissuasivi, non costituire ostacoli al commercio e prevedere salvaguardie contro gli abusi (articolo 3, paragrafi 1 e 2). Inoltre, le misure, le procedure e i mezzi di ricorso dovrebbero essere determinati in ciascun caso in modo tale da tenere debitamente conto delle caratteristiche specifiche del caso, tra cui le peculiarità di ciascun diritto di proprietà intellettuale e, ove necessario, il carattere intenzionale o non intenzionale della violazione. Di conseguenza, al fine di garantire un uso equilibrato del sistema di tutela civile dei diritti di proprietà intellettuale, le autorità giudiziarie competenti dovrebbero, in generale, effettuare una valutazione caso per caso allorché prendono in considerazione l'uso delle misure, delle procedure e dei mezzi di ricorso previsti dalla direttiva IPRED.
La direttiva rispetta tutti i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ("la Carta"). Essa mira in particolare ad assicurare il pieno rispetto della proprietà intellettuale in conformità all'articolo 17, paragrafo 2, della Carta. Di conseguenza, le norme enunciate nella direttiva devono essere interpretate e applicate in modo tale che non solo questo specifico diritto fondamentale risulta tutelato, ma anche che gli altri diritti fondamentali in questione sono pienamente presi in considerazione e rispettati. Questi ultimi possono includere, se del caso, i diritti a una tutela giurisdizionale effettiva e alla tutela della vita privata e dei dati di carattere personale, nonché la libertà di espressione e la libertà d'impresa. Una serie di sentenze della CGUE emesse dopo l'adozione della direttiva affrontano tale questione.
In particolare, nella sentenza Promusicae la CGUE ha affrontato la questione del giusto equilibrio tra diversi diritti fondamentali quando ha interpretato, alla luce della Carta, le disposizioni della direttiva sul commercio elettronico, della direttiva sulla società dell'informazione, della direttiva sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e della direttiva e-privacy. La CGUE ha spiegato che, nell'interpretazione di tali direttive, le autorità e i giudici nazionali devono garantire che sia assicurato un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali in gioco ed evitare ogni conflitto con gli altri principi generali del diritto dell'Unione, come il principio di proporzionalità. In questo caso particolare, la CGUE ha concluso che gli Stati membri non sono tenuti a istituire un obbligo di comunicare dati personali per garantire l'effettiva tutela del diritto d'autore nel contesto di un procedimento civile. La CGUE ha anche concluso tuttavia che, in sede di trasposizione delle suddette direttive, essi devono interpretarle in modo tale che sia trovato un giusto equilibrio tra i diritti fondamentali che garantiscono la tutela dei dati di carattere personale e della vita privata e i diritti fondamentali di proprietà e a una tutela giurisdizionale effettiva.
Tale approccio è stato mantenuto anche nelle successive decisioni della CGUE, nelle quali sono stati forniti ulteriori orientamenti sul modo in cui assicurare un giusto equilibrio tra vari diritti fondamentali contrapposti, tra l'altro al momento di decidere in merito a richieste relative al diritto d'informazione e l'emissione di ingiunzioni.
Sebbene tali decisioni siano state adottate nel contesto specifico di controversie relative a violazioni del diritto d'autore, l'analisi della CGUE riguarda, in generale, l'equilibrio tra i diritti fondamentali in questione. La Commissione ritiene pertanto che l'obbligo di garantire un giusto equilibrio tra tali diritti, alla luce del principio generale di proporzionalità, si applichi non solo nei casi di violazione del diritto d'autore, ma anche nel caso di tutti i diritti di proprietà intellettuale che rientrano nel campo di applicazione della direttiva IPRED.
In tutti i casi di interpretazione e applicazione delle disposizioni della direttiva e in cui siano in gioco vari diritti fondamentali contrapposti tutelati nell'ordinamento giuridico dell'Unione, occorre garantire che sia assicurato un giusto equilibrio tra tali diritti, alla luce del principio di proporzionalità.
2.Garantire un giusto equilibrio tra i diritti fondamentali applicabili nel caso del diritto d'informazione
Garantire un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali assume particolare importanza in sede di applicazione del diritto d'informazione di cui all'articolo 8 della direttiva IPRED. L'articolo 8 impone agli Stati membri di assicurare che le autorità giudiziarie competenti possano ordinare all'autore della violazione o a determinate altre persone di fornire informazioni precise sull'origine delle merci o servizi controversi, sui circuiti di distribuzione e sull'identità di terzi coinvolti nella violazione.
Nel caso delle richieste relative al diritto d'informazione ai sensi dell'articolo 8, possono verificarsi situazioni in cui sia necessario contemperare diversi diritti fondamentali. Una di queste situazioni potrebbe ad esempio riguardare, da un lato, i diritti fondamentali alla tutela della proprietà (compresa la proprietà intellettuale) e ad una tutela giurisdizionale effettiva e, dall'altro, i diritti fondamentali alla protezione della vita privata e dei dati personali, così come la libertà d'impresa.
Qualsiasi ordine delle autorità giudiziarie competenti a fornire informazioni ai sensi dell'articolo 8 dovrebbe riguardare soltanto le informazioni effettivamente necessarie per identificare la fonte e la portata della violazione. Ciò discende, a parere della Commissione, dal presupposto di una richiesta giustificata e proporzionata di cui all'articolo 8, paragrafo 1, e dagli obblighi generali di cui all'articolo 3 (in particolare, la prescrizione che le misure adottate devono essere leali ed eque, nonché non inutilmente complesse o costose, e che devono essere previste salvaguardie contro gli abusi).
La CGUE ha chiarito che il diritto dell'Unione, in particolare l'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva IPRED, in combinato disposto con l'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva e‑privacy, non osta a che gli Stati membri possano imporre l'obbligo di comunicare a determinati soggetti terzi privati dati di carattere personale relativi al traffico Internet al fine di permettere a tali soggetti di avviare un procedimento civile per violazione del diritto d'autore. D'altro canto essa ha tuttavia concluso anche che le norme del diritto dell'Unione applicabili nel caso di specie non richiedono che gli Stati membri istituiscano un siffatto obbligo.
La Corte ha altresì affermato che tali norme non ostano all'applicazione di una normativa nazionale, istituita sulla base dell'articolo 8 della direttiva IPRED, la quale, ai fini dell'identificazione di un abbonato a Internet o di un utente Internet, consenta di ingiungere ad un operatore Internet di comunicare al titolare di un diritto di autore ovvero al suo avente causa l'identità dell'abbonato al quale sia stato attribuito un indirizzo IP che sia servito ai fini della violazione di tale diritto. Una siffatta normativa nazionale, tuttavia, dovrebbe consentire al giudice nazionale di ponderare, in funzione delle circostanze della specie e tenuto debitamente conto delle esigenze risultanti dal principio di proporzionalità, i contrapposti interessi in gioco.
In un'altra causa, la CGUE ha chiarito che l'articolo 8, paragrafo 3, lettera e), della direttiva IPRED osta a disposizioni di diritto nazionale che consentano, in maniera illimitata ed incondizionata, ad un istituto bancario di opporre il segreto bancario per rifiutarsi di fornire, nell'ambito dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della medesima direttiva, informazioni relative al nome e all'indirizzo del titolare di un conto. Tale illimitata ed incondizionata facoltà di eccepire il segreto bancario è atta a comportare una grave violazione dell'esercizio effettivo del diritto fondamentale di proprietà intellettuale a vantaggio del diritto delle persone contemplate dall'articolo 8, paragrafo 1, della direttiva alla tutela dei dati personali che le riguardano.
Ai sensi dell'articolo 8 della direttiva IPRED, le autorità giudiziarie competenti possono ordinare all'autore della violazione o a determinate altre persone di fornire informazioni sull'origine e sulle reti di distribuzione di merci o di prestazione di servizi che violano un diritto di proprietà intellettuale. Tali informazioni possono includere dati personali, qualora tale divulgazione avvenga nel rispetto della legislazione applicabile in materia di protezione dei dati personali e a condizione che siano previste salvaguardie per garantire un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali in questione.
3.Presentazione di specifici elementi di prova che si trovano nella disponibilità della controparte
A norma dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva IPRED, le autorità giudiziarie competenti, nel caso in cui il ricorrente abbia presentato elementi di prova ragionevolmente accessibili e sufficienti per sostenere le sue affermazioni e abbia, nel convalidare le sue richieste, specificato prove, possono ordinare che le prove che si trovano nella disponibilità della controparte siano prodotte.
Nel corso della valutazione è stato sostenuto che in alcuni Stati membri il processo inteso a specificare gli elementi di prova che si trovano nella disponibilità della controparte può essere molto oneroso per il ricorrente e quindi, in pratica, limitare in modo significativo la possibilità di ottenere tali prove. È stato riferito che, in alcuni casi, i ricorrenti sono stati invitati a precisare l'esatta natura, l'ubicazione, i numeri di riferimento o il contenuto dei documenti richiesti, anche se risulta ovviamente difficile, se non impossibile, per una persona esterna che non ha necessariamente preso visione dei documenti richiesti ottenere tali informazioni.
