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Document 62013TJ0680

Sentenza del Tribunale (Quarta Sezione ampliata) del 13 luglio 2018.
Dr. K. Chrysostomides & Co. LLC e a. contro Consiglio dell'Unione europea e a.
Responsabilità extracontrattuale – Politica economica e monetaria – Programma di sostegno alla stabilità di Cipro – Decisione del consiglio direttivo della BCE relativa all’erogazione di liquidità di emergenza a seguito di una domanda della Banca centrale di Cipro – Dichiarazioni dell’Eurogruppo del 25 marzo, del 12 aprile, del 13 maggio e del 13 settembre 2013 concernenti Cipro – Decisione 2013/236/UE – Protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 sulle condizioni specifiche di politica economica concluso fra Cipro e il meccanismo europeo di stabilità – Competenza del Tribunale – Ricevibilità – Requisiti di forma – Previo esperimento dei mezzi di ricorso interni – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Diritto di proprietà – Legittimo affidamento – Parità di trattamento.
Causa T-680/13.

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2018:486

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

13 luglio 2018 ( *1 )

«Responsabilità extracontrattuale – Politica economica e monetaria – Programma di sostegno alla stabilità di Cipro – Decisione del consiglio direttivo della BCE relativa all’erogazione di liquidità di emergenza a seguito di una domanda della Banca centrale di Cipro – Dichiarazioni dell’Eurogruppo del 25 marzo, del 12 aprile, del 13 maggio e del 13 settembre 2013 concernenti Cipro – Decisione 2013/236/UE – Protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 sulle condizioni specifiche di politica economica concluso fra Cipro e il meccanismo europeo di stabilità – Competenza del Tribunale – Ricevibilità – Requisiti di forma – Previo esperimento dei mezzi di ricorso interni – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Diritto di proprietà – Legittimo affidamento – Parità di trattamento»

Nella causa T‑680/13,

Dr. K. Chrysostomides & Co. LLC, con sede a Nicosia (Cipro), e le altre parti ricorrenti i cui nomi figurano in allegato ( 1 ), rappresentate da P. Tridimas, barrister,

ricorrenti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. de Gregorio Merino, E. Dumitriu-Segnana, E. Chatziioakeimidou e E. Moro, in qualità di agenti,

Commissione europea, rappresentata inizialmente da B. Smulders, J.‑P. Keppenne e M. Konstantinidis, successivamente da* Keppenne, Konstantinidis e L. Flynn, in qualità di agenti,

Banca centrale europea (BCE), rappresentata inizialmente da N. Lenihan e F. Athanasiou, successivamente da P. Papapaschalis e P. Senkovic e infine da M. Szablewska e K. Laurinavičius, in qualità di agenti, assistiti da H.-G. Kamann, avvocato,

Eurogruppo, rappresentato dal Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. de Gregorio Merino, E. Dumitriu-Segnana, E. Chatziioakeimidou e E. Moro, in qualità di agenti,

e

Unione europea, rappresentata dalla Commissione europea, rappresentata inizialmente da B. Smulders, J.-P. Keppenne e M. Konstantinidis, successivamente da J.-P. Keppenne, M. Konstantinidis e L. Flynn, in qualità di agenti,

convenuti

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 268 TFUE e diretta ad ottenere il risarcimento dei danni che i ricorrenti avrebbero asseritamente subìto a causa della decisione del consiglio direttivo della BCE del 21 marzo 2013 relativa all’erogazione di liquidità di emergenza a seguito di una domanda presentata dalla Banca centrale di Cipro, delle dichiarazioni dell’Eurogruppo del 25 marzo, del 12 aprile, del 13 maggio e del 13 settembre 2013 concernenti Cipro, della decisione 2013/236/UE del Consiglio del 25 aprile 2013, destinata a Cipro, relativa a misure specifiche per ripristinare la stabilità finanziaria e la crescita sostenibile (GU 2013, L 141, pag. 32), del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 sulle condizioni specifiche di politica economica, stipulato tra la Repubblica di Cipro e il meccanismo europeo di stabilità (MES) nonché di altri atti e comportamenti della Commissione, del Consiglio, della BCE e dell’Eurogruppo connessi alla concessione di un dispositivo di assistenza finanziaria alla Repubblica di Cipro,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata),

composto da H. Kanninen (relatore), presidente, J. Schwarcz, C. Iliopoulos, L. Calvo-Sotelo Ibáñez-Martín e I. Reine, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 settembre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I. Fatti

A. Il Trattato MES

1

Il 2 febbraio 2012 è stato concluso a Bruxelles (Belgio) il trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l’Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica di Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d’Austria, la Repubblica portoghese, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca e la Repubblica di Finlandia (in prosieguo: il «Trattato MES»). Tale Trattato è entrato in vigore il 27 settembre 2012.

2

Il considerando 1 del Trattato MES così recita:

«Il 17 dicembre 2010 il Consiglio europeo ha concordato sulla necessità per gli Stati membri della zona euro di istituire un meccanismo permanente di stabilità. Il presente meccanismo europeo di stabilità (MES) assumerà il compito attualmente svolto dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) e dal meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (EFSM) di fornire, laddove necessario, l’assistenza finanziaria agli Stati membri della zona euro».

3

In conformità agli articoli 1 e 2 e all’articolo 32, paragrafo 2, del Trattato MES, le parti contraenti, cioè gli Stati membri la cui moneta è l’euro (in prosieguo: gli «SMME»), istituiscono tra loro un’istituzione finanziaria internazionale, il meccanismo europeo di stabilità (MES), che possiede personalità giuridica.

4

L’articolo 3 del Trattato MES descrive l’obiettivo del MES nel modo seguente:

«L’obiettivo del MES è quello di mobilizzare risorse finanziarie e fornire un sostegno alla stabilità, secondo condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto, a beneficio dei membri del MES che già si trovino o rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari, se indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e quella dei suoi Stati membri. A questo scopo è conferito al MES il potere di raccogliere fondi con l’emissione di strumenti finanziari o la conclusione di intese o accordi finanziari o di altro tipo con i propri membri, istituzioni finanziarie o terzi».

5

L’articolo 4, paragrafi 1 e 3, e paragrafo 4, primo comma, del Trattato MES, dispone quanto segue:

«1.   Il MES è dotato di un consiglio dei governatori e di un consiglio di amministrazione, nonché di un direttore generale e dell’altro personale ritenuto necessario».

(…)

3.   L’adozione di una decisione di comune accordo richiede l’unanimità dei membri partecipanti alla votazione. Le astensioni non ostano all’adozione di una decisione di comune accordo.

4.   In deroga al paragrafo 3, una procedura di votazione d’urgenza è utilizzata nei casi in cui la Commissione e la [Banca centrale europea (BCE)] concludono che la mancata adozione di una decisione urgente circa la concessione o l’attuazione di un’assistenza finanziaria di cui agli articoli da 13 a 18 minaccerebbe la sostenibilità economica e finanziaria della zona euro (…)».

6

L’articolo 5, paragrafo 3, del Trattato MES prevede che «[i]l membro della Commissione (…) responsabile degli affari economici e monetari e il presidente della BCE, nonché il presidente dell’Eurogruppo (se non è il presidente o un governatore), possono partecipare alle riunioni del consiglio dei governatori [del MES] in qualità di osservatori».

7

L’articolo 6, paragrafo 2, del Trattato MES, dispone che «[i]l membro della Commissione (…) responsabile degli affari economici e monetari ed il presidente della BCE possono nominare ciascuno un osservatore [presso il consiglio d’amministrazione del MES]».

8

L’articolo 12 del Trattato MES definisce i principi cui è sottoposto il sostegno alla stabilità e, al suo paragrafo 1, dispone quanto segue:

«Ove indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e dei suoi Stati membri, il MES può fornire a un proprio membro un sostegno alla stabilità, sulla base di condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto. Tali condizioni possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite».

9

L’articolo 13 del Trattato MES descrive la procedura per la concessione del sostegno alla stabilità ad un membro del MES nei seguenti termini:

«1.   Un membro del MES può presentare domanda di sostegno alla stabilità al presidente del consiglio dei governatori. Tale domanda menziona lo strumento finanziario o gli strumenti finanziari da considerare. Una volta ricevuta la domanda, il presidente del consiglio dei governatori assegna alla Commissione (…), di concerto con la BCE, i seguenti compiti:

a)

valutare l’esistenza di un rischio per la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso o dei suoi Stati membri, a meno che la BCE non abbia già presentato un’analisi a norma dell’articolo 18, paragrafo 2;

b)

valutare la sostenibilità del debito pubblico. Se opportuno e possibile, tale valutazione dovrà essere effettuata insieme al [Fondo monetario internazionale (FMI)];

c)

valutare le esigenze finanziarie effettive o potenziali del membro del MES interessato.

2.   Sulla base della domanda del membro del MES e della valutazione di cui al paragrafo 1, il consiglio dei governatori può decidere di concedere, in linea di principio, il sostegno alla stabilità al membro del MES interessato sotto forma di un dispositivo di assistenza finanziaria.

3.   Se è adottata una decisione ai sensi del paragrafo 2, il consiglio dei governatori affida alla Commissione (…) – di concerto con la BCE e, laddove possibile, insieme all’FMI – il compito di negoziare con il membro del MES interessato un protocollo d’intesa che precisi le condizioni contenute nel dispositivo di assistenza finanziaria. Il contenuto del protocollo d’intesa riflette la gravità delle carenze da affrontare e lo strumento di assistenza finanziaria scelto. Il direttore generale del MES prepara nel contempo una proposta di accordo su un dispositivo di assistenza finanziaria contenente le modalità finanziarie e le condizioni e la scelta degli strumenti, che dovrà essere adottata dal consiglio dei governatori.

Il protocollo d’intesa è pienamente conforme alle misure di coordinamento delle politiche economiche previste dal [Trattato FUE], in particolare a qualsiasi atto legislativo dell’Unione europea, compresi pareri, avvertimenti, raccomandazioni o decisioni indirizzati al membro del MES interessato.

4.   La Commissione (…) firma il protocollo d’intesa in nome e per conto del MES, previa verifica del rispetto delle condizioni di cui al paragrafo 3 e previa approvazione del consiglio dei governatori.

5.   Il consiglio di amministrazione approva l’accordo sul dispositivo di assistenza finanziaria che definisce gli aspetti finanziari del sostegno alla stabilità da fornire e, se del caso, le modalità di corresponsione della prima rata dell’assistenza stessa.

(…)

7.   La Commissione (…) – di concerto con la BCE e, laddove possibile, insieme all’FMI – ha il compito di monitorare il rispetto delle condizioni cui è subordinato il dispositivo di assistenza finanziaria».

B. Difficoltà finanziarie della Repubblica di Cipro e domanda di assistenza finanziaria

10

Nel corso dei primi mesi del 2012, la Repubblica ellenica e i suoi creditori obbligazionisti privati hanno concordato – per poi procedere in tal senso – uno scambio di titoli di credito greci con un taglio sostanziale sul valore nominale del debito greco detenuto dagli investitori privati [Private Sector Involvement (in prosieguo: il «PSI»)].

11

Quale conseguenza della loro esposizione ai titoli oggetto del PSI, diverse banche stabilite a Cipro, fra cui la Cyprus Popular Bank Public Co Ltd (in prosieguo: la «Laïki») e la Trapeza Kyprou Dimosia Etaireia LTD (in prosieguo: la «BoC»), hanno subito perdite considerevoli. Nel loro complesso, tali perdite erano superiori a quattro miliardi di EUR e rappresentavano approssimativamente il 25% del prodotto interno lordo (PIL) della Repubblica di Cipro.

12

La Laïki, la BoC e altre banche stabilite a Cipro hanno quindi incontrato problemi di sottocapitalizzazione. Non essendo più in grado di fornire garanzie sufficienti ad ottenere finanziamenti dalla Banca centrale europea (BCE), la Laïki ha chiesto, e ottenuto, un sostegno eccezionale di liquidità [Emergency Liquidity Assistance (in prosieguo: l’«ELA»)] da parte della Kentriki Trapeza tis Kyprou (Banca centrale di Cipro; in prosieguo: la «BCC»). L’importo totale dell’ELA concesso alla Laïki era pari a EUR 3,8 miliardi nel maggio del 2012 e a quasi EUR 9,6 miliardi il 3 luglio 2012.

13

In tali circostanze, la Repubblica di Cipro ha reputato necessario intervenire a sostegno del settore bancario cipriota, segnatamente ricapitalizzando la Laïki nella misura di EUR 1,8 miliardi nel giugno del 2012. Nel corso dello stesso mese, la BoC ha annunciato di avere domandato anch’essa un sostegno in capitale alle autorità cipriote, ma di non averlo ottenuto.

14

All’epoca, la Repubblica di Cipro si trovava essa stessa ad affrontare considerevoli difficoltà finanziarie e di bilancio. Poiché il suo rating era stato abbassato di uno o due punti dalle agenzie di rating Fitch, Moody’s e Standard & Poor’s nel primo trimestre del 2011, a causa, segnatamente, dell’esposizione del suo settore bancario all’economia greca, dal maggio del 2011 la Repubblica di Cipro non è più stata in grado di rifinanziarsi sui mercati a tassi che fossero compatibili con la sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine. In tali circostanze, la Repubblica di Cipro ha coperto le sue esigenze di finanziamento, segnatamente, emettendo buoni del Tesoro a brevissimo termine e concludendo, nell’ottobre del 2011, un accordo di prestito ufficiale per un importo di EUR 2,5 miliardi con la Federazione russa.

15

Il 25 giugno 2012, dopo che l’agenzia di rating Fitch, seguendo le agenzie di rating Moody’s e Standard & Poor’s, aveva abbassato il rating della Repubblica di Cipro collocandolo nella categoria speculativa, i titoli di credito di quest’ultima hanno cessato di soddisfare le condizioni necessarie per essere ammessi a garanzia delle operazioni monetarie dell’Eurosistema, è costituito dalle banche centrali degli SMME e dalla BCE, le quali dirigono la politica monetaria dell’Unione europea. In pari data, la Repubblica di Cipro ha presentato al presidente dell’Eurogruppo una domanda di assistenza finanziaria del MES o del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF). Secondo le dichiarazioni del governo cipriota, l’assistenza richiesta mirava a «contenere i rischi per l’economia cipriota, segnatamente quelli provenienti da ricadute negative nel suo settore finanziario, estremamente esposto all’economia greca».

16

Con dichiarazione del 27 giugno 2012, l’Eurogruppo ha indicato che l’assistenza finanziaria richiesta sarebbe stata fornita alla Repubblica di Cipro dal FESF o dal MES, nel contesto di un programma di aggiustamento macroeconomico da realizzare mediante un protocollo d’intesa, il cui negoziato sarebbe stato condotto, da un lato, dalla Commissione europea, di concerto con la BCE e il Fondo monetario internazionale (FMI) e, dall’altro, dalle autorità cipriote.

17

Il 29 novembre 2012, rappresentanti della Commissione, della BCE, dell’FMI e della Repubblica di Cipro hanno redatto un progetto di protocollo d’intesa.

18

Con dichiarazione del 21 gennaio 2013, l’Eurogruppo, da un lato, ha indicato che un accordo finale concernente un programma di aggiustamento macroeconomico avrebbe potuto essere raggiunto nel marzo del 2013 e, dall’altro, ha incoraggiato le parti interessate a realizzare progressi al fine di ultimare le componenti del progetto di protocollo d’intesa.

19

Nel marzo del 2013, la Repubblica di Cipro e gli altri SMME sono pervenuti ad un accordo politico su tale progetto di protocollo d’intesa.

20

Con dichiarazione del 16 marzo 2013, l’Eurogruppo ha accolto tale accordo, nonché l’impegno delle autorità cipriote di adottare misure supplementari intese a mobilizzare risorse interne, al fine di limitare il volume dell’assistenza finanziaria connessa al programma di aggiustamento macroeconomico di cui al punto 18 supra. Fra tali misure figuravano, segnatamente, la creazione di un’imposta sui depositi bancari di Cipro, la ristrutturazione e la ricapitalizzazione delle banche, nonché misure di bail-in dei detentori di obbligazioni subordinate. L’Eurogruppo ha parimenti sottolineato che il settore finanziario cipriota sarebbe stato oggetto di una riduzione adeguata finalizzata a porre rimedio alla sua fragilità e alle sue considerevoli dimensioni rispetto al PIL della Repubblica di Cipro. In tale contesto, l’Eurogruppo ha indicato che riteneva che la concessione di una assistenza finanziaria idonea a garantire la stabilità finanziaria della Repubblica di Cipro e della zona euro fosse, in linea di principio, giustificata, e ha invitato le parti interessate ad accelerare i negoziati in corso.

21

Il 18 marzo 2013, la Repubblica di Cipro ha disposto la chiusura delle banche nei giorni lavorativi del 19 e del 20 marzo 2013. Successivamente, le autorità cipriote hanno deciso di prorogare la chiusura fino al 28 marzo 2013 per evitare prelievi massicci agli sportelli.

22

Il 19 marzo 2013, il Parlamento cipriota ha respinto un progetto di legge del governo cipriota relativo alla creazione di un’imposta su tutti i depositi bancari di Cipro. Il governo cipriota ha quindi elaborato un nuovo progetto di legge che si limitava a prevedere la ristrutturazione di due banche cipriote, ossia la BoC e la Laïki (in prosieguo: le «banche di cui trattasi»).

23

Il 21 marzo 2013, quando i debiti della Laïki e della BoC provenienti dall’ELA ammontavano, rispettivamente, a EUR 9,5 miliardi e a EUR 1,9 miliardi, la BCE ha pubblicato un comunicato stampa in cui ha indicato quanto segue:

«Il consiglio direttivo della BCE ha deciso di mantenere il livello esistente di ELA fino al (…) 25 marzo 2013.

Una proroga per il rimborso potrebbe essere presa in considerazione solo in caso di attuazione di un programma dell’[Unione o dell’FMI] che garantisca la solvibilità delle banche interessate».

24

Il 22 marzo 2013, il Parlamento cipriota ha adottato la O peri exiyiansis pistotikon kai allon idrimaton nomos (No. 17(I)/2013) [legge sul risanamento di istituti di credito e di altri istituti, EE, allegato I(I), n. 4379, 22.3.2013, pag. 117] (in prosieguo: la «legge del 22 marzo 2013»). Ai sensi del punto 3, paragrafo 1, e del punto 5, paragrafo 1, di tale legge, la BCC è stata incaricata, congiuntamente al Ministero delle Finanze cipriota, del risanamento degli istituti previsti da detta legge. A tal fine, anzitutto, il punto 12, paragrafo 1, della legge del 22 marzo 2013 prevede che la BCC possa, per decreto, ristrutturare i debiti e le obbligazioni di un istituto soggetto a una procedura di risoluzione, anche mediante riduzione, modifica, rinegoziazione o novazione del capitale nominale o del saldo di qualsiasi tipo di credito esistente o futuro su tale istituto o tramite una conversione dei titoli di debito in fondi propri. Detto punto esclude poi da tali misure i depositi garantiti, ai sensi del punto 2, quinto comma, della legge del 22 marzo 2013, ossia i depositi di importo inferiore o pari a EUR 100000. Il punto 3, paragrafo 2, lettera a) e b), di tale legge, prevede che gli azionisti di un istituto soggetto a una procedura di risoluzione siano i primi a sopportare tutte le perdite risultanti dall’attuazione delle misure di risoluzione, mentre i creditori di un siffatto istituto sopportano tali perdite soltanto dopo gli azionisti. Infine, risulta dal punto 3, paragrafo 2, lettera d), di detta legge, che le misure adottate sulla base di tale legge non possono mettere i creditori delle banche interessate in una situazione finanziaria meno favorevole di quella in cui si troverebbero in caso di liquidazione di tali banche. Il punto 12, paragrafo 14, della legge in questione precisa che, in caso di attuazione della misura prevista al punto 12, paragrafo 1, della stessa legge, le parti interessate ricevono, come pagamento delle loro domande, almeno l’importo che esse avrebbero ricevuto, in forza del diritto cipriota, in caso di liquidazione di dette banche.

25

Con dichiarazione del 25 marzo 2013, l’Eurogruppo ha affermato di essere pervenuto ad un accordo con le autorità cipriote sugli elementi essenziali di un futuro programma di aggiustamento macroeconomico avente il sostegno di tutti gli SMME, nonché della Commissione, della BCE e dell’FMI.

26

In tale dichiarazione si afferma, in particolare, quanto segue:

«L’Eurogruppo accoglie favorevolmente i piani di ristrutturazione del settore finanziario menzionati in allegato. Tali misure rappresenteranno il necessario presupposto per ripristinare la redditività del settore finanziario. In particolare, esse garantiscono, conformemente ai principi dell’Unione, tutti i depositi inferiori a EUR 100000.

Il programma conterrà un approccio decisivo al fine di porre rimedio agli squilibri del settore finanziario. Si procederà ad una riduzione adeguata del settore finanziario (…)

L’Eurogruppo chiede insistentemente l’attuazione immediata dell’accordo fra [la Repubblica di Cipro] e la [Repubblica ellenica] relativo alle succursali greche delle banche cipriote, il quale protegge al contempo la stabilità dei sistemi bancari greco e cipriota».

27

L’allegato di tale dichiarazione così recita:

«In seguito ad una presentazione dei progetti politici delle autorità [della Repubblica di Cipro], che sono stati largamente accolti dall’Eurogruppo, vi è stato accordo su quanto segue:

1.

La Laïki è immediatamente smantellata – con il completo contributo degli azionisti, dei detentori di titoli obbligazionari e dei titolari di depositi non garantiti – secondo una risoluzione della [BCC], utilizzando il quadro di risoluzione bancaria di recente adozione.

2.

La Laïki è scissa in una struttura di scioglimento e in una banca risanata. La struttura di scioglimento dovrà progressivamente scomparire.

3.

La banca risanata è integrata nella [BoC] grazie al quadro di risoluzione bancaria e in seguito a consultazione dei consigli di amministrazione della BoC e della Laïki. Essa apporterà [un ELA] pari a EUR 9 miliardi. Solo i depositi non [garantiti] della BoC rimarranno congelati fino alla realizzazione della ricapitalizzazione e potranno poi essere sottoposti ad adeguate condizioni.

4.

Il consiglio direttivo della BCE apporterà liquidità alla BoC rispettando le regole applicabili.

5.

La BoC sarà ricapitalizzata mediante la conversione dei depositi non [garantiti] in fondi propri con una contribuzione completa degli azionisti e dei detentori di obbligazioni.

6.

La conversione sarà effettuata in modo da garantire un coefficiente di capitale del 9% alla fine del programma.

7.

Tutti i detentori di depositi [garantiti] in tutte le banche beneficeranno di una protezione totale in conformità alla normativa pertinente dell’[Unione].

8.

La copertura del programma (fino a EUR 10 miliardi) non servirà a ricapitalizzare la Laïki o la [BoC]».

28

Come è stato precisato nella risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, si riteneva che, degli EUR 10 miliardi di cui era dotata la copertura del programma, EUR 3,4 miliardi sarebbero stati destinati alle esigenze di bilancio della Repubblica di Cipro, EUR 4,1 miliardi al riacquisto, da parte di quest’ultima, di titoli di credito, ed EUR 2,5 miliardi alla ricapitalizzazione a alla ristrutturazione di banche cipriote diverse dalle banche di cui trattasi.

C. Misure di ristrutturazione bancaria adottate dalla Repubblica di Cipro

29

Il 25 marzo 2013, il governatore della BCC ha sottoposto le banche di cui trattasi ad una procedura di risanamento.

30

Successivamente, quattro decreti sono stati pubblicati a tale scopo sul fondamento della legge del 22 marzo 2013, ossia:

il Kanonistiki Dioikitiki Praxi 96/2013, peri tis polisis ergasion ton en elladi ergasion tis Trapezas Kyprou Dimosias Etaireias Ltd Diatagma tou 2013 (decreto 96/2013, sulla vendita di talune operazioni della BoC in Grecia, atto amministrativo regolamentare n. 96), del 26 marzo 2013 [EE, allegato III (I), n. 4640, 26.3.2013, pag. 745] (in prosieguo: il «decreto n. 96»);

il Kanonistiki Dioikitiki Praxi 97/2013, peri tis polisis ergasion ton en elladi ergasion tis Cyprus Popular Bank Public Co Ltd Diatagma tou 2013 (decreto 97/2013, sulla vendita di talune operazioni della Laïki in Grecia, atto amministrativo regolamentare n. 97), del 26 marzo 2013 [EE, allegato III (I), n. 4640, 26.3.2013, pag. 749] (in prosieguo: il «decreto n. 97»);

il Kanonistiki Dioikitiki Praxi 103/2013, peri diasosis me idia mesa tis Trapezas Kyprou Dimosias Etaireias Ltd Diatagma tou 2013 (decreto 103/2013, sul risanamento tramite mezzi propri della BoC, atto amministrativo regolamentare n. 103), del 29 marzo 2013 [EE, allegato III (I), n. 4645, 29.3.2013, pag. 769] (in prosieguo: il «decreto n. 103»);

il Kanonistiki Dioikitiki Praxi 104/2013, peri tis Polisis Orismenon Ergasion tis Cyprus Popular Bank Public Co Ltd Diatagma tou 2013 (decreto 104/2013, sulla vendita di talune attività della Laïki, atto amministrativo regolamentare n. 104), del 29 marzo 2013 [EE, allegato III (I), n. 4645, 29.3.2013, pag. 781] (in prosieguo: il «decreto n. 104»).

31

I decreti nn. 96 e 97 prevedono, rispettivamente, la vendita delle succursali della BoC e della Laïki stabilite in Grecia (in prosieguo, congiuntamente: le «succursali greche»).

32

I punti 5 e 6 del decreto n. 103 prevedono una ricapitalizzazione della BoC, a spese, segnatamente, dei suoi titolari di depositi non garantiti e dei suoi azionisti, affinché essa possa continuare a fornire servizi bancari. Pertanto, i depositi non garantiti della BoC sono stati convertiti in azioni della medesima (37,5% di ciascun deposito non garantito), in titoli convertibili, dalla BoC, vuoi in azioni vuoi in depositi (22,5% di ciascun deposito non garantito), e in titoli convertibili in depositi dalla BCC (40% di ciascun deposito non garantito). Fra i titoli che possono essere convertiti in depositi da parte della BCC, il 25% (10% di ciascun deposito non garantito) è stato liberato. Il restante 75% (30% di ciascun deposito non garantito) è rimasto inaccessibile ai depositanti. Il punto 6, paragrafo 5, del decreto n. 103, specifica che, se i contributi dei depositanti non garantiti eccedono quanto necessario al fine di reintegrare i capitali propri della BoC, l’autorità di risoluzione determinerà l’importo corrispondente alla sovracapitalizzazione e lo tratterà come se la conversione non avesse mai avuto luogo. Il decreto n. 103, ai sensi del suo punto 10, è entrato in vigore il 29 marzo 2013 alle ore 6:00.

33

A seguito di modifiche apportate al decreto n. 103 il 30 luglio 2013, da un lato, il 10% dei depositi non garantiti che erano stati previamente convertiti in titoli convertibili in azioni o in depositi, sono stati convertiti in azioni della BoC. Fra i titoli convertibili, da parte della BCC, o in azioni o in depositi, residui (12,5% di ciascun deposito non garantito) e quelli che possono essere convertiti in depositi da parte della BCC e non ancora liberati (30% di ciascun deposito non garantito), il 12% è stato collocato in un nuovo conto corrente, mentre l’88% è stato collocato, in parti uguali, in conti a termine di sei mesi, nove mesi e dodici mesi.

34

Dall’altro lato, il valore nominale di un euro di ciascuna azione ordinaria della BoC è stato ridotto ad un centesimo. Successivamente, sono state fuse in un’azione ordinaria di un valore nominale di un euro un centinaio di azioni ordinarie per un valore nominale di un centesimo. Le azioni ordinarie di un valore nominale di un centesimo il cui numero era inferiore a 100 e che non potevano, pertanto, essere fuse per formare una nuova azione ordinaria di un valore nominale di un euro, sono state soppresse.

35

Quanto al decreto n. 104, il combinato disposto dei suoi punti 2 e 5 prevede il trasferimento, entro il 29 marzo 2013, alle 6:10, di taluni elementi dell’attivo e del passivo della Laïki alla BoC, ivi inclusi i depositi inferiori a EUR 100000 e il debito connesso all’ELA. I depositi superiori a EUR 100000 sono stati mantenuti presso la Laïki, in attesa della sua liquidazione.

36

A seguito di modifiche apportate al decreto n. 104 il 30 luglio 2013, circa il 18% del nuovo capitale sociale della BoC è stato erogato alla Laïki nel corso del 2013.

37

A seguito dell’adozione dei decreti nn. 96, 97, 103 e 104 (in prosieguo, congiuntamente: i «decreti lesivi»), la Commissione, la BCE e l’FMI hanno avviato nuove discussioni con le autorità cipriote ai fini dell’ultimazione di un protocollo d’intesa.

D. Concessione di un’assistenza finanziaria alla Repubblica di Cipro

38

Con dichiarazione del 12 aprile 2013, in primo luogo, l’Eurogruppo ha accolto favorevolmente un accordo concluso fra le autorità cipriote, da un lato, e l’FMI, la Commissione e la BCE, dall’altro. Esso ha indicato che, alla luce di tale accordo, erano soddisfatti i requisiti richiesti per l’avvio dei procedimenti nazionali necessari ai fini dell’approvazione formale dell’accordo relativo all’assistenza finanziaria richiesta dalla Repubblica di Cipro. Esso ha parimenti rilevato di aspettarsi che il consiglio dei governatori del MES fosse in grado di approvare tale accordo per il 24 aprile 2013, fatta salva la conclusione dei procedimenti nazionali. In secondo luogo, l’Eurogruppo ha rilevato che le autorità cipriote avevano attuato misure decisive di risoluzione, di ristrutturazione e di ricapitalizzazione intese ad ovviare alla situazione fragile e unica del settore finanziario cipriota.

39

Durante la sua riunione del 24 aprile 2013, in primo luogo, il consiglio dei governatori del MES ha confermato, da un lato, che la Commissione e la BCE erano state incaricate di effettuare le valutazioni di cui all’articolo 13, paragrafo 1, del Trattato MES e, dall’altro, che la Commissione, in collaborazione con la BCE e l’FMI, era stata incaricata di negoziare il protocollo d’intesa con la Repubblica di Cipro. In secondo luogo, esso ha deciso di concedere un sostegno alla stabilità a favore della Repubblica di Cipro sotto forma di un dispositivo di assistenza finanziaria (in prosieguo: il «DAF»), conformemente alla proposta del direttore generale del MES. In terzo luogo, esso ha approvato un nuovo progetto di protocollo d’intesa negoziato, da un lato, dalla Commissione, in collaborazione con la BCE e l’FMI, e, dall’altro, dalla Repubblica di Cipro. In quarto luogo, esso ha incaricato la Commissione di sottoscrivere tale protocollo in nome del MES.

40

Il 25 aprile 2013, in conformità all’articolo 136, paragrafo 1, TFUE, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione 2013/236/UE, destinata a Cipro, relativa a misure specifiche per ripristinare la stabilità finanziaria e la crescita sostenibile (GU 2013, L 141, pag. 32). Tale decisione prevede una serie di «misure e [di] risultati» al fine di correggere il disavanzo di bilancio della Repubblica di Cipro e di ripristinare la solidità del sistema finanziario di quest’ultima.

41

Il 26 aprile 2013, il nuovo protocollo d’intesa (in prosieguo: il «protocollo d’intesa del 26 aprile 2013») è stato sottoscritto dal vicepresidente della Commissione, in nome del MES, dal ministro delle Finanze della Repubblica di Cipro e dal governatore della BCC.

42

Al titolo «Ristrutturazione e risoluzione [delle banche di cui trattasi]», i punti da 1.23 a 1.28 di tale protocollo d’intesa così recitano:

«1.23

L’esame del valore finanziario e contabile già menzionato ha rivelato che le due maggiori banche di Cipro erano insolventi. Al fine di risolvere tale situazione, il governo ha attuato un piano di risoluzione e di ristrutturazione di ampia portata. Per evitare che si accumulassero futuri squilibri e per ripristinare la vitalità del settore, salvaguardando nel contempo la concorrenza, è stata adottata una strategia composta da quattro fasi che non comporta l’impiego di denaro dei contribuenti.

1.24

In primo luogo, sono stati ceduti tutti gli attivi (ivi inclusi i prestiti nel settore del trasporto marittimo) e i passivi connessi alla Grecia, stimati – con simulazione di un’ipotesi sfavorevole – rispettivamente in EUR 16,4 e EUR 15 miliardi. Gli attivi e i passivi greci sono stati acquistati dalla Piraeus Bank, la cui ristrutturazione sarà affidata alle autorità elleniche. La cessione è stata eseguita in virtù di un accordo firmato il 26 marzo 2013. Poiché il valore contabile degli attivi ammontava a EUR 19,2 miliardi, questa cessione ha permesso di ridurre sostanzialmente l’esposizione reciproca tra la Grecia e Cipro.

1.25

Per quanto concerne la succursale [della Laïki] nel Regno Unito, tutti i depositi sono stati trasferiti alla controllata britannica [della BoC]. Gli attivi collegati sono stati integrati all’interno [della BoC].

1.26

In secondo luogo, [la BoC] riprende – mediante una procedura di acquisto e di assorbimento – gli attivi ciprioti [della Laïki], al loro giusto valore, nonché i suoi depositi garantiti e la sua esposizione [all’ELA], al loro valore nominale. I depositi non garantiti [della Laïki] saranno mantenuti all’interno della precedente entità. Ciò affinché il valore degli attivi ceduti sia superiore a quello dei passivi ceduti in modo tale che la differenza corrisponda alla ricapitalizzazione [della BoC] da parte [della Laïki] pari al 9% degli attivi ponderati in funzione dei rischi ceduti. [La BoC] è l’oggetto di una ricapitalizzazione intesa a conseguire, alla fine del programma, un coefficiente minimo di fondi propri (core tier one ratio) del 9%, nell’ipotesi sfavorevole delle prove di stress (stress test), il che dovrebbe contribuire a ristabilire la fiducia e a normalizzare le condizioni di finanziamento. La conversione del 37,5% dei depositi non garantiti detenuti [nella BoC] in azioni ordinarie, con pieno diritto di voto e diritti a dividendi, fornisce la maggior parte del capitale necessario, con un apporto ulteriore in capitali propri da parte della precedente entità [della Laïki]. Una parte dei restanti depositi non garantiti [della BoC] sarà temporaneamente congelata.

1.27

In terzo luogo, al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi della capitalizzazione, sarà realizzata, entro la fine di giugno 2013, una valutazione indipendente più dettagliata e attualizzata degli attivi [delle banche di cui trattasi], come richiesto dal quadro per la risoluzione delle crisi nel settore bancario. A tal fine, i termini di riferimento dell’attività di valutazione indipendente saranno convenuti non oltre la metà di aprile 2013, in consultazione con la [Commissione], la [BCE] e il [FMI]. Dopo tale valutazione, si procederà, ove necessario, a un’ulteriore conversione di depositi non garantiti in azioni ordinarie, al fine di far sì che l’obiettivo di ottenere un livello minimo di capitali propri del 9% in condizioni di crisi possa essere raggiunto alla fine del programma. Ove [la BoC] dovesse essere sovracapitalizzata rispetto a tale obiettivo, si procederà a un riacquisto di azioni al fine di rimborsare ai depositanti l’importo corrispondente alla sovracapitalizzazione.

1.28

Infine, considerata l’importanza sistemica della [BoC], è importante che le operazioni della [Laïki] vengano rapidamente integrate, l’efficienza operativa migliorata, il recupero dei prestiti non produttivi ottimizzato – con attuazione del recupero da parte dell’entità redditizia –, e le condizioni di finanziamento progressivamente normalizzate. Al fine di realizzare tali obiettivi e garantire che la [BoC] possa operare con garanzie massime per preservare stabilità e redditività continua durante un periodo di transizione, la BCC, dopo essersi consultata con il ministero delle Finanze, nominerà un nuovo consiglio di amministrazione e un nuovo direttore generale ad interim fino a quando i nuovi azionisti della [BoC] non si siano organizzati in un’assemblea generale. La BCC esigerà dal consiglio di amministrazione la preparazione di un piano di ristrutturazione che definisca gli obiettivi commerciali e le politiche di credito della banca fino al settembre del 2013. Per garantire che le attività commerciali ordinarie non vengano pregiudicate, verranno elaborati dispositivi istituzionali fino al giugno del 2013 in conformità al diritto cipriota per proteggere la [BoC] a fronte di rischi concernenti la reputazione e di gouvernance».

43

Il 30 aprile 2013, il Parlamento cipriota ha approvato il protocollo d’intesa del 26 aprile 2013.

44

L’8 maggio 2013, il MES, la Repubblica di Cipro e la BCC hanno concluso l’accordo relativo al DAF. Lo stesso giorno, il consiglio di amministrazione del MES ha approvato tale accordo, nonché una proposta relativa alle modalità di pagamento alla Repubblica di Cipro di una prima tranche di aiuti per un importo pari a EUR 3 miliardi. Tale tranche è stata divisa in due versamenti. Il primo, pari a EUR 2 miliardi, è stato effettuato il 13 maggio 2013. Il secondo, pari a EUR 1 miliardo, è stato effettuato il 26 giugno 2013.

45

Con dichiarazione del 13 maggio 2013, l’Eurogruppo ha accolto favorevolmente la decisione del consiglio dei governatori del MES di approvare la prima tranche di aiuti e ha confermato che la Repubblica di Cipro aveva attuato le misure convenute nel protocollo d’intesa del 26 aprile 2013.

46

Con dichiarazione del 13 settembre 2013, l’Eurogruppo ha accolto favorevolmente, da un lato, la conclusione della prima missione di controllo della Commissione, della BCE e dell’FMI e, dall’altro, il fatto che la BoC fosse uscita dalla procedura di risoluzione il 30 luglio 2013. Inoltre, l’Eurogruppo ha espresso il proprio sostegno al versamento di una seconda tranche di aiuti. Tale versamento, pari a EUR 1,5 miliardi, è stato effettuato il 27 settembre 2013.

II. Procedimento e conclusioni delle parti

47

Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 dicembre 2013, i ricorrenti, ossia il Dr. K. Chrysostomides & Co. LLC, e le altre parti i cui nomi figurano in allegato, hanno proposto il presente ricorso.

48

Nel loro ricorso, i ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

in via principale, ordinare ai convenuti di pagare loro le somme indicate nel prospetto allegato al ricorso, oltre ad interessi a decorrere dal 16 marzo 2013 fino alla data di pronuncia della sentenza del Tribunale;

in subordine, dichiarare che l’Unione e/o i convenuti sono incorsi in responsabilità extracontrattuale e determinare la procedura da seguire per stimare il danno risarcibile effettivamente subìto dai ricorrenti;

condannare i convenuti alle spese.

