Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52016AE2470

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi» [COM(2016) 128 final — 2016/0070 (COD)]

GU C 75 del 10.3.2017, p. 81–96 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

10.3.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/81


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi»

[COM(2016) 128 final — 2016/0070 (COD)]

(2017/C 075/15)

Relatrici:

Vladimíra DRBALOVÁ ed Ellen NYGREN

Consultazione

Parlamento europeo, 11 aprile 2016

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

22 novembre 2016

Adozione in sessione plenaria

14 dicembre 2016

Sessione plenaria n.

521

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

180/84/30

1.   Conclusioni e proposte

1.1.

Il CESE accoglie con favore l’impegno della Commissione europea a promuovere un mercato unico più approfondito e più equo come una delle principali priorità del suo mandato, nonché le iniziative della Commissione stessa volte a dare un ulteriore impulso alla prestazione transfrontaliera di servizi attraverso il suo piano di investimenti per l’Europa.

1.2.

Il CESE si compiace della decisione della Commissione di introdurre la direttiva di applicazione 2014/67/UE (1) al fine di migliorare l’interpretazione e l’applicazione comune della direttiva 96/71/CE sul distacco dei lavoratori (2).

1.3.

La direttiva di applicazione e l’attuale proposta di revisione mirata della direttiva sul distacco dei lavoratori riguardano aspetti diversi della pratica del distacco dei lavoratori. I due documenti non sono soltanto complementari, ma è possibile che i risultati attesi dall’attuazione della direttiva di applicazione forniscano un quadro più chiaro della situazione reale.

1.4.

Il CESE appoggia in linea di principio la proposta di rifusione della direttiva sul distacco dei lavoratori presentata dalla Commissione. Il principio della parità di retribuzione per lo stesso lavoro nello stesso luogo costituisce la pietra angolare del pilastro europeo dei diritti sociali.

1.5.

Il CESE ritiene che i contratti collettivi siano il parametro di riferimento per livelli di retribuzione.

1.6.

Il CESE sottolinea che il ruolo dell’esclusiva delle parti sociali non è stato rispettato, e si chiede il motivo per cui non sia stata lanciata una consultazione adeguata di esse a norma dell’articolo 154, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

1.7.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la Commissione abbia specificamente stabilito la durata massima del distacco. Il limite di 24 mesi è un passo nella giusta direzione, ma un limite di 6 mesi sarebbe più prossimo alle reali condizioni di mercato.

1.8.

Il CESE chiede di includere nella direttiva sul distacco dei lavoratori una disposizione atta a chiarire che la direttiva stabilisce una norma minima, ma non una massima. A tal fine, sarà necessario estendere la base giuridica.

2.   Il quadro politico europeo

2.1.

La libera circolazione dei lavoratori, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi sono principi fondamentali dell’Unione europea.

2.2.

Occorre operare una distinzione tra la libera circolazione dei lavoratori e la libera prestazione dei servizi di cui all’articolo 56 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Il principio della libera circolazione dei lavoratori conferisce infatti ai cittadini il diritto di trasferirsi liberamente — e risiedere — in un altro Stato membro per lavorare, e li protegge da ogni discriminazione, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro, rispetto ai cittadini di quello Stato membro.

2.3.

Il principio della libera prestazione dei servizi, invece, conferisce alle imprese il diritto di prestare servizi in un altro Stato membro. A questo scopo, esse possono distaccare temporaneamente i propri dipendenti in tale Stato membro affinché vi svolgano l’attività necessaria per la prestazione del servizio.

2.4.

Il 16 dicembre 1996 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato la direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (3).

2.5.

La direttiva mira a conciliare l’esercizio di questa libertà fondamentale di prestazione di servizi transfrontalieri sancita dall’articolo 56 del TFUE e la tutela dei diritti dei lavoratori temporaneamente distaccati all’estero a tale scopo.

2.6.

Nel ottobre 2010, nella sua comunicazione dal titolo Verso un atto per il mercato unico — Per un’economia sociale di mercato altamente competitiva — 50 proposte per lavorare, intraprendere e commerciare insieme in modo più adeguato (4), la Commissione ha presentato due proposte intese a ripristinare la fiducia e il sostegno dei cittadini: una sull’equilibrio tra diritti sociali fondamentali e libertà economiche e l’altra sul distacco dei lavoratori.

2.7.

Nel marzo 2010 le parti sociali europee hanno presentato un rapporto (5) sulle conseguenze delle sentenze della Corte di giustizia dell’UE (in prosieguo «la Corte di giustizia»), dal quale emergevano forti divergenze. Infatti, mentre BusinessEurope si opponeva alla revisione della direttiva (pur concordando sulla necessità di chiarire taluni aspetti relativi alla sua applicazione), la CES chiedeva che la direttiva fosse modificata profondamente.

2.8.

Nel dicembre 2012 la Commissione ha pubblicato una proposta concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE. La direttiva di applicazione  (6) stabilisce un quadro comune di disposizioni, misure e meccanismi di controllo intesi a migliorare e a uniformare l’applicazione nella pratica della direttiva 96/71/CE, comprendente anche misure dirette a prevenire e sanzionare ogni elusione o violazione delle norme vigenti. Nel contempo, la proposta consente di tutelare i diritti dei lavoratori distaccati e di eliminare gli ostacoli ingiustificati alla libertà di prestazione di servizi.

2.9.

Il termine per il recepimento della direttiva di applicazione è stato fissato al 18 giugno 2016, ed entro il 18 giugno 2019 la Commissione dovrà presentare al Parlamento europeo, al Consiglio e al CESE una relazione sulla sua applicazione e attuazione e, se necessario, proporre emendamenti e modifiche. Nel suo riesame, la Commissione valuterà, previa consultazione con gli Stati membri e le parti sociali europee, l’adeguatezza e l’opportunità di tutte le misure introdotte e applicate, compresa l’adeguatezza dei dati disponibili relativi al distacco.

3.   Proposta di revisione mirata della direttiva relativa al distacco dei lavoratori

3.1.

Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2014 nell’UE i distacchi erano oltre 1,9 milioni (pari allo 0,7 % (7) della forza lavoro totale dell’UE), con un aumento del 10,3 % rispetto al 2013 e del 44,4 % rispetto al 2010. Queste statistiche si basano sul numero di moduli A1 rilasciati dalle autorità nazionali competenti in materia di sicurezza sociale; il numero di lavoratori distaccati solo de facto, ossia non registrati, non è noto.

3.2.

La direttiva del 1996 sul distacco dei lavoratori fornisce un quadro normativo europeo per stabilire un equilibrio corretto ed equo tra diversi obiettivi: promuovere e facilitare la prestazione transfrontaliera di servizi, fornire tutela ai lavoratori distaccati e garantire la parità di condizioni tra concorrenti locali e stranieri.

3.3.

Adesso la Commissione ha presentato una proposta di revisione mirata della direttiva al fine di contrastare le pratiche sleali (8) e promuovere il principio che lo stesso lavoro nello stesso posto dovrebbe essere retribuito allo stesso modo.

3.4.

La proposta è stata pubblicata prima della scadenza del termine per il recepimento della direttiva di applicazione del 2014 e prima che potesse essere effettuata una valutazione della sua attuazione. Molte delle difficoltà inerenti al distacco dei lavoratori derivano dall’applicazione inadeguata delle norme e dalla mancanza di controlli negli Stati membri. Al tempo stesso, l’obiettivo principale della proposta di revisione è di chiarire il principio della parità di retribuzione, e può essere conseguito solo mediante una revisione della stessa direttiva 96/71/CE.

3.5.

In questo senso, il CESE ha già riconosciuto che l’efficace attuazione della direttiva sul distacco dei lavoratori «non dovrebbe tuttavia escludere una revisione parziale della direttiva sul distacco dei lavoratori, intesa ad applicare in modo uniforme il principio del luogo di lavoro e a rendere possibile stabilire per legge che lo stesso lavoro prestato nello stesso luogo deve sempre beneficiare delle medesime condizioni e del medesimo compenso»  (9).

3.6.

La proposta è stata pubblicata senza alcuna consultazione preventiva delle parti sociali europee, le quali hanno inviato una lettera congiunta alla Commissione chiedendo di essere consultate in modo adeguato a norma dell’articolo 154, paragrafo 2, del TFUE.

