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Document 62011CN0327

Causa C-327/11 P: Impugnazione proposta il 24 giugno 2011 dalla United States Polo Association avverso la sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) 13 aprile 2011 , causa T-228/09, United States Polo Association/Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) e Textiles CMG, SA

GU C 311 del 22.10.2011, p. 16–17 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

22.10.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 311/16


Impugnazione proposta il 24 giugno 2011 dalla United States Polo Association avverso la sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) 13 aprile 2011, causa T-228/09, United States Polo Association/Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) e Textiles CMG, SA

(Causa C-327/11 P)

2011/C 311/25

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrente: United States Polo Association (rappresentanti: avv.ti P. Goldenbaum, T. Melchert e I. Rohr)

Altra parte nel procedimento: Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli)

Conclusioni della ricorrente

La ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza del Tribunale 13 aprile 2011, causa T-228/09,

annullare la decisione della commissione di ricorso R 08861/2008-4

condannare l’UAMI alle proprie spese e a quelle sostenute dalla ricorrente,

e condannare la Textiles CMG S.A. alle proprie spese, qualora intervenga nel procedimento.

Motivi e principali argomenti

La ricorrente asserisce che la sentenza del Tribunale è viziata da erronea interpretazione ed errata applicazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento del Consiglio (CE) 20 dicembre 1993, n. 40/1994 [attuale art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 207/2009], sul marchio comunitario.

Basandosi su tale erronea interpretazione ed errata applicazione, il Tribunale ha a torto concluso che la commissione di ricorso aveva avuto ragione nel ritenere che vi fosse un rischio di confusione tra i marchi U.S. POLO ASSN. (domanda impugnata) e POLO-POLO (marchio anteriore).

Il Tribunale non ha effettuato una valutazione globale corretta e completa del rischio di confusione e non ha tenuto in sufficiente considerazione o ha applicato erroneamente i principi della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea a tale riguardo.

I principali argomenti della ricorrente attinenti alle carenze del giudizio del Tribunale possono riassumersi come segue:

1)

Il Tribunale ha erroneamente applicato i principi stabiliti nella causa C-120/04, Medion, Racc. pag. I-8551, relativi all’eventuale posizione distintiva autonoma di un elemento in un segno composto, senza che tale elemento abbia tuttavia carattere dominante.

Il Tribunale ha in un primo momento — giustamente — negato che il termine «POLO» fosse dominante nel marchio più recente, ma ha poi — erroneamente — attribuito all’elemento «POLO» un’asserita funzione distintiva autonoma a causa del fatto che gli altri elementi, «U.S.» e «ASSN.», erano brevi iniziali ed abbreviazioni nonché a causa di una presunta mancanza di significato ed ha dedotto un insufficiente grado di carattere distintivo. Ciò dimostra un fraintendimento del requisito della funzione distintiva autonoma di un elemento in un segno composto.

Non si può in nessun caso ritenere che la decisione della causa Medion stabilisca una regola generale in base alla quale ogni elemento comune a due marchi che presenti un normale carattere distintivo sia da considerare come avente una posizione distintiva autonoma in un segno composto. Il Tribunale non ha considerato che, secondo la causa Medion, sussiste un rapporto di regola ed eccezione, ove il caso normale è quello in cui il consumatore medio percepisce un marchio nella sua globalità, con la possibilità che l’impressione generale possa essere dominata da una o più componenti del segno composto, e l’eccezione è costituita dal caso in cui, se un elemento non ha carattere dominante, esso può avere una posizione distintiva autonoma solo in casi eccezionali che vanno al di là del caso normale. Il Tribunale non ha fornito alcun motivo che suffragasse il fatto di essere in presenza di una siffatta eccezione.

2)

Il Tribunale ha attribuito un valore esclusivo e decisivo al fatto che i due segni in conflitto abbiano in comune l’elemento «POLO», omettendo di applicare correttamente i principi di valutazione globale del rischio di confusione, come emerge, in particolare, dalla causa C-251/95, SABEL, Racc. pag. I-6191.

Esso non ha rispettato il principio in base al quale il pubblico percepisce il marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi, ma — con riferimento al marchio anteriore — ha invece semplicemente preso una componente e l’ha paragonata con il marchio più recente.

In particolare, non ha pienamente considerato le circostanze del caso di specie, ignorando le differenze tra i segni in conflitto, in particolare la manifesta duplicazione dell’elemento «POLO» nel marchio anteriore. Il singolo elemento «POLO» non è dominante nel marchio anteriore «POLO-POLO», né ha una posizione distintiva autonoma nel segno composto e il Tribunale non ha del resto asserito una siffatta funzione nel caso in oggetto.

Inoltre, il marchio anteriore «POLO-POLO», considerato nella sua globalità, non ha alcun significato in nessuna lingua comunitaria. Pertanto, non può essere effettuato alcun confronto dal punto di vista concettuale.

3)

Il Tribunale non ha considerato il principio in base al quale solo nel caso in cui tutte le altre componenti del marchio siano trascurabili la valutazione della somiglianza può essere effettuata sulla base di un solo elemento.

4)

L’argomentazione del Tribunale è contraddittoria ed incoerente ai seguenti punti:

Il Tribunale, da un lato, ha ritenuto che gli elementi «U.S.» e «ASSN.» non avessero un significato in quanto tali. Dall’altro lato, esso ha indicato che «U.S.» verrebbe percepito dal pubblico pertinente come riferito all’origine geografica. Inoltre, anche supponendo che taluni consumatori potrebbero non comprendere l’abbreviazione «ASSN.», i consumatori non avrebbero motivo di ignorarla o trascurarla, bensì — conformemente ai principi stabiliti nella causa MATRATZEN — la percepirebbero ancor più come un elemento distintivo.


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