49

Nel loro ricorso, i ricorrenti hanno parimenti chiesto il trattamento prioritario della presente causa, in applicazione dell’articolo 55, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991.

50

Con atti separati, depositati nella cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 14 luglio 2014, il 16 luglio 2014 e il 18 agosto 2014, il Consiglio, la BCE e la Commissione hanno sollevato alcune eccezioni di irricevibilità ai sensi dell’articolo 114, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991.

51

Nella sua eccezione di irricevibilità, il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso in quanto irricevibile;

condannare i ricorrenti alle spese.

52

Nella sua eccezione di irricevibilità, la BCE chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso in quanto irricevibile o manifestamente infondato in diritto ai sensi dell’articolo 111 del regolamento di procedura del 2 maggio 1991;

condannare i ricorrenti alle spese.

53

Nella sua eccezione di irricevibilità, la Commissione chiede che il Tribunale voglia:

in via principale, respingere il ricorso in quanto manifestamente irricevibile;

in subordine, respingere il ricorso in quanto manifestamente infondato in diritto ai sensi dell’articolo 111 del regolamento di procedura del 2 maggio 1991;

in ogni caso, condannare i ricorrenti alle spese.

54

I ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni su tali eccezioni il 2 ottobre 2014. In tali osservazioni, i ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

respingere le eccezioni d’irricevibilità;

in subordine, riunire le eccezioni di irricevibilità al merito;

accogliere le conclusioni del ricorso.

55

Con ordinanza del 3 giugno 2015, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di riunire le eccezioni di irricevibilità sollevate dai convenuti al merito, in conformità all’articolo 114, paragrafo 4, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991.

56

Il 28 luglio 2015, il 30 luglio 2015 e il 31 luglio 2015, rispettivamente, il Consiglio, la BCE e la Commissione hanno presentato i controricorsi.

57

Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso in quanto irricevibile;

in subordine, respingere il ricorso in quanto manifestamente infondato;

condannare i ricorrenti alle spese.

58

La BCE chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso in quanto irricevibile;

in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

condannare i ricorrenti alle spese.

59

La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso in quanto irricevibile e/o infondato;

condannare i ricorrenti alle spese.

60

Il 23 settembre 2015, il Tribunale, in applicazione dell’articolo 83, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, ha deciso che un secondo scambio di memorie non fosse necessario.

61

Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 ottobre 2015, i ricorrenti hanno chiesto l’autorizzazione a depositare una replica ai sensi dell’articolo 83, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale.

62

Con decisione del 28 ottobre 2015, il Tribunale ha accolto tale domanda.

63

Il 9 dicembre 2015, i ricorrenti hanno depositato la loro replica. Il 29 gennaio 2016, l’11 febbraio 2016 e il 12 febbraio 2016, rispettivamente, il Consiglio, la Commissione e la BCE hanno presentato le loro controrepliche.

64

Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 2 marzo 2016, i ricorrenti hanno chiesto, da un lato, che si tenesse un’udienza e, dall’altro, che la presente causa e la causa T‑786/14, Bourdouvali e a./Consiglio e a., fossero riunite ai fini della fase orale del procedimento. I convenuti hanno indicato al Tribunale di non avere alcuna obiezione nei confronti della riunione richiesta.

65

Il 18 aprile 2016, in applicazione dell’articolo 69, lettera d), del regolamento di procedura, il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha deciso di sospendere il presente procedimento fino all’adozione di una decisione conclusiva del giudizio nelle cause C‑8/15 P, Ledra Advertising/Commissione e BCE, C‑9/15 P, Eleftheriou e a./Commissione e BCE, C‑10/15 P, Theophilou e Theophilou/Commissione e BCE, C‑105/15 P, Mallis e Malli/Commissione e BCE, C‑106/15 P, Tameio Pronoias Prosopikou Trapezis Kyprou/Commissione e BCE, C‑107/15 P, Chatzithoma/Commissione e BCE, C‑108/15 P, Chatziioannou/Commissione e BCE, e C‑109/15 P, Nikolaou/Commissione e BCE.

66

A seguito delle sentenze del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701), e Mallis e a./Commissione e BCE (da C‑105/15 P a C‑109/15 P, EU:C:2016:702), con le quali la Corte ha posto fine al giudizio nei procedimenti di cui al punto 65 supra, il presente procedimento è stato riavviato.

67

Il 27 ottobre 2016, nell’ambito delle misure di esecuzione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, il Tribunale ha invitato le parti a presentare osservazioni sulle conseguenze che esse traevano da queste due sentenze con riferimento alla presente controversia. Le parti hanno dato seguito a tale richiesta nel termine impartito.

68

Poiché è stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato alla Quarta Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

69

Il 27 aprile 2017, il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha deciso di riunire la presente causa alla causa T‑786/13, Bourdouvali e a./Consiglio e a., ai fini della fase orale del procedimento.

70

Il 17 maggio 2017, su proposta della Quarta Sezione, il Tribunale, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, ha deciso di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

71

Il 18 maggio 2017, su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di avviare la fase orale del procedimento senza accogliere la richiesta di trattamento prioritario presentata dai ricorrenti. Lo stesso giorno, il presidente della Quarta Sezione ampliata del Tribunale ha fissato l’udienza al 12 luglio 2017.

72

Il 14 giugno 2017, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura, il Tribunale ha posto alcuni quesiti scritti alle parti. Queste ultime hanno risposto entro il termine impartito.

73

Con lettera del 20 giugno 2017, i ricorrenti hanno chiesto il rinvio dell’udienza, prevista per il 12 luglio 2017 (v. punto 71 supra). Il 26 giugno 2017, il presidente della Quarta Sezione ampliata ha accolto tale richiesta e ha rinviato l’udienza all’11 settembre 2017.

74

Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza dell’11 settembre 2017.

III. In diritto

75

Al momento dell’entrata in vigore dei decreti lesivi (v. punti da 30 a 36 supra), i ricorrenti erano titolari di depositi presso le banche di cui trattasi o azionisti delle medesime.

76

L’applicazione delle misure previste dai decreti lesivi, come modificati il 30 luglio 2013 (in prosieguo, congiuntamente: le «misure lesive»), avrebbe provocato una riduzione sostanziale del valore dei depositi, delle azioni e dei titoli di credito obbligazionari dei ricorrenti, quantificata in maniera esatta dai medesimi in un allegato al ricorso.

77

Anzitutto, i ricorrenti fanno valere che l’adozione delle misure lesive è imputabile ai convenuti. Questi ultimi avrebbero adottato taluni atti (in prosieguo: gli «atti controversi»), con i quali essi, in primo luogo, avrebbero costretto la Repubblica di Cipro ad adottare le misure lesive per beneficiare di un aiuto per essa indispensabile; in secondo luogo, avrebbero approvato l’adozione di tali misure e, in terzo luogo, avrebbero favorito o perpetuato la loro attuazione. Si tratterebbe, più specificamente, dei seguenti atti:

la dichiarazione dell’Eurogruppo del 25 marzo 2013;

l’«accordo dell’Eurogruppo del 25 marzo 2013»;

la «decisione del consiglio direttivo della BCE del 21 marzo 2013 intesa al rimborso dell’ELA entro il 26 marzo [2013] fatta salva la conclusione di un accordo su un pacchetto di salvataggio»;

le «decisioni della BCE di continuare ad erogare l’ELA»;

la negoziazione e la conclusione, da parte della Commissione, del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013;

gli altri atti con i quali i convenuti hanno avallato e approvato le misure lesive, ossia le dichiarazioni dell’Eurogruppo del 12 aprile, del 13 maggio e del 13 settembre 2013, le «considerazioni della Commissione, secondo le quali le misure adottate dalle autorità cipriote erano conformi alla condizionalità», la decisione 2013/236 e l’approvazione, da parte della Commissione e della BCE, del versamento delle diverse tranche del DAF alla Repubblica di Cipro.

78

I ricorrenti sostengono inoltre che gli atti controversi siano stati adottati senza tenere conto degli interessi del gruppo chiuso costituito dai depositanti o dagli azionisti delle banche di cui trattasi, in violazione grave e qualificata del diritto dell’Unione.

79

Infine, da un lato, i ricorrenti rilevano che esiste un nesso diretto fra le misure lesive e le perdite da essi subite. Dall’altro, essi chiedono di essere risarciti di tali perdite.

A. Sulla competenza del Tribunale

80

I convenuti contestano la competenza del Tribunale a conoscere del ricorso in esame.

81

Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 268 e dell’articolo 340, secondo e terzo comma, TFUE, il Tribunale, in materia di responsabilità extracontrattuale, è competente unicamente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni causati dalle istituzioni, dagli organi o gli organismi dell’Unione o dai loro agenti nell’esercizio delle loro funzioni (v., in tal senso, ordinanza del 1o aprile 2008, Ayyanarsamy/Commissione e Germania, T‑412/07, non pubblicata, EU:T:2008:84, punto 24).

82

Secondo la giurisprudenza, il termine «istituzione» usato dall’articolo 340, secondo comma, TFUE, non va inteso nel senso che comprende le sole istituzioni dell’Unione elencate nell’articolo 13, paragrafo 1, TUE (v., in tal senso, sentenza del 2 dicembre 1992, SGEEM e Etroy/BEI, C‑370/89, EU:C:1992:482, punto 16). Tale termine include altresì, tenuto conto del sistema di responsabilità extracontrattuale sancito dal Trattato FUE, ogni altro organo e organismo dell’Unione istituiti dai Trattati con il compito di contribuire alla realizzazione degli scopi dell’Unione. Di conseguenza, gli atti posti in essere da questi organi e organismi nell’esercizio delle competenze loro attribuite dal diritto dell’Unione sono imputabili all’Unione conformemente ai principi generali comuni agli Stati membri di cui all’articolo 340, secondo comma, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2002, Lamberts/Mediatore, T‑209/00, EU:T:2002:94, punto 49).

83

Ne consegue che il Tribunale non può conoscere di una domanda di risarcimento diretta contro l’Unione e fondata sull’illegittimità di un atto o di un comportamento il cui autore non è né un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione né uno dei loro agenti nell’esercizio delle loro funzioni. Pertanto, i danni causati dalle autorità nazionali nell’esercizio delle proprie competenze possono implicare unicamente la responsabilità di queste ultime e i giudici nazionali restano gli unici competenti a garantirne il risarcimento (v., in tal senso, sentenze del 7 luglio 1987, L’Étoile commerciale e CNTA/Commissione, 89/86 e 91/86, EU:C:1987:337, punto 17 e la giurisprudenza ivi citata, e del 4 febbraio 1998, Laga/Commissione, T‑93/95, EU:T:1998:22, punto 47).

84

Per contro, non è escluso che il Tribunale possa conoscere di un ricorso inteso ad ottenere il risarcimento dei danni causati da un atto o da un comportamento con il quale un’autorità nazionale assicura l’esecuzione di una normativa dell’Unione. In un caso del genere, occorre verificare, per fondare la competenza del Tribunale, se l’illegittimità addotta a sostegno del ricorso promani effettivamente da un’istituzione, da un organo o da un organismo dell’Unione oppure da uno dei suoi agenti nell’esercizio delle sue funzioni e non possa essere considerato imputabile, in realtà, all’autorità nazionale di cui trattasi (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 26 febbraio 1986, Krohn Import‑Export/Commissione, 175/84, EU:C:1986:85, punto 19). Ciò avviene qualora le autorità nazionali non dispongano di alcun margine di discrezionalità per attuare una normativa dell’Unione inficiata da una siffatta illegittimità (v., in tal senso, sentenza dell’11 gennaio 2002, Biret International/Consiglio, T‑174/00, EU:T:2002:2, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata).

85

Inoltre, il Tribunale è competente a conoscere di un ricorso inteso ad ottenere il risarcimento dei danni causati da atti o comportamenti illeciti della Commissione o della BCE connessi ai compiti affidati loro nell’ambito del Trattato MES (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punti da 54 a 60).

86

Nella specie, fatta salva l’individuazione della causa determinante del danno addotto, occorre rilevare che è nell’applicazione delle misure lesive che può essere ravvisata l’origine immediata della perdita patrimoniale asseritamente subita dai ricorrenti, quali azionisti o depositanti delle banche di cui trattasi. Come riconosciuto dai ricorrenti, tali misure sono state introdotte tramite i decreti lesivi. Orbene, i decreti lesivi, pubblicati il 29 marzo 2013 (v. punto 30 supra) e, alcuni di essi, modificati il 30 luglio 2013, sono stati adottati da un’autorità cipriota, il governatore della BCC, in forza di una legge cipriota, la legge del 22 marzo 2013. L’adozione di tale legge e di tali decreti è anteriore alla firma del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 e non è stata formalmente richiesta da un atto dell’Unione, a differenza, ad esempio, di un atto nazionale che traspone una direttiva. I decreti lesivi non sono pertanto, sotto il profilo formale, imputabili all’Unione.

87

A tal riguardo, in primo luogo, i convenuti affermano che neanche l’adozione dei decreti lesivi è, in realtà, imputabile all’Unione, e non può pertanto chiamare in causa la responsabilità di quest’ultima. Tali decreti sarebbero imputabili esclusivamente alle autorità cipriote, le quali li avrebbero adottati unilateralmente, nell’esercizio del loro potere sovrano. La Commissione e la BCE precisano che il protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 menziona le misure lesive a fini storici e descrittivi, dal momento che la concessione del DAF era stata subordinata unicamente all’adozione di misure future. Quanto ai consigli tecnici forniti nel corso di un procedimento nazionale, la Commissione e la BCE ricordano che essi non comportano la responsabilità dell’Unione.

88

In secondo luogo, il Consiglio e la Commissione sottolineano che l’Eurogruppo è una riunione intergovernativa informale, le cui dichiarazioni, prive di effetti giuridici, sono imputabili a ciascuno Stato membro rappresentato e non possono, pertanto, far sorgere la responsabilità dell’Unione.

89

In terzo luogo, la BCE ricorda che l’ELA rientra nella competenza delle banche centrali nazionali dell’Eurosistema. La BCE si limiterebbe a verificare se l’ELA interferisca con i compiti e gli obiettivi del Sistema europeo di banche centrali (SEBC). Per farlo, non avendo le facoltà per valutare la solvibilità delle banche cipriote, la BCE sarebbe stata obbligata ad aderire alle valutazioni effettuate dalla BCC, le quali erano fortemente fondate sulla prospettiva di un’adozione imminente di un programma di sostegno. Di conseguenza, la BCE avrebbe inevitabilmente dovuto considerare che il suo approccio sarebbe dovuto mutare in caso di mancata adozione di un programma di questo tipo.

90

In ogni caso, il 21 marzo 2013, la BCE non avrebbe adottato alcuna decisione ai sensi dell’articolo 14.4 del protocollo n. 4, del 30 marzo 2010, sullo statuto del [SEBC] e della BCE (GU 2010, C 83, pag. 230; in prosieguo: lo «statuto della BCE»), ma avrebbe emesso una semplice dichiarazione di intenti priva di effetti giuridici e idonea ad essere liberamente modificata, anche nel caso in cui detta dichiarazione avrebbe potuto aumentare la pressione sopportata dalle autorità cipriote a causa della deplorevole situazione delle finanze pubbliche e delle banche cipriote.

91

In quarto luogo, la Commissione rileva che né il Trattato MES né la giurisprudenza la obbligano a garantire che tutto ciò che ricade nell’ambito di detto Trattato rispetti il diritto dell’Unione. Tuttavia, poiché essa conserva il suo ruolo di custode dei Trattati, sancito all’articolo 17 TUE, nell’ambito del MES, la Commissione avrebbe vigilato sulla conformità del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 al diritto dell’Unione. Orbene, si evincerebbe dalla giurisprudenza che l’articolo 17 TUE non conferisce diritti ai singoli e che una sua violazione non è idonea a far sorgere la responsabilità dell’Unione.

92

I ricorrenti replicano che il Tribunale è competente a conoscere del ricorso in esame.

93

In primo luogo, essi affermano che, anche se i decreti lesivi sono formalmente atti sovrani e unilaterali della Repubblica di Cipro, le misure lesive sono, in realtà, imputabili ai convenuti. Infatti, nella sua dichiarazione del 25 marzo 2013, l’Eurogruppo avrebbe deciso di subordinare il DAF all’adozione di tali misure e, alla luce della «domanda della BCE di rimborso dell’ELA entro il 26 marzo 2013», il DAF sarebbe stato indispensabile per evitare il fallimento della Repubblica di Cipro, il cui margine di manovra era inesistente. Poiché l’Eurogruppo ha dunque preteso l’adozione delle misure lesive, la circostanza che esse siano state adottate prima della sottoscrizione del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 non inciderebbe sulla loro imputabilità all’Unione. Al contrario, il fatto che le misure lesive siano state elencate nel protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 e che la loro attuazione sia stata sorvegliata dalla Commissione, in conformità all’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 2013/236, nonché il contenuto dell’articolo 2, paragrafo 6, di tale decisione, mostrerebbero che si trattava di condizioni alle quali è stata subordinata la concessione del DAF.

94

In secondo luogo, i ricorrenti rilevano che l’Eurogruppo può far sorgere la responsabilità dell’Unione, poiché si tratta di un organo previsto dal diritto primario e le cui funzioni vengono esercitate nell’ambito dell’unione monetaria, la quale rientra nella competenza esclusiva dell’Unione. Inoltre, poiché l’Eurogruppo si riuniva generalmente la sera della riunione del Consiglio Ecofin e raggruppa un numero di Stati membri che rappresenta 215 dei 255 voti necessari a raggiungere la maggioranza qualificata all’epoca dei fatti, le sue decisioni verrebbero sempre seguite dal Consiglio.

95

I ricorrenti aggiungono che un atto non vincolante, come una pubblicazione, può far sorgere la responsabilità dell’Unione. In ogni caso, la dichiarazione dell’Eurogruppo del 25 marzo 2013 sarebbe vincolante. L’Eurogruppo avrebbe deciso di subordinare il DAF a condizioni precise, percepite come vincolanti dalle autorità cipriote, dal MES e dalle istituzioni dell’Unione interessate. In particolare, poiché il consiglio dei governatori del MES ha la stessa composizione dell’Eurogruppo, esso, secondo i ricorrenti, non poteva che avallare tale decisione se non era addirittura vincolato alla medesima. Ciò si evincerebbe, inoltre, dalla stessa dichiarazione del 25 marzo 2013, nonché dalla risoluzione del Parlamento del 13 marzo 2014 sulla relazione di indagine sul ruolo e le attività della troika (BCE, Commissione e FMI) relativamente ai paesi dell’area dell’euro oggetto di programmi. I ricorrenti ritengono, al riguardo, che nella specie sia applicabile per analogia la giurisprudenza secondo la quale un atto dell’Unione, quando autorizza uno Stato membro ad intraprendere un’azione, incide direttamente sulla situazione giuridica dei singoli interessati qualora l’esercizio, da parte dello Stato membro, del suo potere di valutazione, sia pacifico.

96

Inoltre, i ricorrenti rilevano che la concessione del DAF non esula dall’ambito dell’Unione. Infatti, anzitutto, tale concessione sarebbe stata decisa dall’Eurogruppo, un organo dell’Unione, al fine di realizzare obiettivi dell’Unione. Inoltre, il DAF sarebbe stato formalmente accordato dal MES, un meccanismo la cui necessità è stata decisa dal Consiglio europeo, i cui obiettivi sono strettamente connessi a quelli dell’Unione, e che è collocato sotto il controllo e la vigilanza della Commissione e della BCE. Infine, il DAF sarebbe stato accompagnato dalla decisione 2013/236, adottata alla vigilia della sottoscrizione del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013.

97

In terzo luogo, i ricorrenti rilevano che, ai sensi dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE, quest’ultima deve essere informata di qualsiasi operazione di ELA e dispone del diritto di opporre il proprio veto ad una siffatta operazione. Il fatto che la BCE non sia munita di alcuna competenza per quanto attiene alla verifica della solvibilità delle banche non significherebbe che la sua decisione possa essere arbitraria.

98

In quarto luogo, i ricorrenti fanno valere che la responsabilità dell’Unione sorge qualora le sue istituzioni, quando agiscono nell’ambito del MES, violino il diritto dell’Unione, cooperino nell’adozione di un atto adottato in violazione di tale diritto, oppure omettano di vigilare sulla compatibilità dell’atto in questione con detto diritto. La responsabilità dell’Unione sorgerebbe parimenti per il fatto che i convenuti avrebbero approvato le misure lesive.

99

Il dibattito fra le parti solleva, in sostanza, due interrogativi, che il Tribunale esaminerà successivamente. Da un lato, il Tribunale deve stabilire se le misure lesive, formalmente imputabili alla Repubblica di Cipro, siano, in realtà, imputabili ai convenuti in tutto o in parte (v. punti da 101 a 193, infra).

100

Dall’altro, il Tribunale è tenuto a stabilire se taluni atti e comportamenti dei convenuti, indipendentemente dalla questione dell’imputabilità delle misure lesive, abbiano potuto comportare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione (v. punti da 194 a 207, infra).

1.   Sull’imputabilità ai convenuti delle misure lesive

101

In via preliminare, si deve ricordare che la verifica dell’imputabilità di un atto o di un comportamento controverso all’Unione può essere rilevante, da un lato, nell’ambito della valutazione della competenza del Tribunale, nella misura in cui quest’ultimo è incompetente a conoscere del risarcimento di un danno imputabile non alle istituzioni, agli organi o agli organismi dell’Unione o ai loro agenti nell’esercizio delle loro funzioni, bensì ad uno Stato membro o ad un’altra entità esterna all’Unione, e, dall’altro, nell’ambito dell’esame del merito di un ricorso, dal momento che essa fa parte degli elementi che consentono di determinare se sia soddisfatta una delle tre condizioni alle quali è subordinato il sorgere della responsabilità dell’Unione, ossia l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento addebitato a tali istituzioni, a tali organi o a tali organismi oppure ai loro agenti nell’esercizio delle loro funzioni, e il danno lamentato (v., in tal senso, sentenza del 3 maggio 2017, Sotiropoulou e a./Consiglio, T‑531/14, non pubblicata, EU:T:2017:297, punto 57). Nella specie, alla luce, segnatamente, della linea argomentativa delle parti (v. punti da 87 a 98 supra), il Tribunale ritiene che occorra esaminare la questione dell’imputabilità nell’ambito della verifica della competenza del Tribunale.

102

I ricorrenti fanno valere, in sostanza, che i convenuti, tramite gli atti controversi (v. punto 77, supra), hanno in realtà obbligato la Repubblica di Cipro ad adottare le misure lesive. Ne conseguirebbe che è possibile ritenere che le perdite che i ricorrenti avrebbero subito, nella loro qualità di azionisti o di depositanti delle banche di cui trattasi, a causa di tali misure, siano state causate da istituzioni, organi o organismi dell’Unione oppure da agenti nell’esercizio delle loro funzioni; ciò viene contestato dai convenuti.

103

Occorre dunque verificare, in conformità alla giurisprudenza citata ai punti da 81 a 85 supra, se il Consiglio, la Commissione e la BCE, nonché l’Eurogruppo, sempre che esso possa essere considerato un’istituzione dell’Unione ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, abbiano richiesto, tramite gli atti controversi (v. punto 77 supra), l’adozione delle misure lesive (v. punti da 104 a 182 infra) e, se del caso, se la Repubblica di Cipro disponesse di un margine di discrezionalità per sottrarsi a tale richiesta (v. punti da 183 a 191 infra). A tal riguardo, il Tribunale precisa anzitutto che la valutazione del carattere vincolante o meno degli atti controversi e della pressione economica e finanziaria che la Repubblica di Cipro si sarebbe trovata ad affrontare attiene alla determinazione del margine di discrezionalità di quest’ultima e verrà pertanto esaminata, se del caso, nella parte della presente sentenza dedicata a tale questione.

a)   Sulla questione se i convenuti, tramite gli atti controversi, abbiano preteso l’adozione delle misure lesive

104

Occorre esaminare ciascuno degli atti controversi (v. punto 77 supra) al fine di stabilire se sia possibile ritenere che, tramite uno o alcuni di essi, il Consiglio, la Commissione e la BCE, nonché l’Eurogruppo, sempre che esso possa essere considerato un’istituzione dell’Unione ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, abbiano imposto l’adozione delle misure lesive alla Repubblica di Cipro.

1) Dichiarazione dell’Eurogruppo del 25 marzo 2013

105

I ricorrenti sostengono, in sostanza, che, con la sua dichiarazione del 25 marzo 2013, l’Eurogruppo ha subordinato la concessione del DAF all’adozione delle misure lesive.

106

Prima di esaminare il contenuto di tale dichiarazione, occorre stabilire se l’Eurogruppo possa essere considerato un’istituzione dell’Unione ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE. In conformità alla giurisprudenza citata al punto 82 supra, è solo in tale ipotesi, infatti, che un atto dell’Eurogruppo, come la suddetta dichiarazione, può far sorgere la responsabilità dell’Unione. A tal riguardo, occorre ricordare che, come è stato indicato al punto 82 supra, il termine «istituzione» impiegato all’articolo 340, secondo comma, TFUE, include non soltanto le istituzioni dell’Unione elencate nell’articolo 13, paragrafo 1, TUE ma anche ogni altro organo o organismo dell’Unione istituiti dai Trattati con il compito di contribuire alla realizzazione degli scopi dell’Unione.

107

Il Consiglio e la Commissione ritengono, in sostanza, che l’Eurogruppo non sia un’istituzione dell’Unione ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE. A sostegno di tale tesi, il Consiglio si fonda, segnatamente, sul punto 61 della sentenza del 20 settembre 2016, Mallis e a./Commissione e BCE (da C‑105/15 P a C‑109/15 P, EU:C:2016:702), da cui si evincerebbe che l’Eurogruppo non può né essere assimilato a una formazione del Consiglio, né essere qualificato come organo o organismo dell’Unione. Orbene, nella misura in cui l’Eurogruppo non sarebbe né una formazione del Consiglio, né un organo, né un organismo dell’Unione, esso non potrebbe far sorgere la responsabilità extracontrattuale di quest’ultima.

108

A tal riguardo, occorre rilevare che, al punto 61 della sentenza del 20 settembre 2016, Mallis e a./Commissione e BCE (da C‑105/15 P a C‑109/15 P, EU:C:2016:702), la Corte si è premurata di specificare che l’Eurogruppo non poteva essere qualificato come organo o organismo dell’Unione «ai sensi dell’articolo 263 TFUE».

109

Orbene, la competenza esercitata dal giudice dell’Unione nel giudizio di legittimità ai sensi dell’articolo 263 TFUE differisce sia per il suo oggetto sia per le censure che possono essere sollevate da quella di cui è investito nel contenzioso della responsabilità extracontrattuale ai sensi degli articoli 268 e 340 TFUE (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 14 luglio 1961, Vloeberghs/Alta Autorità, 9/60 e 12/60, EU:C:1961:18, pag. 425). Infatti, come sottolineato dai ricorrenti, il ricorso per risarcimento danni connesso ad una responsabilità extracontrattuale dell’Unione per le azioni od omissioni delle sue istituzioni è stato istituito come rimedio autonomo rispetto ad altre azioni giudiziali, avente la propria funzione particolare nell’ambito del sistema dei mezzi di ricorso e subordinato a condizioni di esercizio concepite in vista del suo specifico oggetto (sentenze del 28 aprile 1971, Lütticke/Commissione, 4/69, EU:C:1971:40, punto 6; del 12 aprile 1984, Unifrex/Commissione e Consiglio, 281/82, EU:C:1984:165, punto 11, e del 7 giugno 2017, Guardian Europe/Unione europea, T‑673/15, oggetto di impugnazione, EU:T:2017:377, punto 53). Mentre il ricorso di annullamento previsto all’articolo 263 TFUE tende ad ottenere l’eliminazione di un atto determinato, l’azione risarcitoria fondata sull’articolo 340 TFUE mira ad ottenere il risarcimento del danno causato da un’istituzione (v., in tal senso, sentenze del 2 dicembre 1971, Zuckerfabrik Schöppenstedt/Consiglio, 5/71, EU:C:1971:116, punto 3, e del 18 settembre 2014, Georgias e a./Consiglio e Commissione, T‑168/12, EU:T:2014:781, punto 32).

110

Pertanto, a prescindere dalla sua qualità di atto impugnabile con un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, qualsiasi atto di un’istituzione, di un organo o di un organismo dell’Unione oppure di uno dei suoi agenti nell’esercizio delle sue funzioni, può, in linea di principio, essere oggetto di un ricorso per risarcimento danni ai sensi dell’articolo 268 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2009, Arizmendi e a./Consiglio e Commissione, T‑440/03, T‑121/04, T‑171/04, T‑208/04, T‑365/04 e T‑484/04, EU:T:2009:530, punto 65). Analogamente, un comportamento privo di carattere decisionale di natura tale da far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione può fondare un ricorso per risarcimento danni, benché non possa formare oggetto di un ricorso di annullamento (v., in tal senso, sentenza del 15 gennaio 2003, Philip Morris International/Commissione, T‑377/00, T‑379/00, T‑380/00, T‑260/01 e T‑272/01, EU:T:2003:6, punto 123).

111

Ne consegue che, nel sistema dei mezzi di ricorso istituito dal Trattato FUE, il ricorso per responsabilità extracontrattuale persegue una finalità compensatoria, destinata segnatamente ad assicurare una tutela giurisdizionale effettiva al singolo parimenti nei confronti di atti e comportamenti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione oppure di uno dei loro agenti nell’esercizio delle loro funzioni, i quali non possano formare l’oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Pertanto, avuto riguardo alle finalità diverse e complementari di questi due tipi di ricorso, non può ritenersi che il contenuto della nozione di «istituzione» ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, sia necessariamente circoscritto alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione contemplati all’articolo 263, primo comma, TFUE.

112

Al contrario, l’individuazione delle entità dell’Unione che possono essere qualificate come «istituzioni» ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, deve essere effettuata sulla scorta dei criteri propri di tale disposizione, diversi da quelli che governano l’individuazione degli organi e degli organismi contemplati all’articolo 263, primo comma, TFUE. Ai fini dell’articolo 263 TFUE, il criterio rilevante concerne la facoltà dell’ente convenuto di adottare atti destinati a produrre effetti giudici nei confronti di terzi (v., in tal senso, sentenza del 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento, 294/83, EU:C:1986:166, punti da 23 a 25). Per contro, ai fini dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, occorre determinare se l’ente dell’Unione al quale l’atto o il comportamento censurato è imputabile sia stato istituito dai Trattati e abbia il compito di contribuire alla realizzazione degli scopi dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2002, Lamberts/Mediatore, T‑209/00, EU:T:2002:94, punto 49).

113

Orbene, l’articolo 137 TFUE e il protocollo n. 14, del 26 ottobre 2012, sull’Eurogruppo (GU 2012, C 326, pag. 283), allegato al Trattato FUE, prevedono, segnatamente, l’esistenza, la composizione, le modalità di riunione e le funzioni dell’Eurogruppo. A quest’ultimo riguardo, l’articolo 1 di detto protocollo dispone che l’Eurogruppo si riunisce «per discutere questioni attinenti alle responsabilità specifiche (…) condivise [dai ministri che lo compongono] in materia di moneta unica». Tali questioni rientrano, ai sensi dell’articolo 119, paragrafo 2, TFUE, nell’azione dell’Unione finalizzata al conseguimento degli obiettivi enunciati all’articolo 3 TUE, fra i quali figura l’istituzione di un’unione economica e monetaria la cui moneta è l’euro. Ne consegue che l’Eurogruppo è un ente dell’Unione istituito formalmente dai Trattati e destinato a contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione. Sono pertanto imputabili all’Unione gli atti e i comportamenti dell’Eurogruppo nell’esercizio delle competenze attribuite al medesimo dal diritto dell’Unione.

114

Qualsiasi soluzione di senso opposto contrasterebbe con il principio dell’Unione di diritto, nella misura in cui consentirebbe l’istituzione, all’interno stesso dell’ordinamento giuridico dell’Unione, di enti i cui atti e comportamenti non potrebbero far sorgere la responsabilità di quest’ultima.

115

In tali circostanze, occorre verificare se l’Eurogruppo, con la sua dichiarazione del 25 marzo 2013, abbia preteso dalla Repubblica di Cipro l’adozione delle misure lesive. A tal riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che, nella sua dichiarazione del 25 marzo 2013, l’Eurogruppo ha proceduto, in maniera estremamente generica, ad un resoconto di talune misure convenute sul piano politico con la Repubblica di Cipro, al fine di stabilizzare la situazione finanziaria di quest’ultima, e ha annunciato o incoraggiato talune azioni future.

116

Per contro, l’Eurogruppo non ha espresso una posizione definitiva né in merito alla concessione del DAF né in merito alle condizioni che la Repubblica di Cipro avrebbe dovuto rispettare per beneficiarne. In particolare, esso non ha indicato né che il DAF sarebbe stato concesso alla Repubblica di Cipro soltanto nel caso in cui essa avesse adottato o attuato le misure lesive, né che i piani di ristrutturazione del settore finanziario specificati nell’allegato alla dichiarazione in questione erano considerati parte del programma di aggiustamento macroeconomico che la Repubblica di Cipro sarebbe stata tenuta a rispettare in forza dell’articolo 12, paragrafo 1, del Trattato MES.

117

In secondo luogo, si evince dalla dichiarazione in questione che l’Eurogruppo ha ritenuto che la facoltà di concedere o negare l’assistenza richiesta rientrasse non nella propria competenza, bensì in quella del consiglio dei governatori del MES. Si deve pertanto considerare che, contrariamente alle affermazioni dei ricorrenti e malgrado l’esistenza di formulazioni nel suo allegato che potrebbero apparire categoriche, fra le quali quelle secondo cui, da un lato, la Laïki è immediatamente smantellata, con una contribuzione completa degli azionisti, dei detentori di obbligazioni e dei depositanti non assicurati, e, dall’altro, la BoC sarà ricapitalizzata mediante la conversione dei depositi non garantiti in fondi propri con una contribuzione completa degli azionisti e dei detentori di obbligazioni (v. punto 27 supra), la dichiarazione del 25 marzo 2013 dell’Eurogruppo aveva natura puramente informativa. L’Eurogruppo si è limitato a informare il pubblico dell’esistenza di taluni accordi adottati sul piano politico e a esprimere il suo parere quanto alla probabilità della concessione del DAF da parte del MES (v., in tal senso, ordinanza del 16 ottobre 2014, Mallis e Malli/Commissione e BCE, T‑327/13, EU:T:2014:909, punti da 56 a 61).

118

Di conseguenza, non si può ritenere che, con la sua dichiarazione del 25 marzo 2013, l’Eurogruppo abbia preteso dalla Repubblica di Cipro l’adozione delle misure lesive.

2) «Accordo dell’Eurogruppo del 25 marzo 2013»

119

Come confermato nella loro risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, i ricorrenti considerano parimenti che la dichiarazione dell’Eurogruppo del 25 marzo 2013 informi in merito all’esistenza di un accordo di pari data, in forza del quale i membri dell’Eurogruppo si sarebbero previamente accordati sul fatto che il DAF sarebbe stato concesso alla Repubblica di Cipro solo se quest’ultima avesse adottato le misure lesive, senza alcuna possibilità di negoziarle.

120

L’esistenza di un siffatto accordo non emerge in maniera chiara ed univoca dal testo della dichiarazione dell’Eurogruppo del 25 marzo 2013. Cionondimeno, i ricorrenti desumono l’esistenza di tale accordo da taluni documenti del fascicolo, fra cui una lettera indirizzata dal ministro dell’Economia tedesco al Parlamento tedesco il 13 aprile 2013, al fine di ottenere l’approvazione della decisione del MES di concedere il DAF alla Repubblica di Cipro. Tale lettera contiene un passaggio redatto nei seguenti termini:

«L’Eurogruppo ha concluso che, nel contesto del rigetto dell’accordo iniziale da parte del Parlamento di Cipro e dell’incertezza degli sviluppi verificatisi nel frattempo, in particolare nel settore bancario cipriota, un potenziale programma potrebbe essere previsto solo dopo l’attuazione delle seguenti misure:

dissociazione delle succursali greche dal settore bancario cipriota: le succursali greche delle più importanti banche cipriote sono rilevate dal settore bancario greco;

liquidazione della [Laïki] e ristrutturazione della [BoC] senza l’impiego dei fondi di un potenziale programma di assistenza (…)

I proprietari e gli altri creditori delle banche sono pertanto coinvolti nel seguente modo nelle summenzionate misure di ristrutturazione:

i proprietari e i titolari di crediti di grado inferiore e i creditori obbligazionisti sopporteranno perdite proporzionali alle loro partecipazioni nella loro interezza;

i depositi [affidati] alla [Laïki] superiori a EUR 100000 e non soggetti alla protezione dei depositi bancari contribuiranno a coprire le esigenze finanziarie delle misure di liquidazione. I depositi inferiori a EUR 100000 e soggetti alla protezione dei depositi bancari verranno trasferiti alla [BoC];

gli attivi di valore della [Laïki] verranno trasferiti alla [BoC]. Gli attivi trasferiti dovrebbero avere un valore superiore ai passivi trasferiti, cosicché la [Laïki] contribuisce parimenti a rafforzare il capitale della [BoC];

il 37,5% dei depositi nella [BoC] che non sono soggetti alla protezione dei depositi bancari verranno convertiti in azioni della banca. [Un’ulteriore percentuale del 22,5% di tali depositi] potrebbe inoltre essere convertita in azioni in caso di necessità. L’obiettivo consiste nel realizzare un coefficiente di capitale del 9% nella [BoC]».

121

Emerge da tale passaggio che il ministro dell’Economia tedesco ha informato il Parlamento tedesco dell’esistenza di un accordo, fra i membri dell’Eurogruppo, consistente nel subordinare la concessione del DAF all’adozione delle misure lesive o, quantomeno, a misure molto simili ad esse. L’esistenza di un siffatto accordo è corroborata da diverse dichiarazioni delle autorità cipriote e da testimonianze dinanzi ad una commissione d’inchiesta del Parlamento cipriota.

122

Occorre dunque considerare, in primo luogo, che vi è stato un accordo (in prosieguo: l’«accordo di condizionalità») fra i rappresentanti degli SMME, secondo il quale il DAF sarebbe stato concesso alla Repubblica di Cipro solo se la stessa avesse adottato le misure lesive (o, quantomeno, misure molto simili ad esse); in secondo luogo, che tale accordo rivestiva natura informale, nella misura in cui esso non è stato concluso in forza di una determinata procedura oppure sul fondamento di una base giuridica determinata; in terzo luogo, che detto accordo è stato concluso o durante una riunione dell’Eurogruppo del 25 marzo 2013, o intorno a tale data, e, in quarto luogo, che il ministro dell’Economia tedesco ha ritenuto che l’accordo in questione fosse stato concluso dall’Eurogruppo.

