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Documento 62018CJ0059

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 14 luglio 2022.
Repubblica italiana e Comune di Milano contro Consiglio dell'Unione europea.
Ricorso di annullamento – Diritto istituzionale – Organi ed organismi dell’Unione europea – Agenzia europea per i medicinali (EMA) – Competenza in materia di fissazione della sede – Articolo 341 TFUE – Ambito di applicazione – Decisione adottata dai rappresentanti dei governi degli Stati membri a margine di una riunione del Consiglio – Competenza della Corte a titolo dell’articolo 263 TFUE – Autore e natura giuridica dell’atto – Assenza di effetti vincolanti nell’ordinamento giuridico dell’Unione.
Cause riunite C-59/18 e C-182/18.

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2022:567

 SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

14 luglio 2022 ( *1 )

«Ricorso di annullamento – Diritto istituzionale – Organi ed organismi dell’Unione europea – Agenzia europea per i medicinali (EMA) – Competenza in materia di fissazione della sede – Articolo 341 TFUE – Ambito di applicazione – Decisione adottata dai rappresentanti dei governi degli Stati membri a margine di una riunione del Consiglio – Competenza della Corte a titolo dell’articolo 263 TFUE – Autore e natura giuridica dell’atto – Assenza di effetti vincolanti nell’ordinamento giuridico dell’Unione»

Nelle cause riunite C‑59/18 e C‑182/18,

aventi ad oggetto dei ricorsi di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposti il 30 gennaio 2018 e il 9 marzo 2018,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da C. Colelli, S. Fiorentino e G. Galluzzo, avvocati dello Stato,

ricorrente nella causa C‑59/18,

Comune di Milano, rappresentato da M. Condinanzi, A. Neri e F. Sciaudone, avvocati,

ricorrente nella causa C‑182/18,

sostenuto da:

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da C. Colelli, S. Fiorentino e G. Galluzzo, avvocati dello Stato,

Regione Lombardia, rappresentata da M. Tamborino, avvocato,

intervenienti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bauer, J. Bauerschmidt, F. Florindo Gijón ed E. Rebasti, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato da M.K. Bulterman e J. Langer, in qualità di agenti,

Commissione europea, rappresentata da K. Herrmann, M. Konstantinidis e D. Nardi, in qualità di agenti,

intervenienti,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Arabadjiev, K. Jürimäe, C. Lycourgos, E. Regan, S. Rodin, I. Jarukaitis, N. Jääskinen e J. Passer, presidenti di sezione, J.‑C. Bonichot, M. Safjan, F. Biltgen, P.G. Xuereb, A. Kumin e N. Wahl (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: R. Şereş, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e a seguito dell’udienza dell’8 giugno 2021,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 ottobre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con i loro ricorsi, la Repubblica italiana (C‑59/18) e il Comune di Milano (Italia) (C‑182/18) chiedono l’annullamento della decisione adottata a margine della 3579a riunione del Consiglio, in formazione «Affari generali», del 20 novembre 2017, nella parte in cui tale decisione designa la città di Amsterdam come nuova sede dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

Contesto giuridico

2

Il 12 dicembre 1992, i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno adottato di comune accordo, sulla base dell’articolo 216 del Trattato CEE, dell’articolo 77 del Trattato CECA e dell’articolo 189 del Trattato CEEA, la decisione relativa alla fissazione delle sedi delle istituzioni e di taluni organismi e servizi delle Comunità europee (GU 1992, C 341, pag. 1; in prosieguo: la «decisione di Edimburgo»).

3

L’articolo 1 della decisione di Edimburgo fissava le rispettive sedi del Parlamento europeo, del Consiglio dell’Unione europea, della Commissione europea, della Corte di giustizia dell’Unione europea, del Comitato economico e sociale europeo, della Corte dei conti europea e della Banca europea per gli investimenti.

4

L’articolo 2 di detta decisione è così formulato:

«La sede di altri organismi e servizi istituiti o da istituire sarà decisa di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri in occasione di un prossimo Consiglio europeo, tenendo conto dei vantaggi rappresentati dalle suddette disposizioni per gli Stati membri interessati e accordando priorità se del caso a quegli Stati membri che attualmente non ospitano istituzioni comunitarie».

5

L’articolo 341 TFUE stabilisce che «[l]a sede delle istituzioni dell’Unione è fissata d’intesa comune dai governi degli Stati membri».

6

Ai sensi del Protocollo n. 6 sulle sedi delle istituzioni e di determinati organi, organismi e servizi dell’Unione europea (in prosieguo: il «Protocollo n. 6»), allegato ai Trattati UE, FUE e CEEA, è previsto quanto segue:

«I rappresentanti dei governi degli Stati membri,

Visto l’articolo 341 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e l’articolo 189 del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica,

Ricordando e confermando la decisione dell’8 aprile 1965 e fatte salve le decisioni concernenti la sede di future istituzioni, organi, organismi e servizi,

hanno convenuto le disposizioni seguenti (…):

Articolo unico

a)

Il Parlamento europeo ha sede a Strasburgo (…).

b)

Il Consiglio ha sede a Bruxelles. (…)

c)

La Commissione ha sede a Bruxelles. (…).

d)

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha sede a Lussemburgo.

e)

La Corte dei conti ha sede a Lussemburgo.

f)

Il Comitato economico e sociale ha sede a Bruxelles.

g)

Il Comitato delle regioni ha sede a Bruxelles.

h)

La Banca europea per gli investimenti ha sede a Lussemburgo.

i)

La Banca centrale europea ha sede a Francoforte.

j)

L’Ufficio europeo di polizia (Europol) ha sede all’Aia».

Fatti all’origine della controversia

7

L’Agenzia europea di valutazione dei medicinali è stata creata mediante il regolamento (CEE) n. 2309/93 del Consiglio, del 22 luglio 1993, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU 1993, L 214, pag. 1). Tale regolamento non conteneva alcuna disposizione relativa alla fissazione della sede di tale agenzia.

8

A norma dell’articolo 1, lettera e), della decisione 93/C 323/01, del 29 ottobre 1993, adottata di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti a livello di capi di Stato o di governo relativa alla fissazione delle sedi di taluni organismi e servizi delle Comunità europee, nonché di Europol (GU 1993, C 323, pag. 1), la sede di detta agenzia è stata fissata a Londra (Regno Unito).

9

Il regolamento n. 2309/93 è stato abrogato e sostituito dal regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1). Mediante tale regolamento, l’Agenzia europea di valutazione dei medicinali è stata rinominata «Agenzia europea per i medicinali». Il suddetto regolamento non conteneva alcuna disposizione relativa alla fissazione della sede di quest’ultima agenzia.

10

Il 29 marzo 2017, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha notificato al Consiglio europeo, a norma dell’articolo 50, paragrafo 2, TUE, la propria intenzione di recedere dall’Unione.