3.7.

La pubblicazione della proposta della Commissione ha suscitato reazioni diverse, che hanno creato divisioni tra gli Stati membri, le parti sociali e le stesse imprese. La direttiva proposta non dovrebbe compromettere la competitività o creare nuovi ostacoli per i prestatori di servizi transfrontalieri. La revisione dovrebbe nel contempo garantire condizioni eque di concorrenza nel mercato unico e prevenire la discriminazione fra lavoratori sulla base della nazionalità.

3.8.

In linea con il protocollo n. 2 dei Trattati (10), quattordici camere di parlamenti nazionali hanno inviato pareri motivati alla Commissione affermando che la proposta concernente la revisione della direttiva sul distacco dei lavoratori non è conforme al principio di sussidiarietà e facendo così scattare la procedura del «cartellino giallo». A seguito dell’esame della sussidiarietà da essa compiuto, il 20 luglio la Commissione ha concluso (11) che la proposta di revisione mirata della direttiva 96/71/CE è conforme al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 5, paragrafo 3, del TUE, e che non è necessario ritirarla o modificarla. La Commissione ha pertanto mantenuto invariata la propria proposta.

3.9.

Parte della comunità imprenditoriale ritiene che la proposta violi il principio di proporzionalità. Alcune imprese ritengono che le modifiche proposte finiranno per generare incertezza giuridica e nuovi oneri amministrativi. Pensano che la revisione potrebbe interessare in particolar modo le imprese degli Stati membri con livelli retributivi più bassi che intendono fornire servizi transfrontalieri nel mercato unico, e che ciò sia contrario alle intenzioni e alle iniziative volte a rafforzare il processo di convergenza all’interno dell’UE.

3.10.

Altri, compresi i sindacati, ritengono che la revisione proposta — e in particolare il concetto di «parità di retribuzione a parità di lavoro nello stesso luogo» — consentirebbe di garantire condizioni di parità per le imprese e maggiori diritti per i lavoratori dell’UE. La revisione consentirà inoltre di rafforzare il processo di convergenza verso l’alto all’interno dell’UE mediante, tra l’altro, l’eliminazione delle differenze salariali tra i lavoratori dei vecchi e dei nuovi Stati membri.

3.11.

La proposta della Commissione è accompagnata da una valutazione d’impatto (12) in cui essa afferma che le misure proposte per l’applicazione della direttiva riveduta avranno impatti differenti a seconda dello Stato membro, del settore e dell’impresa interessati, e rileva che la scarsità di dati disponibili in relazione al distacco dei lavoratori continua a costituire un problema.

3.12.

Nel 2010 Eurofound ha pubblicato una relazione dal titolo Lavoratori distaccati nell’Unione europea  (13), che analizza il fenomeno negli Stati membri dell’UE e in Norvegia, passa in rassegna le fonti di informazioni disponibili riguardanti il numero dei distacchi e presenta dati quantitativi per i paesi in cui sono disponibili. La ricerca di Eurofound mostra che vi è carenza di dati riguardo al numero e alle caratteristiche dei lavoratori distaccati nell’UE.

3.13.

Alla relazione di Eurofound sono seguite due recenti ricerche sul tema di una mobilità più equa sul mercato del lavoro: Topical update on Member States’ progress in transposing Enforcement Directive on posting of workers e Exploring the fraudulent contracting of work in the European Union  (14).

4.   Principali modifiche nella proposta di revisione della direttiva 96/71/CE

4.1.    Retribuzione

4.1.1.

La Commissione propone di sostituire il concetto di «tariffe minime salariali» con quello di «retribuzione». Secondo la proposta della Commissione, quest’ultimo concetto copre tutti gli elementi della retribuzione che sono obbligatori nello Stato membro ospitante.

4.1.2.

La Commissione ha presentato la proposta in risposta ai numerosi inviti a intervenire che le sono stati rivolti affinché affrontasse le cause dei differenziali retributivi. Secondo la Commissione, vi è un chiaro divario tra le condizioni applicate ai lavoratori locali e quelle riguardanti i lavoratori distaccati. Secondo la valutazione d’impatto che accompagna la proposta, il differenziale salariale tra i lavoratori distaccati e quelli locali è stimato in una percentuale compresa tra il 10 % e il 50 % a seconda del paese e del settore. I regimi stipendiali differenziati distorcono le condizioni di parità tra le imprese. Il concetto di «tariffe minime salariali» non coincide con le norme vincolanti che si applicano ai lavoratori locali.

4.1.3.

Secondo la Commissione, pertanto, il concetto di «retribuzione» può risultare più utile al conseguimento di condizioni di parità nel mercato unico dei servizi. Il concetto di «retribuzione» comprende tutti gli elementi che vengono pagati ai lavoratori locali se sono stabiliti dalla legge o da contratti collettivi che sono in genere applicabili a tutte le imprese simili nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate e/o, in assenza di un tale sistema, da contratti collettivi conclusi dalle organizzazioni delle parti sociali più rappresentative sul piano nazionale e che sono applicati in tutto il territorio nazionale. La «retribuzione» potrebbe comprendere alcuni elementi che non sono inclusi nella nozione di «tariffa minima salariale», come le indennità di anzianità, le maggiorazioni e i supplementi per lavori disagiati, faticosi o pericolosi, i premi di qualità, le tredicesime, le spese di viaggio, i buoni pasto, sebbene la maggior parte dei paesi ospitanti abbia già incluso alcuni di tali elementi nella «tariffa minima salariale».

4.1.4.

Secondo la Commissione, l’introduzione del concetto di «retribuzione» dovrebbe contribuire a fare maggiore chiarezza in merito agli elementi costitutivi della retribuzione e a ridurre le differenze esistenti tra i settori nell’applicazione obbligatoria di contratti collettivi. Il concetto di retribuzione dovrebbe altresì eliminare ogni incertezza circa il livello di retribuzione che deve essere garantito ai lavoratori distaccati. La proposta di revisione mira a codificare la giurisprudenza della Corte di giustizia europea nella causa C-396/13 Sähköalojen ammattiliitto, così da accrescere considerevolmente la certezza giuridica sia per i lavoratori che per le imprese (15).

4.1.5.

La Commissione afferma che la proposta non pregiudicherà le competenze e le tradizioni degli Stati membri in materia di fissazione dei salari, e che essa rispetta la piena autonomia del ruolo delle parti sociali. In questo contesto, è preoccupante che la Commissione proponga di sopprimere il riferimento esistente nell’attuale direttiva secondo cui la «tariffa minima salariale è definita dalla legislazione e/o dalla prassi nazionale dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato». Questa disposizione è importante per la conformità ai diversi sistemi nazionali di relazioni industriali.

4.1.6.

Ai fini di tale direttiva, la nozione di retribuzione deve essere definita dalla legislazione, dai contratti collettivi e/o dalla prassi nazionale dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato.

4.1.7.

La direttiva non vieta l’applicazione delle condizioni di lavoro e di occupazione del paese ospitante o del paese d’origine del lavoratore distaccato che siano più favorevoli ai lavoratori, in particolare attraverso l’esercizio del diritto fondamentale dei lavoratori e dei datori di lavoro di negoziare e di concludere contratti collettivi ai livelli appropriati e di ricorrere ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi, compreso lo sciopero, al fine di tutelare e migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori, incluso il diritto alla parità di trattamento.

4.1.8.

Per garantire una corretta attuazione della direttiva di applicazione, gli Stati membri sono tenuti a pubblicare su un unico sito Internet informazioni sulle condizioni di lavoro e di occupazione applicabili ai lavoratori distaccati nel loro territorio. Questo processo non dovrebbe essere influenzato negativamente da alcuna nuova proposta.

4.1.9.

I membri del CESE hanno discusso la questione della «retribuzione» in modo molto approfondito, tenendo conto di tutte le implicazioni di questo nuovo concetto.

4.1.10.

Alcuni membri ritengono che tale nozione, introdotta ex novo, costituisca l’unico modo per garantire la parità di condizioni di lavoro ai lavoratori distaccati e ai lavoratori locali, eliminare i differenziali salariali e garantire condizioni di parità tra le imprese. Al fine di garantire la piena efficacia del principio della parità di retribuzione, devono essere rispettati i contratti collettivi che sono effettivamente applicati sul posto di lavoro, indipendentemente dal fatto che essi siano applicabili universalmente o in generale.