123

Orbene, in primo luogo, occorre rilevare che, in forza del combinato disposto dell’articolo 137 TFUE e dell’articolo 1 del protocollo n. 14 sull’Eurogruppo, l’Eurogruppo è una riunione informale dei ministri degli SMME, il cui scopo consiste nell’agevolare lo scambio di punti di vista riguardante talune questioni attinenti alle responsabilità specifiche da essi condivise in materia di moneta unica (v., in tal senso, ordinanza del 16 ottobre 2014, Mallis e Malli/Commissione e BCE, T‑327/13, EU:T:2014:909, punto 41). Tale protocollo precisa che le riunioni dell’Eurogruppo vengono preparate dai rappresentanti dei ministri responsabili delle finanze degli SMME e dalla Commissione. Alla luce di tali disposizioni, è ragionevole concludere nel senso che l’Eurogruppo è composto, in linea di principio, dai ministri responsabili delle finanze degli SMME. Come confermato dal Consiglio in udienza, era questo il caso di specie, in quanto i ministri degli SMME presenti alla riunione dell’Eurogruppo del 25 marzo 2013 erano quelli responsabili delle questioni finanziarie.

124

In secondo luogo, il consiglio dei governatori del MES è composto, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, del Trattato MES, dai ministri responsabili delle finanze degli SMME.

125

Pertanto, come sottolineato correttamente dai ricorrenti, i membri del consiglio dei governatori del MES e i ministri riuniti in seno all’Eurogruppo sono, in linea di principio e in ogni caso nella specie, le stesse persone fisiche. Ne consegue che, nella prassi, è impossibile stabilire a priori se un accordo «informale», come l’accordo di condizionalità, sia stato concluso da tali persone in quanto rappresentanti degli SMME all’interno dell’Eurogruppo oppure in quanto membri del consiglio dei governatori del MES.

126

Orbene, occorre ricordare che il DAF è stato concesso dal MES, secondo le norme e le procedure previste dal Trattato MES, e non dall’Eurogruppo.

127

Di conseguenza, si deve ritenere che l’accordo di condizionalità sia stato concluso dai ministri responsabili delle finanze degli SMME riuniti il 25 marzo 2013 in quanto membri del consiglio dei governatori del MES, e non in quanto membri dell’Eurogruppo. La menzione dell’Eurogruppo nella lettera del ministro dell’Economia tedesco di cui al punto 120 supra può spiegarsi con la circostanza che i rappresentanti degli SMME presso l’Eurogruppo riuniti in tale data e i membri del consiglio dei governatori del MES sono, di fatto, le stesse persone fisiche.

128

A tal riguardo, occorre aggiungere che, creando il MES, gli SMME hanno scelto di attribuire a tale organizzazione internazionale, munita di personalità giuridica, competenze concrete ed esclusive in materia di concessione di un’assistenza finanziaria agli SMME in difficoltà. L’esercizio di siffatte competenze è soggetto a norme di diritto internazionale pubblico, proprie di un’organizzazione di cooperazione intergovernativa, dal momento che il diritto dell’Unione è applicabile solo nella misura in cui il Trattato MES lo preveda specificamente. Gli SMME hanno pertanto chiaramente collocato la concessione di un DAF al di fuori sia della sfera di attività dell’Unione sia del suo contesto normativo.

129

E vero che gli SMME hanno fatto ricorso ad istituzioni dell’Unione, ossia la Commissione e la BCE, al fine di espletare taluni compiti a favore del MES. Tuttavia, le funzioni affidate a tali istituzioni nell’ambito del Trattato MES non implicano alcun potere decisionale proprio, e le attività svolte da dette istituzioni nell’ambito dello stesso Trattato impegnano il solo MES (sentenze del 27 novembre 2012, Pringle, C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 161, e del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 53).

130

Quanto all’Eurogruppo, a differenza della Commissione e della BCE, esso non viene neanche menzionato nel Trattato MES quale organo che possa svolgere dei compiti per conto del MES.

131

Non vi è dunque motivo per attribuire ai ministri responsabili delle finanze degli SMME riuniti in seno all’Eurogruppo in qualità di membri del medesimo la capacità di anticipare o di condizionare le decisioni adottate dal consiglio dei governatori del MES, in quanto tale capacità può essere attribuita loro soltanto in quanto membri di tale consiglio, anche qualora gli accordi relativi alle condizioni di concessione di un DAF venissero decisi nell’ambito di una riunione dell’Eurogruppo.

132

Pertanto, si deve ritenere che l’accordo di condizionalità sia stato concluso dai rappresentanti degli SMME in quanto membri del consiglio dei governatori del MES.

133

Alla luce delle considerazioni che precedono, non si può ritenere che l’Eurogruppo, tramite l’accordo di condizionalità, abbia preteso l’adozione delle misure lesive.

3) «Decisione del consiglio direttivo della BCE del 21 marzo 2013 intesa ad ottenere il rimborso dell’ELA entro il 26 marzo [2013], salvo la conclusione di un accordo su un pacchetto di salvataggio»

134

I ricorrenti richiamano anche il comunicato stampa della BCE del 21 marzo 2013 (v. punto 23 supra). Come precisato in udienza, i ricorrenti ritengono che tale comunicato stampa annunci la decisione del consiglio direttivo della BCE intesa al rimborso dell’ELA entro il 26 marzo 2013, salvo la conclusione di un accordo su un pacchetto di salvataggio.

135

Ricordo che il comunicato in stampa in questione così recita:

«Il consiglio direttivo della BCE ha deciso di mantenere il livello esistente di ELA fino al (…) 25 marzo 2013.

Una proroga per il rimborso potrebbe essere presa in considerazione solo in caso di attuazione di un programma dell’[Unione o dell’FMI] che garantisca la solvibilità delle banche interessate».

136

In primo luogo, occorre determinare la portata di tale comunicato. A tal fine, devono essere richiamate le norme principali che disciplinano l’ELA.

137

Risulta dall’accordo del 7 febbraio 2013 sull’ELA che l’ELA è definita come l’erogazione di «moneta di banca centrale» o di qualsiasi altra assistenza che può sfociare in un aumento della «moneta di banca centrale» a favore di un’istituzione finanziaria, o di un gruppo di istituzioni finanziarie, che si trovino ad affrontare problemi di liquidità, senza che tali operazioni rientrino nell’ambito della politica monetaria unica.

138

Secondo questo stesso accordo, la responsabilità dell’ELA incombe alla banca centrale nazionale interessata, la quale ne assume i costi e i rischi. L’ELA poggia pertanto, in linea di principio, su una base giuridica nazionale. Nella specie, si evince dall’eccezione di irricevibilità della BCE e dalla sua risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale che l’ELA è stata concessa dalla BCC alle banche di cui trattasi sulla base del punto 6, paragrafo 2, lettera e), e del punto 46, paragrafo 3, della O peri tis Kentrikis Trapezas tis Kyprou nomos tou 2002 (n. 138(I)/2002) [legge sulla Banca centrale di Cipro del 2002, EE, allegato I(I), n. 3624, 19.7.2002] (in prosieguo: la «legge del 19 luglio 2002»). Ai sensi della prima di tali disposizioni, la BCC ha il compito, segnatamente, di assicurare la stabilità del sistema finanziario. Quanto alla seconda di tali disposizioni, essa autorizza la BCC ad «accordare anticipi in cambio di garanzie o a concedere prestiti in cambio di garanzie alle banche per un periodo di tempo determinato e per motivi che [essa] potrà designare».

139

Come si evince dalla lettera della BCC del 25 luglio 2017 allegata alla risposta della BCE alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, il consiglio direttivo della BCC, in un documento del 31 gennaio 2011, ha specificato i principi e i procedimenti che disciplinano l’erogazione dell’ELA. Tale documento indica, segnatamente, che la BCC può applicare il punto 46, paragrafo 3, della legge del 19 luglio 2002, al fine di fornire un’assistenza temporanea ad un ente creditizio oggetto di supervisione solvibile, ma privo di liquidità. Detto documento precisa che una siffatta assistenza mira a preservare la stabilità finanziaria, può essere prevista soltanto nel caso di un rischio sistemico potenziale e viene accordata, in generale, soltanto in circostanze eccezionali.

140

Si evince parimenti da tale documento che, come riconosciuto dai ricorrenti, l’ELA non ricade nella politica monetaria unica e rientra pertanto nell’ambito di applicazione dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE. Tale disposizione così recita:

«Le banche centrali nazionali possono svolgere funzioni diverse da quelle specificate [nello statuto della BCE] a meno che il consiglio direttivo decida, a maggioranza dei due terzi dei votanti, che tali funzioni interferiscono con gli obiettivi e i compiti del SEBC. Tali funzioni sono svolte sotto la piena responsabilità delle banche centrali nazionali e non sono considerate come facenti parte delle funzioni del SEBC».

141

In un documento intitolato «Procedure relative all’[ELA]» e fatto valere a sostegno dell’eccezione di irricevibilità della BCE, quest’ultima indica che, ai sensi dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE, il consiglio direttivo della BCE si è visto conferire la responsabilità di limitare le operazioni di ELA, qualora ritenga che esse interferiscano con gli obiettivi e i compiti del SEBC. A tal fine, la decisione del consiglio direttivo della BCE del 3 novembre 2011 concernente questioni procedurali relative all’ELA e l’accordo del 7 febbraio 2013 sull’ELA (v. punto 137 supra) prevedono un sistema di informazione e di cooperazione fra le banche centrali nazionali e la BCE.

142

Fra le informazioni che la banca centrale nazionale interessata deve a tal fine fornire alla BCE in relazione a ogni operazione di ELA figura «la valutazione, da parte del supervisore prudenziale, a breve e a medio termine, della posizione di liquidità e della solvibilità dell’istituto di credito che percepisce l’ELA, inclusi i criteri utilizzati per pervenire ad una conclusione positiva con riguardo alla solvibilità». Tale requisito deve essere inteso alla luce del divieto del finanziamento monetario previsto dall’articolo 123 TFUE, il cui contenuto è ripreso sostanzialmente all’articolo 21.1 dello statuto della BCE. A tal riguardo, la BCE rileva, nella sua eccezione di irricevibilità, di avere sempre considerato che il finanziamento di istituzioni finanziarie solvibili tramite l’ELA fosse compatibile con tale divieto, mentre il finanziamento di istituzioni finanziarie insolventi non lo fosse. Il documento della BCC del31 gennaio 2011 citato al punto 139 supra, avvalora tale affermazione, indicando che ogni erogazione di ELA in caso di problemi sottesi di solvibilità sarebbe manifestamente contraria all’articolo 123 TFUE e all’articolo 21.1 dello statuto della BCE.

143

Orbene, all’epoca dei fatti, la BCE non era investita di alcuna competenza in materia di controllo prudenziale degli istituti di credito dell’Unione, la quale spetterebbe esclusivamente alle autorità di vigilanza prudenziale nazionali. In tali circostanze, la BCE, al fine di assicurare il rispetto del divieto del finanziamento monetario, dipendeva dalle informazioni che le fornivano tali autorità in relazione alla solvibilità delle banche che beneficiavano dell’ELA.

144

In secondo luogo, occorre verificare se il comunicato stampa del 21 marzo 2013 testimoni l’esistenza di una decisione adottata in forza dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE, come fatto valere, in sostanza, dai ricorrenti (v. punto 134 supra), oppure di una semplice dichiarazione di intenti, come sostenuto dalla BCE (v. punto 90 supra).

145

A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE, il consiglio direttivo della BCE è l’organo competente a vietare ad una banca centrale nazionale la concessione dell’ELA qualora essa interferisca con gli obiettivi e i compiti del SEBC. Orbene, il comunicato stampa del 21 marzo 2013 indica che il consiglio direttivo della BCE ha «deciso» di mantenere un determinato livello di ELA fino al 25 marzo 2013. Ne risulta implicitamente, ma necessariamente, che, a partire dal 26 marzo 2013, il mantenimento di tale livello di ELA non sarebbe più autorizzato e che, come precisato da tale comunicato, «[u]na proroga per il rimborso potrebbe essere presa in considerazione solo in caso di attuazione di un programma dell’[Unione o dell’FMI] che garantisca la solvibilità delle banche interessate».

146

Si deve dunque ritenere, al pari dei ricorrenti, che il comunicato stampa del 21 marzo 2013 faccia riferimento all’esistenza di una decisione del consiglio direttivo della BCE consistente nell’opporsi al mantenimento del livello esistente di ELA a partire dal 26 marzo 2013 e nel subordinare un’eventuale proroga del suo rimborso alla conclusione di un programma di assistenza finanziaria che garantisca la solvibilità delle banche di cui trattasi (in prosieguo: la «decisione del consiglio direttivo della BCE del 21 marzo 2013»).

147

In terzo luogo, occorre verificare se sia possibile desumere da tale lettura del comunicato stampa del 21 marzo 2013 che la BCE ha preteso l’adozione delle misure lesive da parte della Repubblica di Cipro.

148

A tal riguardo, si deve rilevare che il comunicato stampa del 21 marzo 2013 si limita ad enunciare un obbligo di risultato. Infatti, in tale comunicato, la BCE non fa alcun riferimento, diretto o indiretto, alle misure lesive, ma si limita a subordinare un’eventuale proroga del rimborso dell’ELA alla conclusione di un programma dell’Unione e dell’FMI che assicuri la solvibilità della banche interessate. Detto comunicato non specifica affatto le caratteristiche che un siffatto programma dovrebbe rivestire, né menziona dichiarazioni dell’Eurogruppo, atti del MES o trattative in corso vertenti sull’adozione delle misure lesive.

149

Contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, l’articolo di stampa del 17 ottobre 2014 intitolato «Before a bailout, E.C.B. minutes showed doubts over keeping a Cyprus bank afloat» (Prima di un salvataggio, i verbali della BCE hanno messo in evidenza dei dubbi sul mantenere a galla una banca cipriota), non rimette affatto in discussione tale valutazione. Infatti, tale articolo si limita a riferire che «un’attenta lettura dei verbali [delle riunioni del consiglio direttivo della BCE] rivela che i rappresentanti della BCE hanno affermato a più riprese che avrebbero messo fine al programma [di ELA concesso alla Laïki] se [la Repubblica di] Cipro non avesse effettuato i progressi necessari al fine di assicurare un programma di salvataggio economico», senza che venga mai ivi sostenuto che tali rappresentanti abbiano preteso che un siffatto programma assuma una forma specifica o rivesta caratteristiche particolari.

150

Anche supponendo che siano dimostrate, neanche le affermazioni formulate da un membro del comitato esecutivo della BCE in occasione delle riunioni dell’Eurogruppo del 15 e del 16 marzo 2013 supportano la tesi dei ricorrenti. Secondo un articolo di stampa del 19 febbraio 2015, intitolato «Did the troika defraud billions at the expense of thousands of depositors in Cyprus?» (La troïka ha defraudato miliardi a spese di milioni di depositanti a Cipro?), richiamato dai ricorrenti, tale comitato esecutivo della BCE avrebbe minacciato di privare le banche cipriote dell’accesso all’ELA. Tuttavia, non emerge affatto dalle affermazioni riportate da tale articolo che detto membro del comitato esecutivo della BCE avrebbe in tal modo inteso subordinare all’adozione delle misure lesive la proroga della non opposizione della BCE al mantenimento dell’ELA. Tutt’al più è possibile considerare, alla luce della testimonianza resa dinanzi ad una commissione d’inchiesta del Parlamento cipriota dal ministro responsabile delle finanze della Repubblica di Cipro all’epoca dei fatti, che tali affermazioni vertessero sull’istituzione di un’imposta su tutti i depositi bancari di Cipro. Orbene, tale imposta, la cui creazione è stata respinta dal Parlamento cipriota il 19 marzo 2013 (v. punto 22 supra), non figura fra le misure lesive.

151

In tali circostanze, si deve concludere, come rilevato in sostanza dalla BCE, che si evince dal comunicato stampa del 21 marzo 2013 che la Repubblica di Cipro era libera di adottare misure diverse dalle misure lesive al fine di assicurare la solvibilità delle banche di cui trattasi (v., in tal senso e per analogia, ordinanza del 14 luglio 2016, Alcimos Consulting/BCE, T‑368/15, non pubblicata, EU:T:2016:438, punto 38). Non può dunque ritenersi che, con tale comunicato stampa o con la decisione da esso richiamata, la BCE abbia preteso l’adozione di tali misure da parte della Repubblica di Cipro.

4) «[Decisioni] di continuare ad erogare l’ELA» asseritamente adottate dalla BCE

152

I ricorrenti operano una distinzione fra la decisione del consiglio direttivo della BCE del 21 marzo 2013 (v. punti da 134 a 151 supra) e ciò che qualificano come decisioni della BCE «di continuare ad erogare l’ELA». In udienza, i ricorrenti hanno precisato che tali decisioni erano anteriori al comunicato stampa del 21 marzo 2013.

153

Orbene, all’epoca, l’ELA rientrava nella competenza delle sole autorità di vigilanza prudenziale nazionali (v. punti da 137 a 143 supra), mentre il consiglio direttivo della BCE era unicamente competente, in materia, a limitare le operazioni di ELA che, a suo avviso, interferivano con gli obiettivi e i compiti del SEBC. Occorre pertanto ritenere che gli atti della BCE cui si riferiscono i ricorrenti sono quelli tramite i quali essa avrebbe deciso, prima del 21 marzo 2013, di non opporsi all’ELA.

154

Occorre tuttavia rilevare che non si evince dai documenti del fascicolo che la BCE, con siffatte decisioni, avrebbe preteso l’adozione delle misure lesive da parte della Repubblica di Cipro. Al contrario, gli stessi ricorrenti hanno ammesso, in udienza, di far valere tali decisioni semplicemente per mettere in evidenza il carattere asseritamente arbitrario della decisione del consiglio direttivo della BCE del 21 marzo 2013.

155

Non può pertanto ritenersi che, tramite «[decisioni] di continuare ad erogare l’ELA» anteriori al comunicato stampa del 21 marzo 2013, la BCE abbia preteso l’adozione delle misure lesive da parte della Repubblica di Cipro.

5) Atti posteriori

156

Fra gli atti controversi (v. punto 77, quinto e sesto trattino, supra) figurano parimenti i quattro gruppi di atti seguenti:

la negoziazione e la conclusione del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 da parte della Commissione;

le «considerazioni della Commissione, secondo le quali le misure adottate dalle autorità cipriote erano conformi alla condizionalità» e l’approvazione, da parte della Commissione e della BCE, del versamento delle diverse tranche del DAF alla Repubblica di Cipro;

le dichiarazioni dell’Eurogruppo del 12 aprile, del 13 maggio e del 13 settembre 2013;

la decisione 2013/236.

157

Tali atti sono posteriori al 29 marzo 2013 e, pertanto, all’adozione dei decreti lesivi. Non è pertanto possibile ritenere che i convenuti, tramite detti atti, abbiano preteso l’adozione delle misure lesive figuranti in tali decreti. Tutt’al più, essi avrebbero potuto esigere l’adozione delle misure lesive introdotte dalle modifiche apportate ai decreti lesivi il 30 luglio 2013 e menzionate ai punti 33 e 34 supra. I ricorrenti sostengono, cionondimeno, che l’insieme degli atti controversi si iscriva in un «continuum», che inizia con i comportamenti dei convenuti sfociati nell’adozione dell’accordo di condizionalità e prosegue con i loro diversi interventi prima e dopo la sottoscrizione del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013. In udienza, i ricorrenti hanno precisato che ciascuno di tali atti e comportamenti era un «anello necessario nella catena della condizionalità». In tali circostanze, il diniego dei convenuti di adottare uno di detti atti avrebbe significato il fallimento delle misure lesive, che non avrebbero allora potuto essere attuate o continuare ad esserlo.

158

L’argomentazione dei ricorrenti equivale, in sostanza, a ritenere che l’adozione, da parte dei convenuti, di ciascuno degli atti menzionati al punto 156 supra fosse una condizione necessaria al mantenimento o alla continuazione dell’attuazione, da parte della Repubblica di Cipro, delle misure lesive. È giocoforza constatare, tuttavia, che tale ragionamento resta nell’ordine delle speculazioni. Infatti, non si evince dai documenti del fascicolo che la Repubblica di Cipro sarebbe stata costretta ad abrogare o a cessare di attuare le misure lesive se uno degli atti posteriori contemplati al punto 156 supra non fosse stato adottato.

159

È tuttavia possibile interpretare le memorie dei ricorrenti dinanzi al Tribunale, e segnatamente il loro argomento secondo il quale la Repubblica di Cipro non avrebbe potuto abrogare la legge del 22 marzo 2013 e i decreti lesivi oppure cessare di attuare le misure lesive introdotte il 29 marzo 2013 senza violare alcuni di tali atti posteriori, nel senso che i convenuti avrebbero obbligato la Repubblica di Cipro a mantenere o a continuare ad attuare tali misure. Il danno addotto risulterebbe allora non soltanto dall’adozione delle misure controverse, bensì parimenti dal mantenimento e dalla continuazione dell’attuazione di queste ultime.

160

Occorre pertanto verificare se i convenuti, adottando gli atti di cui al punto 156 supra, abbiano obbligato la Repubblica di Cipro a mantenere o a continuare ad attuare le misure lesive introdotte il 29 marzo 2013. Verrà parimenti esaminato se i convenuti, tramite tali atti, abbiano preteso l’adozione delle misure lesive introdotte dalle modifiche apportate ai decreti lesivi il 30 luglio 2013 e menzionate ai punti 33 e 34 supra.

161

In primo luogo, per quanto attiene alla conclusione del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 da parte della Commissione, occorre rilevare che le misure specificate nel medesimo si dividono in tre gruppi, ciascuno dei quali si riferisce ad un obiettivo diverso, ossia, in primo luogo, il ripristino della salute del sistema finanziario cipriota e della fiducia dei depositanti e del mercato; in secondo luogo, la continuazione del processo di consolidamento fiscale e, in terzo luogo, l’attuazione di riforme strutturali.

162

Le misure lesive vengono menzionate nell’ambito del primo di questi tre gruppi. Esse vengono, in un primo momento, descritte succintamente, al titolo «Progressi realizzati finora», e successivamente in maniera più dettagliata, ai punti da 1.23 a 1.28 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 (v. punto 42 supra).

163

In via preliminare, occorre esaminare l’argomento della BCE e della Commissione, secondo il quale le misure lesive sono elencate in tale protocollo d’intesa a fini meramente storici e descrittivi (v. punto 87 supra).

164

A tal riguardo, in primo luogo, ai considerando D e F del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 viene indicato, da un lato, che il DAF è accordato alla Repubblica di Cipro a condizione che essa rispetti le misure in esso specificate e, dall’altro, che il consiglio del governatori del MES deve decidere, sulla base delle relazioni della Commissione e prima di effettuare ciascun versamento, se tali misure siano state rispettate. Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, nessuna disposizione del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 indica che la Repubblica di Cipro possa limitarsi ad adottare determinate misure nuove. Da una lettura globale di tale protocollo si evince, piuttosto, che l’attuazione di tutte le misure ivi figuranti, e dunque anche il mantenimento di quelle già adottate prima della sua firma, è stata considerata necessaria.

165

In secondo luogo, ai punti da 1.23 a 1.28 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, misure già adottate vengono menzionate congiuntamente a misure da adottare. Orbene, queste ultime non avrebbero alcuna ragion d’essere in assenza delle misure già adottate. In tal senso, viene indicato, al punto 1.26 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, che la ricapitalizzazione della BoC è stata effettuata, segnatamente, attraverso una conversione dei depositi non garantiti in azioni (misura già adottata) e, al punto 1.27 di tale protocollo, che, se a seguito di una valutazione delle esigenze di capitale della BoC da effettuare successivamente, debba ritenersi che la BoC sia sottocapitalizzata, una percentuale maggiore dei depositi non garantiti dovrà essere convertita in azioni, mentre qualora si consideri che la BoC sia sovracapitalizzata, i titolari di depositi non garantiti avranno diritto ad un rimborso (misura da adottare).

166

Di conseguenza, occorre respingere l’argomento della Commissione e della BCE, secondo il quale le misure lesive sono elencate nel protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 a fini meramente storici e descrittivi e ritenere, pertanto, che il punto 1.26 di tale protocollo d’intesa esiga il mantenimento delle misure lesive introdotte il 29 marzo 2013 quale condizione per la concessione del DAF. Quanto al punto 1.27 di tale protocollo, esso concerne conversioni supplementari di depositi della BoC in azioni, come introdotte il 30 luglio 2013 dalle modifiche del decreto n. 103 menzionate al punto 33 supra.

167

Tuttavia, si deve rilevare che la Commissione ha sottoscritto il protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 in nome del MES, in conformità all’articolo 13, paragrafo 4, del Trattato MES. Orbene, come è stato ricordato al punto 129 supra, le funzioni affidate alla Commissione e alla BCE nell’ambito del Trattato MES non implicano alcun potere decisionale proprio, e le attività svolte da queste due istituzioni nell’ambito dello stesso Trattato impegnano il solo MES (sentenze del 27 novembre 2012, Pringle, C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 161, e del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 53). Di conseguenza, il requisito del mantenimento e della continuazione dell’attuazione delle misure lesive, nonché l’eventuale requisito di conversioni addizionali di depositi della BoC in azioni, inseriti in tale protocollo d’intesa, sono imputabili unicamente al MES, e non alla Commissione.

168

Risulta dalle suesposte considerazioni che, concludendo il protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, la Commissione non ha preteso né il mantenimento né la continuazione dell’attuazione delle misure lesive introdotte il 29 marzo 2013 da parte della Repubblica di Cipro, ma si è limitata a fornire un’assistenza operativa al MES ai fini della conclusione di un accordo del quale solo il medesimo e la Repubblica di Cipro sono responsabili. La stessa conclusione si impone con riferimento alle misure lesive introdotte il 30 luglio 2013 tramite le modifiche apportate ai decreti lesivi e menzionate ai punti 33 e 34 supra.

169

In secondo luogo, anche ammesso che sia possibile ritenere che essi abbiano imposto il mantenimento o la continuazione dell’attuazione delle misure lesive o l’adozione delle misure lesive introdotte il 30 luglio 2013 attraverso le modifiche apportate ai decreti lesivi e menzionate ai punti 33 e 34 supra, la constatazione, da parte della Commissione, che «le misure adottate dalle autorità cipriote erano conformi alla condizionalità» e l’approvazione, da parte della Commissione e della BCE, del versamento delle diverse tranche del DAF alla Repubblica di Cipro (v. punto 156, secondo trattino, supra) sono imputabili unicamente al MES, per motivi analoghi a quelli esposti ai punti 167 e 168 supra. Infatti, quando, in forza dell’articolo 13, paragrafo 7, del Trattato MES, la Commissione, di concerto con la BCE, monitora il rispetto delle condizioni cui è subordinato il DAF, essa si limita ad assolvere ad un compito operativo per conto del MES, l’unico ad essere munito di potere decisionale.

170

In terzo luogo, per quanto riguarda le dichiarazioni dell’Eurogruppo del 12 aprile, del 13 maggio e del 13 settembre 2013 (v. punto 156, terzo trattino, supra), si deve rilevare che, in tali dichiarazioni, l’Eurogruppo non fa alcun riferimento alla necessità di mantenere o continuare ad attuare le misure lesive affinché la Repubblica di Cipro possa fruire delle diverse tranche del DAF accordato dal MES. Esso non richiama neanche la necessità di adottare le misure lesive introdotte il 30 luglio 2013 dalle modifiche apportate ai decreti lesivi e menzionate ai punti 33 e 34 supra. In tali dichiarazioni, l’Eurogruppo si limita, in sostanza, a descrivere in maniera estremamente succinta e ad accogliere con favore talune misure adottate dalle autorità cipriote, nonché ad esprimere l’opinione secondo la quale tali misure sono idonee a contribuire ad attenuare le difficoltà finanziarie che la Repubblica di Cipro si trova ad affrontare. L’Eurogruppo descrive parimenti, in dette dichiarazioni, le fasi passate e future del procedimento di assistenza finanziaria ed esprime, in particolare, il proprio sostegno al versamento di una nuova tranche di aiuti.

171

Pertanto, non si può ritenere che, con le dichiarazioni del 12 aprile, del 13 maggio e del 13 settembre 2013, l’Eurogruppo abbia preteso il mantenimento o la continuazione dell’attuazione delle misure lesive oppure l’adozione delle misure lesive introdotte il 30 luglio 2013 con le modifiche apportate ai decreti lesivi e menzionate ai punti 33 e 34 supra.

172

In quarto luogo, per quanto riguarda la decisione 2013/236 (v. punto 156, quarto trattino, supra), con la quale il Consiglio avrebbe «approvat[o] e integrat[o] nel corpus del diritto dell’U[nione]» le condizioni di erogazione asseritamente illegittime del DAF, occorre rilevare che, contrariamente a quanto addotto, in sostanza, dai ricorrenti, in detta decisione non viene specificamente menzionata la totalità delle misure lesive. Infatti, soltanto i considerando 5 e 9 e l’articolo 2, paragrafo 6, di tale decisione, i quali non fanno riferimento alla maggior parte delle misure lesive direttamente, vertono su questioni ad esse connesse.

173

Il considerando 5 della decisione 2013/236 contiene un passaggio redatto nei seguenti termini:

«Il 25 marzo 2013 l’Eurogruppo ha raggiunto un accordo politico con le autorità cipriote sugli elementi fondamentali del programma di aggiustamento macroeconomico, che sanciva l’obbligo di ristrutturare e ridimensionare il settore bancario (…). Inoltre, la ricapitalizzazione delle due maggiori banche doveva provenire esclusivamente dalle banche stesse (vale a dire da azionisti, obbligazionisti e depositanti)».

174

Il considerando 9 della decisione 2013/236, così recita:

«Rafforzare la resilienza a lungo termine del settore bancario cipriota è di fondamentale importanza per ripristinare la stabilità finanziaria nel paese e conseguentemente, viste le forti interconnessioni, tutelare la stabilità finanziaria nell’intera area dell’euro. Sono in corso una ristrutturazione e un ridimensionamento radicale del settore bancario cipriota. La Camera dei Rappresentanti cipriota ha adottato una normativa che istituisce un quadro globale per il risanamento e la risoluzione degli istituti di credito. Tale nuovo quadro è stato utilizzato per ridimensionare immediatamente, e in modo significativo, il settore bancario cipriota, la cui liquidità è stata preservata mediante l’imposizione di misure amministrative temporanee, compresi i controlli dei movimenti di capitali».

175

In questi due considerando, il Consiglio descrive, in maniera generica, gli sforzi di ristrutturazione del settore finanziario già effettuati dalle autorità cipriota, ma non specifica il contenuto delle misure lesive introdotte il 29 marzo 2013, se non tramite un riferimento generico al ruolo degli azionisti e dei depositanti delle banche di cui trattasi nella ricapitalizzazione delle medesime, né indica che tali misure debbano essere mantenute o che le autorità cipriote debbano continuare ad attuarle. Il Consiglio non fa neanche riferimento in maniera più specifica alle misure lesive introdotte il 30 luglio 2013 tramite le modifiche apportate ai decreti lesivi e menzionate ai punti 33 e 34 supra.

176

Quanto all’articolo 2, paragrafo 6, della decisione 2013/236, esso così dispone:

«Per ripristinare la solidità del settore finanziario, [la Repubblica di Cipro] continua a riformare e a ristrutturare radicalmente il settore bancario e a rafforzare le banche solvibili ricostituendone il capitale, ovviando ai loro problemi di liquidità e aumentando la vigilanza. Il programma prevede le misure e i risultati seguenti:

a)

garantire un monitoraggio rigoroso delle condizioni di liquidità del settore bancario. Le restrizioni temporanee imposte di recente sulla libera circolazione del capitale (…) sono oggetto di un attento monitoraggio, affinché i controlli rimangano in vigore solo per il tempo strettamente necessario (…) I piani di finanziamento e di capitalizzazione a medio termine delle banche nazionali che dipendono dai finanziamenti della banca centrale o che ricevono aiuti di Stato dovrebbero riflettere in modo realistico la riduzione della leva finanziaria prevista nel settore bancario e ridurre la dipendenza dai prestiti delle banche centrali, evitando al tempo stesso vendite di emergenza delle attività e una stretta creditizia. I regolamenti sugli obblighi di liquidità minima sono aggiornati per evitare un’eccessiva futura concentrazione sullo stesso emittente;

b)

istituire una valutazione indipendente delle attività [delle banche di cui trattasi] e integrare rapidamente le operazioni della [Laïki] nella [BoC]. La valutazione è completata rapidamente per consentire il completamento della conversione dei depositi in azioni della [BoC];

c)

adottare i requisiti normativi necessari per quanto riguarda l’innalzamento del coefficiente minimo di adeguatezza patrimoniale core tier 1 al 9% entro la fine del 2013;

d)

prendere provvedimenti per ridurre al minimo i costi delle ristrutturazioni bancarie a carico dei contribuenti. Prima che siano concesse misure di aiuto di Stato, gli istituti di credito commerciale e cooperativo sottocapitalizzati ricorrono per quanto possibile a fonti private per ottenere capitale. Prima che siano erogati gli aiuti di Stato, i piani di ristrutturazione sono approvati formalmente secondo le norme in materia di aiuti di Stato (…);

e)

garantire la creazione di un registro dei crediti (…);

f)

rafforzare la governanza delle banche, anche vietando l’erogazione di prestiti a membri indipendenti del consiglio di amministrazione o a parti collegate;

g)

massimizzare il recupero dei prestiti in sofferenza e ridurre al minimo gli incentivi all’inadempimento strategico dei mutuatari (…);

h)

allineare la regolamentazione e la vigilanza degli istituti di credito cooperativo con quelle delle banche commerciali;

i)

accertare la redditività degli istituti di credito cooperativo e definire, in consultazione con la Commissione, la BCE e l’FMI, una strategia relativa alla futura struttura, al funzionamento e alla redditività del settore (…) per la metà del 2015;

j)

rafforzare il monitoraggio dell’indebitamento delle imprese e delle famiglie e creare un quadro per una ristrutturazione mirata del debito del settore privato (…);

k)

potenziare (…) il quadro per la lotta al riciclaggio di denaro e garantire la totale trasparenza delle entità (…);

l)

introdurre la vigilanza obbligatoria sulla base dei livelli di capitalizzazione;

m)

integrare le prove di stress nella (…) vigilanza bancaria (…); e

n)

mettere in atto un sistema unificato di dichiarazione dei dati per le banche e gli istituti finanziari».

177

Fra tali «misure e (…) risultati», possono essere considerati relativi alle misure lesive soltanto quelli menzionati, da un lato, all’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236 e concernenti l’integrazione della Laïki nella BoC e la conversione dei depositi in azioni in seno alla BoC e, dall’altro, all’articolo 2, paragrafo 6, lettera d), della stessa decisione, e concernenti la riduzione dei costi per i contribuenti derivanti dalle ristrutturazioni bancarie.

178

Per quanto riguarda, anzitutto, l’integrazione della Laïki nella BoC, è opportuno sottolineare che l’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236 si limita ad individuare, in termini generali, una misura che la Repubblica di Cipro era tenuta ad adottare. Tale disposizione non indica che l’integrazione della Laïki nella BoC debba essere realizzata secondo modalità particolari. Le autorità cipriote disponevano dunque, quantomeno, di un considerevole potere discrezionale al fine di definire tali modalità. Orbene, l’integrazione della Laïki nella BoC non era idonea, in quanto tale, ad essere inficiata da una delle illegittimità lamentate dai ricorrenti. Tutt’al più le modalità di attuazione di tali misure potevano comportare una siffatta illegittimità. Di conseguenza, ammesso che sia dimostrato, il danno che i ricorrenti sostengono di aver subìto a causa dell’integrazione della Laïki nella BoC deriverebbe non dall’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236, bensì dalle misure di applicazione adottate dalla Repubblica di Cipro al fine di mettere in atto tale integrazione.

179

Per quanto riguarda, poi, la riduzione dei costi per i contribuenti derivanti dalle ristrutturazioni bancarie, si deve osservare che l’articolo 2, paragrafo 6, lettera d), della decisione 2013/236, si limita, da un lato, a prescrivere, in termini generici, l’adozione di misure a tal fine, e, dall’altro, ad esigere che, prima che siano concessi aiuti di Stato, gli istituti di credito commerciale e cooperativo sottocapitalizzati ricorrano per quanto possibile a fonti private per ottenere capitale. L’articolo 2, paragrafo 6, lettera d), della decisione 2013/236, non fa riferimento ad alcuno strumento specifico cui ricorrere a tal fine e lascia dunque alla Repubblica di Cipro un considerevole margine di discrezionalità al riguardo. Tale interpretazione è avvalorata dal fatto che detta disposizione prende in considerazione tanto gli istituti di credito commerciale quanto gli istituti di credito cooperativo, sebbene soltanto i primi abbiano formato l’oggetto delle misure lesive. Di conseguenza, detta disposizione non può essere letta nel senso che impone il mantenimento o la continuazione dell’attuazione, da parte della Repubblica di Cipro, delle misure lesive.

180

Per quanto riguarda, infine, la conversione in azioni dei depositi affidati alla BoC, si deve rilevare che l’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236, richiede il compimento di una valutazione indipendente delle attività delle banche entro un termine che consenta il completamento di tale conversione. Ne consegue implicitamente, ma necessariamente, che, fatta salva la fattibilità pratica di un siffatto esercizio, l’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236, non consentiva alle autorità cipriote di rivedere la conversione in azioni di depositi della BoC. Orbene, nelle circostanze che caratterizzano il caso di specie e, in particolare, alla luce della situazione finanziaria delle banche di cui trattasi, il requisito del mantenimento o della continuazione dell’attuazione di tale conversione era idoneo, indipendentemente dalle sue specifiche modalità, a comportare una o alcune delle illegittimità fatte valere dai ricorrenti.

181

Di conseguenza, si deve ritenere che il Consiglio, tramite l’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236, abbia preteso che la Repubblica di Cipro mantenesse o continuasse ad attuare la misura lesiva consistente nel convertire in azioni depositi non garantiti della BoC. Per contro, il Consiglio, adottando la decisione 2013/236, non ha preteso il mantenimento o la continuazione dell’attuazione, da parte della Repubblica di Cipro, delle altre misure lesive introdotte il 29 marzo 2013 oppure l’adozione di quelle introdotte dopo tale data tramite le modifiche apportate ai decreti lesivi e menzionate ai punti 33 e 34 supra.

182

Pertanto, in conformità alle considerazioni svolte al punto 103 supra, occorre verificare se la Repubblica di Cipro disponesse di un margine di discrezionalità per sottrarsi al requisito del mantenimento o della continuazione dell’attuazione della misura lesiva prevista, quantomeno implicitamente, all’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236, e concernente la conversione in azioni di depositi della BoC.

b)   Sulla questione se la Repubblica di Cipro disponesse di un margine di discrezionalità per sottrarsi al requisito del mantenimento o della continuazione dell’attuazione della misura consistente nella conversione in azioni di depositi della BoC

183

La decisione 2013/236 è stata adottata dal Consiglio, su proposta della Commissione, visto il «trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 136, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 126, paragrafo 6». Tale decisione è stata pubblicata nella serie L della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, la quale è intesa alla pubblicazione di atti giuridicamente vincolanti.

