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Documento 62021CJ0038

    Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 21 dicembre 2023.
    VK e a. contro BMW Bank GmbH e a.
    Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Landgericht Ravensburg.
    Rinvio pregiudiziale - Tutela dei consumatori - Contratto di leasing relativo ad un autoveicolo senza obbligo di acquisto - Direttiva 2008/48/CE - Articolo 2, paragrafo 2, lettera d) - Nozione di contratto di leasing senza obbligo di acquisto dell’oggetto del contratto - Direttiva 2002/65/CE - Articolo 1, paragrafo 1, e articolo 2, lettera b) - Nozione di contratto di servizi finanziari - Direttiva 2011/83/UE - Articolo 2, punto 6, e articolo 3, paragrafo 1 - Nozione di contratto di servizi - Articolo 2, punto 7 - Nozione di contratto a distanza - Articolo 2, punto 8 - Nozione di contratto negoziato fuori dei locali commerciali - Articolo 16, lettera l) - Eccezione al diritto di recesso per una prestazione di servizi di noleggio di autovetture - Contratto di credito per l’acquisto di un autoveicolo - Direttiva 2008/48 - Articolo 10, paragrafo 2 - Requisiti relativi alle informazioni che devono figurare nel contratto - Presunzione di adempimento dell’obbligo di fornire informazioni in caso di utilizzo di un modello informativo previsto dalla normativa - Assenza di effetto orizzontale diretto di una direttiva - Articolo 14, paragrafo 1 - Diritto di recesso - Inizio del periodo di recesso nel caso di informazioni incomplete o inesatte - Carattere abusivo dell’esercizio del diritto di recesso - Decadenza dal diritto di recesso - Obbligo di restituzione preventiva del veicolo in caso di esercizio del diritto di recesso in relazione ad un contratto di credito collegato.
    Cause riunite C-38/21, C-47/21 e C-232/21.

    Raccolta della giurisprudenza - generale - Sezione "Informazioni sulle decisioni non pubblicate"

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2023:1014

     SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

    21 dicembre 2023 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Contratto di leasing relativo ad un autoveicolo senza obbligo di acquisto – Direttiva 2008/48/CE – Articolo 2, paragrafo 2, lettera d) – Nozione di contratto di leasing senza obbligo di acquisto dell’oggetto del contratto – Direttiva 2002/65/CE – Articolo 1, paragrafo 1, e articolo 2, lettera b) – Nozione di contratto di servizi finanziari – Direttiva 2011/83/UE – Articolo 2, punto 6, e articolo 3, paragrafo 1 – Nozione di contratto di servizi – Articolo 2, punto 7 – Nozione di contratto a distanza – Articolo 2, punto 8 – Nozione di contratto negoziato fuori dei locali commerciali – Articolo 16, lettera l) – Eccezione al diritto di recesso per una prestazione di servizi di noleggio di autovetture – Contratto di credito per l’acquisto di un autoveicolo – Direttiva 2008/48 – Articolo 10, paragrafo 2 – Requisiti relativi alle informazioni che devono figurare nel contratto – Presunzione di adempimento dell’obbligo di fornire informazioni in caso di utilizzo di un modello informativo previsto dalla normativa – Assenza di effetto orizzontale diretto di una direttiva – Articolo 14, paragrafo 1 – Diritto di recesso – Inizio del periodo di recesso nel caso di informazioni incomplete o inesatte – Carattere abusivo dell’esercizio del diritto di recesso – Decadenza dal diritto di recesso – Obbligo di restituzione preventiva del veicolo in caso di esercizio del diritto di recesso in relazione ad un contratto di credito collegato»

    Nelle cause riunite C‑38/21, C‑47/21 e C‑232/21,

    aventi ad oggetto tre domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Landgericht Ravensburg (Tribunale del Land, Ravensburg, Germania), con decisione del 30 dicembre 2020, pervenuta in cancelleria il 22 gennaio 2021 e integrata con decisione del 24 agosto 2021, pervenuta in cancelleria il 1o settembre 2021 (causa C‑38/21); con decisione dell’8 gennaio 2021, pervenuta in cancelleria il 28 gennaio 2021 (causa C‑47/21) e con decisione del 19 marzo 2021, pervenuta in cancelleria il 12 aprile 2021, (causa C‑232/21), nei procedimenti

    VK

    contro

    BMW Bank GmbH (C‑38/21),

    e

    F.F.

    contro

    C. Bank AG (C‑47/21),

    e

    CR,

    AY,

    ML,

    BQ

    contro

    Volkswagen Bank GmbH,

    Audi Bank (C‑232/21),

    LA CORTE (Grande Sezione),

    composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, K. Jürimäe, C. Lycourgos, E. Regan, F. Biltgen, N. Piçarra, Z. Csehi, presidenti di sezione, M. Safjan (relatore), S. Rodin, P.G. Xuereb, I. Ziemele, J. Passer, D. Gratsias e M.L. Arastey Sahún, giudici,

    avvocato generale: A.M. Collins

    cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 settembre 2022,

    considerate le osservazioni presentate:

    per CR, AY, ML e BQ, da M. Basun, D. Er e A. Esser, Rechtsanwälte;

    per la BMW Bank GmbH, da A. Ederle e R. Hall, Rechtsanwälte;

    per la C. Bank AG, da T. Winter, Rechtsanwalt;

    per la Volkswagen Bank GmbH e l’Audi Bank, da I. Heigl, T. Winter e B. Zerelles, Rechtsanwälte;

    per il governo tedesco, da J. Möller, U. Bartl, M. Hellmann e U. Kühne, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da G. Goddin, B.-R. Killmann e I. Rubene, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 febbraio 2023,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 2, lettere a) e b), della direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e che modifica la direttiva 90/619/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE e 98/27/CE (GU 2002, L 271, pag. 16); dell’articolo 3, lettera c); dell’articolo 10, paragrafo 2, lettere l), p), r) e t), nonché dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU 2008, L 133, pag. 66); dell’articolo 2, punti 7, 9 e 12, nonché dell’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2011, L 304, pag. 64), nonché dell’articolo 267, secondo comma, TFUE.

    2

    Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie tra VK e la BMW Bank GmbH (causa C‑38/21); F.F. e la C. Bank AG (causa C‑47/21); nonché CR e la Volkswagen Bank GmbH e AY, ML e BQ e l’Audi Bank (causa C‑232/21), in merito all’esercizio, da parte di VK, F.F., CR, AY, ML e BQ, del diritto di recesso relativo a contratti che questi ultimi hanno stipulato, in qualità di consumatori, con tali banche.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    Direttiva 2002/65

    3

    I considerando 14, 15 e 19 della direttiva 2002/65 sono così formulati:

    «(14)

    La presente direttiva copre tutti i servizi finanziari suscettibili di essere forniti a distanza. Certi servizi finanziari sono tuttavia disciplinati da disposizioni specifiche della legislazione comunitaria, che continuano ad applicarsi a detti servizi finanziari. Occorre tuttavia stabilire principi relativi alla commercializzazione a distanza di tali servizi.

    (15)

    I contratti negoziati a distanza implicano l’utilizzazione di tecniche di comunicazione a distanza, che sono utilizzate nel quadro di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza che si dia la presenza simultanea del fornitore e del consumatore. L’evoluzione permanente di tali tecniche impone di definire principi validi anche per quelle ancora poco utilizzate. I contratti a distanza sono quindi quelli in cui l’offerta, la negoziazione e la conclusione sono effettuate a distanza.

    (...)

    (19)

    Il fornitore è la persona che fornisce servizi a distanza. La presente direttiva dovrebbe tuttavia applicarsi anche quando una delle tappe della commercializzazione comporta la partecipazione di un intermediario. In considerazione della natura e del grado di tale partecipazione, le disposizioni pertinenti della presente direttiva dovrebbero applicarsi a detto intermediario, indipendentemente dal suo status giuridico».

    4

    L’articolo 1 della direttiva 2002/65, intitolato «Oggetto e campo di applicazione», al suo paragrafo 1 così dispone:

    «La presente direttiva ha per oggetto il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori».

    5

    L’articolo 2 della direttiva in parola, recante il titolo «Definizioni», così recita:

    «Ai fini della presente direttiva si intende per:

    «a)

    “contratto a distanza”: qualunque contratto avente per oggetto servizi finanziari, concluso tra un fornitore e un consumatore nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto, impieghi esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso;

    b)

    “servizio finanziario”: qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, assicurativa, servizi pensionistici individuali, di investimento o di pagamento;

    (...)».

    6

    Il successivo articolo 6, intitolato «Diritto di recesso», così dispone:

    «1.   Gli Stati membri fanno in modo che il consumatore disponga di un termine di quattordici giorni di calendario per recedere dal contratto senza penali e senza dover indicare il motivo (...)

    (...)

    2.   Il diritto di recesso non si applica:

    (...)

    c)

    ai contratti interamente eseguiti da entrambe le parti su richiesta esplicita del consumatore prima che quest’ultimo eserciti il suo diritto di recesso.

    (...)».

    Direttiva 2008/48

    7

    I considerando da 7 a 10, 31, 34 e 35 della direttiva 2008/48 enunciano quanto segue:

    «(7)

    Per facilitare il sorgere di un efficiente mercato interno del credito al consumo è necessario prevedere un quadro comunitario armonizzato in una serie di settori fondamentali. Visto il continuo sviluppo del mercato del credito al consumo e considerata la crescente mobilità dei cittadini europei, una legislazione comunitaria lungimirante, che sia adattabile alle future forme di credito e lasci agli Stati membri un adeguato margine di manovra in sede di attuazione, dovrebbe contribuire alla creazione di un corpus normativo moderno in materia di credito al consumo.

    (8)

    È opportuno che il mercato offra un livello di tutela dei consumatori sufficiente, in modo da assicurare la fiducia dei consumatori. Ciò dovrebbe rendere possibile la libera circolazione delle offerte di credito nelle migliori condizioni sia per gli operatori dell’offerta sia per i soggetti che rappresentano la domanda, sempre tenendo conto di situazioni particolari nei singoli Stati membri.

    (9)

    È necessaria una piena armonizzazione che garantisca a tutti i consumatori della Comunità di fruire di un livello elevato ed equivalente di tutela dei loro interessi e che crei un vero mercato interno. Pertanto, agli Stati membri non dovrebbe essere consentito di mantenere o introdurre disposizioni nazionali diverse da quelle previste dalla presente direttiva. Tuttavia, tale restrizione dovrebbe essere applicata soltanto nelle materie armonizzate dalla presente direttiva. Laddove tali disposizioni armonizzate mancassero, gli Stati membri dovrebbero rimanere liberi di mantenere o introdurre norme nazionali. Di conseguenza, gli Stati membri possono, per esempio, mantenere o introdurre disposizioni nazionali sulla responsabilità solidale del venditore o prestatore di servizi e del creditore. Un altro esempio di questa possibilità offerta agli Stati membri potrebbe essere quello del mantenimento o dell’introduzione di disposizioni nazionali sull’annullamento del contratto di vendita di merci o di prestazione di servizi se il consumatore esercita il diritto di recesso dal contratto di credito. (...)

    (10)

    Le definizioni contenute nella presente direttiva fissano la portata dell’armonizzazione. L’obbligo degli Stati membri di attuare le disposizioni della presente direttiva dovrebbe pertanto essere limitato all’ambito d’applicazione della stessa fissato da tali definizioni. La presente direttiva dovrebbe tuttavia far salva l’applicazione da parte degli Stati membri, conformemente al diritto comunitario, delle disposizioni della presente direttiva a settori che esulano dall’ambito di applicazione della stessa. Di conseguenza, uno Stato membro potrebbe mantenere o introdurre norme nazionali conformi alla direttiva o a talune delle sue disposizioni in materia di contratti di credito al di fuori dell’ambito di applicazione della presente direttiva, ad esempio in materia di contratti di credito per importi inferiori a 200 EUR o superiori a 75000 EUR. Inoltre, gli Stati membri potrebbero anche applicare le disposizioni della presente direttiva ai crediti collegati che non rientrano nella definizione di [...] contratti di credito collegati contenuta nella presente direttiva. Pertanto le disposizioni relative ai contratti di credito collegati potrebbero essere applicate ai contratti di credito destinati solo parzialmente a finanziare un contratto riguardante la fornitura di merci o la prestazione di servizi.

    (…)

    (31)

    Per consentire al consumatore di conoscere i suoi diritti e obblighi in virtù del contratto di credito, questo dovrebbe contenere tutte le informazioni necessarie in modo chiaro e conciso.

    (...)

    (34)

    Per ravvicinare le modalità di esercizio del diritto di recesso in settori analoghi è necessario prevedere un diritto di recesso senza penali e senza obbligo di giustificazione in condizioni simili a quelle previste dalla direttiva 2002/65(…).

    (35)

    Quando un consumatore recede da un contratto di credito in virtù del quale ha ricevuto merci, in particolare da un acquisto a rate o da un contratto di locazione o di leasing che prevede un obbligo di acquisto, la presente direttiva dovrebbe far salva qualsiasi regolamentazione degli Stati membri su questioni relative alla restituzione delle merci o ogni altra questione correlata.

    (...)».

    8

    L’articolo 1 della direttiva 2008/48, intitolato «Oggetto», così dispone:

    «La presente direttiva ha per obiettivo l’armonizzazione di taluni aspetti delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di contratti di credito ai consumatori».

    9

    L’articolo 2 della citata direttiva, intitolato «Ambito di applicazione», prevede quanto segue:

    «1.   La presente direttiva si applica ai contratti di credito.

    2.   La presente direttiva non si applica ai:

    (...)

    d)

    contratti di locazione o di leasing che non prevedono obbligo di acquisto dell’oggetto del contratto né in virtù del contratto stesso né di altri contratti distinti; tale obbligo si ritiene sussistente se è così deciso unilateralmente dal creditore;

    (...)».

    10

    L’articolo 3 della medesima direttiva, intitolato «Definizioni», prevede quanto segue:

    «Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

    (...)

    c)

    “contratto di credito”: un contratto in base al quale il creditore concede o s’impegna a concedere al consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra agevolazione finanziaria analoga, ad eccezione dei contratti relativi alla prestazione continuata di un servizio o alla fornitura di merci dello stesso tipo in base ai quali il consumatore versa il corrispettivo, per la durata della prestazione o fornitura, mediante pagamenti rateali;

    (...)

    i)

    “tasso annuo effettivo globale”: il costo totale del credito al consumatore espresso in percentuale annua dell’importo totale del credito, se del caso includendo i costi di cui all’articolo 19, paragrafo 2;

    (...)

    n)

    “contratto di credito collegato”: un contratto di credito che soddisfa le due condizioni seguenti:

    i)

    il credito in questione serve esclusivamente a finanziare un contratto relativo alla fornitura di merci specifiche o alla prestazione di servizi specifici;

    ii)

    i due contratti costituiscono oggettivamente un’unica operazione commerciale; si ritiene esistente un’unica operazione commerciale quando il fornitore o il prestatore stesso finanzia il credito al consumo oppure, se il credito è finanziato da un terzo, qualora il creditore ricorra ai servizi del fornitore o del prestatore per la conclusione o la preparazione del contratto di credito o qualora le merci specifiche o la prestazione di servizi specifici siano esplicitamente individuati nel contratto di credito».

    (...)».

    11

    L’articolo 10 della direttiva 2008/48, intitolato «Informazioni da inserire nei contratti di credito», al paragrafo 2 è così formulato:

    «Nel contratto di credito figurano, in modo chiaro e conciso, le informazioni seguenti:

    (...)

    l)

    il tasso degli interessi in caso di ritardi di pagamento applicabile al momento della conclusione del contratto di credito e le modalità di modifica dello stesso e, se applicabili, le penali per inadempimento;

    (...)

    p)

    l’esistenza o l’assenza del diritto di recesso e il periodo durante il quale esso può essere esercitato e le altre condizioni per il suo esercizio, comprese le informazioni sull’obbligo del consumatore di rimborsare il capitale prelevato e corrispondere gli interessi conformemente all’articolo 14, paragrafo 3, lettera b) e l’importo giornaliero degli interessi da corrispondere;

    (...)

    r)

    il diritto al rimborso anticipato, la relativa procedura nonché, se del caso, le informazioni sul diritto del creditore a ottenere un indennizzo e le relative modalità di calcolo;

    (...)

    t)

    l’eventuale esistenza di un meccanismo extragiudiziale di reclamo e di ricorso a disposizione del consumatore e, se tale meccanismo esiste, le modalità di accesso allo stesso;

    (...)».

    12

    L’articolo 14 della medesima direttiva, intitolato «Diritto di recesso», così dispone:

    «1.   Il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni di calendario per recedere dal contratto di credito senza dare alcuna motivazione.

    Tale periodo di recesso ha inizio:

    a)

    il giorno della conclusione del contratto di credito oppure

    b)

    il giorno in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni di cui all’articolo 10, se tale giorno è posteriore a quello indicato nella lettera a) del presente comma.

    (...)

    3.   Se il consumatore esercita il diritto di recesso:

    a)

    per dare efficacia al recesso ne informa il creditore prima della scadenza del termine indicato nel paragrafo 1, secondo le informazioni fornite dal creditore ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), con un mezzo che possa costituire prova conformemente alla legislazione nazionale. Il termine si considera rispettato qualora la notifica, purché trasmessa su supporto cartaceo o altro supporto durevole disponibile e accessibile per il creditore, sia stata inviata prima della scadenza del termine; e

    b)

    paga al creditore il capitale e gli interessi dovuti su tale capitale dalla data di prelievo del credito fino alla data di rimborso del capitale senza indugio e comunque non oltre 30 giorni di calendario dall’invio della notifica del recesso al creditore. Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso debitore pattuito. Il creditore non ha diritto a nessun altro indennizzo da parte del consumatore in caso di recesso, salvo essere tenuto indenne delle spese non rimborsabili pagate dal creditore stesso alla pubblica amministrazione.

    4.   Se un servizio accessorio connesso con il contratto di credito è fornito dal creditore o da un terzo in base ad un contratto concluso tra terzo e creditore, il consumatore non è più vincolato al contratto avente ad oggetto il servizio accessorio qualora eserciti il diritto di recesso riguardo al contratto di credito a norma del presente articolo.

    (...)».

    13

    L’articolo 22 di tale direttiva, intitolato «Armonizzazione e obbligatorietà della direttiva», al paragrafo 1, prevede quanto segue:

    «Nella misura in cui la presente direttiva contiene disposizioni armonizzate, gli Stati membri non possono mantenere né introdurre nel proprio ordinamento disposizioni diverse da quelle in essa stabilite».

    Direttiva 2011/83

    14

    I considerando da 20 a 22, 37 e 49 della direttiva 2011/83 sono formulati come segue:

    «(20)

    La definizione di contratto a distanza dovrebbe coprire tutti i casi in cui è concluso un contratto tra consumatore e professionista nel quadro di un regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza, mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza (ordine mediante posta, Internet, telefono o fax), fino al momento della conclusione del contratto incluso. Tale definizione dovrebbe anche includere le situazioni in cui il consumatore si limita a visitare i locali commerciali per raccogliere informazioni sui beni o i servizi e successivamente negozia e conclude il contratto a distanza. D’altro canto, un contratto negoziato nei locali del professionista e concluso definitivamente mediante comunicazione a distanza non dovrebbe essere considerato un contratto a distanza, così come non dovrebbe essere considerato un contratto a distanza il contratto avviato mediante comunicazione a distanza ma concluso definitivamente nei locali del professionista. (…) Il concetto di regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza dovrebbe comprendere quei regimi offerti da un terzo diverso dal professionista ma utilizzati da quest’ultimo, come una piattaforma online. Dovrebbero tuttavia rimanere esclusi i casi in cui i siti web offrono informazioni solo sul professionista, sui beni e/o servizi che presta e sui suoi dati di contatto.

    (21)

    Un contratto negoziato fuori dei locali commerciali dovrebbe essere definito come un contratto concluso alla presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, in un luogo diverso dai locali del professionista, ad esempio al domicilio o sul posto di lavoro del consumatore. Fuori dei locali commerciali il consumatore può essere sottoposto a una potenziale pressione psicologica o può trovarsi di fronte a un elemento di sorpresa, indipendentemente dal fatto che [abbia] richiesto o meno la visita del professionista. La definizione di contratto negoziato fuori dei locali commerciali dovrebbe comprendere anche le situazioni in cui il consumatore è avvicinato personalmente e singolarmente fuori dei locali commerciali ma il contratto è concluso immediatamente dopo nei locali del professionista o mediante comunicazione a distanza. La definizione di contratto negoziato fuori dei locali commerciali non comprende le situazioni in cui i professionisti si recano inizialmente al domicilio del consumatore con l’unico scopo di fare delle misurazioni o di fornire una stima senza alcun impegno da parte del consumatore e in cui il contratto è successivamente concluso in un secondo momento nei locali commerciali del professionista o tramite mezzi di comunicazione a distanza sulla base della stima del professionista. In detti casi, il contratto non è concluso immediatamente dopo che il consumatore è stato avvicinato dal professionista se il consumatore ha avuto tempo di riflettere sulla stima fornita dal professionista prima della conclusione del contratto. Gli acquisti effettuati durante un’escursione organizzata dal professionista durante la quale è effettuata la promozione e la vendita dei prodotti acquistati dovrebbero essere considerati contratti negoziati fuori dei locali commerciali.

    (22)

    I locali commerciali dovrebbero includere qualsiasi forma di locale (ad esempio negozi, chioschi o camion) che serva da luogo permanente o abituale di commercio per il professionista. (…) I locali commerciali di una persona che agisce in nome o per conto del professionista quale definito nella presente direttiva, dovrebbero essere considerati locali commerciali ai sensi della presente direttiva.

    (...)

    (37)

    (…) Per quanto riguarda i contratti negoziati fuori dei locali commerciali, il consumatore dovrebbe disporre del diritto di recesso in virtù del potenziale elemento di sorpresa e/o di pressione psicologica. (...)

    (...)

    (49)

    È opportuno prevedere alcune eccezioni al diritto di recesso, sia per i contratti a distanza sia per quelli negoziati fuori dei locali commerciali. (…) Il diritto di recesso non dovrebbe applicarsi [...] ai beni prodotti secondo le indicazioni del consumatore (…). La concessione di un diritto di recesso al consumatore potrebbe essere inappropriata anche nel caso di taluni servizi per i quali la conclusione del contratto implica l’accantonamento di disponibilità che il professionista potrebbe avere difficoltà a recuperare, se fosse esercitato il diritto di recesso. Sarebbe il caso, ad esempio, delle prenotazioni alberghiere o relative a case di vacanza, o a eventi culturali o sportivi».

    15

    L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», così prevede:

    «Ai fini della presente direttiva si intende per:

    (...)

    2)

    “professionista”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto pubblico o privato, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale nei contratti oggetto della presente direttiva, anche tramite qualsiasi altra persona che agisca in suo nome o per suo conto;

    (...)

    5)

    “contratto di vendita”: qualsiasi contratto in base al quale il professionista trasferisce o si impegna a trasferire la proprietà di beni al consumatore e il consumatore ne paga o si impegna a pagarne il prezzo, inclusi i contratti che hanno come oggetto sia beni che servizi;

    6)

    “contratto di servizi”: qualsiasi contratto diverso da un contratto di vendita in base al quale il professionista fornisce o si impegna a fornire un servizio al consumatore e il consumatore paga o si impegna a pagarne il prezzo;

    7)

    “contratto a distanza”: qualsiasi contratto concluso tra il professionista e il consumatore nel quadro di un regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso;

    8)

    “contratto negoziato fuori dei locali commerciali”: qualsiasi contratto tra il professionista e il consumatore:

    a)

    concluso alla presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, in un luogo diverso dai locali del professionista;

    b)

    per cui è stata fatta un’offerta da parte del consumatore, nelle stesse circostanze di cui alla lettera a);

    c)

    concluso nei locali del professionista o mediante qualsiasi mezzo di comunicazione a distanza immediatamente dopo che il consumatore è stato avvicinato personalmente e singolarmente in un luogo diverso dai locali del professionista, alla presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore; oppure

    d)

    concluso durante un viaggio promozionale organizzato dal professionista e avente lo scopo o l’effetto di promuovere e vendere beni o servizi al consumatore;

    9)

    “locali commerciali”:

    a)

    qualsiasi locale immobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la sua attività su base permanente; oppure

    b)

    qualsiasi locale mobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la propria attività a carattere abituale;

    (...)

    12)

    “servizio finanziario”: qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, assicurativa, servizi pensionistici individuali, di investimento o di pagamento;

    (...)».

    16

    L’articolo 3 della direttiva menzionata, intitolato «Ambito di applicazione», prevede quanto segue:

    «1.   La presente direttiva si applica, alle condizioni e nella misura stabilita nelle sue disposizioni, a qualsiasi contratto concluso tra un professionista e un consumatore. Si applica altresì ai contratti per la fornitura di acqua, gas, elettricità o teleriscaldamento, anche da parte di prestatori pubblici, nella misura in cui detti prodotti di base sono forniti su base contrattuale.

    (...)

    3.   La presente direttiva non si applica ai contratti:

    (...)

    d) di servizi finanziari;

    (...)».

    17

    L’articolo 6 della stessa direttiva, intitolato «Obblighi di informazione per i contratti a distanza e per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali» stabilisce, al paragrafo 1:

    «1.   Prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali o da una corrispondente offerta, il professionista fornisce al consumatore le informazioni seguenti, in maniera chiara e comprensibile:

    a)

    le caratteristiche principali dei beni o servizi, nella misura adeguata al supporto e ai beni o servizi;

    (...)

    e)

    il prezzo totale dei beni o dei servizi comprensivo delle imposte o, se la natura dei beni o servizi comporta l’impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le modalità di calcolo del prezzo (...);

    (...)

    g)

    le modalità di pagamento, consegna ed esecuzione, la data entro la quale il professionista si impegna a consegnare i beni o a prestare i servizi e, se del caso, il trattamento dei reclami da parte del professionista;

    (...)

    o)

    la durata del contratto, se applicabile, o, se il contratto è a tempo indeterminato o è un contratto a rinnovo automatico, le condizioni per recedere dal contratto;

    (...)».

    18

    L’articolo 9 della direttiva 2011/83, rubricato «Diritto di recesso», prevede quanto segue:

    «1.   Fatte salve le eccezioni di cui all’articolo 16, il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali senza dover fornire alcuna motivazione e senza dover sostenere costi diversi da quelli previsti all’articolo 13, paragrafo 2, e all’articolo 14.

    2.   Fatto salvo l’articolo 10, il periodo di recesso di cui al paragrafo 1 del presente articolo scade dopo quattordici giorni a partire:

    a)

    nel caso dei contratti di servizi, dal giorno della conclusione del contratto;

    (...)».

    19

    Ai sensi dell’articolo 16 di tale direttiva, intitolato «Eccezioni al diritto di recesso»:

    «Gli Stati membri non prevedono il diritto di recesso di cui agli articoli da 9 a 15 per i contratti a distanza e i contratti negoziati fuori dei locali commerciali relativamente a:

    (...)

    c)

    la fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati;

    (...)

    l)

    la fornitura di alloggi per fini non residenziali, il trasporto di beni, i servizi di noleggio di autovetture, i servizi di catering o i servizi riguardanti le attività del tempo libero qualora il contratto preveda una data o un periodo di esecuzione specifici;

    (...)».