Seppure una certa circostanziazione sia senz'altro necessaria, la richiesta di un livello eccessivo di dettaglio mette in discussione l'efficacia delle misure di comunicazione di cui all'articolo 6, paragrafo 1, e solleva dubbi circa la proporzionalità delle prescrizioni stabilite a livello nazionale. Solleva altresì la questione della natura "leale ed equa" di tali prescrizioni e potrebbe rendere eccessivamente complicato l'utilizzo delle misure previste dalla direttiva. In quanto tali, le prescrizioni nazionali dettagliate di questo tipo potrebbero essere in contrasto con l'articolo 6, paragrafo 1, in combinato disposto con gli obblighi di cui all'articolo 3 della direttiva.
La direttiva sulle azioni per il risarcimento del danno nell'ambito della concorrenza è più sofisticata a questo riguardo. L'articolo 5, paragrafo 2, della direttiva, in merito alla divulgazione delle prove, fa obbligo agli Stati membri di provvedere affinché i giudici nazionali possano ordinare la divulgazione di specifici elementi di prova o rilevanti categorie di prove definiti nel modo più preciso e circoscritto possibile sulla base dei fatti ragionevolmente disponibili nella richiesta motivata.
La Commissione è del parere che vi possono essere fondati motivi per adottare un approccio simile in sede di interpretazione e applicazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva IPRED. Se il ricorrente è tenuto a precisare quanto più possibile le informazioni che egli richiede, l'obbligo di soddisfare tale richiesta dovrebbe essere interpretato entro limiti ragionevoli, alla luce delle specificità del caso in esame. A parere della Commissione, ciò significa che, sebbene, in linea di principio, il ricorrente dovrebbe specificare nella sua richiesta i singoli elementi di prova, l'articolo 6, paragrafo 1, non esclude che, in determinati casi, un ricorrente specifichi una determinata categoria di elementi di prova, a condizione che il grado di dettaglio permetta alla controparte di individuare elementi concreti che si trovano nella sua disponibilità e all'autorità giudiziaria competente di decidere in merito alla richiesta di divulgazione.
Vi sono inoltre difficoltà a comprendere che cosa si intenda per "prove che si trovano nella disponibilità della controparte". Più in particolare, sono emersi dubbi se il termine "disponibilità" si riferisca soltanto al possesso di prove, o se non debba essere piuttosto inteso in senso più ampio, implicando anche che la controparte è tenuta a effettuare una ricerca ragionevole.
La Commissione osserva che, sebbene l'articolo 6, paragrafo 1, non sembri offrire una chiara base per costringere una parte a adoperarsi attivamente per cercare prove che si trovano in possesso di terzi al di fuori della sua disponibilità affinché tali elementi di prova siano prodotti, l'utilizzo del termine "disponibilità" induce a ritenere che non è necessariamente richiesto che la parte sia effettivamente in possesso degli elementi di prova. Pertanto, a parere della Commissione, in casi giustificati, l'articolo 6, paragrafo 1, potrebbe dar luogo a un obbligo per una parte di effettuare una ricerca diligente di elementi di prova all'interno della propria organizzazione (comprese le entità giuridiche distinte che essa controlla), a condizione che il ricorrente abbia sufficientemente comprovato e precisato la richiesta per le prove in questione, che l'obbligo non vada al di là di quanto è proporzionato, non sia inutilmente costoso e siano previste salvaguardie contro gli abusi, se necessario.
Qualsiasi richiesta di produzione di elementi di prova a norma dell'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva IPRED dovrebbe essere adeguatamente motivata e dettagliata e restare circoscritta a quanto è proporzionato nelle circostanze specifiche del caso di specie. Questa prescrizione non deve tuttavia escludere la possibilità che alla parte oggetto della misura sia richiesto, in taluni casi, di presentare effettive categorie di prove o di effettuare una ricerca diligente di elementi di prova all'interno della propria organizzazione.
4.Garantire la tutela delle informazioni riservate
La possibilità di ottenere le misure di cui all'articolo 6, paragrafi 1 e 2, all'articolo 7, paragrafo 1, e all'articolo 8, paragrafi 1 e 2, della direttiva IPRED è subordinata alla tutela delle informazioni riservate. Tale limitazione è particolarmente importante quando i documenti indicati come elementi di prova o le informazioni che potrebbero essere potenzialmente presentate contengono segreti commerciali o altre informazioni sensibili sotto il profilo commerciale per la parte soggetta a tali misure.
Per le richieste in merito al diritto d'informazione ai sensi dell'articolo 8 è stato riferito che la circostanza che taluni tipi di informazioni possano essere soggetti a regimi di riservatezza differenti nei vari Stati membri può comportare ulteriori problemi per i titolari dei diritti. Ciò in quanto non è chiaro se essi potrebbero utilizzare in un paese le informazioni lecitamente ottenute in un altro paese in cui la riservatezza di tali informazioni rientrerebbe nell'ambito di norme più rigorose in materia di riservatezza.
Per ragioni di proporzionalità, le richieste di produzione di elementi di prova ai sensi dell'articolo 6, di misure di protezione delle prove di cui all'articolo 7 e di fornitura delle informazioni di cui all'articolo 8 dovrebbero essere atte a comprovare quanto asserito nell'azione giudiziaria in questione. Tuttavia, anche se alcune delle informazioni in possesso della controparte sono cruciali per dimostrare la presunta violazione, la sua portata o le sue conseguenze, la natura specifica di queste informazioni potrebbe in alcuni casi ad esempio presentare ancora un importante valore commerciale tale da non permetterne la divulgazione al ricorrente. Dal feedback ottenuto dalla valutazione emerge che le autorità giudiziarie possono avere difficoltà a contemperare tali contrapposti interessi, in particolare quando le parti sono concorrenti.
La Commissione osserva, a questo riguardo, che gli articoli in questione stabiliscono non tanto che tali informazioni riservate non possono essere utilizzate nei procedimenti in esame, quanto piuttosto che le informazioni devono essere protette. In alcuni Stati membri sono state adottate misure per consentire la divulgazione di informazioni riservate solo al giudice o a terzi vincolati da specifiche norme di riservatezza. Inoltre, l'articolo 60, paragrafo 3, dell'accordo su un tribunale unificato dei brevetti prevede la possibilità che detto tribunale disponga l'ispezione in loco da parte di una persona da esso nominata. In occasione dell'ispezione in loco il richiedente non è presente in persona, ma può essere rappresentato da un professionista indipendente il cui nome deve essere specificato nell'ordine del tribunale.
La Commissione è del parere che le autorità giudiziarie competenti dovrebbero poter decidere, conformemente alle norme dettagliate del diritto nazionale, di propria iniziativa o su richiesta di una delle parti del procedimento, i mezzi adeguati per tutelare le informazioni riservate allorché tali informazioni possono essere interessate dalle misure di cui agli articoli 6, 7 o 8. Sebbene ciò non sia espressamente previsto da queste disposizioni, la Commissione ritiene che tali strumenti potrebbero comprendere, ove giustificato, la possibilità di presentare dette informazioni solo alle autorità giudiziarie competenti o ad un terzo indipendente e imparziale designato a fornire assistenza nei procedimenti o nelle ispezioni a fini di descrizione o di sequestro e che sia soggetto a opportuni obblighi di riservatezza. Tutti questi strumenti dovrebbero garantire che le informazioni non siano comunicate al ricorrente, a un'altra parte nella controversia o al pubblico in generale, tenendo debitamente conto del diritto di difesa del ricorrente o di tali altre parti.
Dovrebbe essere pienamente rispettato l'obbligo di tutelare le informazioni riservate sancito agli articoli 6, 7 e 8 della direttiva IPRED mediante strumenti appropriati che assicurino le necessarie salvaguardie. Tra questi strumenti appropriati potrebbero figurare la comunicazione di informazioni riservate soltanto alle autorità giudiziarie competenti o l'ispezione in loco a fini di descrizione o sequestro effettuata solo da determinati terzi indipendenti e imparziali.
5.Importanza delle garanzie
La direttiva IPRED stabilisce che le misure di protezione degli elementi di prova (articolo 7, paragrafo 2) e le misure provvisorie (articolo 9, paragrafo 6) possono essere subordinate alla costituzione di una cauzione adeguata o di una garanzia equivalente da parte dell'attore al fine di garantire il risarcimento dell'eventuale danno subito dal convenuto. Tali cauzioni o garanzie rappresentano uno strumento importante non solo per compensare, se necessario, tale pregiudizio ex post, ma anche per prevenire potenziali abusi delle misure previste dalla direttiva IPRED. A tale riguardo, gli obblighi specifici di cui all'articolo 7, paragrafo 2, e all'articolo 9, paragrafo 6, attuano l'obbligo generale di cui all'articolo 3, paragrafo 2, in particolare il fatto che le misure, le procedure e i mezzi di ricorso previsti dalla direttiva devono essere applicati in modo da prevedere salvaguardie contro gli abusi.
Tuttavia, l'articolo 3, paragrafo 2, stabilisce altresì che le misure, le procedure e i mezzi di ricorso devono essere effettivi, proporzionati e dissuasivi e, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, leali ed equi e non inutilmente costosi. Ciò mette in luce il fatto che, se è necessario evitare abusi, gli strumenti a questo fine non possono essere in contrasto con queste ultime prescrizioni. Ciò significa, ad esempio, che le cauzioni che devono essere costituite per le misure provvisorie da emettere non dovrebbero essere fissate a livelli tali che in pratica i richiedenti non chiederanno più l'applicazione dei provvedimenti provvisori in questione. Ciò è particolarmente importante per le PMI, in quanto i costi dei procedimenti civili, unitamente al rischio di perdere la causa e di dover sostenere le spese di entrambe le parti, sono uno dei principali deterrenti a far valere i diritti di proprietà intellettuale in un procedimento civile
.
