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Document 51996IE1403

Parere del Comitato economico e sociale sul tema «Le conseguenze dell'introduzione delle nuove tecnologie sulla situazione dell'occupazione»

GU C 66 del 3.3.1997, pp. 78–84 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

51996IE1403

Parere del Comitato economico e sociale sul tema «Le conseguenze dell'introduzione delle nuove tecnologie sulla situazione dell'occupazione»

Gazzetta ufficiale n. C 066 del 03/03/1997 pag. 0078


Parere del Comitato economico e sociale sul tema «Le conseguenze dell'introduzione delle nuove tecnologie sulla situazione dell'occupazione»

(97/C 66/20)

Il Comitato economico e sociale ha deciso, in data 21 febbraio 1995, in conformità dell'articolo 23, terzo comma, del Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema «Le conseguenze dell'introduzione delle nuove tecnologie sulla situazione dell'occupazione».

In data 21 dicembre 1995, il Comitato ha deciso, conformemente all'art. 19, primo comma, del Regolamento interno, di costituire un Sottocomitato incaricato di preparare i lavori in materia.

Il Sottocomitato ha adottato il progetto di parere in data 11 ottobre 1996, sulla base del rapporto introduttivo del relatore Vasco Cal e dei correlatori Bernabei e Ramaekers.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 27 novembre 1996, nel corso della 340a sessione plenaria, con 80 voti favorevoli, 5 contrari e 5 astensioni, il seguente parere.

1. Introduzione

1.1. Il Comitato economico e sociale ha dedicato la sessione plenaria dell'ottobre 1995 al tema dell'occupazione. In tale occasione sono stati esaminati diversi pareri (), predisposti dalle Sezioni competenti, su aspetti direttamente collegati con i dibattiti in corso negli organi comunitari e accomunati dal loro impatto sull'occupazione (vedasi l'opuscolo speciale pubblicato).

1.2. Con il presente parere d'iniziativa s'intende ampliare, aggiornare e approfondire i temi dibattuti, trattando specificamente il tema delle conseguenze dell'introduzione delle nuove tecnologie sull'occupazione che è già stato ampiamente affrontato a livello dei vari organi comunitari ed internazionali, in particolare nel recente studio dell'OCSE («Tecnologia, produttività e creazione di posti di lavoro»), nel Libro verde della Commissione europea sulla società dell'informazione () nelle relazioni del Gruppo consultivo sulla competitività (), del Forum sulla società dell'informazione () e del Gruppo di alto livello sulla società dell'informazione (). Altri studi e relazioni sui bianco sull'istruzione e la formazione - verso la società conoscitiva, Libro verde sull'innovazione () ed eventualmente la comunicazione sul telelavoro, ecc.) hanno analizzato tali questioni, il che ben dimostra la loro attualità ed importanza.

1.3. Il Comitato non vuole creare sovrapposizioni con lavori e dibattiti in corso, ma non rinuncia ad emettere il suo parere sulle questioni che considera più rilevanti ed a contribuire con raccomandazioni e proposte adeguate dirette agli organi decisionali competenti dell'Unione europea e suscettibili anche di allargare i dibattiti in corso tra le organizzazioni socioprofessionali in esso rappresentate.

2. Osservazioni generali

2.1. È un fatto accettato dalla teoria economica e comprovato dai dati storici fino all'inizio degli anni '70 che l'incremento della produttività nel lungo periodo è stato un fattore determinante per la crescita economica sostenuta, per l'aumento dei redditi e del livello di vita e per la creazione di lavoro. Tuttavia, dalla metà degli anni '70, da quando cioè il saggio di crescita dell'economia in Europa e negli Stati Uniti si è situato su livelli inferiori a quelli del dopoguerra, si discute delle ragioni che hanno portato all'attuale situazione, tanto più che l'impressione dominante tra la gente è che l'evoluzione tecnologica sia stata più rapida in questo periodo, in particolare negli ultimi dieci anni (tecnologie dell'informazione e della comunicazione, biotecnologia, nuovi materiali, tecnologie nel campo dell'energia).

