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Document 52001IR0269

Parere del Comitato delle regioni sul tema "Gli aspetti occupazionali dell'ampliamento"

GU C 107 del 3.5.2002, p. 94–97 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

52001IR0269

Parere del Comitato delle regioni sul tema "Gli aspetti occupazionali dell'ampliamento"

Gazzetta ufficiale n. C 107 del 03/05/2002 pag. 0094 - 0097


Parere del Comitato delle regioni sul tema "Gli aspetti occupazionali dell'ampliamento"

(2002/C 107/28)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza, del 12 giugno 2001, di elaborare un parere sull'argomento in oggetto in conformità dell'art. 265 del Trattato, quinto comma, e di affidarne la preparazione alla Commissione 6 "Occupazione, politica economica, mercato unico, industria, PMI";

visto lo studio condotto dall'Istituto per la ricerca economica della Renania settentrionale-Vestfalia, in collaborazione con il Centro di ricerca sulle politiche europee della Strathclyde University di Glasgow, in merito all'impatto dell'ampliamento dell'Unione europea sulle piccole e medie imprese ("Impact of the Enlargement of the European Union on Small and Medium-sized Enterprises in the Union"), Essen - Glasgow, novembre 2000;

vista la relazione della Commissione europea, del 6 marzo 2001, sulla libera circolazione dei lavoratori nel contesto dell'ampliamento;

visto lo studio della Direzione generale "Affari economici e finanziari" della Commissione europea "Enlargement Papers - Number 4, II/419/01-EN", del giugno 2001;

viste le conclusioni dei Consigli europei svoltisi rispettivamente a Stoccolma nel marzo 2001 e a Göteborg nel giugno 2001;

vista la comunicazione della Commissione europea riguardo all'impatto dell'ampliamento sulle regioni confinanti con i paesi candidati all'adesione "Community Action for the Border Regions" (25 luglio 2001);

vista la propria risoluzione in merito al "Patto europeo per l'occupazione" - CdR 156/1999 fin(1);

vista la propria risoluzione sul tema "L'attuazione della strategia europea per l'occupazione" - CdR 461/1999 fin(2);

visto il proprio parere sugli aspetti istituzionali dell'ampliamento "Le amministrazioni locali e regionali al centro dell'Europa" - CdR 52/1999 fin(3);

vista la propria risoluzione sul tema "Il processo di ampliamento dell'Unione europea" - CdR 424/1999 fin(4);

visto il proprio parere sul tema "Struttura ed obiettivi della politica regionale europea nel quadro dell'ampliamento e della globalizzazione: apertura del dibattito" - CdR 157/2000 fin(5);

visto il progetto di parere adottato dalla Commissione 6 il 28 settembre 2001 - CdR 269/2001 riv. (Relatore: Volker Schimpff, D, PPE, Membro del Landtag della Sassonia),

ha adottato all'unanimità il seguente parere, il 14 novembre 2001, nel corso della 41a sessione plenaria.

Osservazioni del Comitato delle regioni

1. Introduzione

Il Comitato delle regioni vede nell'ampliamento dell'UE ai paesi dell'Europa centrorientale un'opportunità decisiva per la politica europea alle soglie del 21o secolo, perché consente di superare definitivamente la divisione decennale decretata dalla cortina di ferro e di creare effettivamente l'unità d'Europa nella pace, nella libertà e nel benessere.

Il Comitato sottolinea il suo incondizionato appoggio politico all'ampliamento e raccomanda di non segnare il passo nella dinamica del processo di adesione.

2. Prospettive per l'economia e l'occupazione

2.1. Il Comitato ritiene che l'ampliamento previsto apporti dei vantaggi a tutte le parti in causa. È convinto che, grazie all'ampliamento del mercato interno, all'affermarsi dell'economia di mercato in tutta Europa e allo sviluppo di una nuova e più ampia ripartizione del lavoro europea, si possano creare un maggior benessere e una stabilità duratura per gli Stati membri attuali dell'UE e per quelli futuri. Il Comitato ritiene però che anche la sfida che l'ampliamento comporta, sia per la Comunità che per gli altri paesi candidati, vada ben oltre le precedenti adesioni.

