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Document 52003IR0104
Opinion of the Committee of the Regions on the "Management and consequences of natural disasters: the role of European structural policy"
Parere del Comitato delle regioni sul tema "La gestione e le conseguenze delle catastrofi naturali: i compiti della politica strutturale europea"
Parere del Comitato delle regioni sul tema "La gestione e le conseguenze delle catastrofi naturali: i compiti della politica strutturale europea"
GU C 256 del 24.10.2003, pp. 74–79
(ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)
Parere del Comitato delle regioni sul tema "La gestione e le conseguenze delle catastrofi naturali: i compiti della politica strutturale europea"
Gazzetta ufficiale n. C 256 del 24/10/2003 pag. 0074 - 0079
Parere del Comitato delle regioni sul tema "La gestione e le conseguenze delle catastrofi naturali: i compiti della politica strutturale europea" (2003/C 256/12) IL COMITATO DELLE REGIONI, vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza del 19 novembre 2002, conformemente all'articolo 265, paragrafo 5, del trattato che istituisce la Comunità europea, di elaborare un parere sul tema "La gestione e le conseguenze delle catastrofi naturali: i compiti della politica strutturale europea" e di affidare i lavori preparatori alla commissione Politica di coesione territoriale (designata a titolo principale) e alla commissione Sviluppo sostenibile (designata a titolo complementare); visto il progetto di parere complementare della commissione Sviluppo sostenibile (relatore: Gottardo, consigliere della regione Friuli Venezia Giulia (IT-PPE)) (DI/CdR 12/2003); visto il proprio parere del 14 gennaio 1999 in merito allo Schema di sviluppo dello spazio europeo (SSSE) (CdR 266/98 fin)(1); visto il proprio parere del 14 novembre 2001 in merito al secondo rapporto sulla coesione economica e sociale (CdR 74/2001 fin)(2); visto il proprio parere del 15 febbraio 2001 sul tema "Struttura ed obiettivi della politica regionale europea nel quadro dell'ampliamento e della globalizzazione: apertura del dibattito" (CdR 157/2000 fin)(3); visto il regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio del 21 giugno 1999 recante disposizioni generali sui fondi strutturali(4); visti il secondo rapporto sulla coesione economica e sociale del 31 gennaio 2001 (COM(2001) 24 def.) e il proprio parere sull'argomento (CdR 74/2001 fin)(5); visti la prima relazione intermedia sulla coesione economica e sociale - Sintesi e prospettive (COM(2002) 46 def.) e il proprio parere sull'argomento (CdR 101/2002 fin)(6); visto il proprio parere sul tema "La coesione territoriale" adottato il 10 aprile 2003 (relatore: Valcárcel Siso, presidente della comunità autonoma di Murcia (ES-PPE)) (CdR 388/2002 fin); visto l'Accordo parziale aperto in materia di prevenzione, di protezione e di organizzazione dei soccorsi contro i grandi rischi naturali e tecnologici (Accordo EUR-OPA, gestito dal Consiglio d'Europa), con particolare riferimento alla protezione del patrimonio culturale in zona sismica; vista la decisione del Consiglio del 23 ottobre 2001 che istituisce un meccanismo comunitario inteso ad agevolare una cooperazione rafforzata negli interventi di soccorso della protezione civile(7); visto il regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio dell'11 novembre 2002 che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea(8); visti i documenti elaborati dalla DG Ambiente nel quadro del processo di consultazione avviato dalla Commissione europea riguardo alla sensibilizzazione della popolazione e al rafforzamento della sicurezza di fronte ai rischi naturali e antropici, in vista della prossima adozione di una comunicazione sul tema; visto il progetto di parere elaborato dalla commissione Politica di coesione territoriale il 30 aprile 2003 (CdR 104/2003 riv.) (relatori: Lorenzetti, presidente della regione Umbria (IT-PSE) e Tillich, ministro di Stato per le questioni federali ed europee e capo della cancelleria del Land Sassonia (DE-PPE)); considerando quanto segue: 1) il trattato sull'Unione europea auspica espressamente, nel preambolo, il rafforzamento della solidarietà tra i