2.2. Questo «paradosso della produttività» è stato spiegato in maniere diverse che vanno dall'incapacità e dalla difficoltà di quantificare esattamente fenomeni economici, come la produttività, passando per le relazioni tra le condizioni macroeconomiche ed il processo d'innovazione, fino alle difficoltà delle attuali forme di organizzazione delle imprese e/o della società ad utilizzare appieno le potenzialità delle nuove tecnologie. Un contesto macroeconomico in cui la domanda finale è in decelerazione rispetto al passato ed in cui la popolazione attiva ha continuato a crescere ha provocato, tra l'altro, l'incremento della disoccupazione, e, precisamente, della disoccupazione di lungo periodo, della disoccupazione dei lavoratori meno qualificati e dei giovani alla ricerca del primo lavoro.

2.3. Le previsioni sull'evoluzione futura non sono unanimi e le tesi divergono. Da un lato, secondo alcuni le trasformazioni in corso sono tanto radicali e qualitativamente differenti da quelle del passato che obbligano a considerare ipotesi di condivisione del lavoro già in atto e del reddito in termini completamente nuovi. D'altro canto, altri ritengono che l'asimmetria esistente tra offerta e domanda di lavoro è provvisoria e che l'attuale distruzione di posti di lavoro a causa delle nuove tecnologie, soprattutto delle tecnologie d'informazione e comunicazione sarà seguita dal rilancio dell'occupazione, segnatamente in nuovi settori e attività. In ambedue i casi, si ammette che gli effetti sulla creazione di posti di lavoro non saranno automatici e che s'impongono oggi iniziative in termini di politiche maggiormente favorevoli alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro, esemplificate recentemente dal Libro bianco della Commissione europea, sia a livello macroeconomico, sia a livello microeconomico.

2.4. In passato, le trasformazioni tecnologiche avevano una diffusione lenta ed erano circoscritte ad alcuni settori dell'economia; ciò consentiva che i posti di lavoro perduti in un settore potessero essere compensati dalle creazioni di impieghi in altri settori (casi tipici sono costituiti dal passaggio dei lavoratori dall'agricoltura all'industria o da questa ai servizi). Oggi, tuttavia, le nuove tecnologie, a basso costo, si applicano molto rapidamente in tutti i settori della vita economica e a quasi tutte le sfere della vita sociale.

2.5. Il ritmo d'introduzione delle tecnologie, più lento in Europa che nelle altre regioni più dinamiche del globo, non è stato accompagnato dall'aumento degli investimenti che, in passato, avevano permesso di compensare i posti di lavoro distrutti nel frattempo. Nell'Unione europea, malgrado la redditività degli investimenti sia già tornata ai massimi storici degli anni '60, si continuano ad effettuare prudentemente investimenti di razionalizzazione e non di espansione.

2.6. Anche la crescente incidenza degli investimenti finanziari di tipo speculativo, incentivati dalla libertà di movimento dei capitali, che forse comportano rischi minori e godono, in alcuni Stati membri, di un trattamento fiscale meno sfavorevole, potrebbe aver compromesso le condizioni per gli investimenti produttivi.

2.7. Lo sviluppo di una «cultura del nuovo» è quindi fondamentale sia dal lato delle domanda che da quello dell'offerta e richiederà il coinvolgimento del mondo delle imprese e del lavoro, delle istituzioni educative e formative, delle autorità pubbliche che permetta di dare un corso positivo alla dinamica crescita-tecnologia-occupazione. Occorre creare un circolo virtuoso tra la consapevole progettualità dell'uomo, la valorizzazione dell'uomo come attore essenziale dello sviluppo e un modello di sviluppo economico e sociale che agevoli la crescita di un atteggiamento positivo verso gli strumenti tecnologici e le sfide di competitività globale, riducendone le incertezze e prevedendo meccanismi premianti per la creazione di nuova professionalità e imprenditorialità. Il futuro dell'Europa e il suo ruolo nel sistema mondiale dipende dalla capacità concreta di fare cultura innovativa: la cultura è infatti la risorsa strategica del futuro che definirà le posizioni di vantaggio competitivo tra l'europea e le grandi aree mondiali.

2.8. Sul piano microeconomico si riconosce che la dicotomia tra lavoro qualificato e non qualificato sta trasformandosi progressivamente in una dicotomia tra lavoro creativo e partecipativo da un lato e lavoro ripetitivo e diretto dall'altro. Anche le trasformazioni strutturali del lavoro sono importanti, con la diminuzione del lavoro salariato a tempo pieno e con contratto a tempo indeterminato e l'aumento del lavoro a tempo parziale, a tempo determinato, del lavoro autonomo e di quello coordinato.