2.2. Il Comitato fa notare che l'ampliamento farà emergere una diversa ripartizione del lavoro. Così, ad esempio, da un lato il chiaro fabbisogno di personale specializzato presente negli attuali Stati membri dell'UE in determinate professioni qualificate e richieste nel settore dei servizi può essere coperto con lavoratori provenienti dai paesi di nuova adesione. Dall'altro, però, con l'esperienza e l'iniziativa imprenditoriale, il capitale proveniente dai vecchi Stati membri può essere determinante per superare i ritardi di sviluppo e i deficit strutturali nei paesi di nuova adesione, per esempio nella modernizzazione dell'industria, nella creazione di piccole e medie imprese, nella ristrutturazione agricola e nello sviluppo del settore dei servizi, irrilevante sotto il regime comunista. Il Comitato è consapevole del fatto che, per uno sviluppo positivo dell'economia e dell'occupazione nei nuovi Stati membri, tali investimenti saranno necessari e proverranno principalmente dagli attuali Stati membri. È dell'avviso che l'ampliamento si ripercuoterà positivamente anche sul settore della ricerca.

2.3. Il Comitato prevede che, nel complesso, la crescita dell'UE riceverà un impulso. Secondo i calcoli della Commissione, nel primo decennio successivo all'adesione il PIL dei paesi candidati - a seconda dei progressi della riforma - registrerà un aumento annuo del 2 %. La Commissione calcola che fino al 2009 vi sarà un aumento del 3-4 % all'anno per i paesi candidati con un'economia più forte. Per gli attuali Stati membri, la Commissione prevede che il solo ampliamento determini una crescita annua media dello 0,7 %.

2.4. Il Comitato sottolinea che l'ampliamento dell'UE migliorerà decisamente i presupposti per l'estensione e l'approfondimento della cooperazione economica con i PECO. Tanto più intense saranno le relazioni economiche transfrontaliere, tanto maggiore sarà il guadagno in termini di benessere per tutti gli Stati e le regioni interessate. L'emergere di questa mutata situazione concorrenziale consentirà un aumento del benessere nei paesi di nuova adesione e negli attuali Stati membri.

2.5. Il Comitato è del parere che lo slittamento geografico connesso con l'ampliamento dell'UE modificherà anche le posizioni concorrenziali dei centri europei dell'economia e della crescita. I centri che dispongono o verranno dotati di agevoli vie di comunicazione con i centri economici dei paesi di nuova adesione possono ottenere particolari opportunità economiche e vantaggi concorrenziali.

2.6. Il Comitato ricorda che, attualmente, la geografia economica e dei trasporti in Europa è caratterizzata essenzialmente da una zona di grande sviluppo economico (che i geografi hanno denominato "banana blu" ) da un lato e dalle regioni costiere e frontaliere dall'altro. Il Comitato è dell'avviso che con l'ampliamento si formerà prevedibilmente una terza zona che, situata fra la zona di grande sviluppo economico e la linea del nuovo confine orientale dell'UE, costituirà un "nuovo centro".

2.7. Il nuovo orientamento delle vie di comunicazione europee e la formazione delle future strutture economiche nell'Europa centrorientale vengono influenzati in modo decisivo dai mercati e dalle decisioni delle imprese. Nell'interesse di uno sviluppo equilibrato, il Comitato consiglia tuttavia all'UE, ai governi nazionali, alle regioni e ai comuni di prestare tempestivamente attenzione a tali processi.

2.8. Il Comitato prevede che sia il collegamento degli attuali centri dell'UE con quelli dei paesi di nuova adesione, sia la formazione di un "nuovo centro", possano offrire fin dall'inizio notevoli impulsi all'occupazione e allo sviluppo del lavoro autonomo e di nuove imprese. A lungo termine la richiesta di manodopera nel "nuovo centro" porterà addirittura ad un flusso migratorio verso tale zona.

2.9. Considerate le marcate differenze nel livello salariale e di benessere e negli attuali standard sociali fra l'UE e i paesi di nuova adesione, il Comitato non esclude la possibilità di distorsioni strutturali. Fra le cause si possono annoverare, oltre al costo del lavoro decisamente più basso, standard ambientali, sociali e tecnici inferiori, oneri fiscali meno elevati nei paesi di nuova adesione, nonché un prevedibile divario nel livello degli aiuti.

2.10. Ad esempio, nelle zone frontaliere la libera prestazione di servizi che, con l'adesione, vigerà immediatamente in diversi settori, quali l'artigianato, l'edilizia, i servizi di pulizia, di riparazione o altri "servizi mobili", scatenerà una concorrenza spietata. Con modeste tariffe orarie si possono ottenere, proprio nei servizi più semplici, vantaggi di prezzo che è impossibile controbilanciare. Inoltre, ad esempio, in caso di appalti pubblici di servizi, offerenti che provengono dai paesi di nuova adesione possono offrire servizi ad un prezzo nettamente più basso rispetto alle imprese della regione. Ciò comporterà un indebolimento dei mercati regionali, che essenzialmente forniscono prestazioni per le istituzioni locali e regionali.