4.1.11.

Secondo altri membri, invece, l’introduzione di questo nuovo concetto potrebbe tradursi in una riduzione della certezza e della chiarezza del diritto e in un aumento degli oneri amministrativi e finanziari. Qualsiasi discussione sul distacco dovrebbe tenere conto delle diverse situazioni in cui si trovano le imprese straniere e quelle nazionali. Un prestatore di servizi straniero che intenda distaccare lavoratori sopporta i costi aggiuntivi derivanti esclusivamente dal fatto di prestare servizi in un altro Stato membro: li costi di esercizio supplementari (16) e i costi indiretti del lavoro transfrontaliero (17).

4.2.    Distacco superiore ai ventiquattro mesi

4.2.1.

La Commissione affronta la questione della durata dei distacchi introducendo una proposta secondo cui, qualora la durata prevista o effettiva del distacco superi i ventiquattro mesi, lo Stato membro nel cui territorio un lavoratore è distaccato è considerato quello in cui il suo lavoro è abitualmente svolto. Detta disposizione si applica a decorrere dal primo giorno in cui il distacco supera effettivamente una durata di 24 mesi. La Commissione introduce inoltre una durata complessiva dei periodi di distacco nei casi in cui i lavoratori sono sostituiti.

4.2.2.

La direttiva originaria non stabilisce limiti fissi, e afferma che, ai fini della direttiva stessa, per «lavoratore distaccato» si intende il lavoratore che, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente.

4.2.3.

Il CESE accoglie con favore, in linea di principio, il limite stabilito per il periodo di distacco nel settore disciplinato dalla direttiva sul distacco dei lavoratori. In effetti, distacchi di lunga durata o successivi o addirittura catene di distacchi che si estendono su diversi anni sono pratica comune. Il CESE ritiene, tuttavia, che il periodo di 24 mesi non sia realistico nella pratica, e debba essere significativamente ridotto. A titolo di confronto, la durata media dei distacchi nel 2014 era inferiore a quattro mesi (103 giorni). Una regola sull’accumulo che si applichi soltanto ai lavoratori distaccati per almeno sei mesi sarebbe pertanto inefficace. La durata massima dei distacchi dovrebbe essere limitata a 6 mesi in totale.

4.2.4.

Il CESE chiede pertanto di introdurre una norma secondo la quale i periodi di distacco sono aggregati dal primo giorno. Per garantire che questa regola non porti a uno scambio di lavoratori distaccati, è importante che si faccia riferimento al luogo di lavoro specifico. Il datore di lavoro dovrebbe essere tenuto a mantenere la trasparenza per quanto riguarda i luoghi di lavoro e, per esempio, a fornire ai lavoratori e alle autorità competenti informazioni sul numero di dipendenti e la durata dell’attività nel luogo di lavoro in questione.

4.2.5.

Il CESE accoglie favorevolmente la norma secondo la quale, quando si supera la durata massima del distacco, si applica in linea di principio il diritto dello Stato membro ospitante. Il CESE ritiene problematico, tuttavia, il fatto che il considerando 8 faccia riferimento al regolamento Roma I («In particolare, il dipendente godrà della tutela e dei vantaggi a norma del regolamento Roma I.»). A norma dell’articolo 8 di detto regolamento, un contratto individuale di lavoro è disciplinato dalla legge scelta dalle parti.

4.3.    Subappalto

4.3.1.

La proposta della Commissione lascia agli Stati membri la facoltà di applicare ai lavoratori in una catena di subappalto le stesse condizioni applicate dal contraente principale. Tali condizioni dovrebbero essere applicate allo stesso modo sia ai subappaltatori nazionali che a quelli transfrontalieri, nel rispetto del principio di non discriminazione.

4.3.2.

Esistono notevoli differenze tra le disposizioni legislative, regolamentari, amministrative o di contratti collettivi applicabili negli Stati membri volte a evitare che il ricorso al subappalto consenta alle imprese di eludere le norme che garantiscono il rispetto di determinate condizioni di lavoro e occupazione relative alla retribuzione. Non esistono dati riguardo al numero degli Stati membri che applicano già un sistema di questo tipo, e la Commissione non ha presentato, nella sua valutazione d’impatto, alcuna analisi approfondita delle possibili conseguenze delle suddette regole.

4.3.3.

Tuttavia, affinché questa parte della proposta possa essere efficace nella pratica, potrebbe essere utile fare un riferimento alla regola sulla responsabilità solidale lungo l’intera catena di qualsiasi subcontratto di cui all’articolo 12 della direttiva di applicazione (18).

4.3.4.

Inoltre, l’espressione «determinate condizioni di lavoro e di occupazione relative alla retribuzione» è troppo vaga e rischia di condurre a incertezza giuridica, interpretazioni divergenti e potenziali conflitti con altre parti della direttiva. Vi potrebbero essere anche difficoltà di raffronto e molti altri problemi puramente pratici, ad esempio per quanto concerne l’accesso alle informazioni (anche in relazione al dovere dei governi di pubblicare tali informazioni ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2014/67/UE e alla disponibilità di contratti collettivi).

4.3.5.

Non è chiaro, inoltre, come la Commissione potrebbe definire e applicare i test di non discriminazione e proporzionalità riguardo a tali disposizioni.

4.3.6.

Inoltre, sarà necessario introdurre disposizioni adeguate per verificare il reale status di lavoratore autonomo dei subappaltatori, conformemente alle norme degli Stati membri.

4.4.    Lavoro tramite agenzia interinale

4.4.1.

La Commissione introduce un nuovo obbligo per gli Stati membri con l’aggiunta di un nuovo paragrafo che stabilisce le condizioni applicabili ai lavoratori di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettera c), della direttiva, vale a dire ai lavoratori ceduti temporaneamente da un’agenzia interinale stabilita in uno Stato membro diverso da quello di stabilimento dell’impresa utilizzatrice. Le imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettera c), dovranno garantire ai lavoratori distaccati le condizioni che si applicano, a norma dell’articolo 5 della direttiva 2008/104/CE relativa al lavoro tramite agenzia interinale (19), ai lavoratori interinali ceduti temporaneamente da agenzie interinali stabilite nello Stato membro in cui il lavoro è svolto.

4.4.2.

Il CESE ritiene che questa nuova disposizione non sia necessaria, poiché la direttiva originaria relativa al distacco dei lavoratori già prevedeva tale possibilità all’articolo 3, paragrafo 9. Gli Stati membri possono disporre che l’impresa di cui all’articolo 1, paragrafo 1, debba garantire ai lavoratori a norma dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera c) il beneficio delle condizioni applicabili ai lavoratori temporanei nello Stato membro in cui il lavoro è eseguito. L’opzione di applicare la direttiva 2008/104/CE è stata già esercitata dalla maggioranza dei paesi ospitanti.

4.4.3.

Il CESE ritiene che la Commissione debba mantenere le misure esistenti. Occorre tenere conto del fatto che le disposizioni della direttiva 2008/104/CE si applicano alla situazione nei diversi Stati membri, mentre la direttiva 96/71/CE è applicabile alle attività transfrontaliere. Ciò è stato riconosciuto dalla stessa Commissione nella relazione sull’applicazione della direttiva 2008/104/CE relativa al lavoro tramite agenzia interinale (20).

4.4.4.

Il CESE fa notare che l’articolo 5 della direttiva 2008/104/CE è molto più ampio rispetto all’articolo 3, paragrafo 9, della direttiva 96/71/CE, e che ciò potrebbe, paradossalmente, portare a condizioni diverse per il distacco dei lavoratori di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettere a) e b), e all’articolo 1, paragrafo 3, lettera c), della legislazione attuale.

5.   Azioni supplementari

5.1.

La Commissione dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a recepire la direttiva di esecuzione 2014/67/UE (21) qualora non l’abbiano ancora fatto e assicurarsi che tutti gli Stati membri la attuino correttamente. Dopo due anni la Commissione dovrebbe valutare l’impatto di tale direttiva e determinare se le misure adottate abbiano consentito un’attuazione e un’applicazione adeguate ed efficaci, dal momento che si tratta di elementi essenziali per proteggere i diritti dei lavoratori distaccati e per garantire parità di condizioni per i prestatori di servizi.