2.9. La crescente disuguaglianza tra lavoratori manifestatasi negli ultimi decenni è stata anche la conseguenza del deterioramento della situazione dei lavoratori meno qualificati e della maggiore domanda di lavoro qualificato e di nuove competenze. In parte, l'aumento di questo tipo di domanda è stato dovuto alle maggiori esigenze di qualificazione e di competenze introdotte dall'innovazione tecnologica. È però attribuibile anche all'incremento della pressione concorrenziale derivante dalla globalizzazione della produzione, del commercio internazionale e degli investimenti diretti all'estero.

2.10. Le nuove tecnologie possono aumentare sensibilmente il ruolo della persona nel processo produttivo, ma possono anche rendere il lavoratore più vulnerabile ai cambiamenti dell'organizzazione di lavoro. Vi sono casi in cui si constata persino un abbassamento delle qualificazioni richieste.

2.11. Anche nelle imprese dell'industria manifatturiera dei paesi sviluppati, il grosso delle spese per il personale tende ad essere sempre più destinato a funzioni non direttamente legate alle attività dell'area produttiva (ricerca, design, marketing, supervisione, finanze, formazione, gestione, tecnologie d'informazione). I costi per il personale direttamente coinvolto nella produzione sono diminuite in termini relativi e, in alcuni casi, sono inferiori ad un quarto del totale di tali costi.

2.12. Come risultato, le imprese industriali incorporano sempre più servizi (sia al proprio interno, sia subappaltati all'esterno) e il settore di servizi alle imprese diventa sempre più importante. Tali mutamenti organizzativi avvengono parallelamente all'evoluzione di concetti di gestione («total quality management», «just in time», «kaizen», «lean production»).

2.13. La divulgazione dei risultati della ricerca e dello sviluppo può arrecare vantaggi economici. Tale constatazione, che prima poteva essere verificata nell'aumento dei livelli di produttività in seguito all'acquisto di nuove attrezzature produttive, è ora più evidente nel settore dei servizi, con l'utilizzazione delle tecnologie d'informazione e comunicazione. Oltre a continuare a dare la priorità al sostegno e all'incoraggiamento della ricerca e dello sviluppo e alla messa a punto di nuovi prodotti e processi, va attribuita maggiore importanza alla diffusione in tutto il tessuto economico e nelle varie regioni dell'UE delle tecnologie e allo sfruttamento delle idee e dei processi già conosciuti e sviluppati.

2.14. L'organizzazione e la dimensione delle imprese sono anch'essi aspetti in mutamento: si è passati da una fase in cui le grandi imprese integrate si imponevano grazie alle economie di scala ad un'epoca in cui le piccole e medie imprese hanno cominciato a svolgere un ruolo importante, sia nella produzione e nell'innovazione, sia nella creazione di posti di lavoro, e si prevede ora il potenziamento di imprese ampliate, organizzate in reti di cooperazione, intorno a sistemi d'informazione, potendo coesistere nel loro seno strutture di cultura diversa.

2.15. Per usare le nuove tecnologie in modo più efficiente e per essere in grado di competere meglio in un'economia globale, le imprese sviluppano un'organizzazione più concentrata nelle loro attività essenziali («core activities»), con strutture di gestione più decentrate, con una più estesa ripartizione delle responsabilità e richiedendo alla loro forza lavoro competenze nuove, crescenti e diversificate.

2.16. L'accumulazione di conoscenze che si realizza a livello d'impresa acquisisce sempre maggiore importanza per la sua capacità competitiva. L'innovazione è il processo che trasforma nuove conoscenze in nuovi prodotti ed in nuovi processi di produzione. Il grado di utilizzazione delle tecnologie dipende così dalle conoscenze accumulate nell'impresa e dalla capacità di organizzarne l'applicazione.

2.17. Benché si sappia che la formazione professionale contribuisce all'aumento del complesso di conoscenze dei lavoratori, alcune imprese tendono a disinvestire da tale formazione perché la corsa alla redditività a breve termine le induce a tagliare i costi, segnatamente quelli che danno maggiori effetti nel lungo periodo. Lo studio dell'OCSE considera addirittura un disincentivo il fatto che i lavoratori formati possano venire assunti da altre imprese.

2.18. I difensori della flessibilità esterna (la possibilità delle imprese di licenziare e assumere a seconda dell'andamento della domanda) e i difensori della flessibilità interna (con cui s'intende salvaguardare il know-how ed il capitale di conoscenze accumulati) hanno approcci diversi riguardo alla necessità della flessibilizzazione. Vari esempi recenti paiono indicare che per le imprese che hanno scelto una linea di maggiore flessibilità interna, invece che esterna, è più facile compensare le fluttuazioni congiunturali dinanzi alle quali sembrano essere in grado di reagire rapidamente.

