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Document 52023IE0866

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Accrescere il potere di contrattazione collettiva in tutta l’Unione europea» (parere d’iniziativa)

    EESC 2023/00866

    GU C 349 del 29.9.2023, p. 7–11 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, GA, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    29.9.2023   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 349/7


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Accrescere il potere di contrattazione collettiva in tutta l’Unione europea»

    (parere d’iniziativa)

    (2023/C 349/02)

    Relatore: Philip VON BROCKDORFF

    Decisione dell’Assemblea plenaria

    25.1.2023

    Base giuridica

    Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

     

    Parere d’iniziativa

    Sezione competente

    Occupazione, affari sociali e cittadinanza

    Adozione in sezione

    21.6.2023

    Adozione in sessione plenaria

    12.7.2023

    Sessione plenaria n.

    580

    Esito della votazione

    (favorevoli/contrari/astenuti)

    152/4/9

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1.

    Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) osserva che la contrattazione collettiva è uno strumento fondamentale nell’ambito delle relazioni industriali (naturalmente se si parte dal presupposto che tanto i datori di lavoro come i sindacati siano disposti al negoziato) e fa riferimento a recenti studi secondo i quali, al di sopra di un determinato livello, il tasso di sindacalizzazione contribuisce a ridurre le disparità di reddito all’interno dei paesi, attenuando così disuguaglianze ben radicate tra i diversi strati della società.

    1.2.

    Il CESE evidenzia l’importante conclusione di una relazione dell’OCSE secondo cui il coordinamento dei salari svolge un ruolo cruciale nell’aiutare le parti sociali a tenere conto degli effetti macroeconomici degli accordi salariali sulla competitività. Il CESE osserva anche che, in questa stessa relazione dell’OCSE, si pone l’accento sul ruolo di una contrattazione collettiva forte e dinamica nel favorire la produttività, la competitività e la crescita economica.

    1.3.

    Il CESE ritiene che i sindacati, insieme alle associazioni dei datori di lavoro, continuino a svolgere un ruolo importante nel definire la politica economica, sociale e dell’occupazione. Tuttavia, il numero di lavoratori coperti da accordi a livello aziendale o settoriale continua a diminuire, indebolendo così il potere contrattuale dei sindacati.

    1.4.

    Occorre pertanto trovare soluzioni per far sì che i sindacati, i datori di lavoro e i governi assumano un ruolo più importante in un mercato del lavoro dinamico, e individuare le misure possibili per garantire la sostenibilità di strutture solide e robuste per lo svolgimento del dialogo sociale, anche in relazione al potere di contrattazione collettiva, e il rispetto dell’autonomia delle parti sociali nonché delle relazioni industriali a livello nazionale.

    1.5.

    Il CESE ritiene che spetti alle parti sociali decidere quali siano le strutture adeguate per condurre la contrattazione collettiva e, se del caso, per lo svolgimento del dialogo sociale tripartito e bipartito. Il CESE prende altresì atto che i governi svolgono un ruolo fondamentale nel riconoscere l’importanza della contrattazione collettiva creando le condizioni favorevoli per facilitarne l’attuazione, tutelare dalle pratiche discriminatorie e scongiurare i tentativi di limitare l’esercizio del diritto legale dei lavoratori di aderire a un’organizzazione sindacale.

    1.6.

    Il CESE osserva che il pilastro europeo dei diritti sociali incoraggia le parti sociali a negoziare accordi collettivi negli ambiti di loro interesse, nel rispetto della loro autonomia e del diritto all’azione collettiva (1).

    1.7.

    Il CESE osserva inoltre che le nuove forme di lavoro — come quelle dell’economia delle piattaforme — pongono nuove sfide per le relazioni industriali. L’emergere di questa nuova realtà ha indebolito non solo il ruolo «tradizionale» dei sindacati in quanto istituzioni rappresentative dei lavoratori organizzati, ma anche quello delle associazioni dei datori di lavoro in quanto parti interessate cruciali nel mercato del lavoro.

    1.8.

    Il CESE sottolinea che l’innovazione sul luogo di lavoro è fondamentale per la buona riuscita di qualsiasi impresa, e raccomanda pertanto che, nell’ambito della procedura di contrattazione collettiva, i processi di innovazione sul luogo di lavoro siano considerati parte integrante della contrattazione collettiva e del dialogo sociale in generale.

    1.9.