L'imposizione della costituzione da parte del richiedente di una cauzione adeguata o di una garanzia equivalente quale condizione preliminare per l'emissione di misure provvisorie e cautelari conformemente agli articoli 7 e 9 della direttiva IPRED può costituire una soluzione adeguata per prevenire l'uso abusivo di tali misure. Quando si stabilisce quale cauzione o garanzia equivalente sia da ritenersi adeguata in un determinato caso, occorre tener conto, tra l'altro, della capacità economica del richiedente e degli effetti potenziali sull'efficacia delle misure applicate, in particolare per le PMI.
6.Possibilità e vantaggi di una protective brief
L'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva IPRED prevede la possibilità, in casi appropriati, di adottare misure di protezione delle prove inaudita altera parte (ex parte), in particolare quando eventuali ritardi potrebbero causare un danno irreparabile al titolare dei diritti o se sussiste un rischio comprovabile di distruzione degli elementi di prova. Allo stesso modo, come previsto all'articolo 9, paragrafo 4, della direttiva IPRED, misure provvisorie e cautelari possono essere adottate inaudita altera parte, in particolare quando un ritardo potrebbe arrecare un danno irreparabile al titolare del diritto. In tali casi, a motivo della natura urgente e/o della necessità di non informare il convenuto in anticipo, la decisione in merito all'adozione delle misure è presa unilateralmente senza previa notifica e audizione, ossia, senza che il convenuto abbia avuto la possibilità di addurre argomentazioni a sua difesa, anche se egli può subire le conseguenze dell'eventuale gravità degli effetti del provvedimento adottato.
Gli articoli 7 e 9 prevedono una serie di salvaguardie, in particolare il fatto che tali ingiunzioni ex parte possono essere emesse solo per motivi specifici, devono essere comunicate al convenuto immediatamente dopo la loro esecuzione e sono soggette a riesame giurisdizionale ex post, nel corso del quale il convenuto ha diritto ad essere inteso. Resta tuttavia il fatto che tali provvedimenti inaudita altera parte influenzano in modo significativo il diritto fondamentale del convenuto ad essere inteso e a difendersi in tribunale, che costituisce parte del diritto fondamentale a un equo processo
. Le limitazioni al diritto ad essere inteso dovrebbero pertanto, in linea di principio, essere imposte solo ai sensi di tali articoli, garantendo le salvaguardie necessarie e nella misura in cui tali limitazioni sono necessarie per garantire i diritti alla tutela della proprietà intellettuale e a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente, che sono anch'essi diritti fondamentali garantiti dalla Carta.
Al fine di assicurare il giusto equilibrio tra tali contrapposti interessi e i diritti fondamentali, alcuni Stati membri (Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi e Spagna) e la norma 207 del regolamento interno del tribunale unificato dei brevetti prevedono lo strumento della protective brief (nota anche come protective letter o protective writ). Con una protective brief, un convenuto che teme di essere citato in giudizio per violazione dei diritti di proprietà intellettuale (ad esempio perché ha ricevuto una lettera di diffida da parte del titolare del diritto) informa le autorità giudiziarie competenti in anticipo (vale a dire, prima ancora che sia presentata una richiesta) sul motivo per cui la potenziale violazione è, a suo avviso, priva di fondamento. L'obiettivo principale di una protective brief è fornire alle autorità giudiziarie quante più informazioni possibili prima che sia presa, senza sentire il convenuto una volta che la domanda di ingiunzione preliminare è stata presentata, una decisione in merito a tale domanda.
Sebbene non espressamente prevista dalla direttiva IPRED, la protective brief può essere considerata uno strumento efficace per contribuire a bilanciare, in modo equo e proporzionato, i diversi contrapposti interessi e i diritti fondamentali in gioco in relazione alla possibilità di emettere provvedimenti inaudita altera parte di cui all'articolo 7, paragrafo 1, e all'articolo 9, paragrafo 4, della direttiva IPRED.
IV.GARANTIRE L'EFFICACE TUTELA DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE, ANCHE IN UN CONTESTO DIGITALE
La presente sezione è incentrata sulla questione delle ingiunzioni e degli intermediari. Dalle opinioni espresse nell'ambito della consultazione pubblica emerge che i titolari dei diritti ritengono le ingiunzioni preliminari uno strumento essenziale per tutelare i loro diritti. Inoltre, come indicato nella direttiva sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione ("direttiva sulla società dell'informazione")
, in particolare in ambito digitale, i servizi degli intermediari possono essere sempre più utilizzati da terzi per attività illecite. In molti casi siffatti intermediari sono i più idonei a porre fine a dette attività illecite.
1.Ingiunzioni e responsabilità
La direttiva IPRED prevede due tipi di ingiunzioni. In primo luogo, ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), gli Stati membri sono tenuti a garantire che i titolari dei diritti possano chiedere un'ingiunzione interlocutoria nei confronti dell'autore di una violazione o di un intermediario. L'obiettivo di tale provvedimento è quello di prevenire una violazione imminente o di vietare il proseguimento della violazione. In secondo luogo, l'articolo 11 impone agli Stati membri di assicurare che, nell'ambito del giudizio di merito, le autorità giudiziarie competenti possano emettere nei confronti dell'autore della violazione un'ingiunzione diretta a vietare il proseguimento della violazione, oppure nei confronti di un intermediario un'ingiunzione finalizzata non solo a porre fine alle violazioni, ma anche a prevenire nuove violazioni.
In questo contesto è importante sottolineare che il diritto dell'Unione opera una distinzione tra la nozione di responsabilità e la possibilità di emettere ingiunzioni nei confronti di intermediari come stabilito all'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 11 della direttiva IPRED. La CGUE ha confermato che l'obbligo imposto agli Stati membri dall'articolo 11 della direttiva IPRED si applica "indipendentemente dalla propria responsabilità eventuale [ossia dell'intermediario] nei fatti controversi".
La possibilità di emettere un'ingiunzione nei confronti di un intermediario sulla base dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), e dell'articolo 11 della direttiva IPRED non dipende dalla responsabilità dell'intermediario nella (presunta) violazione in questione. Di conseguenza, le autorità giudiziarie competenti non possono chiedere ai richiedenti di dimostrare che l'intermediario è responsabile, anche indirettamente, della (presunta) violazione, come condizione per l'emissione di un'ingiunzione.
2.Chiarimento della nozione di intermediario
La direttiva IPRED, all'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 11, fa riferimento alla possibilità di emettere ingiunzioni "contro un intermediario, i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare un diritto di proprietà intellettuale". La direttiva non precisa quali operatori economici devono essere considerati intermediari ai sensi della direttiva.
La CGUE ha chiarito che un operatore economico può essere qualificato come intermediario ai sensi di tali disposizioni quando presta un servizio suscettibile di essere utilizzato da una o più altre persone per violare uno o più diritti di proprietà intellettuale o per accedere a contenuti o merci costituenti illecite
. Affinché possa essere qualificato come tale, l'operatore economico non deve necessariamente intrattenere un particolare rapporto, ad esempio attraverso un legame contrattuale, con questa o queste persone.
Di conseguenza, l'applicazione dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), e dell'articolo 11 della direttiva non è limitata a un gruppo specifico di intermediari, bensì interessa diversi settori e comprende servizi sia offline sia online.
La CGUE ha esplicitamente affermato che i fornitori di accesso ad Internet, le piattaforme di reti sociali, i mercati online e i locatari di un'area di mercato devono essere considerati intermediari nelle circostanze dei fatti di causa nel procedimento giudiziario in corso.
La Commissione ritiene, sulla base della giurisprudenza della CGUE ad oggi disponibile, che non vi è motivo di considerare esaustivo tale elenco e che, di conseguenza, anche una schiera di altri operatori economici che prestano servizi suscettibili di essere utilizzati da altre persone per violare i diritti di proprietà intellettuale può rientrare nella nozione di intermediario della direttiva, ciò che va determinato caso per caso. A parere della Commissione, tra tali operatori economici possono, a seconda dei casi, rientrare, ad esempio, i prestatori di taluni servizi della società dell'informazione, i prestatori di servizi postali e di consegna di pacchi, le società di trasporto e di logistica e i venditori al dettaglio.
La Commissione ricorda inoltre che l'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), e l'articolo 11 devono essere interpretati e applicati alla luce delle prescrizioni di carattere generale di cui all'articolo 3 e dei diritti fondamentali applicabili tutelati nell'ordinamento giuridico dell'UE. Di conseguenza, da un lato, la partecipazione di tali operatori economici, che non sono direttamente coinvolti in una attività di violazione, al processo di tutela dei diritti di proprietà intellettuale ai sensi della direttiva IPRED può essere richiesta per garantire che i titolari dei diritti siano in grado di far valere efficacemente i propri diritti. Dall'altro, può non esserci, in un determinato caso, alcuna giustificazione per un siffatto coinvolgimento se i servizi prestati sono così distanti o immateriali rispetto alla (presunta) violazione che si può ragionevolmente considerare che l'operatore economico di cui trattasi non può contribuire in modo significativo, di modo che la sua partecipazione sarebbe eccessiva e inutilmente onerosa.