2.11. Il Comitato è convinto che nell'UE allargata debbano valere senza restrizioni le quattro libertà fondamentali del mercato unico. Attualmente i paesi candidati, grazie agli accordi di associazione, possono già disporre della libera circolazione delle merci e dei capitali. Con l'ampliamento si vengono ad aggiungere la libera prestazione dei servizi e la libertà di stabilimento, mentre la libertà di circolazione delle merci e dei capitali non avrà alcuna limitazione. Le conseguenze sull'occupazione varieranno, a seconda della regione e del settore, sia all'interno dell'attuale UE che all'interno dei paesi di nuova adesione.

2.12. Il Comitato fa notare che il boom economico atteso dopo l'ampliamento nei paesi di nuova adesione comporterà, soprattutto nei settori economici tradizionali quali l'industria pesante e l'agricoltura, esuberi di manodopera che non potrà immediatamente trovare lavoro nei nuovi rami economici emergenti. Questa offerta sia nell'ambito dei lavoratori altamente qualificati che in quello dei salari bassi, comporterà, nell'emergente mercato del lavoro liberalizzato europeo e integrato, dei flussi migratori la cui entità viene valutata in modo diverso.

2.13. Il Comitato si aspetta che, cambiando domicilio e posto di lavoro, molte persone provenienti dai paesi di nuova adesione si trasferiranno negli attuali Stati membri dell'UE e che a livello regionale i pendolari settimanali e - specie nelle zone frontaliere - quelli giornalieri eserciteranno una notevole influenza sulla situazione occupazionale negli attuali Stati membri. Risulta chiaro che le regioni frontaliere, e in esse soprattutto le città, saranno sottoposte ad una più aspra concorrenza non solo per i beni a limitato raggio di commercializzazione, ma soprattutto per i servizi. L'entità delle conseguenze sull'occupazione non può ancora essere definita con sicurezza.

2.14. Anche nelle regioni non frontaliere il Comitato prevede che i paesi di nuova adesione avranno una posizione concorrenziale molto forte, ad es. nel settore dei trasporti. Una riduzione di tale dislivello sarebbe possibile solo se si appianassero le grandi differenze nel livello salariale e di protezione sociale e del lavoro fra i vecchi e i nuovi Stati membri.

3. L'Unione e le (attuali) regioni frontaliere

3.1. Per quanto concerne la preparazione all'ampliamento, il Comitato ricorda la decisione dei capi di Stato e di governo a Nizza di presentare un programma d'azione per rafforzare la competitività economica delle regioni frontaliere. Osserva che tale sostegno non può tuttavia limitarsi ad un'indicazione delle possibilità di aiuti esistenti nei diversi settori o ad un semplice ampliamento della serie di misure già esistenti. Deve consistere piuttosto nel concedere agli interessati alle frontiere esterne dell'UE un ulteriore aiuto diretto per promuovere la cooperazione transfrontaliera e transnazionale a livello decentrato.

3.2. Il Comitato accoglie pertanto con favore l'intenzione della Commissione di voler concedere alle regioni frontaliere un aiuto sostanziale con il programma d'azione deciso il luglio scorso. È tuttavia fermamente convinto che il programma deciso dalla Commissione non sia sufficiente a soddisfare le succitate esigenze e ad attuare gli orientamenti del Consiglio. A tale proposito ricorda che le proposte della Commissione devono basarsi sugli orientamenti politici del Consiglio.

3.3. Il Comitato chiede di offrire alle PMI nei settori interessati un ulteriore appoggio, in modo che possano prepararsi attivamente all'ampliamento. Ritiene necessario che proprio queste PMI siano aiutate ad assumere un orientamento transfrontaliero già prima dell'apertura delle frontiere. Le PMI, che notoriamente rappresentano una parte dell'economia che offre un numero particolarmente elevato di posti di lavoro e di formazione, devono ricevere informazioni, indirizzi e finanziamenti per l'orientamento transfrontaliero. Così ad esempio per un successivo impegno nei paesi di nuova adesione potrebbero essere utili dei corsi di lingua o un'introduzione ai sistemi giuridici ed economici. Secondo il Comitato l'approccio strategico generale dovrebbe comprendere la riqualificazione sistematica degli occupati e del management delle piccole e medie imprese. Queste potrebbero apportare il loro contributo all'utilizzo delle tecnologie IT per la cooperazione transfrontaliera o all'acquisizione di esperienze in materia di cooperazione concreta e di costituzione di reti.

