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Dokument 52002IE0356

Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Contributo del Comitato economico e sociale agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità nel 2002"

GU C 125 del 27.5.2002, lk 56—60 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

52002IE0356

Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Contributo del Comitato economico e sociale agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità nel 2002"

Gazzetta ufficiale n. C 125 del 27/05/2002 pag. 0056 - 0060


Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Contributo del Comitato economico e sociale agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità nel 2002"

(2002/C 125/12)

Il Comitato economico e sociale, in data 29 novembre 2001, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 23, del Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema "Contributo del Comitato economico e sociale agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità nel 2002".

La Sezione "Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale", incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo della Relatrice Konitzer, in data 25 febbraio 2002.

Il Comitato economico e sociale ha adottato all'unanimità il 20 marzo 2002, nel corso della 389a sessione plenaria, il seguente parere.

1. Obiettivo del parere d'iniziativa

Con il presente parere il Comitato si propone di:

- fornire elementi per l'elaborazione - da parte della Commissione europea e del Consiglio - degli indirizzi di massima per le politiche economiche 2002,

- contribuire al dibattito pubblico in merito al coordinamento e al contenuto della politica economica a livello comunitario,

- promuovere un dibattito obiettivo in seno alle organizzazioni e ai gruppi socioeconomici in esso rappresentati.

2. Attuali procedure di coordinamento delle politiche economiche e necessità di una loro evoluzione e razionalizzazione

2.1. Lo spirito del Trattato di Maastricht

Il capitolo del Trattato CE dedicato alla "Politica economica" (articoli 98-104), assegna fondamentalmente agli Stati membri la responsabilità in materia. La politica economica, tuttavia, viene considerata una questione di interesse comune. Le politiche nazionali vanno coordinate in modo da contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti all'articolo 2(1). Gli "indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità" costituiscono il testo centrale della politica economica a livello comunitario. Si tratta di un documento sotto forma di raccomandazione (non vincolante) del Consiglio elaborata, a sua volta, in base ad una raccomandazione della Commissione e alle conclusioni del Consiglio europeo. Il Consiglio informa il Parlamento europeo in merito alla propria raccomandazione. L'attuazione degli indirizzi di massima è sottoposta a sorveglianza nell'ambito di una procedura intergovernativa. Qualora venga accertata un'infrazione da parte di uno Stato membro, il Consiglio può decidere di rivolgere a tale Stato una nuova raccomandazione e di renderla pubblica (quale sanzione). Al di là del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza e della promozione di un'efficace allocazione delle risorse, le sole indicazioni di merito per la politica economica incluse nel relativo capitolo del Trattato sono quelle contenute nelle disposizioni concernenti la politica di bilancio. Tali disposizioni(2) sono volte a garantire che le politiche di bilancio, sempre e comunque di competenza degli Stati membri, non pregiudichino la politica monetaria orientata alla stabilità dei prezzi e gestita centralmente dal SEBC. Il patto di stabilità e di crescita completa e rafforza queste disposizioni nel quadro dell'UEM europea.

2.2. Le procedure e le disposizioni fondamentali del Trattato sono state completate e arricchite in vario modo:

- con il Trattato di Amsterdam si è aggiunto al Trattato un nuovo Titolo "Occupazione" il quale reintroduce, per gli orientamenti in materia d'occupazione, la procedura comunitaria che per gli indirizzi di massima delle politiche economiche il Trattato di Maastricht aveva invece abolito (proposta della Commissione che può essere modificata solo all'unanimità dal Consiglio il quale però deve adottarla a maggioranza qualificata).

- Su questa base sono stati avviati i cosiddetti "processi":

- il processo di Lussemburgo per la politica del mercato del lavoro,

- il processo di Cardiff per la politica strutturale (nell'ambito dei mercati dei prodotti e dei fattori) e

- il processo di Colonia per il dialogo macroeconomico tra i responsabili delle politiche monetaria, di bilancio e salariale finalizzato ad un miglioramento del mix di politiche macroeconomiche nell'UEM.