    Diritto tedesco

    Legge fondamentale

    20

    L’articolo 25 del Grundgesetz für die Bundesrepublik Deutschland (Legge fondamentale della Repubblica federale di Germania) (in prosieguo: la «Legge fondamentale») è così formulato:

    «Le regole generali del diritto internazionale sono parte integrante del diritto federale. Esse sono superiori alle leggi e creano direttamente diritti e obblighi per gli abitanti del territorio federale».

    Codice civile

    21

    L’articolo 242 del Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile) (in prosieguo: il «BGB»), intitolato «Prestazione in buona fede», così dispone:

    «Il debitore è tenuto a eseguire la prestazione secondo la buona fede, tenendo conto degli usi commerciali».

    22

    L’articolo 247 del BGB, intitolato «Aliquota dell’interesse di base», prevede quanto segue:

    «(1)   Il tasso d’interesse di base è pari al 3,62%. Il 1o gennaio e il 1o luglio di ogni anno, il tasso medesimo viene modificato in misura della percentuale in cui il valore di riferimento è aumentato o diminuito rispetto all’ultima modifica da esso registrata. Il valore di riferimento corrisponde al tasso d’interesse fissato dalla Banca centrale europea per la più recente operazione di rifinanziamento principale effettuata prima del primo giorno di calendario del semestre in questione.

    (2)   La Deutsche Bundesbank [Banca federale tedesca] pubblica il tasso d’interesse di base in vigore nel Bundesanzeiger [Gazzetta ufficiale tedesca] immediatamente a seguito delle date indicate nel paragrafo 1, seconda frase».

    23

    L’articolo 273, paragrafo 1, del BGB, intitolato «Diritto di ritenzione», prevede quanto segue:

    «Se il debitore ha un credito esigibile nei confronti del creditore in virtù dello stesso rapporto giuridico su cui si basa l’obbligazione, può, a meno che il rapporto obbligatorio non preveda diversamente, rifiutare la prestazione dovuta a quest’ultimo fino a quando la prestazione a lui dovuta non sia stata eseguita (diritto di ritenzione)».

    24

    Ai sensi dell’articolo 274 del BGB, intitolato «Effetti del diritto di ritenzione»:

    «(1)   Per quanto riguarda l’azione del creditore, l’unico effetto dell’esercizio del diritto di ritenzione è che al debitore deve essere ingiunto di adempiere in cambio del ricevimento della prestazione a lui dovuta (adempimento simultaneo).

    (2)   Sulla base di tale ingiunzione, il creditore può chiedere l’esecuzione forzata del suo credito, senza che la prestazione per la quale è responsabile sia eseguita, se il debitore è in ritardo nell’accettazione».

    25

    L’articolo 288 del BGB, intitolato «Interessi di mora e altro risarcimento», al paragrafo 1 è così formulato:

    «Ogni debito pecuniario produce interessi durante il ritardo. Il tasso di interesse di mora ammonta a cinque punti percentuali all’anno oltre l’interesse di base».

    26

    L’articolo 293 del BGB, intitolato «Ritardo di ricevimento», prevede quanto segue:

    «Il creditore è inadempiente se non accetta la prestazione offertagli».

    27

    L’articolo 294 del BGB, intitolato «Offerta reale», così dispone:

    «La prestazione deve essere offerta effettivamente al creditore nel modo in cui deve essere eseguita».

    28

    Ai sensi dell’articolo 295 del BGB, intitolato «Offerta verbale»:

    «Un’offerta verbale del debitore è sufficiente quando il creditore gli ha dichiarato che non accetterà l’esecuzione della prestazione, o quando è necessaria un’azione del creditore per l’esecuzione della prestazione, in particolare quando spetta al medesimo ritirare la cosa. Un’offerta di adempimento equivale a una richiesta al creditore di compiere l’atto necessario».

    29

    L’articolo 312b del BGB, intitolato «Contratto negoziato fuori dei locali commerciali», è così formulato:

    «(1)   Sono contratti negoziati fuori dei locali commerciali quelli:

    1.

    conclusi alla presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, in un luogo diverso dai locali del professionista;

    2.

    per cui è stata fatta un’offerta da parte del consumatore, nelle stesse circostanze di cui al punto 1;

    3.

    conclusi nei locali del professionista o mediante qualsiasi mezzo di comunicazione a distanza, ma per i quali il consumatore è stato, immediatamente prima, avvicinato personalmente e singolarmente al di fuori dei locali del professionista, alla presenza fisica e simultanea del consumatore e del professionista; oppure

    4.

    conclusi durante un viaggio promozionale organizzato dal professionista o con il suo intervento e avente lo scopo di promuovere e vendere beni o servizi al consumatore e ciò al fine di concludere con esso i relativi contratti.

    Sono equiparate al professionista le persone che agiscono in suo nome o per suo conto.

    (2)   Si intende per locali commerciali ai sensi del paragrafo 1 qualsiasi locale immobile in cui il professionista esercita la sua attività su base permanente e qualsiasi locale mobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la propria attività a carattere abituale. Locali commerciali in cui la persona che agisce in nome o per conto del professionista esercita la propria attività su base permanente o a carattere abituale sono equiparati ai locali del professionista».

    30

    L’articolo 312c del BGB, intitolato «Contratti a distanza», stabilisce che:

    «(1)   I “contratti a distanza” sono contratti in cui il professionista o una persona che agisce in suo nome o per suo conto e il consumatore utilizzano per le trattative commerciali e la conclusione del contratto esclusivamente mezzi di comunicazione a distanza, salvo i casi in cui la conclusione del contratto non avviene nel quadro di un sistema organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza.

    (2)   I mezzi di comunicazione a distanza ai sensi della presente legge sono mezzi di comunicazione utilizzabili per avviare trattative o concludere un contratto senza la contemporanea presenza fisica delle parti contraenti, quali lettere, cataloghi, telefonate, fax, posta elettronica, messaggi inviati attraverso il servizio di telefonia mobile (SMS) nonché la radio e i media televisivi».

    31

    L’articolo 312g del BGB, intitolato «Diritto di recesso», dispone quanto segue:

    «(1)   Nel caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali e di contratti a distanza, al consumatore è attribuito un diritto di recesso ai sensi dell’articolo 355.

    (2)   Salvo che le parti abbiano concordato altrimenti, il diritto di recesso non si applica ai seguenti contratti:

    1.

    contratti per la fornitura di beni non prefabbricati, prodotti in base a una scelta o decisione individuale del consumatore o chiaramente personalizzati in base alle esigenze personali del consumatore;

    (...)

    9.

    contratti per la fornitura di servizi di alloggio per scopi diversi da quelli residenziali, trasporto di merci, noleggio di veicoli a motore o servizi di catering, e per la fornitura di altri servizi riguardanti le attività del tempo libero, qualora il contratto preveda una data o un periodo di esecuzione specifici;

    (...)».

    32

    L’articolo 322 del BGB, intitolato «Condanna all’esecuzione simultanea», al paragrafo 2 è così formulato:

    «Se la parte che propone l’azione deve prima eseguire la sua prestazione, essa può, se la controparte è in mora nell’accettazione, chiederne la condanna alla prestazione una volta ricevuta la controprestazione».

    33

    L’articolo 355 del BGB, intitolato «Diritto di recesso nei contratti stipulati con i consumatori», così recita:

    «(1)   Nel caso in cui la legge riconosca al consumatore un diritto di recesso ai sensi della presente disposizione, il consumatore e il professionista cessano di essere vincolati alle proprie dichiarazioni di volontà dirette alla conclusione del contratto qualora il consumatore eserciti il diritto di recesso entro il termine previsto. (...)

    (2)   Il diritto di recesso può essere esercitato entro un termine di 14 giorni. Salvo disposizioni contrarie, tale termine decorre dal momento della conclusione del contratto.

    (...)».

    34

    L’articolo 356b del BGB, intitolato «Diritto di recesso nei contratti di credito al consumo», così dispone al paragrafo 2:

    «Laddove, nel caso di un contratto generale di credito al consumatore, il documento fornito al mutuatario ai sensi del paragrafo 1 non contenga le informazioni obbligatorie previste dall’articolo 492, paragrafo 2, il termine non inizierà a decorrere finché il vizio non sarà sanato ai sensi dell’articolo 492, paragrafo 6. (...)».

    35

    L’articolo 357 del BGB, intitolato «Effetti giuridici del recesso da contratti negoziati fuori dei locali commerciali e dai contratti a distanza, diversi dai contratti di servizi finanziari», al paragrafo 1 così dispone:

    «(1)   Le prestazioni ricevute devono essere restituite entro 14 giorni.

    (...)

    (4)   Nel caso di beni di consumo, il professionista può rifiutarsi di effettuare il rimborso finché non abbia recuperato i beni o finché il consumatore non abbia fornito la prova di averli spediti. Tale disposizione non si applica nel caso in cui il professionista abbia offerto di ritirare egli stesso i beni».

    36

    L’articolo 357 del BGB, nella versione in vigore il 31 gennaio 2012, applicabile alla situazione di BQ nella causa C‑232/21, recitava come segue:

    «(1)   Salvo ove diversamente stabilito, ai diritti di recesso e di restituzione si applica per analogia la disposizione sul diritto legale di risoluzione.

    (...)».

    37

    L’articolo 357a, paragrafo 1, del BGB, intitolato «Effetti giuridici del recesso da contratti relativi a servizi finanziari», prevede quanto segue:

    «(1)   Le prestazioni ricevute devono essere restituite entro 30 giorni.

    (...)

    (3)   Quando un mutuatario recede da un contratto di credito al consumo, deve pagare gli interessi pattuiti per il periodo compreso tra l’erogazione e il rimborso del prestito (...)».

    38

    L’articolo 358 del BGB, intitolato «Contratto collegato al contratto per il quale è stato esercitato il diritto di recesso», così dispone:

    «(...)

    (2)   Il consumatore, qualora abbia validamente revocato la propria dichiarazione di volontà diretta alla conclusione del contratto di credito al consumo sulla base dell’articolo 495, paragrafo 1, o 514, paragrafo 2, prima frase, cessa altresì di essere vincolato alla propria dichiarazione di volontà diretta alla conclusione di un contratto per la fornitura di beni o la prestazione di altri servizi collegato al contratto di credito al consumo di cui trattasi.

    (3)   Un contratto per la fornitura di beni o la prestazione di altri servizi e un contratto di credito ai sensi dei paragrafi 1 e 2 sono collegati laddove il credito sia volto a finanziare in tutto o in parte l’altro contratto e i due contratti costituiscano un’unica operazione economica. Si ritiene che esista un’unica operazione economica, in particolare, qualora il professionista stesso finanzi la controprestazione del consumatore oppure, nel caso in cui il credito sia finanziato da un terzo, qualora il creditore ricorra a un professionista ai fini della predisposizione o della conclusione del contratto di credito (…).

    (4)   L’articolo 355, paragrafo 3 e, a seconda della tipologia di contratto collegato, gli articoli da 357 a 357b, si applicano, mutatis mutandis, alla risoluzione del contratto collegato, indipendentemente dal metodo di commercializzazione. (...) Il creditore assume, nei rapporti con il consumatore, i diritti e gli obblighi del professionista derivanti dal contratto collegato relativi agli effetti giuridici del recesso qualora, al momento in cui il recesso prende effetto, la somma mutuata sia già stata versata al professionista.

    (...)».

    39

    L’articolo 358 del BGB, nella versione in vigore al 31 gennaio 2012, applicabile alla situazione di BQ nella causa C‑232/21, recitava come segue:

    «(...)

    (2)   Il consumatore, qualora abbia validamente revocato la propria dichiarazione di volontà diretta alla conclusione del contratto di credito al consumo sulla base dell’articolo 495, paragrafo 1, cessa altresì di essere vincolato alla propria dichiarazione di volontà diretta alla conclusione di un contratto per la fornitura di merci o la prestazione di altri servizi collegati al contratto di credito al consumo di cui trattasi.

    (3)   Un contratto per la fornitura di beni o la prestazione di altri servizi e un contratto di credito ai sensi dei paragrafi 1 e 2 sono collegati laddove il credito sia volto a finanziare in tutto o in parte l’altro contratto e i due contratti costituiscano un’unica operazione economica. Si ritiene che esista un’unica operazione economica, in particolare, qualora il professionista stesso finanzi la controprestazione del consumatore oppure, nel caso in cui il credito sia finanziato da un terzo, qualora il creditore ricorra a un professionista ai fini della predisposizione o della conclusione del contratto di credito. (...)

    (4)   L’articolo 357 si applica mutatis mutandis al contratto in questione. (...) Il creditore assume, nei rapporti con il consumatore, i diritti e gli obblighi del professionista derivanti dal contratto collegato relativi agli effetti giuridici del recesso o della restituzione qualora, al momento in cui il recesso prende effetto, la somma mutuata sia già stata versata al professionista».

    40

    L’articolo 492 del BGB, rubricato «Forma scritta, contenuto del contratto», dispone quanto segue:

    «(...)

    (2)   Il contratto deve contenere le informazioni prescritte dall’articolo 247, paragrafi da 6 a 13, dell’Einführungsgesetz zum Bürgerlichen Gesetzbuch [(disposizioni preliminari al codice civile tedesco) del 21 settembre 1994; (BGBl. 1994 I, pag. 2494, e rettifica BGBl. 1997 I, pag. 1061; in prosieguo: l’“EGBGB”)] per i contratti di credito conclusi con i consumatori.

    (...)

    (6)   Se il contratto non contiene le informazioni di cui al paragrafo 2, o se non le contiene integralmente, tali informazioni possono essere fornite successivamente su un supporto durevole dopo che il contratto è stato effettivamente stipulato o, nei casi di cui alla prima frase dell’articolo 494, paragrafo 2, dopo che il contratto ha preso effetto.

    (...)».

    41

    L’articolo 495 del BGB, intitolato «Diritto di recesso; diritti di riflessione», al paragrafo 1 così dispone:

    «Nel caso di un contratto di credito stipulato con un consumatore è riconosciuto al mutuatario il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 355».

    42

    L’articolo 495 del BGB, nella versione in vigore al 31 gennaio 2012, applicabile alla situazione di BQ nella causa C‑232/21, era così formulato:

    «(1)   Nel caso di un contratto di credito al consumo è riconosciuto al mutuatario il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 355.

    (...)

    (2)   Gli articoli da 355 a 359a si applicano a condizione che:

    1.

    le informazioni obbligatorie di cui all’articolo 247, paragrafo 6, comma 2, dell’EGBGB sostituiscano le informazioni sul recesso,

    2.

    il periodo di recesso, inoltre, non inizi a decorrere

    a)

    prima della conclusione del contratto

    b)

    prima che il mutuatario abbia ricevuto le indicazioni obbligatorie di cui all’articolo 492, paragrafo 2 (…)».

    43

    L’articolo 506 del BGB, intitolato «Dilazione di pagamento, altra agevolazione finanziaria», prevede, al paragrafo 1, che «[l]e disposizioni degli articoli da 358 a 360 e da 491a a 502 nonché da 505a a 505e che disciplinano i contratti generali di credito al consumo si applicano per analogia, ad eccezione dell’articolo 492, paragrafo 4, e fatti salvi i paragrafi 3 e 4, ai contratti con i quali un professionista concede a titolo oneroso ad un consumatore una dilazione di pagamento o un’altra agevolazione finanziaria (…)».

    Disposizioni preliminari al codice civile

    44

    L’articolo 247 dell’EGBGB, rubricato «Obblighi d’informazione concernenti contratti di mutuo ai consumatori, agevolazioni finanziarie a titolo oneroso e contratti di intermediazione del credito», recita quanto segue:

    «(...)

    § 3 Contenuto delle informazioni precontrattuali in caso di contratti di credito al consumo generali

    (1) Le informazioni fornite anteriormente alla conclusione del contratto includono:

    (...)

    5. il tasso debitore,

    (...)

    11. il tasso d’interesse di mora e le modalità del suo eventuale adeguamento nonché, se applicabili, le penali per inadempimento;

    (...)

    § 6 Contenuto del contratto

    (1) Nel contratto di credito al consumo devono figurare, in termini chiari e comprensibili, le seguenti informazioni:

    1.

    le informazioni di cui al paragrafo 3, primo comma, punti da 1 a 14, e paragrafo 4;

    (...)

    (2) Qualora esista un diritto di recesso ai sensi dell’articolo 495 del BGB, il contratto deve contenere informazioni sul termine e sulle altre condizioni per dichiarare il recesso, nonché un riferimento all’obbligo del mutuatario di rimborsare un prestito già erogato e di pagare gli interessi. Il contratto deve indicare l’importo giornaliero degli interessi da corrispondere. Se il contratto di credito al consumo contiene una clausola evidenziata e presentata chiaramente che corrisponde al modello di cui all’allegato 7 per i crediti al consumo generali e all’allegato 8 per i crediti al consumo immobiliari, si ritiene che tale clausola soddisfi i requisiti della prima e della seconda frase. (...) Il creditore può discostarsi dal modello in termini di formato e di dimensioni dei caratteri, tenendo conto della frase 3.

    § 7 Altre informazioni contenute nel contratto

    (1) Nel contratto di credito al consumo devono figurare, in termini chiari e comprensibili, le seguenti informazioni, laddove siano pertinenti al contratto:

    (...)

    3.

    Le modalità di calcolo dell’indennizzo dovuto in caso di rimborso anticipato, laddove il mutuante intenda avvalersi di tale diritto in caso di rimborso anticipato del prestito da parte del mutuatario;

    4.

    l’accesso del mutuatario a procedure di reclamo e di ricorso extragiudiziali e, se del caso, le condizioni di tale accesso.

    (...)

    § 12 Contratti collegati e agevolazioni finanziarie a titolo oneroso

    (1) I paragrafi da 1 a 11 si applicano, mutatis mutandis, ai contratti di agevolazione finanziaria a titolo oneroso di cui all’articolo 506, paragrafo 1, del BGB. Nel caso di tali contratti, nonché dei contratti di credito al consumo collegati a un altro contratto ai sensi dell’articolo 358 del BGB o in cui sono specificati beni o servizi ai sensi della seconda frase dell’articolo 360, paragrafo 2, del BGB:

    1.

    le informazioni precontrattuali devono contenere, anche nel caso di cui al paragrafo 5, l’oggetto e il prezzo in contanti;

    2.

    il contratto deve contenere

    a)

    l’oggetto e il prezzo in contanti

    b)

    informazioni sui diritti derivanti dagli articoli 358 e 359 o dall’articolo 360 del BGB e sulle condizioni di esercizio di tali diritti.

    Qualora il contratto di credito al consumo contenga una clausola contrattuale in forma evidenziata e chiara, corrispondente al modello di cui all’allegato 7 per i contratti generali di credito al consumo e all’allegato 8 per i crediti al consumo immobiliari, in caso di contratti collegati e di operazioni ai sensi dell’articolo 360, paragrafo 2, seconda frase, del BGB, essa deve soddisfare i requisiti di cui al numero 2, lettera b), della seconda frase.

    (...)».

    Codice di procedura civile

    45

    L’articolo 348a della Zivilprozessordnung (codice di procedura civile) prevede quanto segue:

    «(1)   Se la competenza iniziale di un giudice monocratico ai sensi dell’articolo 348, paragrafo 1, è infondata, la Sezione civile trasferisce la causa, con ordinanza, a uno dei suoi membri per decisione, quando

    1.

    la causa non presenta particolari complessità in punto di fatto o di diritto;

    2.

    la causa non è importante in linea di principio e

    3.

    il merito della causa non era ancora stato esaminato davanti alla Sezione nell’udienza principale, a meno che nel frattempo non fosse stata emessa una sentenza riservata, una sentenza parziale o una sentenza interlocutoria.

    (2)   Il giudice monocratico rimette la causa alla Sezione civile per decisione, qualora

    1.

    da un cambiamento sostanziale della situazione procedurale o sostanziale risultino particolari difficoltà in punto di fatto o di diritto o la causa si riveli sostanzialmente importante.

    2.

    le parti ne facciano richiesta congiunta.

    La Sezione riassume la causa quando sono soddisfatte le condizioni previste nella prima frase, punto 1. La Sezione delibera con ordinanza, dopo aver sentito le parti. È esclusa una nuova rimessione al giudice monocratico.

    (3)   Un ricorso non può essere fondato su un trasferimento, un rinvio o un’assunzione avvenuti o omessi».

    Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

    La causa C‑38/21

    46

    Un dipendente di un concessionario della marca automobilistica BMW, intervenendo in qualità di intermediario del credito per la BMW Bank, ha proposto a VK, ricorrente nel procedimento principale, nei locali del concessionario in cui quest’ultimo si era recato, un autoveicolo in leasing. Tale dipendente ha proceduto al calcolo dei diversi elementi del leasing e ha discusso con VK sulla durata del leasing nonché sull’importo del pagamento iniziale e delle rate mensili che avrebbero dovuto essere versate in caso di conclusione del contratto di leasing. Il dipendente era autorizzato a fornire informazioni sul contratto previsto, di cui conosceva le caratteristiche, e a rispondere alle domande dei potenziali clienti. Per contro, egli non era abilitato a concludere un contratto di leasing tra la BMW Bank e i consumatori che gli si rivolgevano. VK ha presentato a tale concessionario una domanda scritta di stipula di un contratto di leasing con la BMW Bank riguardante un autoveicolo destinato ad uso privato. Tale richiesta è stata successivamente trasmessa a detta banca, la quale l’ha esaminata per poi accettarla.

    47

    Il 10 novembre 2018 VK, mediante un mezzo di comunicazione a distanza, ha concluso un contratto di leasing con la BMW Bank riguardante un autoveicolo destinato ad un uso privato.

    48

    Dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che la BMW Bank ha acquistato il veicolo con le specifiche fornite da VK e che essa è rimasta proprietaria del veicolo per tutta la durata del contratto.

    49

    Il contratto di leasing si basava sulla concessione da parte della BMW Bank di un prestito soggetto ad un interesse passivo contrattuale del 3,49% annuo per l’intera durata del contratto di leasing, con un tasso annuo effettivo globale pari al 3,55%. In considerazione del fatto che il contratto è stato stipulato per un periodo di 24 mesi senza che VK fosse tenuto ad acquistare il veicolo al termine di tale periodo, è stato stabilito che VK dovesse pagare in totale solo la somma di EUR 12468,80, corrispondente a un pagamento iniziale di EUR 4760 che doveva essere versato all’inizio del periodo di leasing, al più tardi al momento della consegna del veicolo, e a 24 rate mensili di EUR 321,95. Inoltre, è stato concordato che VK doveva rispettare un limite di chilometraggio annuo di 10000 chilometri e che, al momento della restituzione del veicolo, avrebbe dovuto pagare la somma di 7,37 centesimi per ogni chilometro supplementare percorso, mentre gli sarebbe stata rimborsata la somma di 4,92 centesimi per ogni chilometro non percorso. Peraltro, VK era tenuto a compensare la perdita di valore del veicolo qualora si fosse constatato, al momento della restituzione di quest’ultimo, che il suo stato non corrispondeva né alla sua età né al chilometraggio convenuto. Infine, detto contratto prevedeva che incombeva a VK stipulare una polizza assicurativa per tale veicolo, far valere nei confronti dei terzi i diritti in materia di garanzia dai difetti e sopportare il rischio di perdita, di danno e di altre svalutazioni.

    50

    VK ha versato l’acconto e ha preso possesso del veicolo prima di versare le rate mensili previste dal contratto di leasing a partire dal gennaio 2019.

    51

    Con lettera del 25 giugno 2020, VK ha dichiarato di voler recedere dal contratto di leasing conformemente alle disposizioni del diritto tedesco.

    52

    Dinanzi al Landgericht Ravensburg (Tribunale del Land, Ravensburg, Germania), giudice del rinvio, VK ritiene che, a quest’ultima data, il periodo di recesso di quattordici giorni previsto da tale diritto non avesse ancora iniziato a decorrere, eccependo in particolare, a tal riguardo, l’insufficienza e l’illeggibilità delle informazioni obbligatorie che dovevano essergli fornite in forza di detto diritto. Inoltre, VK ritiene che il contratto di leasing debba essere qualificato come contratto a distanza e/o come contratto negoziato fuori dei locali commerciali, cosicché egli deve godere in ogni caso del diritto di recesso previsto per questo tipo di contratti nel diritto tedesco. VK osserva al riguardo che non ha avuto la possibilità di chiedere chiarimenti né di ottenere le informazioni obbligatorie da parte della BMW Bank, dal momento che nessun dipendente o rappresentante di quest’ultima era presente nella fase preparatoria della stipula del contratto, che si è svolta nei locali del concessionario automobilistico.

    53

    Dal canto suo, la BMW Bank contesta l’esistenza di un diritto di recesso in particolare in quanto le norme sul recesso relative ai contratti di credito al consumo non si applicano ai contratti di leasing come quello di cui trattasi nel procedimento principale. Inoltre, essa avrebbe debitamente comunicato a VK, nel contratto di leasing che la legava a quest’ultimo, tutte le informazioni obbligatorie previste dal diritto tedesco. In particolare, l’informazione relativa al diritto di recesso riprenderebbe esattamente il modello regolamentare contenente le informazioni riguardanti il diritto di recesso (in prosieguo: il «modello previsto dalla legge»), cosicché si dovrebbe presumere che detta informazione, conformemente a tale diritto, sia esatta. Inoltre, la BMW Bank ritiene che il contratto non possa essere qualificato come contratto a distanza, in quanto VK ha avuto un contatto personale con un intermediario del credito che è stato in grado di informarla sul servizio offerto. Non si tratterebbe neppure di un contratto negoziato fuori dei locali commerciali, in quanto si deve ritenere che l’intermediario del credito agisca in nome o per conto del professionista.

    54

    Il giudice del rinvio osserva, in primo luogo, che fino a tempi recenti la giurisprudenza tedesca muoveva dal principio che, per quanto riguarda contratti di leasing come quello di cui trattasi nel procedimento principale, esisteva un diritto di recesso in applicazione, per analogia, delle disposizioni nazionali relative ai contratti con i quali un professionista concede a titolo oneroso ad un consumatore una dilazione di pagamento o un’altra agevolazione finanziaria.

    55

    Tuttavia, con sentenza del 24 febbraio 2021, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) avrebbe considerato che una siffatta analogia non poteva essere accolta, a causa della volontà del legislatore tedesco di non estendere il diritto di recesso esistente relativamente alle agevolazioni finanziarie ai contratti di leasing come quello di cui trattasi nel procedimento principale. Secondo tale giudice, un siffatto approccio sarebbe corroborato dal diritto dell’Unione, poiché, in forza del suo articolo 2, paragrafo 2, lettera d), la direttiva 2008/48 non si applicherebbe ai contratti di locazione o di leasing che non prevedono che il locatario o l’utilizzatore acquisti l’oggetto del contratto, né nel contratto stesso né in un contratto separato.

    56

    Il giudice del rinvio si chiede tuttavia se un contratto di leasing relativo ad un autoveicolo, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48 o, eventualmente, in quello delle direttive 2011/83 e 2002/65, domandando in particolare alla Corte, a quest’ultimo proposito, se un siffatto contratto possa essere qualificato come contratto avente ad oggetto «servizi finanziari» ai sensi di una di queste due ultime direttive.

    57

    In secondo luogo, nell’ipotesi in cui un siffatto contratto di leasing rientrasse nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48, il giudice del rinvio si interroga, in primo luogo, sulla compatibilità con tale direttiva di una normativa nazionale che stabilisce una presunzione legale secondo cui il professionista rispetta il suo obbligo di informare il consumatore del suo diritto di recesso quando rinvia, nel contratto, a disposizioni nazionali che rinviano a loro volta a un modello previsto dalla legge. Inoltre, esso chiede se, in caso di risposta negativa a tale questione, siffatta normativa debba essere disapplicata.