184

A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 136, paragrafo 1, TFUE, dispone quanto segue:

«Per contribuire al buon funzionamento dell’unione economica e monetaria e in conformità delle pertinenti disposizioni dei trattati, il Consiglio adotta, secondo la procedura pertinente tra quelle di cui agli articoli 121 e 126, con l’eccezione della procedura di cui all’articolo 126, paragrafo 14, misure concernenti gli [SMME], al fine di:

a)

rafforzare il coordinamento e la sorveglianza della disciplina di bilancio;

b)

elaborare, per quanto li riguarda, gli orientamenti di politica economica vigilando affinché siano compatibili con quelli adottati per l’insieme dell’Unione, e garantirne la sorveglianza».

185

L’articolo 126, paragrafo 6, TFUE, concernente il procedimento in forza del quale la decisione 2013/236 è stata adottata, prevede che il Consiglio, su proposta della Commissione e considerate le eventuali osservazioni dello Stato membro interessato, «decide», dopo una valutazione globale, se esiste un disavanzo eccessivo in tale Stato membro.

186

La decisione 2013/236 costituisce dunque una decisione ai sensi dell’articolo 288, quarto comma, TFUE. In quanto tale, siffatta decisione, quando era in vigore, era obbligatoria per la Repubblica di Cipro in tutti i suoi elementi, incluso il suo articolo 2, paragrafo 6, lettera b).

187

Il carattere obbligatorio della decisione 2013/236 è confermato tanto dal suo testo quanto dal contesto in cui essa si inserisce, nonché dall’intenzione del suo autore. Infatti, in primo luogo, mentre i considerando 7, 10, 11, 13 e 14 di tale decisione sono redatti al condizionale, le sue disposizioni sono interamente formulate in termini imperativi, come testimonia l’impiego sistematico dell’indicativo presente agli articoli 1 e 2 (v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2012, Rahman e a., C‑83/11, EU:C:2012:519, punto 21). In tal senso, l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2013/236, dispone che la Repubblica di Cipro «attua con rigore un programma di aggiustamento macroeconomico (…), i cui principali elementi sono indicati all’articolo 2 della presente decisione». In particolare, come già rilevato al punto 176 supra, l’articolo 2, paragrafo 6, di tale decisione, enuncia che «[la Repubblica di Cipro] continua a riformare e a ristrutturare (…) il settore bancario e a rafforzare le banche solvibili ricostituendone il capitale, ovviando ai loro problemi di liquidità e aumentando la vigilanza». A tal fine, il programma di aggiustamento macroeconomico «prevede», come rilevato ai punti 176 e 177 supra, «misure e (…) risultati», fra i quali figura la misura consistente nel completare rapidamente una valutazione indipendente delle attività delle banche di cui trattasi al fine di consentire la conversione dei depositi in azioni all’interno della BoC.

188

In secondo luogo, si evince dalle memorie del Consiglio dinanzi al Tribunale che la decisione 2013/236 era destinata a produrre effetti giuridici vincolanti e che il Consiglio aveva l’intenzione di conferirle tali effetti. A tal riguardo, primo, il Consiglio riconosce espressamente di aver reputato necessario, adottando tale decisione, «rendere [la Repubblica di] Cipro destinataria di un atto munito di effetti giuridicamente vincolanti».

189

Secondo, occorre rammentare che la decisione 2013/236 è stata adottata il 25 aprile 2013, ossia, da un lato, all’indomani della riunione del 24 aprile 2013, durante la quale il consiglio dei governatori del MES ha segnatamente deciso di concedere un sostegno alla stabilità alla Repubblica di Cipro sotto forma del DAF e ha approvato un nuovo progetto di protocollo d’intesa, e, dall’altro, alla vigilia della firma del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 (v. punti da 39 a 41 supra).

190

In tale contesto, secondo la risposta del Consiglio alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, la decisione 2013/236 si iscriveva in «una pratica comune instaurata a partire dall’inizio della crisi della zona euro, secondo la quale le condizioni alle quali è subordinata l’assistenza che è stata oggetto di un accordo a livello intergovernativo fra lo Stato membro beneficiario e il MES, sono abbinate alle decisioni adottate dal Consiglio sulla base dell’articolo 136 TFUE» al fine di «garanti[re] la corrispondenza e la coerenza fra l’ambito di azione intergovernativa e quello dell’Unione».

191

Risulta dalle considerazioni che precedono che, in forza dell’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236, la Repubblica di Cipro non disponeva di alcun margine di discrezionalità per rivedere la conversione in azioni di depositi della BoC.

c)   Conclusione sull’imputabilità ai convenuti dell’adozione, del mantenimento o della continuazione dell’attuazione delle misure lesive

192

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve concludere che il mantenimento o la continuazione dell’attuazione, da parte della Repubblica di Cipro, della misura lesiva consistente nel convertire in azioni depositi non garantiti della BoC è, quantomeno in parte, imputabile all’Unione. Di conseguenza, il Tribunale è competente a conoscere del presente ricorso nella parte in cui verte su tale misura, quale risulta dall’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236.

193

Per contro, senza che sia necessario verificare se la Repubblica di Cipro avesse un margine di manovra a tal riguardo, si deve ritenere che l’adozione, il mantenimento e la continuazione dell’attuazione delle altre misure lesive non possano essere imputati ai convenuti. Il Tribunale non è dunque competente a pronunciarsi al riguardo nell’ambito del presente ricorso.

2.   Sul sorgere della responsabilità dell’Unione a causa di determinati atti e comportamenti dei convenuti

194

Gli argomenti dei ricorrenti possono essere interpretati nel senso che, indipendentemente dalla questione se l’adozione delle misure lesive o, eventualmente, il loro mantenimento o la continuazione della loro attuazione siano imputabili ai convenuti, determinati atti e comportamenti di questi ultimi connessi alla concessione del DAF hanno fatto sorgere la responsabilità dell’Unione. Si tratta, in primo luogo, degli atti e dei comportamenti tramite i quali i decreti lesivi, secondo i ricorrenti, sarebbero stati «approvati dalla Commissione, dalla BCE, dall’Eurogruppo e dal Consiglio»; in secondo luogo, di comportamenti della Commissione e della BCE relativi al protocollo d’intesa del 26 aprile 2013; in terzo luogo, della comunicazione, da parte dei convenuti, e segnatamente dell’Eurogruppo, di rassicurazioni precise quanto al fatto che le misure lesive non sarebbero state adottate e, in quarto luogo, delle diverse decisioni adottate dalla BCE in relazione all’ELA di cui ha beneficiato la Laïki.

195

Occorre determinare, in relazione a ciascuno di tali atti o comportamenti, se esso sia idoneo a far sorgere la responsabilità dell’Unione.

196

In primo luogo, per quanto attiene all’asserita approvazione dei decreti lesivi da parte dei convenuti (v. punto 194 supra), si deve rilevare che i ricorrenti non descrivono con precisione gli atti o i comportamenti ai quali si riferiscono, bensì si limitano a fare riferimento alla «condizionalità che le istituzioni convenute hanno avallato e approvato dando il loro consenso alla concessione dell’assistenza finanziaria». Cionondimeno, è possibile desumere dalla struttura della loro linea argomentativa che essi si riferiscono, anzitutto, al monitoraggio, da parte della Commissione e della BCE, dell’attuazione delle misure lesive ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 7, del Trattato MES; quindi, alla sorveglianza del programma di aggiustamento macroeconomico ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 2013/236 e, infine, alle dichiarazioni dell’Eurogruppo del 12 aprile e del 13 maggio 2013. A sostegno di tale linea argomentativa, i ricorrenti si fondano sulla sentenza del 14 luglio 1967, Kampffmeyer e a./Commissione (5/66, 7/66, da 13/66 a 16/66 e da 18/66 a 24/66, non pubblicata, EU:C:1967:31, pag. 317), dalla quale emergerebbe che la responsabilità dell’Unione può sorgere a causa dell’approvazione, da parte delle istituzioni dell’Unione, di atti che hanno arrecato un danno ad una parte ricorrente.

197

A tal riguardo, anzitutto, il Tribunale osserva che il monitoraggio, da parte della Commissione e della BCE, dell’attuazione delle misure lesive in forza dell’articolo 13, paragrafo 7, del Trattato MES, verrà esaminato insieme agli altri comportamenti di tali istituzioni relativi al protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 (v. punti da 201 a 204 infra).

198

Inoltre, occorre rilevare che la sorveglianza, da parte della Commissione e della BCE, dell’attuazione del programma di aggiustamento macroeconomico ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 2013/236, rientra in una competenza propria conferita dal diritto dell’Unione a talune istituzioni dell’Unione e, pertanto, è idonea a far sorgere la responsabilità dell’Unione.

199

Infine, per quanto attiene alle dichiarazioni dell’Eurogruppo del 12 aprile e del 13 maggio 2013, occorre ricordare che, come è stato sottolineato al punto 113 supra, l’articolo 1 del protocollo n. 14, del 26 ottobre 2012, sull’Eurogruppo, dispone che l’Eurogruppo si riunisce «per discutere questioni attinenti alle responsabilità specifiche (…) condivise [dai ministri che lo compongono] in materia di moneta unica». Tali questioni rientrano, ai sensi dell’articolo 119, paragrafo 2, TFUE, nell’azione dell’Unione intesa al conseguimento degli obiettivi enunciati all’articolo 3 TUE, fra i quali figura l’istituzione di un’unione economica e monetaria la cui moneta è l’euro.

200

Nelle sue dichiarazioni del 12 aprile e del 13 maggio 2013, l’Eurogruppo si è limitato a descrivere in maniera estremamente succinta e a accogliere con favore talune misure adottate dalle autorità cipriote, nonché ad esprimere l’opinione secondo la quale tali misure erano segnatamente idonee a contribuire ad attenuare le difficoltà finanziarie che la Repubblica di Cipro si trovava ad affrontare (v. punto 170 supra). Orbene, alla luce delle considerazioni richiamate al punto 199 supra, non può ritenersi che l’espressione di una siffatta opinione da parte dell’Eurogruppo sia estranea alle competenze devolute al medesimo dal diritto dell’Unione. Di conseguenza, essa è idonea a far sorgere la responsabilità dell’Unione.

201

In secondo luogo, i ricorrenti fanno riferimento a diversi comportamenti della Commissione e della BCE relativi al protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, ossia la negoziazione e la firma del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 da parte della Commissione e il monitoraggio dell’applicazione delle misure lesive da parte della BCE e della Commissione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 7, del Trattato MES. A tale riguardo, occorre rilevare che i compiti affidati alla Commissione e alla BCE dal Trattato MES non snaturano le attribuzioni che il Trattato UE e il Trattato FUE conferiscono a tali istituzioni. Per quanto riguarda, in particolare, la Commissione, l’articolo 13, paragrafi 3 e 4, del Trattato MES le impone l’obbligo di monitorare la compatibilità con il diritto dell’Unione dei protocolli d’intesa conclusi dal MES, cosicché essa conserva, nell’ambito del Trattato MES, il suo ruolo di custode dei Trattati, quale risulta dall’articolo 17, paragrafo 1, TUE, secondo il quale la stessa «promuove l’interesse generale dell’Unione» e «vigila sull’applicazione del diritto dell’Unione». Essa deve pertanto astenersi dal firmare un protocollo d’intesa sulla cui compatibilità con il diritto dell’Unione la stessa nutra dubbi (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punti da 56 a 59).

202

Di conseguenza, una parte ricorrente è legittimata a contestare alla Commissione comportamenti illegittimi connessi all’adozione del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 in nome del MES nel contesto di un ricorso per risarcimento danni (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 55).

203

Contrariamente a quanto affermato dalla BCE, non può dedursi dalla sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701), che i comportamenti illegittimi della Commissione connessi all’adozione di un protocollo d’intesa siano gli unici comportamenti illegittimi di un’istituzione dell’Unione nell’ambito del Trattato MES a poter far sorgere la responsabilità extracontrattuale di quest’ultima. Infatti, anzitutto, la Corte ha dichiarato, in tale sentenza, che la natura giuridica degli atti del MES, i quali comportano unicamente la responsabilità del MES e sono estranei all’ordinamento giuridico dell’Unione, non vietava che si potessero contestare alla Commissione e alla BCE taluni comportamenti illegittimi connessi, eventualmente, all’adozione di un protocollo d’intesa in nome del MES, nel contesto di un ricorso per responsabilità extracontrattuale (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punti da 53 a 55). Inoltre, se è vero che l’articolo 17, paragrafo 1, TUE e l’articolo 13, paragrafi 3 e 4, del Trattato MES, impongono alla Commissione obblighi che non gravano sulla BCE (v. punto 201 supra), ciò non toglie che, tramite le sue funzioni nell’ambito del Trattato MES, la BCE apporti il proprio sostegno alle politiche economiche generali dell’Unione ai sensi dell’articolo 282, paragrafo 2, TFUE (sentenza del 27 novembre 2012, Pringle, C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 165). Infine, occorre sottolineare che, al pari della Commissione, la BCE è tenuta a rispettare la carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») compreso quando agisce al di fuori del quadro giuridico dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 67). Ne consegue che comportamenti illegittimi connessi al monitoraggio dell’applicazione delle misure lesive da parte della BCE e della Commissione possono essere contestati alle medesime nel contesto di un ricorso per risarcimento danni.

204

La negoziazione e la firma del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 da parte della Commissione, nonché il monitoraggio dell’applicazione delle misure lesive da parte della BCE e della Commissione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 7, del Trattato MES, sono dunque idonee a far sorgere la responsabilità dell’Unione.

205

In terzo luogo, per quanto attiene alla comunicazione, da parte dei convenuti e segnatamente dell’Eurogruppo, di rassicurazioni precise sul fatto che le misure lesive non sarebbero state adottate, è opportuno rammentare che il principio di tutela del legittimo affidamento è un principio generale di diritto dell’Unione, di rango superiore, diretto alla tutela dei singoli (v., in tal senso, sentenza del 19 maggio 1992, Mülder e a./Consiglio e Commissione, C‑104/89 e C‑37/90, EU:C:1992:217, punto 15), la cui violazione da parte di un’istituzione dell’Unione può comportare la responsabilità dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 26 giugno 1990, Sofrimport/Commissione, C‑152/88, EU:C:1990:259, punto 26).

206

Di conseguenza, la comunicazione, da parte dei convenuti, e segnatamente dell’Eurogruppo, di rassicurazioni precise sul fatto che le misure lesive non sarebbero state adottate, è idonea a far sorgere la responsabilità dell’Unione.

207

In quarto luogo, le decisioni adottate dalla BCE in relazione all’ELA sono atti adottati da un’istituzione dell’Unione nell’esercizio di una competenza propria conferitale dal diritto dell’Unione e, pertanto, sono idonee a far sorgere la responsabilità dell’Unione.

3.   Conclusione sulla competenza del Tribunale

208

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che il Tribunale sia competente a conoscere del presente ricorso nella parte in cui concerne, (i) l’asserita approvazione dei decreti lesivi da parte dei convenuti; (ii) l’obbligo di mantenere o continuare ad attuare la conversione in azioni dei depositi non garantiti della BoC, quale si evince dall’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236; (iii) la negoziazione e la firma, da parte della Commissione, del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013; (iv) il monitoraggio, da parte della Commissione e della BCE, dell’applicazione delle misure lesive ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 7, del Trattato MES; (v) l’asserita comunicazione di rassicurazioni precise, da parte dei convenuti, e segnatamente dell’Eurogruppo, che le misure lesive non sarebbero state adottate, e (vi) le decisioni adottate dalla BCE in relazione all’ELA.

B. Sulla ricevibilità

209

Il Consiglio, la Commissione e la BCE sostengono che il ricorso in esame sia irricevibile in tutto o in parte. La loro linea argomentativa verte, da un lato, sul rispetto dei requisiti di forma applicabili (v. punti da 210 a 234 infra) e, dall’altro, sul mancato esaurimento dei mezzi di ricorso interni (v. punti da 235 a 242 infra).

1.   Sul rispetto dei requisiti di forma

210

Il Consiglio e la BCE fanno valere che il ricorso non è conforme ai requisiti di forma applicabili. In primo luogo, la BCE afferma che il ricorso non rispetta i requisiti previsti all’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991. Anzitutto, i ricorrenti avrebbero omesso di dimostrare l’esistenza di un qualsivoglia nesso di causalità fra il comportamento asseritamente illegittimo addebitato ai convenuti e il danno lamentato. In particolare, i ricorrenti non avrebbero spiegato in che modo la BCE, alla luce del suo ruolo meramente consultivo quanto all’adozione delle misure lesive, avrebbe potuto essere responsabile del danno fatto valere. Inoltre, i ricorrenti non descriverebbero in maniera sufficiente il danno che asseriscono di avere subìto, nella misura in cui ometterebbero di dimostrare che avrebbero perso una quota inferiore dei loro depositi se le banche di cui trattasi fossero state poste in liquidazione invece di essere oggetto delle misure lesive. Infine, gli argomenti giuridici dei ricorrenti sarebbero talmente deboli che l’addotta illegittimità delle misure adottate dalla BCE non sarebbe sufficientemente dimostrata.

211

In secondo luogo, il Consiglio sostiene che il ricorso non soddisfi i requisiti di cui all’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e all’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991 nella parte in cui riguarda la decisione 2013/236. Infatti, il ricorso non consentirebbe di individuare con il necessario grado di precisione né l’illegittimità che, secondo i ricorrenti, inficia tale decisione, né le ragioni per le quali essi ritengono sussistente un nesso di causalità fra tale illegittimità e il danno che essi asseriscono di aver subìto, né la portata esatta del coinvolgimento del Consiglio nella realizzazione di tale danno. Il Consiglio ne desume l’irricevibilità del ricorso nella parte in cui verte su detta decisione.

212

I ricorrenti chiedono il rigetto di tali eccezioni di irricevibilità.

213

In primo luogo, essi fanno valere che l’atto di ricorso instaura un nesso di causalità diretto fra il comportamento illegittimo delle istituzioni convenute e il danno da essi subìto. Per quanto riguarda, in particolare, l’argomento della BCE relativo alla descrizione del danno, i ricorrenti ritengono che esso attenga al merito e non alla ricevibilità del ricorso.

214

In secondo luogo, essi rilevano di avere illustrato i motivi per i quali la decisione 2013/236, la quale integrerebbe le condizioni del DAF nel diritto dell’Unione, è illegittima e ha causato il danno fatto valere.

215

A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, l’atto introduttivo del giudizio deve indicare l’oggetto della controversia e contenere le conclusioni e un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia, affinché un ricorso sia considerato ricevibile, è necessario che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, anche sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dall’atto introduttivo stesso (ordinanza del 28 aprile 1993, De Hoe/Commissione, T‑85/92, EU:T:1993:39, punto 20, e sentenza del 15 giugno 1999, Ismeri Europa/Corte dei conti, T‑277/97, EU:T:1999:124, punto 29).

216

Per essere conforme a tali requisiti, un ricorso inteso al risarcimento di danni asseritamente causati da un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione o da uno dei suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni deve contenere gli elementi che consentano di identificare il comportamento che la parte ricorrente addebita alla parte convenuta, le ragioni per le quali la stessa ritiene che esista un nesso di causalità tra detto comportamento e il danno che asserisce di aver subìto nonché la natura e l’entità di tale danno (sentenze del 18 settembre 1996, Asia Motor France e a./Commissione, T‑387/94, EU:T:1996:120, punto 107, e del 29 gennaio 1998, Dubois e Fils/Consiglio e Commissione, T‑113/96, EU:T:1998:11, punto 30).

217

Prima di esaminare gli argomenti delle parti menzionati ai punti da 210 a 214 supra, alla luce di tale giurisprudenza, e anche ammesso che sia possibile ritenere che le affermazioni dei ricorrenti concernenti il bail‑in di cui sarebbero stati oggetto gli azionisti della Laïki si riferiscano ad atti o comportamenti in relazione ai quali il Tribunale è munito di competenza, si deve osservare che tali affermazioni sono troppo imprecise perché il Tribunale possa valutarle. Infatti, i ricorrenti si limitano, in sostanza, a sostenere che le azioni della Laïki, in conseguenza delle misure lesive, sono state «soppresse» senza contropartita finanziaria, oppure che il loro valore economico si è «completamente estinto».

218

Orbene, emerge dai documenti del fascicolo e, segnatamente, dagli elementi riportati ai punti da 30 a 36 supra, che i decreti lesivi non prevedono che le azioni della Laïki formino l’oggetto di una qualsivoglia misura di bail‑in. In tali circostanze, l’argomentazione dei ricorrenti non consente di comprendere in che modo i convenuti, prestando il loro sostegno alle misure lesive figuranti nei decreti lesivi, avrebbero potuto contribuire alla realizzazione del danno di cui gli azionisti della Laïki sarebbero stati vittime. Ne consegue che, in conformità alla giurisprudenza citata ai punti 215 e 216 supra, il presente ricorso è manifestamente irricevibile nella parte in cui verte sul risarcimento del danno che i ricorrenti avrebbero subito a causa dell’asserita soppressione delle azioni della Laïki.

219

Ciò detto, occorre verificare se il presente ricorso sia conforme ai requisiti di forma descritti ai punti 215 e 216 supra, nella parte in cui esso verte sugli atti e sui comportamenti in relazione ai quali il Tribunale è competente, ossia, in primo luogo, l’asserita approvazione dei decreti lesivi da parte dei convenuti; in secondo luogo, l’obbligo di mantenere o continuare ad attuare la conversione in azioni dei depositi non garantiti della BoC, quale si evince dall’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236; in terzo luogo, la negoziazione e la firma, da parte della Commissione, del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013; in quarto luogo, il monitoraggio, da parte della Commissione e della BCE, dell’applicazione delle misure lesive ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 7, del Trattato MES; in quinto luogo, l’asserita comunicazione di rassicurazioni precise, da parte dei convenuti, e segnatamente dell’Eurogruppo, sul fatto che le misure lesive non sarebbero state adottate e, in sesto luogo, le decisioni adottate dalla BCE in relazione all’ELA.

220

In primo luogo, per quanto riguarda l’asserita approvazione dei decreti lesivi da parte dei convenuti, si deve rilevare che, al fine di dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità fra la sorveglianza del programma di aggiustamento macroeconomico ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 2013/236 e le dichiarazioni dell’Eurogruppo del 12 aprile e del 13 maggio 2013, da un lato, e il danno lamentato, dall’altro, i ricorrenti si limitano ad invocare la sentenza del 14 luglio 1967, Kampffmeyer e a./Commissione (5/66, 7/66, da 13/66 a 16/66 e da 18/66 a 24/66, non pubblicata, EU:C:1967:31, pag. 317), dalla quale si evincerebbe che la responsabilità dell’Unione può sorgere per il fatto che le istituzioni dell’Unione hanno approvato degli atti che hanno arrecato un danno ad una parte ricorrente.

221

A tal riguardo, si deve rilevare che, nelle sue dichiarazioni del 12 aprile e del 13 maggio 2013, l’Eurogruppo, il quale non è competente ad adottare decisioni vincolanti, si è limitato a descrivere in maniera estremamente succinta e a accogliere con favore talune misure adottate dalle autorità cipriote, nonché ad esprimere l’opinione secondo la quale tali misure erano, segnatamente, idonee a contribuire ad attenuare le difficoltà finanziarie che la Repubblica di Cipro si trovava ad affrontare (v. punto 170 supra). Tramite tali dichiarazioni, l’Eurogruppo ha dunque espresso nei confronti della Repubblica di Cipro un’opinione priva di carattere vincolante e che non vincolava le autorità nazionali competenti.

222

Quanto alla sorveglianza, da parte della Commissione e della BCE, dell’attuazione del programma di aggiustamento macroeconomico, si deve ricordare che l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 2013/236 dispone, segnatamente, che la Commissione esamina, di concerto con la BCE e, eventualmente, con l’FMI, i progressi registrati dalla Repubblica di Cipro nell’attuazione del programma. L’articolo 1, paragrafo 3, di tale decisione, prevede che la Commissione, anzitutto, di concerto con la BCE e, se del caso, con l’FMI, esamini insieme alle autorità cipriote le modifiche e gli aggiornamenti da apportare eventualmente al programma; quindi, fornisca costantemente orientamenti e consulenze sulle riforme di bilancio, strutturali e dei mercati finanziari e, infine, valuti a intervalli regolari l’impatto economico del programma e raccomandi le correzioni necessarie al fine di rafforzare la crescita e la creazione di posti di lavoro, assicurare il risanamento di bilancio necessario e ridurre al minimo gli effetti sociali deleteri. Nessuno di tali obblighi incombenti alla Commissione comporta, di per sé, un potere decisionale o coercitivo. Qualsiasi approvazione che la Commissione avrebbe potuto esprimere nel contesto dell’attuazione delle sue responsabilità ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 2013/236, sarebbe pertanto stata priva di carattere vincolante e non avrebbe dunque vincolato le autorità cipriote.

223

Ne consegue che la Repubblica di Cipro, la quale non è stata obbligata ad adottare le misure lesive (v. punti da 105 a 155 supra), non era neanche tenuta a chiedere alla Commissione, alla BCE o all’Eurogruppo l’autorizzazione ad adottarle. Come si evince dai punti 221 e 222 supra, la Commissione, la BCE e l’Eurogruppo non hanno dato in ogni caso alle autorità cipriote alcuna autorizzazione di tale natura tramite gli atti o i comportamenti menzionati in tali punti.

224

Viceversa, nella sentenza del 14 luglio 1967, Kampffmeyer e a./Commissione (5/66, 7/66, da 13/66 a 16/66 e da 18/66 a 24/66, non pubblicata, EU:C:1967:31, pag. 317), la Corte ha dichiarato che la responsabilità della Comunità europea era sorta in quanto la Commissione aveva erroneamente autorizzato l’adozione, da parte della Repubblica federale tedesca, di talune misure di salvaguardia nel settore agricolo. In tale causa, l’autorizzazione della Commissione era una condizione necessaria all’adozione di tali misure. Il fatto generatore della responsabilità della Comunità non era pertanto la mera approvazione, da parte di una delle sue istituzioni, delle misure adottate da uno Stato membro, bensì l’autorizzazione di tali misure, in assenza della quale esse non avrebbero potuto essere attuate.

225

Di conseguenza, il mero rinvio alla sentenza del 14 luglio 1967, Kampffmeyer e a./Commissione (5/66, 7/66, da 13/66 a 16/66 e da 18/66 a 24/66, non pubblicata, EU:C:1967:31, pag. 317) non consente di comprendere in che modo il fatto di approvare l’adozione delle misure lesive fosse idoneo a provocare la perdita patrimoniale invocata dai ricorrenti.

226

Ne consegue che il presente ricorso è irricevibile nella parte in cui verte sull’asserita approvazione dell’adozione dei decreti lesivi da parte dei convenuti.

227

In secondo luogo, per quanto riguarda l’obbligo di mantenere o di continuare ad attuare la conversione in azioni dei depositi non garantiti della BoC, quale si evince dall’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236, occorre osservare che i ricorrenti individuano con un grado di precisione sufficiente, da un lato, il comportamento che essi addebitano al Consiglio, ossia di avere, con tale decisione, «approvat[o] e integrat[o] nel corpus del diritto dell’U[nione]» le condizioni di concessione asseritamente illegittime del DAF, e, dall’altro, la natura e l’entità del danno lamentato, entrambi descritti in maniera dettagliata nel corpo dell’atto introduttivo del giudizio e in allegato al medesimo. Come emerge dal punto 159 supra, i ricorrenti spiegano parimenti in maniera sufficientemente precisa il nesso di causalità esistente, a loro avviso, fra il comportamento del Consiglio del quale invocano l’illegittimità e il danno lamentato.

228

In terzo luogo, per quanto riguarda la firma del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, è possibile interpretare gli argomenti dei ricorrenti nel senso che essi ritengono che, se la Commissione non avesse accettato di sottoscrivere il protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, il MES e la Repubblica di Cipro non avrebbero potuto convenire che il mantenimento o la continuazione dell’attuazione delle misure lesive introdotte il 29 marzo 2013 e l’adozione delle misure lesive introdotte il 30 luglio 2013 tramite le modifiche ai decreti lesivi menzionate ai punti 33 e 34 supra fossero una condizione necessaria alla concessione del DAF.

229

La decisione di sottoscrivere il protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 sarebbe dunque, perlomeno in parte, all’origine del danno fatto valere. A tal riguardo, i ricorrenti hanno individuato le ragioni per le quali essi ritengono che esista un nesso di causalità fra il comportamento consistente nella firma del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, da un lato, e il danno fatto valere, dall’altro.

230

Per contro, le affermazioni dei ricorrenti concernenti la negoziazione del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 non sono oggetto di alcuna considerazione specifica e circostanziata nelle parti delle loro memorie dedicate all’argomentazione giuridica. In particolare, nulla, in tali memorie, consente di identificare i motivi per i quali i ricorrenti ritengono che il comportamento della Commissione o della BCE nell’ambito della negoziazione del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 abbia contribuito a causare il danno addotto.

231

In quarto luogo, per quanto riguarda il monitoraggio, da parte della Commissione e della BCE, dell’applicazione delle misure lesive ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 7, del Trattato MES, le considerazioni svolte ai punti 228 e 229 supra, si applicano mutatis mutandis.

232

In quinto luogo, la comunicazione, da parte dei convenuti, e segnatamente dell’Eurogruppo, di rassicurazioni precise quanto al fatto che le misure lesive non sarebbero state adottate, ha suscitato in capo ai medesimi, secondo i ricorrenti, un legittimo affidamento che sarebbe stato violato al momento dell’adozione di dette misure. In tal modo, i ricorrenti hanno individuato con un grado di precisione sufficiente l’illegittimità che essi addebitano ai convenuti di aver commesso e le ragioni per le quali gli stessi ritengono che esista un nesso di causalità fra tale comportamento e il danno fatto valere.

233

In sesto luogo, i ricorrenti indicano che le decisioni adottate dalla BCE in relazione all’ELA hanno contribuito alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e del diritto di proprietà, nonché ad aggravare le difficoltà economiche della Laïki e, pertanto, il danno subìto. Essi hanno dunque individuato con un grado di precisione sufficiente l’illegittimità che, a loro avviso, inficia tali decisioni, e le ragioni per le quali essi ritengono che esista un nesso di causalità fra tale comportamento e il danno fatto valere.

234

Ne consegue che il presente ricorso è conforme ai requisiti di forma applicabili nella parte in cui verte, in primo luogo, sull’obbligo di mantenere o continuare ad attuare la conversione in azioni dei depositi non garantiti della BoC, quale risulta dall’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236; in secondo luogo, sulla firma, da parte della Commissione, del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013; in terzo luogo, sul monitoraggio, da parte della Commissione e della BCE, dell’applicazione delle misure lesive ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 7, del Trattato MES; in quarto luogo, sull’asserita comunicazione di rassicurazioni precise, da parte dei convenuti, e segnatamente dell’Eurogruppo, sul fatto che le misure lesive non sarebbero state adottate e, in quinto luogo, sulle decisioni adottate dalla BCE in relazione all’ELA.

2.   Sull’asserito mancato esaurimento dei mezzi di ricorso interni

235

Nell’ambito della sua linea argomentativa relativa al danno fatto valere, la Commissione sostiene, in sostanza, che, nella misura in cui la causa immediata di tale danno risiede in misure nazionali, nessun danno accessorio può essere attribuito alla sola Unione e le illegittimità fatte valere sono connesse solo indirettamente a presunte azioni dell’Unione, i ricorrenti devono esaurire i mezzi di ricorso nazionali prima che il giudice dell’Unione possa pronunciarsi sulla loro domanda di risarcimento del danno.

236

I ricorrenti replicano di non essere stati tenuti, in virtù della giurisprudenza, ad agire in giudizio dinanzi ai giudici nazionali prima di adire il Tribunale, nella misura in cui, da un lato, le misure lesive sono imputabili all’Unione e, dall’altro, tali giudici non potevano garantire loro una tutela giurisdizionale effettiva.

237

Nella misura in cui l’argomentazione della Commissione possa essere interpretata come concernente la ricevibilità del presente ricorso, e non il solo danno fatto valere, essa deve essere respinta.

238

Secondo la giurisprudenza, l’azione per il risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 268 e dell’articolo 340, secondo e terzo comma, TFUE, dev’essere valutata alla luce del sistema complessivo di tutela giurisdizionale dei singoli e la sua ricevibilità può quindi essere subordinata, in certi casi, all’esaurimento dei mezzi di ricorso interni offerti per ottenere l’annullamento di una decisione dell’autorità nazionale, sempre che tali mezzi di ricorso interni garantiscano in modo efficace la tutela dei singoli interessati e che possano condurre al risarcimento dell’asserito danno (v., in tal senso, sentenze del 30 maggio 1989, Roquette frères/Commissione, 20/88, EU:C:1989:221, punto 15 e la giurisprudenza ivi citata, e del 13 dicembre 2006, É.R. e a./Consiglio e Commissione, T‑138/03, EU:T:2006:390, punto 40).

239

In una sentenza del 18 settembre 2014, Holcim (Romania)/Commissione (T‑317/12, EU:T:2014:782, punti da 73 a 77), il Tribunale ha precisato che i casi di irricevibilità dovuti al mancato esaurimento dei mezzi di ricorso interni si limitavano all’ipotesi in cui il mancato esaurimento di tali mezzi di ricorso vietava al giudice dell’Unione di identificare la natura e l’entità del pregiudizio invocato dinanzi a quest’ultimo, con il risultato che non venivano rispettati i requisiti imposti dall’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, come interpretati dalla giurisprudenza citata ai punti 215 e 216 supra.

240

Orbene, nella specie, il Tribunale è in condizioni di identificare la natura e l’entità del pregiudizio invocato, descritto dai ricorrenti con un grado di precisione sufficiente nelle loro memorie e negli allegati a queste ultime. Di conseguenza, e senza che sia necessario stabilire se gli atti e i comportamenti menzionati al punto 234 supra, potevano formare l’oggetto di un ricorso dinanzi ai giudici nazionali, non si può ritenere che il presente ricorso sia irricevibile per il solo fatto che i ricorrenti non avrebbero esaurito i mezzi di ricorso interni.

241

Si potrebbe ritenere, tutt’al più, in tali circostanze, che la proposizione, da parte di uno o più ricorrenti, di un’azione dinanzi ad un giudice nazionale intesa ad ottenere il risarcimento dello stesso danno di cui al presente ricorso, sia idonea ad incidere sull’esame della fondatezza di tale ricorso. Secondo la giurisprudenza, qualora, in primo luogo, un soggetto abbia proposto due ricorsi intesi ad ottenere il risarcimento di uno stesso danno, l’uno diretto contro un’autorità nazionale, dinanzi ad un giudice nazionale, l’altro diretto contro un’istituzione dell’Unione, dinanzi al giudice dell’Unione, e, in secondo luogo, esista un rischio che, a causa di una divergenza di valutazione di tale danno tra i due giudici aditi, detto soggetto venga risarcito in misura insufficiente o eccessiva, il giudice dell’Unione, prima di statuire sul danno, deve attendere che il giudice nazionale si sia pronunciato in via definitiva sull’azione di cui è stato investito (v., in tal senso, sentenze del 14 luglio 1967, Kampffmeyer e a./Commissione, 5/66, 7/66, da 13/66 a 16/66 e da 18/66 a 24/66, non pubblicata, EU:C:1967:31, pag. 344, e del 13 dicembre 2006, É.R. e a./Consiglio e Commissione, T‑138/03, EU:T:2006:390, punto 42). In un caso del genere, il giudice dell’Unione è tenuto ad attendere che il giudice nazionale abbia deliberato, prima di pronunciarsi sulla sussistenza e sull’entità del danno. Per contro, gli sarà possibile, prima che il giudice nazionale si pronunci, determinare se il comportamento addebitato all’istituzione convenuta sia tale da far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 18 settembre 2014, Holcim (Romania)/Commissione, T‑317/12, EU:T:2014:782, punto 80].

242

Di conseguenza, anche se, nella specie, uno o più ricorrenti avessero proposto dinanzi ai giudici ciprioti un’azione intesa ad ottenere il risarcimento dello stesso danno del presente ricorso, nulla vieterebbe al Tribunale di pronunciarsi sulle illegittimità fatte valere prima che tali giudici si pronuncino.

C. Conclusione sulla competenza del Tribunale e sulla ricevibilità del ricorso

243

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che il Tribunale sia competente a conoscere del ricorso in esame e che quest’ultimo sia ricevibile, nella misura in cui esso concerne, in primo luogo, l’obbligo di mantenere o continuare ad attuare la conversione in azioni dei depositi non garantiti della BoC, quale si evince dall’articolo 2, paragrafo 6, lettera b), della decisione 2013/236; in secondo luogo, la firma, da parte della Commissione, del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013; in terzo luogo, il monitoraggio, da parte della Commissione e della BCE, dell’applicazione delle misure lesive ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 7, del Trattato MES; in quarto luogo, l’asserita comunicazione di rassicurazioni precise, da parte dei convenuti, e segnatamente dell’Eurogruppo, sul fatto che le misure lesive non sarebbero state adottate e, in quinto luogo, le decisioni adottate dalla BCE in relazione all’ELA.

244

Per contro, per quanto attiene agli altri atti e comportamenti addebitati dai ricorrenti ai convenuti, si deve concludere, in parte, per l’irricevibilità del ricorso e, in parte, per l’incompetenza del Tribunale a conoscere del medesimo. Formeranno pertanto oggetto di un esame nel merito soltanto i motivi e gli argomenti delle parti relativi agli atti e ai comportamenti menzionati al punto 243 supra.

D. Nel merito

245

Si evince da una giurisprudenza costante, applicabile mutatis mutandis alla responsabilità extracontrattuale della BCE prevista all’articolo 340, terzo comma, TFUE, che il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, presuppone che ricorrano congiuntamente varie condizioni, ossia l’illegittimità del comportamento contestato all’istituzione dell’Unione, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato (v., in tal senso, sentenze del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 64 e la giurisprudenza ivi citata, e del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE, T‑79/13, EU:T:2015:756, punto 65). Poiché queste tre condizioni devono essere cumulativamente soddisfatte, la mancanza di una di esse è sufficiente per respingere un ricorso per risarcimento danni (sentenza del 9 settembre 1999, Lucaccioni/Commissione, C‑257/98 P, EU:C:1999:402, punto 14).

246

Nella specie, si deve iniziare esaminando se la prima di tali condizioni, relativa all’illegittimità del comportamento contestato ai convenuti, sia soddisfatta.

247

A tal riguardo, la Corte ha già più volte precisato che il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione esige che sia dimostrata una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli (v. sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 65 e la giurisprudenza ivi citata).

248

Nell’atto introduttivo del giudizio, i ricorrenti fanno valere che i convenuti hanno agito senza tenere conto degli interessi del gruppo chiuso costituito dai depositanti o dagli azionisti delle banche di cui trattasi, in violazione grave e qualificata di tre regole di diritto dell’Unione intese alla protezione dei singoli, ossia il diritto di proprietà, il principio della tutela del legittimo affidamento e il principio della parità di trattamento.