3.4. Il Comitato ribadisce la sua richiesta di un miglior coordinamento tra Interreg III A e Phare/CBC. Sollecita un raddoppio dei fondi stanziati per Interreg-III-A nell'attuale periodo di finanziamento. Ciò deve consentire di costruire rapidamente le infrastrutture transfrontaliere (ponti, strade) in stato di abbandono sotto il regime comunista. Solo in tal modo la posizione al confine esterno dell'UE potrà essere sfruttata come testa di ponte per un impegno economico nei paesi di nuova adesione.

3.5. Il Comitato sollecita le regioni e i comuni situati lungo la frontiera esterna dell'UE a immergersi fin d'ora nella dimensione occupazionale dell'ampliamento. In proposito si deve prestare una particolare attenzione al settore della formazione. Progetti riusciti quali misure di formazione e di perfezionamento, scuole bilingui e università transfrontaliere possono essere esemplari in tale contesto. Anche lo strumento dei patti locali e regionali per l'occupazione dovrebbe essere utilizzato fin d'ora a livello transnazionale: a tale scopo le euroregioni offrono un quadro adeguato. Inoltre le regioni e i comuni situati lungo la frontiera esterna dell'UE dovrebbero programmare e approvare l'istituzione di zone industriali e commerciali transfrontaliere, per le quali i governi nazionali possono introdurre deregolamentazioni delle norme fiscali e doganali.

3.6. Il Comitato ritiene essenziale mitigare le conseguenze del divario nel livello di aiuti previsto dopo l'ampliamento tra i nuovi Stati membri e le attuali regioni frontaliere dell'UE. Se l'apertura dei mercati ai paesi candidati crea dei problemi strutturali, negli attuali Stati membri si dovrebbe continuare a disporre della possibilità di adattarsi a mutamenti nella propria struttura economica e di reagire adeguatamente al bisogno di ristrutturazione determinato dall'adesione. In tale contesto il Comitato fa notare che, anche nella prospettiva degli sviluppi specifici successivi all'ampliamento, in linea con il principio di sussidiarietà, occorre concedere alle regioni un maggiore margine di manovra - rispetto a quanto non avvenga finora - nell'utilizzo dei fondi europei nella loro rispettiva area.

3.7. Il Comitato è convinto che, a lungo termine, le attuali regioni frontaliere con l'ampliamento si ritroveranno nel centro dell'Europa e che potranno godere dei vantaggi che ne derivano. Fa notare tuttavia che, a breve e medio termine, gli svantaggi possono concentrarsi nelle regioni frontaliere in misura tale da mettere in serio pericolo l'obiettivo di politica occupazionale della Comunità. Constata che le regioni frontaliere sono già state strutturalmente svantaggiate dalla loro posizione direttamente a contatto con la cortina di ferro e, nel caso dei nuovi Länder tedeschi, dalle conseguenze della divisione della Germania.

3.8. Il Comitato ritiene sia un importante compito dell'Unione impedire che queste regioni debbano da sole sopportare gli oneri dell'ampliamento a vantaggio di tutte le altre. Dato che un eventuale aumento della disoccupazione in queste regioni in seguito all'ampliamento sarebbe contrario ai principi e ai compiti dell'UE, sono necessarie contromisure per adempiere all'obiettivo di politica occupazionale.

3.9. Il Comitato sottolinea che anche gli occupati e le imprese delle regioni frontaliere dovranno far fronte alla nuova concorrenza dopo l'apertura delle frontiere. Il Comitato è fermamente convinto che il previsto inasprimento della concorrenza non costituisca un argomento sufficiente per erigere barriere schematiche e a lungo termine che limitino la libera circolazione dei lavoratori o la libera prestazione dei servizi. Il Comitato fa tuttavia osservare che, considerato il flusso migratorio di lavoratori previsto, è lecito pensare anche a possibili periodi transitori, nei casi in cui si prevede che l'adesione provochi inaccettabili fratture strutturali. I periodi transitori, da concordare con i paesi di nuova adesione, non devono avere lo scopo di prolungare per alcuni anni lo status quo negli attuali Stati membri, dimostrando così scarsa flessibilità e mancata volontà di riforma, o di introdurre una tutela protezionistica all'interno dell'UE.

3.10. Il Comitato sottolinea il fatto che tali norme transitorie possono essere concesse solo in misura estremamente restrittiva, ben delimitata nei tempi e nei contenuti. Se si concordano delle norme transitorie, esse dovrebbero essere configurate in modo così flessibile da poter essere adattate ai bisogni specifici dei settori dell'economia, del mercato del lavoro o dei sistemi di sicurezza sociale particolarmente colpiti. A tal fine vanno concessi margini di manovra nazionali che consentano di verificare regolarmente i periodi transitori e di consentire la loro successiva abbreviazione.

