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Document 22004A0319(01)

Protocollo sugli inquinanti organici persistenti della convenzione del 1979 sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza

GU L 81 del 19.3.2004, p. 37–71 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

Questo documento è stato pubblicato in edizioni speciali (CS, ET, LV, LT, HU, MT, PL, SK, SL, BG, RO, HR)

Legal status of the document In force

ELI: http://data.europa.eu/eli/prot/2004/259/oj

Related Council decision

22004A0319(01)

Protocollo sugli inquinanti organici persistenti della convenzione del 1979 sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza

Gazzetta ufficiale n. L 081 del 19/03/2004 pag. 0037 - 0071


Protocollo

sugli inquinanti organici persistenti della convenzione del 1979 sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza

LE PARTI,

DETERMINATE ad attuare la convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza,

RICONOSCENDO che molti inquinanti organici persistenti sono emessi e trasportati attraverso le frontiere internazionali e si depositano in Europa, in America settentrionale e nell'Artico, lontano dal luogo di origine, e che l'atmosfera è il principale mezzo di propagazione,

CONSAPEVOLI che gli inquinanti organici persistenti resistono alla degradazione naturale e sono stati associati ad effetti nocivi per la salute umana e l'ambiente,

PREOCCUPATI per la possibilità che nei livelli trofici superiori gli inquinanti organici persistenti raggiungano, per bioamplificazione, concentrazioni tali da pregiudicare lo stato della flora e della fauna selvatica e la salute degli esseri umani esposti alla loro azione,

RICONOSCENDO che gli ecosistemi artici, e specialmente le popolazioni indigene locali che vivono di pesci e mammiferi artici, sono particolarmente minacciati dalla bioamplificazione degli inquinanti organici persistenti,

COSCIENTI del fatto che le misure adottate per controllare le emissioni di inquinanti organici persistenti potrebbero contribuire alla protezione dell'ambiente e della salute umana anche nelle zone situate al di fuori della regione di competenza della commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite, inclusi l'Artico e le acque internazionali,

RISOLUTI ad adottare misure per prevedere, prevenire o ridurre al minimo le emissioni di inquinanti organici persistenti, tenendo conto dell'applicazione dell'approccio precauzionale sancito nel principio 15 della dichiarazione di Rio sull'ambiente e sullo sviluppo,

RIAFFERMANDO che, in base alla Carta delle Nazioni Unite e ai principi del diritto internazionale, gli Stati hanno il diritto sovrano di sfruttare le proprie risorse secondo le proprie politiche in materia di ambiente e di sviluppo e il dovere di provvedere affinché le attività esercitate sotto la loro giurisdizione o il loro controllo non provochino danni all'ambiente di altri Stati o zone situate al di fuori della giurisdizione nazionale,

PRENDENDO ATTO della necessità di un'azione a livello mondiale contro gli inquinanti organici persistenti e ricordando il ruolo che il capitolo 9 dell'Agenda 21 assegna agli accordi regionali ai fini della riduzione dell'inquinamento atmosferico transfrontaliero a livello mondiale, e in particolare alla commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite, affinché condivida la sua esperienza con altre regioni del mondo,

RICONOSCENDO che sono in vigore normative a livello subregionale, regionale e mondiale, inclusi strumenti internazionali, che disciplinano la gestione dei rifiuti pericolosi, i loro movimenti transfrontalieri e il loro smaltimento, in particolare la convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento,

CONSIDERANDO che le principali fonti di inquinamento atmosferico che contribuiscono all'accumulo di inquinanti organici persistenti sono l'uso di alcuni pesticidi, la fabbricazione e l'uso di determinate sostanze chimiche e la formazione non intenzionale di alcune sostanze durante l'incenerimento dei rifiuti, la combustione, la produzione di metalli, e a partire da fonti mobili,

CONSAPEVOLI dell'esistenza di tecniche e pratiche di gestione in grado di ridurre le emissioni atmosferiche di inquinanti organici persistenti,

COSCIENTI della necessità di un approccio regionale economicamente efficiente per combattere l'inquinamento atmosferico,

PRENDENDO ATTO dell'importante contributo del settore privato e del settore non governativo alla conoscenza degli effetti associati agli inquinanti organici persistenti, delle alternative e delle tecniche di abbattimento disponibili, e del ruolo di tali settori nella riduzione delle emissioni di inquinanti organici persistenti,

RICORDANDO che le misure adottate per ridurre le emissioni di inquinanti organici persistenti non devono costituire uno strumento di discriminazione arbitraria o ingiustificabile o una restrizione dissimulata della concorrenza e del commercio internazionali,

TENENDO CONTO dei dati tecnici e scientifici disponibili sulle emissioni, i processi atmosferici e gli effetti degli inquinanti organici persistenti sulla salute umana e sull'ambiente, nonché sui costi di riduzione delle emissioni, e riconoscendo la necessità di proseguire la cooperazione tecnica e scientifica al fine di promuovere una migliore comprensione di questi aspetti,

RICONOSCENDO le misure già adottate in materia di inquinanti organici persistenti da alcune delle parti a livello nazionale e/o nell'ambito di altre convenzioni internazionali,

HANNO CONVENUTO quanto segue:

Articolo 1

Definizioni

Ai fini del presente protocollo si intende per:

1) "convenzione": la convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, adottata a Ginevra il 13 novembre 1979;

2) "EMEP": il programma concertato di sorveglianza continua e di valutazione del trasporto a grande distanza degli inquinanti atmosferici in Europa;

3) "organo esecutivo": l'organo esecutivo della convenzione istituito dall'articolo 10, paragrafo 1, della convenzione;

4) "commissione": la commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite;

5) "parti": se non altrimenti indicato, le parti contraenti del presente protocollo;

6) "zona geografica delle attività dell'EMEP": la zona definita all'articolo 1, paragrafo 4, del protocollo alla convenzione del 1979 sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, relativo al finanziamento a lungo termine del programma concertato di sorveglianza continua e di valutazione del trasporto a grande distanza degli inquinanti atmosferici in Europa (EMEP), adottato a Ginevra il 28 settembre 1984;

7) "inquinanti organici persistenti (POP)": le sostanze organiche che: i) possiedono caratteristiche tossiche; ii) sono persistenti; iii) danno luogo a bioaccumulo; iv) tendono ad essere trasportate in atmosfera attraverso le frontiere e a depositarsi a grande distanza; v) possono provocare effetti nocivi significativi per la salute umana o per l'ambiente, sia nelle vicinanze sia lontano dalle fonti di emissione;

8) "sostanza": un'unica specie chimica o più specie chimiche che formano un gruppo specifico in quanto: a) hanno proprietà simili e vengono emesse insieme nell'ambiente; o b) formano una miscela generalmente commercializzata come un unico prodotto;

9) "emissione": il rilascio nell'atmosfera di una sostanza da una fonte puntuale o diffusa;

10) "fonte fissa": qualsiasi edificio, struttura, impianto, installazione o apparecchiatura fissa che emette o può emettere direttamente o indirettamente inquinanti organici persistenti in atmosfera;

11) "categoria di grandi fonti fisse": qualsiasi categoria di fonti fisse indicata nell'allegato VIII;

12) "fonte fissa nuova": qualsiasi fonte fissa la cui costruzione o modifica sostanziale sia iniziata trascorsi due anni dalla data di entrata in vigore: i) del presente protocollo; o ii) di un emendamento all'allegato III o VIII, qualora la fonte fissa sia assoggettata alle disposizioni del presente protocollo soltanto in virtù di tale emendamento. Spetta alle autorità nazionali competenti decidere se una modifica sia sostanziale o meno, tenendo conto di fattori quali i benefici ambientali derivanti da tale modifica.

Articolo 2

Oggetto

L'obiettivo del presente protocollo è di limitare, ridurre o eliminare gli scarichi, le emissioni e le fuoriuscite di inquinanti organici persistenti.

Articolo 3

Obblighi fondamentali

1. Salvo in caso di deroga specifica a norma dell'articolo 4, ciascuna parte adotta misure efficaci al fine di:

a) porre fine alla produzione e all'uso delle sostanze di cui all'allegato I conformemente alle disposizioni di attuazione ivi previste;

b) i) garantire, in caso di distruzione o di smaltimento delle sostanze di cui all'allegato I, che tale distruzione o smaltimento avvengano senza rischi per l'ambiente, tenendo conto della disciplina vigente a livello subregionale, regionale e mondiale in materia di gestione e smaltimento dei rifiuti pericolosi, e in particolare della convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri dei rifiuti pericolosi e del loro smaltimento;

ii) adoperarsi affinché, per quanto possibile, lo smaltimento delle sostanze di cui all'allegato I avvenga all'interno del territorio nazionale, tenendo conto delle relative implicazioni ambientali;

iii) provvedere affinché i movimenti transfrontalieri delle sostanze di cui all'allegato I siano effettuati senza rischi per l'ambiente, tenendo conto della disciplina vigente a livello subregionale, regionale e mondiale in materia di movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi, e in particolare della convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento;

c) riservare le sostanze di cui all'allegato II agli usi ivi indicati, conformemente alle disposizioni di attuazione specificate in tale allegato.

2. Le disposizioni di cui al paragrafo 1, lettera b), hanno effetto per ogni sostanza alla data in cui cessa la sua produzione o, se posteriore, alla data in cui cessa il suo uso.

3. Ciascuna parte dovrà sviluppare apposite strategie per individuare i prodotti ancora in uso e i rifiuti contenenti le sostanze di cui agli allegati I, II o III, e adottare le opportune misure affinché tali rifiuti, e i prodotti divenuti rifiuti, siano distrutti o smaltiti senza rischi per l'ambiente.

4. Ai fini dei paragrafi 1, 2 e 3, i termini "rifiuto", "smaltimento" e "senza rischi per l'ambiente" vanno interpretati conformemente all'uso che di questi termini è fatto nella convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento.

5. Ciascuna parte deve:

a) ridurre le emissioni totali annue di ognuna delle sostanze di cui all'allegato III rispetto al livello di emissioni rilevato in un anno di riferimento stabilito conformemente a tale allegato, adottando misure efficaci ed adeguate alla propria situazione specifica;

b) applicare, entro i termini indicati nell'allegato VI:

i) le migliori tecniche disponibili, tenendo conto dell'allegato V, ad ogni fonte fissa nuova appartenente ad una delle categorie di grandi fonti fisse per le quali l'allegato V individua le migliori tecniche disponibili;

ii) valori limite almeno altrettanto rigorosi di quelli indicati nell'allegato IV ad ogni fonte fissa nuova appartenente ad una delle categorie menzionate in tale allegato, tenendo conto dell'allegato V. In alternativa, ciascuna parte può applicare altre strategie di riduzione delle emissioni, purché tali strategie consentano di ottenere una riduzione equivalente delle emissioni totali;

iii) le migliori tecniche disponibili, tenendo conto dell'allegato V, a ciascuna fonte fissa esistente appartenente ad una delle categorie di grandi fonti fisse per le quali l'allegato V individua le migliori tecniche disponibili, nella misura in cui ciò sia tecnicamente ed economicamente fattibile. In alternativa, ciascuna parte può adottare altre strategie di riduzione delle emissioni, purché tali strategie consentano di ottenere una riduzione equivalente delle emissioni totali;

iv) valori limite almeno altrettanto rigorosi di quelli indicati nell'allegato IV ad ogni fonte fissa esistente appartenente ad una delle categorie menzionate in tale allegato, purché ciò sia tecnicamente ed economicamente fattibile, tenendo conto dell'allegato V. In alternativa, ciascuna parte può adottare altre strategie di riduzione delle emissioni, purché tali strategie consentano di ottenere una riduzione equivalente delle emissioni totali;

v) misure efficaci per controllare le emissioni provenienti da fonti mobili, tenendo conto dell'allegato VII.