    Il CESE è del parere che — a fronte di un’accesa concorrenza a livello globale e dell’aumento dei costi energetici — possa rendersi necessario trovare un equilibrio che tenga conto degli interessi reciproci, ad esempio l’aumento del costo della vita per i lavoratori, riconoscendo nel contempo che il dialogo sociale, inclusa la contrattazione collettiva, può contribuire a stimolare la produttività sul luogo di lavoro.

    1.10.

    Il CESE ritiene inoltre che la contrattazione collettiva e il dialogo sociale possano sostenere la strategia industriale in un contesto economico in evoluzione, in linea con le relazioni industriali a livello nazionale. Benché possa essere necessario un certo grado di flessibilità, questo dovrebbe dipendere dall’accordo raggiunto tra le parti sociali e in ogni caso non dovrebbe compromettere i diritti collettivi o le condizioni di lavoro.

    1.11.

    Osserva anche che in Europa la copertura più estesa e stabile da parte dei contratti collettivi si registra nei paesi i cui sistemi in materia sono caratterizzati da una contrattazione con più datori di lavoro, dove i negoziati si svolgono principalmente a livello settoriale o, in qualche caso (ad esempio in Belgio), anche a livello intersettoriale.

    1.12.

    Infine, il CESE invita le autorità pubbliche a servirsi degli appalti pubblici, laddove opportuno, quale strumento complementare di promozione e riconoscimento della contrattazione collettiva.

    2.   Osservazioni generali

    2.1.

    La contrattazione collettiva è un processo fondamentale nell’ambito delle relazioni industriali, che definisce salari e condizioni di lavoro equi in tutti i settori dell’economia e coinvolge i datori di lavoro da un lato e i sindacati dall’altro. Mentre la contrattazione collettiva è attuata da molto tempo, l’adesione ai sindacati ha registrato un calo costante nel corso degli anni. Le ricerche dimostrano che, man mano che il tasso di adesione ai sindacati diminuisce, risulta indebolito anche il potere contrattuale dei sindacati, con implicazioni per i diritti acquisiti dei lavoratori e per la contrattazione collettiva (2). Allo stesso modo, è importante che le imprese aderiscano alle associazioni di categoria pertinenti per rafforzare il processo di contrattazione collettiva: da alcuni studi emerge infatti che queste organizzazioni svolgono un ruolo chiave nel promuovere il rispetto delle norme di legge e delle norme del lavoro e in materia di salute e sicurezza sul lavoro, soprattutto nell’ambito dell’economia informale (3).

    2.2.

    Ulteriori ricerche mettono in luce il ruolo rilevante che svolgono i sindacati nel conseguire un equilibrio di potere che favorisca la giustizia sociale e la prosperità economica. I risultati empirici mostrano che l’andamento delle disparità di reddito segue una traiettoria contraria rispetto al tasso di densità sindacale. All’inizio, infatti, le disparità di reddito aumentano con l’aumentare del numero di occupati che aderiscono ai sindacati, per poi raggiungere il picco di una traiettoria «a U rovesciata», quando il tasso di densità sindacale è compreso tra il 35 e il 39 %, e segnare infine una diminuzione mentre la densità sindacale continua ad aumentare. Pertanto, secondo quanto suggeriscono le ricerche citate, il fatto che al di là di una specifica forbice l’adesione ai sindacati aumenti contribuisce a ridurre le disparità di reddito all’interno dei paesi (4).

    2.3.

    Se l’innovazione d’impresa, la competitività e la produttività sono riconosciute come motori fondamentali della crescita economica in un contesto globale fortemente competitivo, tutti e tre questi fattori dipendono in larga misura dal contributo della forza lavoro e dal valore aggiunto che i lavoratori apportano nel conseguire appunto innovazione, competitività e produttività. Alla base di tutto questo vi sono il coinvolgimento attivo e il contributo delle parti sociali.

    2.4.

    Come indicato dal CESE in un precedente parere (5), la creazione di valore a lungo termine rimane un dovere cui gli amministratori con incarichi esecutivi sono tenuti a ottemperare attraverso il perseguimento di interessi a lungo termine, ragion per cui si dovrebbe incoraggiare il conferimento a tali amministratori di una maggiore responsabilità in relazione alla sostenibilità delle imprese. Una conclusione, questa, espressamente fatta propria dal gruppo consultivo europeo sull’informativa finanziaria (European Financial Reporting Advisory Group — EFRAG) nella sua proposta sugli obblighi di informativa ESG (ossia sugli impatti ambientali, sociali e di governance) a norma della direttiva sulla comunicazione societaria sulla sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive — CSRD), in base alla quale le società rientranti nel suo ambito di applicazione sarebbero tenute a rendere note la copertura della contrattazione collettiva e l’ampiezza del dialogo sociale tra i loro lavoratori, dal momento che una forza lavoro dotata di poteri, impegnata e valorizzata è considerato uno dei principi fondamentali della sostenibilità a lungo termine delle imprese (6).