2.19. Le conseguenze dell'introduzione delle nuove tecnologie sull'occupazione dipendono anche dal modo in cui sono stati risolti nelle imprese maggiori i contrasti d'interesse tra gli azionisti (e tra questi, assumono sempre maggiore importanza i fondi d'investimento), gli amministratori (in particolare la tecnostruttura), i clienti e fornitori (il cui peso crescente è dovuto al funzionamento in rete già menzionato) e i lavoratori.

2.20. L'attuale percezione delle trasformazioni in corso e l'entità dei loro effetti su occupazione, lavoro, accesso alla conoscenza, diritto, cultura, poteri, istruzione, disuguaglianze, emarginazione ed etica, suscitano sentimenti di speranza, ma anche di timore, specie tra le fasce della popolazione caratterizzate da una maggiore fragilità e insicurezza economica.

2.21. In una fase di transizione tra due modelli di società e di organizzazione economica si ha necessariamente una situazione di dibattito politico intenso che, se portato avanti in modo responsabile, è estremamente utile per poter anticipare con successo le trasformazioni tecnologiche e sociali e consolidare una nuova etica compatibile con la responsabilità sociale delle imprese e con l'economia sociale di mercato.

2.22. Le caratteristiche delle nuove tecnologie e la loro diffusione in tutte le attività, economiche e sociali, accelerano la fase di cambiamento accentuato della società: trasformazioni a livello demografico, di mercati, delle strutture sociali e di valori. La società dell'informazione o, come si auspica, la società conoscitiva (che acquisisce una nuova base tecnologica con le tecnologie dell'informazione), è in formazione e gli aspetti sociali e culturali non possono essere separati dagli aspetti tecnici ed economici.

3. Raccomandazioni e proposte essenziali

3.1. È necessario creare condizioni per ampliare il dibattito democratico sul modello di società capace di garantire le migliori condizioni per la piena utilizzazione delle nuove tecnologie in risposta ai bisogni crescenti e diversificati delle persone.

3.1.1. Onde assicurare la transizione migliore dall'attuale società post-industriale alla società conoscitiva, occorre che i poteri politici promuovano un dibattito più vasto possibile sulle questioni essenziali per la gestione del processo di trasformazione, per migliorarne, l'accettazione e per minimizzarne gli effetti negativi.

3.1.2. I vari aspetti della società che sta affiorando sono state ampiamente analizzati - la digitalizzazione crescente, la realtà virtuale, il settore multimediale, la struttura sociale molecolare, il funzionamento in rete, l'integrazione delle tecnologie, l'innovazione costante di prodotti e processi, l'economia in, tempo reale, i contatti diretti tra produttori e consumatori, la globalizzazione dei mercati. Le modalità con cui le trasformazioni stanno avvenendo hanno rilevanti effetti soprattutto sui cambiamenti del mercato del lavoro, sulle crescenti disuguaglianze dei redditi, delle conoscenze e delle attività.

3.1.3. La coesione sociale, la salvaguardia della molteplicità culturale e istituzionale e la riconciliazione dell'efficienza tecnologica con la qualità della vita sono imprescindibili per assicurare lo sviluppo sostenibile a lungo termine.

3.1.3.1. Come riconosce la relazione dell'OCSE, la coesione sociale, oltre ad essere un valore di per sé, rappresenta anche un valore economico importante e vanno dibattute e individuate le maniere in cui coloro che risultano «vincitori» nel processo di trasformazione possano compensare i «perdenti».

3.1.3.2. La diversità delle risorse e dei sistemi d'innovazione migliora l'efficienza; occorre far sì che non si imponga una monocultura e che le interconnessioni tra i diversi sistemi e le differenti culture contribuiscano a rafforzare le sinergie a livello globale.

3.1.3.3. Il passaggio dall'accettazione sociale dei cambiamenti tecnologici alla concertazione sociale sulla loro introduzione, al controllo da parte della società delle loro ripercussioni, come anche all'articolazione delle nuove necessità per creare un ambiente di vita migliore, con le possibilità di risposta derivanti dalla nuove tecnologie, sono aspetti centrali di tale dibattito.