popoli nonché la promozione del progresso economico e sociale dei popoli degli Stati membri; 2) gli eventi naturali eccezionali e gli incidenti tecnologici spesso producono conseguenze particolarmente gravi in termini di danni alle cose e alle persone; inoltre, le regioni europee dove questi si verificano sono spesso densamente popolate e contraddistinte da centri urbani di grande valore culturale e produttivo; 3) la moderna società industriale europea si avvale di processi produttivi e di trasporto ad alto rischio di incidenti, soprattutto nel caso di eventi naturali eccezionali; 4) in talune regioni il rischio di fenomeni naturali eccezionali è più elevato che in altre, per cui la solidarietà tra le regioni riveste un'importanza essenziale; 5) i gravi danni così provocati determinano sovente un sensibile deterioramento della situazione economica e sociale e un conseguente rallentamento del processo di sviluppo; 6) l'esperienza mostra che gli eventi eccezionali causati da fattori climatici sono sempre più frequenti e intensi, con conseguenze dannose di rilevante entità sia per le persone e le cose, sia per l'ambiente; 7) le attività di prevenzione intese a ridurre i danni provocati dai fenomeni naturali eccezionali e dagli incidenti tecnologici sono in linea di principio più vantaggiose rispetto alle spese necessarie per sostenere le successive opere di ricostruzione; 8) il regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio che istituisce il Fondo di solidarietà come strumento di intervento per il primo soccorso in caso di catastrofi specifica che "l'intervento comunitario non dovrebbe sostituirsi alla responsabilità dei terzi che, in base al principio 'chi inquina paga', sono in primo luogo responsabili dei danni da loro provocati, né scoraggiare le azioni di prevenzione al livello degli Stati membri e della Comunità"; 9) è estremamente difficile distinguere i danni gravi causati dagli eventi naturali eccezionali da altri eventi che provocano ingenti danni di carattere ambientale, ha adottato all'unanimità, nel corso della 50a sessione plenaria del 2 e 3 luglio 2003 (seduta del 3 luglio), il seguente parere. 1. Posizione del Comitato delle regioni Il Comitato delle regioni 1.1. reputa essenziale trattare separatamente le misure nell'ambito della prevenzione, della gestione delle attuali calamità e dell'assistenza, nonché valutare il ruolo dei fondi europei in tale contesto. 1.2. Definisce le catastrofi, nel quadro del presente parere, come danni gravi alle cose, alle persone e all'ambiente provocati da eventi naturali eccezionali o da incidenti tecnologici. In questa sede, pertanto, non vengono considerati gli eventi calamitosi causati da atti intenzionali. 1.3. Prende atto con interesse delle attività di carattere scientifico svolte dal centro di ricerca comunitario per la previsione delle catastrofi naturali. 1.4. Accoglie con favore l'istituzione del Fondo di solidarietà, osservando però l'insufficiente coordinamento tra esso e i fondi strutturali e la conseguente perdita di sinergie. 1.5. Osserva con rammarico, in particolare, che l'impostazione prevalentemente seguita finora dalla Commissione europea nella gestione del Fondo di solidarietà ha consentito solo un ripristino provvisorio delle infrastrutture, ma nessuna misura per la loro ricostruzione definitiva. 1.6. Accoglie con favore in principio la decisione del Consiglio che istituisce un "meccanismo comunitario inteso ad agevolare una cooperazione rafforzata negli interventi di soccorso della protezione civile"(9). 1.7. Sottolinea tuttavia che le regioni e i comuni, in qualità di enti territoriali competenti nel quadro di un coordinamento decentrato, devono svolgere un ruolo centrale nella protezione dalle calamità e nella loro gestione. 1.8. Accoglie con favore i numerosi accordi bilaterali per la prestazione di soccorso che consentono alle squadre d'intervento e ai volontari di qua e di là dalle frontiere di conoscersi e di superare le barriere linguistiche, promovendo ulteriormente il processo di integrazione europea. Anche l'iniziativa comunitaria Interreg nei suoi diversi aspetti apporta un contributo prezioso in tale senso. 