249

Il Consiglio e la BCE replicano, in sostanza, che né gli atti né i comportamenti menzionati al punto 243 supra, né le misure lesive, sono inficiate da una violazione del diritto dell’Unione.

250

La Commissione, considerando che il pregiudizio invocato sia imputabile unicamente alla Repubblica di Cipro, si astiene dal difendere in maniera sistematica la legittimità di misure che quest’ultima avrebbe adottato unilateralmente e si limita, in sostanza, a presentare osservazioni mirate concernenti le illegittimità invocate dai ricorrenti.

251

Il Tribunale esaminerà in via successiva le addotte violazioni, in primo luogo, del diritto di proprietà (v. punti da 252 a 402 infra); in secondo luogo, del principio della tutela del legittimo affidamento (v. punti da 404 a 439 infra) e, in terzo luogo, del principio della parità di trattamento (v. punti da 440 a 508 infra).

1.   Sull’esistenza di un’eventuale violazione del diritto di proprietà

252

I ricorrenti ritengono di essere stati privati del loro diritto di proprietà sui depositi da essi affidati alle banche di cui trattasi o sulle azioni di tali banche da essi detenute, in violazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte eur. D.U.»).

253

I convenuti contestano la linea argomentativa dei ricorrenti.

254

Secondo una giurisprudenza costante, il diritto di proprietà garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, non è una prerogativa assoluta. Come risulta dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, possono apportarsi restrizioni all’esercizio di tale diritto, a condizione che tali restrizioni siano effettivamente consone a obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione e non costituiscano, rispetto allo scopo prefissato, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa di detto diritto (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punti 6970 e la giurisprudenza ivi citata).

255

A tal riguardo, emerge dall’articolo 12 del Trattato MES che l’adozione di un protocollo d’intesa come quello del 26 aprile 2013 risponde a un obiettivo di interesse generale perseguito dall’Unione, vale a dire quello di garantire la stabilità del sistema bancario della zona euro nel suo complesso. Infatti, i servizi finanziari svolgono un ruolo centrale nell’economia dell’Unione. Nella misura in cui le banche, fonte essenziale di finanziamento per le imprese, sono spesso interconnesse, la grave difficoltà di una o più banche rischia di propagarsi rapidamente alle altre banche, vuoi nello Stato membro interessato, vuoi in altri Stati membri, e, di conseguenza, di produrre ricadute negative in altri settori dell’economia (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punti 7172 e la giurisprudenza ivi citata; Corte eur. D.U., 10 luglio 2012, Grainger e altri c. Regno Unito, CE:ECHR:2012:0710DEC003494010, punti 39 e 42, e del 21 luglio 2016, Mamatas e altri c. Grecia, CE:ECHR:2016:0721JUD 006306614, punto 103).

256

Nella sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punti da 73 a 75), la Corte ha dichiarato che, considerato l’obiettivo di interesse generale menzionato al punto 255 supra, e alla luce del rischio imminente di perdite finanziarie cui sarebbero stati esposti i depositanti presso le banche di cui trattasi in caso di fallimento di queste ultime, tre delle misure lesive descritte ai punti da 31 a 35 supra, non costituivano, come figuravano ai punti da 1.23 a 1.27 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, un intervento sproporzionato e inammissibile che pregiudicava la sostanza stessa del diritto di proprietà di detti depositanti, e non potevano dunque essere considerate come restrizioni ingiustificate di tale diritto. Fra tali misure figurano, in primo luogo, il recupero, da parte della BoC, dei depositi garantiti dalla Laïki e il mantenimento dei depositi non garantiti presso la Laïki, in attesa della sua liquidazione; in secondo luogo, la conversione in azioni del 37,5% dei depositi non garantiti della BoC, con pieno diritto di voto e diritti ai dividendi, e, in terzo luogo, il congelamento temporaneo di un’altra parte di tali depositi non garantiti, con la precisazione che, ove la BoC dovesse essere sovracapitalizzata rispetto all’obiettivo di un livello minimo di capitali propri del 9% in condizioni di crisi, si sarebbe proceduto a un riacquisto di azioni al fine di rimborsare ai titolari di depositi non garantiti l’importo corrispondente alla sovracapitalizzazione (in prosieguo, congiuntamente: la «prima serie di misure lesive»).

257

Per contro, nella sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701), la Corte non ha esaminato la conformità al diritto di proprietà delle altre due misure lesive. Si tratta, in sostanza, da un lato, di quella avente ad oggetto la vendita delle succursali greche, risultante dal punto 1.24 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 e prevista dai decreti nn. 96 e 97 (v. punto 31 supra), e, dall’altro, di quella relativa alla riduzione del valore nominale da un euro per ciascuna azione ordinaria della BoC ad un valore nominale di un centesimo, prevista dal decreto n. 103 e dalle modifiche ad esso apportate il 30 luglio 2013, e facente parte della ricapitalizzazione della BoC menzionata al punto 1.26 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 (v. punto 34 supra) (in prosieguo, congiuntamente: la «seconda serie di misure lesive»).

258

Il Tribunale esaminerà, in un primo momento, la conformità al diritto di proprietà dei ricorrenti della prima serie di misure lesive (v. punti da 259 a 324 infra) e, in un secondo momento, quella della seconda serie di misure lesive (v. punti da 326 a 360 infra). In un terzo momento, il Tribunale esaminerà gli argomenti, relativi alla violazione dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE, del diritto ad una buona amministrazione e dei requisiti di equità e di coerenza, sollevati dai ricorrenti a sostegno della loro censura concernente una violazione del diritto di proprietà (v. punti da 362 a 402 infra).

a)   Sulla prima serie di misure lesive

259

Nella specie, i ricorrenti non contestano che, come ritenuto dalla Corte nella sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701) (v. punti 255 e 256 supra), l’obiettivo perseguito dalla prima serie di misure lesive riveste un carattere di interesse generale. Cionondimeno, i ricorrenti contestano l’applicabilità al caso di specie della conclusione alla quale è pervenuta la Corte in tale sentenza, secondo la quale la prima serie di misure lesive non costituiva un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà dei depositanti delle banche di cui trattasi e non poteva, pertanto, essere considerato una restrizione ingiustificata di tale diritto. Essi fanno valere tre argomenti al riguardo, il primo dei quali è relativo all’esame effettuato dalla Corte in detta sentenza (v. punti da 260 a 262 infra); il secondo, agli elementi di prova invocati dalle parti ricorrenti nella causa sfociata in tale sentenza (v. punti da 263 a 266 infra) e, il terzo, al rispetto dei requisiti che impongono che qualsiasi restrizione al diritto di proprietà debba essere prevista dalla legge e proporzionata all’obiettivo perseguito (v. punti da 267 a 324 infra).

1) Sulla natura dell’esame effettuato dalla Corte nella sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P)

260

I ricorrenti rilevano che, nella sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701), la Corte si è limitata a verificare l’esistenza di un’eventuale violazione del diritto di proprietà dei depositanti sotto il profilo dell’inclusione, nel protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, dei punti da 1.23 a 1.27, i quali vertevano, segnatamente, sulla prima serie di misure lesive. La Corte non avrebbe pertanto esaminato il comportamento dei convenuti, la cui illegittimità è invocata nella presente causa. Tale comportamento si iscriverebbe in un continuum che sarebbe iniziato con gli interventi dei convenuti prima della firma del protocollo d’intesa e sarebbe proseguito con i loro interventi successivi a tale firma. Orbene, i punti da 1.23 a 1.27 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 descriverebbero misure che sarebbero state adottate prima della sua firma e sarebbero imputabili ai convenuti.

261

Tale argomento prende le mosse da una lettura erronea della sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701). È vero che la Corte ha concluso, al punto 75 di tale sentenza, che non è possibile considerare che, laddove ha permesso l’adozione dei punti da 1.23 a 1.27 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, la Commissione avesse contribuito a una violazione del diritto di proprietà dei ricorrenti. Per farlo, la Corte ha tuttavia esaminato, ai punti 73 e 74 della stessa sentenza, se la prima serie di misure lesive, quale risultava dai punti da 1.23 a 1.27 di tale protocollo, violasse essa stessa il diritto di proprietà dei ricorrenti. Il ragionamento illustrato in detti punti verteva pertanto sulla legittimità intrinseca di tali misure. Quanto all’affermazione dei ricorrenti, secondo la quale il comportamento censurato si iscrive in un continuum, essa è già stata respinta al punto 158 supra.

262

Il primo argomento dei ricorrenti dev’essere quindi respinto.

2) Sugli elementi di prova presentati dalle parti ricorrenti nella causa sfociata nella sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P)

263

I ricorrenti fanno valere che la conclusione alla quale è pervenuta la Corte nella sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701), quanto all’esistenza di una violazione del diritto di proprietà, deve essere letta alla luce delle richieste limitate dei ricorrenti in tale causa. Sarebbe evidente, infatti, che, nella causa sfociata in tale sentenza, né il Tribunale né la Corte abbiano esaminato la minima prova intesa a dimostrare una violazione del diritto di proprietà. Orbene, nella presente causa, i ricorrenti avrebbero fornito numerosi elementi di prova relativi alle circostanze che hanno condotto all’adozione «della dichiarazione dell’Eurogruppo» e che spiegavano il comportamento dei convenuti prima e dopo tale dichiarazione. Tali prove, che la Corte non avrebbe esaminato nella sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701), dovrebbero formare l’oggetto di un esame minuzioso nella specie, al fine di stabilire se le misure lesive costituiscano un’ingerenza sproporzionata nel diritto di proprietà dei ricorrenti e garantire il loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

264

A tal proposito, occorre rilevare che le prove alle quali si riferiscono i ricorrenti riguardano anzitutto l’imputabilità delle misure lesive ai convenuti e l’effettività del danno lamentato. Tali prove non sono idonee, in quanto tali, a dimostrare che le conclusioni alle quali la Corte è pervenuta nella sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701), in relazione all’esistenza di una siffatta violazione sono inapplicabili nella specie.

265

Di conseguenza, il secondo argomento dei ricorrenti deve essere respinto nella parte in cui verte su elementi di prova relativi all’imputabilità delle misure lesive ai convenuti e all’effettività del danno lamentato.

266

Tuttavia, nella misura in cui sia possibile ritenere che talune delle prove richiamate dai ricorrenti siano intese a dimostrare che la prima serie di misure lesive è inficiata da una violazione del diritto di proprietà, esse verranno esaminate, se necessario, nell’ambito della valutazione degli argomenti dei ricorrenti relativi ai requisiti che impongono che ogni restrizione del diritto di proprietà debba essere prevista dalla legge ed essere proporzionata all’obiettivo perseguito.

3) Sul rispetto dei requisiti secondo i quali ogni restrizione del diritto di proprietà deve essere prevista dalla legge ed essere proporzionata all’obiettivo perseguito

267

I ricorrenti sostengono, in sostanza, che la prima serie di misure lesive è inficiata da una violazione manifesta del loro diritto di proprietà, in quanto tali misure non erano previste dalla legge e sarebbero state adottate senza accordare loro la possibilità di esercitare i loro diritti della difesa e nonostante l’esistenza di misure meno restrittive, come una diminuzione progressiva dei depositi in funzione del loro importo. A tal riguardo, i ricorrenti avevano già indicato, nel loro ricorso, che risultava dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, che ogni restrizione del diritto di proprietà doveva essere al contempo prevista dalla legge e proporzionata all’obiettivo perseguito.

268

Il Tribunale esaminerà in via successiva la conformità della prima serie di misure lesive ai requisiti, secondo i quali ogni restrizione del diritto di proprietà, da un lato, deve essere prevista dalla legge e, dall’altro, deve essere proporzionata all’obiettivo perseguito. Nel farlo, il Tribunale terrà conto del fatto che, in conformità al punto 1.27 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, i depositi non garantiti della BoC congelati potevano essere oggetto di una conversione in azioni, come è avvenuto nel caso di specie (v. punti 32 e 33 supra).

i) Sul requisito secondo il quale ogni restrizione del diritto di proprietà deve essere prevista dalla legge

269

A sostegno della loro affermazione, secondo la quale le misure lesive non erano previste dalla legge, i ricorrenti richiamano la giurisprudenza della Corte eur. D.U. concernente l’articolo 1 del protocollo addizionale n. 1 alla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), la quale esigerebbe che ogni restrizione del diritto di proprietà si basi su un contesto normativo chiaro, prevedibile e accessibile.

270

Orbene, secondo i ricorrenti, nessuna norma del diritto dell’Unione consentiva ai convenuti, all’epoca dei fatti, di adottare le misure lesive, le quali non sarebbero, del resto, conformi «ai requisiti di certezza del diritto, di regolarità del procedimento e di prevedibilità». In tal senso, le misure lesive sarebbero state adottate dal governatore della BCC sul fondamento del potere discrezionale conferitogli da una legge imprecisa, la quale non prevedeva né un procedimento risarcitorio chiaro né un diritto ad una tutela giudiziaria, mentre nulla sarebbe stato previsto a livello cipriota o dell’Unione per consultare le parti interessate o per dare agli azionisti e ai depositanti delle banche di cui trattasi l’occasione di esprimere il loro punto di vista.

271

Il Consiglio e la BCE contestano l’argomentazione dei ricorrenti.

272

Si deve rammentare che, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, e dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. Per stabilire la portata di tale diritto, occorre tener conto, alla luce dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, dell’articolo 1 del protocollo addizionale n. 1 alla CEDU (v., in tal senso, sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 356). Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte eur. D.U., i termini «prevista dalla legge» richiedono non soltanto che la misura censurata abbia una base nel diritto interno, ma riguardano anche la qualità della legge in questione, esigendo che essa sia accessibile agli interessati e prevedibile nei suoi effetti (v., in tal senso, Corte eur. D.U., 13 luglio 2010, Kurić e altri c. Slovenia, CE:ECHR:2010:0713JUD 002682806, punto 363).

273

Occorre pertanto verificare se la prima serie di misure lesive sia stata adottata in assenza di un contesto normativo chiaro, accessibile e prevedibile, e che prevedesse un regime risarcitorio e una tutela giuridica sufficiente.

274

A tal riguardo, in primo luogo, è opportuno rammentare che le misure lesive sono state adottate dal governatore della BCC, in forza della legge del 22 marzo 2013, la quale è stata approvata dal Parlamento cipriota.

275

È vero che, come fatto valere, in sostanza, dai ricorrenti, la legge del 22 marzo 2013 conferisce ampie prerogative alla BCC. In particolare, quest’ultima può ristrutturare i debiti e le obbligazioni di un istituto soggetto ad una procedura di risoluzione (punto 12, paragrafo 1, della legge del 22 marzo 2013, v. punto 24 supra); esigere, indipendentemente dall’esistenza di altre disposizioni legislative e statutarie, l’aumento del capitale di un siffatto istituto (punto 8, paragrafo 1, della legge del 22 marzo 2013) e ordinare la vendita di talune attività della medesima senza che sia necessario ottenere il consenso del suo consiglio di amministrazione o dei suoi azionisti (punto 9, paragrafo 1, della legge del 22 marzo 2013). Tuttavia, la mera circostanza che le misure che possono essere adottate in forza della legge del 22 marzo 2013 siano numerose o di ampia portata non significa che la legge manchi di chiarezza, precisione o prevedibilità.

276

In secondo luogo, si deve rilevare che la legge del 22 marzo 2013 prevede una serie di garanzie a beneficio dei creditori e degli azionisti delle banche interessate. Primo, il punto 3, paragrafo 2, lettera a) e b), di tale legge, prevede che gli azionisti di un istituto soggetto ad una procedura di risoluzione siano i primi a sopportare tutte le perdite risultanti dall’attuazione delle misure di risoluzione, mentre i creditori di un siffatto istituto sopportano tali perdite solo dopo gli azionisti. Quanto al punto 3, paragrafo 2, lettera d), di detta legge, esso prevede che le misure adottate sul fondamento di quest’ultima non possano mettere tali creditori in una situazione finanziaria meno favorevole di quella in cui essi si troverebbero in caso di liquidazione dell’istituto in questione. Il punto 12, paragrafo 14, della legge in questione, precisa che, nel caso di una ristrutturazione, in forza del punto 12, paragrafo 1, della stessa legge, dei debiti e delle obbligazioni di un istituto soggetto ad una procedura di risoluzione, le parti interessate ricevono, come pagamento dei loro crediti, almeno l’importo che avrebbero ricevuto, in forza del diritto cipriota, in caso di liquidazione di detto istituto (v. punto 24 supra).

277

Secondo, anche ammesso che il requisito, secondo il quale ogni restrizione del diritto di proprietà deve essere prevista dalla legge, esiga che il procedimento di risarcimento della perdita risultante da una siffatta restrizione sia, se del caso, parimenti previsto dalla legge, emerge dal punto 26, paragrafo 1, della legge del 22 marzo 2013, che chiunque reputi che il proprio diritto di proprietà sia stato indebitamente leso da misure di risoluzione, conserva il diritto di adire il giudice nazionale competente per chiedere di essere risarcito. Il punto 26, paragrafi 2 e 3, di tale legge, precisa che, qualora la parte interessata ritenga che la sua posizione finanziaria sia significativamente peggiorata rispetto a quella in cui si sarebbe trovata se non fosse stata adottata alcuna misura di risoluzione e se la banca interessata fosse stata messa direttamente in liquidazione, essa può reclamare un risarcimento soltanto per le perdite subite, senza compromettere l’operazione conclusa o qualsiasi atto o misura adottati sulla base di detta legge.

278

In proposito, da un lato, i ricorrenti fanno valere che, in conformità al punto 26, paragrafo 3, della legge del 22 marzo 2013, i ricorsi proposti non possono essere diretti né contro l’autorità di risoluzione, fatti salvi i casi previsti al punto 29 di tale legge, né contro la persona che beneficia di un trasferimento di attività, di beni o di attivi risultante dall’adozione di una misura di risoluzione. I ricorrenti ritengono che sia impossibile, di conseguenza, capire contro chi possa essere intentata un’azione.

279

A tal riguardo, occorre rilevare che la questione dell’individuazione del destinatario di un’azione intesa ad ottenere il risarcimento del danno illegittimamente causato da una misura di risoluzione adottata in forza della legge del 22 marzo 2013 rientra nell’ambito del diritto cipriota. Gli elementi del fascicolo non consentono di rispondere a tale questione, la quale non deve in ogni caso essere risolta dal Tribunale nell’ambito della presente causa. Cionondimeno, è giocoforza constatare che né il testo del punto 26, paragrafo 3, della legge del 22 marzo 2013, né i documenti del fascicolo, consentono di ritenere che la proposizione di una domanda intesa ad ottenere il risarcimento del danno illegittimamente causato da una misura di risoluzione adottata in forza di tale legge sia, nella prassi, impossibile. Inoltre, come riconosciuto dai ricorrenti stessi, il punto 29 della legge del 22 marzo 2013 prevede che la responsabilità dell’autorità di risoluzione possa sorgere in caso di frode, di malafede o di negligenza grave.

280

Dall’altro lato, i ricorrenti sostengono che il punto 22 della legge del 22 marzo 2013, anzitutto, prevede che debba essere effettuata una valutazione da parte dell’autorità di risoluzione ai fini dell’attuazione delle misure di risoluzione e, quindi, conferisce a quest’ultima un ampio potere discrezionale. I ricorrenti rilevano che, in conformità al punto 22, paragrafo 7, di tale legge, detta valutazione non può formare l’oggetto di un sindacato giurisdizionale separato, bensì debba essere esaminata congiuntamente alla decisione adottata in forza «della presente sezione». Secondo i ricorrenti, ne consegue che le parti che ritengano che la loro posizione sia peggiorata a seguito di una misura di risoluzione devono contestare una valutazione effettuata a completa discrezione dell’autorità di risoluzione. Orbene, sarebbe difficile comprendere in che modo tale valutazione potrebbe essere contestata in maniera efficace a meno che non riveli essa stessa una sottovalutazione.

281

A tal riguardo, è sufficiente rilevare che nessun elemento, nel punto 22 della legge del 22 marzo 2013, consente di ritenere che una siffatta valutazione sia idonea a vincolare il giudice nazionale investito di una domanda risarcitoria. Si deve pertanto considerare che i ricorrenti non siano pervenuti a dimostrare che tale disposizione renderebbe, in pratica, impossibile o inefficace la proposizione di una siffatta domanda.

282

In terzo luogo, non è possibile ritenere che le misure lesive non contengano alcuna garanzia che consenta ai ricorrenti di far valere il loro punto di vista. A tal proposito, occorre ricordare che le procedure applicabili devono fornire alla persona interessata un’occasione adeguata di esporre le proprie ragioni alle autorità competenti. Per garantire il rispetto di tale condizione, che rappresenta un requisito intrinseco dell’articolo 1 del protocollo n. 1 della CEDU, è necessario considerare le procedure applicabili da un punto di vista generale (v., in tal senso, sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 368 e la giurisprudenza ivi citata, e Corte eur. D.U., 20 luglio 2004, Bäck c. Finlandia, CE:ECHR:2004:0720JUD 003759897, punto 56). Pertanto, detto requisito non può essere interpretato nel senso che la persona interessata deve poter far valere in qualsiasi circostanza la propria posizione presso le autorità competenti prima dell’adozione di misure che arrechino pregiudizio al suo diritto di proprietà (v., in tal senso, Corte eur. D.U., 19 settembre 2006, Maupas e altri c. Francia, CE:ECHR:2006:0919JUD 001384402, punti 20 e 21). Ciò avviene, segnatamente, qualora, come nella specie, le misure in questione non costituiscono una sanzione e si iscrivono in un contesto di urgenza particolare. A quest’ultimo riguardo, occorre rilevare che, come rammentato dalla BCE in udienza, si trattava di prevenire un rischio imminente di collasso delle banche di cui trattasi al fine di preservare la stabilità del sistema finanziario cipriota ed evitare quindi di contagiare altri Stati membri della zona euro. Orbene, l’attuazione di una procedura di consultazione preliminare, nell’ambito della quale le migliaia di depositanti e di azionisti delle banche di cui trattasi avrebbero potuto far valere utilmente il loro punto di vista presso la BCC prima dell’adozione dei decreti lesivi, avrebbe inevitabilmente ritardato l’applicazione delle misure intese a prevenire un siffatto collasso. La realizzazione dell’obiettivo consistente nel preservare la stabilità del sistema finanziario cipriota ed evitare quindi il contagio di altri Stati membri della zona euro sarebbe stata esposta a seri rischi (v., in tal senso e per analogia, Corte eur. D.U., 21 luglio 2016, Mamatas e altri c. Grecia, CE:ECHR:2016:0721JUD 006306614, punto 139).

283

In tali circostanze, tuttavia, il soggetto interessato deve poter beneficiare di un procedimento giudiziario che presenti le garanzie procedurali richieste, in modo da consentire ai giudici nazionali di statuire in maniera efficace ed equa sulle controverse concernenti la violazione del diritto di proprietà fatta valere. Orbene, come si evince dai punti 277 e da 279 a 281 supra, ciò avviene nel caso di specie.

284

In quarto luogo, come fatto correttamente valere dalla Commissione, l’inesistenza, all’epoca dei fatti, di misure di armonizzazione dell’Unione in materia di bail‑in delle banche, non significa affatto che agli Stati membri fosse vietato adottare misure di bail‑in. Da tale inesistenza non consegue neanche che alle istituzioni dell’Unione fosse vietato prestare il proprio sostegno all’attuazione, da parte delle autorità cipriote, di siffatte misure o esigerne il mantenimento o la continuazione dell’attuazione.

285

Risulta dalle considerazioni che precedono che i ricorrenti non sono pervenuti a dimostrare che la prima serie di misure lesive non era prevista dalla legge.

ii) Sul requisito, secondo il quale ogni restrizione del diritto di proprietà deve essere proporzionata all’obiettivo perseguito

286

I ricorrenti affermano che la prima serie di misure lesive non è proporzionata all’obiettivo perseguito, in quanto essi si sarebbero visti imporre un onere eccessivo. Da un lato, essi avrebbero dovuto pagare per errori imputabili al governo della Repubblica di Cipro, all’assenza di un intervento anteriore delle istituzioni dell’Unione e all’imprudenza della BCE, la cui «politica liberale» in materia di ELA avrebbe contribuito in maniera sostanziale all’accumulo del debito della Laïki. Dall’altro, i convenuti avrebbero omesso di prendere in considerazione misure alternative meno restrittive del diritto di proprietà dei ricorrenti.

287

Il Consiglio e la BCE contestano l’argomentazione dei ricorrenti.

288

In primo luogo, occorre ricordare che, nella sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punti da 73 a 75), la Corte si è già pronunciata in maniera esplicita sulla proporzionalità rispetto all’obiettivo perseguito della prima serie di misure lesive, concludendo che esse non costituiscono un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà dei depositanti delle banche di cui trattasi. Orbene, i ricorrenti non hanno chiarito perché tale conclusione non sarebbe trasponibile al caso di specie. Si deve pertanto considerare che essa si applichi, mutatis mutandis, alla presente censura.

289

In secondo luogo e in ogni caso, gli argomenti fatti valere dai ricorrenti a sostegno della loro censura relativa al difetto di proporzionalità della prima serie di misure lesive non consentono, nella specie, di pervenire ad una conclusione diversa da quella a cui è giunta la Corte nella sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punti da 73 a 75), a tal riguardo.

290

In proposito, occorre ricordare che una restrizione del diritto di proprietà non deve essere eccessiva. Da un lato, la restrizione in questione deve rispondere all’obiettivo di interesse generale perseguito, ed essere necessaria e proporzionata a tale fine. Dall’altro, il «contenuto essenziale», ossia la sostanza del diritto di proprietà, non deve essere violato (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punti 355360; del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punti 5354, e del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 200).

291

Qualora, come nella specie, le istituzioni dell’Unione siano chiamate, in un contesto complesso e in evoluzione, ad operare scelte tecniche e ad effettuare previsioni e valutazioni complesse, occorre cionondimeno riconoscere a dette istituzioni un ampio potere discrezionale quanto alla natura e alla portata delle misure alle quali esse apportano il loro sostegno o delle quali esse esigono il mantenimento o la continuazione dell’attuazione. In un siffatto contesto, la condizione relativa all’illegittimità del comportamento contestato esige che sia dimostrata una violazione manifesta e grave, da parte dell’istituzione in questione, dei limiti che si impongono al suo potere discrezionale (v., in tal senso, sentenze del 10 luglio 2014, Nikolaou/Corte dei conti, C‑220/13 P, EU:C:2014:2057, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata, e del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 68).

292

È alla luce di tali principi che occorre esaminare gli argomenti dei ricorrenti. Più specificamente, il Tribunale esaminerà, anzitutto, l’idoneità della prima serie di misure lesive a contribuire alla realizzazione dell’obiettivo perseguito (v. punti da 293 a 299 infra), quindi, il suo carattere proporzionato e necessario alla realizzazione di tale obiettivo (v. punti da 300 a 313 infra) e, infine, se gli inconvenienti generati non siano smisurati rispetto a detto obiettivo (v. punti da 317 a 323 infra).

– Sull’idoneità della prima serie di misure lesive a contribuire alla realizzazione dell’obiettivo perseguito

293

In conformità alla giurisprudenza, occorre verificare l’idoneità della restrizione del diritto di proprietà esaminata a contribuire alla realizzazione dell’obiettivo di interesse generale perseguito (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 203).

294

Nella specie, da un lato, si deve rammentare che l’adozione delle misure lesive rispondeva ad una situazione nella quale le banche di cui trattasi, qualora non fossero state ricapitalizzate, sarebbero state esposte ad un rischio di corsa agli sportelli dopo la scadenza del periodo di chiusura delle banche ordinato il 18 marzo 2013, cosicché esse avrebbero rischiato di dover cessare le loro operazioni e sarebbero state esposte alla minaccia di un fallimento disordinato. Come sottolineato dalla BCE nella risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, le conseguenze di tali difficoltà erano idonee a rivestire una natura sistemica, minacciando la Repubblica di Cipro di un default sovrano e rischiando di propagarsi rapidamente ad altre banche, in particolare cipriote. L’affidamento dei depositari di tali banche e la solvibilità della Repubblica di Cipro, garante di taluni debiti della Laïki, avrebbero subito un pregiudizio e la stabilità del sistema finanziario cipriota nel suo complesso sarebbe stata minacciata. Come rilevato dalla Commissione e dalla BCE, un rischio di contagio ad altri Stati membri, ovvero alla totalità del sistema bancario della zona euro, non avrebbe in tal caso potuto essere escluso.

295

Alla luce degli elementi del fascicolo, non si può concludere che tale analisi della situazione economica e finanziaria cipriota e dell’Unione alla data dell’adozione delle misure lesive fosse viziata da un manifesto errore di valutazione. A tal riguardo, occorre rilevare che non sono affatto dimostrate le vaghe affermazioni dei ricorrenti, secondo le quali, a causa delle dimensioni ridotte dell’economia cipriota, la sua crisi avrebbe avuto un impatto solo limitato sulla zona euro. Tali affermazioni ignorano, del resto, le dimensioni del settore finanziario cipriota, il quale era pari a otto volte il PIL cipriota all’epoca dei fatti, nonché il rischio di contagio di altri Stati membri.

296

Orbene, secondo il punto 1.26 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, la conversione del 37,5% dei depositi non garantiti della BoC mirava a consentire a quest’ultima di realizzare «alla fine del programma, un coefficiente minimo di fondi propri (…) del 9%, nell’ipotesi sfavorevole delle prove di stress». Ai sensi del punto 1.27 del medesimo protocollo d’intesa, ulteriori conversioni di depositi, come quelle menzionate al punto 33 supra, erano intese ad assicurare che tale obiettivo potesse essere raggiunto alla fine del programma. Di conseguenza, nelle circostanze descritte al punto 294 supra, non era manifestamente irragionevole ritenere che tali misure fossero idonee a stabilizzare il sistema finanziario, consentendo, segnatamente, come emerge sempre dal punto 1.26 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, di «ristabilire la fiducia e [di] normalizzare le condizioni di finanziamento».

297

Quanto alla misura lesiva con la quale BoC doveva recuperare i depositi garantiti dalla Laïki, mentre i suoi depositi non garantiti sarebbero stati mantenuti all’interno della precedente entità, in attesa della sua liquidazione, essa era intesa, come si evince dal comunicato stampa della BCC del 26 marzo 2013, a consentire la scissione della Laïki in una struttura di scioglimento e in una banca risanata. Di conseguenza, nelle circostanze descritte al punto 294 supra, non era manifestamente irragionevole considerare che tale misura fosse idonea a stabilizzare il sistema finanziario, evitando il fallimento disordinato della Laïki.

298

D’altra parte, occorre sottolineare che le dimensioni eccessive del settore finanziario cipriota figuravano fra le cause principali della crisi bancaria. Come emerge dall’introduzione di una relazione dell’FMI del maggio del 2013, i significativi squilibri interni ed esterni che pregiudicavano l’economia cipriota già prima della crisi finanziaria erano stati aggravati da un settore finanziario debole e di dimensioni sproporzionate. Estremamente esposto alla Grecia, esso rappresentava, come è già stato rilevato (v. punto 295 supra), oltre l’800% del PIL cipriota.

299

Orbene, la prima serie di misure lesive comprende, segnatamente, l’applicazione di un taglio ai depositi non garantiti della BoC e doveva quindi consentire di ridurre le dimensioni del settore finanziario cipriota. Di conseguenza, nelle circostanze descritte al punto 298 supra, non era manifestamente irragionevole considerare che tale taglio avrebbe contribuito ad assicurare la stabilità del sistema bancario della zona euro.

– Sulla proporzionalità e sulla necessità della prima serie di misure lesive

300

In conformità alla giurisprudenza, occorre verificare se la restrizione del diritto di proprietà esaminata superi i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli scopi perseguiti dalla normativa di cui trattasi. In particolare, quando sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva (v. sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 205 e la giurisprudenza ivi citata).

301

Nella specie, in primo luogo, i ricorrenti affermano, in sostanza, che non sono state prese in considerazione alternative meno restrittive del loro diritto di proprietà rispetto alla prima serie di misure lesive. Secondo i ricorrenti, sarebbe stato possibile salvare l’economia della Repubblica di Cipro imponendo loro oneri meno gravosi rispetto a quelli sopportati. In secondo luogo, i ricorrenti sostengono di essere stati oggetto di un’espropriazione e di non aver ricevuto, per tale espropriazione, un’indennità che possa essere considerata giusta, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta.

302

In primo luogo, per quanto riguarda la considerazione di alternative meno restrittive, si evince dai documenti del fascicolo che, come rilevato in maniera pertinente dal Consiglio, qualsiasi approccio diverso da quello alla fine adottato o non era realizzabile, o non avrebbe permesso di conseguire i risultati attesi. Anzitutto, occorre rammentare che le autorità cipriote hanno adottato le misure lesive solo dopo il rigetto, da parte del Parlamento cipriota, di una misura meno onerosa per gli interessi dei ricorrenti rispetto alla prima serie di misure lesive, ossia la creazione di un’imposta su tutti i depositi bancari di Cipro (v. punto 22 supra).

303

Inoltre, secondo una relazione dell’FMI del maggio del 2013, l’accollo, da parte del bilancio della Repubblica di Cipro, del costo di ricapitalizzazione delle banche di cui trattasi avrebbe comportato un aumento del debito pubblico cipriota fino ad un livello insostenibile. Emerge, infatti, dal punto 11 di tale relazione, che, in caso di iniezione di capitale pubblico a favore delle banche di cui trattasi, tale debito avrebbe raggiunto un limite vicino al 150% del PIL cipriota e avrebbe rischiato di aumentare ulteriormente. Orbene, secondo l’FMI, i contribuenti ciprioti ne sarebbero stati oberati, mentre le dimensioni del settore bancario, le quali erano una delle cause principali della crisi (v. punto 298 supra), sarebbero rimaste eccessive e avrebbero continuato a minacciare la Repubblica di Cipro.

304

Infine, risulta dal punto 11 della relazione menzionata al punto 303 supra l’indisponibilità di approcci non generatori di indebitamento, come la ricapitalizzazione diretta delle banche di cui trattasi da parte del MES o la loro vendita pura e semplice. Quanto ad un’uscita dalla zona euro, essa avrebbe ovviato solo parzialmente alle difficoltà della Repubblica di Cipro, e avrebbe inflitto perdite considerevoli sia ai contribuenti sia ai depositanti garantiti.

305

I ricorrenti ritengono, cionondimeno, da un lato, che avrebbero dovuto essere previste ulteriori misure e, dall’altro, che i convenuti non abbiano ottemperato al loro obbligo di tenere conto delle situazioni equiparabili a quella della Repubblica di Cipro, ossia quella degli altri quattro SMME che avevano beneficiato in precedenza di un’assistenza finanziaria, ossia l’Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna e la Repubblica portoghese.

306

Da un lato, per quanto riguarda l’esistenza di misure alternative meno restrittive, i ricorrenti affermano che sarebbe stato perfettamente fattibile, anche entro i termini in cui le misure di salvataggio dovevano essere concordate, prevedere un sistema alternativo di tagli che avrebbe tenuto conto dell’entità dei depositi affidati alle banche di cui trattasi. Secondo i ricorrenti, sarebbe stato segnatamente possibile prevedere o un taglio calcolato su una percentuale dell’importo di un deposito superiore a EUR 100000, o un sistema progressivo in forza del quale la percentuale del taglio aumenterebbe al di là di determinati limiti.

307

Occorre tuttavia constatare che i ricorrenti non forniscono il minimo elemento concreto a sostegno delle loro affermazioni, le quali non sono, del resto, quantificate in alcun modo. I ricorrenti non specificano mai a quale percentuale o al di là di quale limite si applicherebbe il taglio, né dimostrano che l’approccio da essi auspicato avrebbe permesso alla BoC di realizzare il coefficiente minimo di fondi propri previsto al punto 1.26 del protocollo di intesa del 26 aprile 2013.

308

È cionondimeno possibile desumere dalle affermazioni dei ricorrenti che tale approccio avrebbe consentito di destinare alla ricapitalizzazione della BoC soltanto capitali inferiori a quelli risultanti dalla prima serie di misure lesive. Infatti, alla luce dell’imperativo della tutela dei depositi garantiti, il taglio previsto dai ricorrenti, al pari della prima serie di misure lesive, avrebbe potuto riguardare unicamente i depositi superiori a EUR 100000. Ma, diversamente da dette misure, tale taglio avrebbe interessato soltanto una percentuale dei depositi in questione.

309

Orbene, o tale percentuale non sarebbe stata sufficientemente elevata da consentire alla BoC di raggiungere il livello di capitali propri di cui ai punti 1.26 e 1.27 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, nel qual caso l’approccio auspicato dai ricorrenti non avrebbe permesso di realizzare l’obiettivo perseguito, oppure detta percentuale sarebbe stata sufficientemente elevata per farlo, nel qual caso i ricorrenti avrebbero subìto delle perdite in relazione alle quali non è dimostrato che esse sarebbero state sensibilmente inferiori a quelle subite a causa della prima serie di misure lesive. Ciò sarebbe avvenuto anche nell’ipotesi in cui il taglio effettivamente applicato fosse stato superiore a quanto strettamente necessario affinché la BoC raggiungesse un livello di capitali propri superiore a quello previsto ai punti 1.26 e 1.27 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013. Infatti, in conformità al punto 1.27 di tale protocollo, il quale riprende sostanzialmente il punto 6, paragrafo 5, del decreto n. 103, viene previsto che, se la BoC debba essere sovracapitalizzata rispetto all’obiettivo di un livello minimo di capitali propri del 9% in condizioni di crisi, si proceda ad un riacquisto di azioni al fine di rimborsare ai titolari di depositi non garantiti l’importo corrispondente alla sovracapitalizzazione.

310

In ogni caso, si deve tenere conto della necessità, per le autorità cipriote, di agire rapidamente al momento dell’adozione delle misure lesive. Lungi dal costituire, come lasciano intendere in sostanza i ricorrenti, un indizio della violazione del loro diritto ad una buona amministrazione, la rapidità con la quale le misure lesive sono state adottate testimonia l’urgenza della situazione nella quale la Repubblica di Cipro si trovava all’epoca dei fatti. Infatti, come è stato indicato al punto 282 supra, si trattava di prevenire un rischio imminente di collasso delle banche di cui trattasi per preservare la stabilità del sistema finanziario cipriota e, in tal modo, evitare un contagio di altri Stati membri della zona euro. Elaborare un sistema differenziato di tagli come quello auspicato dai ricorrenti in un siffatto contesto avrebbe richiesto dalle autorità cipriote che esse intraprendessero un’azione particolarmente delicata e incerta per garantire che le percentuali e i limiti scelti consentissero alla BoC di raggiungere il livello minimo di capitali propri previsto ai punti 1.26 e 1.27 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, esponendo in tal modo la ricapitalizzazione della BoC a seri rischi (v., in tal senso e per analogia, Corte eur. D.U., 21 luglio 2016, Mamatas e altri c. Grecia, CE:ECHR:2016:0721JUD 006306614, punto 139).

