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Document 52016IE1333

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Integrazione del nudge nelle politiche europee» (parere d’iniziativa)

GU C 75 del 10.3.2017, p. 28–32 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

10.3.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 75/28


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Integrazione del nudge nelle politiche europee»

(parere d’iniziativa)

(2017/C 075/05)

Relatore:

Thierry LIBAERT

Decisione dell’assemblea plenaria

21.1.2016

Base giuridica

Articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Organo competente

Sezione specializzata «Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente»

Adozione in sezione

24.11.2016

Adozione in sessione plenaria

15.12.2016

Sessione plenaria n.

521

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

162/3/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

I nudge (dall’inglese nudge theory — teoria della spinta gentile) appaiono come uno strumento di politica pubblica complementare a quelli già utilizzati dai poteri pubblici europei (l’informazione e la sensibilizzazione, gli incentivi finanziari, la legislazione e l’esempio). Essi appaiono tuttavia come uno strumento particolarmente interessante per rispondere a determinate sfide sociali, ambientali ed economiche.

1.2.

Incoraggiare l’uso dei nudge nelle politiche pubbliche, affiancandoli agli strumenti tradizionali, e in particolare il cambiamento di approccio da essi proposto per i comportamenti individuali. I nudge potrebbero essere così integrati nel quadro di politiche pubbliche globali e accelerarne l’attuazione a un costo inferiore. La loro agilità e la loro semplicità ne rendono possibile l’impiego in contesti differenti e da parte di diverse categorie di attori simultaneamente: da parte di un organismo intergovernativo, nel quadro di strutture interne a ciascun ministero, da parte degli enti territoriali, delle ONG, di attori privati ecc.

1.3.

Privilegiare in particolare i nudge che soddisfano obiettivi ambientali, sociali ecc. (transizione energetica/ambientale, lotta contro lo spreco di risorse, benessere sociale, miglioramento dello stato di salute della popolazione ecc.). Essi possono così rientrare nell’ambito di misure rispondenti a obiettivi collettivi prefissati, ma per i quali gli strumenti tradizionali delle politiche pubbliche si rivelano inefficaci e/o troppo costosi.

1.4.

Favorire lo scambio di informazioni e di buone pratiche sui nudge tra tutte le categorie di operatori potenzialmente interessati (poteri pubblici, enti, imprese, associazioni, ONG…) a livello europeo. Potrebbero essere previsti una piattaforma che tenga un inventario delle iniziative e/o un Osservatorio ad hoc.

1.5.

Studiare in modo più approfondito gli impatti differenziati dei nudge in funzione delle culture, dei profili socioeconomici, dei territori… Ciò consentirebbe di comprendere meglio i vantaggi e limiti della diffusione e della trasposizione dei nudge tra i paesi, i settori ecc. In particolare varrebbe la pena sottoporre a indagini più approfondite la questione della durata dell’impatto dei nudge sui comportamenti.

1.6.

Individuare le condizioni generali di utilizzo dei nudge tali da permettere la riduzione dei loro effetti negativi e tali da garantirne l’accettabilità etica. Esse potrebbero essere raccolte in una carta di buone pratiche redatta congiuntamente con le diverse parti interessate e adottata a livello europeo e declinata successivamente dai singoli Stati membri. Si potrebbe anche pubblicare una guida e distribuirla agli operatori interessati.

1.7.

Istituire procedure di informazione sull’uso dei diversi tipi di nudge in modo da garantirne la trasparenza per le persone destinatarie dei nudge. I nudge devono essere compresi, discussi e condivisi per essere accettati al meglio. Ciò eviterebbe «derive» e rischi di manipolazione nel loro uso.

1.8.

Garantire una reale deontologia del nudge per evitare che siano sviati verso obiettivi non responsabili. Un approccio basato sui nudge deve essere messo in pratica nel rispetto di quattro condizioni: la trasparenza del processo, la flessibilità per le persone interessate, che devono sempre avere la possibilità di scegliere di agire in un senso o in un altro, l’affidabilità delle informazioni che vengono loro fornite e la non colpevolizzazione degli individui.