6. Nel caso delle fonti di combustione domestiche, gli obblighi di cui al paragrafo 5, lettera b), punti i) e ii), si riferiscono a tutte le fonti fisse comprese in questa categoria complessivamente considerate.

7. Se dopo l'applicazione del paragrafo 5, lettera b), una parte non è in grado di conformarsi al disposto del paragrafo 5, lettera a), per una delle sostanze di cui all'allegato III, essa viene esonerata dagli obblighi di cui al paragrafo 5, lettera a), relativamente a tale sostanza.

8. Ciascuna parte predispone e aggiorna inventari delle emissioni delle sostanze di cui all'allegato III e raccoglie le informazioni disponibili sulla produzione e sulla vendita delle sostanze di cui agli allegati I e II; a tal fine le parti che rientrano nella zona geografica di attività dell'EMEP utilizzano almeno le metodologie e la risoluzione spaziale e temporale indicate dall'organo direttivo dell'EMEP e le parti che non rientrano nella zona geografica di attività dell'EMEP utilizzano, a titolo orientativo, le metodologie elaborate nell'ambito del programma di lavoro dell'organo esecutivo. Ogni parte comunica tali informazioni conformemente agli obblighi di informazione di cui all'articolo 9.

Articolo 4

Deroghe

1. L'articolo 3, paragrafo 1, non si applica ai quantitativi di una determinata sostanza destinati ad essere utilizzati per ricerche di laboratorio o come campioni di riferimento.

2. Ciascuna parte può concedere una deroga alle disposizioni dell'articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e c), in relazione ad una determinata sostanza, purché tale deroga non sia concessa o utilizzata in modo tale da compromettere gli obiettivi del presente protocollo, ed esclusivamente per i seguenti scopi e alle seguenti condizioni:

a) per attività di ricerca diverse da quelle di cui al paragrafo 1, purché:

i) non sia prevista l'immissione nell'ambiente di quantità significative della sostanza durante il suo uso e il successivo smaltimento;

ii) gli obiettivi e i parametri della ricerca siano soggetti a valutazione e autorizzazione della parte interessata;

iii) in caso di emissione significativa di una sostanza nell'ambiente, la deroga cessi immediatamente di avere effetto, siano adottate le opportune misure per contenere l'emissione e sia effettuata una valutazione delle misure di contenimento prima di riprendere le ricerche;

b) per gestire in caso di necessità un'emergenza di salute pubblica, purché:

i) la parte interessata non disponga di misure alternative adeguate per far fronte alla situazione;

ii) le misure adottate siano proporzionali alle dimensioni e alla gravità dell'emergenza;

iii) siano adottate le dovute precauzioni per proteggere la salute umana e l'ambiente e fare in modo che la sostanza non sia utilizzata al di fuori della zona geografica colpita dall'emergenza;

iv) la deroga sia concessa per un periodo non superiore alla durata dell'emergenza;

v) una volta cessata l'emergenza, tutte le rimanenti scorte della sostanza siano assoggettate alle disposizioni dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera b);

c) per un uso limitato, giudicato essenziale dalla parte, purché:

i) la deroga sia concessa per un massimo di cinque anni;

ii) la deroga non sia già stata precedentemente concessa dalla parte a norma del presente articolo;

iii) non esistano adeguate alternative per l'uso previsto;

iv) la parte abbia stimato le emissioni della sostanza conseguenti alla deroga ed il loro contributo alle emissioni totali della sostanza generate dalle parti contraenti;

v) siano adottate le opportune precauzioni per ridurre al minimo le emissioni nell'ambiente;

vi) alla scadenza della deroga, tutte le rimanenti scorte della sostanza siano assoggettate alle disposizioni dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera b).

3. Entro novanta giorni dalla concessione della deroga di cui al paragrafo 2, ciascuna parte fornisce al segretariato almeno le seguenti informazioni:

a) denominazione chimica della sostanza oggetto della deroga;

b) scopo per il quale è stata concessa la deroga;

c) condizioni alle quali è stata concessa la deroga;

d) durata della deroga;

e) persone o organismi cui si applica la deroga;

f) per le deroghe concesse ai sensi del paragrafo 2, lettere a) e c), stima delle emissioni della sostanza conseguenti alla deroga e valutazione del loro contributo alle emissioni totali della sostanza generate dalle parti contraenti.

4. Il segretariato trasmette a tutte le parti le informazioni ricevute a norma del paragrafo 3.

Articolo 5

Scambio di informazioni e tecnologia

Conformemente alle proprie leggi e ai propri regolamenti e pratiche, le parti creano condizioni favorevoli allo scambio di informazioni e tecnologie dirette a ridurre la formazione e l'emissione di inquinanti organici persistenti e a consentire lo sviluppo di alternative economicamente efficienti, promuovendo in particolare:

a) i contatti e la cooperazione tra i soggetti e gli organismi competenti del settore pubblico e privato capaci di fornire tecnologie, servizi di progettazione e sviluppo tecnico, attrezzature o finanziamenti;

b) lo scambio di informazioni sullo sviluppo e l'uso di alternative agli inquinanti organici persistenti, sulla valutazione dei rischi che esse presentano per la salute umana e per l'ambiente e sui loro costi economici e sociali, nonché l'accesso a tali informazioni;

c) la compilazione e il regolare aggiornamento degli elenchi delle autorità da esse designate che sono impegnate in attività simili in seno ad altre istanze internazionali;

d) lo scambio di informazioni sulle attività svolte in seno ad altre istanze internazionali.

Articolo 6

Sensibilizzazione del pubblico

Conformemente alle proprie leggi e ai propri regolamenti e pratiche, le parti promuovono la diffusione di informazioni al pubblico, ivi compresi i soggetti che sono utilizzatori diretti degli inquinanti organici persistenti. In particolare possono essere oggetto di diffusione:

a) le informazioni relative alla valutazione del rischio e del pericolo, anche attraverso l'etichettatura;

b) le informazioni sulla riduzione dei rischi;

c) le informazioni volte a promuovere l'eliminazione degli inquinanti organici persistenti o a favorirne un uso ridotto, ivi incluse, ove opportuno, le informazioni riguardanti la lotta integrata contro i parassiti, la gestione integrata delle colture e l'impatto economico e sociale dell'eliminazione o della riduzione di tali sostanze;

d) le informazioni sulle alternative agli inquinanti organici persistenti, la valutazione dei rischi che esse presentano per la salute umana e per l'ambiente e le informazioni sull'impatto economico e sociale di tali alternative.

Articolo 7

Strategie, politiche, programmi, misure e informazioni

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore nei propri confronti del presente protocollo, ciascuna parte elabora strategie, politiche e programmi per adempiere agli obblighi ivi previsti.

2. Ciascuna parte deve:

a) incoraggiare il ricorso a tecniche di gestione economicamente realizzabili e prive di rischi per l'ambiente, comprese le migliori pratiche ambientali, con riferimento a tutti gli aspetti riguardanti l'uso, la produzione, l'emissione, il trattamento, la distribuzione, la manipolazione, il trasporto e la rigenerazione delle sostanze oggetto del presente protocollo e dei manufatti, delle miscele e delle soluzioni contenenti tali sostanze;

b) incoraggiare l'attuazione di altri programmi di gestione finalizzati a ridurre le emissioni di inquinanti organici persistenti, compresi i programmi volontari e il ricorso a strumenti economici;

c) valutare l'opportunità di adottare altre politiche e misure adatte alla propria situazione, ivi compreso il ricorso a misure di carattere non normativo;

d) compiere tutti gli sforzi economicamente possibili per ridurre il livello delle sostanze oggetto del presente protocollo contenute sotto forma di contaminanti in altre sostanze o in prodotti chimici o manufatti, una volta stabilita la rilevanza della fonte;

e) prendere in considerazione, nei propri programmi di valutazione delle sostanze, le caratteristiche indicate nel paragrafo 1 della decisione 1998/2 dell'organo esecutivo sulle informazioni da fornire e sulle procedure da seguire per l'inclusione di nuove sostanze negli allegati I, II e III, e successivi emendamenti.

3. Le parti possono adottare misure più rigorose di quelle previste dal presente protocollo.

Articolo 8

Ricerca, sviluppo e monitoraggio

Le parti incoraggiano le attività di ricerca, sviluppo, monitoraggio e cooperazione riguardanti in particolare (ma non soltanto) i seguenti aspetti:

a) le emissioni, i livelli di trasporto e deposito a grande distanza e la relativa modellizzazione, i livelli esistenti nell'ambiente biotico e abiotico, l'elaborazione di procedure di armonizzazione delle metodologie applicabili;

b) le vie di penetrazione e gli inventari degli inquinanti in ecosistemi rappresentativi;

c) gli effetti degli inquinanti sulla salute umana e sull'ambiente, compresa la quantificazione di tali effetti;

d) le migliori tecniche e pratiche disponibili, incluse le pratiche agricole e le tecniche e pratiche di controllo delle emissioni applicate dalle parti o in fase di sviluppo;

e) le metodologie destinate a tenere conto dei fattori socioeconomici nella valutazione delle strategie alternative di controllo delle emissioni;

f) un approccio basato sugli effetti, che riunisca insieme le opportune informazioni, comprese quelle ottenute ai sensi delle lettere da a) ad e), sui livelli ambientali, misurati o modellizzati, le vie di penetrazione e gli effetti degli inquinanti sulla salute umana e l'ambiente, al fine di formulare future strategie di controllo che tengano conto anche dei fattori economici e tecnologici;

g) i metodi per stimare le emissioni nazionali ed elaborare proiezioni delle future emissioni dei singoli inquinanti organici persistenti, e per valutare il modo di utilizzare tali stime e proiezioni ai fini della definizione dei futuri obblighi;

h) i livelli delle sostanze oggetto del presente protocollo contenute sotto forma di contaminanti in altre sostanze, prodotti chimici o manufatti, e la rilevanza di tali livelli per il trasporto a lunga distanza, nonché le tecniche applicate per ridurre i livelli di tali contaminanti e, infine, i livelli di inquinanti organici persistenti generati durante il ciclo di vita del legname trattato con pentaclorofenolo.

Occorre dare la priorità alle ricerche sulle sostanze per le quali è più probabile la presentazione di una proposta secondo le procedure di cui all'articolo 14, paragrafo 6.

Articolo 9

Comunicazione delle informazioni

1. Nel rispetto delle leggi nazionali in materia di riservatezza delle informazioni commerciali:

a) ad intervalli periodici stabiliti dalle parti riunite in sede di organo esecutivo, ciascuna parte fornisce a tale organo, tramite il segretario esecutivo della commissione, informazioni sulle misure da essa adottate per attuare il presente protocollo;

b) ad intervalli periodici, che saranno stabiliti dall'organo direttivo dell'EMEP e approvati dalle parti in una sessione dell'organo esecutivo, ciascuna parte rientrante nella zona geografica di attività dell'EMEP fornisce all'EMEP, tramite il segretario esecutivo della commissione, informazioni sui livelli di emissione degli inquinanti organici persistenti, utilizzando almeno le metodologie e la risoluzione temporale e spaziale indicate dal suddetto organo direttivo. Le parti non rientranti nella zona geografica di attività dell'EMEP forniscono su richiesta all'organo esecutivo informazioni analoghe. Ciascuna parte fornisce inoltre informazioni sui livelli di emissione delle sostanze di cui all'allegato III per l'anno di riferimento specificato in tale allegato.

2. Il formato e il contenuto delle informazioni da fornire a norma del paragrafo 1, lettera a), devono essere conformi alla decisione che sarà adottata dalle parti in una sessione dell'organo esecutivo. Le condizioni previste da tale decisione saranno rivedute, se necessario, per stabilire eventuali elementi aggiuntivi in relazione al formato o al contenuto delle informazioni che devono figurare nei rapporti delle parti.