- Tali processi sono stati completati dagli obiettivi definiti dal Consiglio europeo di Lisbona in materia di crescita, progresso tecnico e piena occupazione.

- A ciò si è aggiunto un insieme, non chiaramente definibile, di consultazioni, disposizioni relative ai pareri facoltativi del Parlamento, del Comitato economico e sociale, delle parti sociali, nonché alcuni tentativi da parte della Commissione e del Parlamento di stimolare un dibattito pubblico su questioni riguardanti la politica economica europea: cooperazione tra gli istituti di ricerca economica, Brussels Economic Forum.

- A livello di rappresentanti governativi si è ulteriormente rafforzato il già importante ruolo dei comitati (comitato economico e finanziario, comitato per la politica economica e comitato per l'occupazione), un'evoluzione che è andata in parte a scapito del ruolo della Commissione in quanto rappresentante dell'interesse comunitario; si ha anche l'impressione che esistano rivalità e mancanza di trasparenza, nonché problemi nella composizione dei comitati.

- A livello del Consiglio è stato creato - in modo informale - l'Eurogruppo che si occupa del coordinamento della politica economica e dello sviluppo del mix di politiche all'interno dell'UEM, ma non dispone di alcun potere decisionale sancito dal Trattato.

2.3. Valutazione dell'approccio previsto dal Trattato per la politica economica generale

2.3.1. Nel momento in cui entrano in circolazione le banconote e le monete in euro e viene convocata una Convenzione sul futuro dell'Europa, ma anche in riferimento all'imminente ampliamento della Comunità, si pone la questione se la procedura per la definizione degli indirizzi di massima per le politiche economiche e per la sorveglianza della loro applicazione abbia corrisposto alle aspettative e se sia in grado di raccogliere le sfide future.

2.3.2. Tra gli aspetti positivi va rilevato che si è riusciti a creare le premesse di stabilità essenziali ai fini del successo dell'Unione economica e monetaria (UEM) e che il rispetto delle regole di bilancio definite dal Trattato e del patto di stabilità e di crescita contribuisce ad evitare ripercussioni negative (spillovers) sulle politiche finanziarie dei paesi partner e sulla politica monetaria comune dell'Unione monetaria. Anche la politica dei salari e dei redditi seguìta dalle parti sociali, e non menzionata nel Trattato, si è adattata alle esigenze di stabilità dell'Unione monetaria meglio di quanto molti si aspettassero. Da tutto questo è derivato, per l'Unione monetaria nel suo insieme, un mix di politiche che, nonostante l'attuale debolezza congiunturale dovuta sostanzialmente a fattori esogeni, si è dimostrato più favorevole alla crescita e all'occupazione di quanto non sarebbe stato possibile senza l'Unione monetaria.

2.3.3. Non mancano però gli aspetti negativi: in alcuni importanti Stati membri nel periodo di congiuntura favorevole non si è proceduto abbastanza sulla via della stabilizzazione dei bilanci pubblici in modo da potere poi, durante una congiuntura meno favorevole, utilizzare appieno gli stabilizzatori automatici o perseguire una politica anticiclica attiva. Come se non bastasse, in numerosi paesi, gli investimenti pubblici e le spese di formazione e di mantenimento del capitale umano hanno risentito negativamente di questo risanamento, il che non soltanto ha attualmente effetti avversi sulla domanda interna, ma minaccia anche di ostacolare in futuro il processo di crescita e il ritorno alla piena occupazione. In generale, nella Comunità e nell'Unione monetaria non si è ancora riusciti a sviluppare un modello di politica macroeconomica perfettamente stabile, basato su un ampio consenso, che dia all'Unione monetaria un mix di politiche (monetaria, di bilancio e salariale) in grado di evitare - nei limiti del possibile - un surriscaldamento inflazionistico causato da fattori endogeni ed esogeni e di compensare una congiuntura debole in modo che si possa ottenere un aumento, per quanto possibile costante, della domanda complessiva in armonia con lo sviluppo delle capacità di produzione. Solo se si realizzeranno tali condizioni, gli investimenti potranno - nel contesto di un'elevata redditività di tutto il sistema economico - raggiungere un livello sufficiente a sfruttare il forte potenziale della Comunità in termini di crescita ed occupazione, nel rispetto degli obiettivi definiti all'articolo 2 del Trattato e dal Consiglio europeo di Lisbona.