    2.5.

    La resilienza e la sostenibilità economiche concorrono indirettamente alla coesione sociale, dato che possono essere conseguite soltanto se il valore aggiunto che la forza lavoro apporta all’economia è considerato una priorità. Questa priorità è un fattore prevalente nelle economie in cui la contrattazione collettiva e il dialogo sociale in generale vengono attuati con successo e creano un bilanciamento del potere economico che promuove l’innovazione d’impresa, la competitività e la produttività basate sulla tecnologia e sulla forza lavoro.

    2.6.

    Nonostante la diminuzione della densità sindacale in tutta l’UE, il CESE ritiene che i sindacati continuino a svolgere un ruolo importante — benché declinante in taluni Stati membri — nel definire la politica economica, sociale e dell’occupazione. Tuttavia, il numero di lavoratori coperti da accordi collettivi è in calo. In alcuni Stati membri, inoltre, la questione della rappresentatività delle associazioni dei datori di lavoro desta delle preoccupazioni. Pertanto, è importante che le parti sociali, aiutate da un quadro che consenta loro di farlo, trovino i modi per garantire che la contrattazione collettiva e il dialogo sociale possano adempiere alla loro missione in quanto strumenti pertinenti e significativi, in funzione dei contesti e delle pratiche a livello nazionale. Il CESE sottolinea che la contrattazione collettiva è un diritto fondamentale, sancito dalla Costituzione dell’OIL (Organizzazione internazionale del lavoro) (7), ma anche uno strumento che consente ai datori di lavoro, alle loro associazioni e ai sindacati di concordare salari e condizioni di lavoro equi, pur tenendo conto anche degli interessi economici e sociali a livello nazionale. In tale contesto, il CESE fa riferimento anche alla convenzione n. 87 dell’OIL sulla libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, che costituisce altresì un diritto fondamentale sia dei lavoratori che dei datori di lavoro, come lo è anche il diritto di non aderire ad alcuna organizzazione sindacale. Relazioni industriali solide presuppongono inoltre che sia i datori di lavoro che i sindacati siano disposti al negoziare. I dati scientifici disponibili dimostrano che non sempre questo avviene (8).

    2.7.

    L’obiettivo del presente parere è quindi quello di esaminare i motivi — nonché le implicazioni dei modi — per frenare questo declino della densità sindacale e mettere l’accento sui rispettivi ruoli dei sindacati, dei datori di lavoro e dei governi in un mercato del lavoro dinamico, oltre a individuare le possibilità per garantire la sostenibilità di strutture solide e robuste per lo svolgimento della contrattazione collettiva, pur nel rispetto dell’autonomia delle parti sociali e delle relazioni industriali a livello nazionale.

    3.   Osservazioni particolari

    3.1.

    Come sottolineato nel parere del CESE sul tema Rafforzare il dialogo sociale (SOC/764) (9), il livello di impegno nel dialogo sociale e di efficacia di quest’ultimo (e implicitamente anche della contrattazione collettiva) varia da uno Stato membro all’altro. Tuttavia, il CESE reputa che spetti alle parti sociali di ciascuno Stato membro decidere quale sia la configurazione della contrattazione collettiva più adatta al contesto nazionale.

    3.2.

    Il CESE prende atto che i governi svolgono un ruolo fondamentale nel riconoscere l’importanza della contrattazione collettiva creando le condizioni favorevoli per facilitarne l’attuazione, tutelare dalle pratiche discriminatorie e scongiurare i tentativi di limitare l’esercizio del diritto legale dei lavoratori di aderire a un’organizzazione sindacale. Questo quadro di dialogo sociale tripartito dovrebbe rispecchiare i punti principali formulati nella raccomandazione della Commissione sul rafforzamento del dialogo sociale nell’Unione europea, con una particolare attenzione a garantire l’equità sociale, favorendo nel contempo la prosperità e la resilienza dell’Europa.

    3.3.