3. Prima di ciascuna sessione annuale dell'organo esecutivo, l'EMEP fornisce in tempo utile informazioni sul trasporto e sul deposito a grande distanza di inquinanti organici persistenti.

Articolo 10

Verifiche effettuate dalle parti nelle sessioni dell'organo esecutivo

1. Conformemente all'articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della convenzione, in occasione delle sessioni dell'organo esecutivo le parti verificano le informazioni fornite dalle parti, dall'EMEP o da altri organi ausiliari e le relazioni del comitato di attuazione di cui all'articolo 11 del presente protocollo.

2. In occasione delle sessioni dell'organo esecutivo, le parti verificano i progressi compiuti nell'adempimento degli obblighi stabiliti nel presente protocollo.

3. In occasione delle sessioni dell'organo esecutivo, le parti verificano l'adeguatezza e l'efficacia degli obblighi previsti nel presente protocollo. Tale verifica tiene conto delle migliori informazioni scientifiche disponibili sugli effetti del deposito di inquinanti organici persistenti, delle valutazioni relative agli sviluppi tecnologici, del mutamento delle condizioni economiche e dell'adempimento degli obblighi in materia di livelli di emissione. Le procedure, i metodi e il calendario delle verifiche sono stabiliti dalle parti in occasione di una sessione dell'organo esecutivo. La prima verifica deve essere eseguita entro tre anni dall'entrata in vigore del presente protocollo.

Articolo 11

Adempimento degli obblighi

L'adempimento degli obblighi contratti da ciascuna parte in virtù del presente protocollo è soggetto a periodiche verifiche. Il comitato di attuazione istituito con decisione 1997/2 nella XV sessione dell'organo esecutivo esegue le verifiche e riferisce alle parti riunite in sede di organo esecutivo, conformemente alle disposizioni stabilite nell'allegato alla suddetta decisione e nei successivi emendamenti.

Articolo 12

Risoluzione delle controversie

1. In caso di controversia tra due o più parti riguardo all'interpretazione o all'applicazione del presente protocollo, le parti in causa cercano di giungere ad una soluzione mediante negoziati o altri mezzi pacifici di loro scelta. Esse informano l'organo esecutivo dell'esistenza di una controversia tra di loro.

2. All'atto della ratifica, accettazione, approvazione o adesione al presente protocollo, o in qualsiasi momento successivo, ciascuna parte che non sia un'organizzazione regionale di integrazione economica può dichiarare per iscritto al depositario di riconoscere, per ogni controversia riguardante l'interpretazione o l'applicazione del protocollo, il carattere obbligatorio ipso facto e senza accordi speciali di uno o di entrambi i seguenti mezzi di risoluzione delle controversie nei confronti delle parti che accettino lo stesso obbligo:

a) deferimento della controversia alla Corte internazionale di giustizia;

b) arbitrato, secondo le procedure che saranno adottate quanto prima dalle parti in occasione di una sessione dell'organo esecutivo, con un apposito allegato sull'arbitrato.

Le parti che sono organizzazioni regionali di integrazione economica possono formulare una dichiarazione di effetto equivalente con riferimento all'arbitrato, secondo le procedure di cui alla lettera b).

3. Le dichiarazioni rese a norma del paragrafo 2 rimangono valide fino alla scadenza da esse prevista o alla scadenza di un termine di tre mesi dalla data del deposito presso il depositario di una notifica scritta di revoca delle medesime.

4. La formulazione di una nuova dichiarazione, la notifica della revoca o la cessazione degli effetti di una dichiarazione non pregiudicano in alcun modo i procedimenti pendenti dinanzi alla Corte internazionale di giustizia o al tribunale arbitrale, a meno che le parti alla controversia non convengano diversamente.

5. Salvo il caso in cui le parti alla controversia abbiano accettato gli stessi mezzi di risoluzione delle controversie ai sensi del paragrafo 2, qualora trascorsi dodici mesi dalla data in cui una parte ha notificato all'altra l'esistenza di una controversia tra di loro le parti in causa non siano riuscite ad accordarsi con i mezzi di cui al paragrafo 1, su richiesta di una di esse la controversia forma oggetto di una procedura di conciliazione.

6. Ai fini del paragrafo 5 è istituita una commissione di conciliazione. La commissione è composta da un numero uguale di membri per ciascuna parte interessata, nominati da detta parte (o, se più parti nella procedura di conciliazione condividono lo stesso interesse, dal gruppo di parti che condivide lo stesso interesse), e da un presidente, scelto di comune accordo dai membri così nominati. La commissione formula una raccomandazione, che le parti sono tenute ad esaminare in buona fede.

Articolo 13

Allegati

Gli allegati costituiscono parte integrante del presente protocollo. Gli allegati V e VII hanno valore di raccomandazione.

Articolo 14

Emendamenti

1. Ciascuna parte può proporre emendamenti al presente protocollo.

2. Le proposte di emendamento devono essere presentate per iscritto al segretario esecutivo della commissione, che le comunica a tutte le parti. Le proposte sono esaminate dalle parti in occasione della sessione successiva dell'organo esecutivo, purché siano state comunicate loro dal segretario esecutivo con almeno novanta giorni di anticipo.

3. Gli emendamenti al presente protocollo e agli allegati da I a IV, VI e VIII sono adottati per consenso dalle parti presenti durante una sessione dell'organo esecutivo ed entrano in vigore, per le parti che li hanno accettati, il novantesimo giorno successivo alla data del deposito presso il depositario degli strumenti di accettazione di almeno due terzi delle parti. Per ogni altra parte, gli emendamenti entrano in vigore il novantesimo giorno successivo alla data del deposito del rispettivo strumento di accettazione.

4. Gli emendamenti agli allegati V e VII sono adottati per consenso delle parti presenti durante una sessione dell'organo esecutivo. Trascorsi novanta giorni dalla data della loro comunicazione a tutte le parti ad opera del segretario esecutivo della commissione, gli emendamenti ai suddetti allegati entrano in vigore per le parti che non abbiano trasmesso al depositario una notifica ai sensi del paragrafo 5, purché almeno 16 parti non abbiano trasmesso tale notifica.

5. Le parti che non sono in grado di approvare un emendamento agli allegati V o VII devono notificarlo per iscritto al depositario entro 90 giorni dalla data della comunicazione della sua adozione. Il depositario comunica tempestivamente a tutte le parti le notifiche ricevute. Ciascuna parte può sostituire in qualsiasi momento una sua precedente notifica con un'accettazione; in tal caso l'emendamento ai suddetti allegati entra in vigore per tale parte dopo il deposito del proprio strumento di accettazione presso il depositario.

6. Qualora venga presentata una proposta di emendamento agli allegati I, II o III per includere una sostanza nell'ambito del presente protocollo:

a) il proponente fornisce all'organo esecutivo le informazioni specificate nella decisione 1998/2 dell'organo esecutivo e nei successivi emendamenti;

b) le parti valutano la proposta secondo le procedure stabilite nella decisione 1998/2 dell'organo esecutivo e nei successivi emendamenti.

7. Qualsiasi decisione relativa alla modifica della decisione 1998/2 dell'organo esecutivo è adottata per consenso dalle parti riunite in sede di organo esecutivo e ha effetto a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di adozione.

Articolo 15

Firma

1. Il presente protocollo è aperto alla firma ad Århus (Danimarca) dal 24 al 25 giugno 1998, e successivamente nella sede delle Nazioni Unite a New York fino al 21 dicembre 1998, e può essere sottoscritto dagli Stati membri della commissione e dagli Stati dotati di statuto consultivo presso la commissione ai sensi del paragrafo 8 della risoluzione 36 (IV), adottata dal Consiglio economico e sociale il 28 marzo 1947, nonché dalle organizzazioni regionali di integrazione economica costituite da Stati sovrani membri della commissione e aventi competenza a negoziare, concludere ed applicare accordi internazionali nelle materie disciplinate dal protocollo, purché gli Stati e le organizzazioni interessate siano parti della convenzione.

2. Nelle materie di loro competenza, le organizzazioni regionali di integrazione economica esercitano in nome proprio i diritti e le responsabilità conferite ai rispettivi Stati membri dal presente protocollo. In questo caso, gli Stati membri delle suddette organizzazioni non possono esercitare individualmente tali diritti.

Articolo 16

Ratifica, accettazione, approvazione e adesione

1. Il presente protocollo è soggetto alla ratifica, accettazione o approvazione dei firmatari.

2. Il presente protocollo è aperto all'adesione degli Stati e delle organizzazioni che soddisfano i requisiti dell'articolo 15, paragrafo 1, a decorrere dal 21 dicembre 1998.

Articolo 17

Depositario

Gli strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione sono depositati presso il segretario generale delle Nazioni Unite, il quale assolve le funzioni di depositario.

Articolo 18

Entrata in vigore

1. Il presente protocollo entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data del deposito del sedicesimo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione presso il depositario.

2. Per ogni Stato membro o organizzazione di cui all'articolo 15, paragrafo 1, che ratifichi, accetti o approvi il presente protocollo o vi aderisca dopo il deposito del sedicesimo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione, il protocollo entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data del deposito, ad opera di tale parte, del proprio strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione.

Articolo 19

Denuncia

Trascorsi cinque anni dall'entrata in vigore del presente protocollo nei propri confronti, ciascuna parte può in qualsiasi momento denunciarlo mediante notifica scritta al depositario. La denuncia ha effetto a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla data del ricevimento della notifica da parte del depositario, o in qualsiasi altra data successiva specificata nella notifica stessa.

Articolo 20

Testi facenti fede

L'originale del presente protocollo, i cui testi in lingua francese, inglese e russa fanno ugualmente fede, è depositato presso il segretario generale delle Nazioni Unite.

IN FEDE DI CHE, i sottoscritti, a tal fine debitamente autorizzati, hanno firmato il presente protocollo.

Fatto ad Århus (Danimarca), il ventiquattro giugno millenovecentonovantotto.

ALLEGATO I

SOSTANZE DA ELIMINARE

Se non altrimenti indicato nel presente protocollo, questo allegato non si applica alle seguenti sostanze quando sono presenti: i) sotto forma di contaminanti nei prodotti; o ii) in articoli fabbricati o in uso alla data di attuazione; o iii) come prodotti chimici intermedi utilizzati esclusivamente all'interno del sito produttivo per la produzione di una o più sostanze differenti e che in tal modo subiscono una trasformazione chimica. Salvo indicazione contraria, gli obblighi di seguito elencati hanno effetto a decorrere dalla data di entrata in vigore del protocollo.

>SPAZIO PER TABELLA>

a/: Le parti convengono di riesaminare la produzione e l'uso dei terfenili policlorurati e dell'"ugilec" nel quadro del protocollo entro il 31 dicembre 2004.

ALLEGATO II

SOSTANZE DA DESTINARE AD USI LIMITATI

Se non altrimenti indicato nel presente protocollo, questo allegato non si applica alle seguenti sostanze quando sono presenti: i) sotto forma di contaminanti nei prodotti; o ii) in articoli fabbricati o in uso alla data di attuazione; o iii) come prodotti chimici intermedi utilizzati esclusivamente all'interno del sito produttivo per la produzione di una o più sostanze differenti e che in tal modo subiscono una trasformazione chimica. Salvo indicazione contraria, gli obblighi di seguito indicati hanno effetto a decorrere dalla data di entrata in vigore del protocollo.

>SPAZIO PER TABELLA>

a/:

Le parti convengono di riesaminare la produzione e l'uso dei terfenili policlorurati e dell'"ugilec" nel quadro del protocollo entro il 31 dicembre 2004.