1.9.

Progettare sistemi di monitoraggio e valutazione dei nudge in funzione di diversi criteri (sociali, ambientali, economici). Ciò può comportare una prima fase di sperimentazione per comprendere l’influenza esatta del nudge in funzione della sua natura, del pubblico destinatario, del contesto… Tale prima fase permette un adeguamento rapido, se i risultati del nudge si rivelano deludenti, o addirittura il suo abbandono, qualora il nudge sia ritenuto inefficace.

1.10.

Incoraggiare nei corsi di formazione (iniziale e continua) le discipline collegate all’economia comportamentale. Ciò consentirebbe di migliorare le conoscenze su questo strumento e di favorirne l’uso razionale e critico da parte di tipi diversi di pubblico (agenti della funzione pubblica, dipendenti di imprese, politici ecc.). Ciò presuppone anche che siano abbattute le barriere tra le discipline universitarie, poiché il nudge si basa su un approccio trasversale.

1.11.

Garantire una certa flessibilità nell’uso del nudge per sfruttare appieno il suo potenziale. Come gli altri strumenti a disposizione dei poteri pubblici, tuttavia, il nudge non è uno strumento miracoloso né completamente nuovo; esso può però presentare un alto grado di complementarità e di utilità per indurre a modificare alcuni comportamenti. Il suo merito principale consiste nell’incentivo a prendere in considerazione, nella progettazione delle politiche pubbliche, la dimensione psicologica dei comportamenti e non soltanto la «razionalità economica».

1.12.

Organizzare su iniziativa del CESE le prime Assise europee sui nudge , evento che costituirebbe un’opportunità unica di scambio di esperienze tra gli attori interessati da questo strumento all’interno dell’Unione europea.

1.13.

Al fine di far fronte al passaggio radicale verso un nuovo modello economico che implicherà importanti conseguenze sistemiche in molti settori, istituire in seno al CESE un nuovo organismo trasversale e permanente per analizzare questi sviluppi, tra cui il «nudge» e altri temi correlati, quali l’economia circolare, l’economia collaborativa e l’economia della funzionalità.

2.   Un quinto strumento per i poteri pubblici

2.1.

Tradizionalmente i poteri pubblici dispongono di quattro tipi di strumenti per modificare il comportamento degli individui: l’informazione e la sensibilizzazione, gli incentivi finanziari, la legislazione (divieti od obblighi) e l’esempio. Ma questi quattro strumenti hanno mostrato i loro limiti, segnatamente in materia di comportamento e di consumo responsabile, ossia caratterizzato da un minor uso di risorse naturali. Continua ad esservi infatti uno scarto tra la consapevolezza degli individui e le loro abitudini quotidiane.

2.2.

Le ragioni di questo scarto tra le intenzioni e l’azione sono state analizzate dall’economia e dalle scienze comportamentali, una disciplina che si è specializzata nella comprensione dei fattori che influenzano i comportamenti degli individui. Secondo i ricercatori di tale disciplina, le azioni individuali sono determinate da molteplici fattori. Siamo esseri complessi, dalla razionalità limitata, fortemente emotivi, influenzati dagli altri e dalle interazioni sociali, ma anche dal contesto e dall’ambiente all’interno del quale prendiamo decisioni.

2.3.

In fin dei conti, le nostre decisioni e i nostri comportamenti sono in gran parte il prodotto di ciò che Daniel KAHNEMAN, premio Nobel per l’economia, definisce il nostro «sistema 1»: un modo di riflessione ampiamente inconscio, automatico, ultrarapido che ci permette di prendere un gran numero di decisioni quotidiane, minimizzando i nostri sforzi e economizzando le nostre risorse di attenzione, ma che si nutre di stereotipi e di associazioni e ci allontana, spesso, da una razionalità di tipo matematico.

3.   Prendere in considerazione i comportamenti per orientare le scelte

3.1.