2.4. Proposte di miglioramento avanzate dal Comitato economico e sociale

2.4.1. Dalla realizzazione dell'Unione monetaria i dati fondamentali relativi alla politica economica e il mix di politiche macroeconomiche sono, ancor più di prima, concordati a livello europeo. Anche a questo livello la politica economica viene considerata una questione pubblica. L'ulteriore sviluppo a livello pragmatico dell'approccio di Maastricht si dimostra tuttavia complicato, poco efficace e non trasparente, evidenziando al tempo stesso quanto grande sia la necessità di interventi. Tale necessità è ulteriormente accentuata dalla prospettiva dell'ampliamento. La proposta adottata a Laeken di una Convenzione sul futuro dell'Europa potrebbe offrire l'occasione di perfezionare le disposizioni del Trattato alla luce di un dibattito approfondito.

2.4.2. Nel contesto dell'elaborazione della raccomandazione della Commissione sugli indirizzi di massima per le politiche economiche del 2002 e in vista della preparazione della Convenzione, il Comitato formula le seguenti proposte:

a) per promuovere la trasparenza, la Commissione dovrebbe, nel contesto degli indirizzi di massima per le politiche economiche 2002, passare sistematicamente in rassegna tutte le procedure e consultazioni connesse all'elaborazione di tali indirizzi e al controllo della loro applicazione. Quest'opera sistematica risulta necessaria anche per accrescere l'efficienza e semplificare le procedure.

b) Sarebbe opportuno approfondire il dibattito in merito alla Comunicazione della Commissione del 7 febbraio 2001 sul rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche nell'area dell'euro(3) (cfr. anche il Parere CES dal titolo "Il coordinamento della politica economica come conseguenza dell'UEM"(4) e la relazione del Parlamento europeo(5) elaborata da Pervinche Bérès).

c) Bisognerebbe in particolare esaminare come si potrebbe migliorare il coordinamento delle politiche economiche tramite il diritto derivato, conformemente all'articolo 99, paragrafo 5.

d) In relazione con i lavori della Convenzione, bisognerebbe anche esaminare quali modifiche al capitolo del Trattato relativo alla politica economica potrebbero essere opportune. Di particolare interesse sarebbe l'esame dei seguenti punti: migliore articolazione dell'interesse comunitario ripristinando il diritto di proposta della Commissione nella procedura di definizione degli indirizzi di massima per le politiche economiche (cfr. articolo 99, paragrafo 2), coinvolgimento del Parlamento, del Comitato economico e sociale e delle parti sociali nelle procedure, migliore definizione del ruolo e della composizione dei comitati, maggior sintonia tra i comitati e tra le diverse formazioni del Consiglio, inserimento dell'Eurogruppo nel Trattato, alcune semplici indicazioni di merito sul mix di politiche macroeconomiche e sulle politiche strutturali.

3. La situazione economica, le prospettive e le sfide della politica economica

3.1. Il ruolo del Comitato economico e sociale

Il Comitato dovrebbe presentare proposte nei campi che gli appaiono rilevanti o nei quali è particolarmente competente; il suo compito, però, non è quello di sostituirsi alla Commissione e al Consiglio nel definire gli indirizzi di massima per le politiche economiche.