11

Il 22 giugno 2017, a margine di una riunione del Consiglio europeo relativa alla procedura prevista dall’articolo 50 TUE, i capi di Stato o di governo degli altri 27 Stati membri hanno approvato, sulla base di una proposta del presidente del Consiglio europeo e del presidente della Commissione, una procedura in vista di una decisione sul trasferimento dell’EMA e dell’Autorità bancaria europea nel contesto del recesso del Regno Unito dall’Unione (in prosieguo: le «regole di selezione»).

12

Le regole di selezione prevedevano segnatamente che detta decisione fosse adottata sulla base di un processo decisionale equo e trasparente, comprendente l’organizzazione di una gara fondata su criteri obiettivi definiti.

13

In tale contesto, il punto 3 delle regole di selezione enunciava sei criteri, vale a dire: i) la garanzia che l’agenzia potesse essere istituita nella sede proposta e potesse assumere le proprie funzioni alla data del recesso del Regno Unito dall’Unione; ii) l’accessibilità del sito di insediamento proposto; iii) l’esistenza di strutture scolastiche adeguate per i figli dei membri del personale delle agenzie; iv) un accesso adeguato al mercato del lavoro, alla sicurezza sociale e alle cure mediche per figli e coniugi dei membri del personale; v) la continuità dell’attività, e vi) la distribuzione geografica.

14

Secondo le regole di selezione, tali criteri erano stabiliti in analogia a quelli enunciati nell’Orientamento comune allegato alla Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, del 19 luglio 2012, sulle agenzie decentrate (in prosieguo: la «dichiarazione congiunta del 2012»), là dove particolare attenzione veniva prestata al fatto che l’EMA e l’Autorità bancaria europea erano già state istituite e che la continuità della loro attività era essenziale.

15

Il punto 2 delle regole di selezione segnalava, inoltre, che la decisione sarebbe stata adottata mediante una procedura di voto, il cui risultato gli Stati membri convenivano preventivamente di rispettare. In particolare era indicato che, in caso di parità dei voti tra le offerte rimanenti alla terza tornata di voto, si sarebbe proceduto ad un sorteggio tra le offerte in situazione di parità.

16

Il 30 settembre 2017, la Commissione ha pubblicato la propria valutazione delle 27 offerte presentate dagli Stati membri.

17

Il 31 ottobre 2017, il Consiglio ha pubblicato una nota destinata a integrare le regole di selezione in merito alle questioni pratiche relative al voto.

18

Il 20 novembre 2017, l’offerta della Repubblica italiana e quella del Regno dei Paesi Bassi hanno ottenuto, ex aequo, il più elevato numero di voti alla terza tornata di voto. A seguito del sorteggio organizzato in conformità del punto 2 delle regole di selezione, è stata selezionata l’offerta del Regno dei Paesi Bassi.

19

Di conseguenza, a questa stessa data, i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno designato, mediante la decisione impugnata, a margine di una riunione del Consiglio, la città di Amsterdam come nuova sede dell’EMA. Il processo verbale e il comunicato stampa di tale riunione indicavano quanto segue:

«Ora la Commissione elaborerà proposte legislative che rifletteranno la votazione odierna e saranno adottate mediante procedura legislativa ordinaria con la partecipazione del Parlamento europeo. Il Consiglio e la Commissione si sono impegnati ad assicurare che, data l’urgenza della questione, tali proposte legislative siano trattate il più rapidamente possibile».

20

Il 29 novembre 2017, la Commissione ha adottato la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 726/2004 per quanto riguarda l’ubicazione della sede dell’agenzia europea per i medicinali [COM(2017) 735 final]. Nella motivazione di tale proposta si precisava che, «[d]ato che il 29 marzo 2017 il Regno Unito ha notificato l’intenzione di lasciare l’Unione ai sensi dell’articolo 50 del trattato sull’Unione europea, gli altri 27 Stati membri, riuniti a margine del Consiglio “Affari generali” (articolo 50), [avevano] selezionato Amsterdam (Paesi Bassi) come nuova sede dell’[EMA]». L’articolo 1 di detta proposta prevedeva l’inserimento di un articolo 71 bis nel regolamento n. 726/2004, formulato nei seguenti termini: «L’[EMA] ha sede ad Amsterdam (Paesi Bassi)».

21

Il 14 novembre 2018 è stato adottato il regolamento (UE) 2018/1718 del Parlamento europeo e del Consiglio, che modifica il regolamento (CE) n. 726/2004 per quanto riguarda l’ubicazione della sede dell’Agenzia europea per i medicinali (GU 2018, L 291, pag. 3). Tale regolamento, adottato sul fondamento dell’articolo 114 e dell’articolo 168, paragrafo 4, lettera c), TFUE, ha inserito nel regolamento n. 726/2004 un articolo 71 bis, il cui primo comma è così formulato:

«L’[EMA] ha sede ad Amsterdam (Paesi Bassi)».

Conclusioni delle parti

Causa C‑59/18

22

La Repubblica italiana chiede che la Corte voglia:

in via istruttoria, da un lato, richiedere, ai sensi dell’articolo 24 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, al Regno dei Paesi Bassi, all’EMA e a ogni altra istituzione, organo o organismo, di fornire tutte le informazioni necessarie a dar conto dell’idoneità di Amsterdam, quale sede dell’EMA, a soddisfare i criteri indicati e a verificare la coincidenza di tali informazioni con quelle poste a base dell’offerta, e, dall’altro lato, disporre ogni altro eventuale mezzo istruttorio ritenuto utile all’accertamento dei fatti;

annullare la decisione impugnata nella parte in cui designa Amsterdam come nuova sede dell’EMA e, per conseguenza,

stabilire l’assegnazione della sede alla città di Milano.

23

Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

respingere il ricorso in quanto irricevibile o infondato;

condannare la Repubblica italiana alle spese, e

nell’ipotesi in cui il ricorso fosse accolto, mantenere gli effetti giuridici della decisione impugnata per il tempo necessario ai fini dell’organizzazione di una nuova procedura di selezione.

24

Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 17 aprile 2018, il Consiglio ha sollevato un’eccezione di irricevibilità, a norma dell’articolo 151, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte.

25

Nelle sue osservazioni depositate presso la cancelleria della Corte il 5 giugno 2018, la Repubblica italiana ha concluso per il rigetto di detta eccezione di irricevibilità.

Causa C‑182/18

26

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale dell’Unione europea il 30 gennaio 2018 e registrato con il numero di ruolo T‑46/18, il Comune di Milano ha proposto un ricorso contro la decisione impugnata. Con ordinanza dell’8 marzo 2018, Comune di Milano/Consiglio (T‑46/18, non pubblicata, EU:T:2018:131), adottata in applicazione dell’articolo 54, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 128 del regolamento di procedura del Tribunale, quest’ultimo ha declinato la propria competenza a conoscere della causa T‑46/18 affinché la Corte possa statuire sul ricorso in tale controversia, la quale è stata registrata con il numero di ruolo C‑182/18.