L’economia comportamentale (Behavioral Economics) ritiene pertanto che le leve tradizionali delle politiche pubbliche possano rivelarsi insufficienti per indurre un cambiamento dei comportamenti, in quanto esse non tengono conto delle diverse dimensioni che possono influenzare il processo decisionale. È sulla base di questa constatazione che due studiosi americani, Richard THALER (professore di economia a Chicago e figura di spicco dell’economia comportamentale) e Cass SUNSTEIN (professore di diritto all’Università di Harvard) hanno pubblicato nel 2008 la prima opera sui nudge  (1), che si fonda sull’idea che i cambiamenti del comportamento devono basarsi su «incentivi gentili». Gli autori definiscono il nudge come «qualsiasi aspetto dell’architettura della scelta che alteri in modo prevedibile il comportamento delle persone senza vietare alcuna opzione o modificare in maniera significativa gli incentivi finanziari». Per essere considerato un semplice nudge, l’atto deve poter essere evitato agevolmente, i nudge non hanno assolutamente carattere vincolante.

3.2.

Il nudge è diretto a concepire delle «architetture delle scelte», che mettano in evidenza la scelta reputata vantaggiosa per l’individuo e/o la collettività, senza modificare il numero né la natura delle opzioni disponibili. Si tratta di spingere il consumatore o l’utente verso una scelta considerata migliore. Esso presenta tre caratteristiche: una totale libertà di scelta lasciata agli individui, semplicità di attuazione, un costo limitato dell’intervento.

3.3.

I nudge suscitano un interesse crescente dei poteri pubblici in certi paesi perché presentano due grandi vantaggi: non limitano le libertà individuali e hanno un costo limitato, mentre il loro impatto può essere significativo. Essi possono pertanto costituire uno strumento complementare, che si inserisce nel quadro di politiche pubbliche volte a rendere i comportamenti individuali più «responsabili» per la salute, l’ambiente ecc. Per l’individuo, il nudge consente una scelta semplificata che facilita la sua decisione.

4.   Il nudge: un solo concetto, leve diverse

4.1.

La scelta «di default». Si tratta di proporre una soluzione automatica di default (impostazione predefinita), che è quella ritenuta più opportuna dall’autorità che la attua, ma è anche la più semplice da applicare. Essa si basa sulla forza d’inerzia degli individui. È il caso, ad esempio, delle dichiarazioni dei redditi in Francia, nelle quali, dal 2005, si presume automaticamente che il nucleo familiare possegga un televisore. Ciò ha permesso di far passare il tasso di frode stimato dal 6 % all’1 %. La scelta di default è inoltre sempre più utilizzata dalle banche, dai fornitori di energia e da altre imprese che proporranno fatture elettroniche anziché in formato cartaceo, stampa recto-verso automaticamente predefinita ecc.

4.2.

La forza della norma sociale, che è considerata dai sostenitori del nudge come un potente determinante dei comportamenti. Essa può pertanto essere utilizzata per incoraggiare gli individui ad agire in un determinato senso. Si tratta in particolare di mettere in evidenza un comportamento seguito dalla maggioranza degli individui che costituiscono la cerchia immediata della persona (vicini, colleghi…). Si presume che questo messaggio incoraggi gli individui a comportarsi nello stesso modo per conformarsi alla norma sociale. Nel 2011, il fornitore di energia OPOWER ha effettuato un esperimento negli Stati Uniti. In base alle informazioni sul loro consumo di elettricità sono state inviate lettere a 600 000 nuclei familiari, in cui si diceva per esempio: «Il mese scorso, avete utilizzato il 15 % di elettricità in più rispetto ai vostri vicini più efficienti». Dei grafici permettevano di confrontare il proprio consumo di energia con quello dei vicini e degli altri consumatori; ad essi si accompagnavano degli emoticon sorridenti quando vi era un calo dei consumi. A seguito dell’invio di tali lettere, si sono registrate riduzioni medie del consumo di elettricità del 2 % tra le famiglie partecipanti, generando un risparmio globale di 250 milioni di USD secondo OPOWER (2). Numerose esperienze analoghe pervengono a risultati che variano tra l’1 e il 20 % di riduzione del consumo di energia.

4.3.