ALLEGATO III

SOSTANZE DI CUI ALL'ARTICOLO 3, PARAGRAFO 5, LETTERA a), E ANNO DI RIFERIMENTO AI FINI DELL'ADEMPIMENTO DELL'OBBLIGO

>SPAZIO PER TABELLA>

a/:

Idrocarburi policiclici aromatici (IPA): ai fini degli inventari delle emissioni, si utilizzano i seguenti quattro composti indicatori: benzo(a)pirene, benzo(b)fluorantene, benzo(k)fluorantene e indeno(1,2,3-cd)pirene.

b/:

Diossine e furani (PCDD/PCDF): le policlorodibenzo-p-diossine (PCDD) e i policlorodibenzofurani (PCDF) sono composti triciclici aromatici formati da due anelli benzenici collegati da due atomi di ossigeno (nel caso delle PCDD) o da un atomo di ossigeno (nel caso dei PCDF), i cui atomi di idrogeno possono essere sostituiti da un massimo di otto atomi di cloro.

ALLEGATO IV

VALORI LIMITE DI EMISSIONE DI PCDD/PCDF PROVENIENTI DA GRANDI FONTI FISSE

I. INTRODUZIONE

1. La definizione di diossine (PCDD) e furani (PCDF) è contenuta nell'allegato III del presente protocollo.

2. I valori limite sono espressi in ng/m3 o mg/m3 in condizioni standard (273,15 K, 101,3 kPa e gas secco).

3. I valori limite si riferiscono alle normali condizioni di operatività, comprese le operazioni di avvio e di arresto, salvo qualora siano stati definiti valori limite specifici per tali situazioni.

4. Il campionamento e l'analisi di tutti gli inquinanti devono essere effettuati secondo le norme stabilite dal Comitato europeo di normalizzazione (CEN) o dall'Organizzazione internazionale di normalizzazione (ISO) o secondo i corrispondenti metodi di riferimento statunitensi o canadesi. In attesa dello sviluppo di norme CEN o ISO, si applicano le norme nazionali.

5. Ai fini della verifica, l'interpretazione dei risultati delle misurazioni in relazione ai valori limite deve tenere conto anche dell'imprecisione del metodo di misurazione. Un valore limite si considera rispettato se il risultato della misurazione, sottratto il margine di errore dovuto all'imprecisione del metodo seguito, non supera tale valore.

6. Le emissioni dei vari congeneri dei PCDD e dei PCDF sono espresse in equivalenti di tossicità (TE) rispetto alla 2,3,7,8-tetracloro-dibenzo-p-diossina, usando il sistema proposto nel 1988 dal comitato NATO per le sfide della società moderna (NATO-CCMS).

II. VALORI LIMITE PER LE GRANDI FONTI FISSE

7. Di seguito sono indicati i valori limite applicabili ai vari tipi di inceneritore, riferiti ad una concentrazione di O2 pari all'11 % nei fumi di combustione:

- rifiuti solidi urbani (capacità di trattamento superiore a 3 tonnellate all'ora):

0,1 ng TE/m3,

- rifiuti solidi sanitari (capacità di trattamento superiore a 1 tonnellata all'ora):

0,5 ng TE/m3,

- rifiuti pericolosi (capacità di trattamento superiore a 1 tonnellata all'ora):

0,2 ng TE/m3.

ALLEGATO V

MIGLIORI TECNICHE DISPONIBILI PER IL CONTROLLO DELLE EMISSIONI DI INQUINANTI ORGANICI PERSISTENTI (POP) PROVENIENTI DA GRANDI FONTI FISSE

I. INTRODUZIONE

1. Il presente allegato ha lo scopo di fornire alle parti contraenti della convenzione alcune indicazioni per individuare le migliori tecniche disponibili, al fine di consentire loro di adempiere agli obblighi di cui all'articolo 3, paragrafo 5, del protocollo.

2. Per "migliori tecniche disponibili" (Best Available Techniques - BAT) si intende il più efficace e avanzato stadio di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione destinati a prevenire oppure, ove ciò non sia possibile, a ridurre in generale le emissioni e il loro impatto sull'ambiente complessivamente inteso. A tal fine:

- per "tecniche" si intendono sia le tecniche impiegate, sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell'impianto,

- per tecniche "disponibili" si intendono le tecniche sviluppate su una scala tale da consentirne l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nel settore industriale cui sono destinate, tenendo conto dei relativi costi e benefici, indipendentemente dal fatto che esse siano o non siano usate o prodotte nel territorio della parte contraente interessata, purché siano comunque ragionevolmente accessibili agli operatori,

- per tecniche "migliori" si intendono le tecniche più efficaci per conseguire un elevato livello generale di protezione dell'ambiente complessivamente inteso.

Per stabilire le migliori tecniche disponibili, occorre prestare particolare attenzione, in generale o in casi specifici, ai seguenti fattori, tenendo conto dei possibili costi e benefici di ogni misura e dei principi di precauzione e di prevenzione:

- uso di tecnologie a bassa produzione di rifiuti,

- uso di sostanze meno pericolose,

- promozione del recupero e del riciclaggio dei rifiuti e delle sostanze generate o utilizzate nel processo,

- processi, attrezzature o metodi di esercizio comparabili sperimentati con successo su scala industriale,

- progresso tecnologico ed evoluzione delle conoscenze scientifiche e della comprensione dei fenomeni,

- natura, effetti e volume delle emissioni,

- data di messa in servizio degli impianti nuovi o esistenti,

- tempo necessario per introdurre la migliore tecnica disponibile,

- consumo e natura delle materie prime (ivi compresa l'acqua) utilizzate nel processo e relativa efficienza energetica,

- necessità di prevenire o ridurre al minimo l'impatto complessivo ed i rischi delle emissioni per l'ambiente,

- necessità di prevenire gli incidenti e di ridurne al minimo le conseguenze sull'ambiente.

Il concetto di migliori tecniche disponibili non mira ad imporre una tecnica o tecnologia specifica, ma tiene conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto, della sua ubicazione geografica e delle condizioni ambientali locali.

3. Le informazioni relative all'efficacia e ai costi delle misure di controllo delle emissioni si basano sui documenti ricevuti e analizzati dalla task force e dal gruppo di lavoro preparatorio sugli inquinanti organici persistenti (POP). Salvo indicazioni contrarie, le tecniche menzionate nel presente allegato sono riconosciute e comprovate dall'esperienza operativa.

4. L'esperienza acquisita in relazione ai nuovi impianti dotati di tecniche a basse emissioni e all'adeguamento degli impianti esistenti sta man mano crescendo; di conseguenza sarà necessario rielaborare e modificare periodicamente l'allegato. Le migliori tecniche disponibili (BAT) individuate per i nuovi impianti possono essere generalmente applicate anche agli impianti esistenti, purché vengano opportunamente adattate e sia previsto un adeguato periodo di transizione.

5. L'allegato indica una serie di misure di controllo, che implicano costi e livelli di efficienza differenti. La scelta delle misure applicabili in ciascun caso concreto dipenderà da una serie di fattori, tra cui le condizioni economiche, la capacità e le infrastrutture tecnologiche e le misure di controllo dell'inquinamento atmosferico eventualmente già in vigore.

6. I principali POP emessi da fonti fisse sono:

a) le policlorodibenzo-p-diossine (PCDD) e i policlorodibenzofurani (PCDF);

b) l'esaclorobenzene (HCB);

c) gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA).

Le relative definizioni sono riportate nell'allegato III del presente protocollo.

II. LE PRINCIPALI FONTI FISSE DI EMISSIONE DI POP

7. Le PCDD e i PCDF sono emessi nei processi termici in cui sono presenti materie organiche e cloro, come risultato di una combustione incompleta o di reazioni chimiche. Le principali fonti fisse di PCDD e di PCDF sono:

a) l'incenerimento dei rifiuti, compreso il co-incenerimento;

b) i processi termici dell'industria metallurgica, come ad esempio la produzione di alluminio e di altri metalli non ferrosi, ferro e acciaio;

c) gli impianti di combustione per la produzione di energia;

d) gli impianti di combustione domestici;

e) alcuni processi di produzione chimica in cui vengono emessi prodotti intermedi e sottoprodotti.

8. Le principali fonti fisse di emissione di IPA sono:

a) il riscaldamento domestico a legna e a carbone;

b) i fuochi all'aperto, ad esempio la bruciatura della spazzatura, gli incendi boschivi e la bruciatura delle stoppie;

c) la produzione di coke e di anodi;

d) la produzione di alluminio (mediante processo Soederberg);

e) gli impianti per il trattamento del legno, salvo per le parti contraenti per le quali il contributo di tale categoria alle emissioni nazionali totali di IPA (come definiti nell'allegato III) non è significativo.

9. Le emissioni di HCB provengono dallo stesso tipo di processi termici e chimici nei quali vengono emessi PCDD e PCDF; anche il meccanismo di formazione è simile. Le principali fonti di emissione di HCB sono:

a) gli impianti per l'incenerimento dei rifiuti, compreso il co-incenerimento;

b) le fonti termiche delle industrie metallurgiche;

c) l'uso di combustibili clorurati nei forni industriali.

III. METODI GENERALI PER IL CONTROLLO DELLE EMISSIONI DI POP

10. Esistono vari metodi per controllare o prevenire le emissioni di POP provenienti da fonti fisse, tra cui la sostituzione dei materiali di partenza, la modifica dei processi (compresi la manutenzione e il controllo operativo) e l'adeguamento degli impianti esistenti. L'elenco di seguito riportato fornisce un'indicazione generale delle misure disponibili, che possono essere applicate separatamente o congiuntamente:

a) sostituzione dei materiali di partenza costituiti da inquinanti organici persistenti o che presentano un legame diretto con le emissioni dalla fonte di inquinanti organici persistenti;

b) applicazione delle migliori pratiche ambientali, ad esempio buona gestione interna, programmi di manutenzione preventiva o modifiche del processo, quali l'introduzione di sistemi chiusi (ad esempio nelle cokerie) o l'uso di elettrodi inerti per l'elettrolisi;

c) modifica della configurazione del processo per assicurare la completa combustione e prevenire in tal modo la formazione di inquinanti organici persistenti, mediante il controllo di parametri quali la temperatura di incenerimento o il tempo di permanenza;

d) metodi di depurazione dei fumi di combustione, come l'incenerimento o l'ossidazione termica o catalitica, la precipitazione delle polveri o l'adsorbimento;

e) trattamento dei residui, dei rifiuti e dei fanghi di depurazione, ad esempio mediante trattamento termico o inertizzazione.

11. I livelli di emissione indicati per le varie misure riportate nelle tabelle 1, 2, 4, 5, 6, 8 e 9 sono generalmente riferiti a casi specifici. Le cifre o gli intervalli di valori indicano i livelli di emissione sotto forma di percentuale dei valori limite di emissione in presenza di tecniche convenzionali.

12. Il rapporto costi-efficacia può essere valutato sulla base dei costi totali annui per unità di riduzione delle emissioni (compresi i costi di investimento e i costi di gestione). I costi di riduzione delle emissioni di POP devono inoltre essere considerati nell'ambito dell'economia generale del processo, tenendo conto ad esempio dell'impatto delle misure di controllo e dei costi di produzione. Dati i numerosi fattori che entrano in gioco, le cifre relative ai costi di investimento e ai costi di gestione variano fortemente da un caso all'altro.

IV. TECNICHE DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI PCDD/PCDF

A. Incenerimento dei rifiuti

13. L'incenerimento dei rifiuti comprende i rifiuti urbani, i rifiuti pericolosi, i rifiuti sanitari e i fanghi di depurazione.