    58

    In secondo luogo, nell’ipotesi in cui una siffatta normativa non dovesse essere disapplicata, il giudice del rinvio si interroga sulle informazioni che il professionista è tenuto a inserire nei contratti di credito in forza dell’articolo 10, paragrafo 2, lettere p), l) e t), della direttiva 2008/48, nonché sul momento in cui inizia a decorrere il periodo di recesso in caso di indicazione inesatta di tali informazioni obbligatorie.

    59

    Per quanto riguarda l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) riterrebbe che, quando un contratto di leasing come quello di cui trattasi nel procedimento principale prevede che, in caso di rimborso anticipato del credito a seguito dell’esercizio del diritto di recesso, debba essere versato un interesse giornaliero di EUR 0,00 per il periodo compreso tra la consegna del veicolo e la sua restituzione, il consumatore sarebbe sufficientemente informato del fatto che il creditore rinuncia al suo diritto agli interessi giornalieri per tale periodo. Il giudice del rinvio ritiene, dal canto suo, che, poiché il contratto di leasing menziona anche un tasso d’interesse passivo annuo del 3,49%, la formulazione così adottata potrebbe risultare contraria al requisito di chiarezza e di concisione previsto da tale disposizione, tanto più che l’articolo 14, paragrafo 3, lettera b), di tale direttiva prevede che gli interessi siano calcolati sulla base del tasso debitore pattuito tra le parti.

    60

    Per quanto riguarda l’articolo 10, paragrafo 2, lettera l), della direttiva 2008/48, sarebbe sufficiente, secondo il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), che una clausola come quella utilizzata nel contratto di leasing di cui trattasi nel procedimento principale indichi che il tasso di interesse applicabile in caso di mora di pagamento è fissato in funzione di una determinata percentuale rispetto ad un tasso di interesse di riferimento menzionato in una disposizione di legge alla quale tale contratto rinvia. Il giudice del rinvio si chiede tuttavia se non occorra piuttosto indicare l’aliquota applicabile in valore assoluto, vale a dire sotto forma di percentuale concreta.

    61

    Inoltre, per quanto riguarda l’articolo 10, paragrafo 2, lettera t), della direttiva 2008/48, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) sarebbe del parere che non sia manifestamente necessario, nell’ambito di una clausola come quella contenuta nel contratto di leasing di cui trattasi nel procedimento principale, menzionare in tale contratto tutte le condizioni di ammissibilità di un eventuale reclamo del cliente, essendo sufficiente un rinvio al regolamento che disciplina il procedimento di mediazione. Il giudice del rinvio ritiene, dal canto suo, che occorra indicare nel contratto tutte le condizioni formali di accesso al procedimento di mediazione.

    62

    Peraltro, per quanto riguarda il periodo di recesso, occorrerebbe determinare se solo l’assenza di informazioni obbligatorie di un contratto di leasing come quello di cui trattasi nel procedimento principale impedisca a tale periodo di iniziare a decorrere oppure se anche la presenza di informazioni inesatte in tale contratto possa produrre un simile effetto.

    63

    In terzo luogo, il giudice del rinvio si interroga sulla possibilità di qualificare come abusivo l’esercizio del diritto di recesso previsto all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 o di assoggettarlo a decadenza.

    64

    Per quanto riguarda, da un lato, la questione della decadenza, il giudice del rinvio afferma che, a suo avviso, è dubbio che l’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore possa essere soggetto a decadenza, tanto più che non esisterebbe alcun fondamento giuridico in tal senso.

    65

    In particolare, dall’articolo 14, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2008/48 risulterebbe che il diritto di recesso non è limitato nel tempo qualora il consumatore non riceva le informazioni previste all’articolo 10 della direttiva 2008/48, dato che il professionista ha la possibilità di far decorrere il periodo di recesso in qualsiasi momento comunicando tali informazioni. Peraltro, il diritto di recesso riguarderebbe non solo la tutela individuale del consumatore, ma anche obiettivi più generali, quali la prevenzione del sovraindebitamento e il rafforzamento della stabilità dei mercati finanziari.

    66

    Per quanto riguarda, dall’altro lato, la questione dell’esercizio abusivo del diritto di recesso, il giudice del rinvio indica che, secondo la recente giurisprudenza del Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), per poter concludere nel senso di un siffatto esercizio abusivo occorrerebbe tener conto, nell’ambito di una valutazione globale, di talune circostanze, vale a dire, in particolare, che il consumatore poteva chiaramente constatare che l’informazione errata, non conforme al modello previsto dalla legge, era per lui irrilevante; che egli si è avvalso per la prima volta in sede di giudizio di cassazione del fatto che le informazioni sul diritto di recesso non erano conformi a detto modello o ancora che egli ha esercitato il suo diritto di recesso ritenendo di non essere tenuto a versare un’indennità di compensazione al professionista dopo aver utilizzato il veicolo conformemente alla sua destinazione d’uso.

    67

    Per, in sostanza, gli stessi motivi dedotti riguardo alla decadenza, il giudice del rinvio ritiene tuttavia che il diritto di recesso non possa essere limitato per il motivo che tale diritto sia stato esercitato abusivamente.

    68

    In terzo luogo, nell’ipotesi in cui un contratto di leasing relativo ad un autoveicolo, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, costituisse un contratto di servizi finanziari, ai sensi delle direttive 2002/65 e 2011/83, il giudice del rinvio si chiede, al fine di stabilire se VK possa disporre di un diritto di recesso, se, in primo luogo, un siffatto contratto debba essere qualificato come contratto negoziato fuori dei locali commerciali, ai sensi della direttiva 2011/83, in quanto è stato concluso nei locali commerciali di una persona che interviene solo nella fase preparatoria della stipula del contratto, nella fattispecie il concessionario automobilistico, senza che tale persona disponga di un potere di rappresentanza del creditore ai fini della conclusione di tale contratto.

    69

    A tal riguardo, il giudice del rinvio osserva che, sebbene la direttiva 2011/83 non sia certamente applicabile ai servizi finanziari in forza del suo articolo 3, paragrafo 3, lettera d), l’interpretazione dell’articolo 312b del BGB, che riguarda i contratti negoziati fuori dei locali commerciali, dipenderebbe tuttavia da quella di tale direttiva. Infatti, nei limiti in cui quest’ultima è stata trasposta al di là dell’ambito fissato dal diritto dell’Unione, sarebbe nell’interesse manifesto dell’Unione europea che essa sia oggetto di un’interpretazione uniforme. Si tratterebbe quindi di stabilire se il contributo di persone che intervengono semplicemente nella fase preparatoria della stipula del contratto in qualità di intermediari possa essere assimilato al fatto di agire in nome o per conto del professionista, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83 e, di conseguenza, dell’articolo 312b, paragrafo 1, seconda frase, del BGB.

    70

    In secondo luogo, supponendo che un contratto di leasing come quello oggetto del procedimento principale costituisca effettivamente un contratto negoziato fuori dei locali commerciali, il giudice del rinvio si chiede se l’eccezione al diritto di recesso di cui all’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83, relativa alla prestazione di servizi di noleggio di autovetture, sia applicabile a tale contratto. Essa fa riferimento in proposito ad una decisione di un giudice di grado superiore tedesco secondo la quale il noleggio di autovetture comprende solo il noleggio di autovetture di breve durata, e non i contratti di leasing di lunga durata.

    71

    In terzo luogo, il giudice del rinvio si chiede, sempre al fine di determinare l’esistenza di un diritto di recesso a favore di VK, se un contratto di leasing relativo ad un autoveicolo come quello di cui trattasi nel procedimento principale possa essere qualificato come contratto a distanza, ai sensi delle direttive 2002/65 e 2011/83, laddove il consumatore ha avuto contatti personali solo con una persona che interviene unicamente nella fase propedeutica alla stipula del contratto, nel caso di specie il concessionario automobilistico, senza che tale persona disponga di un potere di rappresentanza ai fini della conclusione di tale contratto e senza che essa sia peraltro autorizzata a concludere quest’ultimo.

    72

    A tal riguardo, il giudice del rinvio indica che le persone che semplicemente intervengono in una siffatta fase non dovrebbero poter essere considerate rappresentanti propedeutica del professionista che propone un siffatto contratto. Tuttavia, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) avrebbe dichiarato che non è soddisfatta la condizione del ricorso esclusivo a tecniche di comunicazione a distanza, necessaria perché vi sia una vendita a distanza ai sensi delle direttive 2002/65 e 2011/83, qualora il consumatore, nella fase propedeutica alla conclusione di un contratto, abbia un contatto personale con una persona che gli fornisce informazioni sul contratto per conto del professionista.

    73

    Ciò premesso, il Landgericht Ravensburg (Tribunale del Land, Ravensburg) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    In merito alla fictio legis di cui all’articolo 247, paragrafi 6, secondo comma, terza frase, e 12, primo comma, terza frase, dell’[EGBGB]:

    a)

    Se l’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, terza frase e paragrafo 12, primo comma, terza frase, dell’EGBGB, nella parte in cui prevedono che le clausole contrattuali in contrasto con le disposizioni dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva [2008/48] soddisfano i requisiti posti dall’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, prima e seconda frase, e paragrafo 12, primo comma, seconda frase, punto 2, lettera b), dell’EGBGB, sia incompatibile con l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), e con l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva [2008/48].

    In caso di risposta affermativa:

    b)

    Se dal diritto dell’Unione, in particolare dall’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), e dall’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 discenda l’inapplicabilità dell’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, terza frase e paragrafo 12, primo comma, terza frase, dell’EGBGB, nella parte in cui prevedono che le clausole contrattuali in contrasto con le disposizioni dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48 soddisfano i requisiti posti dall’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, prima e seconda frase, e paragrafo 12, primo comma, seconda frase, punto 2, lettera b), dell’EGBGB

    Nel caso di risposta negativa alla questione (…) 1) b):

    2)

    In merito alle informazioni obbligatorie di cui all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48:

    a)

    Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che l’importo giornaliero degli interessi da corrispondere che deve figurare nel contratto di credito risulti dal calcolo del tasso debitore pattuito e indicato nel contratto.

    b)

    Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera l), della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che debba essere indicato, espresso in valore numerico assoluto, il tasso d’interesse di mora applicabile al momento della conclusione del contratto di credito o, quantomeno, il tasso di riferimento applicabile (nel caso di specie, il tasso di base ai sensi dell’articolo 247 del BGB), in base al quale viene determinato, per effetto di una maggiorazione, il tasso d’interesse di mora applicabile (nel caso di specie, di 5 punti percentuali in forza dell’articolo 288, paragrafo 1, seconda frase, del BGB) e il consumatore debba essere informato del tasso di riferimento (tasso di base) e della sua variabilità.

    c)

    Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera t), della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che nel contratto di credito debbano essere indicati i requisiti di forma essenziali ai fini dell’accesso ad un meccanismo extragiudiziale di reclamo e di ricorso.

    Nel caso di risposta affermativa ad almeno una delle precedenti questioni sub (…) 2 da a) a c):

    d)

    Se l’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che il termine di recesso inizi a decorrere solo nel momento in cui le informazioni prescritte dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva medesima siano fornite in modo completo ed esatto.

    In caso di risposta negativa:

    e)

    Quali siano i criteri che determinano l’inizio del decorso del termine di recesso nonostante l’incompletezza e l’inesattezza delle informazioni.

    Nel caso di risposta affermativa alle precedenti questioni (…) 1) a) e/o ad almeno una delle questioni (…) 2 da a) a c):

    3)

    In merito alla decadenza dal diritto di recesso ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2008/48:

    a)

    Se il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2008/48 sia soggetto a decadenza.

    In caso affermativo:

    b)

    Se la decadenza consista in una limitazione temporale del diritto di recesso, necessariamente disciplinata da una legge del Parlamento.

    In caso di risposta negativa:

    c)

    Se l’eccezione di decadenza presupponga ratione personae che il consumatore fosse al corrente della persistenza del proprio diritto di recesso ovvero debba quantomeno rispondere per grave negligenza della propria ignoranza.

    In caso di risposta negativa:

    d)

    Se la possibilità per il creditore di fornire a posteriori al mutuatario le informazioni di cui all’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva 2008/48, consentendo in tal modo che il termine di recesso inizi a decorrere, osti all’applicazione in buona fede delle norme sulla decadenza.

    In caso di risposta negativa:

    e)

    Se ciò sia compatibile con i consolidati principi di diritto cui è vincolato il giudice tedesco, in base al Grundgesetz (Costituzione tedesca).

    In caso affermativo:

    f)

    In quale modo gli organi tedeschi incaricati dell’attuazione della legge risolvano il conflitto tra norme cogenti del diritto internazionale e i requisiti sanciti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

    4)

    In merito al riconoscimento di un esercizio abusivo del diritto di recesso del consumatore in forza dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2008/48:

    a)

    Se l’esercizio del diritto di recesso possa essere abusivo in forza dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva 2008/48.

    In caso affermativo:

    b)

    Se il riconoscimento di un esercizio abusivo del diritto di recesso consista in una limitazione temporale di detto diritto, necessariamente disciplinata da una legge del Parlamento.

    In caso di risposta negativa:

    c)

    Se il riconoscimento di un esercizio abusivo del diritto di recesso presupponga ratione personae che il consumatore fosse al corrente della persistenza del proprio diritto di recesso ovvero debba quantomeno rispondere per grave negligenza della propria ignoranza.

    In caso di risposta negativa:

    d)

    Se la possibilità per il creditore di fornire a posteriori al mutuatario le informazioni di cui all’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva 2008/48, consentendo in tal modo che il termine di recesso inizi a decorrere, osti al riconoscimento in buona fede di un esercizio abusivo del diritto di recesso.

    In caso di risposta negativa:

    e)

    Se ciò sia compatibile con i consolidati principi di diritto cui è vincolato il giudice tedesco, in base al Grundgesetz (Costituzione tedesca).

    In caso affermativo:

    f)

    In quale modo gli organi tedeschi incaricati dell’attuazione della legge risolvano il conflitto tra norme cogenti del diritto internazionale e i requisiti sanciti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

    5)

    Se i contratti di leasing per autoveicoli basati su conteggio chilometrico, aventi una durata compresa tra due e tre anni e stipulati con esclusione, nella relativa modulistica, del diritto di recesso ordinario, nell’ambito dei quali il consumatore deve provvedere a stipulare un’assicurazione con copertura casco totale del mezzo, oltre che farsi carico di promuovere azioni di responsabilità nei confronti di terzi in caso di difetti (in particolare nei confronti del venditore o del costruttore del veicolo) e inoltre sopporta il rischio di perdita, danneggiamento e perdita di valore di altro tipo, rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva [2011/83] e/o della direttiva [2008/48] e/o della direttiva [2002/65]. Se detti contratti costituiscano contratti di credito ai sensi dell’articolo 3, lettera c), della direttiva [2008/48] e/o contratti relativi a servizi finanziari ai sensi dell’articolo 2, punto 12, della direttiva [2011/83], nonché dell’articolo 2, lettera b), della direttiva [2002/65].

    6)

    Nel caso in cui i contratti di leasing per autoveicoli basati su conteggio chilometrico, come descritti in precedenza nella questione (…) 5), costituiscano contratti relativi a servizi finanziari:

    a)

    se si considerino locali immobili adibiti alla vendita ai sensi dell’articolo 2, punto 9, della direttiva [2011/83] anche i locali commerciali di un soggetto che avvia operazioni per conto del professionista, ma non detiene direttamente alcun potere di rappresentanza per concludere i contratti in oggetto.

    In caso affermativo:

    b)

    se ciò si applichi anche quando il soggetto che avvia trattative ai fini del contratto operi a livello imprenditoriale in un altro settore e per motivi legati alla vigilanza e/o di diritto civile non sia autorizzato a concludere contratti relativi a servizi finanziari.

    7)

    In caso di risposta negativa a una delle questioni sub 6) a) o b):

    se l’articolo 16, lettera l), della direttiva [2011/83] debba essere interpretato nel senso che i contratti di leasing per autoveicoli basati su conteggio chilometrico, come descritti in precedenza nella questione (…) 5), rientrino in tale fattispecie di deroga.

    8)

    Nel caso in cui i contratti di leasing per autoveicoli basati su conteggio chilometrico, come descritti in precedenza nella questione (…) 5), costituiscano contratti relativi a servizi finanziari:

    a)

    se sussista un contratto a distanza ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva [2002/65] e dell’articolo 2, punto 7, della direttiva [2011/83] anche quando durante le trattative si sono tenuti contatti con un’unica persona che avvia operazioni con i consumatori per conto del professionista, ma non detiene direttamente alcun potere di rappresentanza per concludere i contratti in oggetto.

    In caso affermativo:

    b)

    se ciò si applichi anche quando il soggetto che avvia trattative ai fini del contratto operi a livello imprenditoriale in un altro settore e per motivi legati alla vigilanza e/o di diritto civile non sia autorizzato a concludere contratti relativi a servizi finanziari».

    La causa C‑47/21

    74

    Il 12 aprile 2017 F.F. ha stipulato un contratto di mutuo con la C. Bank per un importo netto di EUR 15111,70, per l’acquisto di un’autovettura di seconda mano per uso privato.

    75

    Nella preparazione e nella stipula del contratto di mutuo il concessionario presso il quale è stato acquistato il veicolo ha agito come intermediario per la C. Bank e ha utilizzato i moduli di contratto di mutuo messi a disposizione dalla C. Bank. Il prezzo di acquisto di tale veicolo ammontava, secondo il contratto, a EUR 14880. Al netto dell’acconto versato, pari a EUR 2000, l’importo residuo era di EUR 12880 e doveva essere finanziato con il mutuo in questione.

    76

    Il contratto in questione prevede il rimborso del mutuo mediante 60 rate mensili dello stesso importo nonché un versamento finale di importo superiore. Il veicolo acquistato da F.F. è stato ceduto alla C. Bank a titolo di garanzia. Dopo il versamento dell’importo del mutuo, F.F. ha pagato regolarmente le mensilità convenute.

    77

    Il 1o aprile 2020 F.F. recedeva dal contratto di mutuo.

    78

    F.F. ritiene che, a causa della mancanza di chiarezza delle informazioni relative al diritto di recesso contenute nel contratto di mutuo nonché dell’erroneità di diverse indicazioni obbligatorie che avrebbero dovuto figurare in tale contratto in forza del diritto tedesco, il periodo di recesso di quattordici giorni previsto da tale diritto non abbia ancora iniziato a decorrere. In tali circostanze, egli chiede, in particolare, che gli siano rimborsate le rate mensili che ha versato fino alla data di recesso nonché l’acconto che ha versato al concessionario, per un totale di EUR 10110,11. Egli chiede altresì che sia accertato che la C. Bank è in mora nell’accettazione del veicolo, ai sensi dell’articolo 293 del BGB.

    79

    La C. Bank chiede il rigetto del ricorso, sostenendo, in particolare, di aver debitamente fornito a F.F. tutte le informazioni obbligatorie, segnatamente attraverso il modello previsto dalla legge.

    80

    Il giudice del rinvio si interroga, in primo luogo, sulla compatibilità con la direttiva 2008/48 di una normativa nazionale che stabilisce una presunzione legale secondo cui il professionista rispetta il suo obbligo di informare il consumatore del suo diritto di recesso quando rinvia, in un contratto, a disposizioni nazionali che rinviano a loro volta a un modello previsto dalla legge o quando addirittura inserisce in tale contratto informazioni tratte da detto modello ma contrarie alle prescrizioni di tale direttiva. Inoltre, esso si chiede se, in caso di constatazione di incompatibilità con detta direttiva, una siffatta normativa debba essere disapplicata.

    81

    A tal riguardo, il giudice del rinvio indica che, anche supponendo che la C. Bank abbia utilizzato erroneamente il modello previsto dalla legge, F.F. non sarebbe tuttavia legittimato a contestare l’applicazione della suddetta presunzione legale, dal momento che una siffatta contestazione costituirebbe un abuso di diritto secondo i criteri stabiliti dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia).

    82

    In secondo luogo, il giudice del rinvio si interroga sulle informazioni che il professionista è tenuto a menzionare nei contratti di credito in forza dell’articolo 10, paragrafo 2, lettere l), p), r) e t), della direttiva 2008/48, nonché sul momento in cui il periodo di recesso inizia a decorrere in caso di menzione inesatta di tali informazioni obbligatorie.

    83

    Anzitutto, per quanto riguarda l’articolo 10, paragrafo 2, lettera r), della direttiva 2008/48, vertente sulle informazioni relative al diritto del creditore ad un indennizzo e alle modalità di calcolo di quest’ultimo, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) considererebbe, di fronte ad una clausola come quella contenuta in un contratto come quello di cui trattasi nel procedimento principale, che il creditore può limitarsi a menzionare, a grandi linee, i principali parametri di calcolo dell’indennizzo dovuto in caso di rimborso anticipato del credito. Il giudice del rinvio si chiede tuttavia se non sia piuttosto necessario indicare in un contratto come quello di cui trattasi nel procedimento principale una formula aritmetica precisa e comprensibile per il consumatore. Se del caso, occorrerebbe altresì stabilire se l’insufficienza delle informazioni relative al calcolo dell’indennità dovuta in caso di rimborso anticipato del credito contenute in un siffatto contratto possa essere sanzionata esclusivamente con l’estinzione del diritto all’indennità o se una siffatta situazione debba essere assimilata a una mancanza di informazioni, di modo che il termine di recesso non cominci a decorrere.

    84

    Per quanto riguarda poi l’articolo 10, paragrafo 2, lettere l), p) e t), della direttiva 2008/48, il giudice del rinvio solleva gli stessi dubbi di cui ai punti da 59 a 61 della presente sentenza, precisando che il contratto stipulato da F.F. con la C. Bank il 12 aprile 2017 conteneva clausole simili a quelle menzionate in tali punti.

    85

    Infine, per quanto riguarda il periodo di recesso, il giudice del rinvio solleva le stesse questioni esposte al punto 62 della presente sentenza.

    86

    In terzo luogo, il giudice del rinvio si chiede se il diritto di recesso possa essere limitato nel tempo in caso di violazione della buona fede. Esso si chiede in particolare se, ed eventualmente secondo quali modalità, il diritto di recesso previsto all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 possa essere assoggettato a decadenza e se l’esercizio di tale diritto possa essere considerato abusivo in talune circostanze. A tale proposito, esso si basa sullo stesso ragionamento esposto nei punti da 63 a 67 della presente sentenza.

    87

    In quarto luogo, il giudice del rinvio si interroga sull’attuazione del diritto del consumatore di ottenere il rimborso delle rate mensili versate, qualora il contratto di credito rispetto al quale ha esercitato il diritto di recesso sia collegato a un contratto di vendita. Infatti, dalla giurisprudenza del Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) risulterebbe che, qualora un contratto di credito sia collegato ad un contratto di vendita di un autoveicolo, il creditore può rifiutare di rimborsare le rate mensili e eventualmente l’acconto versati, fino a quando tale veicolo gli sia stato restituito o il consumatore abbia fornito la prova di averlo spedito o di aver messo il creditore in mora nella ripresa del veicolo, ai sensi dell’articolo 293 BGB, a seguito di un’offerta effettiva di ricezione inviata alla sede del professionista.

    88

    Orbene, il giudice del rinvio rileva che tale rimborso può essere differito, in caso di contestazione della validità del recesso da parte del creditore, fino all’esito definitivo della controversia giudiziale. Ciò lo induce a dubitare della compatibilità di un siffatto obbligo di previa restituzione e delle sue conseguenze procedurali con l’effettività del diritto di recesso previsto dall’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48. Infatti, il veicolo, nella maggior parte dei casi, sarebbe necessario per l’esercizio della professione del consumatore e vincolerebbe un capitale significativo. Se questi dovesse restituire il veicolo senza sapere se il recesso sia realmente effettivo ed entro quale termine, eventualmente, egli riceverà gli importi dovuti dal creditore, per poter poi acquistare un bene sostitutivo, il più delle volte sarebbe dissuaso dall’avvalersi del suo diritto di recesso.

    89

    Peraltro, il giudice del rinvio chiede, nell’ipotesi in cui si dovesse concludere che l’obbligo di previa restituzione del veicolo non è compatibile con l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, se tale disposizione produca un effetto diretto, cosicché le disposizioni nazionali pertinenti dovrebbero essere disapplicate.

    90

    In quinto luogo, il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità con l’articolo 267 TFUE di una normativa processuale nazionale che disciplina l’esercizio della funzione di giudice unico. Tale interrogativo si spiega con il fatto che la causa di cui è investito il giudice del rinvio è stata trasferita ad un giudice monocratico dal giudice collegiale incaricato di tale causa in seno a detto organo giurisdizionale e che la domanda di pronuncia pregiudiziale proviene di conseguenza da quest’unico giudice monocratico.

    91

    A tal riguardo, il giudice del rinvio spiega che la questione se, nel diritto tedesco, un giudice monocratico sia legittimato a procedere ad un rinvio pregiudiziale è controversa. Più in particolare, dalla giurisprudenza del Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) risulterebbe che un giudice monocratico viola il principio del giudice naturale precostituito per legge procedendo, di propria iniziativa, ad un rinvio pregiudiziale, in quanto sarebbe tenuto a rinviare la controversia al giudice collegiale competente affinché esso si riassuma la causa.

    92

    Orbene, il giudice del rinvio è del parere che l’articolo 267, secondo comma, TFUE osti a un siffatto obbligo di rinvio al giudice collegiale competente. Sebbene la Corte abbia già statuito che un rinvio pregiudiziale operato da un giudice monocratico è ricevibile dal punto di vista del diritto dell’Unione, a prescindere dall’osservanza o meno delle norme processuali nazionali, essa avrebbe lasciato in sospeso la questione se debba essere disapplicata una disposizione nazionale che limita la facoltà per un giudice monocratico di procedere ad un rinvio pregiudiziale.

    93

    Peraltro, il giudice del rinvio sottolinea che tale questione è pertinente per risolvere la causa di cui è investito, dal momento che, in procedimenti paralleli nei quali un giudice monocratico ha adito la Corte in via pregiudiziale, i convenuti, basandosi sulle considerazioni del Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) summenzionate, avrebbero contestato le ordinanze di rinvio o chiesto la ricusazione del giudice del rinvio per parzialità, situazione che potrebbe riprodursi nella presente causa.

    94

    Ciò premesso, il Landgericht Ravensburg (Tribunale del Land, Ravensburg) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    In merito alla fictio legis di cui all’articolo 247, paragrafi 6, secondo comma, terza frase, e 12, primo comma, terza frase, dell’[EGBGB]

    a)

    Se l’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, terza frase e paragrafo 12, primo comma, terza frase, dell’EGBGB, nella parte in cui preved[e] che le clausole contrattuali in contrasto con le disposizioni dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva [2008/48] soddisfano i requisiti posti dall’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, prima e seconda frase, e paragrafo 12, primo comma, seconda frase, punto 2, lettera b), dell’EGBGB, sia incompatibile con l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), e con l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48.

    In caso affermativo:

    b)

    Se dal diritto dell’Unione, in particolare dall’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), e dall’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva [2008/48] discenda l’inapplicabilità dell’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, terza frase e paragrafo 12, primo comma, terza frase, dell’EGBGB, nella parte in cui prevedono che le clausole contrattuali in contrasto con le disposizioni dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva [2008/48] soddisfano i requisiti posti dall’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, prima e seconda frase, e paragrafo 12, primo comma, seconda frase, punto 2, lettera b), dell’EGBGB.