3.2. Sempre più si riconoscono nell'istruzione e nella formazione i principali vettori di identificazione, di integrazione, di promozione sociale e di realizzazione personale e i fattori determinanti della parità di opportunità.

3.2.1. Nella società conoscitiva in cui il flusso ed il volume d'informazioni aumentano in modo accentuato, in cui i mutamenti tecnologici ed economici si accentuano ed in cui la natura del lavoro e l'organizzazione della produzione e dei servizi si modificano, è necessario creare le condizioni per preparare le persone ad assumersi le loro responsabilità ed agire in condizioni di maggiore autonomia.

3.2.2. Oltre alle trasformazioni dell'offerta è necessario sviluppare l'acquisizione di nuove esigenze da parte degli utilizzatori finali e dei consumatori, per evitare che tale «disoccupazione tecnologica» si aggravi. Come ha ammesso il Gruppo consultivo sulla competitività, il passaggio alla società dell'informazione sarà più rapido e più facile se all'impulso tecnologico si unirà la pressione della domanda ().

3.2.3. L'adeguamento delle metodologie e del contenuto del sistema educativo è necessario per anticipare le competenze richieste e per poter utilizzare il potenziale derivante dalle nuove tecnologie, per minimizzare le conseguenze negative e massimizzare quelle positive.

3.2.4. La preparazione dei professori e la formazione dei formatori è più importante perché, in alcuni campi, i giovani hanno la sensazione di avere maggiore familiarità con le nuove tecnologie di coloro che dovrebbero essere i loro insegnanti. Un importante funzione catalizzatrice può essere svolta in tale contesto dal collegamento tra la scuola ed il luogo di lavoro. È necessario inoltre stanziare le risorse di bilancio compatibili con questa importante priorità.

3.2.5. La formazione professionale deve uscire dal suo ruolo esclusivamente passivo per riuscire a prevedere i nuovi ruoli, le nuove divisioni di compiti e le nuove responsabilità. La formazione professionale non va considerata una spesa complementare rispetto agli investimenti effettuati in nuove attrezzature, bensì una parte integrante del processo di trasformazione e di adeguamento delle organizzazioni, il quale richiede competenze quali l'attitudine al lavoro di gruppo, a risolvere problemi e capacità di programmazione.

3.2.6. La formazione lungo tutto l'arco della vita e la continua acquisizione di competenze sono essenziali per evitare la separazione tra coloro che sanno e coloro che non sanno, tra coloro che possono intervenire efficacemente e coloro che subiscono le conseguenze e sono emarginati.

3.3. Il ruolo del settore pubblico deve essere riesaminato e aggiornato in considerazione dell'esigenza di creare le infrastrutture necessarie allo sviluppo ed all'applicazione delle nuove tecnologie, in particolare di quelle d'informazione e comunicazione e di assicurare una loro rapida diffusione attraverso tutto il tessuto produttivo. La contrazione dell'investimento pubblico registrata negli ultimi anni può rendere difficile ora la loro ripresa ai livelli necessari. La realizzazione del programma delle reti transeuropee è essenziale per assicurare infrastrutture organiche e moderne a livello europeo.

3.3.1. Le politiche pubbliche di ricerca e sviluppo tecnologico a livello nazionale e comunitario devono sostenere in modo più vigoroso la ricerca in settori di interesse pubblico come l'istruzione, la salute e l'ambiente e settori di interesse misto pubblico/privato come i trasporti, le comunicazioni, l'energia, l'habitat urbano. Inoltre, esse devono soddisfare le necessità della società, tenendo conto della competitività dell'economia e della tutela dei posti di lavoro.

3.3.2. Gli obiettivi di competitività industriale che i programmi di ricerca e sviluppo hanno privilegiato devono cercare di rispondere alla domanda potenziale crescente della società e permettere il miglioramento continuo di nuovi prodotti, sistemi e servizi.

3.3.3. I settori pubblico e privato, nel loro insieme, possono contribuire, attraverso la convergenza di iniziative a livello delle infrastrutture e del coordinamento dei programmi di ricerca e sviluppo, a dare un impulso importante al processo d'innovazione. Però il settore pubblico può anche, con le sue commesse dal lato della domanda, creare condizioni migliori per lo sviluppo dell'innovazione.

3.3.4. Il settore pubblico esercita anche un'influenza sulla creazione del contesto regolamentare in cui operano le imprese, segnatamente nella realizzazione del mercato interno, e deve contribuire, nella misura del possibile, alla formulazione delle opzioni strategiche che le imprese devono conoscere con sufficiente anticipo.