3.11. Infine le norme transitorie non dovrebbero mirare primariamente ai lavoratori i cui flussi migratori vengono prodotti dalle condizioni di mercato. Il Comitato esclude l'ipotesi che le norme transitorie siano orientate primariamente contro i lavoratori e sottolinea l'influenza positiva di un flusso migratorio di lavoratori provocato dalle reali esigenze del mercato del lavoro. Propone che le norme transitorie si concentrino sulla limitazione dei flussi migratori indotti semplicemente da dati istituzionali quali le differenze nei sistemi sociali.

3.12. Il Comitato propone di fare delle città il motore dello sviluppo transfrontaliero. Così, ad esempio, nel quadro dei patti locali per l'occupazione, le città forniscono importanti impulsi all'occupazione. In tale contesto occorre attribuire una particolare importanza alle città divise, attualmente attraversate dalla frontiera esterna dell'UE (Francoforte sull'Oder, Görlitz).

3.13. Una posizione analoga viene attribuita alle euroregioni, nelle quali la cooperazione transfrontaliera dei comuni frontalieri avviene sia nel sostenere congiuntamente gli oneri derivanti dall'ampliamento sia nello schiudere le opportunità che esso offre. Le euroregioni situate lungo l'attuale frontiera esterna dell'UE si troveranno nella situazione delle vecchie euroregioni e potranno imparare dalla loro esperienza.

4. Richieste ai paesi candidati

4.1. Il Comitato sottolinea il fatto che negli Stati di nuova adesione il diritto dell'UE deve essere attuato pienamente e le politiche dell'UE devono essere applicate, se si vuole che l'ampliamento susciti gli effetti positivi descritti a livello occupazionale. Mette in guardia espressamente dall'errore di ritenere possibile un'adozione selettiva o ritardata dei principi e delle disposizioni giuridiche dell'UE. In particolare i paesi di nuova adesione devono creare certezza giuridica e prendere misure risolute contro la discriminazione e la corruzione.

4.2. Il Comitato è convinto del fatto che per l'ampliamento un ruolo attivo degli enti locali e regionali nei paesi candidati sia irrinunciabile. Proprio in considerazione del centralismo delle passate dittature negli Stati in fase di transizione, le entità democratiche moderne possono rafforzarsi solo se viene attribuita un'importanza crescente ai comuni e alle regioni. Spetta soprattutto a questi livelli attuare il diritto dell'UE recepito dai legislatori nel diritto nazionale.

4.3. Ai fini dell'utilizzo dei fondi strutturali, il Comitato sottolinea la necessità che i paesi di nuova adesione dispongano di strutture funzionali e di capacità fin dal momento dell'ampliamento. Per poter attuare la politica strutturale, si deve concedere agli enti regionali un adeguato diritto di codecisione.

4.4. Il Comitato sollecita tutti gli enti locali e regionali ad una maggiore cooperazione con le regioni e i comuni nei paesi di nuova adesione. Sottolinea la grande importanza della cooperazione di questi livelli prossimi ai cittadini che hanno una conoscenza diretta dei problemi. L'aiuto offerto alle regioni e ai comuni dei futuri Stati membri per costituire strutture decentrate efficaci è un buon investimento per raggiungere un elevato livello occupazionale in tutta l'Unione allargata e per ricomporre le fratture strutturali. Considerata la dimensione occupazionale dell'ampliamento, tutte le regioni e i comuni hanno un interesse manifesto a che non vengano compiuti errori evitabili.

4.5. Il Comitato ricorda che l'ampliamento va inteso come sfida. Dipende anche dalle regioni e dai comuni far sì che le opportunità che esso offre vengano riconosciute e che la dinamica della concorrenza venga sfruttata attivamente come parte integrante e imprescindibile dell'economia di mercato. Il dirigismo statale e il protezionismo sarebbero invece una capitolazione dinanzi alle sfide lanciate dall'ampliamento verso est dell'Unione europea. Il Comitato sottolinea che gli auspicati effetti occupazionali potranno essere conseguiti solo se le quattro libertà fondamentali del mercato unico verranno applicate in entrambe le direzioni e non limitate nel loro contenuto essenziale.

Bruxelles, 14 novembre 2001.

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Jos Chabert

(1) GU C 293 del 13.10.1999, pag. 70.

(2) GU C 226 dell'8.8.2000, pag. 43.

(3) GU C 374 del 23.12.1999, pag. 15.

(4) GU C 57 del 29.2.2001, pag. 1.

(5) GU C 148 del 18.5.2001, pag. 25.

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