27

Il Comune di Milano chiede che la Corte voglia:

annullare la decisione impugnata, e

condannare il Consiglio alle spese.

28

Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

respingere il ricorso in quanto irricevibile o infondato;

condannare il Comune di Milano alle spese, e

nell’ipotesi in cui il ricorso fosse accolto, mantenere gli effetti giuridici della decisione impugnata per il tempo necessario ai fini dell’organizzazione di una nuova procedura di selezione.

29

Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 17 aprile 2018, il Consiglio ha sollevato un’eccezione di irricevibilità, a norma dell’articolo 151, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte.

30

Nelle sue osservazioni depositate presso la cancelleria della Corte il 5 giugno 2018, il Comune di Milano ha concluso, in via principale, per il rigetto della suddetta eccezione di irricevibilità e, in subordine, per la riunione di tale eccezione al merito.

Procedimento dinanzi alla Corte

31

Con decisioni del presidente della Corte in data 13 aprile 2018 e 18 maggio 2018 nella causa C‑59/18 e in data 17 aprile 2018 e 18 maggio 2018 nella causa C‑182/18, il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

32

Con decisioni del presidente della Corte in data 11 giugno 2018 e 1o febbraio 2019 nella causa C‑182/18, la Regione Lombardia (Italia) e la Repubblica italiana sono state ammesse ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Comune di Milano.

33

Con ordinanza del vicepresidente della Corte del 2 luglio 2018, Comune di Milano/Consiglio (C‑182/18 R, non pubblicata, EU:C:2018:524), la domanda del Comune di Milano di sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata è stata respinta.

34

Con decisione della Corte del 18 settembre 2018, l’esame delle eccezioni di irricevibilità sollevate dal Consiglio nella causa C‑59/18 e nella causa C‑182/18 è stato rinviato al giudizio di merito.

35

Con decisione del presidente della Corte del 19 dicembre 2019, le cause C‑59/18 e C‑182/18 sono state riunite ai fini del prosieguo del procedimento e della sentenza.

Sulla competenza della Corte

Argomentazione delle parti

36

Il Consiglio sostiene che i presenti ricorsi sono manifestamente irricevibili, in quanto la decisione impugnata – la quale è, sotto il profilo sia formale che sostanziale, un atto adottato collettivamente dai rappresentanti dei governi degli Stati membri a margine di una riunione del Consiglio – non soggiace al controllo di legittimità esercitato dalla Corte ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

37

Il Consiglio ritiene, in primo luogo, che la competenza relativa alla fissazione della sede di un’agenzia dell’Unione non rientri nella competenza di cui l’Unione dispone per disciplinare un determinato settore nel merito e dunque, nel caso di specie, nella procedura legislativa ordinaria. Secondo detta istituzione, la decisione relativa alla fissazione della sede di un’agenzia ha una natura fondamentalmente differente da quelle che disciplinano la definizione delle competenze, delle regole di funzionamento, o dell’organizzazione di una tale agenzia. Una decisione del genere sarebbe caratterizzata da una forte dimensione politica e simbolica, che non si limiterebbe al settore sostanziale specifico dell’agenzia in questione e che andrebbe al di là di semplici considerazioni economiche o di efficacia. Ne sarebbe testimonianza il fatto che criteri tecnici quali quelli contemplati nella dichiarazione congiunta del 2012 sono stati stabiliti nel corso del tempo al fine di regolamentare la fissazione della sede delle agenzie dell’Unione. Pertanto, la fissazione della sede di un’agenzia dell’Unione non sarebbe accessoria rispetto alla decisione di creare tale agenzia e rivestirebbe al contrario un’importanza particolare presentando dinamiche proprie, che non sarebbero ancillari rispetto alle decisioni di merito sulla regolamentazione di un determinato settore. Il Consiglio fa riferimento in particolare alla decisione di Edimburgo, ma anche al contenzioso vertente sulla sede del Parlamento.

38

In secondo luogo, il Consiglio sostiene che la competenza relativa alla fissazione della sede di un’agenzia dell’Unione incombe ai rappresentanti dei governi degli Stati membri deliberanti di comune accordo. Tale competenza troverebbe infatti il proprio fondamento nell’articolo 341 TFUE, interpretato alla luce dell’evoluzione storica, del contesto nel quale esso si inserisce, ossia gli articoli 340 e 342 TFUE, il Protocollo n. 6 e l’articolo 2 della decisione di Edimburgo, nonché della prassi generale seguita. Risulterebbe in particolare da tale prassi che, in primis, la fissazione della sede di un’agenzia dell’Unione deriva dalla decisione giuridicamente vincolante adottata di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri. L’effetto costitutivo di una decisione siffatta sarebbe d’altronde dimostrato dal fatto che, in alcuni casi, l’atto legislativo di base è silente quanto alla scelta della sede, e che tale circostanza non ha assolutamente impedito la creazione dell’agenzia in questione né la conclusione dell’accordo di sede. In secundis, l’inclusione dell’indicazione del luogo della sede nell’atto legislativo di base che istituisce un’agenzia dell’Unione avrebbe un valore puramente dichiarativo e ricognitivo, così come qualsiasi riferimento operato in un testo legislativo ad un elemento di fatto. Il legislatore dell’Unione non potrebbe dunque discostarsi dalla scelta già effettuata dai rappresentanti dei governi degli Stati membri, la quale avrebbe così carattere vincolante. L’inclusione, nell’atto legislativo di base, dell’indicazione del luogo della sede non sarebbe per questo priva di qualsiasi portata giuridica. Oltre al fatto che tale indicazione sarebbe un importante elemento di certezza del diritto, il testo legislativo potrebbe, come nella presente fattispecie con l’inserimento dell’articolo 71 bis nel regolamento n. 726/2004 ad opera del regolamento 2018/1718, associare a detta indicazione una serie di ulteriori elementi normativi, sia sostanziali che procedurali, al fine di completare la fissazione puramente geografica della sede.

39

Secondo il Regno dei Paesi Bassi, che interviene a sostegno del Consiglio, la decisione impugnata, che è un atto promanante dagli Stati membri e non dal Consiglio, sfugge al controllo di legittimità della Corte ai sensi dell’articolo 263 TFUE. I ministri che hanno partecipato all’adozione di tale decisione avrebbero, nel caso di specie, agito nella loro qualità di rappresentanti dei rispettivi governi e non quali membri del Consiglio. Riferendosi inoltre alla sentenza del 27 novembre 2012, Pringle (C‑370/12, EU:C:2012:756, punti da 155 a 159), il Regno dei Paesi Bassi fa valere che gli Stati membri possono affidare dei compiti alle istituzioni purché essi rispettino le competenze dell’Unione e delle sue istituzioni.