14. Di seguito sono indicate le principali misure di controllo delle emissioni di PCDD/PCDF provenienti dagli impianti di incenerimento:

a) misure primarie relative ai rifiuti avviati all'incenerimento;

b) misure primarie relative alle tecniche di processo;

c) misure di controllo dei parametri fisici del processo di combustione e dei gas di scarico (ad esempio stadi di temperatura, velocità di raffreddamento, tenore di O2, ecc.);

d) depurazione dei fumi di combustione;

e) trattamento dei residui del processo di depurazione.

15. Le misure primarie relative ai rifiuti avviati all'incenerimento, che implicano la gestione del materiale di alimentazione riducendo le sostanze alogenate e sostituendole con sostanze alternative non alogenate, non sono adatte per l'incenerimento dei rifiuti urbani o dei rifiuti pericolosi; in questo caso è preferibile modificare il processo di incenerimento e adottare misure secondarie per la depurazione dei fumi di combustione. La gestione del materiale da trattare è peraltro una misura primaria utile ai fini della riduzione dei rifiuti e può offrire il vantaggio aggiuntivo del riciclaggio. La diminuzione della quantità di rifiuti da incenerire può comportare una riduzione indiretta delle emissioni di PCDD/PCDF.

16. La modifica delle tecniche di processo per ottimizzare le condizioni di combustione rappresenta una misura importante ed efficace per ridurre le emissioni di PCDD/PCDF (in generale si deve usare una temperatura di 850 °C o più, calcolare l'apporto di ossigeno in funzione del potere calorifico e della consistenza dei rifiuti, garantire un sufficiente tempo di permanenza - circa 2 secondi a 850 °C - e una sufficiente turbolenza del gas, ed evitare la formazione di zone di gas freddo nell'inceneritore, ecc.). Gli inceneritori a letto fluido mantengono una temperatura inferiore a 850 °C, con risultati adeguati in termini di emissioni. Per gli inceneritori esistenti, ciò implica generalmente la riprogettazione e/o la sostituzione dell'impianto, soluzione che può non essere economicamente sostenibile in tutti i paesi. Occorre ridurre al minimo il tenore di carbonio nelle ceneri.

17. Misure relative ai fumi di combustione. Le seguenti misure consentono di ridurre in modo ragionevolmente efficace il tenore di PCDD/PCDF nei fumi di combustione. La sintesi de novo ha luogo ad una temperatura compresa tra 250 e 450 °C. Queste misure costituiscono un presupposto indispensabile per conseguire ulteriori riduzioni in modo da raggiungere i livelli desiderati al termine del processo:

a) raffreddamento rapido dei fumi di combustione (molto efficace e relativamente poco costoso);

b) aggiunta di inibitori come la trietanolammina o la trietilammina (che possono ridurre anche gli ossidi di azoto); tuttavia in questo caso bisogna tener conto delle reazioni secondarie per ragioni di sicurezza;

c) uso di sistemi di raccolta delle polveri funzionanti a temperature comprese tra 800 e 1000 °C, ad esempio filtri ceramici e cicloni;

d) uso di sistemi a scariche elettriche a bassa temperatura;

e) evitare il deposito di ceneri volatili nel sistema di scarico dei fumi di combustione.

18. Di seguito sono indicati i metodi di depurazione dei fumi di combustione:

a) precipitatori convenzionali (depolveratori) per la riduzione delle PCDD e dei PCDF aggregati in particelle;

b) riduzione selettiva catalitica (SCR) o non catalitica (SNCR);

c) adsorbimento con carbone attivo o coke attivo nei sistemi a letto fisso o a letto fluido;

d) vari metodi di adsorbimento e sistemi ottimizzati di lavaggio con miscele di carbone attivo, carbone per forni Martin-Siemens, soluzioni di calce o di calcare in reattori a letto fisso, a letto mobile o a letto fluido. L'efficienza di captazione di PCDD e PCDF gassosi può essere migliorata utilizzando un adeguato strato di prerivestimento di coke attivo sulla superficie di un filtro a maniche;

e) ossidazione con H2O2;

f) metodi di combustione catalitica basati sull'uso di diversi tipi di catalizzatori (a base di Pr/Al2O3 o di rame-cromite, con differenti promotori per stabilizzare la zona superficiale e per ridurre l'invecchiamento dei catalizzatori).

19. I metodi sopra indicati consentono di ottenere livelli di emissione pari a 0,1 ng TE/m3 di PCDD/PCDF nei fumi di combustione. Tuttavia nei sistemi basati sull'uso di adsorbitori o filtri a carbone attivo o a coke attivo bisogna prestare attenzione affinché la dispersione delle polveri di carbonio non provochi un aumento delle emissioni di PCDD e PCDF a valle del processo. Inoltre bisogna tenere presente che gli adsorbitori e gli impianti di depolverazione situati a monte dei catalizzatori (tecnica SCR) producono residui carichi di PCDD/PCDF, che devono essere rigenerati o smaltiti in modo adeguato.

20. La comparazione tra le varie misure di riduzione delle PCDD e dei PCDF nei fumi di combustione è molto complessa; la matrice che ne risulta comprende una vasta gamma di impianti industriali con capacità e configurazioni diverse. I parametri di costo comprendono anche le misure di riduzione di altri inquinanti, come i metalli pesanti (aggregati o meno in particelle); pertanto nella maggior parte dei casi non è possibile stabilire una relazione diretta con la riduzione delle sole emissioni di PCDD/PCDF. Nella tabella 1 figura una sintesi dei dati disponibili per le varie misure di controllo.

Tabella 1 Comparazione tra le varie misure di depurazione dei fumi di combustione e modifiche di processo negli impianti di incenerimento dei rifiuti per ridurre le emissioni di PCDD/PCDF

>SPAZIO PER TABELLA>

a/: Emissioni residue rispetto alle emissioni generate in assenza di misure di riduzione.

21. In molti paesi gli inceneritori di rifiuti sanitari sono una delle fonti principali di emissione di PCDD/PCDF. Alcuni tipi di rifiuti sanitari (parti del corpo umano, residui infetti, aghi, sangue, plasma e citostatici) sono trattati come una categoria particolare di rifiuti pericolosi, mentre altri tipi sono spesso inceneriti in loco per lotti. Gli inceneritori operanti in discontinuo possono soddisfare gli stessi requisiti di riduzione di PCDD/PCDF degli altri inceneritori di rifiuti.

22. Una possibilità che si presenta alle parti è quella di adottare politiche per favorire l'incenerimento dei rifiuti urbani e sanitari in grandi strutture regionali anziché in strutture di piccole dimensioni. Questa soluzione può rendere economicamente più conveniente l'applicazione delle BAT.

23. Il trattamento dei residui del processo di depurazione dei fumi di combustione. Contrariamente alle ceneri degli inceneritori, questi residui contengono concentrazioni relativamente elevate di metalli pesanti, inquinanti organici (tra cui le PCDD e i PCDF), cloruri e solfuri. Occorre quindi controllare adeguatamente il loro metodo di smaltimento. In particolare i dispositivi di abbattimento a umido generano grandi quantità di rifiuti liquidi acidi contaminati. Esistono alcuni metodi di trattamento speciali, tra cui:

a) il trattamento catalitico delle polveri dei filtri a tessuto a basse temperature e in assenza di ossigeno;

b) il lavaggio delle polveri dei filtri a tessuto mediante il processo 3-R (estrazione dei metalli pesanti mediante acidi e distruzione delle materie organiche per combustione);

c) la vetrificazione delle polveri dei filtri a tessuto;

d) altri metodi di immobilizzazione; e

e) l'applicazione di tecnologie al plasma.

B. Processi termici nell'industria metallurgica

24. Alcuni processi metallurgici possono essere una fonte importante di emissioni di PCDD/PCDF:

a) industria primaria del ferro e dell'acciaio (ad esempio altiforni, impianti di sinterizzazione, pellettizzazione del ferro);

b) industria secondaria del ferro e dell'acciaio;

c) industria primaria e secondaria dei metalli non ferrosi (produzione di rame).

Le misure di controllo delle emissioni di PCDD/PCDF nell'industria metallurgica sono riassunte nella tabella 2.

Tabella 2 Riduzione delle emissioni di PCDD/PCDF nell'industria metallurgica

>SPAZIO PER TABELLA>

a/: Emissioni residue rispetto alle emissioni generate in assenza di misure di riduzione.

25. Gli impianti di produzione e trattamento di metalli che danno luogo ad emissioni di PCDD/PCDF possono raggiungere una concentrazione massima di emissione di 0,1 ng TE/m3 (se il flusso volumetrico dei gas di scarico > 5000 m3/h) applicando opportune misure di controllo.

Impianti di sinterizzazione

26. Le misurazioni effettuate presso gli impianti di sinterizzazione nell'industria siderurgica hanno generalmente messo in evidenza emissioni di PCDD/PCDF comprese tra 0,4 e 4 ng TE/m3. In un'unica misurazione presso un impianto privo di dispositivi di controllo è stata rilevata una concentrazione di emissione pari a 43 ng TE/m3.

27. Negli impianti di sinterizzazione le PCDD e i PCDF possono formarsi per effetto dei composti alogenati presenti nelle materie prime (scorie di coke, sali contenuti nel minerale) e nel materiale riciclato aggiunto (ad esempio: scorie di laminazione, polveri dei gas prodotti nell'altoforno, polveri dei filtri e fanghi provenienti dal trattamento delle acque reflue). Tuttavia, così come per l'incenerimento di rifiuti, non esiste un chiaro legame tra il tenore di cloro delle materie prime e le emissioni di PCDD/PCDF. Una misura appropriata potrebbe consistere nell'evitare l'uso di materiali residui contaminati e nella disoleazione o sgrassaggio delle scorie di laminazione prima della loro introduzione nell'impianto di sinterizzazione.

28. La soluzione più efficace per ridurre le emissioni di PCDD/PCDF è il ricorso combinato a più misure secondarie:

a) il ricircolo dei gas di scarico riduce notevolmente le emissioni di PCDD/PCDF. Anche il flusso dei gas di scarico si riduce significativamente, abbassando così il costo di installazione di sistemi di controllo aggiuntivi alla fine del processo;

b) un'altra misura è l'installazione di filtri a tessuto (in alcuni casi abbinati a precipitatori elettrostatici) o di precipitatori elettrostatici con iniezione nei gas di scarico di miscele di carbone attivo/carbone per forni Martin-Siemens/calcare;

c) sono stati sviluppati alcuni metodi di abbattimento, che comprendono il preraffreddamento rapido dei gas di scarico, la lisciviazione mediante lavaggio ad alta efficienza e la separazione mediante deposizione a goccia. Con queste misure è possibile ridurre le emissioni fino a 0,2-0,4 TE/m3. Mediante l'aggiunta di agenti adsorbenti, ad esempio coke di lignite/polverino di carbone, è possibile ottenere una concentrazione di emissione di 0,1 ng TE/m3.

Produzione primaria e secondaria di rame

29. Gli impianti esistenti per la produzione primaria e secondaria di rame possono conseguire un livello di emissioni di PCDD/PCDF compreso tra alcuni picogrammi e 2 ng TE/m3 dopo la depurazione dei fumi di combustione. In precedenza, prima dell'ottimizzazione degli aggregati, un solo forno a tino per la produzione di rame poteva emettere fino a 29 ng TE/m3 PCDD/PCDF. In generale, i valori delle emissioni di PCDD/PCDF provenienti da questi impianti sono compresi in un intervallo molto ampio perché le materie prime usate nei vari aggregati e processi sono molto diverse l'una dall'altra.