Per gli indirizzi di massima relativi al 2002, il Comitato intende limitarsi a 4 gruppi di problemi:

- valutazione della situazione economica e delle prospettive,

- contributi all'adeguamento e al miglioramento del mix di politiche macroeconomiche,

- suggerimenti riguardo ad alcuni importanti problemi strutturali:

- sviluppo a medio termine degli investimenti pubblici e privati come presupposto per la crescita e il ritorno alla piena occupazione,

- invecchiamento della popolazione e relative sfide a più lungo termine per la politica economica.

3.2. Valutazione della situazione economica e delle prospettive

Se è inevitabile commettere degli errori nel fare previsioni, occorre però riflettere su come sia possibile:

i) migliorare la qualità delle analisi e

ii) trarre conclusioni più rapide in materia di politica economica di fronte a una situazione economica e a prospettive economiche in evoluzione.

3.2.1. Riguardo al punto a), la Commissione dovrebbe garantire che le risorse disponibili per l'analisi e le previsioni siano realmente sufficienti e che si sviluppi un dialogo intenso e trasparente con la Banca centrale europea (BCE), gli Stati membri, le organizzazioni internazionali (come OCSE e FMI) e, soprattutto, con gli istituti di ricerca economica. Andrebbe incentivato il dibattito pubblico sulla situazione economica, le prospettive e l'appropriato mix di politiche in seno all'UEM, fornendo così un valido apporto anche alle riflessioni condotte in materia di politica dei salari e dei redditi dalle parti sociali, le quali, con le loro decisioni, contribuiscono in misura determinante alla definizione di tale mix.

3.2.2. Quanto al punto b), non appare necessario modificare la frequenza (semestrale) delle previsioni, anche se una relazione trimestrale sull'evoluzione della situazione economica sarebbe utile. Informazioni più accurate sull'evoluzione dell'economia a breve termine non dovrebbero però indurre ad un aggiustamento continuo (fine-tuning) della politica di bilancio. In circostanze normali, tale politica andrebbe definita in base a criteri di medio periodo, lasciando però un sufficiente margine di manovra agli stabilizzatori automatici. Il disavanzo strutturale andrebbe ridimensionato conformemente al patto di stabilità e di crescita, mentre le variazioni di quello congiunturale dovrebbero agire nel senso della stabilizzazione del ciclo. La politica monetaria può reagire con maggiore sensibilità ai cambiamenti della situazione economica complessiva, ma non va dimenticato che i suoi strumenti hanno effetti ritardati nel tempo. In questo processo di apprendimento in materia di politica macroeconomia in corso nell'UEM, bisognerebbe studiare più attentamente e tenere nel massimo conto le esperienze che mostrano il successo della gestione macroeconomia, soprattutto quelle acquisite con la politica monetaria americana degli anni novanta. Oltre alle questioni connesse al mix di politiche per l'Unione monetaria nel suo insieme, va anche tenuto conto naturalmente della situazione economica specifica di ciascuno Stato membro. È un compito questo che spetta, in prima istanza, ai responsabili della politica economica dei vari paesi e che riguarda tutti i campi di tale politica.

3.2.3. La situazione attuale (al gennaio 2002) appare caratterizzata da una stagnazione in un contesto di domanda interna insufficiente, disoccupazione in lieve aumento e scarsa fiducia da parte dei consumatori e degli imprenditori. Tuttavia vi è stato un chiaro allentamento del mix di politiche di fronte alle aspettative di un calo dell'inflazione ed importanti fattori come la redditività dell'economia interna nel suo complesso e la competitività in termini di costi rispetto all'esterno restano relativamente favorevoli. Dal momento che anche al di fuori della Comunità ci si attende, entro il 2003, una ripresa, secondo il Comitato è plausibile il ritorno nello stesso anno ad un tasso di crescita del 3 % soltanto però se se si seguiranno politiche ambiziose e determinate. Tale crescita sarebbe sostenuta da un'accelerazione della domanda interna ed esterna rispetto alla quale le capacità di produzione disponibili risulterebbero sufficienti.