5.2.

La Commissione dovrebbe presentare un’analisi approfondita della situazione nei vari Stati membri dell’UE, nonché dati quantitativi reali sui lavoratori distaccati e sulle modalità di attuazione — e controllo dell’applicazione — della direttiva vigente.

5.3.

La disponibilità di dati affidabili sui lavoratori distaccati è un requisito indispensabile per un dibattito efficace sulle loro caratteristiche specifiche e sulla necessità di tutelarli.

5.4.

Se la Commissione vuole garantire una concorrenza leale, le sue prossime mosse devono concentrarsi sul contrasto delle pratiche fraudolente e sull’eliminazione del fenomeno del lavoro irregolare o sommerso, che ha luogo principalmente attraverso il ricorso abusivo a società di comodo.

5.5.

La Commissione dovrebbe accelerare la convergenza economica e sociale verso l’alto nell’UE, garantendo nel contempo una mobilità equa dei lavoratori nell’ambito della prestazione transfrontaliera di servizi.

5.6.

La Commissione dovrebbe consultare le parti sociali, riconoscere la loro autonomia e rispettare i contratti collettivi applicabili in questo campo.

5.7.

Il CESE chiede che la revisione chiarisca che la direttiva sul distacco dei lavoratori non è un mero strumento del mercato unico, ma è anche uno strumento per la protezione dei lavoratori. Ciò comporta un ampliamento della base giuridica al fine di includere la politica sociale (articoli 153 e 155 del TFUE). La revisione della direttiva deve inoltre rettificare l’erronea interpretazione della direttiva come norma massima e non come norma minima, dovuta a una serie di sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea (cause Laval, Rüffert, Commissione contro Lussemburgo).

Bruxelles, 14 dicembre 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI») (GU L 159 del 28.5.2014, pag. 11).

(2)  Direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (GU L 18 del 21.1.1997).

(3)  Cfr. nota a piè di pagina 2.

(4)  COM(2010) 608 final/2.

(5)  Il testo è stato presentato nel corso della conferenza sul distacco dei lavoratori e i diritti dei lavoratori, organizzata dalla presidenza spagnola dell’UE e svoltasi a Oviedo nel marzo 2010. In tale occasione, dai dibattiti è emersa ancora una volta una divergenza di opinioni tra le parti.

(6)  Cfr. nota a piè di pagina 1.

(7)  Cfr. Commissione europea, Distacco dei lavoratori — Relazione sui moduli A1 in formato portatile rilasciati nel 2014 pubblicata nel dicembre 2015. Occorre tenere conto del fatto che la situazione differisce da un paese all’altro e che la quota dello 0,7 % è solo una media. Le percentuali effettive, infatti, variano dallo 0,5 al 3,6 %, e sono diverse anche le conseguenze per gli Stati membri.

(8)  Cfr. anche il parere del CESE sul tema Mobilità del lavoro più equa nell’UE, adottato il 27 aprile 2016, GU C 264 del 20.7.2016, pag. 11.

(9)  Parere del CESE sul tema La dimensione sociale del mercato interno, adottato il 14 luglio 2010, punto 1.7, GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 90.

(10)  Protocollo (n. 2) dei Trattati, sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

(11)  Cfr. la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e ai parlamenti nazionali sulla proposta di direttiva recante modifica della direttiva relativa al distacco dei lavoratori, per quanto riguarda il principio di sussidiarietà, a norma del protocollo n. 2, COM(2016) 505 final del 20 luglio 2016.

(12)  Valutazione d’impatto che accompagna il documento Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 96/71/CE, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, SWD(2016) 52 final dell’8 marzo 2016.

(13)  Roberto Pedersini e Massimo Pallini, Lavoratori distaccati nell’Unione europea, Eurofound, 2010.

(14)  I risultati preliminari dei due progetti sono stati presentati nel corso del convegno dal titolo Verso una mobilità del lavoro più equa nell’UE, organizzato dall’Osservatorio del mercato del lavoro del CESE e svoltosi il 28 settembre 2016. Cfr. Eurofound (2016) EurWORK Topical update on «Member States' progress in transposing Enforcement Directive on posting of workers» and Eurofound (2016) «Exploring the fraudulent contracting of work in the European Union».

(15)  Nella causa C-396/13 Sähköalojen ammattiliitto, del 12 febbraio 2015, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che le «tariffe minime salariali» non possono dipendere dalla libera scelta del datore di lavoro che distacca alcuni dipendenti al solo fine di proporre un costo del lavoro inferiore rispetto a quello dei lavoratori locali. La Corte ha altresì stabilito che anche le indennità giornaliere versate ai lavoratori distaccati, che costituiscono un compenso per il fatto di trovarsi lontano da casa, devono essere uguali a quelle corrisposte ai lavoratori locali in circostanze analoghe. La Corte respinge pertanto l’affermazione secondo cui un datore di lavoro può applicare la classe retributiva più bassa, indipendentemente dalle qualifiche o dall’anzianità dei lavoratori interessati.

(16)  Spese indirette: i costi per familiarizzarsi con gli adempimenti amministrativi e le disposizioni normative di altri Stati membri, come ad esempio le procedure di notifica, la traduzione dei documenti, la cooperazione con le autorità di controllo.

(17)  I costi indiretti del lavoro transfrontaliero possono aumentare anche del 32 %, secondo i risultati preliminari di uno studio sul tema Il costo del lavoro nei servizi transfrontalieri realizzato da Marek Benio del dipartimento di Economia e amministrazione pubblica dell’Università commerciale di Cracovia (Polonia). Detti risultati sono stati presentati nel corso del convegno dal titolo Verso una mobilità del lavoro più equa nell’UE, organizzato dall’Osservatorio del mercato del lavoro del CESE e svoltosi il 28 settembre 2016.

(18)  

Articolo 12 della direttiva 2014/67/UE sulle responsabilità di subcontratto (cfr. nota a piè di pagina 1).

(19)  Direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa al lavoro tramite agenzia interinale (GU L 327 del 5.12.2008, pag. 9).

(20)  Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull’applicazione della direttiva 2008/104/CE relativa al lavoro tramite agenzia interinale, COM(2014) 176 final.

(21)  Cfr. nota a piè di pagina 1.


ALLEGATO

Il seguente controparere, che ha ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, è stato respinto nel corso delle deliberazioni:

Controparere

Sostituire l’intero parere con il seguente testo (motivazione alla fine del documento):

1.    Conclusioni e proposte

1.1.

Il CESE accoglie con favore l’impegno della Commissione europea a promuovere un mercato unico più approfondito e più equo come una delle principali priorità del suo mandato, nonché le iniziative della Commissione stessa volte a dare un ulteriore impulso alla prestazione transfrontaliera di servizi attraverso il suo piano di investimenti per l’Europa.

1.2.

Il CESE si compiace della decisione della Commissione di introdurre la direttiva di applicazione 2014/67/UE  (1) al fine di migliorare l’interpretazione e l’applicazione comune della direttiva 96/71/CE  (2) sul distacco dei lavoratori, la quale costituisce tuttavia uno strumento equilibrato in grado di garantire nel contempo sia il diritto di prestare servizi che i diritti dei lavoratori distaccati.

1.3.

La direttiva di applicazione e l’attuale proposta di revisione mirata della direttiva sul distacco dei lavoratori riguardano aspetti diversi della prassi del distacco dei lavoratori; i due documenti, tuttavia, non sono soltanto complementari, ed è possibile che i risultati attesi dall’attuazione della direttiva di applicazione forniscano un quadro più chiaro della situazione reale.

1.4.

Ad oggi non tutti gli Stati membri hanno ancora completato il recepimento della direttiva. Il CESE si attende che la relazione della Commissione, prevista per il 18 giugno 2019 al più tardi, fornisca un quadro generale affidabile dell’applicazione e dell’attuazione della direttiva. Alcuni membri del CESE raccomandano di attendere la relazione prima di presentare ulteriori proposte di emendamenti e modifiche.

1.5.