40

La Commissione, pur associandosi alla posizione del Consiglio secondo cui la decisione impugnata non soggiace al controllo di legittimità esercitato dalla Corte ai sensi dell’articolo 263 TFUE, sviluppa un’argomentazione sensibilmente differente. Essa ritiene infatti che la competenza relativa alla fissazione della sede delle agenzie dell’Unione incomba unicamente al legislatore dell’Unione, che delibera secondo la procedura legislativa ordinaria, e ritiene di conseguenza che, nel caso di specie, la decisione impugnata, che non fa parte del diritto dell’Unione e che ha carattere puramente politico, sia priva di qualsiasi conseguenza giuridicamente vincolante.

41

La Commissione sottolinea che l’articolo 341 TFUE ha indubbiamente ispirato la prassi seguita fino ad oggi dalle istituzioni ai fini della fissazione della sede delle agenzie dell’Unione. Infatti, nella grande maggioranza dei casi, la Commissione non preciserebbe il luogo della sede di tali agenzie nelle proprie proposte legislative relative alla loro creazione, in attesa della decisione politica dei rappresentanti dei governi degli Stati membri.

42

La Commissione resterebbe però libera di discostarsi da tale prassi, così come essa ha già fatto in varie circostanze, includendo nelle proprie proposte legislative un’indicazione del luogo della sede di talune agenzie dell’Unione. Allo stesso modo, anche se il legislatore dell’Unione in genere si conforma alla decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, esso non sarebbe giuridicamente obbligato a farlo. Nel caso di specie, in occasione del dibattito relativo alla proposta di regolamento menzionata al punto 20 della presente sentenza, la designazione della città di Milano come luogo della sede dell’EMA sarebbe stata respinta dopo essere stata oggetto di una discussione concreta. Tale circostanza proverebbe, laddove necessario, che la possibilità di discostarsi dalla decisione politica dei rappresentanti dei governi degli Stati membri non è semplicemente teorica. Nell’ipotesi in cui l’atto adottato al termine della procedura legislativa ordinaria avesse fissato la sede dell’EMA in un luogo diverso da quello indicato nella decisione impugnata, nessuna norma del diritto dell’Unione sarebbe stata violata a causa del mancato rispetto della decisione suddetta.

43

Inoltre, l’Orientamento comune allegato alla dichiarazione congiunta del 2012 non sarebbe idoneo a dimostrare che il Consiglio può decidere da solo in merito alla fissazione della sede di un’agenzia dell’Unione. Infatti, se il punto 6 di tale Orientamento comune contiene un riferimento alla prassi seguita in passato, consistente nell’effettuare una scelta di natura politica, tale punto non avrebbe né una portata normativa né effetti giuridicamente vincolanti. Esso avrebbe come obiettivo non già di determinare chi decida in merito alla sede delle agenzie dell’Unione e secondo quali procedure, bensì di prevedere in che modo tale scelta debba essere effettuata, ossia prima della fine della procedura legislativa ordinaria, sulla base di criteri obiettivi e in maniera trasparente.

44

Quanto alle circostanze che hanno accompagnato l’adozione della decisione impugnata, la Commissione osserva che esse indicano che quest’ultima promana dai rappresentanti di 27 dei 28 Stati all’epoca membri dell’Unione, sicché tale decisione, adottata senza la partecipazione di tutti gli organi costitutivi del Consiglio, non potrebbe essere attribuita a quest’ultimo. Il fatto che tale istituzione abbia messo le proprie infrastrutture a disposizione degli Stati membri non sarebbe sufficiente per imputarle la decisione summenzionata.

45

La Repubblica italiana sostiene che la decisione impugnata, pur apparendo formalmente adottata dalla conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, deve essere considerata come imputabile al Consiglio. Detto Stato membro osserva che, secondo la giurisprudenza della Corte, non è sufficiente che un atto venga qualificato come «decisione degli Stati membri» perché esso sia sottratto al controllo istituito dall’articolo 263 TFUE. Infatti, secondo la Repubblica italiana, che richiama il punto 14 della sentenza del 30 giugno 1993, Parlamento/Consiglio e Commissione (C‑181/91 e C‑248/91, EU:C:1993:271), rimane da verificare se l’atto in questione, alla luce del suo contenuto e dell’insieme delle circostanze nelle quali è stato adottato, non costituisca in realtà una decisione del Consiglio.

46

Orbene, nel caso di specie, tanto il contenuto della decisione impugnata quanto le circostanze della sua adozione permetterebbero di qualificare tale decisione come atto del Consiglio.

47

In primo luogo, la competenza a stabilire la sede dell’EMA, organismo istituito da atti di diritto derivato dell’Unione sulla base di disposizioni corrispondenti attualmente all’articolo 114 e all’articolo 168, paragrafo 4, lettera c), TFUE, sarebbe indubitabilmente una competenza dell’Unione. Ciò risulterebbe segnatamente dalla dichiarazione congiunta del 2012, mediante la quale il Parlamento, il Consiglio e la Commissione hanno convenuto che la scelta della sede delle agenzie dell’Unione può rientrare nella competenza del Consiglio o degli Stati membri. Concludere per l’irricevibilità dei ricorsi proposti contro la decisione impugnata significherebbe eludere la competenza della Corte e sottrarre alcune decisioni del Consiglio al controllo del giudice dell’Unione ogni qualvolta gli Stati membri si accordino per ritenere che una decisione rientrante nelle competenze e nelle procedure dell’Unione presenti carattere intergovernativo.

48

In secondo luogo, la Repubblica italiana fa valere che la conclusione secondo cui la decisione impugnata è intervenuta in un settore rientrante fondamentalmente nel diritto dell’Unione è suffragata dalle modalità concrete della sua adozione. Essa rileva, anzitutto, che, in occasione di tale adozione, sono stati utilizzati non soltanto i locali ma anche le strutture funzionali interne del Consiglio, come il segretariato generale, il servizio giuridico, la presidenza estone di turno od anche il Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper). La Repubblica italiana sottolinea, poi, che le modalità di voto e di presa di decisioni sono state quelle previste dalle regole di selezione approvate in occasione della riunione del 22 giugno 2017, nonché dalla nota del 31 ottobre 2017, il che confermerebbe la partecipazione degli organi dell’Unione durante tutta la procedura di designazione della nuova sede dell’EMA. Infine, la regola della maggioranza adottata nel caso di specie per fissare la nuova sede dell’EMA rinvierebbe ad un processo decisionale tipico delle organizzazioni internazionali, mentre, al contrario, nel caso dell’adozione di una decisione di natura intergovernativa imputabile agli Stati membri, a prevalere sarebbe la regola dell’unanimità o del «comune accordo».