Gli operatori economici che prestano un servizio suscettibile di essere utilizzato da altre persone per violare diritti di proprietà intellettuale possono, a seconda delle circostanze del caso in esame, essere qualificati come intermediari ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), e dell'articolo 11 della direttiva IPRED, anche in assenza di un particolare rapporto, come ad esempio un legame contrattuale, tra queste due parti.
3.Garantire un regime equilibrato per le ingiunzioni e gli intermediari
Nel contesto del bilanciamento dei diritti e degli interessi che è normalmente necessario in relazione all'interpretazione e all'applicazione del regime della direttiva IPRED con riferimento a ingiunzioni e intermediari, due questioni, oltre a quelle indicate in precedenza, assumono generalmente particolare importanza, ossia la portata delle ingiunzioni emesse e il filtraggio.
Portata delle ingiunzioni
Pur essendo inizialmente l'attore a dover precisare nella sua richiesta la portata dell'ingiunzione che ritiene idonea a prevenire una violazione imminente o a impedire il proseguimento di una violazione in corso, spetta all'autorità giudiziaria competente decidere in merito a tale richiesta. È pertanto l'autorità giudiziaria competente che stabilisce quali misure dovranno (eventualmente) essere adottate da parte del convenuto. Tale autorità giudiziaria dovrebbe valutare la richiesta tenendo debitamente conto delle caratteristiche specifiche del caso (cfr. considerando 17 della direttiva IPRED) e qualsiasi ingiunzione emessa deve rispettare il principio di proporzionalità e le altre prescrizioni di carattere generale di cui all'articolo 3, nonché i diritti fondamentali applicabili.
Ne consegue che l'autorità giudiziaria competente non dovrebbe emettere ingiunzioni che prevedono l'adozione di misure che vadano al di là di quanto è appropriato e necessario alla luce dei fatti e delle circostanze del caso di specie per prevenire una violazione imminente o vietare il proseguimento della violazione. Pertanto, qualunque ingiunzione emessa dovrebbe essere efficace, ma dovrebbe avere la portata minima necessaria per conseguire tale obiettivo. Non è necessario che le misure adottate in esecuzione di un'ingiunzione conducano alla cessazione completa delle violazioni arrecate al diritto di proprietà intellettuale: in determinate circostanze, può essere sufficiente che esse rendano difficilmente realizzabili le violazioni o le scoraggino seriamente. Al tempo stesso, il destinatario dell'ingiunzione non dovrebbe essere tenuto a fare sacrifici insostenibili.
Nelle controversie in materia di violazione del diritto d'autore, la CGUE ha chiarito che le misure adottate dal fornitore di accesso ad Internet, quale intermediario destinatario dell'ingiunzione, devono essere rigorosamente mirate. Più in particolare, tali misure devono servire a porre fine alla violazione arrecata da parte di un terzo al diritto d'autore o a un diritto connesso, senza pregiudizio degli utenti di Internet che ricorrono ai servizi di tale fornitore al fine di accedere lecitamente ad informazioni. La CGUE ha rilevato, nelle circostanze del caso di specie che, in caso contrario, l'ingerenza di detto fornitore di accesso nella libertà di informazione di tali utenti sarebbe ingiustificata alla luce dell'obiettivo perseguito. Come osservato in precedenza, con riferimento agli intermediari, la CGUE ha chiarito inoltre che le ingiunzioni possono servire non solo a porre fine alle violazioni, ma anche a prevenire nuove violazioni.
Di conseguenza, nel caso di una violazione dei diritti di proprietà intellettuale consistente nella pubblicazione di un determinato contenuto online, può essere opportuno che nell'ingiunzione emessa nei confronti di un intermediario sia ingiunto a quest'ultimo di rimuovere o di disabilitare l'accesso a tale contenuto. In generale, la richiesta di un blocco dell'accesso all'intero sito web potrebbe essere eccessiva, sebbene possano verificarsi circostanze in cui l'autorità giudiziaria competente lo ritenga necessario e proporzionato (ad esempio in casi di violazioni su larga scala o di violazioni che avvengono in maniera strutturale). A parere della Commissione, tale decisione dovrebbe sempre essere adottata in funzione delle specificità del caso in esame.
La CGUE ha chiarito
inoltre che le autorità giudiziarie competenti possono decidere di non descrivere esplicitamente le misure concrete che il fornitore deve adottare per raggiungere il risultato perseguito. La CGUE ha altresì precisato tuttavia che, in tali casi, è necessario che siano rispettate diverse condizioni, in particolare le misure non devono andare al di là di quanto sia ragionevole e devono rispettare il principio della certezza del diritto, rispettare i diritti fondamentali delle parti interessate, compresa la libertà d'informazione degli utenti di Internet, garantire il carattere rigorosamente mirato delle misure e assicurare alle autorità giudiziarie competenti la possibilità di verificare che tali condizioni siano state soddisfatte, segnatamente attraverso la possibilità degli internauti di far valere i propri diritti una volta venuti a conoscenza di tali misure.
A parere della Commissione, sebbene la giurisprudenza summenzionata riguardi violazioni del diritto d'autore, i principi in essa menzionati dovrebbero essere applicati per analogia anche nei casi di violazione dei diritti di proprietà intellettuale diversi dal diritto d'autore e dai diritti connessi.
Le ingiunzioni emesse ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), e dell'articolo 11 della direttiva IPRED dovrebbero essere efficaci, senza andare tuttavia al di là di quanto è necessario e proporzionato alla luce delle circostanze specifiche del caso in esame per conseguire tale obiettivo. Può essere sufficiente che esse rendano difficilmente realizzabili le violazioni o le scoraggino seriamente, senza che ciò determini necessariamente la loro cessazione completa. Tuttavia, alla luce della giurisprudenza della CGUE, al destinatario dell'ingiunzione non può essere chiesto di fare "sacrifici insostenibili". Le misure imposte devono essere sufficientemente precise ed efficaci, senza richiedere che una misura debba garantire che sia posto fine alla violazione. A questo riguardo, dovrebbe essere garantito il rispetto dei diritti fondamentali di tutte le parti interessate, compresi quelli di terzi che possano essere pregiudicati dalle misure adottate per ottemperare all'ingiunzione come gli utenti di Internet.
Sistemi di filtraggio
Va operata una distinzione tra un'ingiunzione che richiede di rimuovere uno o più specifici contenuti illeciti da un sito web e un'ingiunzione suscettibile di obbligare un intermediario a realizzare una vigilanza attiva su tutto il contenuto reso disponibile in un determinato luogo in modo tale da garantire che nessuno dei suoi singoli elementi violi i diritti di proprietà intellettuale.
A norma dell'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva sul commercio elettronico, agli Stati membri è fatto divieto di imporre un obbligo generale di sorveglianza sugli intermediari online ai sensi degli articoli 12, 13 e 14 di tale direttiva. Un siffatto obbligo sarebbe incompatibile anche con le prescrizioni generali dell'articolo 3 della direttiva IPRED secondo cui le misure devono essere leali, proporzionate e non inutilmente costose.
Nelle cause Scarlet Extended e SABAM, la CGUE ha chiarito i limiti della portata di un'ingiunzione risultante da tali disposizioni nonché dai diritti fondamentali applicabili delle parti interessate. La causa Scarlet Extended verte su un sistema di filtraggio da installare a cura di un fornitore di accesso ad Internet:
·di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, in particolare mediante programmi "peer-to-peer",
·che si applichi indistintamente alla sua clientela,
·a titolo preventivo,
·a sue spese esclusive e
·senza limiti nel tempo,
idoneo ad identificare nella rete di tale fornitore la circolazione di file contenenti un'opera musicale, cinematografica o audiovisiva rispetto alla quale il richiedente affermi di vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare il trasferimento di file il cui scambio pregiudichi il diritto d'autore. La causa SABAM ha per oggetto un sistema analogo da installare da parte di un prestatore di servizi di hosting per le informazioni memorizzate sui suoi server.
In entrambe le cause la CGUE ha ritenuto che la richiesta ai fornitori interessati di installare tali sistemi di filtraggio generale non sarebbe compatibile con l'articolo 15 della direttiva sul commercio elettronico e con l'articolo 3 della direttiva IPRED, letti in combinato disposto e interpretati alla luce delle esigenze di tutela dei diritti fondamentali applicabili.
Allo stesso tempo il considerando 47 della direttiva sul commercio elettronico ricorda che l'articolo 15 riguarda soltanto un obbligo di sorveglianza di carattere generale e non comprende automaticamente gli obblighi di sorveglianza in casi specifici. In particolare, lascia impregiudicate le ordinanze emesse dalle autorità nazionali secondo le rispettive legislazioni. Il considerando 48 aggiunge che la direttiva non pregiudica la possibilità per gli Stati membri di chiedere ai prestatori di servizi interessati di adempiere a un ragionevole dovere di diligenza al fine di individuare e prevenire taluni tipi di attività illecite.