Il rischio di perdita, che mira a mettere in evidenza la perdita (soprattutto quella finanziaria) che rischia l’individuo se non modifica il suo comportamento, ad esempio in materia di consumo di energia. Si tratta ad esempio di segnalargli la somma indicativa che perde non cambiando le sue consuetudini o, al contrario, la somma che potrebbe guadagnare facendolo. Tale visualizzazione della perdita può anche esprimersi con indicatori non finanziari (calorie, emissioni di CO2…).

4.4.

L’emulazione, che consiste per esempio nell’organizzare concorsi per incoraggiare determinate pratiche, come la lotta contro lo spreco. Per esempio, l’ONG francese Prioriterre vuole fare opera di sensibilizzazione a favore del risparmio energetico. A tal fine, essa organizza ogni anno la competizione «Famiglie a energia positiva», che ha visto la partecipazione nel 2014 di circa 7 500 famiglie, che dovevano ridurre il loro consumo energetico dell’8 % per vincere diversi premi (3).

4.5.

Il ricorso al gioco e alle presentazioni ludiche. Uno dei nudge più conosciuti è stato realizzato dall’aeroporto di Amsterdam: all’interno degli orinatoi sono state dipinte delle mosche per incitare gli utilizzatori a prendere bene la mira. Nel 2009, la Volkswagen ha trasformato a Stoccolma la scala che porta verso l’uscita dalla stazione Odenplan in un’enorme tastiera di pianoforte. Mettendo il piede su un qualsiasi gradino si attivava una nota musicale (4). Lo scopo era quello di indurre gli utenti a utilizzare le scale anziché le scale mobili. In Corea del Sud, una segnaletica al suolo indica il rischio di sovrappeso delle persone che utilizzano le scale mobili.

4.6.

Il nudge può anche essere diretto a modificare la presentazione delle scelte o l’aspetto di taluni prodotti, onde evidenziare quelli considerati più sani, più ecologici ecc. Questo tipo di nudge può talvolta avvicinarsi al principio del marchio di qualità. Numerosi esperimenti sono state condotti nelle mense aziendali per incoraggiare i clienti a consumare prodotti alimentari sani. A tal fine, questi ultimi erano presentati all’inizio dell’espositore, il che permette in alcuni casi di far aumentare il loro consumo di due volte rispetto a una situazione in cui essi sono esposti a metà o alla fine. Altre mense hanno cercato di far diminuire gli sprechi riducendo la dimensione dei piatti utilizzati: i piatti sono riempiti come prima, ma la quantità servita è ridotta (sapendo che i clienti possono sempre servirsi di nuovo se lo desiderano) (5).

5.   Uno strumento sempre più utilizzato dalle amministrazioni pubbliche

5.1.

Dal 2008, un numero crescente di paesi s’interessano al potenziale degli strumenti di politica pubblica che rientrano nell’ambito dei nudge, che offrono la triplice promessa di essere più accettabili da parte dell’opinione pubblica rispetto alle norme o alle tasse, di essere poco costosi ed efficaci. I paragrafi che seguono forniscono alcuni esempi, ovviamente non esaustivi.

5.2.

Nel 2010, il governo britannico David Cameron crea il «Behavioural Insights Team», affidato a David HALPERN e incaricato di applicare le scienze comportamentali alle politiche pubbliche del Regno Unito. Ad esempio, esso ha modificato la pagina del sito Internet del governo che consente di dare il proprio accordo alla donazione di organi, inserendovi il messaggio: «Ogni giorno migliaia di persone che vedono questa pagina decidono di registrarsi» e collocandovi il logo del National Health Service (servizio sanitario nazionale), la sicurezza sociale britannica. In un anno, il tasso di adesione al programma è passato dal 2,3 % al 3,2 % (+96 000 adesioni). Dal 2014, la «Nudge Unit» funziona in modo indipendente, e consiglia governi stranieri, enti locali, imprese ecc. (6).

5.3.