1.9. Constata con soddisfazione che i fondi strutturali promuovono misure a favore della prevenzione delle catastrofi e della gestione delle conseguenze delle calamità naturali, ma esprime rammarico per l'impossibilità di procedere a una ridistribuzione delle risorse tra detti fondi. Inoltre, il cofinanziamento spesso costituisce un ostacolo agli storni necessari, a causa delle diverse fonti di finanziamento. 1.10. Osserva con preoccupazione che nell'attuale periodo di sostegno solo le zone assistite a titolo dell'obiettivo 1 e 2 possono beneficiare degli aiuti comunitari previsti dai fondi strutturali per la gestione delle calamità. 1.11. Osserva altresì come, allo stato attuale del funzionamento dei fondi strutturali, le zone a rischio sono costrette a destinare alla prevenzione ingenti risorse che invece sarebbero potute servire per finanziare misure di investimento per il loro sviluppo economico. Una simile sperequazione inficia l'obiettivo stesso della coesione territoriale e di uno sviluppo giusto ed equilibrato. 1.12. Sottolinea che anche i cittadini e le imprese devono contribuire in maniera determinante alla prevenzione e agli interventi di primo soccorso, e che è pertanto necessario procedere a un'opera di sensibilizzazione costante. 2. Raccomandazioni del Comitato delle regioni La prevenzione delle calamità Il Comitato delle regioni 2.1. chiede un'analisi dei rischi che rispetti le norme comunitarie e che copra tutti i tipi e tutte le combinazioni di rischi per le varie zone. Tale analisi dovrà riguardare in particolare i rischi derivanti da terremoti, attività vulcaniche, inondazioni, piogge alluvionali, smottamenti del terreno o colate di fango, incendi boschivi, impianti industriali e minerari, come pure incidenti dovuti al trasporto autorizzato di merci pericolose per mare e per terra. Essa andrà effettuata in collaborazione con i comuni, le regioni e gli enti responsabili sul piano nazionale, e i risultati andranno poi messi a disposizione degli Stati membri. Spetta alla Commissione europea proporre procedure armonizzate che assicurino la comparabilità dei risultati dell'analisi. L'analisi dei rischi deve tenere conto di fattori quali la pericolosità (ovvero, la probabilità che si verifichi un evento di una determinata intensità, calcolata grazie alla conoscenza del territorio e a un processo di individuazione dei rischi), la vulnerabilità (cioè la propensione di un sistema a essere più o meno danneggiato: si misura sulla base di un'analisi della vulnerabilità degli edifici, delle infrastrutture, dei complessi industriali e dei quartieri delle città, con particolare riferimento a quelli storici, in una eventuale situazione di emergenza) e l'esposizione (la quantità di manufatti, edifici, infrastrutture, funzioni e persone che possono essere investiti da una calamità). 2.2. Chiede che per le zone sottoposte all'analisi dei rischi siano introdotte classi di rischio su scala europea che permettano di definire misure mirate e graduali per la prevenzione delle calamità. 2.3. Chiede che l'analisi dei rischi si traduca nelle seguenti misure: - installazione di reti strumentali di rilevazione dei rischi, in collegamento con le reti nazionali di protezione civile; - estensione delle perizie scientifiche a tutti i territori considerati a rischio; - attivazione di forme di coordinamento tra tutti gli organismi competenti; - sviluppo del partenariato tra regioni esposte a simili rischi di catastrofi, al fine di uno scambio di conoscenze sulla gestione dell'emergenza che può interessare moltissimi cittadini per un lungo periodo. 2.4. Chiede che l'analisi dei rischi sia considerata vincolante nella gestione territoriale e che a seguito dell'analisi si proceda alla redazione di un elenco di misure atte a ridurre il rischio. Le aree transfrontaliere vulnerabili richiedono il coordinamento della gestione territoriale da parte dei paesi interessati, coordinamento che rientra tra le loro competenze. 2.5. Reputa importante intensificare e promuovere la cooperazione in generale tra le aree soggette a rischi simili (come la sensibilità sismica) e in particolare tra aree contigue con rischi geograficamente connessi tra loro (come le piene di un fiume e i fenomeni di dissesto idrogeologico). Ciò vale anche per la cooperazione transfrontaliera nell'ambito dell'analisi dei rischi e della prevenzione. 