3.3. Contributi all'adeguamento e al miglioramento del mix di politiche macroeconomiche

Nella situazione attuale, il compito della politica macroeconomica è quello di appoggiare la ripresa prevista e di portare ad una crescita duratura e capace di autosostenersi, che consenta di realizzare gli obiettivi in materia di occupazione e di produttività definiti a Lisbona.

Nel parere del novembre 2001(6) il Comitato ha già esaminato come combinare, nel contesto dell'Unione monetaria, le politiche di bilancio dei governi nazionali, la politica salariale delle parti sociali e la politica monetaria della BCE in modo da ottenere, nel rispetto della stabilità, un mix di politiche che sia il più vantaggioso possibile per la crescita e l'occupazione. Nell'Unione monetaria si tratta di una questione d'interesse comunitario. La Commissione, quale rappresentante di tale interesse, dovrebbe specificare negli indirizzi di massima per il 2002 - ferma restando l'autonomia dei singoli operatori o dei gruppi di operatori - i contributi che essi possono apportare a breve e medio termine. In generale, quanto più le politiche di bilancio e salariale tengono conto delle condizioni di crescita e stabilità a breve e medio termine, tanto più la politica monetaria - nel rispetto dell'obiettivo di stabilità - è in grado di sostenere la politica economica generale nell'ottica della crescita e dell'occupazione. Il margine di manovra che così si ottiene andrebbe efficacemente sfruttato anche dalla politica monetaria, conformemente all'articolo 105, paragrafo 1, seconda frase.

Il rapporto tra il mix di politiche macroeconomiche nell'Unione monetaria da un lato e la ripresa congiunturale e il processo di crescita a lungo termine necessario per realizzare gli obiettivi di Lisbona dall'altro rappresenta uno dei temi privilegiati dal dialogo macroeconomico (processo di Colonia). La Commissione, in quanto rappresentante dell'interesse comunitario, dovrebbe contribuire al dialogo macroeconomico con un documento dedicato a questa tematica. Il Comitato, da parte sua, è pronto a fornire un contributo sostanziale in materia.

3.4. Suggerimenti del Comitato riguardo ad alcuni importanti problemi strutturali

3.4.1. Lo sviluppo a medio termine degli investimenti pubblici e privati come presupposto per la crescita e il ritorno alla piena occupazione

Per poter realizzare gli obiettivi di produttività e di occupazione definiti dal Consiglio europeo di Lisbona, occorre nell'arco di un più lungo periodo (10 anni) una forte crescita del PIL (superiore al 3 % annuo) che superi nettamente l'andamento della produttività (pari, in passato, ad una media comunitaria del 2 % scarso annuo). Tale crescita è realizzabile solo se la quota d'investimenti aggregati sul PIL aumenta gradualmente di alcuni punti percentuale (per fare un esempio: dall'attuale 21 %-22 % al 25 %-26 %; negli Stati Uniti la quota degli investimenti sul PIL è aumentata, negli anni novanta, di circa 4 punti percentuali).

Gli investimenti effettuati dalle imprese, compresi negli investimenti aggregati, creano le capacità produttive e i posti di lavoro necessari per una crescita senza inflazione, integrano le nuove tecnologie nel processo economico (produttività) e costituiscono, al tempo stesso, un'importante componente della domanda per una crescita capace di autosostenersi. Sarebbe utile valutare nel quadro di un "benchmarking macrostrutturale" gli ordini di grandezza necessari per l'insieme dell'UE, per l'Unione monetaria e per gli Stati membri. Più importante ancora sarebbe però definire i fattori più significativi nel determinare un tale aumento degli investimenti, fattori relativi all'evoluzione della domanda e della redditività, e al raggiungimento di un sano equilibrio tra risparmio e investimenti. Parimenti importante sarebbe inoltre analizzare le implicazioni di tali fattori per l'andamento delle finanze pubbliche, la dinamica salariale e la bilancia delle partite correnti, e discuterne con i responsabili della politica economica nell'ambito del dialogo macroeconomico.