    Indipendentemente dalla risposta alle questioni […] 1) a) e b):

    2)

    In merito alle informazioni obbligatorie di cui all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva [2008/48]:

    [La questione 2) a) è stata ritirata]

    b)

    In merito all’articolo 10, paragrafo 2, lettera r), della direttiva [2008/48]:

    aa)

    Se detta disposizione debba essere interpretata nel senso che le informazioni contenute nel contratto di credito e relative all’indennità da corrispondere in caso di rimborso anticipato del credito debbano essere sufficientemente precise da consentire al consumatore di calcolare, quantomeno approssimativamente, l’importo dell’indennità da versare in caso di recesso anticipato.

    (in caso di risposta affermativa alla precedente questione):

    bb)

    Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera r), e l’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, della direttiva [2008/48] ostino a una normativa nazionale, per effetto della quale, in caso di informazioni incomplete ai sensi del medesimo articolo 10, paragrafo 2, lettera r), il termine ai fini dell’esercizio del diritto di recesso inizi comunque a decorrere con la conclusione del contratto estinguendosi unicamente il diritto del creditore all’indennità relativa al rimborso anticipato del credito.

    c)

    Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera l), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che debba essere indicato, espresso in valore numerico assoluto, il tasso d’interesse di mora applicabile al momento della conclusione del contratto di credito o, quantomeno, il tasso di riferimento applicabile (nel caso di specie, il tasso di base ai sensi dell’articolo 247 del BGB), in base al quale viene determinato, per effetto di una maggiorazione, il tasso d’interesse di mora applicabile (nel caso di specie, di 5 punti percentuali in forza dell’articolo 288, paragrafo 1, seconda frase, del BGB) e il consumatore debba essere informato del tasso di riferimento (tasso di base) e della sua variabilità.

    d)

    Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera t), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che nel contratto di credito debbano essere indicati i requisiti di forma essenziali ai fini dell’accesso ad un meccanismo extragiudiziale di reclamo e di ricorso.

    Nel caso di risposta affermativa ad almeno una delle precedenti questioni […] 2) da a) a d):

    e)

    Se l’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che il termine di recesso inizi a decorrere solo nel momento in cui le informazioni prescritte dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva medesima siano fornite in modo completo ed esatto.

    In caso di risposta negativa:

    f)

    Quali siano i criteri che determinano l’inizio del decorso del termine di recesso nonostante l’incompletezza e l’inesattezza delle informazioni.

    Nel caso di risposta affermativa alle precedenti questioni […] 1) a) e/o ad almeno una delle questioni […] 2), da a) a d):

    3)

    In merito alla decadenza dal diritto di recesso ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48]:

    a)

    Se il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48] sia soggetto a decadenza.

    In caso affermativo:

    b)

    Se la decadenza consista in una limitazione temporale del diritto di recesso, necessariamente disciplinata da una legge del Parlamento.

    In caso di risposta negativa:

    c)

    Se l’eccezione di decadenza presupponga ratione personae che il consumatore fosse al corrente della persistenza del proprio diritto di recesso ovvero debba quantomeno rispondere per grave negligenza della propria ignoranza.

    In caso di risposta negativa:

    d)

    Se la possibilità per il creditore di fornire a posteriori al mutuatario le informazioni di cui all’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva [2008/48], consentendo in tal modo che il termine di recesso inizi a decorrere, osti all’applicazione in buona fede delle norme sulla decadenza.

    In caso di risposta negativa:

    e)

    Se ciò sia compatibile con i consolidati principi di diritto cui è vincolato il giudice tedesco, in base al Grundgesetz (Costituzione tedesca).

    In caso affermativo:

    f)

    In quale modo gli organi tedeschi incaricati dell’attuazione della legge risolvano il conflitto tra norme cogenti del diritto internazionale e i requisiti sanciti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

    4)

    In merito al riconoscimento di un esercizio abusivo del diritto di recesso del consumatore in forza dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48]:

    a)

    Se l’esercizio del diritto di recesso possa essere abusivo in forza dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48].

    In caso affermativo:

    b)

    Se il riconoscimento di un esercizio abusivo del diritto di recesso consista in una limitazione temporale di detto diritto, necessariamente disciplinata da una legge del Parlamento.

    In caso di risposta negativa:

    c)

    Se il riconoscimento di un esercizio abusivo del diritto di recesso presupponga ratione personae che il consumatore fosse al corrente della persistenza del proprio diritto di recesso ovvero debba quantomeno rispondere per grave negligenza della propria ignoranza.

    In caso di risposta negativa:

    d)

    Se la possibilità per il creditore di fornire a posteriori al mutuatario le informazioni di cui all’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva [2008/48], consentendo in tal modo che il termine di recesso inizi a decorrere, osti al riconoscimento in buona fede di un esercizio abusivo del diritto di recesso.

    In caso di risposta negativa:

    e)

    Se ciò sia compatibile con i consolidati principi di diritto cui è vincolato il giudice tedesco, in base al Grundgesetz (Costituzione tedesca).

    In caso affermativo:

    f)

    In quale modo gli organi tedeschi incaricati dell’attuazione della legge risolvano il conflitto tra norme cogenti del diritto internazionale e i requisiti sanciti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

    5)

    Indipendentemente dalla risposta alle precedenti questioni:

    a)

    Se sia compatibile con il diritto dell’Unione, in particolare con il diritto di recesso sancito dall’articolo 14, paragrafo 1, [prima frase] della direttiva [2008/48] il fatto che, in base al diritto nazionale, nel caso di un contratto di credito collegato ad un contratto di acquisto, a seguito del valido esercizio del diritto di recesso ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva medesima

    aa)

    il diritto del consumatore, nei confronti del creditore, al rimborso delle rate di mutuo versate sia esercitabile solo successivamente alla riconsegna al creditore del bene acquistato da parte del consumatore stesso ovvero dell’esibizione della prova dell’avvenuta spedizione del bene de quo;

    bb)

    l’azione del consumatore volta ad ottenere il rimborso delle rate di mutuo dallo stesso versate a seguito della consegna del bene acquistato debba essere respinta in quanto infondata, [se] il creditore non [è] in mora per mancata accettazione del bene acquistato.

    In caso di risposta negativa:

    b)

    Se risulti dal diritto dell’Unione l’inapplicabilità delle disposizioni nazionali menzionate sub a) aa) e/o a) bb).

    Indipendentemente dalla risposta alle questioni […] da 1) a 5):

    6)

    Se l’articolo 348 a, paragrafo 2, punto 1, del [codice di procedura civile], nella parte relativa alla pronuncia di ordinanze di rinvio ai sensi dell’articolo 267, paragrafo 2, TFUE, sia incompatibile con la legittimazione al rinvio pregiudiziale dei giudici nazionali di cui a quest’ultima norma e sia pertanto inapplicabile alla pronuncia di ordinanze di rinvio».

    La causa C‑232/21

    95

    Conformemente alle loro domande datate, rispettivamente, 30 giugno 2017, 28 marzo 2017, 26 gennaio 2019 e 31 gennaio 2012, CR, da un lato, e AY, ML nonché BQ, dall’altro, hanno concluso con, rispettivamente, la Volkswagen Bank e la Audi Bank, nelle cause di cui il giudice del rinvio è investito, contratti di mutuo destinati all’acquisto di veicoli da turismo usati per uso privato. Gli importi netti dei contratti di mutuo erano rispettivamente di EUR 21418,66, EUR 28671,25 EUR 18972,74 e EUR 30208,10.

    96

    In occasione della preparazione e della stipula dei contratti di mutuo, i concessionari di automobili presso i quali sono stati acquistati i veicoli hanno agito in qualità di intermediari del credito della Volkswagen Bank e della Audi Bank. I contratti in questione prevedevano il rimborso dei prestiti mediante rate mensili, maggiorando l’importo dei prestiti in questione di una somma relativa ad un’assicurazione che copriva i casi di decesso, di invalidità o di disoccupazione. I contratti prevedevano altresì un versamento finale di un importo determinato nonché, per taluni, il versamento di un acconto da parte del consumatore.

    97

    CR, AY, ML e BQ hanno receduto, rispettivamente, il 31 marzo 2019, il 13 giugno 2019, il 16 settembre 2019 e il 20 settembre 2020 dai contratti di mutuo. Come risulta dalla decisione di rinvio, i primi tre consumatori hanno proposto alla Volkswagen Bank e alla Audi Bank la restituzione del veicolo, se del caso, alla loro sede, in cambio del rimborso simultaneo dei pagamenti effettuati. Per quanto riguarda BQ, alla data del suo recesso egli aveva già rimborsato integralmente, a differenza degli altri tre consumatori, il prestito di cui aveva beneficiato. Egli ha altresì chiesto, in via principale, il rimborso delle rate mensili versate, dopo il trasferimento di proprietà e la consegna del veicolo.

    98

    Questi quattro consumatori ritengono che i loro recessi siano validi in quanto il periodo di recesso di quattordici giorni previsto dal diritto tedesco non avrebbe iniziato a decorrere. Infatti, le informazioni relative al diritto di recesso nonché le altre informazioni obbligatorie non sarebbero state loro debitamente trasmesse.

    99

    La Volkswagen Bank e la Audi Bank ritengono di aver fornito tutte le informazioni necessarie utilizzando il modello previsto dalla legge. In due delle cause di cui è investito il giudice del rinvio, esse invocano, in subordine, l’eccezione di decadenza e quella di esercizio abusivo di un diritto da parte dei consumatori interessati, in quanto esse si sarebbero legittimamente fondate sul fatto che questi ultimi non avrebbero più esercitato il loro diritto di recesso dopo aver effettivamente utilizzato il veicolo e pagato regolarmente le rate mensili dovute in forza dei contratti di mutuo. Nelle altre due cause sottoposte al giudice del rinvio, esse sostengono di non trovarsi in mora nell’accettazione del veicolo, ai sensi dell’articolo 293 del BGB, in quanto i consumatori interessati non hanno presentato loro un’offerta effettiva di accettazione ai sensi dell’articolo 294 del BGB.

    100

    In un contesto di fatto e di diritto molto simile a quello alla base della causa C‑47/21, il giudice del rinvio pone questioni quasi identiche a quelle poste in tale causa, presentando una motivazione sostanzialmente identica a quella riassunta nei punti da 80 a 93 della presente sentenza.

    101

    Per quanto riguarda le questioni concernenti l’eccezione relativa alla decadenza e l’eccezione relativa all’abuso di diritto, il giudice del rinvio precisa che, secondo la giurisprudenza del Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), l’applicazione di tali eccezioni dovrebbe essere presa in considerazione soprattutto per contratti già interamente eseguiti dalle parti.

    102

    Ciò premesso, il Landgericht Ravensburg (Tribunale del Land, Ravensburg) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    In merito alla fictio legis di cui all’articolo 247, paragrafi 6, secondo comma, terza frase, e 12, primo comma, terza frase, dell’EGBGB,

    a)

    Se l’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, terza frase e paragrafo 12, primo comma, terza frase, dell’EGBGB, nella parte in cui prevedono che le clausole contrattuali in contrasto con le disposizioni dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva [2008/48] soddisfano i requisiti posti dall’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, prima e seconda frase, e paragrafo 12, primo comma, seconda frase, punto 2, lettera b), dell’EGBGB, sia incompatibile con l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), e con l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva [2008/48].

    In caso affermativo:

    b)

    Se dal diritto dell’Unione, in particolare dall’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), e dall’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva [2008/48] discenda l’inapplicabilità dell’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, terza frase e paragrafo 12, primo comma, terza frase, dell’EGBGB, nella parte in cui prevedono che le clausole contrattuali in contrasto con le disposizioni dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva [2008/48] soddisfano i requisiti posti dall’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, prima e seconda frase, e paragrafo 12, primo comma, seconda frase, punto 2, lettera b), dell’EGBGB.

    Indipendentemente dalla risposta alla prima questione sub a) e b):

    2)

    In merito alle informazioni obbligatorie di cui all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva [2008/48]:

    a)

    Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che l’importo giornaliero degli interessi da corrispondere che deve figurare nel contratto di credito risulti dal calcolo del tasso debitore pattuito e indicato nel contratto.

    b)

    In merito all’articolo 10, paragrafo 2, lettera r), della direttiva [2008/48]:

    aa)

    Se detta disposizione debba essere interpretata nel senso che le informazioni contenute nel contratto di credito e relative all’indennità da corrispondere in caso di rimborso anticipato del credito debbano essere sufficientemente precise da consentire al consumatore di calcolare, quantomeno approssimativamente, l’importo dell’indennità da versare.

    [(in caso di risposta affermativa alla questione sub aa)]:

    bb)

    Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera r), e l’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, della direttiva [2008/48] ostino a una normativa nazionale […] per effetto della quale, in caso di informazioni incomplete ai sensi del medesimo articolo 10, paragrafo 2, lettera r), il termine ai fini dell’esercizio del diritto di recesso inizi comunque a decorrere con la conclusione del contratto estinguendosi unicamente il diritto del creditore all’indennità relativa al rimborso anticipato del credito.

    Nel caso di risposta affermativa ad almeno uno dei quesiti della seconda questione sub a) o b):

    c)

    Se l’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che il termine di recesso inizi a decorrere solo nel momento in cui le informazioni prescritte dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva medesima siano fornite in modo completo ed esatto.

    In caso di risposta negativa:

    d)

    Quali siano i criteri che determinano l’inizio del decorso del termine di recesso nonostante l’incompletezza e l’inesattezza delle informazioni.

    Nel caso di risposta affermativa alla prima questione sub a) e/o ad uno dei quesiti della seconda questione sub a) o b):

    3)

    In merito alla decadenza dal diritto di recesso ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48]:

    a)

    Se il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48] sia soggetto a decadenza.

    In caso affermativo:

    b)

    Se la decadenza consista in una limitazione temporale del diritto di recesso, necessariamente disciplinata da una legge del Parlamento.

    In caso di risposta negativa:

    c)

    Se l’eccezione di decadenza presupponga ratione personae che il consumatore fosse al corrente della persistenza del proprio diritto di recesso ovvero debba quantomeno rispondere per grave negligenza della propria ignoranza. Se ciò valga anche nel caso dei contratti eseguiti.

    In caso di risposta negativa:

    d)

    Se la possibilità per il creditore di fornire a posteriori al mutuatario le informazioni di cui all’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva [2008/48], consentendo in tal modo che il termine di recesso inizi a decorrere, osti all’applicazione in buona fede delle norme sulla decadenza. Se ciò valga anche nel caso dei contratti eseguiti.

    In caso di risposta negativa:

    e)

    Se ciò sia compatibile con i consolidati principi di diritto cui è vincolato il giudice tedesco, in base al Grundgesetz (Costituzione tedesca).

    In caso affermativo:

    f)

    In quale modo gli organi tedeschi incaricati dell’attuazione della legge risolvano il conflitto tra norme cogenti del diritto internazionale e i requisiti sanciti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

    4)

    In merito al riconoscimento di un esercizio abusivo del diritto di recesso del consumatore in forza dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48]:

    a)

    Se l’esercizio del diritto di recesso possa essere abusivo in forza dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48].

    In caso affermativo:

    b)

    Se il riconoscimento di un esercizio abusivo del diritto di recesso consista in una limitazione temporale di detto diritto, necessariamente disciplinata da una legge del Parlamento.

    In caso di risposta negativa:

    c)

    Se il riconoscimento di un esercizio abusivo del diritto di recesso presupponga ratione personae che il consumatore fosse al corrente della persistenza del proprio diritto di recesso ovvero debba quantomeno rispondere per grave negligenza della propria ignoranza. Se ciò valga anche nel caso dei contratti eseguiti.

    In caso di risposta negativa:

    d)

    Se la possibilità per il creditore di fornire a posteriori al mutuatario le informazioni di cui all’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva [2008/48], consentendo in tal modo che il termine di recesso inizi a decorrere, osti al riconoscimento in buona fede di un esercizio abusivo del diritto di recesso. Se ciò valga anche nel caso dei contratti eseguiti.

    In caso di risposta negativa:

    e)

    Se ciò sia compatibile con i consolidati principi di diritto cui è vincolato il giudice tedesco, in base al Grundgesetz (Costituzione tedesca).

    In caso affermativo:

    f)

    In qual modo gli organi tedeschi incaricati dell’attuazione della legge risolvano il conflitto tra norme cogenti del diritto internazionale e i requisiti sanciti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

    Indipendentemente dalla risposta alle precedenti questioni dalla prima alla quarta:

    5)

    a)

    Se sia compatibile con il diritto dell’Unione, in particolare con il diritto di recesso sancito dall’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva [2008/48] il fatto che, in base al diritto nazionale, nel caso di un contratto di credito collegato ad un contratto di acquisto, a seguito del valido esercizio del diritto di recesso ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva medesima

    aa)

    il diritto del consumatore, nei confronti del creditore, al rimborso delle rate di mutuo versate sia esercitabile solo successivamente alla riconsegna al creditore del bene acquistato da parte del consumatore stesso ovvero dell’esibizione della prova dell’avvenuta spedizione del bene de quo

    bb)

    l’azione del consumatore volta ad ottenere il rimborso delle rate di mutuo dallo stesso versate a seguito della consegna del bene acquistato debba essere respinta in quanto infondata, [se] il creditore non [è] in mora per mancata accettazione del bene acquistato.

    In caso di risposta negativa:

    b)

    Se risulti dal diritto dell’Unione l’inapplicabilità delle disposizioni nazionali menzionate sub a) aa) e/o a) bb).

    Indipendentemente dalla risposta alle questioni dalla prima alla quinta:

    6)

    Se l’articolo 348 a, paragrafo 2, punto 1, del [codice di procedura civile], nella parte relativa alla pronuncia di ordinanze di rinvio ai sensi dell’articolo 267, paragrafo 2, TFUE, sia incompatibile con la legittimazione al rinvio pregiudiziale dei giudici nazionali previsto da quest’ultima norma e sia pertanto inapplicabile alla pronuncia di ordinanze di rinvio».

    Procedimento dinanzi alla Corte

    103

    Con decisione del presidente della Corte del 22 aprile 2021, le cause C‑38/21 e C‑47/21 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza. Con decisione del presidente della Corte del 31 maggio 2022, la causa C‑232/21 è stata riunita a dette cause ai fini della fase orale del procedimento nonché della sentenza.

    104

    Con lettera del 3 agosto 2021, il giudice del rinvio ha informato la Corte che, nella causa C‑47/21, era stata raggiunta una composizione amichevole in una delle due cause del procedimento principale e che, pertanto, esso ritirava la seconda questione sub a) nella causa C‑47/21, mantenendo tutte le altre questioni in tale causa.

    105

    A seguito di un’integrazione della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑38/21 in data 24 agosto 2021, la fase scritta del procedimento nelle cause riunite C‑38/21 e C‑47/21 è stata riaperta.

    106

    Conformemente all’articolo 16, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il governo tedesco ha chiesto che le presenti cause fossero giudicate in Grande Sezione, il che è stato accettato dalla Corte il 31 maggio 2022.

    Sulle questioni pregiudiziali

    Sulla ricevibilità

    107

    La BMW Bank, la C. Bank, la Volkswagen Bank e la Audi Bank, il governo tedesco nonché la Commissione europea esprimono dubbi sulla ricevibilità di talune questioni pregiudiziali sollevate nelle tre cause.

    Sulle questioni dalla prima alla quarta nonché sulla sesta questione nella causa C‑38/21

    108

    La BMW Bank sostiene che le questioni dalla prima alla quarta nella causa C‑38/21 sono irricevibili in quanto sarebbe manifesto che i fatti di cui trattasi nel procedimento principale non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48 oggetto di tali questioni. Infatti, tale direttiva escluderebbe dal suo ambito di applicazione i contratti di leasing che non comportano un obbligo di acquisto del bene oggetto del leasing. Inoltre, la sesta questione nella causa C‑38/21, sollevata nell’ipotesi in cui un contratto di leasing come quello di cui trattasi nel procedimento principale debba essere qualificato come contratto avente ad oggetto un servizio finanziario, ai sensi della direttiva 2011/83, sarebbe irricevibile, in quanto i contratti di servizi finanziari sono espressamente esclusi dall’ambito di applicazione di tale direttiva.

    109

    Occorre ricordare che, per giurisprudenza costante, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire [sentenza del 21 marzo 2023, Mercedes-Benz Group (Responsabilità dei produttori di veicoli muniti di impianti di manipolazione),C‑100/21, EU:C:2023:229, punto 52 e giurisprudenza citata].

    110

    Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale posta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenza del 21 marzo 2023, Mercedes-Benz Group (Responsabilità dei produttori di veicoli muniti di impianti di manipolazione),C‑100/21, EU:C:2023:229, punto 53 e giurisprudenza citata].

    111

    Nel caso di specie, occorre sottolineare che il giudice del rinvio ha trasmesso alla Corte la sua domanda di pronuncia pregiudiziale in due fasi, vale a dire, in un primo tempo, il 30 dicembre 2020, inviando in tale occasione le questioni dalla prima alla quarta, poi, in un secondo tempo, il 24 agosto 2021, comunicando altre quattro questioni. Nell’ambito di tale integrazione della sua domanda iniziale di pronuncia pregiudiziale, detto giudice ha precisato che si chiedeva se, come risulta dalla quinta questione, la direttiva 2008/48 fosse idonea a disciplinare un contratto di leasing come quello di cui trattasi nel procedimento principale. Essa ha altresì indicato in quali casi, in funzione della risposta che la Corte avrebbe fornito al riguardo, riteneva che fosse ancora pertinente rispondere alle questioni dalla prima alla quarta sollevate il 30 dicembre 2020.

    112

    Peraltro, se è vero che il giudice del rinvio ha subordinato la sesta questione nella causa C‑38/21 al fatto che si constati, nell’ambito della risposta alla quinta questione in tale causa, che un contratto di leasing come quello di cui trattasi nel procedimento principale può essere qualificato come contratto di servizi finanziari, ai sensi della direttiva 2011/83, resta il fatto che la pertinenza o il carattere non ipotetico e, pertanto, la ricevibilità di tale sesta questione possono essere valutati solo alla luce della risposta che la Corte fornirà alla quinta questione.

    113

    In tali circostanze, le questioni dalla prima alla quarta nella causa C‑38/21, così come la sesta questione in tale causa, non possono essere considerate, in questa fase, ipotetiche, dato che la necessità e l’utilità di rispondervi dipendono dalla risposta che sarà fornita alla quinta questione in tale causa.

    114

    In ogni caso, occorre ricordare che, qualora, come nel caso di specie, non sia evidente che l’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione non abbia alcun rapporto con l’effettività o con l’oggetto del procedimento principale, l’obiezione relativa all’inapplicabilità di tale disposizione al procedimento principale non riguarda la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, ma rientra nel merito delle questioni (sentenza del 24 luglio 2023, Lin, C‑107/23 PPU, EU:C:2023:606, punto 66 e giurisprudenza citata).

    Sulla terza questione, lettere e) ed f), e sulla quarta questione, lettere e) ed f), sottoposte nelle cause C‑38/21, C‑47/21 e C‑232/21

    115

    Con la terza questione, lettere e) ed f), e la quarta questione, lettere e) ed f), nelle cause C‑38/21, C‑47/21 e C‑232/21, il giudice del rinvio si interroga, in sostanza, sul rapporto tra il diritto di recesso previsto all’articolo 14 della direttiva 2008/48 e le norme del diritto internazionale consuetudinario in materia di decadenza e di abuso di diritto.

    116

    La C. Bank, la Volkswagen Bank e la Audi Bank nonché il governo tedesco esprimono dubbi quanto alla ricevibilità di tali questioni.

    117

    A questo proposito occorre ricordare che, al fine di permettere alla Corte di fornire un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale, l’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte esige segnatamente che la domanda di pronuncia pregiudiziale contenga l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale.

    118

    Nel caso di specie, è vero che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’Unione è tenuta ad esercitare le proprie competenze nel rispetto del diritto internazionale nel suo complesso, ivi comprese non soltanto le disposizioni delle convenzioni internazionali che la vincolano, ma anche le norme e i principi del diritto internazionale generale consuetudinario [sentenza del 6 ottobre 2020, Commissione/Ungheria (Insegnamento superiore),EU:C:2020:792, punto 87 e giurisprudenza citata].

    119

    Tuttavia, il giudice del rinvio si limita ad affermare che, in forza dei principi generali del diritto internazionale pubblico, che vincolano il giudice tedesco conformemente all’articolo 25, paragrafo 2, della Costituzione e in cui rientrano i principi di decadenza e di buona fede, solo qualora un consumatore sappia o ignori, a causa di una negligenza grave, di beneficiare di un diritto di recesso, tale diritto potrebbe essere considerato decaduto o l’esercizio di detto diritto potrebbe essere considerato contrario alla buona fede.

    120

    Orbene, così facendo il giudice del rinvio non dimostra in maniera giuridicamente sufficiente in che misura le norme di diritto internazionale consuetudinario in materia di decadenza e di abuso di diritto potrebbero entrare in conflitto con il diritto dell’Unione nel contesto di controversie tra singoli relative al diritto di recesso previsto all’articolo 14 della direttiva 2008/48.

    121

    In tali circostanze, la terza questione, lettere e) ed f), e la quarta questione, lettere e) ed f), nelle cause C‑38/21, C‑47/21 e C‑232/21 non soddisfano i requisiti di cui all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura e sono, pertanto, irricevibili.

    Sulla sesta questione sollevata nelle cause C‑47/21 e C‑232/21

    122

    Con la sua sesta questione, presentata nelle cause C‑47/21 e C‑232/21, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 267, secondo comma, TFUE debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale in forza della quale un giudice monocratico è tenuto, segnatamente in ragione dell’importanza di principio di una causa di cui è investito, a trasmettere tale causa a un collegio giudicante civile composto da tre giudici e a rinunciare a rivolgere esso stesso una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte nell’ambito di detta causa.

    123

    La C. Bank, la Volkswagen Bank e la Audi Bank, il governo tedesco nonché la Commissione ritengono che tali questioni siano irricevibili, in quanto, essenzialmente, una risposta ad esse non è necessaria ai fini della soluzione delle controversie principali.

    124

    Nel caso di specie, tenuto conto della giurisprudenza richiamata ai punti 109 e 110 della presente sentenza, si deve ritenere che la sesta questione sollevata nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 riguardi l’interpretazione dell’articolo 267, secondo comma, TFUE, ma che il giudice nazionale non abbia spiegato perché l’interpretazione di tale disposizione sia necessaria per consentirgli di dirimere le controversie di cui è investito. Infatti, esso si è limitato ad indicare che la competenza del giudice monocratico a sottoporre alla Corte le sue domande di pronuncia pregiudiziale potrebbe essere contestata, citando al riguardo procedimenti in cause diverse da quelle sfociate nei presenti rinvii pregiudiziali, nei quali vuoi sono state contestate ordinanze di rinvio adottate da un giudice monocratico, vuoi è stata chiesta la ricusazione del giudice monocratico per parzialità. Per contro, esso non precisa quale sarebbe l’incidenza di una siffatta contestazione sulle decisioni di rinvio o, eventualmente, sulle decisioni che concludono il procedimento. In particolare, dalle decisioni di rinvio non risulta che queste ultime, in tale fase del procedimento, siano state oggetto di un ricorso nell’ambito del quale si affermi che esse sono inficiate da un eventuale vizio per il fatto che sono state adottate da un giudice monocratico.