2.6. Invita la Commissione, il Parlamento e il Consiglio a verificare l'opportunità di procedere a una valutazione della sicurezza negli edifici pubblici, nei beni culturali, negli impianti industriali e in altre costruzioni di determinate dimensioni. A tal fine potrebbe essere utile una procedura codificata per la valutazione della sicurezza (VS - Valutazione Sicurezza). L'impiego di risorse comunitarie va in linea di principio sottoposto ad una tale valutazione di natura preventiva. 2.7. Sollecita l'introduzione di sistemi comuni di allarme e di comunicazione, in particolare per le previsioni meteorologiche, per il monitoraggio sismico e delle attività vulcaniche e per le comunicazioni di emergenza. Visto che le regioni o gli Stati membri potrebbero non essere in grado di gestire determinati sistemi da soli, è necessario promuovere una cooperazione strutturata tra gli enti nazionali ed europei che permetta uno scambio standardizzato di dati e, ove possibile, un adeguato preavviso con relativo tempo di reazione per le calamità naturali. Si raccomanda in tale contesto di istituire un'agenzia competente a livello europeo. 2.8. Chiede che in ogni area o regione a rischio si creino dei centri regionali di protezione civile dedicati alla raccolta e all'elaborazione dei dati derivanti da reti di monitoraggio, alla realizzazione di attività di formazione, di studio e di ricerca, e all'adozione di misure di emergenza, fermo restando che tali iniziative resterebbero di competenza delle regioni. Per quanto si riferisce alle azioni di studio e di ricerca, il Comitato raccomanda di curare la raccolta di elementi documentali e fotografici riferiti ad analoghe fenomenologie che negli anni e nei secoli trascorsi abbiano interessato i territori, e di promuovere azioni tese ad agevolare contatti e rapporti tra le università europee e tra gli istituti specializzati. 2.9. Esorta ad accrescere la coerenza tra gli sforzi compiuti nell'ambito della protezione civile e in quello militare. 2.10. Sollecita la Commissione europea a verificare l'interoperabilità delle attrezzature e dei mezzi di comunicazione disponibili negli Stati membri in caso di calamità e a presentare proposte di armonizzazione in tal senso. 2.11. Invita a promuovere maggiormente le competenze linguistiche dei responsabili a tutti i livelli. 2.12. Chiede, nel quadro delle azioni innovative, di favorire ulteriormente lo scambio di buone prassi e lo sviluppo di reti fra i responsabili della protezione civile. 2.13. Sollecita lo scambio di buone prassi e un'adeguata ripartizione delle responsabilità nell'ambito della protezione civile tra il livello locale, regionale e nazionale, attingendo alle conoscenze scientifiche delle università europee e degli istituti di ricerca specializzati in materia. In caso di catastrofe Il Comitato delle regioni 2.14. esorta ad abbassare a 1 miliardo di EUR la soglia minima dei danni prevista dal Fondo di solidarietà dell'UE, ripristinando così l'originaria proposta della Commissione europea. Anche gli stanziamenti erogati a titolo di tale fondo dovrebbero essere soggetti al principio di addizionalità. L'iter decisionale e le procedure di pagamento vanno inoltre accelerati, affinché i fondi possano essere corrisposti non appena si verifica la catastrofe ed essere utilizzati in modo efficace per far fronte alla calamità. 2.15. Esorta ad associare attivamente e in modo adeguato le regioni alle misure previste dal "meccanismo comunitario inteso ad agevolare una cooperazione rafforzata negli interventi di soccorso della protezione civile"(10). La ricostruzione Il Comitato delle regioni 2.16. esorta a una maggiore flessibilità, per un periodo limitato, nell'aggiudicazione degli appalti pubblici, evitando così i rischi di ritardi e i costi delle gare di appalto europee. Solo in tal modo si può accelerare la ricostruzione. 2.17. Accoglie con favore lo strumento della BEI che consente prestiti alle migliori condizioni, e raccomanda in tale contesto una più ampia flessibilità. 