    Il CESE osserva che il pilastro europeo dei diritti sociali (10) incoraggia le parti sociali a negoziare accordi collettivi, nel rispetto della loro autonomia e del diritto all’azione collettiva. Chiede altresì che le parti sociali vengano consultate per l’elaborazione e l’attuazione delle politiche economiche, occupazionali e sociali, pur osservando con rammarico che, anche laddove sono svolte, tali consultazioni non sono condotte con pari convinzione e uguale impegno in ogni parte dell’UE. Il CESE sottolinea inoltre che, in linea con il pilastro europeo, e ove opportuno, gli accordi conclusi tra le parti sociali devono essere attuati al livello dell’Unione e a quello dei singoli Stati membri. Questo principio presuppone la garanzia di un livello minimo di protezione.

    3.4.

    Il mondo del lavoro è in costante evoluzione a causa delle nuove pratiche lavorative che definiscono la vita professionale di milioni di europei. Le nuove forme di lavoro sorte nell’ambito dell’economia delle piattaforme rappresentano sfide enormi per le relazioni industriali. Il CESE ritiene che questa nuova realtà abbia avuto un impatto sia sui sindacati che sulle associazioni dei datori di lavoro, e che entrambi i tipi di organizzazioni debbano adattarvisi in fretta, pur salvaguardando i diritti fondamentali dei lavoratori, nello spirito della proposta di direttiva della Commissione sui lavoratori delle piattaforme digitali.

    3.5.

    La contrattazione collettiva è fondamentale per l’esistenza stessa, oltre che per la rilevanza, delle organizzazioni sindacali, nonché per garantire un bilanciamento di potere tra datori di lavoro e lavoratori. Il CESE ritiene che la contrattazione collettiva, come pure il dialogo sociale in generale, debbano sostenere anche l’innovazione sul luogo di lavoro al fine di stimolare la produttività e di affrontare i potenziali cambiamenti nelle pratiche di lavoro che incidono sul benessere e sulla vita professionale dei lavoratori. Il CESE riconosce che tutto ciò pone i sindacati di fronte a un’ulteriore sfida, anche se la responsabilità delle decisioni prese a livello aziendale dovrebbe naturalmente continuare ad essere dei datori di lavoro. Il CESE raccomanda, nel rispetto dei sistemi nazionali di relazioni industriali, di riconoscere il ruolo che svolgono i sindacati nell’ambito dei processi di innovazione sul luogo di lavoro come parte integrante del ruolo che è di pertinenza del dialogo sociale e della contrattazione collettiva.

    3.6.

    È qui opportuno evidenziare le conclusioni di una relazione dell’OCSE (11) in cui si ribadisce che il diritto alla contrattazione collettiva è un diritto fondamentale del lavoro che può anche migliorare il rendimento sul luogo di lavoro. Lo stesso documento conclude sottolineando con preoccupazione che oggi questo diritto è sotto pressione a causa del generale indebolimento delle relazioni industriali e della diffusione di forme di occupazione nuove e spesso precarie. La relazione dell’OCSE conferma che la contrattazione collettiva è sotto pressione in tutta l’UE e che è necessario agire sul piano politico per rimediare al problema. La relazione fornisce tutti i dati consolidati necessari per rafforzare la contrattazione collettiva in modo da renderla più flessibile e più reattiva a un mondo del lavoro in evoluzione. Il CESE ritiene pertanto che si debba trovare un equilibrio che tenga conto degli interessi reciproci — ad esempio l’aumento del costo della vita per i lavoratori e una sempre più accesa concorrenza a livello globale –, riconoscendo che la contrattazione collettiva e il dialogo sociale possono stimolare la produttività attraverso l’innovazione sul luogo di lavoro e promuovere lo sviluppo delle competenze. Inoltre, la contrattazione collettiva e il dialogo sociale potrebbero sostenere la strategia industriale in un contesto economico mutevole, sulla base delle relazioni industriali a livello nazionale. Sebbene la flessibilità decisa di comune accordo tra le parti sociali debba servire come strumento per adattarsi al mutare delle circostanze e per bilanciare le esigenze delle imprese e quelle dei lavoratori, questo non dovrebbe comportare il rischio di danneggiare i diritti collettivi e neppure andare a discapito delle condizioni di lavoro. Inoltre la flessibilità del lavoro, adeguatamente regolamentata dalla legislazione o dalla contrattazione collettiva, implica dei vantaggi tanto per i lavoratori come per i datori di lavoro.

    3.7.