311

Dall’altro lato, per quanto riguarda l’esistenza di situazioni equiparabili, si deve rilevare che le misure alle quali può essere subordinata la concessione di un’assistenza finanziaria fornita dal MES (o da altre organizzazioni internazionali, organi e istituzioni dell’Unione o Stati) per risolvere le difficoltà finanziarie incontrate da uno Stato che affronta la necessità di ricapitalizzare il suo sistema bancario possono variare in maniera fondamentale da un caso all’altro in funzione dell’esperienza acquisita e di un insieme di circostanze particolari. Fra queste possono figurare, segnatamente, la situazione economica dello Stato beneficiario, l’importanza dell’aiuto in relazione al complesso della sua economia, le prospettive di ritorno alla sostenibilità economica delle banche interessate e le ragioni che hanno portato alle difficoltà incontrate dalle stesse, incluse, se del caso, le dimensioni eccessive del settore bancario dello Stato beneficiario rispetto alla sua economia nazionale, l’evoluzione della congiuntura economica internazionale o una probabilità elevata di interventi futuri del MES (o di altre organizzazioni internazionali, organi e istituzioni dell’Unione o Stati) a sostegno di altri Stati in difficoltà, i quali possano esigere una limitazione preventiva degli importi dedicati a ciascun intervento.

312

Orbene, nella specie, i ricorrenti si limitano a comparare l’importanza (assoluta e relativa) dell’assistenza finanziaria di cui hanno beneficiato, da un lato la Repubblica di Cipro e, dall’altro, l’Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna e la Repubblica portoghese. Pertanto, i ricorrenti non dimostrano e neppure adducono che i rispettivi settori finanziari degli altri SMME, i quali abbiano beneficiato di un’assistenza finanziaria, fra cui quello della Repubblica ellenica, siano stati, come quello della Repubblica di Cipro (v. punto 298 supra), caratterizzati da una dimensione eccessiva rispetto a quella delle rispettive economie nazionali di tali SMME. Emerge, al contrario, dai documenti del fascicolo, che i rispettivi settori finanziari di tali Stati membri presentavano squilibri meno importanti di quello della Repubblica di Cipro. In tal senso, un articolo di stampa datato 20 marzo 2013 riporta le affermazioni di un membro del comitato esecutivo della BCE, secondo le quali il settore bancario cipriota presentava «circostanze uniche», dal momento che nessun altro paese in Europa aveva, neanche remotamente, un settore bancario a tal punto squilibrato.

313

I ricorrenti non dimostrano neanche che l’esperienza maturata e le differenze relative alla situazione economica degli SMME interessati o alle prospettive di ritorno alla redditività delle banche interessate, l’evoluzione della congiuntura economica internazionale o, ancora, un’elevata probabilità di interventi futuri del MES a sostegno di altri Stati in difficoltà che potevano esigere una limitazione preventiva degli importi dedicati a ciascun intervento non potevano fondare una disparità di trattamento fra la Repubblica di Cipro, da un lato, e l’Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna e la Repubblica portoghese, dall’altro.

314

In secondo luogo, per quanto attiene alla concessione di una giusta indennità ai ricorrenti e ammesso che la prima serie di misure lesive possa essere considerata privativa del diritto di proprietà dei ricorrenti, occorre ricordare che, senza il versamento di una somma ragionevole in relazione al valore del bene in questione, una privazione della proprietà costituirebbe, di norma, un’ingerenza sproporzionata nel diritto di proprietà (v., in tal senso, Corte eur. D.U., 21 febbraio 1986, James e altri c. Regno Unito, CE:ECHR:1986:0221JUD 000879379, punto 54). Nel caso di un titolo, l’importo dell’indennità dovuta deve essere valutata facendo riferimento al reale valore di mercato di tale titolo al momento dell’adozione della normativa controversa, e non al suo valore nominale o all’importo che il suo detentore sperava di percepire al momento della sua acquisizione (v., in tal senso, Corte eur. D.U., 21 luglio 2016, Mamatas e altri c. Grecia, CE:ECHR:2016:0721JUD 006306614, punto 112). Nella specie, non spetta al Tribunale stimare in maniera astratta l’importo di un’ipotetica indennità che i ricorrenti avrebbero dovuto percepire nelle circostanze del caso. Cionondimeno, è opportuno rammentare che, a meno di non essere ricapitalizzate, le banche di cui trattasi rischiavano di dover cessare le loro operazioni e sarebbero state esposte alla minaccia di un fallimento disordinato (v. punto 294 supra). Orbene, i ricorrenti non sono pervenuti a dimostrare che, in tali circostanze, il reale valore di mercato dei loro beni era tale che avrebbe dovuto essere versata loro un’indennità.

315

D’altra parte, e in ogni caso, si deve rammentare che, come si evince dai punti 277, 279 e 281 supra, il punto 26 della legge del 22 marzo 2013 prevede che chiunque reputi che il suo diritto di proprietà sia stato indebitamente leso da misure di risoluzione, conserva il diritto di adire il giudice nazionale competente per chiedere di essere risarcito. Si deve dunque concludere che i ricorrenti non hanno dimostrato di essere stati illegittimamente privati della concessione di una giusta indennità.

316

Non si può pertanto ritenere che la prima serie di misure lesive ecceda i limiti di quanto idoneo e necessario alla realizzazione degli obiettivi perseguiti.

– Sugli inconvenienti causati dalla prima serie di misure lesive

317

In conformità alla giurisprudenza, occorre verificare se gli inconvenienti generati dall’esaminata restrizione del diritto di proprietà non siano sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punti 205209).

318

A tal riguardo, in primo luogo, si deve rilevare che la costituzione di depositi presso una banca non è priva di rischi. Infatti, all’epoca dei fatti, l’articolo 7, paragrafo 1 bis, della direttiva 94/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 1994, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU 1994, L 135, pag. 5), come modificata dalla direttiva 2005/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2005, che modifica le direttive 73/239/CEE, 85/611/CEE, 91/675/CEE, 92/49/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e le direttive 94/19/CE, 98/78/CE, 2000/12/CE, 2001/34/CE, 2002/83/CE e 2002/87/CE al fine di istituire una nuova struttura organizzativa per i comitati del settore dei servizi finanziari (GU 2005, L 79, pag. 9), e dalla direttiva 2009/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 marzo 2009 (GU 2009, L 68, pag. 3), imponeva agli Stati membri di vigilare affinché la garanzia del totale dei depositi del medesimo depositante fosse fissata a EUR 100000 in caso di indisponibilità dei depositi. In tali circostanze, i depositanti dovevano essere consapevoli del rischio di perdita, in caso di indisponibilità dei depositi, della totalità o di una parte degli importi superiori a EUR 100000 da essi affidati alle banche di cui trattasi.

319

In secondo luogo, occorre rilevare che il punto 3, paragrafo 2, lettera a) e b), della legge del 22 marzo 2013, prevede che gli azionisti di un istituto soggetto ad una procedura di risoluzione siano i primi a sopportare tutte le perdite risultanti dall’attuazione delle misure di risoluzione, mentre i creditori di un siffatto istituto sopportano tali perdite solo dopo gli azionisti. Ne consegue che è solo dopo gli azionisti delle banche di cui trattasi che i depositanti di queste ultime dovevano sopportare le perdite risultanti dall’attuazione delle misure lesive.

320

In terzo luogo, si deve ricordare che la legge del 22 marzo 2013 garantisce ai depositanti delle banche di cui trattasi un livello di protezione perlomeno uguale a quello di cui essi avrebbero beneficiato in caso di liquidazione delle medesime. Infatti, risulta dal punto 3, paragrafo 2, lettera d), di tale legge, che le misure adottate sul fondamento della stessa legge non possono mettere i creditori degli istituti interessati in una situazione finanziaria meno favorevole di quella in cui essi si sarebbero trovati in caso di liquidazione delle medesime. Il punto 12, paragrafo 14, di detta legge, precisa che, nel caso di una ristrutturazione, in forza del punto 12, paragrafo 1, della stessa legge, dei debiti e delle obbligazioni di un istituto soggetto ad una procedura di risoluzione, le parti interessate ricevono, come pagamento dei loro crediti, almeno l’importo che esse avrebbero percepito, in forza del diritto cipriota, in caso di liquidazione di dette banche (v. punto 24 supra).

321

Nella specie, è pacifico fra le parti che, in assenza di un intervento pubblico, le banche di cui trattasi avrebbero probabilmente dovuto essere liquidate. In tali circostanze, il punto 3, paragrafo 2, lettera d), e il punto 12, paragrafo 14, della legge del 22 marzo 2013, hanno pertanto consentito di garantire che le parti interessate non si trovassero, a causa dell’applicazione della prima serie di misure lesive, in una posizione meno vantaggiosa rispetto a quella in cui si sarebbero trovate se le autorità cipriote non fossero intervenute (v., in tal senso e per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:102, paragrafo 90).

322

In quarto luogo, occorre rammentare che, in conformità al punto 1.27 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, il punto 6, paragrafo 5, del decreto n. 103 prevede che, se le contribuzioni dei depositanti non garantiti della BoC eccedano quanto necessario al fine di reintegrare i capitali propri, l’autorità di risoluzione determina l’importo corrispondente alla sovracapitalizzazione e lo tratta come se la conversione non avesse mai avuto luogo.

323

Si deve pertanto concludere che, alla luce anche dell’importanza degli obiettivi perseguiti (v. punti 254 e 255 supra), gli inconvenienti risultanti dall’applicazione ai ricorrenti della prima serie di misure lesive non sono manifestamente sproporzionati.

324

Avuto riguardo alle considerazioni che precedono, si deve concludere che la prima serie di misure lesive non può essere considerata un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà dei ricorrenti. Non può dunque ritenersi che il Consiglio, adottando la decisione 2013/236, abbia preteso il mantenimento o la continuazione dell’attuazione di una misura inficiata da una violazione del diritto di proprietà dei ricorrenti, né che la Commissione e la BCE, prestando il loro sostegno alla prima serie di misure lesive, abbiano contribuito ad una siffatta violazione.

325

Occorre adesso verificare se, prestando il loro sostegno alla seconda serie di misure lesive, la Commissione e la BCE abbiano contribuito ad una violazione del diritto di proprietà dei ricorrenti.

b)   Sulla seconda serie di misure lesive

326

Il Tribunale esaminerà la conformità al diritto di proprietà dei ricorrenti, in primo luogo, della riduzione del valore nominale da un euro per ciascuna delle sue azioni ordinarie ad un valore nominale di un centesimo (v. punti da 327 a 331 infra) e, in secondo luogo, della vendita delle succursali greche (v. punti da 332 a 359 infra).

1) Sulla riduzione del valore nominale delle azioni ordinarie della BoC

327

I ricorrenti non contestano che, al pari della conversione dei depositi non garantiti affidati alla BoC, la riduzione del valore nominale da un euro per ciascuna delle azioni ordinarie della BoC ad un valore nominale di un centesimo, prevista dal decreto n. 103 e facente parte della ricapitalizzazione della BoC prevista al punto 1.26 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, era intesa a reintegrare i capitali propri della BoC ed assicurare in tal modo la stabilità del sistema finanziario cipriota e della zona euro nel suo complesso, in conformità alla giurisprudenza citata al punto 255 supra.

328

I ricorrenti fanno valere, tuttavia, che, per i motivi illustrati ai punti 267, 269, 270, 301, 305 e 306 supra, la misura consistente nel ridurre il valore nominale delle azioni della BoC non è stata adottata alle condizioni previste dalla legge e non è proporzionata all’obiettivo perseguito.

329

A tal riguardo, occorre rilevare che, per motivi analoghi a quelli illustrati ai punti da 272 a 284 supra, tale misura, la quale è espressamente prevista dal decreto n. 103, come modificato, è stata adottata alle condizioni previste dalla legge.

330

Detta misura è parimenti proporzionata all’obiettivo perseguito, in quanto i motivi indicati ai punti da 289 a 325 supra, valgono, mutatis mutandis, per la medesima. In particolare, anzitutto, si deve rilevare che la riduzione del valore nominale delle azioni della BoC era intesa a contribuire alla sua ricapitalizzazione, quale prevista al punto 1.26 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013. In quanto tale e alla luce delle considerazioni svolte ai punti da 294 a 296 supra, tale misura era idonea a contribuire all’obiettivo consistente nell’assicurare la stabilità del sistema finanziario cipriota e della zona euro nel suo complesso. Si deve poi ritenere che detta misura non superi i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento di tale obiettivo. Infatti, per i motivi indicati ai punti da 302 a 313 supra, le alternative meno restrittive richiamate dai ricorrenti o non erano realizzabili, o non avrebbero consentito di conseguire i risultati attesi. Infine, si deve ritenere che, alla luce parimenti dell’importanza dell’obiettivo perseguito, la misura in questione non generi inconvenienti sproporzionati. Infatti, da un lato, se la costituzione di depositi presso istituti di credito, come le banche di cui trattasi, non è priva di rischi, ciò vale, a maggior ragione, nel caso dell’acquisto di azioni di tali istituti. A differenza dei depositanti, i cui depositi sono, quantomeno in parte, protetti in caso di indisponibilità dei depositi, gli azionisti delle banche si assumono pienamente, in linea di principio, il rischio dei loro investimenti. Occorre inoltre sottolineare che il punto 3, paragrafo 2, lettera a) e b), della legge del 22 marzo 2013, prevede che gli azionisti di un istituto soggetto ad una procedura di risoluzione siano i primi a sopportare tutte le perdite risultanti dall’attuazione delle misure di risoluzione, mentre i creditori di un siffatto istituto sopportano tali perdite soltanto dopo gli azionisti. Gli azionisti della BoC dovevano pertanto essere consapevoli del rischio di perdita del loro investimento. Dall’altro lato, si deve ricordare che, al pari dei depositanti della BoC, i suoi azionisti beneficiavano della garanzie previste al punto 12, paragrafo 14, della legge del 22 marzo 2013.

331

Di conseguenza, non si può ritenere che la riduzione del valore nominale delle azioni della BoC costituisca un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà dei ricorrenti.

2) Sulla vendita delle succursali greche

332

I ricorrenti sostengono che la vendita delle succursali greche non può essere considerata oggettivamente giustificata né prevista dalla legge o conforme al principio di proporzionalità.

333

Occorre tuttavia constatare che la vendita delle succursali greche prevista al punto 1.24 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 e prevista dai decreti nn. 96 e 97 era, al pari delle misure lesive esaminate in precedenza, giustificata dall’obiettivo di interesse pubblico consistente nel garantire la stabilità del sistema finanziario cipriota e della zona euro nel suo complesso, in conformità alla giurisprudenza citata al punto 255 supra.

334

Emerge, infatti, dai documenti del fascicolo, che tale vendita, alla luce dell’esposizione reciproca della Grecia e di Cipro, mirava a prevenire una destabilizzazione generale dei sistemi finanziari di questi due Stati membri.

335

A tal riguardo, da un lato, risulta dal considerando 302 della decisione (UE) 2015/455 della Commissione, del 23 luglio 2014, relativa agli aiuti di Stato SA.34826 (2012/C), SA.36005 (2013/NN) cui la Grecia ha dato esecuzione in favore di Piraeus Bank Group relativamente alla ricapitalizzazione e ristrutturazione di Piraeus Bank S.A. (GU 2015, L 80, pag. 49), che la vendita delle operazioni greche di tre banche cipriote e, segnatamente, delle succursali greche delle banche di cui trattasi, mirava a salvaguardare la stabilità del sistema bancario greco e a garantire che le banche cipriote potessero vendere quelle imprese prima che esse perdessero valore.

336

È vero che i motivi per i quali la Commissione riteneva che la vendita di tali succursali fosse necessaria a garantire la stabilità del sistema bancario greco non emergevano in modo chiaro dalla decisione 2015/455. Tuttavia, come riconosciuto in sostanza dai ricorrenti nella loro risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, tali motivi sono illustrati in una relazione interna della BCE del 27 gennaio 2013. Si evince, in sostanza, da tale documento, che l’obiettivo di un’eventuale vendita delle succursali greche consisteva nell’evitare qualsiasi effetto contagio fra il sistema bancario cipriota e il sistema bancario greco e, pertanto, nel mantenere la stabilità di quest’ultimo. Si trattava di prevenire un assalto generalizzato alle banche in Grecia in caso di fallimento della Laïki o di un taglio dei depositi affidati alla BoC. Infatti, come specificato dalla BCE nella risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, vi era motivo di temere che, alla luce della situazione generale nella Repubblica di Cipro e tenuto conto del fatto che i loro depositi erano soggetti al sistema cipriota di garanzia dei depositi (v. punto 456 infra), i titolari di depositi costituiti presso succursali greche corressero agli sportelli.

337

La redditività delle succursali greche ovvero quella delle banche di cui trattasi, alle quali esse appartenevano, ne sarebbe stata interessata negativamente, mentre il valore delle loro attività sarebbe diminuito di conseguenza. Siffatti sviluppi avrebbero rischiato di mettere in pericolo la ritrovata fiducia del pubblico nel settore bancario greco, i cui depositi ricominciavano ad aumentare dopo due anni di calo marcato. Sussisteva un rischio elevato di una conseguente corsa agli sportelli in Grecia, il che, di riflesso, avrebbe potuto aggravare la debole capacità di finanziamento delle banche greche e avrebbe richiesto un aumento dell’ELA concesso a queste ultime ad un livello potenzialmente eccedente la capacità reale delle banche centrali dell’Eurosistema.

338

Dall’altro lato, si evince dalle risposte dei ricorrenti, della Commissione e della BCE alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, che la vendita delle succursali greche mirava parimenti a proteggere il sistema bancario cipriota da un effetto contagio risultante, segnatamente, da un possibile peggioramento della situazione economica in Grecia. Infatti, come è indicato in una relazione della Commissione del maggio del 2013, richiamata da quest’ultima nella sua risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, il sistema bancario cipriota e, segnatamente, la Laïki, erano particolarmente esposte alle difficoltà dell’economia greca.

339

Avuto riguardo alle considerazioni che precedono, occorre verificare, da un lato, se la vendita delle succursali greche fosse prevista dalla legge e, dall’altro, se, alla luce dell’obiettivo di interesse generale menzionato ai punti 333 e 334 supra, essa costituisca un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto di proprietà dei ricorrenti.

340

A tal riguardo, da un lato, si deve rilevare che, per motivi analoghi a quelli illustrati ai punti da 272 a 284 supra, la vendita delle succursali greche era prevista dalla legge.

341

Dall’altro, per quanto attiene alla proporzionalità della vendita delle succursali greche, anzitutto, si deve ritenere che essa, riducendo l’esposizione reciproca dei sistemi bancari greco e cipriota, fosse idonea a realizzare l’obiettivo perseguito.

342

Inoltre, non si evince dai documenti del fascicolo che gli obiettivi perseguiti avrebbero potuto essere realizzati tramite misure meno restrittive rispetto alla vendita delle succursali greche. Nell’ambito della loro censura relativa ad una violazione del principio di non discriminazione, i ricorrenti fanno effettivamente valere che la «ripartizione del costo del bail‑in fra i contribuenti ciprioti» avrebbe consentito di conseguire tali obiettivi.

343

Occorre tuttavia rilevare che, come confermato in sostanza dai ricorrenti in udienza, una siffatta misura sarebbe stata equivalente ad un mero accollo, da parte del bilancio della Repubblica di Cipro, del costo di ricapitalizzazione e di ristrutturazione delle banche di cui trattasi. Orbene, in primo luogo, un siffatto approccio non sarebbe stato realizzabile. Come rilevato correttamente dalla Commissione nella risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, la Repubblica di Cipro non disponeva, all’epoca dei fatti, dei fondi necessari a tal fine. Essa era parimenti priva di accesso ai mercati di capitali internazionali. In tali circostanze, è difficile concepire, come riconosciuto dai ricorrenti nella loro risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, in che modo la Repubblica di Cipro avrebbe potuto ricapitalizzare le banche di cui trattasi senza assistenza finanziaria esterna.

344

Orbene, si deve rammentare che l’importo del DAF, limitato a EUR 10 miliardi, è stato calcolato in funzione delle esigenze finanziarie della Repubblica di Cipro in assenza di qualsivoglia iniezione di capitale pubblico a favore delle banche. Nella misura in cui, secondo una relazione del marzo del 2013 della Pacific Investment Management Company (PIMCO) (in prosieguo: la «relazione PIMCO»), la ricapitalizzazione delle banche di cui trattasi avrebbe richiesto, alla fine del 2012, un importo totale di quasi EUR 7,8 miliardi, la soluzione auspicata dai ricorrenti avrebbe necessitato o di un aumento dell’importo del DAF o dell’utilizzazione di una parte sostanziale dell’importo del medesimo al fine di ricapitalizzare le banche di cui trattasi.

345

La prima di queste due opzioni avrebbe presentato due difficoltà importanti; i ricorrenti non spiegano in nessun momento in che modo la Repubblica di Cipro avrebbe potuto superarle. Da un lato, il MES non aveva alcun obbligo di assegnare alla Repubblica di Cipro un DAF di ammontare superiore a EUR 10 miliardi. Al contrario, il MES poteva legittimamente considerare che occorresse limitare le dimensioni di tale stanziamento, segnatamente al fine di preservare la sua capacità di intervento futura. Dall’altro, un aumento dell’importo del DAF al fine di ricapitalizzare le banche di cui trattasi avrebbe contribuito ad innalzare il debito pubblico cipriota fino ad un limite insostenibile (v. punto 303 supra).

346

Alla luce degli elementi del fascicolo, la seconda di queste due opzioni non sarebbe stata più sostenibile. Da un lato, dedicare una parte sostanziale dei 10 miliardi di EUR del DAF alla ricapitalizzazione delle banche di cui trattasi sarebbe stato incompatibile con le condizioni di concessione del DAF, le quali prevedevano che quest’ultimo non sarebbe stato utilizzato a tal fine. Dall’altro, indipendentemente da tali condizioni, si deve constatare che un siffatto approccio avrebbe necessariamente richiesto una considerevole ridistribuzione degli importi erogati alla Repubblica di Cipro sotto forma di DAF. Pertanto, tutta o una parte dei 7,8 miliardi di EUR che sarebbero stati in tal caso dedicati alla ricapitalizzazione delle banche di cui trattasi non avrebbe più potuto essere assegnata alle esigenze di bilancio della Repubblica di Cipro, al riacquisto, da parte di quest’ultima, di titoli di credito, oppure alla ricapitalizzazione delle banche cipriote diverse dalle banche di cui trattasi. Orbene, gli stessi ricorrenti riconoscono che, in assenza di assistenza finanziaria, la Repubblica di Cipro non sarebbe probabilmente stata in grado di far fronte ai suoi obblighi finanziari, cosicché la sua solvibilità ne sarebbe risultata compromessa. Alla luce dei rischi che ne sarebbero derivati per la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso, sarebbe allora stato probabile che il DAF non consentisse di conseguire l’obiettivo di interesse generale perseguito.

347

In secondo luogo, diversamente dalla vendita delle succursali greche, il mero accollo, da parte del bilancio della Repubblica di Cipro, dei costi di ricapitalizzazione e di ristrutturazione delle banche di cui trattasi, non sarebbe stato idoneo a ridurre l’esposizione reciproca della Repubblica ellenica e della Repubblica di Cipro. Una siffatta misura, infatti, avrebbe lasciato intatti i legami fra le banche di cui trattasi e il sistema bancario greco.

348

Infine, per quanto riguarda gli inconvenienti generati dalla vendita delle succursali greche, è vero che emerge dal considerando 294 della decisione 2015/455 che la Piraeus Bank aveva acquistato i portafogli prestiti delle operazioni greche delle tre banche cipriote, fra cui le banche di cui trattasi, ad un prezzo inferiore ai loro importi nominali. Si evince parimenti da tale considerando che il prezzo di vendita di dette succursali era stato abbassato per tener conto delle perdite future stimate dalla PIMCO nel quadro di uno stress test. Secondo la risposta della BCE alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, tale test era inteso a determinare le esigenze di capitale delle banche partecipanti, e si inseriva in un audit del sistema bancario cipriota che la PIMCO era stata incaricata di effettuare da parte della BCE, e che tale società ha eseguito sotto la direzione di un comitato composto da rappresentanti della BCC, della Commissione, della BCE, del MES, dell’Autorità bancaria europea e dell’FMI in veste di osservatore. Da tale test risultava che il rischio che le perdite su prestiti fossero superiori a quelle già considerate nel basso livello del prezzo di vendita era limitato.

349

La Commissione ha parimenti indicato, al considerando 298 della decisione 2015/455, che il corrispettivo pagato infine dalla Piraeus Bank per l’acquisizione delle attività in Grecia delle tre banche cipriote interessate, comprese le succursali greche, era molto inferiore al valore contabile del portafoglio acquisito, nonché inferiore al valore dei prestiti dopo l’adeguamento al ribasso applicato per tener conto delle perdite su prestiti future stimate nell’ambito dello stress test. La Commissione ne ha concluso che il prezzo di acquisto poteva essere considerato negativo, il che sarebbe confermato dal fatto che la Piraeus Bank aveva contabilizzato un consistente avviamento negativo dopo l’acquisizione e aveva visto aumentare il suo capitale.

350

Non può dunque escludersi che le banche di cui trattasi abbiano subìto una perdita patrimoniale non trascurabile a causa della vendita delle succursali greche. Come risulta dal considerando 74 della decisione 2015/455:

«Gli attivi trasferiti alla [Piraeus Bank] ammontavano a circa 18,9 miliardi di EUR e i passivi a circa 15 miliardi di EUR. Le parti contraenti hanno tuttavia pattuito di tenere conto dell’importo delle perdite previsto nella relazione PIMCO per le banche di Cipro in uno scenario negativo. Secondo la relazione PIMCO il valore degli attivi che sarebbero stati trasferiti alla [Piraeus Bank] era di circa 16,5 miliardi di EUR, mentre i passivi trasferiti ammontavano a circa 14,5 miliardi di EUR».

351

Tuttavia, emerge dai considerando 75 e 303 della decisione 2015/455, che tale vendita è stata effettuata nell’ambito di un processo aperto, trasparente e non discriminatorio, nel corso del quale tre offerenti hanno presentato offerte, delle quali solo quella della Piraeus Bank è risultata valida.

352

I ricorrenti non presentano alcun argomento idoneo a dimostrare che tale processo di vendita era viziato. Essi si limitano a indicare che il prezzo delle succursali greche è stato calcolato sulla base della valutazione effettuata dalla PIMCO nell’ambito della sua relazione, il cui ruolo sarebbe essenzialmente consistito nell’enfatizzare le esigenze di fondi propri delle banche di cui trattasi, senza la partecipazione dei dirigenti o degli azionisti e dei depositanti delle medesime, malgrado il disaccordo dei loro rispettivi consigli di amministrazione, senza trasparenza e in violazione dei principi internazionali d’informativa finanziaria (IFRS).

353

A tal riguardo, in primo luogo, si deve constatare che il ragionamento dei ricorrenti parte dalla premessa secondo la quale il prezzo di vendita delle succursali greche è stato «calcolato». Orbene, tale premessa è erronea, in quanto detto prezzo era il risultato della migliore offerta proposta nell’ambito di una gara d’appalto aperta (v. punto 351 supra).

354

In secondo luogo, anche ammesso che il risultato della relazione PIMCO, il cui obiettivo non consisteva specificamente nel valorizzare le succursali greche in vista di una vendita, bensì di misurare, più in generale, il valore delle banche cipriote in funzione di uno scenario di base e di uno scenario negativo, fosse inficiato da un errore, la vendita di tali succursali non sarebbe, di per sé, viziata. Infatti, non è affatto dimostrato che fosse vietato agli offerenti che avevano partecipato al processo di vendita delle succursali greche offrire un prezzo diverso da quello risultante dalla relazione PIMCO.

355

In terzo luogo, i ricorrenti invocano, nell’ambito della loro risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, un annuncio della BCC del 7 giugno 2013, dal quale emergerebbe che il prezzo e le condizioni di vendita delle succursali greche sono stati determinati «ad un livello politico» dalla Repubblica ellenica e dalla Repubblica di Cipro in occasione di due riunioni dell’Eurogruppo nel corso del marzo del 2013. In udienza, i ricorrenti hanno precisato di invocare tale annuncio al fine di dimostrare che la vendita delle succursali greche era stata effettuata al termine di un procedimento opaco, per un prezzo che non corrispondeva a quello di mercato.

356

Le conclusioni tratte dai ricorrenti dall’annuncio della BCC del 7 giugno 2013 non possono tuttavia essere condivise. Infatti, senza che sia necessario pronunciarsi sull’efficacia probatoria dell’annuncio in questione, è sufficiente rilevare che nulla, nel fascicolo, indica che il prezzo e le condizioni su cui le autorità greche e cipriote si sarebbero accordate «ad un livello politico» vincolassero gli offerenti che avevano partecipato al processo di vendita delle succursali greche.

357

Neanche le conclusioni che i ricorrenti traggono da un articolo di stampa del 19 febbraio 2015, intitolato «Did the troika defraud billions at the expense of thousands of depositors in Cyprus?» (La troïka ha defraudato miliardi a spese di milioni di depositanti a Cipro?), avvalorano la loro tesi. Infatti, contrariamente alle affermazioni dei ricorrenti, da tale articolo non emerge affatto che l’Eurogruppo abbia «accettato» che la vendita delle succursali greche fosse effettuata ad un prezzo significativamente inferiore al loro valore. Né si evince che la BCE abbia «concepito e definito» tale vendita e ancor meno che ne abbia determinato il prezzo. È vero che detto articolo afferma che «funzionari della BCE e della Commissione hanno ideato un piano audace», secondo il quale le banche cipriote sarebbero costrette a cedere «la totalità delle loro attività greche al fine di proteggere i Greci dallo shock cipriota». Per farlo, tuttavia, l’articolo in questione si fonda sulla relazione interna della BCE del 27 gennaio 2013 menzionata al punto 336 supra e che esamina diversi scenari per la separazione delle succursali greche e delle banche di cui trattasi alla luce del rischio di contagio del sistema finanziario greco. Orbene, come rilevato in maniera pertinente dalla BCE, la circostanza che i suoi servizi abbiano esaminato siffatti scenari in un documento interno non significa che essa abbia «concepito e definito» la vendita di succursali greche, né che essa abbia svolto un ruolo nella determinazione del prezzo di vendita. Al contrario, come risulta dai punti da 351 a 356 supra, tale prezzo è il risultato di un processo aperto, trasparente e non discriminatorio.

358

Di conseguenza, considerata anche l’importanza degli obiettivi perseguiti, non si può ritenere che gli inconvenienti generati dalla vendita delle succursali greche siano sproporzionati.

359

I ricorrenti non sono dunque pervenuti a dimostrare che la vendita delle succursali greche, prevista dai decreti nn. 96 e 97 e contemplata dal punto 1.24 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, ha costituito un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del loro diritto di proprietà.

360

Alla luce delle considerazioni che precedono, non si può ritenere che la seconda serie di misure lesive sia inficiata da una violazione del diritto di proprietà. Ne consegue che la Commissione e la BCE, prestando il loro sostegno alle due serie di misure lesive menzionate ai punti 256 e 257 supra, non hanno contribuito ad una violazione del diritto di proprietà dei ricorrenti. Il Consiglio, adottando la decisione 2013/236, non ha neanche preteso il mantenimento o la continuazione dell’attuazione di una misura viziata da un’illegittimità di tale natura.

361

Gli argomenti dei ricorrenti concernenti una violazione dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE e del diritto ad una buona amministrazione, nonché un difetto di equità e coerenza, non possono rimettere in discussione tale conclusione.

c)   Sull’asserita violazione dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE, del diritto ad una buona amministrazione e dei requisiti di coerenza e di equità

362

Al fine di dimostrare l’esistenza di un’infrazione al loro diritto di proprietà, i ricorrenti fanno valere una violazione dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE, degli imperativi di equità e di coerenza e del principio di buona amministrazione, i quali sarebbero inerenti al principio di proporzionalità, facente parte esso stesso delle condizioni che qualsiasi restrizione del diritto di proprietà deve rispettare. A sostegno di tale tesi, i ricorrenti deducono, in sostanza, tre serie di argomenti.

363

In primo luogo, i ricorrenti sostengono che l’Eurogruppo, decidendo misure lesive in violazione dei «principi di base della democrazia», ha violato il principio di buona amministrazione. I ricorrenti ritengono che da tali principi discenda che, a causa della loro conoscenza diretta della società e delle sue esigenze, le autorità nazionali si trovino, in linea di principio, nella posizione migliore per valutare ciò che rientra nell’interesse pubblico. Orbene, secondo i ricorrenti, l’adozione delle misure lesive non è stata veramente decisa dalle autorità cipriote ma è stata imposta, in realtà, dall’Eurogruppo, il quale non sarebbe responsabile dinanzi a nessun elettore, sarebbe estraneo agli interessi nazionali della Repubblica di Cipro e non avrebbe una conoscenza diretta della società e delle sue esigenze. Al contrario, l’Eurogruppo avrebbe adottato una decisione fondata sulle preoccupazioni e le esigenze dei mutuanti.

364

La BCE contesta l’argomentazione dei ricorrenti.

365

A tal riguardo, è sufficiente ricordare che, come si evince dai punti da 105 a 133 supra, non si può ritenere che l’Eurogruppo abbia preteso dalla Repubblica di Cipro l’adozione delle misure lesive. Il presente argomento deve pertanto essere respinto, senza che sia necessario stabilire se l’asserita violazione dei «principi di base della democrazia» abbia una qualche rilevanza ai fini della valutazione dell’esistenza di una violazione del diritto di proprietà dei ricorrenti.

366

In secondo luogo, i ricorrenti fanno valere che la BCE non avrebbe rispettato i requisiti di equità e di coerenza, nella misura in cui essa avrebbe deciso di sostenere il bail‑in delle banche di cui trattasi, sebbene, in una lettera dell’11 febbraio 2013, indirizzata ai rispettivi direttori esecutivi di dette banche, il direttore dell’ufficio del governatore della BCC avesse assicurato loro, in nome dell’Eurosistema, che i diritti dei loro depositanti non avrebbero subìto restrizioni.

367

I convenuti non hanno preso posizione in relazione a tale argomento.

368

A tale riguardo, e indipendentemente dalla questione se l’asserita assenza di equità e di coerenza rivesta una qualche rilevanza al fine di valutare l’esistenza di una violazione del diritto di proprietà dei ricorrenti, è sufficiente constatare che tale argomento si confonde con uno degli argomenti da essi invocati a sostegno della loro censura concernente una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, insieme al quale esso verrà pertanto esaminato (v. punti da 407 a 423 infra).

369

In terzo luogo, i ricorrenti criticano il comportamento della BCE nei confronti dell’ELA. Secondo i ricorrenti, tale comportamento sarebbe iniquo, incoerente, e violerebbe l’articolo 14.4 dello statuto della BCE, nonché il principio di buona amministrazione; la BCE contesta tale affermazione.

370

A sostegno della loro linea argomentativa, in primo luogo, i ricorrenti asseriscono, in sostanza, che il contesto normativo che governa l’intervento della BCE in materia di ELA contravvenga al principio di buona amministrazione e all’imperativo di coerenza, i quali costituirebbero parte integrante del principio di proporzionalità, e violi il requisito, secondo il quale qualsiasi restrizione del diritto di proprietà deve essere prevista dalla legge. A tal riguardo, i ricorrenti rilevano che l’ELA è subordinata alla condizione che il beneficiario sia solvibile. Orbene, secondo i ricorrenti, la nozione di solvibilità ai fini dell’ELA non è definita dalla legge. La BCE non sarebbe pertanto obbligata a stabilire se il potenziale beneficiario soddisfi una rigorosa condizione di solvibilità prevista dalla legge, ma potrebbe ritenere, al contrario, che una banca sia solvibile e, di conseguenza, continuare ad autorizzare l’ELA, sulla base della prospettiva della concessione di un’assistenza finanziaria.

371

Contemporaneamente, la BCE, in forza della sua partecipazione all’Eurogruppo e come avrebbe fatto nella specie, potrebbe influenzare in maniera determinante la decisione di erogare un aiuto e le condizioni alle quali tale erogazione è subordinata. Essa parteciperebbe parimenti, in forza della sua appartenenza alla troïka, alla vigilanza del rispetto, da parte della Repubblica di Cipro, della condizionalità. Ne risulterebbe un «rischio morale» manifesto, in quanto la BCE può liberalmente prestare il proprio consenso all’ELA pensando che potrà chiederne il rimborso come condizione per qualsiasi assistenza finanziaria.

372

In secondo luogo, i ricorrenti fanno valere che la BCE, non opponendosi, fino al 21 marzo 2013, alla concessione dell’ELA alle banche di cui trattasi, e dichiarando al contempo che quest’ultima era riservata alle banche solvibili, ha dato prova di incoerenza e mancanza di equità. Infatti, secondo i ricorrenti, la BCE era venuta a conoscenza dell’insolvenza della Laïki già prima del 21 marzo 2013. A sostegno della loro linea argomentativa, i ricorrenti invocano, da un lato, la relazione PIMCO, dalla quale emergerebbe che le banche di cui trattasi erano «economicamente insolventi», e, dall’altro, un articolo di stampa datato 17 ottobre 2014 e richiamato al punto 149 supra, dal quale risulterebbe, segnatamente, che il governatore della Bundesbank aveva già menzionato l’insolvenza della Laïki in occasione di una riunione del consiglio direttivo del dicembre del 2012.

373

In terzo luogo, i ricorrenti si lamentano, in sostanza, del carattere incoerente, sproporzionato e non equo del comportamento della BCE, nella misura in cui essa, in un primo tempo, fra l’ottobre del 2011 e il marzo del 2013, avrebbe dato prova di un atteggiamento liberale, affrettandosi ad accordare alla Laïki un accesso virtualmente illimitato all’ELA, per poi porvi fine improvvisamente in un secondo momento, il 21 marzo 2013.

374

In quarto luogo, i ricorrenti aggiungono, nella fase della replica, di non essere in grado di contestare l’analisi che aveva condotto il consiglio direttivo della BCE ad adottare la sua decisione del 21 marzo 2013. Infatti, secondo i ricorrenti, tale decisione sarebbe priva di motivazione e non potrebbe essere il risultato di un’analisi autentica. Sotto questo profilo, come chiarito dai ricorrenti in udienza, detta decisione sarebbe indicativa dell’inadeguatezza del contesto normativo in materia di ELA.

375

In quinto luogo, i ricorrenti affermano che il comportamento della BCE in relazione all’ELA costituisce una violazione manifesta e grave dei poteri discrezionali di cui la BCE è investita in forza dell’articolo 14.4 del suo statuto.

376

I convenuti contestano l’argomentazione dei ricorrenti.