Pertanto, se opportuno ed entro i limiti delle disposizioni enunciate sopra, possono essere imposti taluni obblighi di diligenza ad esempio a determinati prestatori di servizi di hosting online al fine di impedire il caricamento di contenuti che violano i diritti di proprietà intellettuale identificati dai titolari dei diritti e in collaborazione con questi.
All'atto di ordinare agli intermediari di adottare talune misure dirette a impedire ulteriori violazioni ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), e dell'articolo 11 della direttiva IPRED, le autorità giudiziarie competenti possono, se del caso, emettere ingiunzioni che prevedono specifici obblighi di sorveglianza. Tuttavia, il divieto di imporre un obbligo generale di sorveglianza, di cui all'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva sul commercio elettronico, e all'articolo 3 della direttiva IPRED, letti in combinato disposto alla luce delle esigenze di tutela dei diritti fondamentali applicabili, ostano all'imposizione agli intermediari mediante tali ingiunzioni dell'obbligo di installare e gestire sistemi di filtraggio eccessivamente ampi, imprecisi e costosi del tipo e nelle circostanze di cui alle cause Scarlet Extended e SABAM.
4.Ingiunzioni flessibili, dinamiche e catalogue-wide
Tra le legislazioni nazionali degli Stati membri si rilevano differenze quanto alla portata di un'ingiunzione emessa da un'autorità giudiziaria competente, con particolare riguardo alle modalità con cui essa può affrontare i casi di imminente o ripetuta violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Le ingiunzioni catalogue-wide o repertoire-wide non sono disponibili in tutti gli Stati membri, bensì solo in alcuni paesi, come l'Irlanda e il Regno Unito.
Le ingiunzioni possono inoltre, in taluni casi, perdere efficacia a causa di alcune modifiche dell'oggetto per il quale il provvedimento è stato disposto. Può essere il caso, ad esempio, delle ingiunzioni di blocco di un sito web, allorché, mentre un'autorità giudiziaria competente ha emesso un'ingiunzione con riferimento a determinati nomi di dominio, possono apparire facilmente siti speculari sotto altri nomi di dominio che non sono pregiudicati dall'ingiunzione.
Una possibile soluzione in questi casi è rappresentata dalle ingiunzioni dinamiche. Si tratta di ingiunzioni che possono essere emesse, ad esempio, nei casi in cui lo stesso sito web diventa disponibile immediatamente dopo l'emissione di un'ingiunzione con un indirizzo IP o un URL differenti, che sono formulate in modo tale da includere anche il nuovo indirizzo IP o l'URL senza che si renda necessario un nuovo procedimento giudiziario per ottenere una nuova ingiunzione. La possibilità di emettere tali ingiunzioni esiste, tra l'altro, nel Regno Unito e in Irlanda. Tale obiettivo potrebbe essere perseguito anche con l'intervento di un'autorità pubblica o della polizia, come è avvenuto in un caso specifico in Belgio
.
Come osservato in precedenza, risulta evidente dalla stessa formulazione dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IPRED che le relative ingiunzioni interlocutorie possono essere emesse per prevenire qualsiasi violazione imminente e la CGUE ha chiarito che, per quanto riguarda gli intermediari, le ingiunzioni di cui all'articolo 11 possono essere emesse anche per prevenire nuove violazioni. A parte ciò, attualmente non vi sono indicazioni chiare riguardo alla compatibilità con tali ingiunzioni o alla loro necessità ai sensi della direttiva IPRED. A parere della Commissione, ciò dovrebbe essere valutato caso per caso, restando inteso che, quando si tratta di provvedimenti inibitori nei confronti degli intermediari, le relative condizioni e modalità devono, in linea di principio, essere stabilite dal diritto nazionale
. In ogni caso, si dovrebbe tenere debitamente conto dell'obiettivo perseguito da questi due articoli, delle prescrizioni di carattere generale di cui all'articolo 3 della direttiva IPRED, nonché dei diritti fondamentali applicabili.
La Commissione prende atto del fatto che alcuni Stati membri prevedono la possibilità di emettere ingiunzioni flessibili, dinamiche e catalogue-wide. Anche se la questione non è esplicitamente affrontata nella direttiva IPRED, la Commissione ritiene che, a condizione che siano previste le necessarie salvaguardie, siffatte ingiunzioni possono costituire uno strumento efficace per impedire il proseguimento di una violazione dei diritti di proprietà intellettuale.
5.Prove digitali
La raccolta, la presentazione e la conservazione delle prove delle violazioni commesse online possono rappresentare, in alcuni casi, una sfida difficile. La direttiva non menziona esplicitamente l'uso e la presentazione di prove digitali nell'ambito dei procedimenti per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale.
Durante la valutazione è stato rilevato che può essere difficile conservare gli elementi di prova in forma digitale e che in alcuni Stati membri le immagini del contenuto di una pagina web in un determinato momento (le cosiddette "schermate" o screenshot) in alcune situazioni non sono accettate come elementi di prova dalle autorità giudiziarie competenti. L'utilizzo di schermate è tuttavia uno dei metodi più comuni per comprovare che una determinata attività è stata svolta nell'ambiente online. Nella pratica, una schermata può, ad esempio, attestare una caratteristica della distribuzione online di un bene illecito, così come il contenuto di una pagina web può illustrare quale tipo di bene fosse disponibile per la vendita, da parte di chi, su quale territorio e destinato a quale pubblico. Come tali, le schermate possono aiutare i titolari dei diritti a far valere efficacemente i loro diritti anche in un contesto online. Analogamente, anche i convenuti possono trovare utile avvalersi di schermate per contestare accuse di comportamenti che violano i diritti di proprietà intellettuale.
In alcuni Stati membri è prassi corrente delle autorità giudiziarie competenti ammettere le schermate come elementi di prova, a condizione che siano state prese da un notaio o da un ufficiale giudiziario e che indichino i presunti beni o servizi illeciti in maniera sufficientemente visibile e precisa. In assenza di norme esplicite a tale riguardo, a parere della Commissione, non è possibile sostenere che la direttiva IPRED richieda necessariamente tale prassi. A suo avviso, tuttavia, tale approccio è, in linea di principio, compatibile con la direttiva e può essere considerato una buona prassi, dato che può rappresentare una buona soluzione per far fronte alle summenzionate esigenze delle parti, fornendo sufficiente certezza per quanto riguarda la precisione e l'affidabilità degli elementi di prova sulla base dei quali l'autorità giudiziaria competente deve prendere una decisione.
La possibilità prevista dal diritto nazionale di alcuni Stati membri di utilizzare le "schermate" come prova in un procedimento giudiziario intentato ai sensi della direttiva IPRED, a condizione che indichino i presunti beni o servizi illeciti in maniera sufficientemente visibile e precisa e rispettino determinate garanzie procedurali, può, a parere della Commissione, essere considerata una buona pratica. In funzione degli ordinamenti giuridici nazionali, tali garanzie possono comprendere, ad esempio, l'obbligo che a raccogliere tali prove sia un notaio o un ufficiale giudiziario.
V.ASSICURARE LA DIMENSIONE DEL MERCATO UNICO NELLA TUTELA DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE
1.Chiarire quali sono i diritti contemplati dalla direttiva
La direttiva IPRED concerne le misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (articolo 1). La direttiva si applica alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale come previsto dalla legislazione dell'Unione e/o dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato, fatti salvi gli strumenti vigenti o da adottare nella legislazione dell'UE o nazionale, e sempre che questi siano più favorevoli ai titolari dei diritti (articolo 2, paragrafo 1). La direttiva IPRED si applica fatto salvo il disposto delle norme specifiche sull'attuazione dei diritti e sulle eccezioni contenute nella legislazione dell'UE in materia di diritto d'autore e diritti connessi al diritto d'autore (articolo 2, paragrafo 2). Essa lascia impregiudicato il diritto dell'Unione in materia di protezione dei dati personali o la direttiva sul commercio elettronico in generale e le disposizioni degli articoli da 12 a 15 di detta direttiva in particolare (articolo 2, paragrafo 3, della direttiva IPRED).
Diritti di proprietà intellettuale contemplati dalla direttiva
Sebbene la direttiva non fornisca un elenco dei diritti specifici che sono considerati diritti di proprietà intellettuale per le sue finalità, il considerando 13 spiega che il suo campo di applicazione dovrebbe essere definito nella misura più ampia possibile al fine di comprendervi tutti i diritti di proprietà intellettuale disciplinati dalle disposizioni del diritto dell'Unione in materia e/o dal diritto interno degli Stati membri.
Nel 2005 la Commissione ha redatto una dichiarazione giuridicamente non vincolante in merito all'articolo 2 della direttiva per contribuire a chiarire il suo campo di applicazione. La Commissione ha indicato in tale dichiarazione di considerare come rientranti nel campo d'applicazione della direttiva almeno i seguenti diritti di proprietà intellettuale:
·diritto d'autore e diritti connessi al diritto d'autore,
·diritto sui generis del costitutore di una banca di dati,
·diritti dei creatori di topografie di prodotti a semiconduttori,
·diritti relativi ai marchi,
·diritti relativi ai disegni e modelli,
·diritti brevettuali, compresi i diritti derivanti da certificati protettivi complementari,
·indicazioni geografiche,
·diritti relativi ai modelli di utilità,
·diritti di privativa per ritrovati vegetali,
·nomi commerciali, se protetti da diritti di privativa nella legislazione nazionale.