Taluni membri del CESE reputano che l’introduzione della revisione mirata sia prematura e non sia conforme al principio del miglioramento normativo («Legiferare meglio»). Un approccio di questo tipo potrebbe portare a un rallentamento del recepimento della direttiva del 2014, confondendo le misure di esecuzione con le nuove proposte.

1.6.

Il CESE ritiene che manchino ancora dati fattuali relativi ai distacchi in tutta Europa e che ciò possa dare adito a preoccupazioni per quanto riguarda il principio di proporzionalità„ ossia sul fatto che la valutazione d’impatto che accompagna la prevista revisione fornisca un quadro chiaro della situazione reale.

1.7.

L’introduzione di qualsiasi nuova modifica basata esclusivamente su una valutazione d’impatto molto debole, con dati insufficienti e senza tenere conto dei diversi livelli di performance economica esistenti nell’UE può solo portare a nuove divisioni tra gli Stati membri e compromettere gli sforzi della Commissione volti a incoraggiare la convergenza, l’integrazione e la fiducia in Europa.

1.8.

Il CESE sottolinea che il ruolo dell’esclusiva delle parti sociali non è stato rispettato, e si chiede il motivo per cui non sia stata lanciata una consultazione adeguata di esse a norma dell’articolo 154, paragrafo 2, del TFUE.

1.9.

Un aspetto fondamentale della revisione mirata proposta dalla Commissione europea è ancora il concetto di «retribuzione». A tale riguardo, i membri del CESE non sono i soli a voler ripensare in profondità sia l’opzione della «retribuzione minima», chiarita dalla giurisprudenza, che una nuova modalità di calcolo della retribuzione. Alcuni membri considerano questo nuovo approccio un mezzo per migliorare le condizioni dei lavoratori distaccati, garantendo loro le stesse condizioni applicate ai lavoratori locali. Nel contempo, altri membri ritengono che la proposta non sia adeguata alla realtà imprenditoriale, in quanto è fonte di incertezza e porta ad un aumento degli oneri amministrativi e finanziari a carico delle imprese.

1.10.

Il CESE non è convinto della necessità di introdurre norme rigorose per quanto riguarda la durata dei periodi di distacco. L’esperienza, infatti, dimostra che in realtà distacchi estremamente lunghi non comportano grandi problemi per le imprese europee.

2.    Il quadro politico europeo

2.1.

La libera circolazione dei lavoratori, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi sono principi fondamentali dell’Unione europea.

2.2.

Occorre operare una distinzione tra la libera circolazione dei lavoratori e la libera prestazione dei servizi di cui all’articolo 56 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Il principio della libera circolazione dei lavoratori conferisce infatti ai cittadini il diritto di trasferirsi liberamente — e risiedere — in un altro Stato membro per lavorare, e li protegge da ogni discriminazione, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro, rispetto ai cittadini di quello Stato membro.

2.3.

Il principio della libera prestazione dei servizi, invece, conferisce alle imprese il diritto di prestare servizi in un altro Stato membro. A questo scopo, esse possono distaccare temporaneamente i propri dipendenti in tale Stato membro affinché vi svolgano l’attività necessaria per la prestazione del servizio.

2.4.

Il 16 dicembre 1996 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato la direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi  (3).

2.5.

La direttiva mira a conciliare l’esercizio di questa libertà fondamentale di prestazione di servizi transfrontalieri sancita dall’articolo 56 del TFUE e la tutela dei diritti dei lavoratori temporaneamente distaccati all’estero a tale scopo.

2.6.

Nell’ottobre 2010, nella sua comunicazione dal titolo Verso un atto per il mercato unico — Per un’economia sociale di mercato altamente competitiva — 50 proposte per lavorare, intraprendere e commerciare insieme in modo più adeguato  (4) , la Commissione ha presentato due proposte intese a ripristinare la fiducia e il sostegno dei cittadini: una sull’equilibrio tra diritti sociali fondamentali e libertà economiche e l’altra sul distacco dei lavoratori.

2.7.

Nel marzo 2010 le parti sociali europee hanno presentato un rapporto  (5) sulle conseguenze delle sentenze della Corte di giustizia dell’UE (in prosieguo «la Corte di giustizia»), dal quale emergevano forti divergenze. Infatti, mentre BusinessEurope si opponeva alla revisione della direttiva (pur concordando sulla necessità di chiarire taluni aspetti relativi alla sua applicazione), la CES chiedeva che la direttiva fosse modificata profondamente.

2.8.

Nel dicembre 2012 la Commissione ha pubblicato una proposta concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE. La direttiva di applicazione  (6) stabilisce un quadro comune di disposizioni, misure e meccanismi di controllo intesi a migliorare e a uniformare l’applicazione nella pratica della direttiva 96/71/CE, comprendente anche misure dirette a prevenire e sanzionare ogni elusione o violazione delle norme vigenti. Nel contempo, la proposta consente di tutelare i diritti dei lavoratori distaccati e di eliminare gli ostacoli ingiustificati alla libertà di prestazione di servizi.

2.9.

Il termine per il recepimento della direttiva di applicazione è stato fissato al 18 giugno 2016, ed entro il 18 giugno 2019 la Commissione dovrà presentare al Parlamento europeo, al Consiglio e al CESE una relazione sulla sua applicazione e attuazione e, se necessario, proporre emendamenti e modifiche. Nel suo riesame, la Commissione valuterà, previa consultazione con gli Stati membri e le parti sociali europee, l’adeguatezza e l’opportunità di tutte le misure introdotte e applicate, compresa l’adeguatezza dei dati disponibili relativi al distacco.

3.    Proposta di revisione mirata della direttiva relativa al distacco dei lavoratori

3.1.

Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2014 nell’UE i distacchi erano oltre 1,9 milioni (pari allo 0,7 %  (7) della forza lavoro totale dell’UE), con un aumento del 10,3 % rispetto al 2013 e del 44,4 % rispetto al 2010. Queste statistiche si basano sul numero di moduli A1 rilasciati dalle autorità nazionali competenti in materia di sicurezza sociale; il numero di lavoratori distaccati solo de facto, ossia non registrati, non è noto.

3.2.

La direttiva del 1996 sul distacco dei lavoratori fornisce un quadro normativo europeo per stabilire un equilibrio corretto ed equo tra diversi obiettivi: promuovere e facilitare la prestazione transfrontaliera di servizi, fornire tutela ai lavoratori distaccati e garantire la parità di condizioni tra concorrenti locali e stranieri.

3.3.

Adesso, tuttavia, la Commissione ha presentato una proposta di revisione mirata della direttiva al fine di contrastare le pratiche sleali  (8) e promuovere il principio che lo stesso lavoro nello stesso posto dovrebbe essere retribuito allo stesso modo.

3.4.

La proposta è stata pubblicata prima della scadenza del termine per il recepimento della direttiva di applicazione del 2014 e prima che potesse essere effettuata una valutazione della sua attuazione. Molte delle difficoltà inerenti al distacco dei lavoratori derivano dall’applicazione inadeguata delle norme e dalla mancanza di controlli negli Stati membri.

3.5.

La proposta, inoltre, è stata pubblicata senza alcuna consultazione preventiva delle parti sociali europee, le quali hanno inviato una lettera congiunta alla Commissione chiedendo di essere consultate in modo adeguato a norma dell’articolo 154, paragrafo 2, del TFUE. «Scriviamo alla Commissione per invitarla a darsi il tempo necessario per consultare adeguatamente le parti sociali prima di presentare la sua proposta»  (9).

3.6.

La pubblicazione della proposta della Commissione ha suscitato reazioni diverse, che hanno creato divisioni tra gli Stati membri, le parti sociali e le stesse imprese. La direttiva proposta non dovrebbe compromettere la competitività o creare nuovi ostacoli per i prestatori di servizi transfrontalieri.

3.7.

In linea con il protocollo n. 2 dei Trattati  (10) , quattordici camere di parlamenti nazionali hanno inviato pareri motivati alla Commissione affermando che la proposta concernente la revisione della direttiva sul distacco dei lavoratori non è conforme al principio di sussidiarietà e facendo così scattare la procedura del «cartellino giallo». A seguito dell’esame della sussidiarietà da essa compiuto, il 20 luglio la Commissione ha concluso  (11) che la proposta di revisione mirata della direttiva 96/71/CE è conforme al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 5, paragrafo 3, del TUE, e che non è necessario ritirarla o modificarla. La Commissione ha pertanto mantenuto invariata la propria proposta.