    Per quanto riguarda gli accordi a livello aziendale o settoriale nel processo di contrattazione collettiva, non esistono formule per stabilire se sia più agevole applicare i primi o i secondi. Tutto ciò premesso, se si vuol estendere la copertura della contrattazione collettiva, come indicato nella direttiva relativa a salari minimi adeguati nell’UE (12), spetta alle parti sociali nei singoli Stati membri svolgere un’analisi dei punti di forza e delle carenze delle due forme di accordo e stabilire se lo strumento migliore per estendere tale copertura siano gli accordi settoriali, quelli a livello aziendale o una combinazione di entrambi. Ad esempio, alcuni studi indicano che in Europa la copertura più elevata e stabile da parte dei contratti collettivi si registra nei paesi i cui sistemi in materia sono caratterizzati da una contrattazione con più datori di lavoro, dove i negoziati si svolgono principalmente a livello settoriale o, in qualche caso (ad esempio in Belgio), anche a livello intersettoriale (13). Ovviamente gli sforzi per ampliare tale copertura devono tenere conto delle condizioni prevalenti in ciascuno Stato membro.

    3.8.

    Il CESE riconosce che incrementare l’adesione ai sindacati e alle associazioni dei datori di lavoro continuerà a rappresentare una sfida enorme; e, benché il dialogo sociale e la contrattazione collettiva abbiano luogo, e anzi debbano svolgersi, su base volontaria, il Comitato raccomanda alle parti sociali in ciascuno Stato membro di raccogliere questa sfida esplorando metodi idonei a garantire un’adesione duratura alle loro organizzazioni.

    3.9.

    Il CESE prende atto dell’esistenza di una grande varietà di sistemi di relazioni industriali a livello nazionale, che riflettono i diversi contesti economici e politici degli Stati membri. Secondo una nota della Commissione (14), nel campo della contrattazione collettiva si assiste oggi alla tendenza a una contrattazione decentrata a livello aziendale. I dati dimostrano che la copertura dei contratti collettivi tende ad essere maggiore là dove la contrattazione è centralizzata; dove più alti sono i tassi di associazione dei datori di lavoro; e dove gli effetti degli accordi vengono estesi a soggetti non firmatari.

    3.10.

    Il CESE evidenzia altresì l’importante conclusione della già citata relazione dell’OCSE secondo cui il coordinamento dei salari svolge un ruolo fondamentale nell’aiutare le parti sociali a tenere conto della situazione del ciclo economico e degli effetti macroeconomici degli accordi salariali sulla competitività (15). Inoltre, il CESE ritiene che il processo di contrattazione dipenderà dalle condizioni prevalenti a livello di singola impresa, piccola o grande che sia.

    3.11.

    Il CESE invita caldamente le parti sociali ad accrescere la rilevanza dei sistemi di contrattazione collettiva valutando in che modo la contrattazione collettiva a tutti i livelli possa, in modo equilibrato, apportare un valore aggiunto sia ai lavoratori che ai datori di lavoro in tutti i settori dell’economia e della società. In tale contesto, è opportuno tenere presente l’ultimo rapporto dell’OCSE sulle prospettive occupazionali, in cui si insiste sul ruolo di una contrattazione collettiva forte e dinamica nel favorire la produttività, la competitività e la crescita economica.

    3.12.

    Il CESE sottolinea l’importante ruolo che le autorità pubbliche svolgono, o potrebbero svolgere, nel dialogare con i datori di lavoro e i sindacati al fine di instaurare una più stretta cooperazione e di sostenere le politiche macroeconomiche. Ovviamente le autorità pubbliche sono esse stesse importanti datori di lavoro e spesso negoziano con le organizzazioni sindacali che rappresentano i lavoratori, le quali in alcuni Stati membri possono definire il modello per l’intera economia. Inoltre, i governi svolgono un ruolo essenziale nel creare le condizioni giuste per la pace sociale, la stabilità dei prezzi, l’aumento della produttività e modelli di occupazione non discriminatori. Per raggiungere questi obiettivi, e nel rispetto dell’autonomia delle parti sociali, il CESE chiede di rafforzare la contrattazione collettiva per ottenere risultati migliori sia per le imprese che per i lavoratori. Una delle misure che il CESE suggerisce alle autorità pubbliche di adottare consiste nel servirsi degli appalti pubblici, laddove opportuno, quale strumento complementare per promuovere e sostenere la contrattazione collettiva, come già sottolineato dal Comitato in due precedenti pareri (16).

    3.13.