3.3.4.1. Le politiche di RST a livello nazionale e comunitario devono potersi basare su strumenti previsionali ed informativi sugli scenari tecnologici ed occupazionali, sviluppando in maniera coordinata e coerente «tableau de bord» di scambio preventivo di informazioni sia sul lato occupazione che dell'assessment tecnologico sulla base di sistemi a rete europei. Tali scenari tecnologico-occupazionali devono permettere agli attori della ricerca di formulare, attraverso un approccio «bottom-up», le loro priorità di azione di RST e coordinarsi in progetti integrati a livello europeo.

3.4. L'organizzazione delle imprese, specie nella sfera della produzione, in quella della ricerca e sviluppo e in quella della gestione delle risorse umane si è evoluta in maniera relativamente lenta; secondo vari studi tali ritardi, nel processo di innovazione a livello di organizzazione delle imprese e del settore pubblico, consentono di comprendere le ragioni per cui l'accelerato progresso tecnologico non si è ancora tradotto in aumenti sostanziali della produttività globale.

3.4.1. Le esigenze di aumento della competitività e l'evoluzione dei concetti di gestione devono essere sfruttati per snellire le strutture di gestione complesse e burocratiche, per integrare i processi di ideazione ed esecuzione, per rendere il ciclo del «design» più rapido, efficiente e orientato a facilitare l'organizzazione della produzione e dei servizi, per eliminare sprechi, migliorare la qualità, ridurre i termini di consegna e tagliare i costi, per rendere la produzione e i servizi più flessibili e, in tal modo, reagire in modo più adeguato alle trasformazioni del mercato sempre più globale, per stabilire relazioni durature con i fornitori ed i clienti, contribuendo all'aumento della qualità globale delle reti d'imprese.

3.4.2. Lo sforzo compiuto in termini di nuove attrezzature e di formazione professionale tecnica, pur permettendo una migliore capacità di reazione, non è tale da incidere in misura equivalente sull'aumento della produttività globale, specie quando a tali investimenti non si accompagna una trasformazione radicale dell'organizzazione e della gestione.

3.4.3. I motivi che possono determinare l'insuccesso dei processi di trasformazione delle organizzazioni sono numerosi. Il processo di trasformazione necessita di una leadership forte che riesca a trasmetterne il carattere di urgenza, in maniera da motivare gli individui, che si basi su un'analisi attendibile e realistica degli aspetti che non è piacevole ammettere, che favorisca la cooperazione di un gruppo abbastanza forte in termini di informazione, conoscenze, reputazione e relazioni umane, che presenti una visione prospettica dell'organizzazione, la quale sia sufficientemente motivante e coerente e non costituisca un amalgama di progetti confusi e incompatibili l'uno con l'altro, che riesca a persuadere le persone della fattibilità delle trasformazioni e ne incoraggi l'impegno in tal senso, tanto da far loro accettare sacrifici a breve termine; che si avvalga di tutti i possibili canali di comunicazione con il personale, che permetta di superare gli ostacoli al processo di trasformazione in maniera socialmente accettabile, che programmi miglioramenti visibili ma che non assuma continuamente toni trionfalistici e sia consapevole della lunga durata del processo, e, infine, che faccia penetrare le trasformazioni nella cultura dell'organizzazione, facendole diventare parte dei valori e dei comportamenti dell'organizzazione.

3.5. Tanto le trasformazioni dell'organizzazione dipendenti dalle nuove tecnologie quanto le nuove condizioni di concorrenza richiedono nuove relazioni di lavoro in cui i lavoratori non si limitino ad eseguire i compiti prestabiliti, come avveniva in passato, ma dispongano di maggiore iniziativa e capacità decisionale. L'esistenza di una forza lavoro capace di servirsi appieno delle potenzialità delle nuove tecnologie in modo creativo e di reagire con rapidità e flessibilità ai mutamenti del mercato dipende anche dal suo grado di motivazione e di coinvolgimento.

3.5.1. L'impiego delle nuove tecnologie per rafforzare il modello «taylorista» in base al quale si assegnano al lavoratore mansioni parcellizzate, subalterne e ripetitive è tecnicamente possibile e si è verificato in numerose imprese. Tuttavia, a lungo termine, tale approccio non ha consentito di sfruttare appieno le nuove condizioni e inoltre, esso è in contraddizione con gli sforzi tesi a creare posti di lavoro maggiormente qualificati.