Anche l’amministrazione Obama ha lanciato la sua «Nudge Squad» nel 2014 sotto la direzione di Maya SHANKAR. In un decreto pubblicato nel settembre 2015 il presidente Obama «incoraggia» i dipartimenti e le agenzie governative ad utilizzare gli apporti della scienza comportamentale («behavioral science») (7). Anche i governi di Singapore, dell’Australia e della Germania hanno creato gruppi di esperti in economia comportamentale.

5.4.

In Francia, dal 2013, il segretariato generale per la modernizzazione dell’azione pubblica (SGMAP) e la direzione generale delle finanze pubbliche (DGFIP) (8) moltiplicano gli esperimenti legati ai nudge.

5.5.

La Commissione europea ha istituito, presso il Centro comune di ricerca, un’unità Prospettiva e apporto delle scienze comportamentali, posta sotto la responsabilità di Xavier Troussard. Essa ha, in particolare, pubblicato una relazione nel 2016, che sottolinea come le politiche pubbliche all’interno dell’Unione europea integrino in misura crescente gli apporti dell’economia comportamentale (9). Essa ritiene auspicabile sviluppare gli scambi su questo tema tra il mondo politico e gli ambienti universitari. Soprattutto, essa raccomanda di accrescere l’utilizzo degli strumenti dell’economia comportamentale in tutte le fasi delle politiche pubbliche, migliorando nel contempo la comunicazione sul loro uso e le conoscenze sui loro effetti.

6.   Rischi e limiti da non sottovalutare

6.1.

Il nudge presenta dei limiti. Esso richiede un grande rigore di progettazione e realizzazione e pone problemi sia tecnici che etici. Esso non sostituisce l’esigenza imperativa di informazione dei cittadini e le iniziative educative volte a orientare la loro scelta né i mezzi tradizionali d’intervento dei poteri pubblici che sono la legge e le leve costituite dagli incentivi economici. Inoltre, i rischi e i limiti derivanti all’uso dei nudge non devono essere sottovalutati.

6.2.

Per il momento sono disponibili pochi studi sull’efficacia dei nudge, in particolare a medio e lungo termine. Taluni si concentrano sull’eterogeneità delle reazioni individuali dinanzi a questo strumento. Così, nell’esperimento condotto da OPOWER, le famiglie il cui consumo di energia elettrica era già inferiore alla media hanno avuto tendenza ad aumentarlo quando sono state informate di qual era la loro posizione. All’opposto, per i cittadini che apprendono di consumare molta più elettricità rispetto ai loro vicini, il nudge può generare un senso di colpa o di inferiorità. Secondo alcuni studi, la ricettività ai nudge può inoltre variare in funzione dei valori e delle opinioni degli individui (10), ma anche a seconda del contesto politico e culturale. Più in generale, gli studi condotti sottolineano gli impatti differenziati dei nudge a seconda dei pubblici, delle culture e dei contesti. È pertanto necessario valutare direttamente o in modo casuale gli effetti dei nudge.

6.3.

Si pone anche la questione della durata dell’impatto dei nudge. In materia di consumo d’acqua e di elettricità, studi hanno mostrato che l’effetto ripetuto delle norme sociali tende a diminuire nel corso del tempo, anche se può mantenersi dopo diversi anni, in maniera attenuata (11). L’effetto a lungo termine dei nudge dipende dalla loro capacità di cambiare radicalmente le abitudini. Una volta che un’opzione predefinita (di default) è modificata, ove questa sia mantenuta, non vi è motivo di ritenere che i comportamenti non persisteranno. Il problema riguarda piuttosto la possibilità di andare oltre, o di modulare. Sembra infatti più facile adeguare in modo graduale una tassa o una norma piuttosto che un’opzione predefinita.

6.4.

I nudge possono comportare effetti negativi, che si traducono nel fatto che un individuo può aver tendenza ad agire in modo più virtuoso dopo aver agito male, e viceversa. Per esempio, degli esperimenti hanno mostrato che l’acquisto di beni di consumo «verdi» poteva essere seguito in determinate circostanze da un aumento della frequenza di comportamenti negativi come imbrogli o furti (12). Gli sforzi per incoraggiare atteggiamenti virtuosi in certi campi possono pertanto avere conseguenze negative in altri campi. Questi effetti perversi, se si confermano, rendono molto difficile valutare l’impatto globale dei nudge. Essi sono probabilmente molto rari e non mettono in discussione l’interesse degli approcci basati sui nudge. Tuttavia, occorre non escludere la possibilità di questi tipi di effetto.