2.18. Esorta, nel quadro della ricostruzione, a tener conto obbligatoriamente dell'analisi dei rischi, per non ricadere negli errori del passato. Le misure attuate dovrebbero essere improntate al principio di sostenibilità, per cui le opere provvisorie andrebbero realizzate solo se tecnicamente indispensabili. 2.19. Reputa che il patrimonio culturale, nei casi sia di monumenti di eccelso valore architettonico sia di complessi storici meno rilevanti, meriti un approccio particolare. In generale, ma in misura maggiore per l'edilizia storica minore, i progetti di ricostruzione dovrebbero essere finalizzati all'adeguamento o, al limite, al miglioramento della sicurezza strutturale, dell'inquinamento ambientale, dello sfruttamento delle fonti alternative energetiche e del rispetto degli attuali standard di vita. Gli interventi di riparazione e ricostruzione dovranno essere rispettosi delle caratteristiche storiche, architettoniche e tipologiche degli insediamenti danneggiati al fine della conservazione del ricco patrimonio edilizio esistente. Il finanziamento Il Comitato delle regioni 2.20. chiede una maggiore flessibilità nell'impiego dei fondi strutturali per le summenzionate misure, anche per quanto riguarda il trasferimento di risorse tra detti fondi. 2.21. Propone di destinare maggiori risorse del Fondo di solidarietà alla ricostruzione. 2.22. Ritiene che il rispetto dell'analisi dei rischi costituisca condizione di ammissibilità ai finanziamenti per la ricostruzione. Le misure di ricostruzione devono tener conto delle condizioni naturali (ad es. il ripristino delle aree naturalmente inondabili) e mirare a impedire o mitigare il riprodursi di un danno derivante da calamità naturale o di origine tecnologica. È possibile che a tal fine sia necessario intervenire anche a livello del diritto assicurativo, in maniera da consentire un risarcimento dei danni non necessariamente vincolato al ripristino delle condizioni originarie, quando la ricostruzione non implichi necessariamente la riduzione del rischio originario. 2.23. Reputa necessario che le regioni vengano associate maggiormente alla scelta degli strumenti da impiegare. 2.24. Reputa opportuno che, nel quadro della prossima valutazione intermedia dei fondi strutturali, gli orientamenti della Commissione europea sugli interventi di tali fondi nel periodo 2004-2006 debbano dare una forte priorità alla prevenzione dei rischi. 2.25. In conclusione, dato che lo stesso Fondo di solidarietà dell'UE incoraggia "azioni di prevenzione al livello degli Stati membri e della Comunità", e che le catastrofi possono colpire aree geografiche ricche o povere, indipendentemente dalla loro appartenenza a uno specifico obiettivo della politica strutturale, il CdR esorta a creare, nel quadro del nuovo ordinamento dei fondi strutturali per il periodo successivo al 2007, un'iniziativa comunitaria in materia di protezione civile per la prevenzione e la lotta alle catastrofi. Invita inoltre a combinare tali aiuti con una maggiore flessibilità nell'applicazione delle disposizioni relative agli aiuti di Stato, per la ricostruzione degli indotti nei settori interessati. Questa iniziativa permetterebbe di meglio coordinare l'azione comunitaria in materia, inquadrando in maniera più chiara e coerente i vari strumenti di intervento esistenti (programmi nazionali, azioni innovative, programma quadro di ricerca e protezione civile) e completando l'obiettivo del soccorso immediato perseguito col Fondo di solidarietà. La nuova iniziativa comunitaria dovrebbe essere indipendente dagli obiettivi dei fondi strutturali e avere una dotazione finanziaria corrispondente a quella dell'iniziativa comunitaria Interreg. In base al principio secondo cui prevenire è meglio che curare, tale iniziativa dovrebbe incoraggiare le misure di collaborazione tra le regioni. Bruxelles, 3 luglio 2003. Il Presidente del Comitato delle regioni Albert Bore (1) GU C 93 del 6.4.1999, pag. 36. (2) GU C 107 del 3.5.2002, pag. 27. (3) GU C 148 del 18.5.2001, pag. 25. (4) GU L 161 del 26.6.1999, pag. 7. (5) GU C 107 del 3.5.2002, pag. 27. (6) GU C 66 del 9.3.2003, pag. 11. (7) GU L 297 del 15.11.2001, pag. 7. (8) GU L 311 del 14.11.2002, pag. 3. (9) Decisione n. 792/2001/CE. (10) Decisione del Consiglio n. 792/2001/CE.