30. Le seguenti misure consentono generalmente di ridurre le emissioni di PCDD/PCDF:

a) preselezione dei rottami;

b) pretrattamento dei rottami (ad esempio rimozione dei rivestimenti in plastica o PVC, e pretrattamento degli spezzoni di cavo utilizzando unicamente metodi a freddo o meccanici);

c) raffreddamento rapido dei gas di scarico caldi (con possibilità di utilizzare il calore) per ridurre il tempo di permanenza nell'intervallo critico di temperatura del sistema di scarico dei gas;

d) uso di ossigeno o di aria arricchita di ossigeno per l'accensione, iniezione di ossigeno nel forno a tino (che garantisce una combustione completa e riduce al minimo il volume dei gas di scarico);

e) adsorbimento in un reattore a letto fisso o un reattore a getto fluido mediante carbone attivo o polvere di carbone per forni Martin-Siemens;

f) ossidazione catalitica.

Produzione dell'acciaio

31. Le emissioni di PCDD/PCDF provenienti dai convertitori per la produzione di acciaio, dai cubilotti a vento caldo, dai forni elettrici e dai forni elettrici ad arco per la fusione della ghisa sono significativamente inferiori a 0,1 ng TE/m3. I forni ad aria fredda e i forni a tubo rotante (fusione della ghisa) emettono quantità maggiori di PCDD/PCDF.

32. Per i forni elettrici ad arco usati nella produzione secondaria di acciaio è possibile ottenere una concentrazione di emissioni pari a 0,1 ng TE/m3 ricorrendo alle seguenti misure:

a) raccolta separata delle emissioni provenienti dalle operazioni di caricamento e scaricamento;

b) uso di un filtro a tessuto o di un precipitatore elettrostatico abbinato ad iniezione di coke.

33. La carica utilizzata nei forni elettrici ad arco spesso contiene oli, emulsioni o grassi. È possibile ridurre le emissioni di PCDD/PCDF attraverso alcune misure primarie generali, come la selezione, la disoleazione e la rimozione del rivestimento dei rottami, che possono contenere plastica, gomma, vernici, pigmenti e additivi vulcanizzanti.

Fonderie nell'industria dell'alluminio secondario

34. Le emissioni di PCDD/PCDF provenienti dalle fonderie dell'industria dell'alluminio secondario sono comprese tra 0,1 e 14 ng TE/m3. Questi livelli dipendono dal tipo di aggregati di fusione, dai materiali utilizzati e dalle tecniche impiegate per la depurazione dei gas di scarico.

35. Riassumendo, i filtri a tessuto a stadio singolo e multiplo con l'aggiunta di calcare/carbone attivo/carbone per forni Martin-Siemens davanti al filtro permettono di raggiungere una concentrazione di emissione pari a 0,1 ng TE/m3, con un'efficienza di riduzione del 99 %.

36. È possibile prendere in considerazione anche le seguenti misure:

a) ridurre al minimo, rimuovere e depurare separatamente i flussi di gas di scarico contaminati da sostanze differenti;

b) evitare il deposito di particelle di gas di scarico;

c) passare rapidamente l'intervallo critico di temperatura;

d) migliorare la preselezione dei rottami di alluminio provenienti dalle trinciatrici mediante tecniche di separazione gravimetrica a mezzo denso e selezione attraverso deposizione a corrente rotante; e

e) migliorare la pulizia preliminare dei rottami di alluminio mediante la rimozione dei rivestimenti e l'asciugatura degli sfridi.

37. Le misure d) ed e) sono importanti perché è improbabile che le moderne tecniche di fusione senza flusso (che evitano l'uso di fondenti di sali di alogenuro) siano in grado di trattare i rottami di bassa qualità utilizzabili nei forni rotativi.

38. Nell'ambito della convenzione per la protezione dell'ambiente marino dell'Atlantico nord-orientale sono ancora in corso discussioni per la revisione di una precedente raccomandazione che invita ad eliminare gradualmente l'uso di esacloroetano nell'industria dell'alluminio.

39. Il materiale di fusione può essere trattato con le tecniche più recenti, ad esempio miscele di azoto e cloro in proporzione compresa tra 9:1 e 8:2, o apparecchi per l'iniezione di gas a dispersione fine, o flussaggio di azoto prima o dopo la fusione e sgrassaggio sotto vuoto. Con le miscele di azoto e cloro è stata misurata una concentrazione di emissioni di PCDD/PCDF pari a circa 0,03 ng TE/m3 (a fronte di valori superiori a 1 ng TE/m3 per il trattamento con il solo cloro). Il cloro è necessario per la rimozione del magnesio e di altri componenti indesiderati.

C. Centrali elettriche e caldaie industriali alimentate da combustibili fossili

40. Nelle centrali elettriche e caldaie industriali alimentate da combustibili fossili (capacità termica superiore a 50 MW) le misure adottate per accrescere l'efficienza energetica e il risparmio energetico determineranno una forte riduzione delle emissioni di tutti gli inquinanti grazie al minor fabbisogno di combustibile, e di conseguenza anche una riduzione delle emissioni di PCDD/PCDF. Viceversa l'eliminazione del cloro dal carbone o dal petrolio non sembra una soluzione economicamente efficiente, ma in ogni caso la tendenza a costruire centrali alimentate a gas contribuirà a ridurre le emissioni di PCDD/PCDF provenienti da questo settore.

41. Bisogna tenere presente che le emissioni di PCDD/PCDF possono aumentare significativamente se al combustibile vengono aggiunti rifiuti (fanghi di depurazione, oli di scarto, scarti di gomma, ecc.). La combustione di rifiuti per la produzione di energia deve avvenire soltanto negli impianti dotati di sistemi di depurazione dei gas di scarico con un'alta efficienza di riduzione di PCDD/PCDF (cfr. supra, sezione A).

42. L'applicazione di tecniche di riduzione delle emissioni di ossidi di azoto, anidride solforosa e particelle provenienti dai fumi di combustione può contribuire all'eliminazione delle emissioni di PCDD/PCDF. Quando si usano queste tecniche, l'efficienza di rimozione delle PCDD e dei PCDF varia da impianto a impianto. Sono in corso ricerche per sviluppare tecniche di rimozione delle PCDD e dei PCDF, ma finché tali tecniche non saranno disponibili su scala industriale, non sarà possibile determinare la migliore tecnica disponibile per l'eliminazione delle emissioni di PCDD/PCDF.

D. Impianti di combustione domestici

43. Il contributo degli impianti di combustione domestici alle emissioni totali di PCDD/PCDF è meno significativo se si utilizzano correttamente i combustibili autorizzati. Inoltre le emissioni possono differire notevolmente da regione a regione, a seconda del tipo e della qualità del combustibile, della densità geografica degli impianti e dell'uso.

44. I caminetti domestici hanno un'efficienza di combustione degli idrocarburi presenti nel combustibile e nei gas di scarico inferiore a quella dei grandi impianti, soprattutto se vengono usati combustibili solidi come la legna o il carbone, con concentrazioni di emissioni di PCDD/PCDF comprese tra 0,1 e 0,7 ng TE/m3.

45. La combustione di materiali di imballaggio insieme al combustibile solido determina un aumento delle emissioni di PCDD/PCDF. Anche se si tratta di una pratica vietata in alcuni paesi, la spazzatura e gli imballaggi vengono talvolta bruciati nelle abitazioni private. Dato l'aumento dei costi dello smaltimento, non è infrequente la combustione dei rifiuti domestici negli impianti di combustione domestici. L'aggiunta al legno di rifiuti di imballaggio può determinare un aumento delle emissioni di PCDD/PCDF da 0,06 ng TE/m3 (per il solo legno) fino a 8 ng TE/m3 (con riferimento ad una concentrazione di O2 pari all'11 % in volume). Tali risultati sono stati confermati da ricerche condotte in diversi paesi, in cui sono state riscontrate concentrazioni fino a 114 ng TE/m3 (con riferimento a una concentrazione di O2 pari al 13 % in volume) nei gas di scarico provenienti dalla combustione dei rifiuti negli impianti domestici.

46. Le emissioni degli impianti di combustione domestici possono essere ridotte utilizzando per l'alimentazione solo combustibili di buona qualità ed evitando la combustione di rifiuti, plastiche alogenate ed altri materiali. Per conseguire questo obiettivo è possibile ricorrere a programmi di informazione del pubblico, destinati agli acquirenti e agli utilizzatori degli impianti.

E. Impianti di combustione a legna (capacità termica inferiore a 50 MW)

47. Dalle misurazioni relative agli impianti di combustione a legna risulta che le emissioni di PCDD/PCDF nei gas di scarico sono superiori a 0,1 ng/TE/m3, specialmente in condizioni di combustione sfavorevoli e/o quando le sostanze combuste hanno un tenore di composti clorurati superiore a quello del legno non trattato. Un indice di cattiva combustione è dato dalla concentrazione totale di carbonio nei gas di scarico. È stata accertata una correlazione tra le emissioni di CO, la qualità della combustione e le emissioni di PCDD/PCDF. La tabella 3 riassume alcune concentrazioni e fattori di emissione per gli impianti di combustione a legna.

Tabella 3 Concentrazioni e fattori di emissione negli impianti di combustione a legna

>SPAZIO PER TABELLA>

48. La combustione di rifiuti urbani di legno (legno proveniente da demolizioni) in griglie mobili genera emissioni di PCDD/PCDF relativamente elevate rispetto alla combustione del legno non proveniente da rifiuti. Una misura primaria per ridurre le emissioni consiste nell'evitare l'uso di rifiuti di legno trattato negli impianti di combustione a legna. La combustione del legno trattato deve avvenire solo negli impianti dotati di appositi sistemi di depurazione dei gas di scarico per ridurre al minimo le emissioni di PCDD/PCDF.

V. TECNICHE PER LA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI IPA

A. Produzione di coke

49. Durante la produzione di coke, gli IPA vengono emessi nell'aria ambiente principalmente:

a) al momento del caricamento del forno attraverso i portelli di carica;

b) a causa di perdite dalla porta del forno, dai tubi di mandata e dai coperchi dei portelli di carica; e

c) durante lo sfornamento e il raffreddamento del coke.

50. La concentrazione di benzo(a)pirene (BaP) varia sostanzialmente da una singola fonte all'altra all'interno della batteria di forni. Le concentrazioni più elevate di BaP si trovano nella parte superiore della batteria e in prossimità delle porte.

51. Gli IPA provenienti dalla produzione di coke possono essere ridotti migliorando tecnicamente le acciaierie integrate esistenti. Ciò può comportare la chiusura e la sostituzione delle vecchie batterie e una riduzione generale della produzione di coke, per esempio ricorrendo all'iniezione di carbone di alta qualità nella produzione dell'acciaio.