3.5.2. Ha dato risultati migliori un altro modello, orientato verso il futuro, basato sull'impiego congiunto delle innovazioni in campo tecnologico o/e organizzativo, nel quale il lavoratore, è in grado di unire alle conoscenze tecniche il calcolo economico e, oltre a una maggiore polivalenza di tipo orizzontale, svolge anche mansioni verticalmente polivalenti (controllo, manutenzione e riparazione dei macchinari) e possiede inoltre competenze nel campo della programmazione.

3.5.3. Teoricamente vi sono varie maniere di determinare le caratteristiche del modello in ciascuna impresa o servizio e di stabilire le regole della nuova organizzazione di lavoro, ma quella che meglio corrisponde al modello sociale europeo è la consultazione, la concertazione e la negoziazione con i rappresentanti dei lavoratori. Il dialogo sociale ai vari livelli consente di superare le resistenze al cambiamento, creare prospettive alternative e legare il processo di formazione a quello di mutamento di organizzazione e di gestione.

3.6. L'accelerazione della dinamica tecnologie - crescita - occupazione rischia di ampliare l'esclusione sociale e regionale. Occorrono quindi politiche attive a supporto dei lavoratori meno qualificati e dei giovani alla ricerca di primo impiego, che costituiscono le tipologie più economicamente vulnerabili e soggette a disoccupazione di lunga durata.

3.6.1. La lotta all'esclusione deve valere ancor più per quanto riguarda le regioni meno favorite, la cui marginalità geografica è aggravata dalla carenza di strutture e infrastrutture collegate a rete con il resto dell'Unione europea e da divari tecnologici molto più elevati dei divari economici. L'evoluzione tecnologica deve quindi integrare più livelli, comunitario, nazionale e regionale, che sviluppino accanto alle tecnologie di punta le tecnologie pervasive orizzontali in grado di favorire lo sviluppo anche dei settori industriali con contenuto tecnologico meno elevato, ma che richiedono processi produttivi avanzati per contrastare la crescente concorrenza internazionale. Coerentemente con le priorità di coesione economica e sociale dell'UE è auspicabile un intervento congiunto e coordinato della politica di RST comunitaria con le azioni dei fondi strutturali, assicurandone la massima interoperatività.

Bruxelles, 27 novembre 1996.

Il Presidente del Comitato economico e sociale

Tom JENKINS

() GU n. C 18 del 22. 1. 1996, pag. 37; GU n. C 18 del 22. 1. 1996, pag. 42; GU n. C 18 del 22. 1. 1996, pag. 54; GU n. C 18 del 22. 1. 1996, pag. 68; GU n. C 18 del 22. 1. 1996, pag. 74; GU n. C 18 del 22. 1. 1996, pag. 83.

() COM(96) 389 def.

() Gruppo consultivo costituito dalla Commissione nel febbraio 1995 in base alle indicazioni del Vertice europeo di Essen. Composto da 13 esperti in rappresentanza di enti creditizi privati e pubblici, grandi imprese e categorie sociali, presieduto da C.A. Ciampi, ex Presidente del Consiglio italiano ed ex Governatore della Banca d'Italia, e da un rappresentante permanente della Commissione.

() Forum sulla società dell'informazione: gruppo consultivo riunitosi per la prima volta a Bruxelles il 13 luglio 1995 sotto la Presidenza di Martin Bangemann. Il Forum si compone di 125 membri, designati a titolo personale, tra cui rappresentanti degli utenti dei nuovi servizi (imprese, servizi pubblici, associazioni dei consumatori, PMI e mondo del lavoro), categorie sociali (sindacati, organizzazioni padronali, associazioni universitarie e familiari), fornitori di contenuti e di servizi (editori, organismi di radiodiffusione, ecc.), gestori di reti, produttori di attrezzature ed istituzioni (PE, CES, CdR, garanti per la protezione dei dati, enti regionali e locali).

() Gruppo di esperti di alto livello sugli aspetti sociali della società dell'informazione: gruppo consultivo di esperti designati d'intesa con i Commissari responsabili della politica sociale, della società dell'informazione, della ricerca e dell'istruzione, del mercato interno e delle politiche regionali.

() GU n. C 212 del 22. 7. 1996.

() Relazione del giugno 1995, punto IV.2 - Definizione di una strategia.

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