6.5.

L’efficacia di un nudge è stabilita con riferimento ad un comportamento auspicabile, il che solleva la questione della definizione e della misura di ciò che è auspicabile. Può infatti essere molto difficile conoscere i giudizi dei cittadini sulla propria felicità. Il nudge solleva anche la questione di chi decide dell’obiettivo perseguito, quindi di ciò che è auspicabile per l’individuo e/o la società. Quando si tratta di un decisore pubblico, egli può orientare tale obiettivo nonché il nudge in modo opportunistico, ma anche in modo meno intenzionale, per mancanza di informazioni ad esempio.

6.6.

In ultima istanza, è difficile talvolta definire la frontiera tra informazione, comunicazione e manipolazione. Così, tra i numerosi alberghi che incentivano i loro clienti a riutilizzare gli asciugamani, alcuni presentano a tal fine dei tassi volontariamente «gonfiati» di clienti che già lo fanno (13). L’obiettivo di tali messaggi non è quello di ingannare i destinatari, bensì quello di realizzare in qualche modo una profezia autoavverantesi, facendo in modo che tali messaggi diventino veri. Ma, di fatto, i clienti sono indotti a basare il loro comportamento su una bugia. Tale ricorso alla menzogna, sebbene conduca a comportamenti più virtuosi, non appare accettabile moralmente, a fortiori da parte di un soggetto decisionale pubblico. Può inoltre danneggiare la reputazione di questo decisore e ridurre nel tempo l’efficacia dei nudge, infantilizzando i consumatori.

Bruxelles, 15 dicembre 2016

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  Thaler Richard & Sunstein Cass, «Nudge: Improving Decisions about Health, Wealth, and Happiness», Yale University Press, 2008 (edizione italiana Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità -Feltrinelli, 2009).

(2)  Opower.com.

(3)  http://www.prioriterre.org/ong/particuliers/a2210/une-nouvelle-edition-familles-a-energie-positive.html.

(4)  https://www.youtube.com/watch?v=2lXh2n0aPyw.

(5)  Liebig Georg, «Nudging to Reduce Food Waste», URL: http://www.wiwi-experimente.tu-berlin.de/fileadmin/fg210/nudging_to_reduce_food_waste_Georg_Liebig.pdf.

(6)  Sito Internet dell’unità: http://www.behaviouralinsights.co.uk/.

(7)  «Executive Order — Using Behavorial Science Insights to Better Serve the American People», Executive Order, 15 settembre 2015. URL: https://www.whitehouse.gov/the-press-office/2015/09/15/executive-order-using-behavioral-science-insights-better-serve-american.

(8)  Cfr. per esempio «Le nudge: un nouvel outil au service de l’action publique», 13 marzo 2014. URL: http://www.modernisation.gouv.fr/les-services-publics-se-simplifient-et-innovent/par-des-services-numeriques-aux-usagers/le-nudge-au-service-de-laction-publique.

(9)  http://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/bitstream/JRC100146/kjna27726enn_new.pdf.

(10)  Costa Dora L. e Kahn Matthey E., «Energy conservation “nudges” and environmentalist ideology: Evidence from a randomized residential electricity field experiment», Journal of European Economic Association, 2013.

(11)  Ferraro Paul J., Miranda Juan Jose e Price Michael K., «The persistence of treatment effects with norm-based policy», American Economic Review, vol. 101, n. 3, maggio 2011.

(12)  Mazar Nina e Zhong Chen-Bo, «Do green products make us better people?», Psychological Science, 2010.

(13)  Simon Stephanie, «The Secret to Turning Consumers Green», The Wall Street Journal, 18 ottobre 2010. URL: http://www.wsj.com/articles/SB10001424052748704575304575296243891721972.


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