    125

    In tali circostanze, la sesta questione nella causa C‑47/21 e nella causa C‑232/21 è irricevibile in quanto di natura ipotetica.

    Nel merito

    Sulla quinta questione pregiudiziale nella causa C‑38/21

    126

    Con la quinta questione nella causa C‑38/21, che occorre esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un contratto di leasing relativo ad un autoveicolo, che prevede che il consumatore non ha l’obbligo di acquistare il veicolo alla scadenza del contratto, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48, di quello della direttiva 2002/65 o di quello della direttiva 2011/83.

    127

    In via preliminare occorre ricordare che, sebbene spetti unicamente al giudice del rinvio pronunciarsi sulla qualificazione del contratto oggetto della controversia di cui è investito in funzione delle circostanze proprie del caso di cui al procedimento principale, ciò non toglie che la Corte è competente a desumere dalle disposizioni delle citate direttive i criteri che tale giudice deve applicare a tal fine (v., in questo senso, sentenza del 3 dicembre 2015, Banif Plus Bank, C‑312/14, EU:C:2015:794, punto 51 e giurisprudenza citata).

    128

    Inoltre, nulla impedisce che un giudice nazionale chieda alla Corte di pronunciarsi su una tale qualificazione, purché, però, detto giudice proceda alla constatazione e valutazione dei fatti necessari per detta qualificazione, alla luce di tutti gli elementi del fascicolo in suo possesso (v., in questo senso, sentenza del 3 dicembre 2015, Banif Plus Bank, C‑312/14, EU:C:2015:794, punto 52).

    129

    Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, come illustrato al punto 49 della presente sentenza, il contratto oggetto del procedimento principale prevede la concessione di un prestito a VK al fine di consentirgli di utilizzare sotto forma di noleggio, per un periodo di 24 mesi e nel rispetto di un massimale di chilometraggio che egli è autorizzato a percorrere, un autoveicolo che la BMW Bank ha acquistato secondo le specifiche fornite da VK, restando tale autoveicolo di proprietà di detta banca. Per tutta la durata del contratto, il consumatore sopporta il rischio di perdita, di danno e di altre svalutazioni del veicolo e, a tal fine, deve stipulare una polizza assicurativa. Spetta altresì al consumatore far valere i diritti in materia di garanzia dai difetti nei confronti dei terzi, in particolare nei confronti del concessionario e del costruttore. Né il contratto stesso né alcun contratto separato impongono un obbligo di acquisto del veicolo a tale consumatore. Peraltro, il consumatore non si assume alcuna garanzia di valore residuo alla scadenza del contratto ed è tenuto a compensare la perdita di valore del veicolo solo se, al momento della sua restituzione, è accertato che lo stato di quest’ultimo non corrisponde alla sua età o che il chilometraggio massimo convenuto è stato superato.

    130

    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’ambito di applicazione della direttiva 2008/48, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, quest’ultima si applica ai contratti di credito, fatte salve le esclusioni previste al suo articolo 2, paragrafo 2.

    131

    Conformemente all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2008/48, quest’ultima non si applica ai contratti di locazione o di leasing nell’ambito dei quali l’obbligo di acquistare l’oggetto del contratto non è previsto né dal contratto stesso né da un contratto separato, poiché si ritiene che tale obbligo sussista se è così deciso unilateralmente dal creditore.

    132

    In tale contesto, occorre determinare se un contratto di leasing, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, rientri nella nozione di «contratto di leasing» di cui a tale disposizione, fermo restando che né quest’ultima né alcun’altra disposizione della direttiva 2008/48 definiscono tale nozione né rinviano al diritto nazionale.

    133

    Secondo costante giurisprudenza della Corte, dalla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del proprio significato e della propria portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto dei termini della medesima, alla luce del contesto e dello scopo perseguito dalla disposizione nella quale tale nozione è utilizzata (sentenza del 18 giugno 2020, Sparkasse Südholstein, C‑639/18, EU:C:2020:477, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

    134

    Nel gergo giuridico corrente, il termine «contratto di leasing» indica un contratto con il quale una delle parti concede un prestito all’altra parte per finanziare l’utilizzo in locazione di un bene di cui rimane proprietaria e che l’altra parte può, alla fine del contratto, restituire o acquistare, con la precisazione che la maggior parte dei vantaggi e dei rischi inerenti alla proprietà legale sono trasferiti a tale altra parte per tutta la durata del contratto (v., per analogia, sentenza del 16 febbraio 2012, Eon Aset Menidjmunt, C‑118/11, EU:C:2012:97, punti 3738).

    135

    Nel caso di specie, dalle caratteristiche del contratto di leasing oggetto del procedimento principale, ricordate al punto 129 della presente sentenza, risulta che la BMW Bank ha concesso a VK un prestito per finanziare l’utilizzo sotto forma di locazione di un veicolo acquistato da tale banca secondo le specifiche fornite da VK, il quale, al termine del contratto, era obbligato a restituire il veicolo per il fatto che non ha l’obbligo di acquistarlo, godendo al contempo della maggior parte dei vantaggi e sopportando la maggior parte dei rischi inerenti alla proprietà del veicolo per tutta la durata del contratto. Sebbene un siffatto contratto di leasing rientri nella nozione di «leasing» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2008/48, esso è tuttavia escluso dall’ambito di applicazione di tale direttiva in quanto non è corredato da alcun obbligo, per il consumatore, di acquistare l’oggetto del contratto al termine di quest’ultimo.

    136

    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’ambito di applicazione della direttiva 2002/65, occorre ricordare che, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, essa ha per oggetto il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori. Il considerando 14 di detta direttiva precisa che quest’ultima copre tutti i servizi finanziari suscettibili di essere forniti a distanza, fatta salva l’applicazione delle disposizioni della legislazione dell’Unione che disciplinano specificamente determinati servizi finanziari.

    137

    Per rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/65, un contratto deve non solo essere un «contratto a distanza» ai sensi dell’articolo 2, lettera a), di tale direttiva, ma anche avere per oggetto la prestazione di un «servizio finanziario», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), di detta direttiva, condizioni che sono cumulative.

    138

    A tal riguardo, occorre ricordare che la direttiva 2002/65 procede, in linea di principio, all’armonizzazione completa degli aspetti che essa disciplina e che, di conseguenza, la sua formulazione deve ricevere un’interpretazione comune a tutti gli Stati membri (sentenza del 18 giugno 2020, Sparkasse Südholstein, C‑639/18, EU:C:2020:477, punto 23), conformemente ai principi giurisprudenziali ricordati al punto 133 della presente sentenza.

    139

    Per quanto riguarda la nozione di «servizio finanziario», l’articolo 2, lettera b), della direttiva 2002/65 la definisce come riguardante qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, assicurativa, servizi pensionistici individuali, di investimento o di pagamento. Occorre quindi verificare se un contratto di leasing come quello di cui trattasi nel procedimento principale riguardi almeno uno dei settori di cui all’articolo 2, lettera b), della direttiva 2002/65.

    140

    In primo luogo, si deve considerare, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 95 delle sue conclusioni, che la nozione di «servizio di natura bancaria», ai sensi di tale disposizione, deve essere intesa come un servizio proposto nell’ambito di un’attività commerciale tradizionalmente esercitata dalle banche.

    141

    A tal riguardo occorre rilevare, come sostenuto dal governo tedesco nelle sue osservazioni scritte, che l’offerta di un contratto di leasing relativo ad un autoveicolo, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, si colloca, in ogni caso, al di fuori della gamma di prestazioni classiche del settore bancario, dato che un siffatto servizio particolare è il più delle volte proposto da banche legate a costruttori di automobili o da società specializzate nel leasing di autoveicoli come le società di noleggio di autoveicoli.

    142

    Ne consegue che un siffatto contratto non verte su un «servizio di natura bancaria» nell’accezione dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2002/65.

    143

    In secondo luogo, per quanto riguarda la nozione di «servizio di natura (…) creditizia» ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2002/65, occorre constatare che tale direttiva non contiene alcuna definizione del termine «credito».

    144

    Tuttavia, nel gergo giuridico corrente, tale termine designa la messa a disposizione di una somma di denaro, oppure di dilazioni o agevolazioni finanziarie da parte del creditore al mutuatario a fini di finanziamento o di pagamento differito, cosicché un contratto di credito deve essere considerato come un contratto in forza del quale il creditore concede o s’impegna a concedere ad un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra analoga facilitazione finanziaria.

    145

    Ne consegue che un contratto di servizio finanziario di natura creditizia, come risulta altresì, in sostanza, dai paragrafi 97 e 100 delle conclusioni dell’avvocato generale, è caratterizzato dalla circostanza che esso si inserisce in una logica di finanziamento o di pagamento dilazionato, mediante fondi oppure mediante dilazioni o agevolazioni finanziarie messe a disposizione del consumatore dal professionista a tal fine.

    146

    Nel caso di specie, come spiegato dinanzi alla Corte, un contratto di leasing per un autoveicolo senza obbligo di acquisto, come il contratto oggetto del procedimento principale, presenta due elementi, vale a dire, da un lato, un elemento creditizio caratterizzato dal fatto che una banca concede a un consumatore un credito sotto forma di agevolazioni di pagamento e, dall’altro, un elemento attinente alla locazione, destinato a consentire al consumatore di utilizzare per un periodo determinato un veicolo di sua scelta appartenente a tale banca in cambio del versamento di un prezzo iniziale seguito da rate mensili.

    147

    In tali circostanze, per stabilire se un siffatto contratto, in forza del suo carattere ibrido, sia di natura creditizia ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2002/65, occorre fare riferimento, come indicato dall’avvocato generale al paragrafo 97 delle sue conclusioni, al suo oggetto principale, in modo da verificare se l’elemento di natura creditizia prevalga sull’elemento relativo alla locazione o se sia il contrario.

    148

    A tal riguardo, occorre constatare, come indicato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 100 delle sue conclusioni, che un siffatto contratto non si distingue, essenzialmente, da un contratto di locazione di un veicolo di lunga durata nell’ambito del quale il consumatore deve versare un canone di locazione come corrispettivo del diritto di utilizzare il veicolo, purché tale contratto non sia corredato da un obbligo di acquisto del veicolo alla fine del periodo di leasing, il consumatore non sopporti l’integrale ammortamento dei costi sostenuti dal fornitore del veicolo per l’acquisto di quest’ultimo né i rischi connessi al valore residuo del veicolo alla scadenza del contratto. Non consente di distinguere tra loro tali tipi di contratti neppure l’obbligo in capo al consumatore di compensare la perdita di valore del veicolo qualora si constati, al momento della sua restituzione, che lo stato di quest’ultimo non corrisponde alla sua età o che il chilometraggio massimo convenuto è stato superato.

    149

    Poiché l’oggetto principale di un contratto di leasing senza obbligo di acquisto di un autoveicolo, come il contratto oggetto del procedimento principale, riguarda la locazione di tale autoveicolo, detto contratto non può quindi essere qualificato come contratto di servizio finanziario di natura creditizia nell’accezione dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2002/65, in combinato disposto con l’articolo 2, lettera b), della stessa.

    150

    In terzo luogo, poiché un siffatto contratto non riguarda manifestamente neppure «[servizi di natura] assicurativa, servizi pensionistici individuali, di investimento o di pagamento», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2002/65, esso non può essere qualificato come contratto avente ad oggetto la commercializzazione di un «servizio finanziario», nell’accezione della medesima disposizione.

    151

    Poiché una delle due condizioni cumulative menzionate al punto 137 della presente sentenza non è soddisfatta, si deve concludere che non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/65 un contratto di leasing relativo a un autoveicolo, caratterizzato, in particolare, dal fatto che né tale contratto né un contratto separato prevedono che il consumatore sia obbligato ad acquistare il veicolo alla scadenza del contratto e dal fatto che il consumatore non si fa carico né dell’ammortamento integrale dei costi sostenuti dal fornitore del veicolo per il suo acquisto né dei rischi connessi al valore residuo del veicolo alla scadenza del contratto.

    152

    Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’ambito di applicazione della direttiva 2011/83, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di quest’ultima, tale direttiva si applica, alle condizioni e nella misura stabilita nelle sue disposizioni, a qualsiasi contratto concluso tra un professionista e un consumatore, ad eccezione dei contratti di cui al paragrafo 3 di tale articolo, come i contratti relativi ai servizi finanziari, definiti all’articolo 2, paragrafo 12, di tale direttiva, essenzialmente alla stessa maniera dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2002/65 citato al punto 139 della presente sentenza.

    153

    Un contratto di leasing come quello oggetto del procedimento principale non può essere qualificato, per analogia con le considerazioni esposte ai punti da 143 a 149 della presente sentenza, come un contratto di «servizio finanziario» nell’accezione dell’articolo 2, punto 12, della direttiva 2011/83. Tuttavia, non si può escludere che un siffatto contratto di leasing possa essere qualificato come un «contratto di servizi» a norma dell’articolo 2, punto 6, di tale direttiva.

    154

    A tal riguardo, la nozione di «contratto di servizi», di cui a quest’ultima disposizione, è definita in senso ampio come corrispondente a «qualsiasi contratto diverso da un contratto di vendita in base al quale il professionista fornisce o si impegna a fornire un servizio al consumatore e il consumatore paga o si impegna a pagarne il prezzo». Dalla formulazione di tale disposizione risulta che detta nozione deve essere intesa nel senso che essa include tutti i contratti che non rientrano nella nozione di «contratto di vendita» (sentenza del 12 marzo 2020, Verbraucherzentrale Berlin, C‑583/18, EU:C:2020:199, punto 22).

    155

    Un contratto di leasing come quello oggetto del procedimento principale, con il quale un professionista si impegna a mettere un veicolo a disposizione di un consumatore in cambio di pagamenti rateali senza obbligo di acquisto di tale veicolo alla fine del periodo di leasing, non rappresenta un «contratto di vendita», che consisterebbe nel trasferimento della proprietà del veicolo al consumatore, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 5, della direttiva 2011/83. Poiché tale contratto non si annovera nemmeno nell’elenco delle esclusioni di cui all’articolo 3, paragrafo 3, di tale direttiva, deve essere considerato come rientrante nell’ambito di applicazione di tale direttiva in quanto «contratto di servizi» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6, della stessa.

    156

    Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla quinta questione nella causa C‑38/21 dichiarando che l’articolo 2, punto 6, della direttiva 2011/83, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, della stessa, deve essere interpretato nel senso che un contratto di leasing relativo a un autoveicolo, caratterizzato dal fatto che né tale contratto né un contratto separato prevedono che il consumatore sia tenuto ad acquistare il veicolo alla scadenza del contratto, rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva in quanto «contratto di servizi», ai sensi dell’articolo 2, punto 6, della direttiva. Un siffatto contratto non rientra invece nell’ambito di applicazione né della direttiva 2002/65 né della direttiva 2008/48.

    Sulle questioni dalla sesta all’ottava nella causa C‑38/21

    157

    Occorre osservare che tali questioni sono tutte sollevate nell’ipotesi in cui la Corte concluda che un contratto di leasing come quello di cui trattasi nel procedimento principale deve essere qualificato come contratto avente ad oggetto servizi finanziari ai sensi delle direttive 2002/65 e/o 2011/83.

    158

    Orbene, dalle considerazioni esposte ai punti 149, 151 e 156 della presente sentenza emerge che un siffatto contratto non riguarda servizi finanziari ai sensi di tali direttive, ma deve essere qualificato come «contratto di servizi» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6, della direttiva 2011/83, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, della stessa.

    159

    Pertanto, le questioni dalla sesta all’ottava conservano la loro rilevanza nei limiti in cui vertono sull’interpretazione delle disposizioni di tale direttiva.

    160

    Al riguardo, occorre precisare che tali questioni mirano, in sostanza, a consentire al giudice del rinvio di stabilire se VK possa avvalersi del diritto di recesso, previsto all’articolo 9 della direttiva 2011/83, per i soli contratti conclusi a distanza o negoziati fuori dei locali commerciali, o se tale diritto sia escluso in forza dell’articolo 16 di quest’ultima.

    161

    In tali circostanze, la Corte ritiene utile rispondere anzitutto all’ottava questione, relativa alla nozione di «contratto a distanza», poi alla sesta questione relativa alla nozione di «contratto negoziato fuori dei locali commerciali» e, infine, alla settima questione relativa all’articolo 16 della direttiva 2011/83.

    – Sull’ottava questione nella causa C‑38/21

    162

    Con l’ottava questione nella causa C‑38/21, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83 debba essere interpretato nel senso che un contratto di servizi, ai sensi dell’articolo 2, punto 6, di tale direttiva, stipulato tra un consumatore e un professionista mediante un mezzo di comunicazione a distanza, possa essere qualificato come «contratto a distanza», ai sensi della prima di tali disposizioni, qualora, nel corso della fase preparatoria della conclusione del contratto, il consumatore si sia trovato alla presenza fisica di un intermediario autorizzato a rispondere alle sue questioni e a preparare il contratto ma non a concluderlo.

    163

    A tal riguardo, occorre ricordare, da un lato, che l’articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83 definisce la nozione di «contratto a distanza» come qualsiasi contratto concluso tra il professionista e il consumatore nel quadro di un regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso.

    164

    Risulta quindi dal tenore letterale di tale disposizione, in particolare dall’espressione «fino alla conclusione (…), compresa la conclusione», che, ai fini della qualificazione di un contratto come «contratto a distanza», il requisito del ricorso esclusivo a uno o più mezzi di comunicazione a distanza tra il professionista e il consumatore senza la presenza fisica e simultanea di tali persone vale non solo per la conclusione del contratto in quanto tale, ma anche per la fase propedeutica a tale conclusione.

    165

    Dall’altro lato, dalla definizione della nozione di «professionista», di cui all’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83, discende che un professionista può agire, per quanto riguarda contratti rientranti nell’ambito di applicazione di tale direttiva, tramite un’altra persona che agisce in suo nome o per suo conto.

    166

    A questo proposito va notato che un intermediario che, come nel caso di specie, è autorizzato dal professionista a calcolare i vari elementi dell’oggetto del contratto, a discutere i termini e le condizioni del contratto con il consumatore, a fornire informazioni sul contratto proposto e a rispondere alle domande del consumatore, nonché a compilare, ricevere o trasmettere la richiesta scritta del consumatore per la conclusione di tale contratto con il professionista, agisce necessariamente sia in nome che per conto del professionista.

    167

    Dalle considerazioni esposte ai punti da 163 a 166 della presente sentenza si evince che la presenza fisica e simultanea del consumatore e di un intermediario che agisce in nome o per conto del professionista durante la fase propedeutica alla conclusione del contratto impedisce, in linea di principio, di considerare tale contratto come concluso mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza.

    168

    Tuttavia, come risulta dal considerando 20 della direttiva 2011/83, la definizione della nozione di «contratto a distanza» include le situazioni in cui il consumatore si reca nei locali commerciali unicamente per raccogliere informazioni sui beni o i servizi e successivamente negozia e conclude il contratto a distanza. D’altro canto, un contratto negoziato nei locali del professionista e concluso definitivamente mediante comunicazione a distanza non è considerato un contratto a distanza.

    169

    Le disposizioni della direttiva 2011/83 sui contratti a distanza mirano in tal senso a evitare che l’impiego di mezzi di comunicazione a distanza porti ad una diminuzione delle informazioni fornite al consumatore, in particolare nei limiti in cui le informazioni fornite prima della conclusione di un contratto ai sensi dell’articolo 6 di tale direttiva, le quali vertono sia sulle condizioni contrattuali e sulle conseguenze di tale conclusione, che consentono a tale consumatore di decidere se desidera vincolarsi contrattualmente a un professionista, sia sulla corretta esecuzione del contratto e, in particolare, sull’esercizio dei diritti del citato consumatore, sono di fondamentale importanza per quest’ultimo (v., in questo senso, sentenze del 23 gennaio 2019, Walbusch Walter Busch, C‑430/17, EU:C:2019:47, punti 3536 e giurisprudenza ivi citata, e del 5 maggio 2022, Victorinox, C‑179/21, EU:C:2022:353, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

    170

    Pertanto, non si possono qualificare come «contratto a distanza», ai sensi dell’articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83, contratti che, pur essendo stati conclusi con il professionista mediante un mezzo di comunicazione a distanza, sono stati oggetto di trattativa tra il consumatore e un intermediario che agisce in nome o per conto del professionista, nel corso della quale il consumatore, trovandosi alla presenza fisica di tale intermediario, ha ricevuto segnatamente le informazioni di cui all’articolo 6 della direttiva 2011/83 e ha potuto porre domande a quest’ultimo sul contratto previsto o sull’offerta proposta, al fine di dissipare qualsiasi incertezza circa la portata del suo eventuale impegno contrattuale con il professionista.

    171

    Per contro, un contratto concluso tra un consumatore e un professionista mediante uno o più mezzi di comunicazione a distanza può essere qualificato come «contratto a distanza», nell’accezione dell’articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83, qualora, nella fase propedeutica alla conclusione del contratto con il professionista, il consumatore si sia trovato alla presenza fisica di un intermediario che agisce in nome o per conto del professionista, laddove tale intermediario si sia tuttavia limitato a consentire al consumatore di raccogliere informazioni sull’oggetto del contratto e, se del caso, a ricevere e a trasmettere al professionista la richiesta del consumatore senza trattare con quest’ultimo e senza fornirgli le informazioni di cui all’articolo 6 di tale direttiva.

    172

    Dalle considerazioni esposte ai punti 46 e 166 della presente sentenza risulta che una fase di negoziazione si è effettivamente svolta tra VK e un intermediario autorizzato ad agire in nome o per conto della BMW Bank, in particolare in quanto gli elementi e la durata del leasing e l’importo del pagamento iniziale e delle rate mensili dovute, quali informazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettere a), e), g) e o), della direttiva 2011/83, sono stati discussi tra queste due persone, e l’intermediario ha peraltro risposto alle domande di VK in merito al contratto proposto. Fatta salva la verifica, da parte del giudice del rinvio del fatto che VK abbia ricevuto durante tale fase propedeutica, in forma chiara e comprensibile, tutte le informazioni di cui all’articolo 6 di detta direttiva, si deve pertanto ritenere, conformemente alle considerazioni esposte al punto 170 della presente sentenza, che il contratto di leasing del procedimento principale non sia un contratto a distanza ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, della direttiva 2011/83.

    173

    Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere all’ottava questione nella causa C‑38/21 dichiarando che l’articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83 deve essere interpretato nel senso che un contratto di servizi, nell’accezione dell’articolo 2, punto 6, di tale direttiva, concluso tra un consumatore e un professionista mediante un mezzo di comunicazione a distanza, non può essere qualificato come «contratto a distanza», ai sensi della prima di tali disposizioni, qualora la conclusione del contratto sia stata preceduta da una fase di negoziazione svoltasi alla presenza fisica e simultanea del consumatore e di un intermediario che agisce in nome o per conto del professionista, e nel corso della quale tale consumatore ha ricevuto da parte di detto intermediario, ai fini di tale negoziazione, tutte le informazioni di cui all’articolo 6 della citata direttiva e ha potuto porre domande a detto intermediario sul contratto previsto o sull’offerta proposta, al fine di dissipare qualsiasi incertezza circa la portata del suo eventuale impegno contrattuale con il professionista.

    – Sulla sesta questione nella causa C‑38/21

    174

    Con la sesta questione nella causa C‑38/21, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, punto 8, lettera a), della direttiva 2011/83 debba essere interpretato nel senso che un contratto di servizi, a norma dell’articolo 2, punto 6, di tale direttiva, concluso tra un consumatore e un professionista, possa essere qualificato come «contratto negoziato fuori dei locali commerciali», ai sensi della prima di tali disposizioni, qualora, nel corso della fase propedeutica alla conclusione del contratto mediante l’uso di un mezzo di comunicazione a distanza, il consumatore si sia recato nei locali commerciali di un intermediario che agisce in nome o per conto del professionista per la trattativa su tale contratto, ma che opera in un settore di attività diverso da quello del professionista.

    175

    A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 2, punto 8, lettera a), della direttiva 2011/83, la nozione di «contratto negoziato fuori dei locali commerciali» è definita in particolare come qualsiasi contratto tra il professionista e il consumatore concluso alla presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore in un luogo diverso dai locali del professionista. Ai sensi dell’articolo 2, punto 9, di tale direttiva, la nozione di «local[e] commercial[e]» è definita come qualsiasi locale immobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la sua attività in modo permanente o qualsiasi locale mobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la propria attività a carattere abituale.

    176

    L’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83 prevede che il «professionista» possa agire tramite un’altra persona che agisce in suo nome o per suo conto. Inoltre, dal considerando 22 di tale direttiva risulta che i locali commerciali di un intermediario dovrebbero essere considerati locali commerciali ai sensi di tale direttiva, vale a dire come locali commerciali del professionista, nell’accezione dell’articolo 2, punto 9, di detta direttiva.

    177

    Pertanto, dal combinato disposto del complesso di tali disposizioni, letto alla luce di detto considerando, risulta che, qualora un consumatore si rechi spontaneamente nei locali commerciali di un intermediario che agisce in nome o per conto del professionista e vi negozi un contratto, prima di concludere quest’ultimo con il professionista avvalendosi di un mezzo di comunicazione a distanza, tale contratto non costituisce un «contratto negoziato fuori dei locali commerciali», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 8, lettera a), della direttiva 2011/83, e ciò anche se il consumatore si sia unicamente recato nei locali commerciali dell’intermediario.

    178

    Questa interpretazione è corroborata dall’obiettivo perseguito dalle disposizioni della direttiva 2011/83 relative ai contratti negoziati fuori dei locali commerciali, che consiste, come risulta dai considerando 21 e 37 di tale direttiva, nel proteggere il consumatore dal rischio di subire pressioni psicologiche o di dover affrontare un elemento di sorpresa quando si trova fuori dai locali commerciali del professionista (v., in questo senso, sentenza del 7 agosto 2018, Verbraucherzentrale Berlin, C‑485/17, EU:C:2018:642, punto 33).

    179

    In tale contesto, la Corte ha già dichiarato che, se il legislatore dell’Unione ha previsto, in linea di principio, un diritto di recesso per tutelare il consumatore per quanto riguarda i contratti negoziati fuori dei locali commerciali, nei casi in cui, al momento della conclusione del contratto, il consumatore non si trovi in un locale occupato in maniera permanente o abituale dal professionista, ciò è perché ha ritenuto che tale consumatore possa aspettarsi di essere avvicinato dal professionista solo quado si reca spontaneamente in un locale occupato in maniera permanente o abituale da tale professionista, cosicché, all’occorrenza, egli non potrà legittimamente affermare in un momento successivo di essere stato sorpreso dall’offerta di tale professionista (v., in questo senso, sentenza del 7 agosto 2018, Verbraucherzentrale Berlin, C‑485/17, EU:C:2018:642, punto 34).

    180

    Orbene, la situazione non può essere diversa qualora un tale consumatore si rechi spontaneamente nei locali commerciali di un intermediario che ha tutta l’apparenza di agire in nome o per conto di un siffatto professionista, e ciò a prescindere dal fatto che detto intermediario sia autorizzato ad agire al solo fine della negoziazione del contratto e non già della sua conclusione. In un caso del genere, i locali commerciali dell’intermediario devono essere assimilati ai locali commerciali del professionista ai sensi dell’articolo 2, punto 8, lettera a), della direttiva 2011/83, letto alla luce del considerando 22 di quest’ultima.