49

La Repubblica italiana precisa che, contrariamente a quanto pretende il Consiglio, l’articolo 341 TFUE, a tenore del quale «[l]a sede delle istituzioni dell’Unione è fissata d’intesa comune dai governi degli Stati membri», non è applicabile alle decisioni riguardanti la sede delle agenzie dell’Unione. La decisione impugnata rientrerebbe dunque nella competenza esclusiva dell’Unione, così come espressamente dichiarato dalla Commissione nella sua proposta di regolamento menzionata al punto 20 della presente sentenza, e, di conseguenza, essa soggiacerebbe al controllo della Corte.

50

Il Comune di Milano, sostenuto dalla Regione Lombardia, sviluppa un’argomentazione simile a quella della Repubblica italiana.

51

Il Comune di Milano sostiene, anzitutto, che, a meno di adottare un approccio puramente formalista, la decisione impugnata deve essere considerata imputabile al Consiglio, e segnatamente alla sua presidenza, che si sarebbe visto conferire, nell’ambito della procedura di trasferimento dell’EMA, un ruolo di aggiudicazione che gli permette di supplire all’incapacità degli Stati membri di formare una maggioranza e, dunque, di prendere una decisione in caso di parità di voti, quand’anche mediante un sorteggio.

52

Poi, il Comune di Milano indica che l’imputabilità della decisione impugnata al Consiglio deriva anche dal fatto che, nel caso di specie, per la fissazione della nuova sede dell’EMA è stata adottata una regola di voto a maggioranza e non all’unanimità.

53

Inoltre, il Comune di Milano afferma che, anche nel caso in cui si concludesse che la decisione impugnata deve essere imputata agli Stati membri, essa dovrebbe comunque essere assoggettata ad un controllo giurisdizionale. Detto Comune chiarisce infatti che, così come un atto adottato dal Coreper deve essere imputato al Consiglio, gli atti della presidenza dell’Unione devono essere imputati al Consiglio qualora quest’ultimo eserciti formalmente e materialmente la competenza ad adottare la misura in questione. Il fatto che l’atto venga poi confermato a margine del Consiglio dagli Stati membri non varrebbe a sottrarlo al controllo della Corte, stante che tale conferma pone fine al processo decisionale e conferisce all’atto un carattere definitivo. Più fondamentalmente, gli atti degli organi interni del Consiglio dovrebbero poter essere assoggettati ad un controllo di legittimità in virtù della giurisprudenza della Corte (sentenze del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, nonché del 20 settembre 2016, Mallis e a./Commissione e BCE, da C‑105/15 P a C‑109/15 P, EU:C:2016:702).

54

Infine, il Comune di Milano rinvia all’esposizione delle motivazioni della proposta di regolamento menzionata al punto 20 della presente sentenza, nella quale la Commissione precisava che «[l]a questione dell’ubicazione della sede dell’agenzia rientra nell’ambito di competenza esclusiva dell’Unione», ciò che conferma, a suo modo di vedere, che la decisione impugnata è effettivamente un atto del Consiglio adottato nell’esercizio di una competenza esclusiva.

55

Inoltre, il Comune di Milano denuncia il formalismo dell’approccio difeso dal Consiglio.

56

In primo luogo, esso ricorda che il criterio determinante per identificare l’autore di un atto è quello di sapere se tale atto, alla luce del suo contenuto e delle circostanze della sua adozione, costituisca una decisione del Consiglio. Orbene, risulterebbe per l’appunto dall’insieme delle circostanze in cui la decisione impugnata è stata adottata, nonché dal suo contenuto, che tale decisione non può essere qualificata come atto politico e intergovernativo sottratto al controllo di legittimità istituito dai Trattati. Il Comune di Milano sottolinea in particolare che la decisione suddetta non soltanto è stata preparata dai servizi amministrativi del Consiglio, ma è stata altresì adottata dalla presidenza di turno di quest’ultimo. Allo stesso modo, si sarebbe scelto non soltanto di derogare al principio dell’unanimità, ma anche di procedere per sorteggio, là dove quest’ultima circostanza dimostrerebbe che la decisione impugnata non si basa su alcuna valutazione discrezionale o su alcun bilanciamento degli interessi in gioco, che sono elementi caratteristici di una decisione di natura puramente politica.

57

In secondo luogo, gli argomenti di merito addotti dal Consiglio in tale contesto sarebbero privi di fondamento. Anzitutto, l’articolo 341 TFUE, il quale prevede che la decisione relativa alla scelta del luogo della sede delle istituzioni venga adottata «d’intesa comune dai governi degli Stati membri», escluderebbe che, nella materia disciplinata da tale articolo, si proceda ad una votazione. Poi, come risulta segnatamente dalla proposta di regolamento menzionata al punto 20 della presente sentenza, la scelta del luogo della sede dell’EMA rientrerebbe nella competenza esclusiva dell’Unione. Orbene, tale competenza non potrebbe essere esercitata mediante un atto degli Stati membri. Inoltre, l’articolo 341 TFUE non potrebbe essere interpretato estensivamente nel senso che esso ricomprende le agenzie dell’Unione. A parere del Comune di Milano, la prassi recente in materia di scelta della sede di tali agenzie dimostrerebbe una tendenza al trasferimento della responsabilità di tale scelta dagli Stati membri verso il Consiglio, o perfino verso il Consiglio e il Parlamento. Peraltro, l’argomento del Consiglio secondo cui la decisione impugnata sarebbe imputabile agli Stati membri in quanto la sede dell’EMA era stata in precedenza scelta mediante un atto adottato da tali Stati, sarebbe anch’esso privo di qualsiasi fondamento. Infine, il Comune di Milano invoca ulteriori elementi di natura formale che confermerebbero l’imputabilità al Consiglio di tale decisione, vale a dire, da un lato, la consegna e la diffusione degli atti e dei rendiconti da parte dello stesso Consiglio e, dall’altro, i documenti di informazione diffusi dall’EMA e dalle autorità neerlandesi.

58

In terzo luogo, il Comune di Milano sostiene, in subordine, che gli atti adottati dalla presidenza del Consiglio di turno dovrebbero essere assoggettati al controllo della Corte. Da un lato, esso afferma che la decisione impugnata, ponendo termine alla procedura di selezione della nuova sede dell’EMA, riveste carattere definitivo e deve poter essere sottoposta ad un controllo di legittimità. Dall’altro lato, l’azione degli organi interni del Consiglio nell’ambito dell’adozione di tale decisione dovrebbe, in ogni caso, essere oggetto di un controllo da parte della Corte, posto che le istituzioni dell’Unione hanno l’obbligo di rispettare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea anche quando esse agiscono al di fuori del quadro istituzionale dell’Unione.