3.8.

Parte della comunità imprenditoriale ritiene che la proposta violi il principio di proporzionalità. Alcune imprese ritengono che le modifiche proposte finiranno per generare incertezza giuridica e nuovi oneri amministrativi. La revisione potrebbe interessare in particolar modo le imprese degli Stati membri con livelli retributivi più bassi che intendono fornire servizi transfrontalieri nel mercato unico, il che è contrario alle intenzioni e alle iniziative volte a rafforzare il processo di convergenza all’interno dell’UE.

3.9.

Altri, compresi i sindacati, ritengono che la revisione proposta — e in particolare il concetto di «parità di retribuzione a parità di lavoro nello stesso luogo» — consentirebbe di garantire condizioni di parità per le imprese e maggiori diritti per i lavoratori dell’UE.

3.10.

La proposta della Commissione è accompagnata da una valutazione d’impatto  (12) in cui essa afferma che le misure proposte per l’applicazione della direttiva riveduta avranno impatti differenti a seconda dello Stato membro, del settore e dell’impresa interessati, e rileva che la scarsità di dati disponibili in relazione al distacco dei lavoratori continua a costituire un problema.

3.11.

Cifre comparabili sono basate sui documenti portatili A1, che richiedono informazioni dettagliate alle imprese che distaccano lavoratori in un dato paese. A causa della mancanza di controlli ufficiali da parte delle autorità dei paesi di origine dei lavoratori, non vi è alcuna garanzia che le informazioni contenute nel documenti A1 siano corrette. Pertanto, i dati quantitativi presentati nella valutazione d’impatto rappresentano esclusivamente una stima dell’effettivo numero di distacchi attualmente in corso e non forniscono un quadro chiaro della situazione reale.

3.12.

Nel 2010 Eurofound ha pubblicato una relazione dal titolo Lavoratori distaccati nell’Unione europea  (13) , che analizza il fenomeno negli Stati membri dell’UE e in Norvegia, passa in rassegna le fonti di informazioni disponibili riguardanti il numero dei distacchi e presenta dati quantitativi per i paesi in cui sono disponibili. La ricerca di Eurofound mostra che vi è carenza di dati riguardo al numero e alle caratteristiche dei lavoratori distaccati nell’UE.

3.13.

Alla relazione di Eurofound hanno fatto seguito due recenti lavori di ricerca riguardanti una più equa mobilità sul mercato del lavoro: Brief analysis of the EU Member States transposition of the «Enforcement» Directive 2014/67 improving enforcement of Directive 96/71 on the Posting of workers («Breve analisi del recepimento degli Stati membri dell’UE della direttiva di applicazione 2014/67 che migliora l’applicazione della direttiva 96/71 relativa al distacco dei lavoratori e Fraudulent forms of contracting work and self-employment («Forme fraudolente di lavoro appaltato e lavoro autonomo»)  (14) .

4.    Principali modifiche nella proposta di revisione della direttiva 96/71/UE

4.1.    Retribuzione

4.1.1.

La Commissione propone di sostituire il concetto di «tariffe minime salariali» con quello di «retribuzione». Secondo la proposta della Commissione, quest’ultimo concetto copre tutti gli elementi della retribuzione che sono obbligatori nello Stato membro ospitante.

4.1.2.

La Commissione ha presentato la proposta in risposta ai numerosi inviti a intervenire che le sono stati rivolti affinché affrontasse le cause dei differenziali retributivi. Secondo la Commissione, vi è un chiaro divario tra le condizioni applicate ai lavoratori locali e quelle riguardanti i lavoratori distaccati. Secondo la valutazione d’impatto che accompagna la proposta, il differenziale salariale tra i lavoratori distaccati e quelli locali è stimato in una percentuale compresa tra il 10 % e il 50 % a seconda del paese e del settore. I regimi stipendiali differenziati distorcono le condizioni di parità tra le imprese. Il concetto di «tariffe minime salariali» non coincide con le norme vincolanti che si applicano ai lavoratori locali.

4.1.3.

Secondo la Commissione, pertanto, il concetto di «retribuzione» può risultare più utile al conseguimento di condizioni di parità nel mercato unico dei servizi. Il concetto di «retribuzione» comprende tutti gli elementi che vengono pagati ai lavoratori locali se sono stabiliti dalla legge o da contratti collettivi che sono in genere applicabili a tutte le imprese simili nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria professionale o industriale interessate o da contratti collettivi conclusi dalle organizzazioni delle parti sociali più rappresentative sul piano nazionale e che sono applicati in tutto il territorio nazionale. La «retribuzione» potrebbe comprendere alcuni elementi che non sono inclusi nella nozione di «tariffa minima salariale», come l’indennità di anzianità, le maggiorazioni e i supplementi per lavori disagiati, faticosi o pericolosi, i premi di qualità, le tredicesime, le spese di viaggio, i buoni pasto, sebbene la maggior parte dei paesi ospitanti abbia già incluso alcuni di tali elementi nella «tariffa minima salariale».

4.1.4.

Secondo la Commissione, l’introduzione del concetto di «retribuzione» dovrebbe contribuire a fare maggiore chiarezza in merito agli elementi costitutivi della retribuzione e a ridurre le differenze esistenti tra i settori nell’applicazione obbligatoria di contratti collettivi.

4.1.5.

Tuttavia, lo stesso termine «retribuzione» può essere considerato impreciso, in quanto lascia spazio a varie interpretazioni ed è quindi destinato a creare incertezza giuridica. La nozione di «tariffe minime salariali», pur dando comunque adito a vari dubbi, è più precisa e più facile da definire.

4.1.6.

La Commissione afferma che la proposta non pregiudicherà le competenze e le tradizioni degli Stati membri in materia di fissazione dei salari, e che essa rispetta la piena autonomia del ruolo delle parti sociali. In questo contesto, è preoccupante che la Commissione proponga di sopprimere il riferimento esistente nell’attuale direttiva secondo cui la «tariffa minima salariale è definita dalla legislazione e/o dalla prassi nazionale dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato». Questa disposizione è importante per la conformità ai diversi sistemi nazionali di relazioni industriali.

4.1.7.

Ai fini di tale direttiva, la nozione di retribuzione deve essere definita dalla legislazione e/o dalla prassi nazionali dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato.

4.1.8.

La direttiva non vieta l’applicazione delle condizioni di lavoro e di occupazione del paese ospitante o del paese d’origine del lavoratore distaccato che siano più favorevoli ai lavoratori, in particolare attraverso l’esercizio del diritto fondamentale dei lavoratori e dei datori di lavoro di negoziare e di concludere contratti collettivi ai livelli appropriati e di ricorrere ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi, compreso lo sciopero, al fine di tutelare e migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori, incluso il diritto alla parità di trattamento.

4.1.9.

Per garantire una corretta attuazione della direttiva di applicazione, gli Stati membri sono tenuti a pubblicare su un unico sito Internet informazioni sulle condizioni di lavoro e di occupazione applicabili ai lavoratori distaccati nel loro territorio. Gli Stati membri possono ritardare la creazione di tale sito web unico in quanto le condizioni applicabili sono suscettibili di essere modificate. Questo processo non dovrebbe essere influenzato negativamente da alcuna nuova proposta.

4.1.10.

I membri del CESE hanno discusso la questione della «retribuzione» in modo molto approfondito, tenendo conto di tutte le implicazioni di questo nuovo concetto.

4.1.11.

Alcuni membri ritengono che tale nozione, introdotta ex novo, costituisca l’unico modo per garantire la parità di condizioni di lavoro ai lavoratori distaccati e ai lavoratori locali, eliminare i differenziali salariali e garantire condizioni di parità tra le imprese.

4.1.12.

Secondo altri membri, invece, l’introduzione di questo nuovo concetto potrebbe tradursi in una riduzione della certezza e della chiarezza del diritto e in un aumento degli oneri amministrativi e finanziari. Qualsiasi discussione sul distacco dovrebbe tenere conto delle diverse situazioni in cui si trovano le imprese straniere e quelle nazionali. Un prestatore di servizi straniero che intenda distaccare lavoratori sopporta i costi aggiuntivi derivanti esclusivamente dal fatto di prestare servizi in un altro Stato membro: li costi di esercizio supplementari  (15) e i costi indiretti del lavoro transfrontaliero  (16) .