    181

    Ciò premesso, nell’ipotesi in cui l’intermediario sia a sua volta un professionista la cui attività rientra in un settore diverso da quello del professionista in nome o per conto del quale agisce, per poter procedere ad una tale assimilazione è dirimente sapere se un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, possa o meno aspettarsi, recandosi nei locali commerciali dell’intermediario in parola, di ricevere una sollecitazione commerciale da parte di quest’ultimo al fine di negoziare e successivamente concludere a distanza un contratto relativo all’attività del professionista in nome o per conto del quale detto intermediario agisce (v., in questo senso, sentenza del 7 agosto 2018, Verbraucherzentrale Berlin, C‑485/17, EU:C:2018:642, punti 4344).

    182

    In tali circostanze, spetterà al giudice nazionale verificare se, recandosi nei locali commerciali del concessionario di automobili, VK potesse, dal punto di vista di un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, aspettarsi di essere oggetto di sollecitazioni commerciali da parte di tale concessionario ai fini della negoziazione e conclusione di un contratto di leasing con la BMW Bank e potesse, inoltre, comprendere facilmente che il concessionario agiva in nome o per conto del professionista.

    183

    Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla sesta questione sollevata nella causa C‑38/21 dichiarando che l’articolo 2, punto 8, lettera a), della direttiva 2011/83 deve essere interpretato nel senso che un contratto di servizi, ai sensi dell’articolo 2, punto 6, di tale direttiva, concluso tra un consumatore e un professionista non può essere qualificato come «contratto negoziato fuori dei locali commerciali», ai sensi della prima di tali disposizioni, qualora, nel corso della fase propedeutica alla conclusione del contratto mediante l’uso di un mezzo di comunicazione a distanza, il consumatore si sia recato nei locali commerciali di un intermediario il quale agisce in nome o per conto del professionista ai fini della negoziazione di tale contratto, ma opera in un settore di attività diverso da tale professionista, a condizione che detto consumatore, in quanto consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, potesse aspettarsi, recandosi nei locali commerciali dell’intermediario, di essere oggetto di una sollecitazione commerciale da parte di quest’ultimo ai fini della negoziazione e della conclusione di un contratto di servizi con il professionista e che egli abbia inoltre potuto facilmente comprendere che tale intermediario agiva in nome o per conto di detto professionista.

    – Sulla settima questione nella causa C‑38/21

    184

    Con la settima questione nella causa C‑38/21, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83 debba essere interpretato nel senso che l’eccezione al diritto di recesso prevista da tale disposizione per i contratti a distanza o negoziati fuori dei locali commerciali rientranti nell’ambito di applicazione di tale direttiva e relativi a servizi di noleggio di autovetture corredati di una data o di un periodo di esecuzione specifici sia opponibile a un consumatore che ha concluso con un professionista, per una durata di 24 mesi, un contratto di leasing relativo ad un autoveicolo qualificato come contratto di servizio a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali ai sensi di detta direttiva.

    185

    In via preliminare, occorre precisare che la risposta della Corte a tale questione sarà pertinente solo nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio dovesse qualificare il contratto di leasing di cui trattasi nel procedimento principale, alla luce della risposta fornita all’ottava e alla sesta questione nella causa C‑38/21, come contratto a distanza o come contratto negoziato fuori dei locali commerciali, ai sensi della direttiva 2011/83.

    186

    Fatta salva tale precisazione, occorre ricordare che gli articoli da 9 a 15 di tale direttiva riconoscono al consumatore un diritto di recesso in seguito alla conclusione di un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali, nell’accezione, rispettivamente, dell’articolo 2, punti 7 e 8, di tale direttiva, e stabiliscono le condizioni e le modalità di esercizio di tale diritto.

    187

    L’articolo 16 della medesima direttiva stabilisce tuttavia eccezioni a tale diritto di recesso, in particolare nell’ipotesi, prevista alla lettera l) di detto articolo, di una prestazione di servizi di noleggio di autovetture qualora il contratto preveda una data o un periodo di esecuzione specifici.

    188

    Occorre quindi chiarire se un contratto di leasing relativo a un autoveicolo, stipulato per un periodo di 24 mesi, come il contratto oggetto del procedimento principale, sia riconducibile a una «fornitura (…) di servizi di noleggio di autovetture [per] una data o un periodo di esecuzione specifici», ai sensi dell’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83. In assenza di un rinvio al diritto degli Stati membri, tale nozione deve, conformemente alla giurisprudenza rammentata al precedente punto 133, ricevere un’interpretazione autonoma e uniforme, da ricercarsi tenendo conto dei termini di detta nozione e alla luce del contesto e dell’obiettivo perseguito da tale disposizione.

    189

    Peraltro, secondo una costante giurisprudenza della Corte, qualora i termini da interpretare figurino nell’ambito di una disposizione che costituisce una deroga a un principio o, più specificamente, a norme del diritto dell’Unione dirette a tutelare i consumatori, essi devono essere interpretati restrittivamente [(v., in tal senso, sentenze del 10 marzo 2005, EasyCar, C‑336/03, EU:C:2005:150, punto 21, e del 14 maggio 2020, NK (Progettazione di una casa unifamiliare),C‑208/19, EU:C:2020:382, punto 40)]. Tuttavia, ciò non significa che i termini utilizzati per definire tale regime derogatorio debbano essere interpretati in un modo che priverebbe quest’ultimo dei suoi effetti. Infatti, l’interpretazione di tali termini deve essere conforme agli obiettivi perseguiti dal regime suddetto (sentenza del 30 settembre 2021, Icade Promotion, C‑299/20, EU:C:2021:783, punto 31 e giurisprudenza citata).

    190

    Per quanto riguarda, in primo luogo, la formulazione dell’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83, occorre considerare che i servizi di noleggio di autovetture di cui a tale disposizione sono caratterizzati dal mettere a disposizione del consumatore, in una data specifica o per un periodo specifico, una autovettura, vale a dire un autoveicolo, dietro pagamento di un canone di locazione o di rate mensili (v., in questo senso e per analogia, sentenza del 10 marzo 2005, EasyCar, C‑336/03, EU:C:2005:150, punto 27).

    191

    Orbene, come rilevato al punto 148 della presente sentenza, lo scopo principale di un contratto di leasing come quello oggetto del procedimento principale è di consentire al consumatore di utilizzare il veicolo per un determinato periodo di esecuzione, nella fattispecie 24 mesi, in cambio di un pagamento mensile per tutto tale periodo. Se è vero che un siffatto contratto comprende anche un elemento di credito, la formulazione dell’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83, nella misura in cui si riferisce genericamente alla «fornitura (…) di servizi di noleggio di autovetture», non consente di considerare, anche tenendo conto della giurisprudenza citata al punto 189 della presente sentenza, che il legislatore dell’Unione abbia voluto escludere i contratti di leasing relativi a un autoveicolo dall’ambito di applicazione di tale disposizione.

    192

    In particolare, la circostanza che l’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83 imponga quale condizione che il contratto di noleggio di un’autovettura preveda una data o un periodo di esecuzione «specifici», non permette di considerare che il legislatore dell’Unione abbia previsto soltanto contratti di noleggio di breve durata. Infatti, il termine «specifico» può coprire anche contratti di noleggio di durata più lunga, come una durata di 24 mesi, purché quest’ultima sia specificata in modo sufficientemente preciso nel contratto.

    193

    In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto in cui si inserisce detta disposizione, è vero che le categorie di servizi diverse dal noleggio di autovetture ivi menzionate, ossia la fornitura di alloggi per fini non residenziali, i servizi di trasporto di beni, i servizi di catering nonché i servizi riguardanti le attività di tempo libero, sono, di norma, fornite in modo specifico o per una durata relativamente breve. Tuttavia, dall’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83 non emerge alcuna limitazione concreta nel tempo che consenta di ritenere che solo i contratti di noleggio di autovetture conclusi per una certa durata massima possano rientrare nell’eccezione al diritto di recesso istituita da tale disposizione. Ciò vale a maggior ragione in quanto le altre categorie di servizi possono, in determinate circostanze, essere oggetto di contratti di lunga durata.

    194

    In terzo luogo, tenuto conto delle considerazioni esposte ai punti da 190 a 193 della presente sentenza e della giurisprudenza richiamata al punto 189 della stessa, è quindi alla luce dell’obiettivo perseguito dall’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83 che occorre stabilire se la nozione di «[prestazione di] servizi di noleggio di autovetture [per] una data o un periodo di esecuzione specifici», che va interpretata restrittivamente, comprenda i contratti di leasing relativi a un autoveicolo stipulati per un periodo di 24 mesi, come quello oggetto del procedimento principale.

    195

    Detto obiettivo consiste nel proteggere il professionista dal rischio legato all’accantonamento di determinate disponibilità che quest’ultimo potrebbe avere difficoltà a recuperare se fosse esercitato il diritto di recesso (sentenza del 31 marzo 2022, CTS Eventim, C‑96/21, EU:C:2022:238, punto 44).

    196

    Infatti, l’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83 mira, in particolare, a istituire una tutela degli interessi dei fornitori di determinati servizi, affinché costoro non subiscano gli inconvenienti sproporzionati connessi all’annullamento, senza spese né motivazione, di un servizio che ha dato luogo a una previa prenotazione, in conseguenza di un recesso del consumatore poco prima della data prevista per la prestazione di tale servizio (sentenza del 31 marzo 2022, CTS Eventim, C‑96/21, EU:C:2022:238, punto 45 e giurisprudenza citata).

    197

    Per quanto riguarda, più in particolare, l’attività delle imprese di autonoleggio, la Corte ha dichiarato che la tutela che il legislatore dell’Unione ha inteso accordare a tali imprese mediante l’eccezione al diritto di recesso è connessa al fatto che tali imprese devono prendere misure per effettuare, alla data fissata al momento della prenotazione, la prestazione convenuta, e, in caso di annullamento, subiscono pertanto gli stessi inconvenienti delle altre imprese attive negli altri settori elencati in tale disposizione (v., per analogia, sentenza del 10 marzo 2005, EasyCar, C‑336/03, EU:C:2005:150, punto 29).

    198

    Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, nell’ambito di un contratto di leasing come quello di cui trattasi nel procedimento principale, il professionista acquista il veicolo di cui trattasi su richiesta e in funzione delle specifiche del consumatore. Il professionista rimane proprietario del veicolo per tutta la durata del contratto e il consumatore è tenuto a restituirgli tale veicolo alla scadenza del contratto affinché il professionista lo destini ad un nuovo utilizzo, come un nuovo leasing, un’altra forma di noleggio o una vendita.

    199

    Orbene, indipendentemente dalla durata per la quale un siffatto contratto è stipulato, il professionista potrebbe, nel caso in cui un diritto di recesso fosse riconosciuto al consumatore, incontrare difficoltà a riassegnare, senza subirne inconvenienti sproporzionati, il veicolo specificamente acquistato su richiesta del consumatore per soddisfare le specifiche di quest’ultimo. Infatti, in funzione, in particolare, della marca, del modello, del tipo di motore, del colore della carrozzeria o dell’interno del veicolo o ancora delle opzioni di cui quest’ultimo è dotato, il professionista potrebbe non riuscire, entro un termine ragionevole successivo all’esercizio del diritto di recesso, a destinare il veicolo ad un altro uso equivalente per il periodo corrispondente alla durata del leasing originariamente prevista, senza subire un danno economico rilevante.

    200

    Questa interpretazione è coerente con l’eccezione al diritto di recesso prevista dall’articolo 16, lettera c), della direttiva 2011/83, relativa alla «fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati». È vero che un contratto di leasing come quello di cui trattasi nel procedimento principale nella causa C‑38/21 verte non già sulla fornitura di un bene, bensì sulla prestazione di un servizio. Ciò non toglie che tale altra eccezione testimonia la volontà del legislatore dell’Unione di escludere il diritto di recesso nel caso in cui un bene sia stato fabbricato o confezionato secondo precise specifiche del consumatore, come avviene nel caso in cui un veicolo nuovo sia ordinato secondo le precise specifiche del consumatore ai fini di un utilizzo nell’ambito di un contratto di leasing.

    201

    Dall’interpretazione letterale, contestuale e teleologica dell’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83, effettuata ai punti da 190 a 200 della presente sentenza, risulta che un contratto di leasing relativo a un autoveicolo stipulato per un periodo di 24 mesi, come il contratto oggetto del procedimento principale, è riconducibile a una «[prestazione di] servizi di noleggio di autovetture [per] una data o un periodo di esecuzione specifici», ai sensi dell’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83.

    202

    Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla settima questione sollevata nella causa C‑38/21 dichiarando che l’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83 deve essere interpretato nel senso che rientra nell’eccezione al diritto di recesso prevista da tale disposizione per i contratti a distanza o negoziati fuori dei locali commerciali compresi nell’ambito di applicazione di tale direttiva e vertenti su servizi di noleggio di autovetture corredati di una data o di un periodo di esecuzione specifici un contratto di leasing relativo a un autoveicolo concluso tra un professionista e un consumatore e qualificato come contratto di servizi a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali ai sensi di detta direttiva, qualora l’oggetto principale di tale contratto consista nel consentire al consumatore di utilizzare un veicolo per la durata specifica prevista da detto contratto, dietro pagamento regolare di somme di denaro.

    Le questioni dalla prima alla quarta nella causa C‑38/21

    203

    Poiché le questioni dalla prima alla quarta vertono sull’interpretazione di disposizioni della direttiva 2008/48, occorre rilevare, in primo luogo, che, poiché un contratto di leasing come quello oggetto del procedimento principale non rientra, conformemente alla risposta data alla quinta questione nella causa C‑38/21, nell’ambito di applicazione di tale direttiva, non è più necessario, in forza della giurisprudenza menzionata al punto 110 della presente sentenza, rispondere alle questioni dalla prima alla quarta alla luce di tale direttiva.

    204

    Tale constatazione non è rimessa in discussione dal fatto che il giudice del rinvio spiega che, a suo avviso, un siffatto contratto di leasing dovrebbe essere disciplinato per analogia dalle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la direttiva 2008/48.

    205

    È vero che, in virtù dell’articolo 1 della direttiva 2008/48, in combinato disposto con il suo considerando 10, gli Stati membri hanno la facoltà, nonostante la piena armonizzazione degli aspetti coperti da tale direttiva, di mantenere o introdurre norme nazionali conformi alla direttiva o a talune delle sue disposizioni in materia di contratti di credito al di fuori dell’ambito di applicazione della presente direttiva, come i «contratti di locazione o di leasing che non prevedono obbligo di acquisto dell’oggetto del contratto né in virtù del contratto stesso né di altri contratti distinti», di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2008/48.

    206

    È altrettanto vero che la Corte si è ripetutamente dichiarata competente a statuire su domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni in cui dette disposizioni erano state rese applicabili dal diritto nazionale laddove quest’ultimo si era conformato, per le soluzioni apportate a situazioni puramente interne, a quelle adottate dal diritto dell’Unione. In quei casi, esiste un interesse certo dell’Unione, per evitare future divergenze d’interpretazione, a che le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate (v., in questo senso, sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punti 4546 e giurisprudenza ivi citata).

    207

    Ciò premesso, dalla giurisprudenza della Corte risulta che le disposizioni di cui trattasi del diritto dell’Unione devono essere state rese applicabili dal diritto nazionale in modo diretto e incondizionato, al fine di assicurare un trattamento identico alle situazioni interne e a quelle disciplinate dal diritto dell’Unione, e che gli elementi concreti che consentano di stabilire una siffatta applicabilità diretta ed incondizionata devono risultare dalla decisione di rinvio. Per questo spetta al giudice del rinvio indicare, conformemente all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, in che modo, nonostante il suo carattere puramente interno, la controversia dinanzi ad esso pendente presenti con le disposizioni del diritto dell’Unione un elemento di collegamento che renda l’interpretazione pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia (v., in questo senso, sentenza del 30 gennaio 2020, I.G.I., C‑394/18, EU:C:2020:56, punti 46, 4849 nonché giurisprudenza ivi citata).

    208

    Nel caso di specie, nell’integrazione della domanda di pronuncia pregiudiziale il giudice del rinvio riferisce che il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha statuito che i contratti di leasing relativi ad un autoveicolo che prevedono che il consumatore non sia obbligato ad acquistare l’autoveicolo alla scadenza del contratto non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 506 del BGB, che fa riferimento a disposizioni del BGB che hanno recepito la direttiva 2008/48. Di conseguenza, nonostante i dubbi su tale interpretazione, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale il giudice del rinvio afferma che, secondo la giurisprudenza del Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), che fa parte del diritto tedesco, le disposizioni della direttiva 2008/48 non sono state rese direttamente e incondizionatamente applicabili da tale diritto ai contratti di leasing come quello oggetto del procedimento principale

    209

    In secondo luogo occorre osservare che, nella sua integrazione alla domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio spiega che, anche se il contratto di cui trattasi nel procedimento principale non dovesse rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48 in quanto contratto di credito al consumo, la terza e la quarta questione nella causa C‑38/21 rimarrebbero rilevanti nel caso in cui il diritto di recesso previsto per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali e per i contratti a distanza dalle disposizioni del diritto tedesco che recepiscono le disposizioni della direttiva 2002/65 e della direttiva 2011/83 potesse essere invocato dal consumatore.

    210

    A questo proposito, dal punto 156 della presente sentenza risulta che un consumatore come VK non dispone di un diritto di recesso sulla base della direttiva 2002/65, poiché un contratto di leasing relativo a un autoveicolo come quello del procedimento principale non rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva. Inoltre, dai punti 156 e 202 della presente sentenza emerge che, sebbene tale contratto rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2011/83, e anche supponendo che esso possa essere qualificato come contratto negoziato fuori dei locali commerciali o come contratto a distanza ai sensi dell’articolo 2, paragrafi 6 e 7, di tale direttiva, il consumatore che lo abbia concluso con un professionista non gode del diritto di recesso previsto da tale direttiva conformemente all’articolo 16, lettera l), della stessa.

    211

    Ciò premesso, non occorre rispondere alla terza e alla quarta questione nella causa C‑38/21 alla luce delle direttive 2002/65 e 2011/83.

    Sulla prima questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21

    212

    In via preliminare, e in risposta all’obiezione della C. Bank, della Volkswagen Bank e della Audi Bank circa l’irricevibilità di tale questione, occorre ricordare che, se è vero che il tenore letterale di tale questione invita la Corte a pronunciarsi sulla compatibilità di disposizioni di diritto interno con il diritto dell’Unione, nulla impedisce alla Corte di dare una risposta utile al giudice del rinvio fornendogli gli elementi di interpretazione attinenti al diritto dell’Unione che consentiranno a tale giudice di statuire esso stesso sulla compatibilità del diritto interno con il diritto dell’Unione (sentenza del 17 marzo 2021, Consulmarketing, C‑652/19, EU:C:2021:208, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

    213

    Nel caso di specie risulta, anzitutto, dalle domande di pronuncia pregiudiziale nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 che i contratti di cui trattasi in tali cause prevedono che il termine entro il quale il consumatore può recedere inizia a decorrere solo dopo la stipula del contratto, a condizione che il mutuatario abbia ricevuto tutte le informazioni obbligatorie previste dal diritto tedesco e corrispondenti, in sostanza, alle indicazioni illustrate all’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48.

    214

    Inoltre, tali contratti contengono clausole che corrispondono al modello di legge stabilito dal diritto tedesco. Sebbene il giudice del rinvio abbia accertato che alcune di tali clausole non erano conformi all’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48, esso precisa che dall’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, terza frase, e paragrafo 12, primo comma, terza frase, dell’EGBGB risulta che, se il contratto contiene una clausola evidenziata e presentata chiaramente, che corrisponde a detto modello, si ritiene che tale clausola soddisfi gli obblighi in materia di informazione del consumatore in merito al suo diritto di recesso.

    215

    Infine, occorre osservare che, sebbene la prima questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 sia posta alla luce non solo dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48, ma anche dell’articolo 14, paragrafo 1, di tale direttiva, solo l’interpretazione della prima di tali disposizioni è necessaria ai fini della risposta a tale questione.

    216

    In queste circostanze occorre intendere che, con la sua prima questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che stabilisce una presunzione di legge secondo cui il professionista rispetta il suo obbligo di informare il consumatore del suo diritto di recesso qualora tale professionista, in un contratto, rinvii a disposizioni nazionali che a loro volta rinviano a un modello informativo previsto dalla normativa al riguardo, avvalendosi al contempo di clausole contenute in tale modello non conformi alle prescrizioni di detta disposizione della direttiva. In caso affermativo, il giudice del rinvio chiede altresì se tale normativa nazionale debba essere disapplicata in una controversia in cui le parti siano esclusivamente privati.

    217

    A tale riguardo, occorre sottolineare che i contratti di prestito oggetto dei procedimenti principali nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 corrispondono alla definizione dei contratti di credito di cui all’articolo 3, lettera c), della direttiva 2008/48. Tali contratti rientrano pertanto nell’ambito di applicazione di tale direttiva, conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, della stessa.

    218

    Fatta tale precisazione, occorre ricordare che l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 elenca le informazioni che devono essere menzionate in modo chiaro e conciso nei contratti di credito che rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva in forza dell’articolo 2 di quest’ultima. L’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), di detta direttiva dispone, in particolare, che il contratto di credito deve indicare in tal modo l’esistenza o l’assenza del diritto di recesso, il periodo durante il quale esso può essere esercitato e le altre condizioni per il suo esercizio, comprese le informazioni sull’obbligo del consumatore di rimborsare il capitale prelevato e corrispondere gli interessi nonché l’importo giornaliero degli interessi.

    219

    La Corte ha già dichiarato che l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48 osta a che un contratto di credito, per quanto riguarda le informazioni di cui all’articolo 10 di tale direttiva, rinvii ad una disposizione nazionale che rinvia a sua volta ad altre disposizioni del diritto dello Stato membro di cui trattasi. Infatti, qualora un contratto concluso da un consumatore, per quanto attiene alle informazioni da fornire obbligatoriamente ex articolo 10 della direttiva 2008/48, rinvii a talune disposizioni di diritto nazionale, il consumatore non è in grado, sulla base del contratto stesso, né di determinare la portata del proprio impegno contrattuale, né di verificare se tutti gli elementi necessari, ai sensi della disposizione medesima, figurino nel contratto da lui concluso, né, a fortiori, di verificare se il periodo di recesso di cui può fruire abbia iniziato a decorrere nei suoi confronti (v., in questo senso, sentenza del 26 marzo 2020, Kreissparkasse Saarlouis, C‑66/19, EU:C:2020:242, punti 4449).

    220

    Ne consegue che l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48 osta all’inserimento nel contratto di credito di una clausola che rinvia a disposizioni nazionali che rinviano a loro volta a un modello informativo previsto dalla normativa, quale il modello previsto dalla legge. Lo stesso vale a maggior ragione quando clausole contenute in un siffatto modello sono contrarie a detta disposizione a causa della loro mancanza di chiarezza nel contesto del contratto di cui trattasi. Pertanto, la medesima disposizione osta parimenti ad una normativa nazionale che colleghi all’utilizzo di siffatte clausole una presunzione di legge secondo cui il professionista rispetta il suo obbligo di informare il consumatore del suo diritto di recesso.

    221

    Per quanto riguarda le conseguenze che il giudice del rinvio deve trarre da tale conclusione, occorre ricordare che il giudice nazionale, cui venga sottoposta una controversia intercorrente esclusivamente tra privati, deve, quando applica le norme del diritto interno adottate ai fini della trasposizione degli obblighi previsti da una direttiva, prendere in considerazione l’insieme delle norme del diritto nazionale ed interpretarle, per quanto possibile, alla luce del testo e della finalità di tale direttiva per giungere a una soluzione conforme all’obiettivo perseguito da quest’ultima (sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 27 e giurisprudenza citata).

    222

    Tuttavia, il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale incontra determinati limiti. Infatti, l’obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al contenuto di una direttiva nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del proprio diritto interno trova un limite nei principi generali del diritto, e non può servire da fondamento per un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

    223

    Nel caso di specie, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che, secondo il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), il tenore letterale, la genesi e la finalità delle disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale ostano a una loro interpretazione conforme alla direttiva 2008/48. Il giudice del rinvio, da parte sua, fa riferimento all’esistenza di una posizione dottrinale favorevole a tale interpretazione, pur ritenendo di disapplicare tali disposizioni nazionali.

    224

    In tali circostanze, spetta a detto giudice verificare se le disposizioni nazionali di cui trattasi nei procedimenti principali si prestino a un’interpretazione conforme alla direttiva 2008/48, fermo restando che esso non può validamente ritenere di trovarsi nell’impossibilità di procedere ad una siffatta interpretazione per il solo fatto che tali disposizioni sono state interpretate da altri giudici dello Stato membro cui attiene, ivi inclusi i giudici supremi, in un senso che non è compatibile con tale diritto (v., in questo senso, sentenza del 22 aprile 2021, Profi Credit Slovakia, C‑485/19, EU:C:2021:313, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

    225

    Nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio dovesse concludere nel senso di una siffatta impossibilità, occorre ricordare che, ove non si possa procedere a un’interpretazione della normativa nazionale conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, il principio del primato di tale diritto impone al giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni di tale diritto, l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali prescrizioni disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi normativa o prassi nazionale, anche posteriore, contraria a una disposizione del diritto dell’Unione che abbia effetto diretto, senza dover chiedere o attendere la previa rimozione di tale normativa o prassi nazionale in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale [sentenze dell’8 marzo 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Effetto diretto),C‑205/20, EU:C:2022:168, punto 37 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 24 luglio 2023, Lin, C‑107/23 PPU, EU:C:2023:606, punto 95].

    226

    Orbene, secondo costante giurisprudenza, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un soggetto di diritto e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti dinanzi a un giudice nazionale. Pertanto, anche se chiara, precisa e incondizionata, una disposizione di una direttiva non consente al giudice nazionale di disapplicare una disposizione del suo diritto interno ad essa contraria se, in tal modo, venisse imposto un obbligo aggiuntivo a un soggetto di diritto (v., in questo senso, sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

    227

    Nel caso di specie è pacifico, da un lato, che i procedimenti principali vedono contrapposti esclusivamente privati. Dall’altro lato, se le disposizioni nazionali di cui trattasi fossero disapplicate in applicazione dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48 nei procedimenti principali, le banche convenute in tali controversie sarebbero private del beneficio della presunzione di legge che tali disposizioni stabiliscono e, pertanto, sarebbero tenute a menzionare, in modo chiaro e comprensibile nei contratti di cui ai procedimenti principali, le informazioni relative al diritto di recesso elencate in tale disposizione. Orbene, la giurisprudenza richiamata al punto precedente esclude che tale effetto possa essere riconosciuto a detta disposizione, sulla sola base del diritto dell’Unione.

    228

    Ne consegue che un giudice nazionale non è tenuto, sulla sola base del diritto dell’Unione, a disapplicare l’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, terza frase, e paragrafo 12, primo comma, terza frase, dell’EGBGB, anche se tali disposizioni sono contrarie all’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48, ferma restando tuttavia la possibilità, per tale giudice, di disapplicare dette disposizioni sulla base del diritto interno (v., per analogia, sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 33).