A parere della Commissione, le misure, le procedure e i mezzi di ricorso previsti dalla direttiva dovrebbero in ogni caso essere disponibili nei procedimenti relativi alla violazione di tutti i diritti elencati nella sua dichiarazione del 2005.
Interconnessione con la direttiva sui segreti commerciali
Permangono tuttavia alcune incertezze, in particolare per altri diritti tutelati dal diritto nazionale, quali i nomi di dominio, i segreti commerciali e altri atti spesso oggetto delle normative nazionali in materia di concorrenza sleale (ad esempio le copie pirata). Pur potendo, ai sensi del considerando 13 della direttiva IPRED, estendere per finalità interne le disposizioni della direttiva ad atti di concorrenza sleale, comprese le copie pirata o attività simili, gli Stati membri non sono obbligati a farlo. Dalle valutazioni effettuate finora risulta che nessuno degli Stati membri ha deciso di estendere le disposizioni della direttiva a tali atti.
L'adozione della direttiva sui segreti commerciali nel 2016 ha fornito alcuni chiarimenti in merito agli atti finora contemplati dalle legislazioni nazionali in materia di concorrenza sleale. La direttiva sui segreti commerciali precisa che essa non dovrebbe pregiudicare l'applicazione di qualsiasi altra pertinente normativa in altri settori, compresi i diritti di proprietà intellettuale, e che, se il suo ambito d'applicazione e quello della direttiva IPRED si sovrappongono, dovrebbe essere considerata lex specialis. Pertanto, una volta completato il recepimento della direttiva sui segreti commerciali, chiunque subisca pregiudizio da atti che potrebbero essere interpretati come acquisizione, utilizzo o divulgazione illeciti di segreti commerciali, come definito in tale direttiva, potrà beneficiare in primo luogo delle misure, delle procedure e degli strumenti di tutela di cui alla direttiva sui segreti commerciali. Ciò detto, per tutti gli atti di concorrenza sleale disciplinati a livello nazionale che non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva sui segreti commerciali si applicano le disposizioni generali; le disposizioni della direttiva IPRED saranno applicabili solo se lo Stato membro interessato ha deciso di estendere la loro applicazione a livello nazionale in linea con il considerando 13 della direttiva IPRED.
Per i segreti commerciali, la direttiva sui segreti commerciali si applica come lex specialis rispetto alla direttiva IPRED.
Per tutti gli atti di concorrenza sleale disciplinati dal diritto nazionale che non riguardano la violazione di un diritto di proprietà intellettuale ai sensi della direttiva IPRED, né rientrano nel campo di applicazione della direttiva sui segreti commerciali, le disposizioni della direttiva IPRED sono applicabili solo nel caso in cui uno Stato membro decida di estendere per finalità interne tali disposizioni agli atti in questione.
2.Procedimenti che non rientrano nel campo di applicazione della direttiva
All'articolo 2, paragrafo 1, la direttiva fa riferimento in maniera specifica alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale. In tale contesto è stata messa in discussione la possibilità di applicare le disposizioni di attuazione della direttiva nell'ambito di un procedimento volto all'annullamento di diritti.
La CGUE ha chiarito
che la direttiva, mentre si applica ai procedimenti intesi a garantire che siano tutelati i diritti di proprietà intellettuale, non è applicabile ai procedimenti di annullamento in cui una persona, senza essere titolare di un diritto di proprietà intellettuale, contesta la protezione accordata al titolare dei diritti corrispondenti.
La CGUE ha affermato inoltre
che la direttiva non è applicabile ai procedimenti in cui i debitori dell'equo compenso chiedono al giudice del rinvio di statuire contro l'organizzazione incaricata della riscossione e della ripartizione di tale compenso tra i titolari dei diritti d'autore, che si oppone a tale domanda.
Le misure, le procedure e i mezzi di ricorso previsti dalla direttiva IPRED non possono essere richiesti nell'ambito di un procedimento di annullamento dei diritti di proprietà intellettuale, né in un procedimento che implica un'azione proposta in merito al pagamento di un equo compenso ai titolari di diritti d'autore contro l'organizzazione incaricata della riscossione e della ripartizione di tale compenso.
3.Legittimazione a chiedere misure, procedure e mezzi di ricorso
L'articolo 4 della direttiva stabilisce che, a determinate condizioni, gli Stati membri devono riconoscere la legittimazione a chiedere l'applicazione delle misure, delle procedure e dei mezzi di ricorso di cui alla direttiva: i) ai titolari dei diritti di proprietà intellettuale, ii) a tutti gli altri soggetti autorizzati a disporre di questi diritti, in particolare ai titolari di licenze, iii) agli organi di gestione dei diritti di proprietà intellettuale collettivi e iv) agli organismi di difesa professionali.
Titolari di licenze
L'articolo 4, lettera b), della direttiva specifica che i soggetti autorizzati a disporre di diritti di proprietà intellettuale, in particolare i titolari di licenze, se consentito dalle disposizioni della legislazione applicabile e conformemente alle medesime, sono legittimati a chiedere l'applicazione delle misure, delle procedure e dei mezzi di ricorso di cui alla direttiva. Tuttavia, è stata sollevata la questione se un licenziatario abbia il diritto di chiedere l'applicazione di tali misure nel caso in cui, pur avendo ottenuto una licenza da parte di un titolare di diritti, non abbia proceduto, se del caso, a fare iscrivere tale licenza in un apposito registro.
La CGUE ha chiarito che, nel caso di licenze rilasciate per un marchio dell'Unione europea o un disegno o modello comunitario registrato, il licenziatario può agire ai sensi dei regolamenti in questione per contraffazione del marchio dell'Unione europea o del disegno o del modello comunitario registrato oggetto della licenza anche qualora quest'ultima non sia stata iscritta, rispettivamente, nel registro dei marchi UE o nel registro dei disegni e modelli comunitari, e che tale licenziatario, in particolare, dovrebbe avere la possibilità di chiedere un provvedimento ingiuntivo.
Seppure tali sentenze potrebbero essere ritenute indicative del fatto che considerazioni analoghe valgono per l'articolo 4, lettera b), della direttiva IPRED, dipenderà dalle disposizioni del diritto nazionale dello Stato membro interessato, al quale dette disposizioni si riferiscono espressamente, determinare la posizione giuridica dei soggetti in questione a norma della direttiva.
Se nella giurisprudenza relativa ai regolamenti dell'UE sui disegni e modelli e sui marchi, la CGUE ha stabilito che i titolari di licenze sono legittimati a chiedere un provvedimento ingiuntivo, anche senza previa iscrizione nel registro, per altri diritti di proprietà intellettuale, conformemente all'articolo 4, lettera b), della direttiva IPRED, tali questioni dipendono dal diritto nazionale.
Organi di gestione dei diritti collettivi e organi di difesa professionali
L'articolo 4, lettere c) e d), prevede che rispettivamente gli organi di gestione dei diritti collettivi e gli organi di difesa professionali regolarmente riconosciuti come aventi la facoltà di rappresentare i titolari dei diritti sono legittimati a chiedere l'applicazione di strumenti di tutela civile previsti dalla direttiva "se consentito dalle disposizioni della legislazione applicabile e conformemente alle medesime". In tale contesto, la traduzione nella pratica della legittimità di organi collettivi di intentare azioni varia notevolmente tra gli Stati membri.
Se dalla formulazione di tali disposizioni risulta che gli Stati membri dispongono di un potere discrezionale a tale riguardo, diversi Stati membri prevedono la possibilità di legittimare tali organi ad agire in giudizio a nome dei loro membri, laddove lo scopo è la difesa dei diritti dei loro membri e la causa è considerata di interesse per tali membri. La Commissione osserva che in tal modo potrebbe risultare migliorata la possibilità di tutelare efficacemente i diritti di proprietà intellettuale, in particolare perché tali organi possono, in alcuni casi, trovarsi in una posizione più favorevole ed essere meglio attrezzati (in termini di accesso alle informazioni, di competenze, di risorse umane, di situazione finanziaria, ecc.) rispetto ai titolari dei diritti nell'avviare effettivamente ed efficacemente azioni legali a fronte di violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, ove necessario, in particolare nei casi in cui i titolari dei diritti sono PMI.
Diversi Stati membri hanno deciso di avvalersi della possibilità di cui all'articolo 4, lettere c) e d), della direttiva IPRED di legittimare organi di gestione dei diritti collettivi e organi di difesa professionali regolarmente riconosciuti a rappresentare i titolari dei diritti nel chiedere l'applicazione delle misure, delle procedure e dei mezzi di ricorso previsti dalla direttiva IPRED. In generale, ciò rende più efficace la tutela dei diritti di proprietà intellettuale e può pertanto essere considerata una buona prassi.
4.Presunzione del diritto d'autore o di titolarità dei diritti
L'articolo 5 della direttiva prevede una presunzione relativa del diritto d'autore o di titolarità dei diritti in favore dei soggetti (l'autore o il titolare di diritti connessi ai diritti d'autore) il cui nome sia indicato sull'opera nei modi d'uso o sul materiale protetto. Questa disposizione è volta ad agevolare le possibilità di tutela di questi soggetti, considerando che può essere difficile fornire la prova del diritto d'autore o di titolarità dei diritti, in particolare quando le opere sono molteplici.