Il risanamento delle finanze pubbliche ha influito negativamente sugli investimenti pubblici compresi negli investimenti aggregati(7) (media CE: 1970: 4,2 %, 1980: 3,2 %, 2001: 2,3 % del PIL). Per garantire in futuro una crescita scevra da tensioni (specie nel campo delle infrastrutture), si rende necessario un certo aumento della quota degli investimenti pubblici (puntando, come regola generale, ad un ordine di grandezza pari all'obiettivo del 3 % fissato per la crescita). Dal momento che il processo di crescita va accompagnato per qualche tempo ancora dal risanamento delle finanze pubbliche, nei programmi nazionali pluriennali di stabilità sarebbe opportuno fissare i relativi valori di riferimento. Una strategia analoga potrebbe essere adottata anche per gli investimenti immateriali nel campo dell'istruzione.

3.4.2. L'invecchiamento della popolazione e le relative sfide a più lungo termine per la politica economica

Gli indirizzi di massima per le politiche economiche 2002 dovrebbero tener conto in modo adeguato delle sfide a lungo termine che l'invecchiamento della popolazione comporta per la politica economica. Dal momento che, in questi ultimi tempi, il Comitato si è già espresso a più riprese su tale fenomeno(8), non è necessario ripercorrere nel presente parere i punti sollevati. Inoltre il Presidente della Commissione Prodi(9) ha invitato il Comitato ad elaborare un parere esplorativo per un esame più approfondito della riforma pensionistica. È opportuno tuttavia sottolineare che un aumento del tasso di occupazione, come previsto dalla strategia definita a Lisbona, potrebbe compensare ampiamente l'aumento del numero di persone anziane nei prossimi 20 anni. Di qui l'importanza ancor maggiore di mettere in pratica tale strategia per equilibrare i sistemi pensionistici, anche se questo non risolve il problema a lungo termine dell'invecchiamento demografico nei prossimi 50 anni.

4. Conclusioni

L'elaborazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche del 2002 avviene nel momento in cui prendono l'avvio i lavori della Convenzione sul futuro dell'Europa ed è stato completato con successo il passaggio alle banconote e alle monete in euro.

Il successo dell'Unione monetaria e, per contro, l'incapacità finora mostrata dall'UE di utilizzare appieno il suo forte potenziale di crescita e di occupazione rappresentano un paradosso che rende indispensabile una riflessione approfondita sulle procedure e sul contenuto delle politiche economiche. L'imminente ampliamento dell'UE rende allo stesso modo urgente rivedere le procedure per il coordinamento delle politiche economiche. Per tale motivo il Comitato avanza nel presente parere questi primi suggerimenti che riguardano sia le procedure di coordinamento sia il contenuto delle politiche economiche.

Bruxelles, 20 marzo 2002.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale

Göke Frerichs

(1) L'articolo menziona anche gli obiettivi della crescita e dell'occupazione.

(2) È fatto divieto di finanziare con strumenti monetari i disavanzi pubblici e di consentire l'accesso privilegiato degli Stati alle istituzioni finanziarie; la Comunità non risponde degli impegni assunti dalle amministrazioni statali o da enti pubblici; gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi (cfr. artt. 101-104 del Trattato CE).

(3) COM(2001) 82 def.

(4) GU C 139 dell'1.5.2001, pag. 60.

(5) A5-0307/2001.

(6) GU C 48 del 21.2.2002 - "Le nuove sfide di politica economica dell'Unione europea alla luce del mutato contesto economico mondiale" ECO/086, pagg. 4-6.

(7) Vanno segnalati i problemi statistici che il partenariato pubblico/privato provoca per la determinazione del livello di investimenti pubblici.

(8) GU C 48 del 21.2.2002, GU C 36 dell' 8.2.2002, GU C 14 del 16.1.2001.

(9) Cfr. lettera del 10 gennaio 2002.

Üles