    229

    Occorre tuttavia precisare che la parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione può far valere la giurisprudenza risultante dalla sentenza del 19 novembre 1991, Francovich e a. (C‑6/90 e C‑9/90, EU:C:1991:428), per ottenere, se del caso, il risarcimento del danno subìto (v., in tal senso, sentenze del 7 marzo 1996, El Corte Inglés, C‑192/94, EU:C:1996:88, punto 22, nonché del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

    230

    Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla prima questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 dichiarando che l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che stabilisce una presunzione di legge secondo cui il professionista rispetta il suo obbligo di informare il consumatore del suo diritto di recesso qualora tale professionista, in un contratto, rinvii a disposizioni nazionali che a loro volta rinviano a un modello informativo previsto dalla normativa al riguardo, utilizzando al contempo di clausole contenute in tale modello che non sono conformi alle prescrizioni di detta disposizione della direttiva. Se un giudice nazionale investito di una controversia intercorrente esclusivamente tra privati non può interpretare la normativa nazionale di cui trattasi in modo conforme alla direttiva 2008/48, esso non è tenuto, sulla sola base del diritto dell’Unione, a disapplicare una normativa siffatta, ferma restando tuttavia la possibilità, per tale giudice, di disapplicarla sulla base del suo diritto interno e, in mancanza, ferma restando la possibilità, per la parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione, di chiedere il risarcimento del danno che ne è risultato a suo carico.

    Sulla seconda questione, lettera a), nella causa C‑232/21

    231

    Con la seconda questione, lettera a), nella causa C‑232/21, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che l’importo giornaliero degli interessi che deve figurare nel contratto di credito in forza di tale disposizione, applicabile in caso di esercizio da parte del consumatore del diritto di recesso, deve risultare aritmeticamente dal tasso debitore pattuito in tale contratto.

    232

    L’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48 dispone che nel contratto di credito devono figurare, in modo chiaro e conciso, informazioni sull’obbligo del consumatore, in caso di esercizio del suo diritto di recesso, di rimborsare il capitale prelevato e di corrispondere gli interessi conformemente all’articolo 14, paragrafo 3, lettera b), di tale direttiva, nonché l’importo giornaliero degli interessi da corrispondere.

    233

    Dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, letto alla luce del considerando 31 di quest’ultima, emerge che il requisito consistente nell’indicare, in un contratto di credito redatto su supporto cartaceo o su altro supporto durevole, in modo chiaro e conciso, gli elementi previsti dalla disposizione de qua, è necessario affinché il consumatore sia in condizione di conoscere i propri diritti ed obblighi (sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

    234

    La conoscenza e una corretta comprensione, da parte del consumatore, degli elementi che il contratto di credito deve obbligatoriamente contenere, conformemente all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, sono necessarie per la corretta esecuzione del contratto stesso e, in particolare, per l’esercizio dei diritti del consumatore, tra i quali figura il suo diritto di recesso (v., in questo senso, sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

    235

    Al fine di consentire una corretta comprensione di detti elementi nel rispetto del requisito di chiarezza posto dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, le informazioni fornite in un contratto di credito devono quindi essere scevre da qualsiasi contraddizione che possa indurre in errore un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, quanto alla portata dei suoi diritti e obblighi in forza di detto contratto.

    236

    Peraltro, l’articolo 14, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2008/48 prevede in particolare che, in caso di esercizio del diritto di recesso, gli interessi debbano essere calcolati sulla base del tasso debitore pattuito. Occorre considerare che la nozione di «interessi» comprende anche gli interessi giornalieri di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), di tale direttiva, dal momento che l’articolo 14, paragrafo 3, lettera b), della stessa riguarda tutti gli «interessi dovuti su[l] capitale dalla data di prelievo del credito fino alla data di rimborso del capitale».

    237

    Risulta quindi dal combinato disposto dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), e dell’articolo 14, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2008/48 che, per quanto riguarda l’importo giornaliero degli interessi da corrispondere da parte del consumatore in caso di esercizio del suo diritto di recesso, tale interesse non può in nessun caso essere superiore all’importo che risulta aritmeticamente dal tasso debitore pattuito nel contratto di credito.

    238

    Alla luce della giurisprudenza citata ai punti da 233 a 235 della presente sentenza, le informazioni fornite nel contratto in merito all’importo giornaliero degli interessi devono figurare in modo chiaro e conciso in maniera che, in particolare, lette in combinato con altre informazioni, esse risultino scevre da qualsiasi contraddizione oggettivamente idonea ad indurre in errore un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto quanto all’importo giornaliero degli interessi che egli dovrà in definitiva corrispondere. In mancanza di informazioni che presentino tali caratteristiche, non è dovuto alcun importo giornaliero degli interessi.

    239

    Spetterà al giudice del rinvio verificare se, alla luce delle clausole contrattuali di cui trattasi nella causa C‑232/21, un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, fosse in grado di individuare chiaramente l’importo giornaliero degli interessi dovuto in caso di esercizio del diritto di recesso.

    240

    Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla seconda questione, lettera a), nella causa C‑232/21, dichiarando che l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48, in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 3, lettera b), di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che l’importo giornaliero degli interessi che deve figurare in un contratto di credito in forza di tale disposizione, applicabile in caso di esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore, non può in nessun caso essere superiore all’importo che risulta aritmeticamente dal tasso debitore pattuito contrattualmente. Le informazioni fornite nel contratto in merito all’importo giornaliero degli interessi devono figurare in modo chiaro e conciso, in maniera che, in particolare, lette in combinato con altre informazioni, esse risultino scevre da qualsiasi contraddizione oggettivamente idonea ad indurre in errore un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto quanto all’importo giornaliero degli interessi che egli dovrà in definitiva corrispondere. In mancanza di informazioni che presentino tali caratteristiche, non è dovuto alcun importo giornaliero degli interessi.

    Sulla seconda questione, lettera d), nella causa C‑47/21

    241

    Con la sua seconda questione, lettera d), nella causa C‑47/21, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera t), della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che in un contratto di credito debbano essere indicati i requisiti di forma essenziali ai fini dell’accesso ad un meccanismo extragiudiziale di reclamo o di ricorso, o se sia sufficiente che detto contratto rinvii al riguardo a un regolamento di procedura disponibile su richiesta o consultabile su Internet.

    242

    A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 10, paragrafo 2, lettera t), della direttiva 2008/48, in un contratto di credito devono figurare, in modo chiaro e conciso, l’eventuale esistenza di un meccanismo extragiudiziale di reclamo e di ricorso a disposizione del consumatore e, se tale meccanismo esiste, le modalità di accesso allo stesso.

    243

    In tale contesto, la Corte ha già dichiarato che, sebbene l’informazione che figura nel contratto di credito non debba obbligatoriamente riprodurre tutte le norme procedurali relative al meccanismo extragiudiziale di reclamo e di ricorso a disposizione del consumatore, l’articolo 10, paragrafo 2, lettera t), della direttiva 2008/48 mira tuttavia a garantire, da un lato, che il consumatore possa decidere, con piena cognizione dei fatti, se sia opportuno ricorrere a uno di tali meccanismi e, dall’altro, che egli sia effettivamente in grado di attivare un siffatto meccanismo sulla base delle informazioni che figurano nel contratto di credito (v., in questo senso, sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punti 132135).

    244

    A tal fine, è essenziale che il consumatore sia informato, in primo luogo, di tutti i meccanismi extragiudiziali di reclamo o di ricorso a sua disposizione e, se del caso, del costo di ciascuno di essi; in secondo luogo, del fatto che il reclamo o il ricorso debba essere presentato per posta o per via elettronica; in terzo luogo, dell’indirizzo fisico o di posta elettronica al quale tale reclamo o tale ricorso deve essere inviato e, in quarto luogo, degli altri requisiti di forma ai quali tale reclamo o tale ricorso è soggetto. (sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punto 136).

    245

    La Corte ha già affermato a questo proposito che un mero rinvio, operato nel contratto di credito, a un regolamento di procedura consultabile su Internet o a un altro atto o documento vertente sulle modalità dei meccanismi extragiudiziali di reclamo e di ricorso non è sufficiente (sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punto 137). Lo stesso deve valere quando il contratto di credito indica che tale regolamento è disponibile su richiesta.

    246

    Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla seconda questione, lettera d), nella causa C‑47/21, dichiarando che l’articolo 10, paragrafo 2, lettera t), della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che in un contratto di credito devono figurare le informazioni essenziali relative a tutti i meccanismi extragiudiziali di reclamo e di ricorso a disposizione del consumatore e, se del caso, il costo di ciascuno di essi, il fatto che il reclamo o il ricorso debba essere presentato per posta o per via elettronica, l’indirizzo fisico o di posta elettronica al quale tale reclamo o tale ricorso deve essere inviato e gli altri requisiti di forma ai quali tale reclamo o tale ricorso è soggetto, fermo restando che un mero rinvio, operato nel contratto di credito, a un regolamento di procedura disponibile su domanda o consultabile su Internet o a un altro atto o documento vertente sulle modalità d’accesso a meccanismi extragiudiziali di reclamo e di ricorso non è sufficiente.

    Sulla seconda questione, lettera b), sub aa), nelle cause C‑47/21 e C‑232/21

    247

    Con la seconda questione, lettera b), sub aa), nelle cause C‑47/21 e C‑232/21, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera r), della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che un contratto di credito, ai fini del calcolo dell’indennità da corrispondere in caso di rimborso anticipato del credito, deve indicare una formula aritmetica sufficientemente concreta e comprensibile per il consumatore in modo che quest’ultimo possa calcolare, quantomeno approssimativamente, l’importo dovuto in un caso del genere.

    248

    Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera r), della direttiva 2008/48, nel contratto di credito devono figurare, in modo chiaro e conciso, «il diritto al rimborso anticipato, la relativa procedura nonché, se del caso, le informazioni sul diritto del creditore a ottenere un indennizzo e le relative modalità di calcolo».

    249

    Nel caso di specie, dalle decisioni di rinvio risulta che i contratti di credito di cui alle cause C‑47/21 e C‑232/21 prevedono, in sostanza, che, in caso di rimborso anticipato del prestito da parte del consumatore, la banca possa chiedere un indennizzo calcolato conformemente al quadro aritmetico prescritto dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), il quale tiene conto, in particolare, del livello del tasso d’interesse che nel frattempo è variato, dei flussi di cassa inizialmente convenuti per il prestito, del lucro cessante della banca mutuante, degli oneri amministrativi connessi al rimborso anticipato nonché dei costi del rischio e degli oneri amministrativi risparmiati grazie al rimborso anticipato. Questi contratti specificano inoltre che l’indennità di rimborso anticipato così calcolata si riduce al minore dei due importi seguenti, se essa è superiore a quest’ultimo: vuoi l’uno per cento o, se il rimborso anticipato viene effettuato meno di sette anni prima della data di rimborso concordata, lo 0,5 per cento dell’importo rimborsato anticipatamente, vuoi l’importo degli interessi debitori che il mutuatario avrebbe pagato tra la data di rimborso anticipato e la data di rimborso concordata.

    250

    In un contesto simile, la Corte ha già statuito che, nel caso in cui la direttiva 2008/48 preveda un obbligo, a carico del professionista, d’informare il consumatore in ordine al contenuto dell’impegno contrattuale al medesimo proposto, di cui alcuni elementi siano determinati da disposizioni legislative o regolamentari cogenti di uno Stato membro, il professionista ha l’obbligo di comunicare al consumatore in modo chiaro e conciso il contenuto delle disposizioni medesime affinché egli sia in condizione di conoscere i propri diritti ed obblighi (sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punto 99 e giurisprudenza citata).

    251

    Sebbene non sia necessario, a tal fine, per quanto riguarda l’indennizzo dovuto in caso di rimborso anticipato di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettera r), della direttiva 2008/48, che il contratto di credito precisi la formula aritmetica tramite la quale tale indennizzo sarà calcolato, esso deve tuttavia indicare la modalità di calcolo dello stesso in modo concreto e facilmente comprensibile per un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, in maniera tale che quest’ultimo possa determinare l’importo dell’indennizzo dovuto in caso di rimborso anticipato sulla base delle informazioni fornite nel contratto di credito (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punto 100).

    252

    Pertanto, la Corte ha dichiarato che un mero rinvio, ai fini del calcolo dell’indennizzo dovuto in caso di rimborso anticipato del prestito, al quadro aritmetico finanziario stabilito da un organo giurisdizionale nazionale, non soddisfa l’obbligo, ricordato al punto 250 della presente sentenza, di informare il consumatore in ordine al contenuto del proprio impegno contrattuale (sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punto 101).

    253

    Ciò premesso, l’obbligo, previsto all’articolo 10, paragrafo 2, lettera r) della direttiva 2008/48 di informare il consumatore circa le modalità di calcolo dell’indennizzo che egli dovrà versare al creditore in caso di rimborso anticipato del mutuo mira a consentire al consumatore di determinare l’importo di tale indennizzo sulla base delle informazioni fornite nel contratto di credito. A tale proposito, dalla giurisprudenza della Corte si evince che il fatto di fornire un’informazione incompleta o errata può essere equiparato alla mancanza di qualsiasi informazione solo alla condizione che il consumatore, per questo motivo, sia indotto in errore circa i suoi diritti ed obblighi (v., in questo senso, sentenze del 10 aprile 2008, Hamilton, C‑412/06, EU:C:2008:215, punto 35, e del 19 dicembre 2019, Rust Hackner e a., da C‑355/18 a C‑357/18 e C‑479/18, EU:C:2019:1123, punto 78) e, pertanto, sia indotto a concludere un contratto che eventualmente non avrebbe stipulato se avesse disposto di tutte le informazioni complete e materialmente non errate.

    254

    Orbene, non si può ritenere che un consumatore sia stato indotto in errore, ai sensi di tale giurisprudenza, qualora, nonostante la non conformità di un rinvio, ai fini del calcolo di detto indennizzo, al quadro aritmetico finanziario prescritto da un giudice nazionale, il contratto contenga altri elementi che consentono a tale consumatore di determinare agevolmente l’importo dell’indennizzo di cui trattasi, in particolare l’importo massimo di quest’ultimo, che egli dovrà versare in caso di rimborso anticipato del prestito.

    255

    Spetterà quindi al giudice del rinvio verificare se i contratti di cui trattasi nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 soddisfino tale condizione, nella parte in cui prevedono che l’indennizzo per il rimborso anticipato, calcolato sulla base del quadro finanziario aritmetico stabilito dalla giurisprudenza sia ridotto al minore dei due importi menzionati al punto 249 della presente sentenza, qualora esso sia superiore a questi ultimi.

    256

    Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla seconda questione, lettera b), sub aa), nelle cause C‑47/21 e C‑232/21, dichiarando che l’articolo 10, paragrafo 2, lettera r), della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che un contratto di credito deve, in linea di principio, per il calcolo dell’indennizzo dovuto in caso di rimborso anticipato del prestito, indicare la modalità di calcolo dell’indennizzo in modo concreto e facilmente comprensibile per un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, in maniera tale che quest’ultimo possa determinare l’importo dell’indennizzo dovuto in caso di rimborso anticipato sulla base delle informazioni fornite nel contratto stesso. Ciò premesso, anche in assenza di un’indicazione concreta e facilmente comprensibile delle modalità di calcolo, un contratto siffatto può soddisfare l’obbligo enunciato in tale disposizione purché contenga altri elementi che consentono al consumatore di determinare agevolmente l’importo dell’indennizzo di cui trattasi, in particolare l’importo massimo di quest’ultimo, che egli dovrà versare in caso di rimborso anticipato del mutuo.

    Sulla seconda questione, lettera b), sub bb); lettere e) ed f), nella causa C‑47/21, nonché sulla seconda questione, lettera b), sub bb), lettera c) e lettera d), nella causa C‑232/21

    257

    In via preliminare, occorre considerare che la seconda questione, lettere e) ed f), nella causa C‑47/21 nonché la seconda questione, lettere c) e d), nella causa C‑232/21 sono ricevibili, contrariamente a quanto sostengono rispettivamente la C. Bank nonché la Volkswagen Bank e la Audi Bank nelle loro osservazioni scritte. Per quanto il giudice del rinvio sollevi dette questioni riferendosi in maniera generale all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 e non specificamente a punti precisi di tale disposizione, da una lettura complessiva delle decisioni di rinvio in queste due cause risulta tuttavia che la Corte è in grado di comprendere gli aspetti di tale disposizione che suscitano dubbi interpretativi da parte del giudice del rinvio, e di fornirgli una risposta utile al riguardo. Ne consegue che, conformemente ai principi enunciati ai punti 110 e 117 della presente sentenza, il giudice nazionale ha individuato con sufficiente precisione, nell’ambito di tali questioni, una disposizione del diritto dell’Unione che ha una relazione con l’effettività o con l’oggetto dei procedimenti principali, consentendo così alla Corte di fornire a tale giudice una risposta adeguata.

    258

    Pertanto, con la seconda questione, lettera b), sub bb); lettera e) e lettera f), nella causa C‑47/21 nonché con la seconda questione, lettera b), sub bb), lettera c) e lettera d), nella causa C‑232/21, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b), della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che il periodo di recesso, previsto a tale articolo 14, paragrafo 1, primo comma, inizia a decorrere solo a condizione che le informazioni richieste ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva siano state fornite al consumatore in modo completo e siano prive di errori materiali.

    259

    A questo riguardo occorre rilevare che, come altre direttive dell’Unione in materia di tutela dei consumatori, il sistema di tutela stabilito dalla direttiva 2008/48 è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista, per quanto riguarda sia il potere nelle trattative commerciali sia il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse (v., in questo senso, sentenze del 4 giugno 2015, Faber, C‑497/13, EU:C:2015:357, punto 42 e giurisprudenza ivi citata, e del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

    260

    In questa prospettiva, le informazioni precedenti e concomitanti alla stipulazione di un contratto, relative alle condizioni contrattuali e alle conseguenze di detta stipulazione, rivestono per il consumatore un’importanza fondamentale. È segnatamente in base a tali informazioni che quest’ultimo decide se desidera vincolarsi alle condizioni preventivamente redatte dal professionista (sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

    261

    Risulta così dall’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b), della direttiva 2008/48 che il periodo di recesso di quattordici giorni inizia a decorrere unicamente dal giorno in cui, in particolare, le informazioni previste all’articolo 10 di tale direttiva sono state ricevute dal consumatore, se tale giorno è successivo a quello della conclusione del contratto di credito. Il paragrafo 2 di detto articolo 10 elenca le informazioni che devono essere menzionate, in modo chiaro e conciso, nel contratto di credito.

    262

    A questo proposito, è importante ricordare che l’obbligo di informazione di cui all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 contribuisce alla realizzazione dell’obiettivo perseguito da quest’ultima, che consiste, come emerge dai suoi considerando 7 e 9, nel prevedere, in materia di credito ai consumatori, un’armonizzazione completa e imperativa in una serie di settori fondamentali, la quale viene ritenuta necessaria per garantire a tutti i consumatori dell’Unione un livello elevato ed equivalente di tutela dei loro interessi e per facilitare il sorgere di un efficiente mercato interno del credito al consumo (sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

    263

    Come già spiegato ai punti 233 e 234 della presente sentenza, dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, letto alla luce del considerando 31 di quest’ultima, emerge che il requisito consistente nell’indicare, in un contratto di credito redatto su supporto cartaceo o su altro supporto durevole, in modo chiaro e conciso, gli elementi previsti dalla disposizione de qua, è necessario affinché il consumatore sia in condizione di conoscere i propri diritti ed obblighi. Più in particolare, la conoscenza e una corretta comprensione, da parte del consumatore, degli elementi che il contratto di credito deve obbligatoriamente contenere sono necessarie per la corretta esecuzione del contratto stesso e, in particolare, per l’esercizio dei diritti del consumatore (sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punti 7071, e giurisprudenza ivi citata).

    264

    Tuttavia, come sottolineato al punto 253 della presente sentenza, il fatto di fornire un’informazione incompleta o errata può essere equiparato alla mancanza di qualsiasi informazione solo alla condizione che il consumatore, per questo motivo, sia indotto in errore circa i suoi diritti ed obblighi, e che, pertanto, sia indotto a concludere un contratto che eventualmente non avrebbe stipulato se avesse disposto di tutte le informazioni complete e materialmente non errate.

    265

    Pertanto occorre ritenere che, qualora le informazioni fornite dal creditore al consumatore ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 si rivelino incomplete o errate, il periodo di recesso inizia a decorrere solo se il carattere incompleto o errato di tali informazioni non sia idoneo ad influire sulla capacità del consumatore di valutare la portata dei suoi diritti e obblighi ai sensi di tale direttiva né sulla sua decisione di stipulare il contratto, e a privarlo, se del caso, della possibilità di esercitare i suoi diritti, in sostanza, alle stesse condizioni che sarebbero esistite se tali informazioni fossero state fornite in modo completo e accurato (v., in questo senso e per analogia, sentenze del 9 novembre 2016, Home Credit Slovakia, C‑42/15, EU:C:2016:842, punto 72, e del 19 dicembre 2019, Rust-Hackner e a., da C‑355/18 a C‑357/18 e C‑479/18, EU:C:2019:1123, punto 81). Spetta al giudice del rinvio verificare tali aspetti.

    266

    Occorre inoltre precisare che l’eventuale esistenza, nel diritto nazionale, di misure volte a sanzionare il carattere incompleto o errato delle informazioni fornite al consumatore in un modo diverso da quello appena esposto non incide sulle modalità di avvio del periodo di recesso. Infatti, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 146 delle conclusioni, il fatto che, in forza dell’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b), della direttiva 2008/48, il periodo di recesso inizi a decorrere solo dal giorno in cui il consumatore ha ricevuto le informazioni previste dall’articolo 10 di tale direttiva rappresenta la conseguenza diretta dell’inosservanza da parte del creditore dell’obbligo su di esso gravante di fornire al consumatore, nel contratto di credito, le informazioni obbligatorie di cui al medesimo articolo 10. Orbene, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, sarebbe incompatibile con gli effetti dell’armonizzazione completa e vincolante operata da tale direttiva nel settore del diritto di recesso consentire agli Stati membri di derogare alla conseguenza che l’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b) di tale direttiva ricollega all’inosservanza dell’obbligo di fornire informazioni di cui, in particolare, all’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva.

    267

    Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla seconda questione, lettera b), sub bb); lettere e) ed f), nella causa C‑47/21, nonché alla seconda questione, lettera b), sub bb); lettera c) e lettera d), nella causa C‑232/21, dichiarando che l’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b), della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che, qualora le informazioni fornite dal creditore al consumatore ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva si rivelino incomplete o errate, il periodo di recesso inizia a decorrere solo se il carattere incompleto o errato di tali informazioni non sia idoneo ad influire sulla capacità del consumatore di valutare la portata dei suoi diritti e obblighi ai sensi di tale direttiva né sulla sua decisione di stipulare il contratto, e a privarlo, se del caso, della possibilità di esercitare i suoi diritti, in sostanza, alle stesse condizioni che sarebbero esistite se tali informazioni fossero state fornite in modo completo ed esatto.

    Sulla seconda questione, lettera c), nella causa C‑47/21

    268

    Con la sua seconda questione, lettera c), nella causa C‑47/21, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera l), della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che in un contratto di credito deve figurare, sotto forma di percentuale concreta, il tasso d’interesse di mora applicabile al momento della conclusione del contratto e, qualora tale tasso sia determinato in funzione di un tasso d’interesse di riferimento variabile, quest’ultimo tasso, nonché il meccanismo in forza del quale esso può variare nel tempo.

    269

    A tal riguardo, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera l), della direttiva 2008/48, in un contratto di credito deve figurare, in particolare, in modo chiaro e conciso, il tasso degli interessi in caso di ritardi di pagamento applicabile al momento della conclusione del contratto e le modalità di modifica di tale tasso.

    270

    Tenuto conto della giurisprudenza di cui ai punti da 233 a 235 della presente sentenza, la Corte ha già dichiarato che un contratto di credito deve indicare, sotto forma di percentuale concreta, il tasso d’interesse di mora applicabile al momento della conclusione di tale contratto e deve descrivere in modo concreto il meccanismo di modifica del tasso d’interesse di mora (sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punti 9295).

    271

    Occorre sottolineare che, quando, come nel caso del contratto di cui trattasi nel procedimento principale, tale tasso è determinato in funzione di un tasso d’interesse di riferimento variabile, quest’ultimo deve, per le stesse ragioni, figurare sotto forma di percentuale concreta, applicabile alla data di conclusione del contratto. Il metodo di calcolo del tasso d’interesse di mora in funzione del tasso d’interesse di riferimento deve essere illustrato nel contratto in modo facilmente comprensibile per un consumatore medio che non disponga di conoscenze specialistiche nel settore finanziario, in modo che quest’ultimo possa calcolare il tasso d’interesse di mora sulla base delle informazioni fornite nello stesso contratto. Peraltro, il contratto di credito deve indicare la frequenza della modifica di detto tasso d’interesse di riferimento, e ciò anche se essa è determinata dalle disposizioni nazionali (v., in questo senso, sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punto 94).

    272

    Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla seconda questione, lettera c), nella causa C‑47/21 dichiarando che l’articolo 10, paragrafo 2, lettera l), della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che in un contratto di credito deve figurare, sotto forma di percentuale concreta, il tasso d’interesse di mora applicabile al momento della conclusione del contratto e deve essere descritto in modo concreto il meccanismo di modifica di tale tasso. Qualora questo tasso sia determinato in funzione di un tasso d’interesse di riferimento variabile nel tempo, il contratto di credito deve menzionare il tasso d’interesse di riferimento applicabile alla data di conclusione del contratto, con la precisazione che il metodo di calcolo del tasso d’interesse di mora in funzione del tasso d’interesse di riferimento deve essere illustrato nel contratto in modo facilmente comprensibile per un consumatore medio che non disponga di conoscenze specialistiche nel settore finanziario, cosicché quest’ultimo possa calcolare il tasso d’interesse di mora sulla base delle informazioni fornite nello stesso contratto. Peraltro, il contratto di credito deve indicare la frequenza della modifica di detto tasso d’interesse di riferimento, e ciò anche se essa è determinata dalle disposizioni nazionali.

    Sulla quarta questione, lettere da a) a d), nelle cause C‑47/21 e C‑232/21

    273

    Con la quarta questione, lettere da a) a d), nelle cause C‑47/21 e C‑232/21, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che qualora almeno una delle indicazioni obbligatorie di cui all’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva non figuri in un contratto di credito o vi figuri in modo incompleto o errato senza essere stata debitamente comunicata successivamente, esso osta a che il creditore possa validamente eccepire che il consumatore ha esercitato in modo abusivo il suo diritto di recesso.

    274

    Al fine di rispondere a tale questione, e tenuto conto del fatto che, in uno dei procedimenti principali che hanno dato luogo alla causa C‑232/21, il diritto di recesso è stato esercitato quando il contratto di credito era stato integralmente eseguito, occorre, in primo luogo, verificare in che misura una siffatta esecuzione integrale incida, in assenza di disposizioni specifiche in materia nella direttiva 2008/48, sul mantenimento del diritto di recesso previsto dall’articolo 14, paragrafo 1, di quest’ultima.

    275

    A tal riguardo occorre rilevare che, conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, il consumatore dispone di un periodo di recesso dal contratto di credito, il cui esercizio comporta l’estinzione dell’obbligazione delle parti di eseguire il contratto di credito, alle condizioni e nei termini di cui all’articolo 14, paragrafo 3, lettera b), di tale direttiva.