A parere della Commissione, gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità nel dare attuazione all'articolo 5, in particolare per quanto riguarda le norme dettagliate circa le modalità e il momento in cui deve essere fornita la prova necessaria a confutare tale presunzione, dal momento che tale norma non contiene alcuna disposizione esplicita al riguardo. La Commissione osserva altresì che tali norme dettagliate e le relative modalità di applicazione non possono tuttavia essere tali da mettere in discussione l'efficacia dell'articolo 5.
La presunzione relativa del diritto d'autore o di titolarità dei diritti di cui all'articolo 5 della direttiva IPRED dovrebbe essere interpretata e applicata in modo da assicurare il perseguimento del suo obiettivo di agevolare la tutela dei relativi diritti di proprietà intellettuale degli autori e dei titolari di diritti connessi ai diritti d'autore.
5.Disponibilità di talune misure specifiche
Elementi di prova
Gli articoli 6 e 7 della direttiva impongono agli Stati membri l'obbligo di garantire che esistano strumenti efficaci per la presentazione e la protezione delle prove. L'obiettivo di tali disposizioni è di assicurare che le informazioni necessarie per accertare se si è verificata una violazione di diritti di proprietà intellettuale e, in caso affermativo, per determinarne le conseguenze, anche se il ricorrente non è in possesso di tali informazioni, siano messe a disposizione del ricorrente e delle autorità giudiziarie competenti. Tali procedure tuttavia dovrebbero prendere in considerazione i diritti del convenuto e fornire le garanzie necessarie, anche riguardo alla tutela delle informazioni riservate e alla protezione dei dati personali e della vita privata.
L'articolo 7, paragrafo 1, consente alle autorità giudiziarie competenti di disporre, su richiesta suffragata da elementi di prova, celeri ed efficaci misure provvisorie per salvaguardare le pertinenti prove dell'asserita violazione. Il diritto di salvaguardare gli elementi di prova è espressamente applicabile prima dell'instaurazione del giudizio di merito, fatta salva la tutela delle informazioni riservate e a condizione che siano previste dal diritto nazionale salvaguardie e garanzie opzionali (come previsto all'articolo 7, paragrafo 2) per evitare potenziali abusi. Ciò significa, in particolare, che il ricorrente può anche presentare un'adeguata richiesta per mezzo di procedimenti preliminari, compresi, in alcuni casi, procedimenti inaudita altera parte.
In alcuni Stati membri rimane tuttora difficile chiedere l'adozione di siffatte misure di protezione provvisorie prima dell'instaurazione del giudizio di merito. Risulta tuttavia dalla formulazione dell'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva che le richieste di tali misure non dovrebbero essere respinte per il solo motivo che il giudizio di merito non è ancora stato instaurato.
Diritto d'informazione
Le opinioni espresse nel quadro della consultazione pubblica hanno messo in luce l'incertezza che esiste quanto alla possibilità di esercitare il diritto d'informazione di cui all'articolo 8 della direttiva IPRED prima della pronuncia di una decisione sul merito in caso di violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, può essere ordinato di fornire informazioni "nel contesto dei procedimenti riguardanti la violazione di un diritto di proprietà intellettuale". Tuttavia, esso non specifica, come ad esempio l'articolo 7, paragrafo 1, che ciò possa essere ordinato "ancor prima dell'instaurazione del giudizio di merito", né stabilisce esplicitamente che ciò possa essere ordinato prima della conclusione del procedimento di merito. Di conseguenza, in alcuni Stati membri è difficile che possa essere ordinato di fornire informazioni prima della decisione finale nel procedimento di merito.
La CGUE ha di recente chiarito che la formulazione dell'articolo 8, paragrafo 1, non implica che il diritto d'informazione deve essere necessariamente esercitato nello stesso procedimento riguardante una violazione di un diritto di proprietà intellettuale. In particolare, la CGUE ha considerato che il diritto d'informazione può essere fatto valere nel caso in cui, dopo la conclusione definitiva del procedimento con cui è stata dichiarata sussistente una violazione del diritto di proprietà intellettuale, la parte attrice richieda, in un procedimento separato, informazioni sull'origine e le reti di distribuzione delle merci o dei servizi con cui è violato tale diritto in vista di un'azione di risarcimento.
Anche se nei vari Stati membri gli approcci sono differenti, è possibile individuare alcune buone prassi. In Germania, ad esempio, la legge sui marchi stabilisce che, in caso di patente violazione dei diritti di proprietà intellettuale in questione, può essere ordinato di fornire informazioni mediante un'ingiunzione preliminare conformemente alle pertinenti disposizioni del codice di procedura civile tedesco.
Quanto specificato all'articolo 8 della direttiva IPRED secondo cui può essere ordinato di fornire informazioni "nel contesto" dei procedimenti riguardanti la violazione di un diritto di proprietà intellettuale significa che la messa a disposizione di tali informazioni non deve necessariamente essere ordinata in questi stessi procedimenti, bensì può essere disposta anche in successivi procedimenti separati avviati in vista di un'eventuale azione di risarcimento. In funzione delle disposizioni del diritto nazionale applicabili, essa può essere ordinata anche in un momento precedente, mediante un'ingiunzione preliminare.
Misure correttive
L'articolo 10 della direttiva stabilisce che le autorità giudiziarie competenti possono ordinare il ritiro dai circuiti commerciali delle merci riguardo alle quali è stato accertato che esse violano un diritto di proprietà intellettuale e, nei casi opportuni, dei materiali e degli strumenti principalmente utilizzati per la realizzazione o la fabbricazione di tali merci. Ne può altresì essere ordinata l'esclusione definitiva dai circuiti commerciali o la distruzione. Tali misure devono essere attuate a spese dell'autore della violazione.
L'articolo 10 della direttiva si basa sull'articolo 46 dell'accordo sugli ADPIC. L'articolo 10, paragrafo 3, della direttiva IPRED stabilisce, così come l'articolo 46, terza frase, dell'accordo sugli ADPIC, che, nel considerare la richiesta di misure correttive va tenuto conto della necessità di proporzionalità tra la gravità della violazione e i mezzi di ricorso ordinati, nonché degli interessi dei terzi. Inoltre, secondo l'ulteriore frase dell'articolo 46, in relazione alle merci contraddistinte da marchi contraffatti, la semplice rimozione del marchio apposto illegalmente non è sufficiente, tranne in casi eccezionali, per consentire l'immissione delle merci nei circuiti commerciali. Risulta dalla giurisprudenza generale della CGUE a tale riguardo che l'articolo 10 della direttiva deve essere interpretato e applicato, nella misura del possibile, alla luce di tale disposizione dell'accordo sugli ADPIC.
È inoltre opportuno rilevare che, a differenza delle disposizioni sul risarcimento del danno (articolo 13), l'articolo 10 non prevede espressamente che un autore della violazione debba essere implicato consapevolmente o con ragionevoli motivi per esserne consapevole in un'attività di violazione, perché le misure in questione siano imposte.
L'articolo 10 della direttiva deve essere interpretato ed applicato, nella misura del possibile, alla luce dell'articolo 46 dell'accordo sugli ADPIC. In base a quest'ultima disposizione, per quanto riguarda le merci contraddistinte da marchi contraffatti, la semplice rimozione del marchio apposto illegalmente non è sufficiente, tranne in casi eccezionali, per consentire l'immissione delle merci nei circuiti commerciali.
6.Dimensione transnazionale
La direttiva IPRED non si propone di stabilire norme armonizzate in materia di cooperazione giudiziaria, di competenza giurisdizionale o di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, né di occuparsi della legge applicabile. Altri strumenti giuridici dell'Unione disciplinano queste materie in generale e si applicano, in linea di principio, anche alla proprietà intellettuale e alle controversie in materia di diritti di proprietà intellettuale.
Per quanto riguarda questi altri strumenti giuridici dell'UE in materia civile e commerciale, la competenza giurisdizionale delle autorità giurisdizionali degli Stati membri è determinata ai sensi del regolamento Bruxelles I
. Tale regolamento disciplina il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni di siffatte autorità giurisdizionali in tutta l'UE. Le norme relative alla legge applicabile in materia di obbligazioni extracontrattuali, oggetto spesso di controversia in procedimenti di tutela dei diritti di proprietà intellettuale, sono contemplate dal regolamento Roma II.
Foro competente, in particolare per quanto riguarda le ingiunzioni
Molte controversie in materia di diritti di proprietà intellettuale presentano una dimensione transnazionale. In particolare quelle relative a violazioni dei diritti di proprietà intellettuale commesse in un ambiente online possono essere trattate simultaneamente in più Stati membri. Ciò può rappresentare un problema per i titolari dei diritti, in particolare ai fini della determinazione del foro nazionale competente e della portata delle ingiunzioni richieste.
È opportuno rammentare che il regolamento Bruxelles I contiene una serie di chiarimenti sulla competenza delle autorità giurisdizionali ad emanare provvedimenti provvisori in situazioni transnazionali. Il considerando 25 del regolamento contiene un esplicito riferimento alla direttiva IPRED, chiarendo che la nozione di "provvedimenti provvisori o cautelari" ai sensi, tra l'altro, dell'articolo 35 del regolamento comprende, ad esempio, ordinanze cautelari dirette a ottenere informazioni o a conservare le prove di cui agli articoli 6 e 7 della direttiva IPRED.