52. Una strategia di riduzione degli IPA nelle cokerie deve tendenzialmente comprendere le seguenti misure tecniche:

a) caricamento dei forni da coke:

- riduzione dell'emissione di particolato al momento del caricamento del carbone dal deposito nelle macchine caricatrici,

- in caso di preriscaldamento del carbone, utilizzo di sistemi chiusi per il suo trasferimento,

- estrazione e successivo trattamento dei gas di riempimento, inviandoli nel forno adiacente o convogliandoli, attraverso un collettore, ad un inceneritore e in seguito ad un dispositivo di depolverazione. In alcuni casi la combustione dei gas di riempimento estratti può avvenire sulle macchine caricatrici, ma la sicurezza e le prestazioni ambientali di questi sistemi sono meno soddisfacenti. L'iniezione di acqua o vapore nei tubi di mandata dovrebbe generare una sufficiente aspirazione;

b) durante la produzione di coke occorre evitare le emissioni dai coperchi dei portelli di carica:

- utilizzando coperchi di carica ad alta tenuta,

- sigillando i coperchi con argilla (o con un materiale di efficacia equivalente) dopo ciascuna operazione di caricamento,

- pulendo i coperchi e i telai prima di chiudere i portelli,

- mantenendo la volta del forno libera da residui di carbone;

c) i coperchi dei tubi di mandata devono essere muniti di guarnizioni stagne per evitare emissioni di gas e di catrame; tali dispositivi devono essere mantenuti in corretto stato di funzionamento mediante regolare pulizia;

d) i macchinari che azionano le porte del forno devono essere muniti di dispositivi per pulire le guarnizioni e le superfici dei telai e delle porte;

e) porte del forno a coke:

- occorre usare guarnizioni ad elevata tenuta (ad esempio porte a membrana a molle),

- le guarnizioni delle porte ed i telai devono essere puliti accuratamente in occasione di ciascuna operazione di manipolazione,

- le porte devono essere progettate in modo da consentire l'installazione di sistemi di estrazione del particolato collegati ad un dispositivo di depolverazione (per mezzo di un collettore) da attivare durante le operazioni di sfornamento;

f) la macchina per il trasferimento del coke deve essere munita di una cappa integrata, un condotto fisso e un sistema fisso di depurazione dei gas (preferibilmente un filtro a tessuto);

g) per il raffreddamento del coke devono essere utilizzati processi a bassa emissione, come ad esempio il raffreddamento a secco. È preferibile sostituire il raffreddamento rapido a umido con il raffreddamento a secco a meno che non si utilizzi un sistema di circolazione chiuso per evitare la formazione di acque reflue. Occorre ridurre le polveri generate durante la manipolazione del coke raffreddato a secco.

53. Esiste un processo per la produzione di coke denominato "cokefazione senza recupero" nel quale vengono emesse quantità di IPA molto inferiori rispetto al processo convenzionale con recupero dei sottoprodotti. Ciò è dovuto al fatto che i forni operano in condizioni di pressione negativa, e in questo modo non si hanno dispersioni in atmosfera dalle porte. Durante la cokefazione, il gas grezzo di cokeria proveniente dai forni viene rimosso mediante tiraggio naturale, mantenendo una pressione negativa nel forno. I forni utilizzati in questo processo non sono progettati per recuperare i sottoprodotti chimici dal gas grezzo. Al contrario, i gas residui del processo di cokefazione (compresi gli IPA) sono inceneriti efficientemente a temperature elevate e con lunghi tempi di permanenza. Il calore residuo derivante dall'incenerimento viene utilizzato per fornire l'energia necessaria alla cokefazione, mentre il calore in eccesso può essere usato per generare vapore. L'economia di questo tipo di processo può richiedere un'unità di cogenerazione per produrre elettricità con il vapore in eccesso. Attualmente esiste un'unica cokeria senza recupero in funzione negli Stati Uniti ed un'altra in Australia. Il processo si basa essenzialmente su forni da coke orizzontali senza recupero e con condotta di riscaldo della suola e su una camera di incenerimento che collega tra loro due forni. Questo sistema consente di alternare caricamento e cokefazione tra i due forni, cosicché la camera di incenerimento è sempre rifornita di gas di cokeria da uno dei due forni. La combustione dei gas di cokeria nella camera di incenerimento fornisce il calore necessario. La camera di incenerimento è concepita in modo da assicurare il necessario tempo di permanenza (circa 1 secondo) e le elevate temperature richieste (almeno 900 °C).

54. Occorre introdurre un programma efficace di controllo delle perdite dalle guarnizioni delle porte del forno a coke, dai tubi di mandata e dai coperchi dei portelli di carico. A tal fine è necessario controllare e registrare le perdite e provvedere all'immediata riparazione o manutenzione. In questo modo è possibile conseguire una riduzione significativa delle emissioni diffuse.

55. L'adeguamento delle batterie di forni esistenti per facilitare la condensazione dei fumi di combustione da tutte le fonti (con recupero di calore) determina una riduzione degli IPA emessi in atmosfera compresa tra l'86 % e oltre il 90 % (senza considerare il trattamento delle acque reflue). I costi di investimento possono essere ammortizzati in cinque anni, tenendo conto dell'energia recuperata, dell'acqua calda prodotta, dei gas per la sintesi e dell'acqua di raffreddamento risparmiata.

56. L'aumento del volume dei forni da coke determina una riduzione del numero totale di forni, del numero di aperture delle porte dei forni (quantità di forni alimentati per giorno), del numero di guarnizioni e, conseguentemente, delle emissioni di IPA. Parallelamente si assiste ad un aumento della produttività, mediante la diminuzione dei costi di gestione e dei costi per il personale.

57. I sistemi di raffreddamento a secco del coke richiedono investimenti maggiori rispetto ai sistemi di raffreddamento a umido. I maggiori costi di gestione possono essere compensati recuperando il calore in un processo di preriscaldamento del coke. L'efficienza energetica di un sistema combinato di raffreddamento a secco e di preriscaldamento aumenta dal 38 al 65 %. Il preriscaldamento del carbone aumenta la produttività del 30 %, percentuale che può salire fino all 40 % in quanto il processo di cokefazione è più omogeneo.

58. Tutti i serbatoi e gli impianti di stoccaggio e trattamento del catrame e dei prodotti a base di catrame devono essere muniti di un sistema efficace di recupero e/o eliminazione dei vapori. Se la concentrazione dei composti di carbonio nei rifiuti è sufficientemente elevata, i costi di gestione dei sistemi di eliminazione dei vapori possono essere ridotti ricorrendo alla postcombustione autotermica.

59. La tabella 4 ricapitola le misure di riduzione delle emissioni di IPA negli impianti per la produzione di coke.

Tabella 4 Controllo delle emissioni di IPA nella produzione di coke

>SPAZIO PER TABELLA>

a/: Emissioni residue rispetto alle emissioni generate in assenza di misure di riduzione.

B. Produzione di anodi

60. Le emissioni di IPA derivanti dalla produzione di anodi devono essere trattate in modo simile rispetto alle emissioni derivanti dalla produzione del coke.

61. Per ridurre le emissioni di polveri contaminate da IPA si ricorre alle seguenti misure secondarie:

a) precipitazione elettrostatica del catrame;

b) combinazione di un filtro elettrostatico convenzionale per catrame con un filtro elettrostatico a umido (tecnica più efficace);

c) postcombustione termica dei gas di scarico;

d) lavaggio a secco con calce o coke di petrolio o con allumina (Al2O3).

62. I costi di gestione della postcombustione termica possono essere ridotti con un sistema di postcombustione autotermica purché la concentrazione di composti di carbonio nel gas di scarico sia sufficientemente elevata. La tabella 5 riassume le misure di controllo delle emissioni di IPA nella produzione di anodi.

Tabella 5 Controllo delle emissioni di IPA nella produzione di anodi

>SPAZIO PER TABELLA>

a/: Emissioni residue rispetto alle emissioni generate in assenza di misure di riduzione.

C. Industria dell'alluminio

63. L'alluminio si ottiene per elettrolisi dell'allumina (Al2O3) in vasche (celle) collegate elettricamente in serie. A seconda del tipo di anodo, le vasche possono essere celle ad anodi precotti o celle Soederberg.

64. Nelle celle ad anodi precotti gli anodi sono costituiti da blocchi di carbone calcinato (cotto) che vengono sostituiti dopo il parziale consumo. Gli anodi Soederberg sono invece cotti nella cella con una miscela di coke di petrolio e di pece di catrame di carbone come legante.

65. Il processo Soederberg genera emissioni molto elevate di IPA. Le misure primarie di abbattimento delle emissioni comprendono l'ammodernamento degli impianti esistenti e l'ottimizzazione dei processi, che possono ridurre le emissioni di IPA del 70-90 %. È possibile conseguire un livello di emissioni di 0,015 kg B(a)P/tonnellata di Al. La sostituzione delle celle Soederberg esistenti con celle ad anodi precotti richiede una ristrutturazione del processo, ma è in grado di eliminare quasi completamente le emissioni di IPA. I costi di investimento necessari per la sostituzione sono però molto elevati.

66. La tabella 6 ricapitola le misure di controllo delle emissioni di IPA nella produzione dell'alluminio.

Tabella 6 Controllo delle emissioni di IPA nella produzione di alluminio con processo Soederberg

>SPAZIO PER TABELLA>

a/: Emissioni residue rispetto alle emissioni generate in assenza di misure di riduzione.

D. Combustione domestica

67. Stufe e caminetti possono emettere idrocarburi policiclici aromatici, specialmente quando il combustibile utilizzato è la legna o il carbone. Le abitazioni possono rappresentare una fonte significativa di emissioni di IPA a causa dei combustibili solidi utilizzati nei caminetti e nei piccoli impianti di combustione domestica. In alcuni paesi il combustibile normalmente utilizzato per le stufe è il carbone; le stufe a carbone emettono quantità minori di IPA rispetto alle stufe a legna grazie alle maggiori temperature di combustione ed alla qualità più costante del combustibile.

68. Ottimizzando le caratteristiche di funzionamento degli impianti (ad esempio la velocità di combustione) è possibile limitare sensibilmente le emissioni di IPA prodotte dalle fonti di combustione domestica. L'ottimizzazione comprende in particolare la configurazione della camera di combustione e l'afflusso dell'aria. Esistono numerose tecniche che consentono di ottimizzare le condizioni di combustione e di ridurre le emissioni. Le emissioni variano notevolmente a seconda delle tecniche impiegate: una moderna caldaia a legna con serbatoio per l'accumulo dell'acqua, che rappresenta la migliore tecnica disponibile, è in grado di ridurre le emissioni di oltre il 90 % rispetto ad una vecchia caldaia priva di serbatoio. Le moderne caldaie presentano tre diverse zone: una zona per la gassificazione del legno (focolare), una zona di combustione del gas, in ceramica o altro materiale che consenta di raggiungere temperature intorno a 1000 °C, ed infine una zona di convezione. La zona di convezione, dove l'acqua assorbe il calore, deve essere sufficientemente lunga ed efficace da consentire la riduzione della temperatura del gas da 1000 °C a 250 °C o meno. Esistono inoltre diverse tecniche per migliorare le vecchie caldaie, ad esempio l'aggiunta di serbatoi per l'accumulo dell'acqua, inserti in ceramica e bruciatori di pellet.

69. Ad una velocità di combustione ottimizzata si accompagnano basse emissioni di monossido di carbonio (CO), idrocarburi totali (THC) e di IPA. La fissazione di limiti di emissione per il monossido di carbonio e gli idrocarburi totali (norme di omologazione) incide anche sulle emissioni di IPA; in presenza di basse emissioni di CO e THC si hanno infatti basse emissioni di IPA. Poiché la misurazione degli IPA è molto più costosa della misurazione del monossido di carbonio, economicamente è più conveniente stabilire un valore limite di emissione per il CO e i THC. Si continua a lavorare su una proposta di norma CEN per le caldaie a carbone ed a legna di potenza non superiore a 300 kW (cfr. tabella 7).

Tabella 7 Progetto di norma CEN presentato nel 1997

>SPAZIO PER TABELLA>

Nota:

Livelli di emissione in mg/m3 (con riferimento ad un tenore di O2 del 10%).

70. È possibile ridurre le emissioni delle stufe domestiche a legna nel modo seguente:

a) per le stufe esistenti, mediante programmi di informazione e sensibilizzazione del pubblico sul loro corretto funzionamento, sulla necessità di usare esclusivamente legno non trattato, sui processi di preparazione del combustibile e sulla corretta stagionatura del legno per garantire il giusto tenore di umidità;

b) per le stufe nuove, mediante l'applicazione di norme del tipo descritto nel progetto di norma CEN (e norme equivalenti per i prodotti fabbricati negli Stati Uniti e in Canada).

71. Esistono altre misure di carattere più generale per ridurre le emissioni di IPA, tra cui lo sviluppo di sistemi domestici centralizzati e le misure per il risparmio energetico, come ad esempio il miglioramento dell'isolamento termico per ridurre il consumo di energia.