377

A tal riguardo, si deve ricordare che è nell’applicazione delle misure lesive che può essere ravvisata l’origine immediata della perdita patrimoniale asseritamente subita dai ricorrenti (v. punto 86 supra). Orbene, come si evince dai punti da 134 a 155 supra, la BCE non ha preteso l’adozione delle misure lesive né con il suo comunicato stampa del 21 marzo 2013, né con la decisione richiamata da tale comunicato né con precedenti decisioni di «continuare a concedere l’ELA». In tali circostanze, non si può ritenere che eventuali illegittimità inficianti tali atti siano idonee a dimostrare una mancanza di proporzionalità delle misure lesive o la loro violazione del requisito secondo il quale qualsiasi restrizione del diritto di proprietà deve essere prevista dalla legge. Tale conclusione si impone con particolare intensità con riferimento agli argomenti dei ricorrenti relativi all’asserita inadeguatezza del contesto normativo in materia di ELA (v. punti 370, 371 e 374 supra). Infatti, poiché tale contesto normativo non è quello in cui le misure lesive sono state adottate (v., a tal riguardo, punti da 272 a 284, 329 e 340 supra), la sua asserita inadeguatezza non costituisce affatto un indizio del fatto che tali misure non sono state adottate in conformità alle condizioni previste dalla legge.

378

In ogni caso, occorre constatare che gli argomenti dei ricorrenti non mostrano che il comportamento della BCE in relazione all’ELA sia illegittimo.

379

In primo luogo, le critiche dei ricorrenti relative ad una presunta mancanza di precisione della nozione di solvibilità non possono essere accolte. Infatti, la circostanza che la BCE possa essere indotta, nell’esercizio delle sue competenze in forza dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE e del suo ampio potere discrezionale, ad interpretare o ad applicare una nozione finanziaria nell’ambito di una valutazione economica complessa non può, in quanto tale, costituire un’illegittimità.

380

Non può essere accolto neanche l’argomento dei ricorrenti secondo il quale la molteplicità di funzioni della BCE sarebbe contraria al principio di proporzionalità per mancanza di coerenza o per violazione del principio di buona amministrazione. A tal riguardo, si deve rammentare la portata rivestita dal requisito di coerenza nell’ambito della valutazione della necessità e della proporzionalità di una misura. Secondo la giurisprudenza, una misura è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito solo se risponde realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico (sentenza del 12 gennaio 2010, Petersen, C‑341/08, EU:C:2010:4, punto 53). Orbene, i ricorrenti non spiegano affatto in che modo l’asserita molteplicità di funzioni della BCE e il «rischio morale» che ne risulterebbe siano idonei ad ostacolare la realizzazione coerente e sistematica dell’obiettivo consistente nel garantire la stabilità del sistema finanziario della zona euro perseguito dalle misure lesive. Essi non dimostrano neanche in che modo tale circostanza sarebbe idonea ad arrecare pregiudizio al loro diritto ad una buona amministrazione.

381

Inoltre, occorre constatare che i documenti del fascicolo non supportano l’argomento dei ricorrenti relativo alla molteplicità di funzioni della BCE. Per quanto attiene alla partecipazione della BCE all’Eurogruppo, si deve ricordare che le dichiarazioni del 25 marzo (v. punti da 105 a 118 supra), del 12 aprile, del 13 maggio e del 13 settembre 2013 (v. punti 170 e 171 supra) sono gli unici atti controversi di cui l’Eurogruppo è l’autore. Orbene, si evince dai punti 116 e 117 supra, che la dichiarazione del 25 marzo 2013 riveste natura meramente informativa e non esprime una posizione definitiva né sulla concessione del DAF né sulle condizioni che la Repubblica di Cipro dovrebbe rispettare per beneficiarne. Quanto alle dichiarazioni del 12 aprile, del 13 maggio e del 13 settembre 2013, esse, come è stato constatato al punto 170 supra, si limitano a descrivere in maniera estremamente succinta e a accogliere con favore talune misure adottate dalle autorità cipriote, nonché ad esprimere l’opinione, secondo la quale tali misure sono segnatamente idonee a contribuire ad attenuare le difficoltà finanziarie che la Repubblica di Cipro si trova ad affrontare. In tali circostanze, non è possibile ritenere che la partecipazione della BCE alle riunioni dell’Eurogruppo abbia consentito alla BCE di influenzare in maniera determinante la concessione del DAF o la condizionalità che la Repubblica di Cipro doveva rispettare per beneficiarne.

382

Per quanto attiene all’appartenenza della BCE alla troïka, è sufficiente rilevare che il controllo del rispetto della condizionalità presuppone che quest’ultima sia stata determinata in precedenza. Contrariamente a quanto sostenuto, in sostanza, dai ricorrenti, la BCE non può trarre dal ruolo di monitoraggio conferitole dall’articolo 13, paragrafo 7, del Trattato MES, il potere di chiedere il rimborso quale condizione per qualsiasi assistenza finanziaria.

383

In secondo luogo, non si può ritenere che la BCE, non essendosi opposta all’ELA fino al 21 marzo 2013, pur essendo già asseritamente venuta a conoscenza dell’insolvenza della Laïki ad una data anteriore, si sia comportata in maniera incoerente, arbitraria o non equa.

384

A tal riguardo, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE, il ruolo del consiglio direttivo della BCE si limitava, nella specie, a verificare se l’ELA interferisse con gli obiettivi e i compiti del SEBC. In particolare, incombeva al consiglio direttivo, al fine di garantire il rispetto del divieto di finanziamento monetario previsto all’articolo 123 TFUE e all’articolo 21.1 dello statuto della BCE, verificare che l’ELA non fosse concessa ad una banca insolvente (v. punto 142 supra). Come è stato rilevato al punto 143 supra, all’epoca dei fatti, la BCE non era investita di alcuna competenza in materia di controllo prudenziale degli istituti di credito dell’Unione, spettante esclusivamente alle autorità di vigilanza prudenziale nazionali. In tali circostanze, la BCE dipendeva dalle informazioni che le fornivano tali autorità in relazione alla solvibilità delle banche che beneficiavano dell’ELA. Orbene, stando alle memorie della BCE, non contestate sul punto dai ricorrenti, la BCC, a partire dal settembre del 2011, ha comunicato al consiglio direttivo della BCE la propria valutazione, secondo la quale le banche di cui trattasi restavano solvibili. Poiché la solidità finanziaria di tali banche peggiorava progressivamente, come fatto valere dalla BCE ancora una volta senza venire contraddetta dai ricorrenti, la valutazione della BCC attinente alla solvibilità della Laïki si basava in misura crescente sulla prospettiva della concessione imminente di un’assistenza finanziaria alla Repubblica di Cipro. Allorché tale prospettiva si è allontanata a causa del rifiuto, da parte del Parlamento cipriota, il 19 marzo 2013, dell’istituzione di una tassa su tutti i depositi bancari, il consiglio direttivo della BCE si è opposto al mantenimento del livello esistente di ELA alle banche interessate. Infatti, come risulta dalle osservazioni del presidente della BCE espresse in occasione della conferenza stampa del 4 aprile 2013, il consiglio direttivo ha ritenuto, al momento di adottare la decisione del 21 marzo 2013, che, «in assenza di un programma, tali banche non sarebbero state solvibili e redditizie» e che «in tale preciso momento (…) non fosse stato predisposto alcun programma».

385

La mera circostanza che una società privata come la PIMCO oppure un membro del consiglio direttivo della BCE avessero già espresso in precedenza un’opinione divergente da quella della BCC in ordine alla solvibilità della Laïki non può bastare a dimostrare che tale consiglio avrebbe già dovuto discostarsene, e dunque opporsi al mantenimento del livello esistente di ELA ad una data anteriore.

386

In terzo luogo, non si può neanche ritenere che la BCE si sia comportata in maniera incoerente, sproporzionata e non equa opponendosi, il 21 marzo 2013, al mantenimento del livello esistente di ELA, sebbene essa avesse autorizzato l’ELA dall’ottobre del 2011. Infatti, lungi dal configurare una brusca inversione priva di giustificazione, la decisione del consiglio direttivo della BCE del 21 marzo 2013 risponde semplicemente ad un mutamento di circostanze, descritto al punto 384 supra.

387

In quarto luogo, occorre esaminare l’argomento dei ricorrenti vertente sulla mancanza o insufficienza di motivazione che inficerebbe la decisione del consiglio direttivo della BCE del 21 marzo 2013.

388

La BCE conclude per il rigetto di tale argomento. Da un lato, essa afferma che detto argomento, essendo stato sollevato solo nella fase della replica, è nuovo e, pertanto, irricevibile.

389

Dall’altro, la BCE ricorda che la decisione del consiglio direttivo della BCE del 21 marzo 2013 non è pubblica. Orbene, secondo la BCE, l’inesistenza della motivazione di tale decisione non può essere desunta dalla sua assenza di pubblicità. Poiché siffatta decisione è indirizzata alla BCC, la comunicazione di tale motivazione al suo rappresentante in occasione della riunione del consiglio direttivo della BCE sarebbe sufficiente.

390

Deve essere respinta innanzitutto l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla BCE, in quanto il difetto o l’insufficienza di motivazione integra una violazione delle forme sostanziali ai sensi dell’articolo 263 TFUE e costituisce, in quanto tale, un motivo di ordine pubblico che può essere sollevato d’ufficio in qualsiasi momento dal Tribunale (v., in tal senso, sentenze del 20 febbraio 1997, Commissione/Daffix, C‑166/95 P, EU:C:1997:73, punto 24; del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 67, e del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punto 34).

391

Occorre quindi esaminare la fondatezza del presente argomento.

392

Si deve ricordare che, nel caso in cui un’istituzione dell’Unione disponga, come la BCE nel caso di specie, di un ampio potere discrezionale, il controllo del rispetto di alcune garanzie procedurali riveste un’importanza fondamentale. Fra tali garanzie rientra l’obbligo, per la BCE, di motivare le proprie decisioni in modo sufficiente (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 69).

393

Secondo la giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dal suo autore, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo. A tal riguardo, anzitutto, l’obbligo di motivazione deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto e della natura dei motivi esposti (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 88). La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento del se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v. sentenza del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione, C‑88/03, EU:C:2006:511, punto 88 e la giurisprudenza ivi citata).

394

Inoltre, una motivazione può essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi ed al giudice competente di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 372, e dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, C‑3/06 P, EU:C:2007:88, punto 46).

395

Infine, una verifica del rispetto dell’obbligo di motivazione può essere effettuata soltanto sulla base di una decisione formalmente adottata. Tuttavia, altri documenti, come un comunicato stampa, permettono di conoscere gli elementi essenziali della decisione in questione e sono idonei a consentire agli interessati di conoscere le ragioni della sua adozione nonché al giudice di esercitare il suo controllo (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 71).

396

Nella specie, occorre osservare che è sulla sola base del comunicato stampa del 21 marzo 2013 che i ricorrenti addebitano alla BCE di non avere fornito alcun motivo a sostegno della sua decisione di pari data di opporsi al mantenimento del livello esistente di ELA a partire dal 26 marzo 2013. Tuttavia, tale comunicato e tale decisione non devono essere confusi. Come si evince dai punti 145 e 146 supra, detto comunicato si limita a menzionare l’esistenza di detta decisione. Emerge dalle memorie della BCE che tale decisione non è stata oggetto di alcuna pubblicazione, e che i suoi motivi sono stati comunicati al rappresentante della BCC, la quale ne era l’unica destinataria. Ciò premesso, occorre stabilire se il comunicato stampa del 21marzo 2013 consenta agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione da esso menzionata e al Tribunale di esercitare il proprio controllo.

397

A tal riguardo, anzitutto, risulta dal comunicato stampa del 21 marzo 2013 che «[i]l consiglio direttivo della BCE ha deciso di mantenere il livello esistente di ELA fino al (…) 25 marzo 2013» e che una «proroga per il rimborso [avrebbe potuto] essere presa in considerazione solo in caso di attuazione di un programma dell’[Unione o dell’FMI] che [avesse garantito] la solvibilità delle banche interessate». Ne risulta, implicitamente ma necessariamente, che la solvibilità delle banche di cui trattasi non sarebbe stata garantita in assenza di un siffatto programma. Le osservazioni del presidente della BCE espresse in occasione della conferenza stampa del 4 aprile 2013 (v. punto 384 supra) a proposito della decisione del 21 marzo 2013 del consiglio direttivo della BCE corroborano tale interpretazione:

«[L’ELA] può essere erogata unicamente alle banche solvibili e redditizie. Orbene, la realtà è che, in assenza di un programma, tali banche non sarebbero state solvibili e redditizie. In questo momento esatto, il consiglio direttivo ha ritenuto che non fosse stato predisposto alcun programma e che per questo motivo esso ha dovuto agire come ha fatto».

398

Occorre inoltre sottolineare che, al momento della pubblicazione del comunicato stampa del 21 marzo 2013, l’esistenza e la natura delle difficoltà che la Repubblica di Cipro e le banche di cui trattasi si trovavano ad affrontare erano note. Parimenti noto era il fatto che la Repubblica di Cipro aveva presentato una domanda di assistenza finanziaria al presidente dell’Eurogruppo; che una siffatta assistenza le sarebbe stata fornita nell’ambito di un programma di aggiustamento macroeconomico che doveva concretizzarsi in un protocollo d’intesa, e che il Parlamento cipriota aveva respinto l’istituzione di una misura che le autorità cipriote si erano impegnate a prendere per mobilitare risorse interne al fine di limitare il volume dell’assistenza finanziaria connessa a tale programma (v., segnatamente, punti da 13 a 15, 18 e da 20 a 22 supra).

399

Infine, occorre rammentare che, come si evince dal punto 142 supra, le norme che disciplinano l’ELA ne vietano la concessione ad istituti di credito insolventi.

400

Di conseguenza, e in ogni caso, nelle circostanze che caratterizzano il caso di specie, il testo del comunicato stampa del 21 marzo 2013, per quanto laconico, consentiva ai ricorrenti di comprendere, alla luce, segnatamente, del contesto, delle norme giuridiche applicabili e delle osservazioni del presidente della BCE formulate in occasione della conferenza stampa del 4 aprile 2013, che l’insolvenza delle banche di cui trattasi, in assenza di un programma di aggiustamento adeguato, ostava al mantenimento del livello esistente di ELA. Questo stesso comunicato consente al giudice dell’Unione di esercitare il suo controllo. Pertanto, l’argomento dei ricorrenti relativo alla motivazione della decisione del consiglio direttivo della BCE del 21 marzo 2013 deve essere respinto.

401

In quinto luogo, per quanto riguarda l’asserita violazione dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE, è sufficiente constatare che i ricorrenti hanno proceduto per affermazioni, non spiegando affatto in che modo il comportamento della BCE in relazione all’ELA violerebbe tale disposizione.

402

Di conseguenza, i ricorrenti non sono pervenuti a dimostrare che il comportamento della BCE in relazione all’ELA abbia violato il principio di buona amministrazione, l’articolo 14.4 dello statuto della BCE e gli imperativi di equità e di coerenza. La terza serie di argomenti dei ricorrenti deve pertanto essere respinta.

403

Dal momento che le tre serie di argomenti dei ricorrenti sono state respinte, la censura relativa alla violazione dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE, degli imperativi di equità e di coerenza e del principio di buona amministrazione deve essere rigettata.

2.   Sull’esistenza di un’eventuale violazione del principio della tutela del legittimo affidamento

404

In via preliminare, occorre ricordare che il principio della tutela del legittimo affidamento rientra fra i principi fondamentali dell’Unione (sentenza del 24 marzo 2011, ISD Polska e a./Commissione, C‑369/09 P, EU:C:2011:175, punto 122). Il diritto di avvalersi di tale principio presuppone che rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, siano state fornite all’interessato dalle autorità competenti dell’Unione. Infatti, tale diritto spetta a qualsiasi amministrato in capo al quale un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione abbia ingenerato aspettative fondate, fornendogli precise rassicurazioni (v. sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 62 e la giurisprudenza ivi citata).

405

Nella specie, i ricorrenti ritengono che i convenuti abbiano commesso una violazione qualificata del principio della tutela del legittimo affidamento. Essi sostengono che i convenuti abbiano fornito loro rassicurazioni concordanti e precise quanto al fatto che le misure lesive non sarebbero state imposte alla Repubblica di Cipro. Tali rassicurazioni risulterebbero, in primo luogo, da una lettera dell’11 febbraio 2013 indirizzata ai rispettivi direttori esecutivi delle banche di cui trattasi da parte del direttore dell’ufficio del governatore della BCC, in nome dell’Eurosistema; in secondo luogo, dall’impegno del 21 gennaio 2013 dell’Eurogruppo quanto alla possibilità di offrire il DAF sulla base di un accordo politico, raggiunto nel novembre del 2012; in terzo luogo, dal trattamento riservato agli SMME che hanno beneficiato di un’assistenza finanziaria prima della Repubblica di Cipro e, in quarto luogo, dalla decisione della BCE di autorizzare l’ELA per un significativo periodo di tempo.

406

I ricorrenti aggiungono che tali atti e tali comportamenti sono idonei ad ingenerare in capo ai medesimi un legittimo affidamento non solo se considerati singolarmente, ma anche nel loro insieme. Infatti, secondo i ricorrenti, tali atti e comportamenti hanno un effetto cumulativo che avvalorava la rassicurazione, secondo la quale non sarebbe stata adottata nessuna misura di bail‑in.

a)   Sull’esistenza di un legittimo affidamento tratto dalla lettera dell’11 febbraio 2013

407

I ricorrenti fanno valere che, in una lettera dell’11 febbraio 2013, indirizzata ai rispettivi direttori esecutivi delle banche di cui trattasi, il direttore dell’ufficio del governatore della BCC, in nome dell’Eurosistema, ha fornito a questi ultimi rassicurazioni chiare, precise, incondizionate e conformi alla legge, quanto al fatto che i diritti dei loro depositanti non avrebbero subìto restrizioni (v. parimenti punti da 366 a 368 supra). A tal riguardo, i ricorrenti ricordano, da un lato, che, ai sensi dell’articolo 282, paragrafo 1, TFUE, l’Eurosistema è composto dalla BCE e dalle banche centrali degli SMME e conduce la politica monetaria dell’Unione e, dall’altro, che la dichiarazione di missione dell’Eurosistema indica che quest’ultimo parla con una sola voce. Qualsiasi osservatore ragionevole avrebbe dunque presunto che la lettera in questione vincolasse l’Eurosistema, inclusa la BCE, la quale avrebbe violato il legittimo affidamento dei ricorrenti esigendo successivamente che la Repubblica di Cipro si conformasse all’accordo di condizionalità. Se, tuttavia, la BCE avesse ritenuto che tale lettera non illustrava in modo corretto la sua posizione, essa avrebbe dovuto fare una dichiarazione pubblica al fine di rettificare gli errori che la inficiavano. Orbene, la BCE non avrebbe effettuato alcuna dichiarazione di questo tipo, facendo sorgere così la propria responsabilità.

408

I convenuti contestano l’argomentazione dei ricorrenti.

409

A tal riguardo, in primo luogo, occorre constatare che nessun elemento, nella lettera dell’11 febbraio 2013, consente ad un lettore prudente ed accorto di concludere che il suo contenuto è imputabile all’Eurosistema o alla BCE.

410

Infatti, anzitutto, tale lettera è indirizzata ai rispettivi direttori esecutivi delle banche di cui trattasi da parte di una persona che firmava in qualità di direttore della comunicazione e dell’ufficio del governatore della BCC. Tale persona non afferma mai di esprimersi in nome dell’Eurosistema. Al contrario, come si evince dal testo stesso di detta lettera, ella si limita ad esprimere l’opinione della BCC e non fa riferimento né agli organi né alle regole di funzionamento dell’Eurosistema:

«A seguito della pubblicazione di un articolo nel Financial Times datato 10 febbraio 2013 e intitolato “Salvataggio radicale proposto per Cipro”, la [BCC] desidera sottolineare che ogni azione intesa a ridurre o a restringere il diritto di proprietà dei depositanti, o a privarli del medesimo, viola le disposizioni della Costituzione della Repubblica di Cipro e dell’articolo 1 del protocollo addizionale n. 1 alla [CEDU], disposizioni che proteggono il diritto alla proprietà e che sono cruciali per il funzionamento di un’economia di mercato.

Di conseguenza, qualsiasi ipotesi contraria non solo non è fondata in diritto, ma non può essere presa sul serio».

411

È vero che, come sottolineano i ricorrenti, nell’intestazione di tale lettera figura il logo della BCC, seguito, sotto e a lettere maiuscole, dalle menzioni «Central Bank of Cyprus» e «Eurosystem».

412

Tuttavia, la mera presenza di tale intestazione non può consentire ad un lettore prudente ed accorto di ritenere che tale lettera sia attribuibile all’Eurosistema. Al contrario, l’impressione che si ricava da tale intestazione è, da un lato, che detta lettera sia redatta in nome della BCC e non dell’Eurosistema e, dall’altro, che la menzione «Eurosystem» rivesta natura meramente informativa, indicando semplicemente l’appartenenza della BCC all’Eurosistema nella sua qualità di banca centrale di un SMME. Infatti, in primo luogo, i caratteri che compongono il termine «Eurosystem» nell’intestazione della lettera dell’11 febbraio 2013 si trovano sotto quelli che compongono la menzione «Central Bank of Cyprus» e sono nettamente più piccoli dei primi.

413

Secondo, come riconosciuto dai ricorrenti stessi nella risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, la menzione «Eurosystem» è probabilmente parte integrante del logo della BCC e figura, a tale titolo, sulla totalità, o quantomeno sulla maggior parte, delle lettere e dei documenti da essa provenienti. Non può pertanto essere tratta alcuna conclusione dalla mera presenza di tale menzione sulla lettera dell’11 febbraio 2013, salvo ritenere che la totalità, o quantomeno la maggior parte delle lettere provenienti dalla BCC sono imputabili all’Eurosistema per il solo motivo che esse menzionano l’appartenenza della prima al secondo.

414

Terzo, il piè di pagina della lettera dell’11 febbraio 2013, il quale indica l’indirizzo e il sito Internet della BCC, non fa riferimento all’Eurosistema.

415

In secondo luogo, occorre sottolineare che le banche centrali nazionali esercitano due tipi di funzioni, ossia (i) quelle che sono previste dallo statuto della BCE e (ii) quelle che non lo sono. Queste ultime non possono essere imputate né al SEBC né all’Eurosistema. Infatti, come sottolineato correttamente dalla BCE, l’articolo 14.4 dello statuto della BCE prevede che le banche centrali nazionali possano svolgere funzioni diverse da quelle specificate nello statuto della BCE, a meno che il consiglio direttivo della BCE decida, a maggioranza dei due terzi dei votanti, che tali funzioni interferiscono con gli obiettivi e i compiti del SEBC. Viceversa, le funzioni svolte dalle banche centrali nazionali sotto la loro piena responsabilità non sono considerate come facenti parte delle funzioni del SEBC (v. punti da 138 a 140 supra).

416

Orbene, all’epoca dei fatti, lo statuto della BCE non menzionava, fra i compiti della BCE o del SEBC, la determinazione delle condizioni di ricapitalizzazione o di risoluzione delle istituzioni finanziarie. Si tratta pertanto di funzioni che le banche centrali nazionali esercitano sotto la loro piena responsabilità. In tali circostanze, un lettore prudente e accorto non poteva ragionevolmente ritenere che un’affermazione effettuata dalla BCC in relazione alla determinazione delle condizioni di ricapitalizzazione o di risoluzione di istituzioni finanziarie fosse imputabile all’Eurosistema e vincolasse quest’ultimo. Al contrario, un siffatto lettore doveva necessariamente considerare che BCC si fosse espressa, nella lettera dell’11 febbraio 2013, in nome proprio e in quanto banca centrale nazionale.

417

Contrariamente a quanto asserito, in sostanza, dai ricorrenti, né l’articolo 282, paragrafo 1, TFUE, né la dichiarazione di missione dell’Eurosistema rimettono in discussione tale conclusione.

418

Per quanto concerne, anzitutto, l’articolo 282, paragrafo 1, TFUE, si deve rilevare che esso riguarda esclusivamente il ruolo dell’Eurosistema in materia di politica monetaria. Tale disposizione, infatti è formulata come segue:

«La [BCE] e le banche centrali nazionali costituiscono il [SEBC]. La [BCE] e le banche centrali nazionali degli [SMME], che costituiscono l’Eurosistema, conducono la politica monetaria dell’Unione».

419

I ricorrenti non potevano pertanto ragionevolmente desumere dall’articolo 282, paragrafo 1, TFUE, che l’Eurosistema garantirebbe il mantenimento del valore dei depositi affidati alle banche di cui trattasi in caso di ricapitalizzazione o di risoluzione delle medesime.

420

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la dichiarazione di missione della BCE e dell’Eurosistema, occorre rilevare, in primo luogo, che essa assomiglia ad una semplice dichiarazione di intenti priva di qualsivoglia valore giuridico (v., per analogia, sentenza del 23 settembre 2015, ClientEarth e International Chemical Secretariat/ECHA, T‑245/11, EU:T:2015:675, punto 103 e la giurisprudenza ivi citata) e che non è stata pubblicata, per questo motivo, né nella serie L della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, la quale ha per oggetto la pubblicazione di atti giuridicamente vincolanti, né nella serie C della stessa, la quale pubblica informazioni, raccomandazioni e pareri riguardanti l’Unione (v., per analogia, sentenza del 13 dicembre 2012, Expedia, C‑226/11, EU:C:2012:795, punto 30). Infatti, come sottolineato in maniera pertinente dalla BCE nella risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, tale dichiarazione costituisce, per sua stessa natura, una mera aspirazione, e non è intesa ad imporre obblighi ai suoi autori né ad elencare in maniera esaustiva la totalità dei compiti e delle competenze dei membri dell’Eurosistema.

421

In secondo luogo, il contenuto di tale dichiarazione non consente di ritenere che l’Eurosistema sia investito di una qualsivoglia competenza in materia di protezione dei depositi bancari in caso di ricapitalizzazione o di risoluzione di una banca. Al contrario, si evince da tale dichiarazione che l’Eurosistema ha come obiettivo primario il mantenimento della stabilità dei prezzi. È vero che detta dichiarazione indica parimenti che l’Eurosistema, operando in qualità di autorità finanziaria preminente, mira a salvaguardare la stabilità finanziaria e a promuovere l’integrazione finanziaria dell’Unione. Tuttavia, un lettore prudente e accorto non poteva ragionevolmente trarre da un’affermazione talmente vaga la conclusione che l’Eurosistema fosse competente per determinare le condizioni alle quali l’eventuale ricapitalizzazione o risoluzione delle banche di cui trattasi avrebbe potuto essere subordinata.

422

Analogamente, le indicazioni secondo le quali, «[r]ispettando al contempo lo status giuridico dei suoi membri, l’Eurosistema e i suoi servizi agiscono esplicitamente nella coesione e nell’unità» e, «[a]ll’insegna di tale spirito e lavorando in squadra, l’Eurosistema parla ad una sola voce ed è vicino ai cittadini europei» non possono ragionevolmente essere interpretate nel senso che esse significano che qualsiasi comunicazione da parte di una banca centrale nazionale facente parte dell’Eurosistema viene effettuata in rappresentanza di quest’ultimo. Si tratta, piuttosto, di una dichiarazione di intenti a carattere generale e impreciso, la quale si applica, tutt’al più, nei settori in cui l’Eurosistema è competente.

423

Si deve pertanto concludere nel senso che i ricorrenti non sono pervenuti a dimostrare di poter trarre dalla lettera dell’11 febbraio 2013 il legittimo affidamento nel fatto che le misure lesive non sarebbero state adottate. Non si può pertanto ritenere, a maggior ragione, che la BCE, tramite atti o comportamenti posteriori a tale lettera, avrebbe violato siffatto affidamento.

b)   Sull’esistenza di un legittimo affidamento tratto dall’«impegno del 21 gennaio 2013 dell’Eurogruppo sulla possibilità di offrire il DAF sulla base di un accordo politico, concluso nel novembre del 2012»

424

I ricorrenti fanno valere che l’Eurogruppo ha ingenerato nei medesimi un legittimo affidamento sul fatto che le misure lesive non sarebbero state adottate, allorché si era impegnato, il 21 gennaio 2013, ad accordare il DAF alla Repubblica di Cipro sulla base di un accordo politico concluso nel novembre del 2012 e che non prevedeva l’adozione di tali misure. Nella risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, i ricorrenti hanno confermato che l’«impegno» al quale essi si riferivano era la dichiarazione dell’Eurogruppo del 21 gennaio 2013 descritta al punto 18 supra.

425

I convenuti contestano l’argomentazione dei ricorrenti.

426

A tal riguardo, in primo luogo, si deve constatare che nessun elemento, nella dichiarazione dell’Eurogruppo del 21 gennaio 2013 può configurare una rassicurazione precisa che il DAF sarebbe subordinato alle sole condizioni previste nel progetto di protocollo d’intesa che, a tale data, formava l’oggetto di negoziazioni fra la Repubblica di Cipro, da un lato, e la Commissione, la BCE e l’FMI, dall’altro. Infatti, in detta dichiarazione, l’Eurogruppo non si è affatto impegnato ad accordare alla Repubblica di Cipro il DAF da essa sollecitato, ma si è limitato a descrivere tali negoziazioni in termini vaghi e generici, e ad incoraggiare le parti interessate a realizzare progressi al fine di ultimare le componenti del progetto di protocollo d’intesa.

427

In secondo luogo, come si evince dai punti da 123 a 129 supra, la concessione del DAF rientra nelle competenze del MES, e non in quelle dell’Eurogruppo, il quale non aveva neanche partecipato alle negoziazioni avviate con la Repubblica di Cipro al fine di ultimare il progetto di protocollo d’intesa menzionato nella dichiarazione del 21 gennaio 2013. Di conseguenza, sebbene quest’ultima contenga rassicurazioni sulla concessione del DAF alla Repubblica di Cipro, tali rassicurazioni non proverrebbero da un’autorità competente ai sensi della giurisprudenza citata al punto 404 supra (v., in tal senso, sentenze del 30 aprile 2009, Nintendo e Nintendo of Europe/Commissione, T‑13/03, EU:T:2009:131, punto 208, e del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE, T‑79/13, EU:T:2015:756, punto 79).

428

In terzo luogo, il progetto di protocollo d’intesa menzionato nella dichiarazione dell’Eurogruppo del 21 gennaio 2013 e redatto il 29 novembre 2012 non è mai stato concluso. Come emerge dalla dichiarazione dell’Eurogruppo del 16 marzo 2013, le autorità cipriote si erano impegnate, in vista dell’adozione di siffatto progetto di protocollo, ad adottare misure che dovevano essere approvate dal Parlamento cipriota, fra cui la creazione di una tassa su tutti i depositi bancari (v. punti 19 e 20 supra). Orbene, la creazione di siffatta tassa è stata respinta dal Parlamento cipriota (v. punto 22 supra). In tali circostanze, i ricorrenti non potevano legittimamente aspettarsi che il DAF venisse concesso comunque alla Repubblica di Cipro sulla base di detto progetto di protocollo d’intesa.

429

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che i ricorrenti non sono pervenuti a dimostrare che potevano trarre un legittimo affidamento dalla dichiarazione dell’Eurogruppo del 21 gennaio 2013.

c)   Sull’esistenza di un legittimo affidamento tratto dal trattamento riservato agli SMME che hanno beneficiato di un’assistenza finanziaria prima della Repubblica di Cipro

430

I ricorrenti sostengono di avere tratto il legittimo affidamento nel fatto che le misure lesive non sarebbero state adottate dalla circostanza che la concessione di un’assistenza finanziaria ad altri SMME, ossia l’Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna e la Repubblica portoghese, non era stata subordinata all’adozione di misure di bail‑in.

431

I convenuti non hanno preso esplicitamente posizione su tale argomento.

432

A tal riguardo, in primo luogo, occorre sottolineare che la mera circostanza che, nelle prime fasi della crisi finanziaria internazionale, la concessione di un’assistenza finanziaria non sia stata subordinata all’adozione di misure equiparabili alle misure lesive non può essere considerata, in quanto tale, come una rassicurazione precisa, incondizionata e concordante tale da far sorgere il legittimo affidamento degli azionisti e dei depositanti delle banche di cui trattasi nel fatto che la concessione di un’assistenza finanziaria alla Repubblica di Cipro non lo sarebbe stata (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punti 6566).

433

In secondo luogo, occorre rammentare che le misure alle quali può essere subordinata la concessione di un’assistenza finanziaria fornita dal MES (o da altre organizzazioni internazionali, organi e istituzioni dell’Unione o Stati) per risolvere le difficoltà finanziarie incontrate da uno Stato che affronta la necessità di ricapitalizzare il suo sistema bancario possono variare in maniera fondamentale da un caso all’altro in funzione dell’esperienza acquisita e di un insieme di circostanze particolari (v. punto 311 supra). In tali circostanze, in assenza di un impegno chiaro ed esplicito delle autorità competenti, non è possibile ritenere che i ricorrenti potessero legittimamente aspettarsi che la concessione del DAF fosse subordinata a condizioni identiche o anche simili a quelle a cui è stata subordinata la concessione di un’assistenza finanziaria all’Irlanda, alla Repubblica ellenica, al Regno di Spagna e alla Repubblica portoghese.

434

Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve concludere che i ricorrenti non sono pervenuti a dimostrare che gli stessi potevano trarre un legittimo affidamento dal fatto che la concessione di un DAF ad altri SMME non era stata subordinata all’adozione di misure equiparabili alle misure lesive.

d)   Sull’esistenza di un legittimo affidamento tratto dal fatto che la BCE ha deciso di autorizzare l’ELA per un periodo di tempo prolungato

435

I ricorrenti ritengono di poter trarre un legittimo affidamento dalla circostanza che la BCE ha autorizzato la BCC per un periodo prolungato a concedere l’ELA alla Laïki.

436

I convenuti contestano l’argomentazione dei ricorrenti.

437

A tal riguardo, è sufficiente constatare che i ricorrenti non spiegano affatto in che modo la circostanza che la BCE abbia autorizzato la BCC, per un periodo di tempo prolungato, a concedere l’ELA alla Laïki, avrebbe potuto ingenerare nei medesimi il legittimo affidamento che le misure lesive non sarebbero state adottate. I ricorrenti non sono pertanto pervenuti a dimostrare che essi potevano trarre un legittimo affidamento da tale circostanza.

438

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve considerare che i ricorrenti non potessero trarre un legittimo affidamento da nessuno degli atti o dei comportamenti menzionati al punto 405 supra, considerati singolarmente. Pertanto, tali atti e comportamenti non possono ingenerare in capo ai medesimi un legittimo affidamento neanche se considerati congiuntamente, per effetto cumulativo.

439

Ne consegue che la censura dei ricorrenti relativa ad una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento deve essere respinta.

3.   Sull’esistenza di un’eventuale violazione del principio della parità di trattamento

440

Il principio della parità di trattamento costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, sancito dagli articoli 20 e 21 della Carta (sentenza del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione e a., C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punto 54). Le istituzioni dell’Unione sono tenute a rispettare tale principio come norma superiore del diritto dell’Unione a tutela dei singoli (sentenze del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE, T‑79/13, EU:T:2015:756, punto 87, e del 24 gennaio 2017, Nausicaa Anadyomène e Banque d’escompte/BCE, T‑749/15, non pubblicata, EU:T:2017:21, punto 110).

441

Secondo costante giurisprudenza, il principio della parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione e a., C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punto 55 e la giurisprudenza ivi citata). Gli elementi che caratterizzano situazioni diverse nonché la comparabilità di queste ultime devono, in particolare, essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo degli atti in questione, fermo restando che devono essere presi in considerazione, a tal fine, i principi e gli obiettivi del settore cui si riferiscono detti atti (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique e Lorraine e a., C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 26 e la giurisprudenza ivi citata).

442

Poiché i ricorrenti hanno invocato la violazione del principio della parità di trattamento, incombe ad essi identificare con precisione le situazioni comparabili che reputano essere state oggetto di una disparità di trattamento o le situazioni diverse che reputano essere state oggetto di un trattamento identico [v., in tal senso, sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (France) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 311].

443

Nella specie, i ricorrenti fanno valere che i convenuti hanno violato tale principio sotto cinque profili; i convenuti contestano tale affermazione.

a)   Sull’esistenza di un’eventuale discriminazione rispetto ai creditori della Laïki i cui ricorsi derivano dall’ELA

444

I ricorrenti sostengono che i titolari di depositi non garantiti della Laïki siano stati discriminati rispetto ai creditori della medesima i cui ricorsi derivano dall’ELA. Poiché il debito della Laïki proveniente dall’ELA è stato trasferito alla BoC, tali creditori potrebbero infatti rivolgersi alla BoC, mentre il debito della Laïki nei confronti dei titolari di depositi non garantiti verrebbe annullato.

445

I ricorrenti aggiungono che il trasferimento del debito della Laïki proveniente dall’ELA alla BoC ha fatto gravare un onere considerevole su quest’ultima. Altre categorie di ricorrenti sono state parimenti discriminate di conseguenza. Infatti, il trasferimento in questione, da un lato, avrebbe comportato l’imposizione di limiti drastici ai ricorsi dei depositanti della BoC e, dall’altro, avrebbe diminuito il valore delle azioni delle banche di cui trattasi. La BCE, dalla quale proviene l’ELA, nonché gli altri convenuti, avrebbero pertanto privilegiato i propri interessi a scapito di quelli dei ricorrenti.

446

I convenuti contestano l’argomentazione dei ricorrenti.

447

A tal riguardo, in primo luogo, occorre sottolineare che il trasferimento del debito proveniente dall’ELA alla BoC figura fra le condizioni di concessione del DAF. Infatti, il punto 1.26 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013 prevede quanto segue:

«[La BoC] riprende – mediante una procedura di acquisto e di assorbimento – gli attivi ciprioti della [Laïki], al loro giusto valore, nonché i suoi depositi garantiti e la sua esposizione [all’ELA], al loro valore nominale. I depositi non garantiti della [Laïki] saranno mantenuti all’interno della precedente entità (…)».

448

In secondo luogo, occorre rammentare, come riconosciuto dai ricorrenti nella risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, che l’erogazione dell’ELA rientra nella competenza delle banche centrali nazionali, mentre la BCE è competente unicamente a vietare alle medesime di concedere l’ELA qualora interferisca con gli obiettivi e i compiti del SEBC (v. punti da 137 a 143 supra). In conformità a siffatta ripartizione delle competenze, solo la BCC ha concesso l’ELA alla Laïki e vantava un credito nei confronti di quest’ultima per tale motivo. In tali circostanze, come fatto valere correttamente dalla BCE, solo la BCC era titolare, in forza del contratto di prestito concluso con la Laïki, di un diritto al rimborso del debito proveniente dalla concessione a quest’ultima dell’ELA. Di conseguenza, le categorie di persone che, alla luce dell’argomentazione dei ricorrenti (v. punti 444 e 445 supra), avrebbero potuto formare l’oggetto di una disparità di trattamento a causa del trasferimento alla BoC del debito della Laïki proveniente dall’ELA, sono la BCC, da un lato, e i titolari di depositi non garantiti e gli azionisti delle banche di cui trattasi, dall’altro.