4.1.13.

Per quanto riguarda l’estensione del campo di applicazione dei contratti collettivi di applicazione generale a tutti i settori, il CESE raccomanda di riconsiderare se sia necessario anche estendere automaticamente le fonti delle norme in materia di occupazione applicabili ai lavoratori distaccati a quei settori dove non si riscontrano particolari problemi relativi al distacco.

4.2.    Distacco superiore ai ventiquattro mesi

4.2.1.

La Commissione affronta la questione della durata dei distacchi introducendo una proposta secondo cui, qualora la durata prevista o effettiva del distacco superi i ventiquattro mesi, lo Stato membro nel cui territorio un lavoratore è distaccato è considerato quello in cui il suo lavoro è abitualmente svolto. Detta disposizione si applica a decorrere dal primo giorno in cui il distacco supera effettivamente una durata di 24 mesi. La Commissione introduce inoltre una durata complessiva dei periodi di distacco nei casi in cui i lavoratori sono sostituiti.

4.2.2.

La direttiva originaria non stabilisce limiti fissi, e afferma che, ai fini della direttiva stessa, per «lavoratore distaccato» si intende il lavoratore che, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente.

4.2.3.

Per evitare situazioni poco chiare in cui è difficile stabilire se esiste un distacco ai sensi della direttiva sul distacco dei lavoratori, l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva di applicazione contiene un elenco non esaustivo di criteri qualitativi che caratterizzano sia la natura temporanea inerente al concetto di distacco per la prestazione di servizi che l’esistenza di un effettivo legame tra il datore di lavoro e lo Stato membro a partire dal quale avviene il distacco.

4.2.4.

Una delle principali argomentazioni addotte è che né il TFUE né il regolamento (CE) n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (regolamento Roma I)  (17) forniscono una base per l’adozione di un periodo di 24 mesi come periodo di riferimento per determinare il paese in cui il lavoro è abitualmente svolto. Inoltre, non è corretto ricorrere a una direttiva per modificare l’applicazione di un regolamento, né definire i termini utilizzati nel regolamento Roma I in modo diverso ai fini della direttiva sul distacco dei lavoratori. Secondo le spiegazioni fornite dal servizio giuridico della Commissione europea nel suo parere in merito, «[Il nuovo articolo 2 bis] non pregiudica il diritto delle imprese che distaccano lavoratori nel territorio di un altro Stato membro di invocare la libera prestazione dei servizi anche nei casi in cui la durata del distacco è superiore a 24 mesi. Lo scopo è unicamente quello di creare certezza giuridica nell’applicazione del regolamento Roma I ad una situazione specifica, senza modificare in alcun modo detto regolamento»  (18) .

4.2.5.

Il CESE non è favorevole all’idea di introdurre un termine fisso, perché ciò sarebbe contrario alla natura stessa del distacco dei lavoratori e si porrebbe in contrasto con l’obiettivo della direttiva. La durata media del distacco nell’UE è di 103 giorni  (19) (solo il 4-5 % di tutti i distacchi ha una durata superiore a 12 mesi)  (20) . Non vi è alcuna prova che periodi di distacco superiori ai due anni siano una prassi diffusa e problematica e che abbiano dato luogo a violazioni delle norme in materia di distacco dei lavoratori.

4.2.6.

Al contrario, l’introduzione della dicitura «durata prevista del distacco» e di regole per la sostituzione dei lavoratori potrebbe essere causa di incertezza e portare a un’applicazione non omogenea delle regole sul distacco dei lavoratori. In particolare nel settore delle costruzioni, sarà difficile prevedere la «durata della prestazione lavorativa» e sarà arduo per le strutture di controllo dimostrarla.

4.2.7.

La definizione attuale è sufficiente, e qualsiasi fissazione di un termine per il distacco dei lavoratori sarebbe in contrasto con il principio secondo cui occorre verificare quali siano i casi di distacco effettivo e giustificato. Inoltre, la Corte di giustizia ha più volte ribadito che il concetto di «temporaneo» deve essere valutato caso per caso.

4.2.8.

La Commissione sostiene che tale modifica renderà la direttiva sul distacco dei lavoratori conforme alle norme sulla sicurezza sociale stabilite dal regolamento n. 883/04  (21) . Detto regolamento, tuttavia, conferisce agli Stati membri la possibilità di estendere, attraverso accordi bilaterali, il periodo iniziale di due anni durante il quale sono versati i contributi previdenziali nel paese d’origine. La proposta della Commissione per la revisione della direttiva sul distacco dei lavoratori prevede che, quando la durata del distacco prevista o effettiva supera i 24 mesi, debbano essere applicate tutte le condizioni di lavoro del paese ospitante fin dal primo giorno di distacco. Una disposizione, questa, che non è né necessaria né coerente.

4.3.    Subappalto

4.3.1.

La proposta della Commissione lascia agli Stati membri la facoltà di applicare ai lavoratori in una catena di subappalto le stesse condizioni applicate dal contraente principale. Tali condizioni dovrebbero essere applicate allo stesso modo sia ai subappaltatori nazionali che a quelli transfrontalieri, nel rispetto del principio di non discriminazione.

4.3.2.

Esistono notevoli differenze tra le disposizioni legislative, regolamentari, amministrative o di contratti collettivi applicabili negli Stati membri volte a evitare che il ricorso al subappalto consenta alle imprese di eludere le norme che garantiscono il rispetto di determinate condizioni di lavoro e occupazione relative alla retribuzione. Non esistono dati riguardo al numero degli Stati membri che applicano già un sistema di questo tipo, e la Commissione non ha presentato, nella sua valutazione d’impatto, alcuna analisi approfondita delle possibili conseguenze delle suddette regole.

4.3.3.

Tuttavia, affinché questa parte della proposta possa essere efficace nella pratica, potrebbe essere utile fare un riferimento alla regola sulla responsabilità solidale lungo l’intera catena di qualsiasi subcontratto di cui all’articolo 12 della direttiva di applicazione  (22).

4.3.4.

Inoltre, l’espressione «determinate condizioni di lavoro e di occupazione relative alla retribuzione» è troppo vaga e rischia di condurre a incertezza giuridica, interpretazioni divergenti e potenziali conflitti con altre parti della direttiva. Vi potrebbero essere anche difficoltà di raffronto e molti altri problemi puramente pratici, ad esempio per quanto concerne l’accesso alle informazioni (anche in relazione al dovere dei governi di pubblicare tali informazioni ai sensi dell’articolo 5 della direttiva (UE) n. 2014/67 e alla disponibilità di contratti collettivi).

4.3.5.

Non è chiaro, inoltre, come la Commissione potrebbe definire e applicare i test di non discriminazione e proporzionalità riguardo a tali disposizioni.

4.3.6.

Inoltre, sarà necessario introdurre disposizioni adeguate per verificare il reale status di lavoratore autonomo dei subappaltatori, conformemente alle norme degli Stati membri.

4.4.    Lavoro tramite agenzia interinale

4.4.1.

La Commissione introduce un nuovo obbligo per gli Stati membri con l’aggiunta di un nuovo paragrafo che stabilisce le condizioni applicabili ai lavoratori di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettera c), della direttiva, vale a dire ai lavoratori ceduti temporaneamente da un’agenzia interinale stabilita in uno Stato membro diverso da quello di stabilimento dell’impresa utilizzatrice. Le imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettera c), dovranno garantire ai lavoratori distaccati le condizioni che si applicano, a norma dell’articolo 5 della direttiva 2008/104/CE relativa al lavoro tramite agenzia interinale  (23) , ai lavoratori interinali ceduti temporaneamente da agenzie interinali stabilite nello Stato membro in cui il lavoro è svolto.

4.4.2.