Giudizio della Corte

59

L’Unione europea è un’Unione di diritto dotata, dal Trattato FUE, di un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedure destinato ad affidare alla Corte il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni (v., in tal senso, sentenze del 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento, 294/83, EU:C:1986:166, punto 23; del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 281, nonché del 3 giugno 2021, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2021:426, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata).

60

Per quanto riguarda il ricorso di annullamento previsto dall’articolo 263 TFUE, esso è esperibile avverso tutte le disposizioni adottate dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell’Unione, a prescindere dalla loro natura e dalla loro forma, le quali mirino a produrre effetti giuridici obbligatori (v., in tal senso, sentenze del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio, 22/70, EU:C:1971:32, punto 42, nonché del 3 giugno 2021, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2021:426, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).

61

Ciò premesso, nel quadro del ricorso di annullamento previsto dall’articolo 263 TFUE, il giudice dell’Unione è competente unicamente a controllare la legittimità degli atti imputabili alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione. Ne consegue, segnatamente, che gli atti adottati dai rappresentanti dei governi degli Stati membri che agiscono non in qualità di membri del Consiglio o del Consiglio europeo, bensì in qualità di rappresentanti dei loro rispettivi governi e che esercitano in tal modo collettivamente le competenze degli Stati membri, non sono soggetti al controllo di legittimità esercitato dal giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 1993, Parlamento/Consiglio e Commissione, C‑181/91 e C‑248/91, EU:C:1993:271, punto 12, nonché ordinanza del 16 giugno 2021, Sharpston/Consiglio e rappresentanti dei governi degli Stati membri, C‑685/20 P, EU:C:2021:485, punto 46).

62

Tuttavia, non è sufficiente che la decisione costituente l’oggetto di un ricorso venga formalmente presentata come una decisione degli Stati membri perché tale atto sfugga al controllo di legittimità istituito dall’articolo 263 TFUE. Perché ciò accada, è necessario anche che l’atto suddetto, alla luce del suo contenuto e dell’insieme delle circostanze nelle quali è stato adottato, non costituisca in realtà una decisione del Consiglio (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 1993, Parlamento/Consiglio e Commissione, C‑181/91 e C‑248/91, EU:C:1993:271, punto 14).

63

Nel caso di specie, la decisione impugnata deve essere esaminata alla luce del contesto giuridico applicabile alla fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione. Orbene, a questo proposito, le parti controvertono sulla questione se l’articolo 341 TFUE, a termini del quale la sede delle «istituzioni» viene fissata «d’intesa comune dai governi degli Stati membri», possa essere utilmente invocato come fondamento delle decisioni relative alla determinazione della sede di detti organi e organismi.

64

Infatti, da un lato, il Consiglio fa valere che l’articolo summenzionato deve essere interpretato in maniera ampia, nel senso che esso ricomprende per estensione gli organi e gli organismi di cui sopra, sicché la competenza relativa alla fissazione della sede di un organo od organismo siffatto incombe soltanto ai rappresentanti dei governi degli Stati membri deliberanti di comune accordo. Da ciò risulterebbe che la decisione impugnata, in quanto atto promanante dagli Stati membri e non dal Consiglio, non soggiace al controllo di legittimità della Corte ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

65

Dall’altro lato, le parti ricorrenti sostengono che la decisione impugnata è necessariamente imputabile al Consiglio e non può, di conseguenza, sfuggire al controllo di legittimità esercitato dalla Corte.

66

Occorre dunque, in prima battuta, stabilire se la decisione relativa alla designazione della sede di un organo o di un organismo dell’Unione debba essere adottata dagli Stati membri, in virtù della regola enunciata all’articolo 341 TFUE, oppure se l’adozione di detta decisione spetti al legislatore dell’Unione, in virtù della base giuridica sostanziale applicabile al settore nel quale l’organo od organismo in questione è chiamato a intervenire.

Sulla competenza in materia di fissazione del luogo della sede degli organi e degli organismi dell’Unione

67

Secondo una consolidata giurisprudenza della Corte, nell’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione, occorre tener conto non soltanto dei termini in cui essa è formulata e degli obiettivi che essa persegue, ma anche del suo contesto. Anche la genesi di una disposizione del diritto dell’Unione può offrire elementi pertinenti per la sua interpretazione (v., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata).

68

Occorre dunque esaminare, sulla base di tali metodi interpretativi, se l’articolo 341 TFUE si applichi alle decisioni relative alla fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione.

69

In primo luogo, per quanto riguarda i termini letterali dell’articolo 341 TFUE, essi fanno riferimento soltanto alle «istituzioni dell’Unione». Orbene, in conformità dell’articolo 13, paragrafo 1, TUE, la nozione di «istituzioni» rinvia ad un elenco preciso di entità che non include gli organi e gli organismi dell’Unione, e segnatamente le agenzie di quest’ultima.

70

In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto nel quale l’articolo 341 TFUE si inscrive, occorre sottolineare, anzitutto, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 94 delle sue conclusioni, che un certo numero di disposizioni dei Trattati sono state modificate dal Trattato di Lisbona al fine di includervi un riferimento espresso agli «organi e organismi dell’Unione», ciò che ha avuto come effetto di operare esplicitamente una distinzione tra, da un lato, le istituzioni dell’Unione espressamente contemplate dall’articolo 13, paragrafo 1, TUE e, dall’altro, gli organi e gli organismi dell’Unione. Così, mentre talune disposizioni del Trattato FUE contemplano unicamente le istituzioni dell’Unione, altre disposizioni di tale trattato, come gli articoli 15, 16, 123, 124, 127, 130, 228, 263, 265, 267, 282, 298 e 325, si riferiscono, in senso più ampio, alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione. È questo il caso in particolare, relativamente alla competenza della Corte, degli articoli 263, 265 e 267 TFUE.

71

Orbene, è giocoforza constatare che il tenore letterale dell’articolo 341 TFUE, il quale contempla soltanto le «istituzioni», corrisponde a quello delle disposizioni che hanno preceduto tale articolo, vale a dire l’articolo 216 del Trattato CEE (divenuto articolo 216 del Trattato CE, a sua volta divenuto articolo 289 CE).

