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Document C2004/190/17
Case C-227/04 P: Appeal brought on 2 June 2004 by Marie-Luise Lindorfer against the judgment delivered on 18 March 2004 by the Fifth Chamber of the Court of First Instance of the European Communities in Case T-204/01 between M.-L. Lindorfer and Council of the European Union
Causa C-227/04 P: Ricorso della sig.ra Marie-Luise Lindorfer avverso la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee (quinta sezione) pronunciata il 18 marzo 2004 nella causa T-204/01 tra M.- L. Lindorfer e il Consiglio dell'Unione europea, presentato il 2 giugno 2004
Causa C-227/04 P: Ricorso della sig.ra Marie-Luise Lindorfer avverso la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee (quinta sezione) pronunciata il 18 marzo 2004 nella causa T-204/01 tra M.- L. Lindorfer e il Consiglio dell'Unione europea, presentato il 2 giugno 2004
GU C 190 del 24.7.2004, p. 10–10
(ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)
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24.7.2004 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 190/10 |
Ricorso della sig.ra Marie-Luise Lindorfer avverso la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee (quinta sezione) pronunciata il 18 marzo 2004 nella causa T-204/01 tra M.- L. Lindorfer e il Consiglio dell'Unione europea, presentato il 2 giugno 2004
(Causa C-227/04 P)
(2004/C 190/17)
Il 2 giugno 2004 la sig.ra Marie-Luise Lindorfer, rappresentata dagli avv. G. Vandersanden e L. Levi, ha proposto dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee un ricorso avverso la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee (quinta sezione) pronunciata il 18 marzo 2004 nella causa T-204/01 tra M.- L. Lindorfer e il Consiglio dell'Unione europea.
La ricorrente conclude che la Corte voglia:
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annullare la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee (quinta sezione) 18 marzo 2004 nella causa T-204/01; |
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conseguentemente, accogliere la domanda proposta dalla ricorrente in primo grado, e pertanto, |
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annullare la decisione del convenuto 3 novembre 2000, con cui è stata fissata in 5 anni, 5 mesi e 8 giorni il numero delle annualità da prendere in considerazione ai fini della pensione comunitaria della ricorrente a seguito del trasferimento dei suoi diritti alla pensione acquisiti in Austria precedentemente alla sua assunzione presso le Comunità europee e, all'occorrenza, annullare la decisione del Consiglio dell'Unione europea 31 maggio 2001, recante rigetto del reclamo della ricorrente 2 febbraio 2001; |
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condannare il convenuto a procedere, su un fondamento normativo adeguato, ad una nuova fissazione, emendata da ogni elemento illegittimo, delle annualità da prendere in considerazione ai fini della pensione comunitaria della ricorrente a seguito del trasferimento dei suoi diritti alla pensione acquisiti in Austria; |
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condannare il convenuto a tutte le spese del giudizio di primo grado e del giudizio di impugnazione. |
Motivi e principali argomenti invocati:
Il Tribunale di primo grado ha violato l'art. 141 CE, l'art. 10, n. 4, lett. b), delle disposizioni generali di attuazione, (1) il principio di non discriminazione e l'obbligo di motivazione.
Infatti, ritenendo che il Consiglio potesse legittimamente tener conto, nella formula di conversione, di fattori attuariali connessi all'età ed al sesso dell'interessata, il Tribunale ha violato il principio di non discriminazione, segnatamente con riguardo alla parità di trattamento tra uomo e donna. A fronte di una formula di conversione di diritti maturati in un primo regime pensionistico nazionale verso il regime comunitario, il Tribunale ha legittimato l'applicazione di un fattore che opera una distinzione in base al sesso del lavoratore e tratta in modo sfavorevole il lavoratore di sesso femminile, giustificando tale formula con motivazioni di ordine finanziario. Il Tribunale è peraltro venuto meno al proprio obbligo di motivazione non rispondendo all'argomento della ricorrente, volto a dimostrare che l'equilibrio finanziario non può essere alterato per effetto dell'applicazione di un fattore attuariale all'atto della conversione delle annualità nel regime pensionistico comunitario.
Il Tribunale non si è pronunciato in ordine alla validità dell'esistenza di due varianti, destinate, entrambe, all'esecuzione dell'art. 11, n. 2, dell'allegato VIII dello statuto, ma con modalità differenti, prendendo in considerazione la data del trasferimento dei diritti ala pensione, ovvero quella della nomina in ruolo del dipendente. Peraltro, facendo unicamente riferimento alla retribuzione di base del dipendente al momento del collocamento a riposo senza parimenti esaminare il numero di annualità, il Tribunale non ha risposto all'argomento della ricorrente ed ha violato il proprio obbligo di motivazione.
Il Tribunale trae conclusioni erronee, in diritto, rispetto agli elementi di fatto e, segnatamente, agli esempi addotti dalla ricorrente. Anche ammettendo che le fluttuazioni delle diverse valute nazionali risultino da circostanze esterne alle Comunità, ciò non esonera affatto queste ultime dal vigilare, in particolare, con riguardo al personale, il rispetto del principio di non discriminazione e, nella specie, dal definire, conformemente al detto principio, norme per trasferire nel regime pensionistico comunitario diritti alla pensione acquisiti presso una cassa nazionale. Ciò significa, in particolare, che il Consiglio non può applicare formule del tasso di conversione che non rispettino il principio di non discriminazione. Orbene, è pacifico che ciò ricorre nella specie. Infatti, gli importi trasferiti al momento dell'uscita da una cassa pensionistica nazionale non divergono, con riguardo al principio di non discriminazione, a seconda se provengano da un paese cosiddetto a «valuta debole» ovvero da un paese a «valuta forte». D'altra parte, il Tribunale ha rilevato che il trattamento riservato a tali importi varia secondo il paese in questione, ove i trasferimenti provenienti dai paesi a «valuta debole»ricevono un trattamento più favorevole. Infine, il Tribunale non ha esaminato, e a fortiori dimostrato sotto quale profilo tale differenza di trattamento sarebbe obiettivamente giustificata. Il fatto che essa risulterebbe da circostanze esterne all'azione della Comunità non può costituire tale giustificazione, dal momento che è stato il Consiglio a decidere in ordine all'esistenza delle due varianti ed è sempre tale istituzione a stabilire a chi applicarle.
(1) Decisione del Consiglio 13 luglio 1992, che fissa le disposizioni generali di attuazione relative all'applicazione dell'art. 11, nn. 1 e 2, dell'allegato VIII dello statuto dei dipendenti e abrogazione dei capitoli IV e V della decisione del Consiglio 26 gennaio 1970, come modificata dalla decisione del Consiglio 19 dicembre 1994.