449

In terzo luogo, occorre rilevare che si trovano in una situazione diversa ai sensi della giurisprudenza menzionata al punto 441 supra, da un lato, un operatore privato, il quale, come i titolari dei depositi non garantiti delle banche di cui trattasi e gli azionisti della BoC, abbia agito nel suo interesse patrimoniale privato, e, dall’altro, una banca centrale dell’Eurosistema, le cui decisioni erano guidate esclusivamente da obiettivi di interesse pubblico. La mera circostanza che taluni depositanti e una banca centrale dell’Eurosistema, le cui decisioni siano guidate da siffatti obiettivi, detengano uno stesso titolo di credito nei confronti di una stessa banca non consente di invalidare tale conclusione, cosicché il principio della parità di trattamento non può esigere che queste due categorie di persone vengano trattate in maniera indifferenziata (v., in tal senso, sentenze del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE, T‑79/13, EU:T:2015:756, punto 92, e del 24 gennaio 2017, Nausicaa Anadyomène e Banque d’escompte/BCE, T‑749/15, non pubblicata, EU:T:2017:21 punti 108109).

450

Orbene, nella specie, la BCC ha acquistato il credito proveniente dall’ELA al fine di contribuire alla realizzazione di un obiettivo di interesse generale, consistente nello stabilizzare una delle due più importanti banche cipriote e, in tal modo, il sistema finanziario del paese. Infatti, risulta dai punti 138 e 139 supra, che la BCC ha concesso l’ELA alla Laïki nell’esercizio delle prerogative di potere pubblico delle quali è investita in forza del diritto cipriota. In particolare, emerge dalla risposta della BCE alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale e dalla lettera della BCC ad essa allegata, che l’ELA è uno strumento inteso a consentire alla BCC di assolvere al compito consistente nel garantire la stabilità del sistema finanziario ad essa affidato dal combinato disposto del punto 6, paragrafo 2, lettera e), e del punto 46, paragrafo 3, della legge del 19 luglio 2002.

451

Inoltre, si deve rilevare che, come sottolineato correttamente dalla Commissione e dalla BCE, il credito proveniente dall’ELA era garantito dagli attivi della Laïki. In quanto titolare di tale credito, la BCC, diversamente dai depositanti non garantiti delle banche di cui trattasi, era pertanto un creditore privilegiato. Poiché è pacifico fra le parti che, in caso di liquidazione di una banca, il pagamento dei crediti dei depositanti della medesima è prioritario rispetto ai conferimenti dei suoi azionisti, gli azionisti della BoC non possono sostenere, a maggior ragione, che essi si trovavano in una situazione comparabile a quella della BCC.

452

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che le rispettive situazioni della BCC, da un lato, e dei titolari di depositi non garantiti delle banche di cui trattasi e degli azionisti della BoC, dall’altro, non fossero comparabili. I ricorrenti non sono pertanto pervenuti a dimostrare che i convenuti hanno discriminato tali categorie di persone rispetto alla BCC.

b)   Sull’esistenza di un’eventuale discriminazione rispetto ai titolari di depositi costituiti presso succursali greche

453

I ricorrenti ritengono di aver subìto una discriminazione fondata sulla nazionalità rispetto ai titolari di depositi costituiti presso le succursali greche. A tal riguardo, i ricorrenti sottolineano che, mentre la concessione del DAF è stata subordinata all’adozione, da parte delle autorità cipriote, di una misura di bail-in riguardante i depositi costituiti presso le banche di cui trattasi a Cipro, tale concessione non è stata assoggettata ad una condizione simile nel caso dei depositi costituiti presso queste stesse banche in Grecia. Essi dovevano essere trasferiti ad una banca greca, in conseguenza dell’acquisizione, da parte di quest’ultima, delle succursali greche, e potevano dunque, in linea di principio, restare inalterati. Orbene, in assenza di qualsivoglia giustificazione oggettiva, una siffatta disparità di trattamento sarebbe contraria alle libertà fondamentali garantite dal Trattato o sarebbe vietata dall’articolo 18 TFUE.

454

I convenuti contestano l’argomentazione dei ricorrenti.

455

È pacifico fra le parti che le succursali greche erano succursali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (GU 2006, L 177, pag. 1). In quanto tali, in primo luogo, tali succursali costituivano parti sprovviste di personalità giuridica delle banche di cui trattasi e che effettuavano direttamente, in tutto o in parte, le operazioni inerenti all’attività di ente creditizio.

456

In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 94/19, come modificata dalle direttive 2005/1 e 2009/14, i depositanti di dette succursali erano coperti dal sistema cipriota di garanzia dei depositi.

457

In terzo luogo, risulta dal considerando 21 e dagli articoli da 40 a 43 della direttiva 2006/48, che la responsabilità in materia di vigilanza sulla solidità finanziaria, e in particolare sulla solvibilità, delle succursali greche, incombeva alle autorità cipriote, mentre le autorità greche sono responsabili unicamente della vigilanza sulla liquidità di tali succursali e delle politiche monetarie.

458

Ne risulta che i ricorrenti titolari di depositi costituiti presso le banche di cui trattasi a Cipro e i titolari di depositi costituiti presso le succursali greche erano depositi presso le stesse banche, coperti dallo stesso sistema di garanzia dei depositi e soggetti alle medesime norme. In tale contesto, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, non esiste alcuna ragione per ritenere che una differenza relativa al solo luogo di costituzione dei depositi sia sufficiente, nelle circostanze del caso di specie, per concludere che le situazioni considerate siano diverse. In particolare, la necessità di evitare un effetto contagio, invocata dal Consiglio, riguarda non la differenza oggettiva di situazioni, bensì la giustificazione di una disparità di trattamento fra due situazioni comparabili. Di conseguenza, la situazione dei ricorrenti titolari di depositi costituiti presso le banche di cui trattasi a Cipro e quella dei titolari di depositi costituiti presso le succursali greche erano comparabili.

459

Orbene, contrariamente ai depositi costituiti presso le succursali greche, i depositi costituiti presso le banche di cui trattasi a Cipro sono stati assoggettati a misure di bail‑in. Si deve pertanto ritenere che i ricorrenti titolari di depositi costituiti presso le banche di cui trattasi a Cipro siano stati oggetto di un trattamento sfavorevole rispetto ai titolari di depositi costituiti presso le succursali greche.

460

Gli argomenti della BCE non possono rimettere in discussione tale conclusione. Da un lato, la BCE sostiene che ogni discriminazione subita dai ricorrenti dovrebbe essere considerata una «discriminazione alla rovescia», la quale non sarebbe vietata dal diritto dell’Unione.

461

È vero che, secondo una giurisprudenza costante, il diritto dell’Unione non osta, in situazioni le quali non presentino alcun elemento di collegamento con una qualsivoglia situazione prevista da tale diritto ed i cui elementi rilevanti rimangano confinati, nel loro insieme, all’interno di un unico Stato membro, a che i cittadini di tale Stato membro ricevano, da parte del medesimo, un trattamento meno favorevole rispetto a quello riservato ai cittadini di un altro Stato membro (v., in tal senso, sentenze del 16 giugno 1994, Steen, C‑132/93, EU:C:1994:254, punto 11, e del 1o aprile 2008, governo della Comunità francese e governo vallone, C‑212/06, EU:C:2008:178, punto 33).

462

Tuttavia, tale giurisprudenza non è applicabile agli atti o alle omissioni con cui una o più istituzioni dell’Unione contribuiscono ad un siffatto trattamento o ne esigono il mantenimento o la continuazione dell’attuazione. Orbene, nella specie, si tratta esattamente di determinare se le istituzioni convenute potevano prestare il loro sostegno all’adozione e all’attuazione di un protocollo d’intesa che subordinava la concessione del DAF ad un trattamento differenziato oppure esigerne il mantenimento o la continuazione dell’attuazione.

463

Di conseguenza, anche ammesso che si possa ritenere che le censure di discriminazione fra i depositanti di banche cipriote e i titolari di depositi costituiti presso le succursali greche di queste stesse banche riguardino una situazione i cui elementi rilevanti rimangono confinati, nel loro insieme, all’interno di un unico Stato membro, l’argomento della BCE, secondo il quale ogni discriminazione subita dai ricorrenti dovrebbe essere considerata come una «discriminazione alla rovescia», la quale non sarebbe vietata dal diritto dell’Unione, non può che essere respinto.

464

Dall’altro, la BCE rileva che la vendita delle succursali greche è stata effettuata al prezzo di mercato e, di conseguenza, ha mantenuto i fondi propri delle banche interessate. Pertanto, tale vendita non avrebbe causato alcuno svantaggio supplementare ai ricorrenti.

465

A tal riguardo, occorre rammentare che, per poter imputare ad un’istituzione dell’Unione una violazione del principio di parità di trattamento, occorre che il trattamento in questione abbia comportato uno svantaggio a talune persone rispetto ad altre. Tuttavia, l’esistenza di un siffatto svantaggio non può essere negato per il solo motivo che la disparità di trattamento in questione non ha comportato conseguenze economiche sfavorevoli, dal momento che lo svantaggio di cui tener conto rispetto al principio di parità di trattamento può anche essere tale da incidere sulla situazione giuridica della persona oggetto di detta disparità di trattamento (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique e Lorraine e a., C‑127/07, EU:C:2008:728, punti 3944). Orbene, l’argomentazione della BCE verte esclusivamente sull’assenza di una perdita patrimoniale supplementare asseritamente subita dai ricorrenti a causa della vendita delle succursali greche. Di conseguenza, ammesso che sia dimostrata, tale circostanza non può, da sola, essere sufficiente a dimostrare l’assenza di una discriminazione vietata dal diritto dell’Unione. Tutt’al più, detta circostanza potrebbe essere rilevante, come sembra ritenere del resto la BCE, al fine di valutare la proporzionalità di un’eventuale disparità di trattamento rispetto all’obiettivo perseguito. In un primo tempo, cionondimeno, la questione rilevante resta quella di sapere se i ricorrenti titolari di depositi costituiti presso le banche di cui trattasi a Cipro fossero in una situazione simile a quella dei titolari di depositi costituiti presso le succursali greche, il che avviene nel caso di specie (v. punto 458 supra).

466

In conformità alla giurisprudenza menzionata al punto 441 supra, occorre dunque verificare se esista, nella specie, una giustificazione obiettiva per la differenza di trattamento di cui i ricorrenti titolari di depositi costituiti presso le banche di cui trattasi a Cipro sono stati oggetto rispetto ai titolari di depositi costituiti presso le succursali greche.

467

Come è stato indicato ai punti da 335 a 337 supra, tale disparità di trattamento rispondeva, segnatamente, all’esigenza di prevenire qualsiasi effetto contagio tra il sistema bancario cipriota e il sistema finanziario greco. Infatti, come riconosciuto dai ricorrenti nella risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, emerge da una relazione interna della BCE allegata alla replica che un taglio dei depositi costituiti presso le succursali greche avrebbe rischiato di innescare un ritiro generalizzato dei depositi in Grecia, il che, a sua volta, avrebbe potuto aggravare la debole capacità di finanziamento delle banche greche, rendendo potenzialmente necessario un aumento dell’ELA concesso a queste ultime ad un livello eccedente potenzialmente la capacità reale delle banche centrali dell’Eurosistema.

468

I ricorrenti replicano che una siffatta argomentazione non può giustificare una discriminazione fondata indirettamente sulla nazionalità come quella di cui essi sono stati oggetto.

469

A tal riguardo, occorre rammentare che una disparità di trattamento è giustificata se si fonda su un criterio obiettivo e ragionevole, vale a dire qualora essa sia rapportata a un legittimo scopo perseguito dalla normativa in questione, da un lato, e tale disparità sia proporzionata allo scopo perseguito dal trattamento di cui trattasi, dall’altro (sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique e Lorraine, C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 47).

470

Per quanto riguarda, in primo luogo, la questione se la disparità di trattamento fra i ricorrenti titolari di depositi costituiti presso le banche di cui trattasi a Cipro e i titolari di depositi costituiti presso le succursali greche fosse fondata su un criterio obiettivo e ragionevole, occorre rilevare che, per i motivi illustrati ai punti 255 e 256 supra, e alla luce della giurisprudenza della Corte eur. D.U. (Corte eur. D.U., 21 luglio 2016, Mamatas e altri c. Grecia, CE:ECHR:2016:0721JUD 006306614, punti 103 e 138), lo scopo consistente nel prevenire una destabilizzazione generale del sistema finanziario greco attraverso un contagio da parte del sistema finanziario cipriota, deve essere considerato obiettivo e ragionevole.

471

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la proporzionalità della disparità di trattamento fra i ricorrenti titolari di depositi costituiti presso le banche di cui trattasi a Cipro e i titolari di depositi costituiti presso le succursali greche, si deve ricordare che la disparità di trattamento è proporzionata qualora essa sia idonea a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti e non ecceda quanto è necessario per raggiungerli (v., in tal senso, sentenza del 13 marzo 2012, Melli Bank/Consiglio, C‑380/09 P, EU:C:2012:137, punto 52 e la giurisprudenza ivi citata).

472

Orbene, per motivi analoghi a quelli esposti ai punti da 341 a 358 supra, si deve ritenere che tale disparità di trattamento sia idonea a realizzare gli obiettivi perseguiti e non ecceda quanto necessario per farlo.

473

Di conseguenza, la circostanza che il DAF, da un lato, sia stato subordinato all’adozione, da parte delle autorità cipriote, di una misura che ordinava un taglio dei depositi nelle banche di cui trattasi costituiti a Cipro e, dall’altro, non sia stato subordinato ad una condizione simile con riferimento ai depositi costituiti in Grecia, era oggettivamente giustificata e non costituisce pertanto una violazione del principio della parità di trattamento.

474

Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento dei ricorrenti, secondo il quale l’Eurogruppo aveva precedentemente incoraggiato il PSI nonostante l’effetto contagio che esso poteva avere sulle banche cipriote.

475

Tale argomento equivale, in sostanza, a considerare che la stabilità del sistema finanziario cipriota non sia stata presa in considerazione al momento dell’adozione di talune misure destinate a risolvere le difficoltà finanziarie della Repubblica ellenica e che, viceversa, salvo incorrere in una «enorme incoerenza» incompatibile con il principio di proporzionalità, la stabilità del sistema finanziario greco non avrebbe dovuto essere presa in considerazione al momento della successiva adozione delle misure intese a risolvere le difficoltà finanziarie della Repubblica di Cipro.

476

Occorre tuttavia rilevare che i motivi per i quali l’Eurogruppo o le istituzioni dell’Unione hanno potuto favorire il PSI non possono essere valutati senza prendere in considerazione le circostanze particolari nelle quali il PSI è stato concluso. Infatti, come è stato sottolineato ai punti 311 e 433 supra, le misure alle quali può essere subordinata la concessione di un’assistenza finanziaria fornita dal MES (o da altre organizzazioni internazionali, organi e istituzioni dell’Unione o Stati) al fine di risolvere le difficoltà finanziarie incontrate da uno Stato che affronta la necessità di ricapitalizzare il suo sistema bancario possono variare in maniera fondamentale da un caso all’altro in funzione dell’esperienza acquisita e di un insieme di circostanze particolari.

477

Orbene, i ricorrenti non hanno dimostrato in nessun momento che, alla luce delle circostanze rilevanti e dell’esperienza acquisita, il fatto che l’Eurogruppo avesse precedentemente incoraggiato il PSI nonostante l’effetto contagio che quest’ultimo poteva avere sulle banche cipriote giustificava che il rischio di contagio del sistema bancario greco non fosse, nella specie, preso in considerazione.

478

Di conseguenza, si deve ritenere che i ricorrenti non siano pervenuti a dimostrare l’esistenza di una violazione del principio della parità di trattamento a causa del trattamento differenziato fra i loro depositi e i quelli costituiti presso le succursali greche.

c)   Sull’esistenza di un’eventuale violazione del principio della parità di trattamento fondata su una discriminazione rispetto ai depositanti delle banche di cui trattasi i cui depositi non superavano EUR 100000

479

I ricorrenti fanno valere che quelli tra loro i cui depositi presso le banche di cui trattasi superavano EUR 100000 sono stati oggetto di discriminazione rispetto ai depositanti di tali banche i cui depositi non superavano siffatto importo. Infatti, i depositi di un importo pari o inferiore a EUR 100000 sarebbero stati integralmente coperti dal sistema di garanzia dei depositi cipriota, mentre i depositi di un importo superiore lo sarebbero stati solo fino a EUR 100000. La circostanza che la direttiva 94/19, come modificata dalle direttive 2005/1 e 2009/14, imponeva agli Stati membri di instaurare un sistema che consentisse di coprire la totalità dei depositi di uno stesso depositante fino a EUR 100000 non giustificherebbe che ai titolari dei depositi non garantiti venga impedito di ottenere una compensazione in caso di liquidazione né spiegherebbe perché un depositante che detenga depositi per un importo di EUR 100000 non subirebbe alcun taglio, mentre un depositante che detenga depositi per un importo di EUR 1000000 subirebbe un taglio del 90%.

480

Il Consiglio e la BCE contestano l’argomentazione dei ricorrenti.

481

A tal proposito, si deve constatare che la discriminazione lamentata dai ricorrenti riguarda, in realtà, due parti distinte delle misure lesive.

482

Si tratta, in primo luogo, della misura di cui al punto 5 del decreto n. 104, il quale prevede, in conformità al punto 1.26 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013, il trasferimento alla BoC dei debiti della Laïki nei confronti di ciascuno dei suoi depositanti nel limite di EUR 100000, e il mantenimento presso la Laïki degli importi superiori a EUR 100000, in attesa della liquidazione di quest’ultima (v. punto 35 supra). È giocoforza constatare che tale misura si applica indistintamente a tutti i depositanti della Laïki. Contrariamente a quanto affermato, in sostanza, dai ricorrenti, essa non istituisce pertanto alcuna disparità di trattamento fra tali depositanti in funzione dell’importo dei depositi affidati a tale banca.

483

La mera circostanza che il trasferimento alla BoC dei depositi affidati alla Laïki sia accompagnato da un limite uniforme di EUR 100000 per depositante e sia di conseguenza idoneo ad avere ripercussioni diverse su tali depositanti in funzione dell’importo dei loro depositi, non può rimettere in discussione tale conclusione. Qualsiasi differenza di questo tipo, infatti, risulta dall’applicazione del limite di copertura di EUR 100000 previsto dall’articolo 7, paragrafo 1 bis, della direttiva 94/19, come modificata dalle direttive 2005/1 e 2009/14, e del quale i ricorrenti non hanno invocato l’illegittimità. Orbene, si tratta di un criterio al contempo obiettivo e adeguato alle esigenze del funzionamento del sistema bancario dell’Unione (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 19 settembre 2013, Panellinios Syndesmos Viomichanion Metapoiisis Kapnou, C‑373/11, EU:C:2013:567, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata, e del 30 settembre 2009, Arkema/Commissione, T‑168/05, non pubblicata, EU:T:2009:367, punto 115). Infatti, il considerando 16 della direttiva 94/19, come modificata dalle direttive 2005/1 e 2009/14, enuncia che il summenzionato livello di copertura è inteso, da un lato, a non lasciare una proporzione eccessiva di depositi priva di tutela allo scopo di garantire sia la protezione dei consumatori sia la stabilità del sistema finanziario, e dall’altro, a tener conto del costo del finanziamento dei sistemi di garanzia e a non imporre in tutta l’Unione un livello di tutela tale da incoraggiare, in certi casi, una cattiva gestione degli enti creditizi.

484

In secondo luogo, si tratta delle misure di conversione di azioni della BoC, previste dal decreto n. 103, come modificato, e il cui contenuto è ripreso sostanzialmente ai punti 1.26 e 1.27 del protocollo d’intesa del 26 aprile 2013. Tale misura prevede che il taglio dei depositi non garantiti della BoC si applichi ai soli depositanti della medesima, i cui depositi superino EUR 100000. Ne risulta dunque, come sottolineato correttamente dai ricorrenti, una disparità di trattamento fra i depositanti della BoC a seconda che l’importo dei depositi affidati a quest’ultima superi o meno EUR 100000.

485

Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, tale differenza di trattamento non è affatto costitutiva di una disparità di trattamento vietata dal diritto dell’Unione. Come rilevato in maniera pertinente dal Consiglio e dalla BCE, i depositanti in cui depositi presso le banche di cui trattasi superino EUR 100000 si trovano in una situazione giuridicamente distinta da quella dei depositanti i cui depositi presso le banche di cui trattasi non superano tale importo. Infatti, in conformità all’articolo 7, paragrafo 1 bis, della direttiva 94/19, come modificata dalle direttive 2005/1 e 2009/14, i depositi dei secondi erano, in caso di indisponibilità dei depositi, coperti integralmente dal sistema cipriota di garanzia dei depositi, mentre quelli dei primi lo erano soltanto a concorrenza di un importo di EUR 100000.

486

Alla luce delle considerazioni che precedono, non è ravvisabile nella specie alcuna discriminazione illegittima nei confronti dei ricorrenti i cui depositi presso le banche di cui trattasi superavano EUR 100000.

d)   Sull’esistenza di un’eventuale violazione del principio della parità di trattamento fondata su una discriminazione rispetto ai depositanti e agli azionisti delle banche degli altri SMME che hanno beneficiato di un’assistenza finanziaria prima della Repubblica di Cipro

487

I ricorrenti ritengono di essere stati discriminati rispetto ai depositanti e agli azionisti delle banche stabilite negli SMME che hanno beneficiato di un’assistenza finanziaria simile al DAF prima della Repubblica di Cipro. In primo luogo, i ricorrenti rilevano che l’importo di tale assistenza sarebbe ogni volta stato superiore a quello del DAF concesso alla Repubblica di Cipro, ma che i depositi e le azioni delle banche di tali Stati membri non sarebbero stati colpiti. In secondo luogo, i ricorrenti asseriscono che le banche greche avrebbero beneficiato di un aiuto di EUR 50 miliardi per compensare l’effetto del PSI, sebbene quest’ultimo avesse pregiudicato più seriamente le banche di cui trattasi rispetto alle banche greche.

488

I ricorrenti ne deducono di essere stati discriminati in maniera indiretta a causa della loro nazionalità, in violazione dell’articolo 18 TFUE e dell’articolo 21 della Carta. Quanto alla Repubblica di Cipro, essa sarebbe stata discriminata rispetto agli altri SMME che avevano beneficiato di un aiuto simile al DAF.

489

Il Consiglio e la BCE contestano l’argomentazione dei ricorrenti.

490

A tal riguardo, si deve rammentare che le misure che possono essere associate ad un’assistenza finanziaria fornita dal MES per risolvere le difficoltà finanziarie incontrate da uno Stato che affronta la necessità di ricapitalizzare il suo sistema bancario possono variare in maniera fondamentale da un caso all’altro in funzione di un insieme di fattori diversi dall’entità dell’aiuto in relazione alle dimensioni dell’economia di tale Stato. Fra tali fattori possono figurare segnatamente, come è stato indicato al punto 311 supra, la situazione economica dello Stato beneficiario, le prospettive di ritorno alla sostenibilità economica delle banche interessate, le ragioni che hanno portato alle difficoltà incontrate dalle stesse, incluse, se del caso, le dimensioni eccessive del settore bancario dello Stato beneficiario rispetto alla sua economia nazionale, l’evoluzione della congiuntura economica internazionale o una probabilità elevata di interventi futuri del MES (o di altre organizzazioni internazionali, organi e istituzioni dell’Unione o Stati) a sostegno di altri Stati in difficoltà, i quali possano esigere una limitazione preventiva degli importi dedicati a ciascun intervento.

491

Orbene, nella specie, i ricorrenti, ai quali incombeva, in conformità alla giurisprudenza citata al punto 442 supra, individuare con precisione le situazioni equiparabili oggetto di un trattamento differenziato, non hanno affatto spiegato, al di là di diversi riferimenti all’importanza (assoluta e relativa) dell’assistenza finanziaria concessa a quattro SMME interessati, in che modo la situazione di questi ultimi fosse, all’epoca dei fatti, comparabile a quella della Repubblica di Cipro (v. punti 311 e 312 supra).

492

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che i ricorrenti non sono pervenuti a dimostrare che essi si trovavano in una situazione comparabile a quella dei depositanti e degli azionisti delle banche stabilite negli SMME che avevano beneficiato di aiuti simili al DAF prima della Repubblica di Cipro.

493

Non è dunque possibile ritenere che la circostanza che la concessione del DAF sia stata subordinata all’adozione di misure intese a ridurre le dimensioni del settore finanziario cipriota, mentre la concessione di un’assistenza finanziaria ad altri SMME non era stata assoggettata alla condizione dell’adozione di misure analoghe, sia costitutiva di una violazione del principio della parità di trattamento nei confronti dei ricorrenti oppure, ammesso che essi possano invocare una violazione di detto principio nei confronti di un terzo, della Repubblica di Cipro.

e)   Sull’esistenza di un’eventuale discriminazione rispetto agli associati del settore bancario cooperativo cipriota

494

È pacifico fra le parti che, da un lato, la Repubblica di Cipro ha ricapitalizzato, per un importo di EUR 1,5 miliardi, l’organismo centrale cipriota Co-operative Central Bank (in prosieguo: la «CCB») e gli enti creditizi cooperativi ad essa affiliati (in prosieguo, con la CCB: il «settore bancario cooperativo»), e che, dall’altro, la concessione del DAF non è stata subordinata alla condizione che esso non venisse utilizzato a tal fine. A quest’ultimo proposito, le parti concordano nell’affermare che gli EUR 1,5 miliardi destinati alla ricapitalizzazione del settore bancario cooperativo provenivano dal DAF.

495

Viceversa, è pacifico fra le parti che la concessione del DAF è stata subordinata alla condizione che quest’ultimo non venisse utilizzato al fine di ricapitalizzare le banche di cui trattasi. I ricorrenti ritengono, pertanto, di essere stati oggetto di una discriminazione illegittima rispetto agli associati del settore bancario cooperativo.

496

I convenuti non contestano che gli associati del settore bancario cooperativo, i quali non sono stati oggetto di bail‑in, abbiano ricevuto un trattamento più favorevole rispetto ai ricorrenti. I convenuti fanno tuttavia valere che una siffatta disparità di trattamento non era in alcun modo costitutiva di una discriminazione illegittima.

497

Di conseguenza, in conformità alla giurisprudenza menzionata al punto 441 supra, occorre verificare se queste due categorie di persone si trovavano in una situazione comparabile, e, se del caso, se la disparità di trattamento di cui esse sono state oggetto fosse obiettivamente giustificata.

498

Nella risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, da un lato, i ricorrenti hanno indicato che il settore bancario cooperativo e le banche di cui trattasi si trovavano in una situazione comparabile. A loro avviso, infatti, il settore bancario cooperativo e le banche di cui trattasi operavano sullo stesso mercato e si trovavano in un rapporto di concorrenza reciproca. Dall’altro, i ricorrenti fanno valere che la situazione degli associati del settore bancario cooperativo era comparabile sotto ogni aspetto a quella dei depositanti delle banche di cui trattasi. Infatti, secondo i ricorrenti, né gli uni né gli altri potevano essere considerati responsabili delle circostanze che avevano indotto la Repubblica di Cipro a sollecitare un’assistenza finanziaria.

499

Il Consiglio e la BCE ritengono, per contro, che gli associati del settore bancario cooperativo si trovavano in una situazione diversa da quella dei ricorrenti. Le differenze fatte valere dalla BCE e dal Consiglio sono, in sostanza, due. Esse riguardano, in primo luogo, la rispettiva importanza delle banche di cui trattasi e del settore bancario cooperativo sotto il profilo della stabilità finanziaria e, in secondo luogo, la gravità e la natura delle difficoltà che queste due categorie di istituti di credito si trovavano ad affrontare.

500

In primo luogo, per quanto riguarda l’importanza rispettiva, sotto il profilo della stabilità finanziaria, delle banche di cui trattasi e del settore bancario cooperativo, la BCE sottolinea che quest’ultimo svolgeva un ruolo di primo piano sul mercato cipriota dei depositi e del credito, e che il suo bail‑in avrebbe avuto conseguenze negative più pronunciate rispetto a quello delle banche di cui trattasi sull’attività economica nazionale e, di conseguenza, sulla situazione di bilancio della Repubblica di Cipro.

501

A tal riguardo, si deve rammentare che spetta normalmente alla persona che fa valere in giudizio determinati fatti a sostegno di una sua pretesa fornire la prova di tali fatti [ordinanza del 25 gennaio 2008, Provincia di Ascoli Piceno e Comune di Monte Urano/Apache Footwear e a., C‑464/07 P(I), non pubblicata, EU:C:2008:49, punto 9; v. parimenti, in tal senso, sentenza del 6 marzo 2001, Connolly/Commissione, C‑274/99 P, EU:C:2001:127, punto 113]. Orbene, nella specie, la BCE non invoca il minimo elemento di prova a sostegno delle sue affermazioni relative al ruolo economico del settore bancario cooperativo, né dimostra che il bail‑in di quest’ultimo avrebbe avuto conseguenze più dannose rispetto a quello delle banche di cui trattasi sulla situazione di bilancio della Repubblica di Cipro. Interpellata al riguardo in udienza, la BCE non ha apportato ulteriori precisazioni.

502

Di conseguenza, l’argomento della BCE relativo all’importanza rispettiva delle banche di cui trattasi e del settore bancario cooperativo sotto il profilo della stabilità finanziaria deve essere respinto.

503

In secondo luogo, per quanto riguarda le difficoltà che gli enti creditizi in questione si trovavano ad affrontare, il Consiglio e la BCE sostengono che le banche di cui trattasi erano in una situazione economica più grave rispetto al settore bancario cooperativo. In particolare, come si evince dalle memorie della BCE dinanzi al Tribunale, le quali non vengono contestate sul punto dai ricorrenti, il settore bancario cooperativo, diversamente dalle banche di cui trattasi, non era insolvente all’epoca dei fatti. Infatti, è pacifico fra le parti che le banche di cui trattasi erano insolventi al momento dell’adozione delle misure lesive. Al contrario, emerge dalla sezione 3.1 delle divulgazioni effettuate dalla CCB nel maggio del 2013 in forza del terzo pilastro del quadro di Basilea e dalle risposte della BCE in udienza che, al 31 dicembre 2012, i coefficienti di solvibilità consolidati di tale organismo centrale e dei 92 enti creditizi cooperativi ad esso affiliati soddisfacevano i requisiti regolamentari applicabili. Il punto 20 della relazione dell’FMI del maggio del 2013 corrobora tale conclusione, nella misura in cui rileva che il settore cooperativo cipriota era stato considerato solvibile nel suo complesso.

504

Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che la differenza più significativa verificabile fra i ricorrenti e gli associati del settore bancario risiede nel carattere solvibile o meno delle banche interessate. Infatti, quanto al resto, siamo in presenza, in entrambi i casi, di depositanti o di investitori presso una banca cipriota che ha bisogno di essere ricapitalizzata per continuare le sue attività e che necessita, a tal fine, o di risorse pubbliche o di un bail‑in.

505

I ricorrenti non contestano che, in quanto tale, la solvibilità possa costituire un criterio rilevante al fine di fondare una disparità di trattamento fra più banche. In udienza, essi hanno cionondimeno sostenuto che le differenze invocate dai convenuti a tal fine, fra cui quella relativa alla solvibilità delle banche in questione, rispondevano ad una «razionalizzazione ex post di un’ingiustizia». I convenuti, infatti, avrebbero fatto valere tali differenze solo «alcuni anni più tardi» al fine di spiegare perché esse erano dirette contro i depositanti e gli azionisti delle banche di cui trattasi.

506

Tuttavia, è giocoforza constatare che i documenti del fascicolo non avvalorano l’argomentazione dei ricorrenti. Infatti, emerge dal punto 11 della relazione del maggio del 2013 dell’FMI che la necessità di distinguere le banche solvibili dalle banche insolventi era una delle ragioni per le quali il bail‑in delle banche di cui trattasi è stato privilegiato rispetto a un prelievo eccezionale sui depositi, garantiti e non garantiti, affidati alla totalità delle banche cipriote. Si deve dunque ritenere che, all’epoca dei fatti, un trattamento differenziato delle banche cipriote a seconda che esse fossero solvibili o meno sia stato considerato auspicabile.

507

Di conseguenza, poiché la situazione degli associati del settore bancario cooperativo non è comparabile a quella dei ricorrenti, non è ravvisabile, nella specie, alcuna discriminazione illegittima nei confronti di questi ultimi.

508

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve concludere che i ricorrenti non sono pervenuti a dimostrare l’esistenza di una violazione del principio della parità di trattamento nei loro confronti. Non si può dunque ritenere che il Consiglio, adottando la decisione 2013/236, abbia preteso il mantenimento o la continuazione dell’attuazione di una misura inficiata da una violazione del principio della parità di trattamento, né che la Commissione e la BCE, prestando il loro sostegno alle misure lesive, abbiano contribuito ad una violazione di tale principio.

509

Ne consegue che la prima condizione per il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione non è soddisfatta nella specie, cosicché le domande risarcitorie formulate dai ricorrenti devono essere respinte.

IV. Sulle spese

510

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

511

Poiché la Commissione, il Consiglio e la BCE ne hanno fatto domanda, i ricorrenti, rimasti soccombenti, vanno condannati alle spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

Il Dr. K. Chrysostomides & Co. LLC e le altre parti ricorrenti i cui nomi figurano in allegato sono condannati a sostenere, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea, dalla Commissione europea e dalla Banca centrale europea (BCE).

 

Kanninen

Schwarcz

Iliopoulos

Calvo-Sotelo Ibáñez-Martín

Reine

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 luglio 2018.

Firme

Indice

 

I. Fatti

 

A. Il Trattato MES

 

B. Difficoltà finanziarie della Repubblica di Cipro e domanda di assistenza finanziaria

 

C. Misure di ristrutturazione bancaria adottate dalla Repubblica di Cipro

 

D. Concessione di un’assistenza finanziaria alla Repubblica di Cipro

 

II. Procedimento e conclusioni delle parti

 

III. In diritto

 

A. Sulla competenza del Tribunale

 

1. Sull’imputabilità ai convenuti delle misure lesive

 

a) Sulla questione se i convenuti, tramite gli atti controversi, abbiano preteso l’adozione delle misure lesive

 

1) Dichiarazione dell’Eurogruppo del 25 marzo 2013

 

2) «Accordo dell’Eurogruppo del 25 marzo 2013»

 

3) «Decisione del consiglio direttivo della BCE del 21 marzo 2013 intesa ad ottenere il rimborso dell’ELA entro il 26 marzo [2013], salvo la conclusione di un accordo su un pacchetto di salvataggio»

 

4) «[Decisioni] di continuare ad erogare l’ELA» asseritamente adottate dalla BCE

 

5) Atti posteriori

 

b) Sulla questione se la Repubblica di Cipro disponesse di un margine di discrezionalità per sottrarsi al requisito del mantenimento o della continuazione dell’attuazione della misura consistente nella conversione in azioni di depositi della BoC

 

c) Conclusione sull’imputabilità ai convenuti dell’adozione, del mantenimento o della continuazione dell’attuazione delle misure lesive

 

2. Sul sorgere della responsabilità dell’Unione a causa di determinati atti e comportamenti dei convenuti

 

3. Conclusione sulla competenza del Tribunale

 

B. Sulla ricevibilità

 

1. Sul rispetto dei requisiti di forma

 

2. Sull’asserito mancato esaurimento dei mezzi di ricorso interni

 

C. Conclusione sulla competenza del Tribunale e sulla ricevibilità del ricorso

 

D. Nel merito

 

1. Sull’esistenza di un’eventuale violazione del diritto di proprietà

 

a) Sulla prima serie di misure lesive

 

1) Sulla natura dell’esame effettuato dalla Corte nella sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P)

 

2) Sugli elementi di prova presentati dalle parti ricorrenti nella causa sfociata nella sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE (da C‑8/15 P a C‑10/15 P)

 

3) Sul rispetto dei requisiti secondo i quali ogni restrizione del diritto di proprietà deve essere prevista dalla legge ed essere proporzionata all’obiettivo perseguito

 

i) Sul requisito secondo il quale ogni restrizione del diritto di proprietà deve essere prevista dalla legge

 

ii) Sul requisito, secondo il quale ogni restrizione del diritto di proprietà deve essere proporzionata all’obiettivo perseguito

 

– Sull’idoneità della prima serie di misure lesive a contribuire alla realizzazione dell’obiettivo perseguito

 

– Sulla proporzionalità e sulla necessità della prima serie di misure lesive

 

– Sugli inconvenienti causati dalla prima serie di misure lesive

 

b) Sulla seconda serie di misure lesive

 

1) Sulla riduzione del valore nominale delle azioni ordinarie della BoC

 

2) Sulla vendita delle succursali greche

 

c) Sull’asserita violazione dell’articolo 14.4 dello statuto della BCE, del diritto ad una buona amministrazione e dei requisiti di coerenza e di equità

 

2. Sull’esistenza di un’eventuale violazione del principio della tutela del legittimo affidamento

 

a) Sull’esistenza di un legittimo affidamento tratto dalla lettera dell’11 febbraio 2013

 

b) Sull’esistenza di un legittimo affidamento tratto dall’«impegno del 21 gennaio 2013 dell’Eurogruppo sulla possibilità di offrire il DAF sulla base di un accordo politico, concluso nel novembre del 2012»

 

c) Sull’esistenza di un legittimo affidamento tratto dal trattamento riservato agli SMME che hanno beneficiato di un’assistenza finanziaria prima della Repubblica di Cipro

 

d) Sull’esistenza di un legittimo affidamento tratto dal fatto che la BCE ha deciso di autorizzare l’ELA per un periodo di tempo prolungato

 

3. Sull’esistenza di un’eventuale violazione del principio della parità di trattamento

 

a) Sull’esistenza di un’eventuale discriminazione rispetto ai creditori della Laïki i cui ricorsi derivano dall’ELA

 

b) Sull’esistenza di un’eventuale discriminazione rispetto ai titolari di depositi costituiti presso succursali greche

 

c) Sull’esistenza di un’eventuale violazione del principio della parità di trattamento fondata su una discriminazione rispetto ai depositanti delle banche di cui trattasi i cui depositi non superavano EUR 100000

 

d) Sull’esistenza di un’eventuale violazione del principio della parità di trattamento fondata su una discriminazione rispetto ai depositanti e agli azionisti delle banche degli altri SMME che hanno beneficiato di un’assistenza finanziaria prima della Repubblica di Cipro

 

e) Sull’esistenza di un’eventuale discriminazione rispetto agli associati del settore bancario cooperativo cipriota

 

IV. Sulle spese


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

( 1 ) L’elenco degli altri ricorrenti è allegato soltanto alla versione notificata alle parti.

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