72

La circostanza, evidenziata dal Consiglio, che le disposizioni della Parte settima del Trattato FUE, intitolata «Disposizioni generali e finali», nella quale si colloca l’articolo 341 TFUE, menzionino le «istituzioni» non può dunque essere interpretata – a dispetto del fatto che, come risulta dal punto 70 della presente sentenza, il Trattato UE opera una distinzione netta tra, da un lato, le istituzioni dell’Unione e, dall’altro, gli organi e gli organismi di quest’ultima – come una manifestazione dell’intenzione degli autori dei Trattati di conferire alla nozione di «istituzioni» un’accezione estensiva, nel senso che quest’ultima includerebbe non soltanto le entità elencate nell’articolo 13, paragrafo 1, TUE, ma anche gli organi e gli organismi dell’Unione istituiti dai Trattati, o in virtù di questi ultimi, e destinati a contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione. Ciò vale a maggior ragione per il fatto che il Trattato UE e il Trattato FUE costituiscono un fondamento costituzionale unitario per l’Unione in virtù dell’articolo 1, terzo comma, TUE e dell’articolo 1, paragrafo 2, TFUE, sicché la definizione della nozione di «istituzioni» contenuta all’articolo 13, paragrafo 1, TUE e la distinzione tra tali istituzioni, da un lato, e gli organi e gli organismi dell’Unione, dall’altro, devono valere in maniera trasversale e uniforme in entrambi i Trattati.

73

Non può essere decisiva neppure l’interpretazione in senso ampio data dalla Corte alla nozione di «istituzioni», ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, il quale enuncia che, «[i]n materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni».

74

Infatti, se la Corte ha statuito che la nozione di «istituzioni», ai sensi dell’ultima disposizione sopra citata, include non soltanto le istituzioni dell’Unione elencate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE, ma anche l’insieme degli organi e degli organismi dell’Unione istituiti dai Trattati, ovvero in virtù di questi ultimi, e destinati a contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione (sentenza del 16 dicembre 2020, Consiglio e a./K. Chrysostomides & Co. e a., C‑597/18 P, C‑598/18 P, C‑603/18 P e C‑604/18 P, EU:C:2020:1028, punto 80 e la giurisprudenza ivi citata), essa si è esplicitamente fondata, per elaborare tale giurisprudenza, sul fatto, da un lato, che gli organi e gli organismi dell’Unione istituiti dai Trattati o in virtù di questi ultimi sono destinati a contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione e, dall’altro, che sarebbe contrario all’intenzione degli autori dei Trattati che l’Unione, allorché agisce per il tramite di un organo o di un organismo, possa sottrarsi alle conseguenze delle disposizioni dei Trattati che disciplinano la responsabilità extracontrattuale dell’Unione stessa (v., in tal senso, sentenza del 2 dicembre 1992, SGEEM e Etroy/BEI, C‑370/89, EU:C:1992:482, punti da 13 a 16).

75

Così, l’interpretazione ampia data dalla Corte alla nozione di «istituzioni», ai fini dell’applicazione dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, risponde all’esigenza, giustificata dai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri contemplati espressamente da tale disposizione, di evitare che l’Unione possa sottrarsi all’applicazione del regime di responsabilità extracontrattuale di cui all’articolo 268 TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 340, secondo comma, TFUE, e al controllo giurisdizionale della Corte che ne deriva, qualora essa agisca per il tramite di un organo o di un organismo dell’Unione distinto dalle istituzioni elencate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE (v., per analogia, sentenza del 2 dicembre, 1992, SGEEM e Etroy/BEI, C‑370/89, EU:C:1992:482, punti 1416). Tale soluzione si impone a fortiori per il fatto che, come indicato dall’avvocato generale al paragrafo 100 delle sue conclusioni, la nozione di «agenti» contemplata dall’articolo 340, secondo comma, TFUE include da un punto di vista funzionale la totalità del personale che lavora per l’Unione, senza riguardo al fatto che tale personale lavori nelle istituzioni oppure presso gli organi o gli organismi di quest’ultima.

76

Di conseguenza, l’interpretazione data alla nozione di «istituzioni» ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, il quale disciplina l’estensione della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, non può essere utilmente invocata al fine di definire per analogia l’ambito di applicazione dell’articolo 341 TFUE, relativo all’estensione delle competenze riservate agli Stati membri in virtù dei Trattati.

77

Il Consiglio non può neppure invocare utilmente la nozione di «istituzioni» contenuta all’articolo 342 TFUE, a tenore del quale «[i]l regime linguistico delle istituzioni dell’Unione è fissato, senza pregiudizio delle disposizioni previste dallo statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, dal Consiglio, che delibera all’unanimità mediante regolamenti». Infatti, come evidenziato dall’avvocato generale al paragrafo 98 delle sue conclusioni, la nozione di «istituzioni», ai sensi dell’articolo sopra citato, non deve necessariamente essere interpretata come includente gli organi e gli organismi dell’Unione, nella misura in cui il regime linguistico di un organo o di un organismo dell’Unione può essere differente da quello in vigore nelle istituzioni di quest’ultima.

78

Quanto al Protocollo n. 6, se invero, come sottolineato dal Consiglio, esso fissa non soltanto la sede delle istituzioni dell’Unione, ma anche quella di alcuni organi ed organismi dell’Unione, tra cui Europol, e fa riferimento all’articolo 341 TFUE, detto protocollo non prevede per questo che le sedi degli organi e degli organismi dell’Unione debbano essere determinate collettivamente dagli Stati membri in virtù del principio enunciato in tale articolo. A questo proposito, occorre far osservare che tali organi ed organismi dell’Unione hanno come caratteristica comune il fatto di essere stati creati dagli Stati membri, mentre ciò non vale nel caso di un’agenzia dell’Unione come l’EMA, che è stata creata, sulla base dei Trattati istitutivi, dal legislatore dell’Unione. Pertanto, non si può desumere dal protocollo sopra citato una volontà degli Stati membri di applicare, direttamente o per analogia, il principio enunciato in detto articolo alla fissazione della sede della totalità degli organi e degli organismi dell’Unione.

79

Come evidenziato dall’avvocato generale al paragrafo 112 delle sue conclusioni, l’adozione di un protocollo specifico testimonia, al contrario, il fatto che gli Stati membri hanno ritenuto che la loro decisione collettiva in merito alla fissazione della sede di alcuni organi ed organismi dell’Unione tassativamente elencati dovesse essere specificamente iscritta nel diritto primario al fine di produrre effetti giuridici nel diritto dell’Unione.

80

Quanto al rinvio esplicito, nel Protocollo n. 6, all’articolo 341 TFUE, esso si spiega con il fatto che tale protocollo contempla, al primo posto, le istituzioni menzionate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE.

81

Inoltre, è pur vero che, come risulta dall’articolo 2 della decisione di Edimburgo, i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno espresso l’intenzione di riservarsi le decisioni relative alle sedi degli organi e degli organismi dell’Unione nello stesso modo in cui essi sono espressamente e chiaramente abilitati dall’articolo 341 TFUE a stabilire la sede delle istituzioni dell’Unione. Inoltre, in occasione della conferenza intergovernativa che ha portato all’adozione del Trattato di Amsterdam, il testo della decisione di Edimburgo è stato ripreso quale protocollo allegato ai Trattati UE, CE, CECA e CEEA, diventato oggi il Protocollo n. 6, allegato ai Trattati UE, FUE e CEEA.