Il CESE ritiene che questa nuova disposizione non sia necessaria, poiché la direttiva originaria relativa al distacco dei lavoratori già prevedeva tale possibilità all’articolo 3, paragrafo 9. Gli Stati membri possono disporre che l’impresa di cui all’articolo 1, paragrafo 1, debba garantire ai lavoratori a norma dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera c) il beneficio delle condizioni applicabili ai lavoratori temporanei nello Stato membro in cui il lavoro è eseguito. L’opzione di applicare la direttiva 2008/104/UE è stata già esercitata dalla maggioranza dei paesi ospitanti.

4.4.3.

Il CESE ritiene che la Commissione debba mantenere le misure esistenti. Occorre tenere conto del fatto che le disposizioni della direttiva 2008/104/UE si applicano alla situazione nei diversi Stati membri, mentre la direttiva 96/71/CE è applicabile alle attività transfrontaliere. Ciò è stato riconosciuto dalla stessa Commissione nella relazione sull’applicazione della direttiva 2008/104/CE relativa al lavoro tramite agenzia interinale  (24).

4.4.4.

Il CESE fa notare che l’articolo 5 della direttiva 2008/104/CE è molto più ampio rispetto all’articolo 3, paragrafo 9, della direttiva 96/71/CE, e che ciò potrebbe, paradossalmente, portare a condizioni diverse per il distacco dei lavoratori di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettere a) e b), e all’articolo 1, paragrafo 3, lettera c), della legislazione attuale.

5.    Quale dovrebbe essere la priorità della Commissione europea

5.1.

La Commissione dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a recepire la direttiva di applicazione  (25) qualora non l’abbiano ancora fatto e assicurarsi che tutti gli Stati membri la attuino correttamente. Dopo due anni la Commissione dovrebbe valutare l’impatto di tale direttiva e determinare se le misure adottate abbiano consentito un’attuazione e un’applicazione adeguate ed efficaci, dal momento che si tratta di elementi essenziali per proteggere i diritti dei lavoratori distaccati e per garantire parità di condizioni per i prestatori di servizi.

5.2.

La Commissione dovrebbe presentare un’analisi approfondita della situazione nei vari Stati membri dell’UE, nonché dati quantitativi reali sui lavoratori distaccati e sulle modalità di attuazione — e controllo dell’applicazione — della direttiva vigente.

5.3.

La disponibilità di dati affidabili sui lavoratori distaccati è un requisito indispensabile per un dibattito efficace sulle loro caratteristiche specifiche e sulla necessità di tutelarli.

5.4.

Se la Commissione vuole garantire una concorrenza leale, le sue prossime mosse devono concentrarsi sul contrasto delle pratiche fraudolente e sull’eliminazione del fenomeno del lavoro illegale, che ha luogo principalmente attraverso il ricorso abusivo a società di comodo.

5.5.

La Commissione dovrebbe accelerare la convergenza economica e sociale nell’UE, garantendo nel contempo una mobilità equa dei lavoratori nell’ambito della prestazione transfrontaliera di servizi.

5.6.

L’introduzione di un nuovo concetto come quello di «retribuzione» potrebbe sollevare questioni sia tra gli Stati membri in sede di Consiglio che tra le imprese nel corso della consultazione pubblica. La Commissione dovrebbe effettuare un’approfondita analisi socioeconomica delle conseguenze per i consumatori, per le imprese e in generale per la competitività e l’occupazione nell’UE.

5.7.

La Commissione dovrebbe consultare le parti sociali, riconoscere la loro autonomia e rispettare i contratti collettivi applicabili in questo campo.

Motivazione dell’emendamento

Il presente emendamento è teso a proporre un approccio equilibrato alla proposta della Commissione, sulla quale si sono espressi diversi punti di vista sia tra gli Stati membri che tra le parti sociali e le imprese. La finalità è di rispecchiare adeguatamente questa divergenza di opinioni in modo credibile ed equilibrato, evidenziando altresì i punti sui quali si è trovato un consenso. L’emendamento, che corrisponde al testo presentato dalle relatrici della sezione SOC in seguito alla terza riunione del gruppo di studio, è più adeguato nel presentare questo equilibrio tra le diverse posizioni rispetto al testo emendato adottato dalla sezione.

Esito della votazione

Favorevoli

94

Contrari

175

Astensioni

23


(1)  Direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI») (GU L 159 del 28.5.2014, pagg. 11-31).

(2)  Direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (GU L 18 del 21.1.1997).

(3)  Cfr. nota a piè di pagina 2.

(4)  COM(2010) 608 final/2.

(5)  Il testo è stato presentato nel corso della conferenza sul distacco dei lavoratori e i diritti dei lavoratori, organizzata dalla presidenza spagnola dell’UE e svoltasi a Oviedo nel marzo 2010. In tale occasione, dai dibattiti è emersa ancora una volta una divergenza di opinioni tra le parti.

(6)  Cfr. nota a piè di pagina 1.

(7)  Occorre tenere conto del fatto che la situazione differisce da un paese all’altro e che la quota dello 0,7 % è solo una media. Le percentuali effettive, infatti, variano dallo 0,5 al 3,6 %, e sono diverse anche le conseguenze per gli Stati membri.

(8)  Parere del CESE sul tema Mobilità del lavoro più equa nell’UE, adottato il 27 aprile 2016, GU C 264 del 20.7.2016, pagg. 11-18.

(9)  Lettera congiunta delle parti sociali europee (CES, BusinessEurope, Ueapme, CEEP) al presidente Juncker, 2 marzo 2016.

(10)  Protocollo (n. 2) dei Trattati, sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

(11)  Cfr. la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e ai parlamenti nazionali sulla proposta di direttiva recante modifica della direttiva relativa al distacco dei lavoratori, per quanto riguarda il principio di sussidiarietà, a norma del protocollo n. 2, COM(2016) 505 final del 20 luglio 2016.

(12)  Valutazione d’impatto che accompagna il documento Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 96/71/CE, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, SWD(2016) 52 final dell’8 marzo 2016.

(13)  Roberto Pedersini e Massimo Pallini, Lavoratori distaccati nell’Unione europea, Eurofound, 2010. http://www.eurofound.europa.eu/publications/report/2010/working-conditions-industrial-relations/posted-workers-in-the-european-union

(14)  I risultati preliminari dei due progetti sono stati presentati nel corso del convegno sul tema Verso una mobilità del lavoro più equa nell’UE, organizzato dall’Osservatorio del mercato del lavoro del CESE e svoltosi il 28 settembre 2016.

(15)  Spese indirette: i costi per familiarizzarsi con gli adempimenti amministrativi e le disposizioni normative di altri Stati membri, come ad esempio le procedure di notifica, la traduzione dei documenti, la cooperazione con le autorità di controllo.

(16)  I costi indiretti del lavoro transfrontaliero possono aumentare anche del 32 %, secondo i risultati preliminari di uno studio pilota sul tema Il costo del lavoro nei servizi transfrontalieri realizzato dal dipartimento di Economia e amministrazione pubblica dell’Università commerciale di Cracovia (Polonia). Detti risultati sono stati presentati nel corso del convegno sul tema Verso una mobilità del lavoro più equa nell’UE, organizzato dall’Osservatorio del mercato del lavoro del CESE e svoltosi il 28 settembre 2016.

(17)  Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU L 177 del 4.7.2008, pagg. 6-16).

(18)  Parere del servizio giuridico della Commissione europea, fascicolo interistituzionale 2016/0070 (COD) del 28 maggio 2016.

(19)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione SWD(2016) 52 final, pag. 39, e J. Pacolet and F. De Wispelaere, Posting of Workers. Report on A1 portable document issued in 2014 («Distacco dei lavoratori. Relazione sui documenti portatili A1 emessi nel 2014»), dicembre 2015.

(20)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione SWD(2016) 52 final, pag. 39, e L&R Sozialforschung, Entwicklungen im Bereich des Lohndumpings («Sviluppi nel campo del dumping salariale»), maggio 2014.

(21)  Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).

(22)  

Articolo 12 della direttiva 2014/67/UE sulle responsabilità di subcontratto (cfr. nota a piè di pagina 1).

(23)  Direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa al lavoro tramite agenzia interinale (GU L 327 del 5.12.2008, pag. 9).

(24)  Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull’applicazione della direttiva 2008/104/CE relativa al lavoro tramite agenzia interinale, COM(2014) 176 final.

(25)  Cfr. nota a piè di pagina 1.


Top