72. Tali informazioni sono riassunte nella tabella 8.

Tabella 8 Controllo delle emissioni di IPA dagli impianti di combustione domestici

>SPAZIO PER TABELLA>

a/: Emissioni residue rispetto alle emissioni generate in assenza di misure di riduzione.

E. Impianti per il trattamento del legno

73. Il trattamento del legno con prodotti conservanti a base di catrame di carbone contenenti IPA può rappresentare una fonte importante di emissioni di IPA in atmosfera. Le emissioni possono avvenire durante il processo di impregnazione, lo stoccaggio, la manipolazione e l'uso del legno impregnato all'aria aperta.

74. I prodotti a base di catrame contenenti IPA più utilizzati sono il carbolineum e il creosoto: si tratta di due distillati del catrame di carbone impiegati per la protezione del legno contro gli agenti biologici.

75. Le emissioni di IPA degli impianti per il trattamento e lo stoccaggio del legno possono essere ridotte ricorrendo a diversi metodi, applicati separatamente o congiuntamente:

a) regolamentazione delle condizioni di stoccaggio, per prevenire l'inquinamento del terreno e delle acque superficiali causato dalla lisciviazione degli IPA e dall'acqua piovana contaminata (ad esempio locali di stoccaggio impermeabili all'acqua piovana, copertura del tetto, riutilizzo dell'acqua contaminata per il processo di impregnazione, requisiti di qualità per il materiale prodotto);

b) misure per ridurre le emissioni atmosferiche degli impianti di impregnazione (ad esempio, il legno caldo deve essere raffreddato da 90 °C ad almeno 30 °C prima del trasporto nel deposito di stoccaggio. Tuttavia occorre segnalare come migliore tecnica disponibile un metodo alternativo che ricorre al vapore a pressione in atmosfera sottovuoto per l'impregnazione del legno con creosoto);

c) il quantitativo ottimale di conservante che consente una protezione adeguata del prodotto trattato in situ può essere considerato come migliore tecnica disponibile in quanto riduce la necessità di sostituzioni, riducendo così le emissioni provenienti dagli impianti per il trattamento del legno;

d) uso di prodotti per la conservazione del legno contenenti una minore quantità di inquinanti organici persistenti sotto forma di IPA:

- ricorrere se possibile al creosoto modificato: si tratta di una frazione di distillazione con un punto di ebollizione compreso tra 270 °C e 355 °C, in grado di ridurre sia le emissioni di IPA più volatili sia quelle degli IPA più pesanti e tossici;

- un altro mezzo per ridurre le emissioni di IPA consiste nel disincentivare l'uso di carbolineum;

e) valutare e utilizzare, ove opportuno, alternative del tipo indicato nella tabella 9, che riducono la dipendenza dai prodotti a base di IPA.

76. La combustione del legno impregnato dà luogo a emissioni di IPA e di altre sostanze nocive e deve pertanto essere effettuata in impianti muniti di adeguate tecniche di riduzione delle emissioni.

Tabella 9 Possibili alternative ai sistemi di conservazione del legno con prodotti a base di IPA

>SPAZIO PER TABELLA>

ALLEGATO VI

TERMINI PER L'APPLICAZIONE DEI VALORI LIMITE E DELLE MIGLIORI TECNICHE DISPONIBILI ALLE FONTI FISSE NUOVE E ALLE FONTI ESISTENTI

Di seguito sono indicati i termini per l'applicazione dei valori limite e delle migliori tecniche disponibili:

a) per le fonti fisse nuove: due anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente protocollo;

b) per le fonti fisse esistenti: otto anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente protocollo. Se necessario tale periodo può essere esteso per specifiche fonti fisse esistenti conformemente al periodo di ammortamento previsto dalla normativa nazionale.

ALLEGATO VII

MISURE RACCOMANDATE PER RIDURRE LE EMISSIONI DI INQUINANTI ORGANICI PERSISTENTI PROVENIENTI DA FONTI MOBILI

1. Le pertinenti definizioni figurano nell'allegato III del presente protocollo.

I. Livelli di emissione conseguibili per i nuovi veicoli e parametri per il carburante

A. Livelli di emissione conseguibili per i nuovi veicoli

2. Autovetture a motore diesel

>SPAZIO PER TABELLA>

3. Autoveicoli pesanti

>SPAZIO PER TABELLA>

4. Veicoli fuoristrada

Fase 1 [riferimento: regolamento (CEE) n. 96(("Disposizioni uniformi sull'omologazione dei motori ad accensione per compressione da installare sui trattori agricoli e forestali relativamente alle emissioni inquinanti dei motori". Il regolamento è entrato in vigore il 15 dicembre 1995 ed è stato modificato con emendamento entrato in vigore il 5 marzo 1997.))]

>SPAZIO PER TABELLA>

Fase 2

>SPAZIO PER TABELLA>

B. Parametri per il carburante

5. Carburante diesel (gasolio)

>SPAZIO PER TABELLA>

NS:

Non specificati.

II. Limitazione dei decontaminanti e degli additivi alogenati nei carburanti e nei lubrificanti

6. In alcuni paesi l'1,2-dibromometano è usato in associazione con l'1,2-diclorometano come decontaminante nella benzina con piombo. Inoltre, durante il processo di combustione nel motore si formano PCDD/PCDF. L'applicazione di convertitori catalitici a tre vie (marmitte catalitiche) implica l'uso di benzina senza piombo. Occorre evitare quanto più possibile l'aggiunta di decontaminanti e di altri composti alogenati alla benzina e ad altri carburanti e lubrificanti.

7. La tabella 1 riassume le misure di controllo delle emissioni di PCDD/PCDF provenienti dai gas di scarico dei veicoli a motore adibiti al trasporto su strada.

Tabella 1 Misure di controllo delle emissioni di pcdd/pcdf provenienti dai gas di scarico dei veicoli a motore adibiti al trasporto su strada

>SPAZIO PER TABELLA>

III. Misure di controllo delle emissioni di pop provenienti da fonti mobili

A. Emissioni di POP dai veicoli a motore

8. I POP sono emessi dai veicoli a motore diesel sotto forma di idrocarburi policiclici aromatici aggregati in particelle. In quantità minori gli IPA sono emessi anche dai veicoli a benzina.

9. Gli oli lubrificanti e i carburanti possono contenere composti alogenati per effetto degli additivi o del processo di produzione. Durante la combustione questi composti possono trasformarsi in PCDD/PCDF ed essere successivamente emessi con i gas di scarico.

B. Ispezione e manutenzione

10. Per le fonti mobili alimentate a gasolio (diesel), l'efficacia delle misure di controllo delle emissioni di IPA può essere assicurata mediante programmi di controllo periodico delle emissioni di particolato, misurazione dell'opacità dei gas di scarico in libera accelerazione o attraverso metodi equivalenti.

11. Per le fonti mobili alimentate a benzina, l'efficacia delle misure di controllo delle emissioni di IPA (e di altre componenti dei gas di scarico) può essere assicurata mediante programmi di controllo periodico del dosaggio del carburante e dell'efficienza della marmitta catalitica.

C. Tecniche di controllo delle emissioni di IPA dei veicoli a motore diesel o a benzina

1. Aspetti generali delle tecnologie di controllo

12. È importante che i veicoli siano progettati in modo da rispettare gli standard di emissione quando sono in circolazione. A tal fine, occorre assicurare la conformità della produzione, la durabilità per tutto il ciclo di vita del veicolo, la garanzia dei componenti di controllo delle emissioni e il richiamo dei veicoli difettosi. Per i veicoli in uso, il mantenimento dell'efficacia dei sistemi di controllo delle emissioni può essere assicurato mediante un adeguato programma di ispezione e manutenzione.

2. Misure tecniche per il controllo delle emissioni

13. Le seguenti misure sono importanti per il controllo delle emissioni di IPA:

a) specifiche di qualità del carburante e modifiche al motore per prevenire la formazione delle emissioni (misure primarie);

b) installazione di sistemi di trattamento dei gas di scarico, per esempio catalizzatori ossidanti o "trappole" per il particolato (misure secondarie).

1) Motori diesel

14. La modifica della composizione del gasolio presenta un duplice vantaggio: il ridotto tenore di zolfo comporta una riduzione delle emissioni di particelle ed aumenta l'efficienza di conversione dei catalizzatori ossidanti, mentre la riduzione dei composti di- e tri-aromatici limita la formazione e l'emissione di IPA.

15. Una misura primaria per ridurre le emissioni consiste nel modificare il motore per ottenere una combustione più completa. Esistono vari tipi di modifiche. In genere, la composizione dei gas di scarico dei veicoli è influenzata dalle modifiche apportate alla configurazione della camera di combustione e dalle pressioni più elevate di iniezione del combustibile. Attualmente la maggior parte dei motori diesel è dotata di sistemi di controllo meccanici. I motori più recenti utilizzano più frequentemente sistemi di controllo elettronico computerizzato, potenzialmente più flessibili per il controllo delle emissioni. Un'altra tecnologia per il controllo delle emissioni consiste nell'installazione di un turbocompressore abbinato ad un intercooler. Questo sistema permette di ridurre le emissioni di NOx, di ottenere un maggior risparmio di carburante e di accrescere la potenza del motore. Sia per i motori leggeri che per i motori pesanti un'altra possibilità è data dalla regolazione del collettore di aspirazione.

16. Il controllo dell'olio lubrificante è importante per ridurre il particolato, dato che quest'ultimo è formato per il 10-50 % da olio per motori. Il consumo di olio può essere ridotto migliorando le specifiche di fabbricazione e le guarnizioni paraolio del motore.

17. Le misure secondarie per il controllo delle emissioni consistono nell'installazione di sistemi di trattamento dei gas di scarico. In genere per i motori diesel l'uso di un catalizzatore ossidante in associazione con un filtro per il particolato risulta efficace per ridurre le emissioni di IPA. È attualmente allo studio una trappola per il particolato ad ossidazione. Situato nel sistema di scarico, questo dispositivo trattiene il particolato consentendo una parziale rigenerazione del filtro attraverso la combustione del particolato raccolto, mediante riscaldamento elettrico o altri sistemi di rigenerazione. Per consentire un'efficace rigenerazione dei filtri passivi durante il normale funzionamento, è necessario un sistema di rigenerazione provvisto di bruciatore o l'uso di additivi.

2) Motori a benzina

18. Le misure di riduzione degli IPA applicabili ai motori a benzina sono principalmente basate sull'uso di convertitori catalitici a circuito chiuso a tre vie che, riducendo le emissioni di idrocarburi totali, determinano anche una riduzione delle emissioni di IPA.

19. Il miglioramento delle prestazioni durante l'avviamento a freddo (ad esempio, mediante l'impiego di catalizzatori per l'avviamento, il miglioramento dell'evaporazione/atomizzazione del carburante o l'uso di catalizzatori riscaldati) determina una riduzione delle emissioni organiche in genere e degli IPA in particolare.

20. La tabella 2 riassume le misure di controllo delle emissioni di IPA allo scarico dei veicoli a motore adibiti al trasporto su strada.

Tabella 2 Controllo delle emissioni di IPA allo scarico dei veicoli a motore adibiti al trasporto su strada

>SPAZIO PER TABELLA>

ALLEGATO VIII

CATEGORIE DI GRANDI FONTI FISSE

I. Introduzione

Gli impianti o le parti di impianti per lo svolgimento di attività di ricerca, sviluppo e sperimentazione di nuovi prodotti non rientrano nel presente elenco. Per una descrizione più completa delle categorie si rinvia all'allegato V.

II. Elenco delle categorie

>SPAZIO PER TABELLA>

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