    276

    Peraltro, dal considerando 34 della direttiva 2008/48 risulta che quest’ultima prevede un diritto di recesso a condizioni simili a quelle previste dalla direttiva 2002/65. Orbene, prevedendo, all’articolo 6, paragrafo 2, lettera c), che il diritto di recesso non si applica ai contratti interamente eseguiti da entrambe le parti su richiesta esplicita del consumatore, la direttiva 2002/65 dà espressione al principio secondo cui il diritto di recesso non può essere eccepito, in ogni circostanza, quando il contratto è stato eseguito interamente, principio che deve valere anche per la direttiva 2008/48.

    277

    Inoltre, in caso di esecuzione integrale del contratto di credito, l’obbligo di fornire le informazioni previste all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 in linea di principio non è più idoneo a raggiungere l’obiettivo perseguito da tale disposizione, che consiste, come è stato sottolineato ai punti 233 e 234 della presente sentenza, nel consentire al consumatore di ottenere tutte le informazioni necessarie per la corretta esecuzione del contratto e, in particolare, per l’esercizio dei suoi diritti, tra i quali figura il diritto di recesso, affinché il consumatore sia in condizione di conoscere la portata dei propri diritti ed obblighi. Ne discende che tali obblighi non presentano più lo stesso grado di utilità una volta che il contratto sia stato interamente eseguito.

    278

    Infine, occorre ricordare che, pronunciandosi sul diritto di recesso previsto dalla direttiva 85/577/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU 1985, L 372, pag. 31), la Corte ha già dichiarato che, conformemente ai principi generali del diritto civile, tale diritto non può essere esercitato qualora non esista più alcun obbligo derivante da tale contratto (v., in questo senso, sentenza del 10 aprile 2008, Hamilton, C‑412/06, EU:C:2008:215, punto 42).

    279

    In tali circostanze, poiché l’esecuzione di un contratto costituisce il meccanismo naturale di estinzione delle obbligazioni contrattuali, occorre considerare che, in assenza di disposizioni specifiche al riguardo, un consumatore non può più avvalersi del diritto di recesso riconosciutogli dall’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 una volta che il contratto di credito sia stato interamente eseguito dalle parti e che gli obblighi reciproci derivanti da tale contratto siano, per tale motivo, cessati.

    280

    In secondo luogo, per quanto riguarda la questione se il creditore possa eccepire l’abuso da parte del consumatore del diritto di recesso di cui all’articolo 14 della direttiva 2008/48, occorre ricordare, in primo luogo, che tale direttiva non contiene disposizioni che disciplinino la questione dell’abuso, da parte del consumatore, dei diritti che tale direttiva gli conferisce (sentenza del 9 settembre 2021Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punto 120).

    281

    Tuttavia, secondo una giurisprudenza consolidata, nel diritto dell’Unione esiste un principio generale di diritto secondo cui i singoli non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente delle norme del diritto dell’Unione (sentenza del 26 febbraio 2019, T Danmark e Y Denmark, C‑116/16 e C‑117/16, EU:C:2019:135, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

    282

    Il rispetto di tale principio generale è obbligatorio per i singoli. Infatti, l’applicazione delle norme dell’Unione non può essere estesa sino a comprendere operazioni effettuate allo scopo di beneficiare fraudolentemente o abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto dell’Unione (sentenza del 26 febbraio 2019, T Danmark e Y Denmark, C‑116/16 e C‑117/16, EU:C:2019:135, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

    283

    Da tale principio discende infatti che uno Stato membro deve negare, anche in assenza di disposizioni di diritto nazionale che prevedano tale diniego, il beneficio di disposizioni di diritto dell’Unione laddove queste vengano invocate da una persona non già al fine di realizzare le finalità delle disposizioni medesime, bensì al fine di godere di un vantaggio concesso a tale persona dal diritto dell’Unione sebbene le condizioni oggettive richieste per poterne godere, previste dal diritto dell’Unione, siano rispettate solo formalmente (v., in questo senso, sentenze del 22 novembre 2017, Cussens e a., C‑251/16, EU:C:2017:881, punti 3233, nonché del 26 febbraio 2019, T Danmark e Y Denmark, C‑116/16 e C‑117/16, EU:C:2019:135, punti 7291).

    284

    Pertanto, il fatto che il principio del diritto dell’Unione relativo al divieto dell’abuso di diritto sia sancito o meno in disposizioni di diritto nazionale e che, eventualmente, tali disposizioni siano state adottate o meno dal parlamento dello Stato membro interessato è irrilevante.

    285

    Come emerge dalla giurisprudenza della Corte, la prova di una pratica abusiva richiede, da una parte, un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito da tale normativa non sia stato conseguito e, dall’altra, un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell’Unione per mezzo della creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento (sentenze del 26 febbraio 2019, T Danmark e Y Denmark, C‑116/16 e C‑117/16, EU:C:2019:135, punto 97 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punto 122).

    286

    La verifica della sussistenza di una pratica abusiva esige che il giudice del rinvio prenda in considerazione tutti i fatti e le circostanze del caso di specie, inclusi quelli successivi all’operazione di cui si lamenta l’abusività (v., in questo senso, sentenza del 14 aprile 2016, Cervati e Malvi, C‑131/14, EU:C:2016:255, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

    287

    Spetta pertanto al giudice nazionale verificare, conformemente alle norme nazionali sull’onere della prova, ma senza che venga compromessa l’efficacia del diritto dell’Unione, se gli elementi costitutivi di una pratica abusiva, come ricordati al punto 285 della presente sentenza, sussistano nel procedimento principale. Tuttavia, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, la Corte può, ove necessario, fornire precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione (sentenze del 28 luglio 2016, Kratzer, C‑423/15, EU:C:2016:604, punto 42 e giurisprudenza citata, e del 22 novembre 2017, Cussens e a., C‑251/16, EU:C:2017:881, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

    288

    A questo proposito, per quanto riguarda, in secondo luogo, l’esistenza di un elemento oggettivo rivelatore di una pratica abusiva, di cui al punto 285 della presente sentenza, la Corte ha già statuito, da un lato, che l’obiettivo perseguito dall’articolo 14 della direttiva 2008/48 è quello di consentire al consumatore di scegliere il contratto più consono alle sue esigenze e quindi di rinunciare agli effetti di un contratto che, dopo la sua conclusione, si riveli, entro il termine di riflessione previsto per l’esercizio del diritto di recesso, inadeguato alle esigenze di tale consumatore. D’altro lato, l’obiettivo dell’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b), di tale direttiva consiste nel garantire che il consumatore riceva tutte le informazioni necessarie per valutare la portata del proprio impegno contrattuale e nel sanzionare il creditore che non gli comunichi le informazioni di cui all’articolo 10 (sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punti 123124 e giurisprudenza ivi citata).

    289

    Affinché il creditore sia dissuaso dal violare gli obblighi ad esso incombenti, in conformità alla direttive 2008/48, nei confronti del consumatore, la Corte ha statuito, al punto 126 della sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a. (C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736), che laddove il creditore non abbia comunicato al consumatore le informazioni di cui all’articolo 10 di tale direttiva e il consumatore decida di recedere dal contratto di credito oltre il termine di quattordici giorni successivi alla conclusione del medesimo, tale professionista non può accusare detto consumatore di avere esercitato abusivamente il suo diritto di recesso, anche qualora il lasso di tempo trascorso tra la conclusione di tale contratto e il recesso da parte del consumatore sia considerevole.

    290

    La Corte ne ha tratto la conclusione che la direttiva 2008/48 deve essere interpretata nel senso che essa osta a che il creditore possa validamente ritenere che, a causa del lasso di tempo considerevole intercorso tra la stipula del contratto e l’esercizio del diritto di recesso previsto dall’articolo 14, paragrafo 1, di tale direttiva, il consumatore abbia abusato di tale diritto, previsto dall’articolo 14, paragrafo 1, di detta direttiva, ove una delle indicazioni obbligatorie di cui al suo articolo 10, paragrafo 2, non figurasse nel contratto di credito né sia stata debitamente comunicata in un momento successivo, indipendentemente dalla questione se detto consumatore ignorasse l’esistenza del proprio diritto di recesso (sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punto 127).

    291

    A tale riguardo, occorre tuttavia precisare che, conformemente alla risposta della Corte al punto 267 della presente sentenza, un creditore non può eccepire il carattere abusivo dell’esercizio del diritto di recesso quando, in caso di informazioni incomplete o errate figuranti in detto contratto, il periodo di recesso non abbia iniziato a decorrere poiché è stato accertato che il carattere incompleto o errato di tali informazioni ha influito sulla capacità del consumatore di valutare la portata dei suoi diritti e obblighi ai sensi della direttiva 2008/48 e sulla sua decisione di stipulare il contratto.

    292

    Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla quarta questione, lettere da a) a d), nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 dichiarando che l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che l’esecuzione integrale del contratto di credito estingue il diritto di recesso. Inoltre, il creditore non può validamente eccepire che il consumatore, a causa del comportamento di quest’ultimo tra la stipula del contratto e l’esercizio del diritto di recesso o addirittura successivamente a tale esercizio, abbia esercitato questo diritto in modo abusivo qualora, a causa di un’informazione incompleta o errata nel contratto di credito, in violazione dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, il periodo di recesso non sia iniziato per il fatto che è dimostrato che tale carattere incompleto o errato ha influito sulla capacità del consumatore di valutare la portata dei suoi diritti e obblighi ai sensi della direttiva 2008/48 e sulla sua decisione di stipulare il contratto.

    Sulla terza questione, lettere da a) a d), nelle cause C‑47/21 e C‑232/21

    293

    Con la terza questione, lettere da a) a d), nelle cause C‑47/21 e C‑232/21, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2008/48 debba essere interpretata nel senso che essa osta a che il creditore, qualora il consumatore eserciti il suo diritto di recesso conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, di tale direttiva, possa eccepire la decadenza da tale diritto in forza delle norme di diritto nazionale, e ciò anche quando il consumatore non era a conoscenza del mantenimento di detto diritto e/o almeno una delle indicazioni obbligatorie di cui all’articolo 10, paragrafo 2, di detta direttiva non figurava nel contratto di credito o vi figurava in modo incompleto o errato senza essere stata debitamente comunicata successivamente.

    294

    Al fine di rispondere a tale questione, occorre ricordare che, come emerge dall’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b), della direttiva 2008/48, il periodo di recesso di quattordici giorni ha inizio solo quando le informazioni di cui all’articolo 10 di detta direttiva sono state comunicate al consumatore, se tale comunicazione è posteriore alla data della stipula del contratto di credito. Detto articolo 10 elenca le informazioni che devono figurare in modo chiaro e conciso nei contratti di credito.

    295

    Occorre ricordare che dall’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, interpretato alla luce dei considerando 9 e 10 della stessa, risulta che, per quanto riguarda i contratti di credito che rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva, essa prevede un’armonizzazione completa e, come risulta dal titolo di detto articolo 22, dispiega carattere obbligatorio. Ne consegue che, nelle materie specificamente contemplate da tale armonizzazione, gli Stati membri non sono autorizzati a mantenere né a introdurre disposizioni nazionali diverse da quelle previste dalla direttiva in parola (sentenza del 9 marzo 2023, Sogefinancement, C‑50/22, EU:C:2023:177, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

    296

    La Corte ha già dichiarato che le condizioni temporali relative all’esercizio da parte del consumatore del suo diritto di recesso rientrano nell’armonizzazione operata dall’articolo 14 della direttiva 2008/48 e che, di conseguenza, poiché tale direttiva non prevede alcuna limitazione temporale all’esercizio da parte del consumatore del suo diritto di recesso nel caso in cui le informazioni previste dall’articolo 10 di tale direttiva non gli siano state comunicate o gli siano state comunicate in modo incompleto o errato e nel caso in cui, conformemente alla risposta fornita al punto 267 della presente sentenza, il periodo di recesso non sia iniziato, una limitazione del genere di quella che deriverebbe dalla decadenza non può essere imposta, in uno Stato membro, dalla normativa nazionale (v., in questo senso, sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a., C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punti 116117).

    297

    In tali circostanze, e per rispondere ai quesiti del giudice del rinvio, poco importa sapere se le norme di diritto nazionale in questione derivino da una legge votata dal parlamento dello Stato membro interessato, se il consumatore fosse o meno a conoscenza del mantenimento del suo diritto di recesso e se il creditore avesse la possibilità di far decorrere il periodo di recesso comunicando le informazioni mancanti, incomplete o errate.

    298

    Lo stesso vale per la circostanza dedotta dal governo tedesco nelle sue osservazioni scritte, secondo la quale, nel diritto tedesco, la decadenza richiede non solo il decorso di un certo lasso di tempo, ma anche circostanze di fatto da cui emerga che l’esercizio del diritto di cui trattasi riveste carattere abusivo. Dalla risposta al punto 293 della presente sentenza risulta infatti che tale carattere abusivo è escluso in una situazione come quella descritta al punto 297 della presente sentenza.

    299

    Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla terza questione, lettere da a) a d), nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 dichiarando che la direttiva 2008/48 deve essere interpretata nel senso che essa osta a che il creditore, qualora il consumatore eserciti il suo diritto di recesso conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, di tale direttiva, possa eccepire la decadenza da tale diritto in forza delle norme giuridiche nazionali quando almeno una delle indicazioni obbligatorie di cui all’articolo 10, paragrafo 2, di detta direttiva non figurava nel contratto di credito o vi figurava in modo incompleto o errato e non è stata debitamente comunicata successivamente e, per tale motivo, il periodo di recesso previsto dal medesimo articolo 14, paragrafo 1, non è iniziato.

    Sulla quinta questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21;

    300

    Con la quinta questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale, qualora il consumatore receda da un contratto di credito collegato, ai sensi dell’articolo 3, lettera n), di tale direttiva, egli deve restituire al creditore il bene finanziato con il credito o aver intimato a quest’ultimo di recuperare tale bene prima di poter chiedere e ottenere il rimborso delle rate mensili versate in base al contratto di credito, rimborso che può essere differito, in caso di contestazione della validità del recesso da parte del creditore, fino all’esito definitivo della controversia giudiziale.

    301

    A tal riguardo occorre ricordare che, in forza dell’articolo 3, lettera n), della direttiva 2008/48, un «contratto di credito collegato» è definito come un contratto di credito in forza del quale il credito in questione serve esclusivamente a finanziare un contratto relativo, in particolare, alla fornitura di merci quali, nel caso di specie, un autoveicolo, a condizione che questi due contratti costituiscano, oggettivamente, un’unica operazione commerciale.

    302

    La direttiva 2008/48 non contiene tuttavia disposizioni che disciplinino le conseguenze del recesso, da parte del consumatore, da un contratto di credito collegato sul contratto di fornitura di beni. D’altronde, il considerando 35 di tale direttiva enuncia che essa dovrebbe applicarsi fatte salve le disposizioni degli Stati membri che disciplinano le questioni relative alla restituzione del bene finanziato mediante il credito o qualsiasi altra questione connessa.

    303

    Orbene, in mancanza di una disciplina specifica dell’Unione in materia, le modalità di attuazione della tutela dei consumatori prevista dalla direttiva 2008/48 rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi. Tali modalità non devono tuttavia essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né essere strutturate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., per analogia, sentenza del 10 giugno 2021, BNP Parisbas Personal Finance,da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

    304

    Per quanto riguarda il principio di effettività, l’unico in discussione nelle presenti cause, dalla giurisprudenza della Corte risulta che ciascun caso in cui si pone la questione se una disposizione di procedura nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione deve essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta disposizione nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo si devono considerare, se necessario, i principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (v., in questo senso, sentenze del 10 giugno 2021, BNP Parisbas Personal Finance,da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 28 e giurisprudenza ivi citata, e del 17 maggio 2022, Unicaja Banco, C‑869/19, EU:C:2022:397, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

    305

    Nel caso di specie, dalle decisioni di rinvio risulta che, in forza del diritto tedesco, il consumatore, quando recede da un contratto di credito, è sempre tenuto a restituire al creditore il bene finanziato da tale contratto oppure a intimare al creditore di recuperare tale bene al fine di poter chiedere e ottenere il rimborso delle rate mensili versate in forza di detto contratto, anche qualora il creditore contesti la validità del recesso e il consumatore debba allora proporre, per via giudiziaria, un’azione di rimborso e attendere l’esito di tale azione per ottenere, in caso di successo, il rimborso delle rate mensili.

    306

    Orbene, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, si deve considerare che siffatte norme procedurali che disciplinano gli effetti giuridici connessi all’esercizio del diritto di recesso ex articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio di tale diritto dal momento che il consumatore deve restituire il bene finanziato dal credito o intimare al creditore di recuperare tale bene senza che questi sia obbligato, nello stesso momento, a rimborsare le rate mensili del credito già versate dal consumatore.

    307

    Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla quinta questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 dichiarando che l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, in combinato disposto con il principio di effettività, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale la quale prevede che, qualora il consumatore receda da un contratto di credito collegato, ai sensi dell’articolo 3, lettera n), di tale direttiva, egli deve restituire al creditore il bene finanziato dal credito o aver intimato a costui di recuperare tale bene senza che il creditore sia tenuto, nello stesso momento, a rimborsare le rate mensili del credito già versate dal consumatore.

    Sulle spese

    308

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

     

    1)

    L’articolo 2, punto 6, della direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2011/83,

    dev’essere interpretato nel senso che:

    un contratto di leasing relativo a un autoveicolo, caratterizzato dal fatto che né tale contratto né un contratto separato prevedono che il consumatore sia tenuto ad acquistare il veicolo alla scadenza del contratto, rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2011/83 in quanto «contratto di servizi», ai sensi dell’articolo 2, punto 6, della stessa. Un siffatto contratto non rientra invece nell’ambito di applicazione né della direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e che modifica la direttiva 90/619/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE e 98/27/CE, né della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio.

     

    2)

    L’articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83

    dev’essere interpretato nel senso che:

    un contratto di servizi, nell’accezione dell’articolo 2, punto 6, di tale direttiva, concluso tra un consumatore e un professionista mediante un mezzo di comunicazione a distanza, non può essere qualificato come «contratto a distanza», ai sensi della prima di tali disposizioni, qualora la conclusione del contratto sia stata preceduta da una fase di negoziazione svoltasi alla presenza fisica e simultanea del consumatore e di un intermediario che agisce in nome o per conto del professionista, e nel corso della quale tale consumatore ha ricevuto da parte di detto intermediario, ai fini di tale negoziazione, tutte le informazioni di cui all’articolo 6 della citata direttiva e ha potuto porre domande a detto intermediario sul contratto previsto o sull’offerta proposta, al fine di dissipare qualsiasi incertezza circa la portata del suo eventuale impegno contrattuale con il professionista.

     

    3)

    L’articolo 2, punto 8, lettera a), della direttiva 2011/83

    dev’essere interpretato nel senso che:

    un contratto di servizi, ai sensi dell’articolo 2, punto 6, di tale direttiva, concluso tra un consumatore e un professionista non può essere qualificato come «contratto negoziato fuori dei locali commerciali», ai sensi della prima di tali disposizioni, qualora, nel corso della fase propedeutica alla conclusione del contratto mediante l’uso di un mezzo di comunicazione a distanza, il consumatore si sia recato nei locali commerciali di un intermediario il quale agisce in nome o per conto del professionista ai fini della negoziazione di tale contratto, ma opera in un settore di attività diverso da tale professionista, a condizione che detto consumatore, in quanto consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, potesse aspettarsi, recandosi nei locali commerciali dell’intermediario, di essere oggetto di una sollecitazione commerciale da parte di quest’ultimo ai fini della negoziazione e della conclusione di un contratto di servizi con il professionista e che egli abbia inoltre potuto facilmente comprendere che tale intermediario agiva in nome o per conto di detto professionista.

     

    4)

    L’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83

    dev’essere interpretato nel senso che:

    rientra nell’eccezione al diritto di recesso prevista da tale disposizione per i contratti a distanza o negoziati fuori dei locali commerciali compresi nell’ambito di applicazione di tale direttiva e vertenti su servizi di noleggio di autovetture corredati di una data o di un periodo di esecuzione specifici un contratto di leasing relativo a un autoveicolo concluso tra un professionista e un consumatore e qualificato come contratto di servizi a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali ai sensi di detta direttiva, qualora l’oggetto principale di tale contratto consista nel consentire al consumatore di utilizzare un veicolo per la durata specifica prevista da detto contratto, dietro pagamento regolare di somme di denaro.

     

    5)

    L’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48

    dev’essere interpretato nel senso che:

    esso osta a una normativa nazionale che stabilisce una presunzione di legge secondo cui il professionista rispetta il suo obbligo di informare il consumatore del suo diritto di recesso qualora tale professionista, in un contratto, rinvii a disposizioni nazionali che a loro volta rinviano a un modello informativo previsto dalla normativa al riguardo, utilizzando al contempo di clausole contenute in tale modello che non sono conformi alle prescrizioni di detta disposizione della direttiva. Se un giudice nazionale investito di una controversia intercorrente esclusivamente tra privati non può interpretare la normativa nazionale di cui trattasi in modo conforme alla direttiva 2008/48, esso non è tenuto, sulla sola base del diritto dell’Unione, a disapplicare una normativa siffatta, ferma restando tuttavia la possibilità, per tale giudice, di disapplicarla sulla base del suo diritto interno e, in mancanza, ferma restando la possibilità, per la parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione, di chiedere il risarcimento del danno che ne è risultato a suo carico.

     

    6)

    L’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48, in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 3, lettera b), di tale direttiva,

    dev’essere interpretato nel senso che:

    l’importo giornaliero degli interessi che deve figurare in un contratto di credito in forza di tale disposizione, applicabile in caso di esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore, non può in nessun caso essere superiore all’importo che risulta aritmeticamente dal tasso debitore pattuito contrattualmente. Le informazioni fornite nel contratto in merito all’importo giornaliero degli interessi devono figurare in modo chiaro e conciso, in maniera che, in particolare, lette in combinato con altre informazioni, esse risultino scevre da qualsiasi contraddizione oggettivamente idonea ad indurre in errore un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto quanto all’importo giornaliero degli interessi che egli dovrà in definitiva corrispondere. In mancanza di informazioni che presentino tali caratteristiche, non è dovuto alcun importo giornaliero degli interessi.

     

    7)

    L’articolo 10, paragrafo 2, lettera t), della direttiva 2008/48

    dev’essere interpretato nel senso che:

    in un contratto di credito devono figurare le informazioni essenziali relative a tutti i meccanismi extragiudiziali di reclamo e di ricorso a disposizione del consumatore e, se del caso, il costo di ciascuno di essi, il fatto che il reclamo o il ricorso debba essere presentato per posta o per via elettronica, l’indirizzo fisico o di posta elettronica al quale tale reclamo o tale ricorso deve essere inviato e gli altri requisiti di forma ai quali tale reclamo o tale ricorso è soggetto, fermo restando che un mero rinvio, operato nel contratto di credito, a un regolamento di procedura disponibile su domanda o consultabile su Internet o a un altro atto o documento vertente sulle modalità d’accesso a meccanismi extragiudiziali di reclamo e di ricorso non è sufficiente.

     

    8)

    L’articolo 10, paragrafo 2, lettera r), della direttiva 2008/48

    dev’essere interpretato nel senso che:

    un contratto di credito deve, in linea di principio, per il calcolo dell’indennizzo dovuto in caso di rimborso anticipato del prestito, indicare la modalità di calcolo di tale indennizzo in modo concreto e facilmente comprensibile per un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, in maniera tale che quest’ultimo possa determinare l’importo dell’indennizzo dovuto in caso di rimborso anticipato sulla base delle informazioni fornite nel contratto stesso. Ciò premesso, anche in assenza di un’indicazione concreta e facilmente comprensibile delle modalità di calcolo, un contratto siffatto può soddisfare l’obbligo enunciato in tale disposizione purché contenga altri elementi che consentono al consumatore di determinare agevolmente l’importo dell’indennizzo di cui trattasi, in particolare l’importo massimo di quest’ultimo, che egli dovrà versare in caso di rimborso anticipato del prestito.

     

    9)

    L’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b), della direttiva 2008/48

    dev’essere interpretato nel senso che:

    qualora le informazioni fornite dal creditore al consumatore ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva si rivelino incomplete o errate, il periodo di recesso inizia a decorrere solo se il carattere incompleto o errato di tali informazioni non sia idoneo ad influire sulla capacità del consumatore di valutare la portata dei suoi diritti e obblighi ai sensi di tale direttiva, né sulla sua decisione di stipulare il contratto, e a privarlo, se del caso, della possibilità di esercitare i suoi diritti, in sostanza, alle stesse condizioni che sarebbero esistite se tali informazioni fossero state fornite in modo completo ed esatto.

     

    10)

    L’articolo 10, paragrafo 2, lettera l), della direttiva 2008/48

    dev’essere interpretato nel senso che:

    in un contratto di credito deve figurare, sotto forma di percentuale concreta, il tasso d’interesse di mora applicabile al momento della conclusione del contratto e deve essere descritto in modo concreto il meccanismo di modifica di tale tasso. Qualora questo tasso sia determinato in funzione di un tasso d’interesse di riferimento variabile nel tempo, il contratto di credito deve menzionare il tasso d’interesse di riferimento applicabile alla data di conclusione del contratto, con la precisazione che il metodo di calcolo del tasso d’interesse di mora in funzione del tasso d’interesse di riferimento deve essere illustrato nel contratto in modo facilmente comprensibile per un consumatore medio che non disponga di conoscenze specialistiche nel settore finanziario, cosicché quest’ultimo possa calcolare il tasso d’interesse di mora sulla base delle informazioni fornite nello stesso contratto. Peraltro, il contratto di credito deve indicare la frequenza della modifica di detto tasso d’interesse di riferimento, e ciò anche se essa è determinata dalle disposizioni nazionali.

     

    11)

    L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48

    dev’essere interpretato nel senso che:

    l’esecuzione integrale del contratto di credito estingue il diritto di recesso. Inoltre, il creditore non può validamente eccepire che il consumatore, a causa del comportamento di quest’ultimo tra la stipula del contratto e l’esercizio del diritto di recesso, o addirittura successivamente a tale esercizio, abbia esercitato questo diritto in modo abusivo qualora, a causa di un’informazione incompleta o errata nel contratto di credito, in violazione dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, il periodo di recesso non sia iniziato per il fatto che è dimostrato che tale carattere incompleto o errato ha influito sulla capacità del consumatore di valutare la portata dei suoi diritti e obblighi ai sensi della direttiva 2008/48 e sulla sua decisione di stipulare il contratto.

     

    12)

    La direttiva 2008/48

    deve essere interpretata nel senso che:

    essa osta a che il creditore, qualora il consumatore eserciti il suo diritto di recesso conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, di tale direttiva, possa eccepire la decadenza da tale diritto in forza delle norme giuridiche nazionali, quando almeno una delle indicazioni obbligatorie di cui all’articolo 10, paragrafo 2, di detta direttiva non figurava nel contratto di credito o vi figurava in modo incompleto o errato e non è stata debitamente comunicata successivamente e, per tale motivo, il periodo di recesso previsto dal medesimo articolo 14, paragrafo 1, non è iniziato.

     

    13)

    L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, in combinato disposto con il principio di effettività,

    deve essere interpretato nel senso che:

    esso osta a una normativa nazionale la quale prevede che, qualora il consumatore receda da un contratto di credito collegato, ai sensi dell’articolo 3, lettera n), di tale direttiva, egli deve restituire al creditore il bene finanziato dal credito o aver intimato a quest’ultimo di recuperare tale bene senza che il creditore sia tenuto, nello stesso momento, a rimborsare le rate mensili del credito già versate dal consumatore.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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