    Come osservato in precedenza, nella contrattazione collettiva può essere necessaria una flessibilità concordata. Tuttavia, il CESE ritiene che qualsiasi modifica concordata degli accordi collettivi debba trovare un equilibrio tra gli interessi di tutte e due le parti e presentare dei vantaggi per entrambe. Mentre è opportuno promuovere accordi a livello nazionale e settoriale, il CESE riconosce che, per quel che riguarda le contrattazioni a livello aziendale, la flessibilità del lavoro, adeguatamente regolamentata dalla legislazione o dalla contrattazione collettiva, può recare vantaggi tanto ai lavoratori come ai datori di lavoro. Tali contrattazioni dovrebbero essere fondate sulla fiducia reciproca e su strutture negoziali efficaci, avendo sempre cura di non permettere regressi nelle condizioni di lavoro. Detto questo, ove possibile è necessario trovare un compromesso, in forza del quale i sistemi decentrati diventino più strutturati e gli accordi settoriali stabiliscano le condizioni quadro generali, lasciando che la definizione delle disposizioni di dettaglio abbia luogo nell’ambito di contrattazioni a livello aziendale. In effetti, alcuni studi suggeriscono che i sistemi ibridi di contrattazione collettiva, che comprendono sistemi coordinati a livello settoriale e multilivello, offrono risultati migliori sia per i lavoratori che per le imprese (17).

    Bruxelles, 12 luglio 2023

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Oliver RÖPKE


    (1)  Principio n. 8.

    (2)  Schnabel, C. (2020). «Union membership and collective bargaining: trends and determinants» [Adesione alle organizzazioni sindacali e contrattazione collettiva: tendenze e fattori determinanti] (pagg. 1-37). Springer International Publishing.

    (3)  Ufficio internazionale del lavoro (ILO). «The informal economy and decent work: A policy resource guide supporting transitions to formality» [L’economia informale e il lavoro dignitoso: una guida alle risorse delle politiche a sostegno delle transizioni verso l’economia formale] 2013.

    (4)  Montebello, R., Spiteri, J., & Von Brockdorff, P. (2022). «Trade unions and income inequality: Evidence from a panel of European countries» [Sindacati e disparità di reddito: dati ricavati da un insieme di paesi europei], International Labour Review.

    (5)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Nessun Green Deal senza Social Deal» (parere d’iniziativa) (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 23).

    (6)  https://www.efrag.org/?AspxAutoDetectCookieSupport=1.

    (7)  Il diritto alla contrattazione collettiva è ribadito anche nella dichiarazione dell’OIL del 1998 sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro.

    (8)  Pisarczyk, Ł. (2023). «Towards rebuilding collective bargaining? Poland in the face of contemporary challenges and changing European social policy» [Verso una ricostruzione della contrattazione collettiva? La Polonia di fronte alle sfide della nostra epoca e all’evoluzione della politica sociale europea]. Industrial Relations Journal.

    (9)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di raccomandazione del Consiglio sul rafforzamento del dialogo sociale nell’Unione europea [COM(2023) 38 final — 2023/0012 (NLE)] e sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Rafforzare il dialogo sociale nell’Unione europea: sfruttarne appieno il potenziale per gestire transizioni eque» [COM(2023) 40 final] (GU C 228 del 29.6.2023, pag. 87).

    (10)  Principio n. 8.

    (11)  https://www.oecd.org/employment/negotiating-our-way-up-1fd2da34-en.htm.

    (12)  Direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 ottobre 2022, relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea (GU L 275 del 25.10.2022, pag. 33).

    (13)  https://www.etui.org/services/facts-figures/benchmarks/what-s-happening-to-collective-bargaining-in-europe.

    (14)  https://commission.europa.eu/system/files/2016-03/social-dialogue-involvement-of-workers_en.pdf.

    (15)  https://www.oecd.org/employment/negotiating-our-way-up-1fd2da34-en.htm.

    (16)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Salari minimi dignitosi in tutta Europa» (parere esplorativo richiesto dal Parlamento europeo/dal Consiglio) (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159) e sul tema «Gli appalti pubblici come strumento per creare valore e dignità nel lavoro nei servizi di pulizia e di manutenzione» (parere d’iniziativa) (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 30).

    (17)  Braakmann, N., e Brandl, B., «The efficacy of hybrid collective bargaining systems: An analysis of the impact of collective bargaining on company performance in Europe» [L’efficacia dei sistemi ibridi di contrattazione collettiva: un’analisi dell’impatto della contrattazione collettiva sulle prestazioni delle imprese in Europa], 2016.


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