Ai sensi del regolamento Bruxelles I, i titolari di diritti devono, di norma, citare in giudizio i presunti autori di violazioni dei diritti di proprietà intellettuale davanti alle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui hanno domicilio i presunti autori di violazioni (articolo 4). In materia di illeciti civili dolosi o colposi, tuttavia, essi possono citarli davanti all'autorità giurisdizionale dello Stato membro del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto o può avvenire (articolo 7, paragrafo 2).
Il regolamento Bruxelles I prevede inoltre la possibilità di citare in giudizio i presunti autori della violazione, in caso di pluralità di convenuti, davanti all'autorità giurisdizionale dello Stato membro in cui uno di essi è domiciliato, sempre che tra le domande esista un collegamento così stretto da rendere opportuna una trattazione unica e una decisione unica onde evitare il rischio di giungere a decisioni incompatibili derivanti da una trattazione separata (articolo 8, paragrafo 1). La CGUE ha chiarito, nel contesto di una violazione del diritto d'autore, che non osta all'applicazione di tale disposizione il mero fatto che domande formulate nei confronti di una pluralità di convenuti per violazioni del diritto d'autore di contenuto identico siano basate su fondamenti giuridici nazionali differenti a seconda dello Stato membro.
Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni
Conformemente al regolamento Bruxelles I (articolo 39), la decisione adottata da un'autorità giurisdizionale di uno Stato membro che è esecutiva in tale Stato membro è direttamente esecutiva negli altri Stati membri senza che sia richiesta una dichiarazione di esecutività (abolizione dell'exequatur).
La Corte di giustizia ha stabilito che la nozione di "materia civile e commerciale" ai sensi dell'articolo 1 del regolamento Bruxelles I deve essere interpretata nel senso che tale regolamento si applica al riconoscimento e all'esecuzione di una decisione di un'autorità giurisdizionale nazionale che comporta una condanna al pagamento di un'ammenda allo scopo di far rispettare una decisione giurisdizionale emessa in materia civile e commerciale.
Le questioni relative alla competenza delle autorità giurisdizionali, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni giudiziarie e alla legge applicabile nel quadro di controversie in materia di diritti di proprietà intellettuale devono essere risolte conformemente agli strumenti giuridici dell'UE che disciplinano queste materie, in particolare i regolamenti Bruxelles I e Roma II.
Il regolamento Bruxelles I, in particolare, fornisce alcuni chiarimenti per quanto riguarda la competenza delle autorità giurisdizionali in merito all'applicazione delle misure provvisorie sulla base degli articoli 6 e 7 della direttiva IPRED in situazioni transnazionali, e contiene norme specifiche sulla possibilità di citare in giudizio un convenuto in caso di pluralità di convenuti.
VI.PROSSIME TAPPE
La Commissione continuerà a adoperarsi, in stretta collaborazione con tutti gli Stati membri dell'UE, le autorità giudiziarie competenti e le altre parti interessate alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale nei procedimenti dinanzi a tali autorità, per garantire che il quadro giuridico dell'UE, e in particolare la direttiva IPRED, continui a essere adeguato allo scopo perseguito e per sviluppare gli orientamenti delineati nel presente documento.
Come annunciato nella comunicazione "Un sistema equilibrato di tutela della PI per affrontare le sfide della società odierna", a complemento degli orientamenti e delle buone prassi di cui sopra, la Commissione intende, in particolare:
- collaborare con i giudici e gli esperti nazionali degli Stati membri all'elaborazione di ulteriori orientamenti più mirati, al fine di fornire indicazioni più dettagliate e pratiche su questioni specifiche in merito alla direttiva IPRED, basate sull'esperienza delle buone prassi;
- diffondere i suddetti orientamenti e buone prassi online, tra l'altro attraverso il portale "La tua Europa".
Appendice – Elenco di sentenze pertinenti della Corte di giustizia dell'Unione europea
1.Sentenza della Corte del 16 giugno 1998 nella
causa C-53/96
, Hermès International contro FHT Marketing Choice BV, EU:C:1998:292,
61996CJ0053
2.Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 29 gennaio 2008 nella
causa C-275/06
, Productores de Música de España (Promusicae) contro Telefónica de España SAU, EU:C:2008:54,
62006CA0275
/
62006CJ0275
3.Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 14 febbraio 2008 nella
causa C-450/06
, Varec SA contro Stato belga, EU:C:2008:91,
62006CA0450
4.Ordinanza della Corte (Ottava Sezione) del 19 febbraio 2009 nella
causa C-557/07
, LSG-Gesellschaft zur Wahrnehmung von Leistungsschutzrechten GmbH contro Tele2 Telecommunication GmbH, EU:C:2009:107,
62007CB0557
5.Sentenza della Corte (Grande sezione) del 12 luglio 2011 nella
causa C-324/09
, L'Oréal SA e altri contro eBay International AG e altri, EU:C:2011:474,
62009CJ0324
6.Sentenza della Corte (Grande sezione) del 18 ottobre 2011 nella
causa C-406/09
, Realchemie Nederland BV contro Bayer CropScience AG, EU:C:2011:668,
62009CJ0406
7.Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 24 novembre 2011 nella
causa C-70/10
, Scarlet Extended SA contro Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM), EU:C:2011:771,
62010CJ0070
8.Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 16 febbraio 2012 nella
causa C-360/10
, Belgische Vereniging van Auteurs, Componisten en Uitgevers CVBA (SABAM) contro Netlog NV, EU:C:2012:85,
62010CJ0360
9.Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 19 aprile 2012 nella
causa C-461/10
, Bonnier Audio AB e altri contro Perfect Communication Sweden AB, EU:C:2012:219,
62010CJ0461
10.Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 15 novembre 2012 nella
causa C-180/11
, Bericap Záródástechnikai Bt contro Plastinnova 2000 Kft, EU:C:2012:717,
62011CJ0180
11.Ordinanza della Corte (Terza Sezione) del 7 marzo 2013 nella
causa C-145/10 REC
, Eva-Maria Painer contro Standard VerlagsGmbH e altri, ECLI:EU:C:2013:138,
62010CO0145
.
12.Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 27 marzo 2014 nella
causa C-314/12
, UPC Telekabel Wien GmbH contro Constantin Film Verleih GmbH e Wega Filmproduktionsgesellschaft mbH, EU:C:2014:192,
62012CJ0314
13.Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 10 aprile 2014 nella
causa C-435/12
, ACI Adam BV e altri contro Stichting de Thuiskopie, Stichting Onderhandelingen Thuiskopie vergoeding, EU:C:2014:254,
62012CJ0435
14.Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 3 settembre 2014 nella
causa C-201/13
, Johan Deckmyn e Vrijheidsfonds VZW contro Helena Vandersteen e altri, EU:C:2014:2132,
62013CA0201
15.Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 16 luglio 2015 nella
causa C-580/13
, Coty Germany GmbH contro Stadtsparkasse Magdeburg, EU:C:2015:485,
62013CJ0580
16.Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 16 luglio 2015 nella
causa C-681/13
, Diageo Brands BV contro Simiramida-04 EOOD, EU:C:2015:471,
62013CJ0681
17.Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 4 febbraio 2016 nella
causa C-163/15
, Youssef Hassan contro Breiding Vertriebsgesellschaft mbH, EU:C:2016:71
18.Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 17 marzo 2016 nella
causa C-99/15
, Christian Liffers contro Producciones Mandarina SL e Mediaset España Comunicación SA, già Gestevisión Telecinco SA, EU:C:2016:173,
62015CJ0099
19.Sentenza della Corte (Settima Sezione) del 22 giugno 2016 nella
causa C-419/15
, Thomas Philipps GmbH & Co. KG contro Grüne Welle Vertriebs GmbH, EU:C:2016:468
20.Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 7 luglio 2016 nella
causa C-494/15
, Tommy Hilfiger Licensing LLC e altri contro DELTA CENTER a.s., EU:C:2016:528,
62015CJ0494
21.Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 28 luglio 2016 nella
causa C-57/15
, United Video Properties Inc. contro Telenet NV, EU:C:2016:611,
62015CJ0057
22.Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 15 settembre 2016 nella
causa C-484/14
, Tobias Mc Fadden contro Sony Music Entertainment Germany GmbH, EU:C:2016:689
23.Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 18 gennaio 2017 nella
causa C-427/15
, NEW WAVE CZ, a.s. contro ALLTOYS, spol. s r. o., EU:C:2017:18
24.Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 25 gennaio 2017 nella
causa C-367/15
, Stowarzyszenie “Oławska Telewizja Kablowa” w Oławie contro Stowarzyszenie Filmowców Polskich w Warszawie, EU:C:2017:36,
62015CJ0367
Cause pendenti:
Causa C-644/16
Synthon – Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) il 15 dicembre 2016, Synthon BV contro Astellas Pharma Inc. (articolo 6 della direttiva IPRED)
Causa C-149/17
Bastei Lübbe – Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht München I (Germania) il 24 marzo 2017, Bastei Lübbe GmbH & Co. KG contro Michael Strotzer (articolo 3, paragrafo 2, della direttiva IPRED)
Causa C-521/17
SNB-REACT – Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tallinna Ringkonnakohus (Estonia) il 1° settembre 2017