82

Nondimeno, da un lato, l’articolo unico di quest’ultimo protocollo designa la sede – in termini paragonabili a quelli dell’articolo 1 della decisione di Edimburgo – soltanto di istituzioni, organi od organismi dell’Unione creati dagli Stati membri. Dall’altro lato, sebbene la Corte abbia riconosciuto un valore giuridico vincolante a detta decisione nella sentenza del 1o ottobre 1997, Francia/Parlamento (C‑345/95, EU:C:1997:450), cui essa ha fatto riferimento in successive sentenze [v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 2012, Francia/Parlamento, C‑237/11 e C‑238/11, EU:C:2012:796, punti da 36 a 42, e del 2 ottobre 2018, Francia/Parlamento (Esercizio del potere di bilancio), C‑73/17, EU:C:2018:787, punto 33], l’articolo 2 di detta decisione non può portare ad adottare un’interpretazione dell’articolo 341 TFUE che si porrebbe in contrasto con il chiaro tenore letterale di quest’ultimo.

83

Il Consiglio fa valere altresì, quale elemento del contesto, la prassi istituzionale antecedente relativa alla fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione, e sostiene che tale prassi beneficia di un «riconoscimento istituzionale» in virtù della dichiarazione congiunta del 2012 e dell’orientamento comune ad essa allegato.

84

Tuttavia, risulta dagli elementi di informazione che sono stati portati alla conoscenza della Corte nell’ambito delle presenti cause che la prassi fatta valere è lungi dall’essere generalizzata. Infatti, le procedure seguite in vista della designazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione o sono state condotte dai soli Stati membri, o hanno coinvolto, in gradi variabili e su fondamenti diversi, le istituzioni dell’Unione nella loro qualità o meno di soggetti del procedimento legislativo.

85

Nondimeno, anche supponendo che sia possibile, come sostiene il Consiglio, identificare una prassi antecedente consolidata e coerente, in virtù della quale le sedi degli organi e degli organismi dell’Unione sarebbero state sistematicamente designate sulla base di una scelta politica operata dai soli rappresentanti dei governi degli Stati membri, l’interpretazione dell’articolo 341 TFUE che il Consiglio caldeggia sulla base della prassi suddetta non può beneficiare di alcun «riconoscimento istituzionale» per il tramite della dichiarazione congiunta del 2012 e dell’orientamento comune ad essa allegato. Infatti, tale dichiarazione non riveste, come sottolineato dal suo quinto capoverso, alcun carattere giuridicamente vincolante e non comporta, del resto, alcun riconoscimento di una qualsivoglia riserva di competenza degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione.

86

Ad ogni modo, una prassi siffatta, che si porrebbe in contrasto con le norme del Trattato FUE e, in particolare, con l’articolo 341 TFUE, estendendo, malgrado il suo chiaro tenore letterale, l’ambito di applicazione di tale articolo alla fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione, non può creare un precedente vincolante per le istituzioni (v., in tal senso, sentenza del 6 maggio 2008, Parlamento/Consiglio, C‑133/06, EU:C:2008:257, punto 60 e la giurisprudenza ivi citata).

87

In terzo e ultimo luogo, per quanto riguarda l’obiettivo dell’articolo 341 TFUE, esso consiste nel preservare i poteri decisionali degli Stati membri nella determinazione della sede delle sole istituzioni dell’Unione. Contrariamente alla posizione difesa dal Consiglio all’udienza, un’interpretazione dell’articolo 341 TFUE nel senso che esso non si applica agli organi e agli organismi dell’Unione non può avere come effetto di privarlo di qualsiasi effetto utile, come evidenziato dall’avvocato generale al paragrafo 138 delle sue conclusioni. Se è pur vero che la sede delle istituzioni dell’Unione è già stabilita dal diritto primario – più precisamente dal Protocollo n. 6 –, l’articolo 341 TFUE continua nondimeno a presentare una sua rilevanza per qualsiasi eventuale decisione futura che modifichi la sede di un’istituzione esistente o che fissi la sede di una nuova istituzione.

88

In tale contesto, occorre ricordare che, a differenza delle istituzioni dell’Unione, la cui creazione e le cui funzioni sono, in ragione della loro importanza costituzionale, previste dai Trattati stessi, gli organi e gli organismi dell’Unione, come l’EMA, la cui finalità è la realizzazione degli obiettivi di una determinata politica dell’Unione, non sono, di norma, creati dai Trattati. Date tali circostanze, la loro creazione, non traendo origine dal diritto primario, deve risultare da un atto di diritto derivato adottato sul fondamento delle disposizioni sostanziali che attuano la politica dell’Unione nella quale l’organo o l’organismo in questione interviene e in conformità delle procedure previste da tali disposizioni.

89

In assenza di ulteriori precisazioni nei Trattati a questo proposito, spetta, allo stesso modo, al legislatore dell’Unione, conformemente alle procedure previste dalle disposizioni dei Trattati pertinenti sotto il profilo sostanziale, fissare la sede di un organo o di un organismo dell’Unione che lo stesso legislatore ha istituito mediante un atto di diritto derivato adottato sul fondamento di dette disposizioni, analogamente alla competenza che esso detiene, in virtù di queste stesse disposizioni, per definire i poteri, l’organizzazione e le modalità di funzionamento di tale organo o di tale organismo.

90

La decisione relativa alla fissazione della sede di un organo o di un organismo dell’Unione, come un’agenzia dell’Unione, è dunque, contrariamente a quanto asserisce il Consiglio, consustanziale alla decisione relativa alla sua creazione. Uguale natura presenta una decisione relativa alla rilocalizzazione della sede di una tale agenzia.

91

Invero, la fissazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione può tener conto di considerazioni di ordine politico, come la necessità, nell’insediamento degli organi o degli organismi dell’Unione, di garantire un certo equilibrio geografico o di favorire gli Stati membri che non ospitano ancora la sede di un organo o di un organismo dell’Unione.

92

Tuttavia, il carattere politico della decisione che stabilisce il luogo della sede di un siffatto organo od organismo dell’Unione non è di per sé idoneo a giustificare che tale decisione sia sottratta alla competenza del legislatore dell’Unione, il quale è, infatti, regolarmente chiamato ad operare scelte politiche nell’esercizio delle competenze dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2016, Germania/Parlamento e Consiglio, C‑113/14, EU:C:2016:635, punto 55).

93

Peraltro, una simile decisione deve principalmente permettere di garantire la realizzazione dei compiti affidati all’organo o all’organismo dell’Unione di cui trattasi in vista della realizzazione degli obiettivi di una determinata politica.

94

Non può essere accolta neppure la tesi secondo cui il fatto di legare la designazione della sede di un organo o di un organismo dell’Unione alla base sostanziale sulla quale si fonda la creazione di quest’ultimo può portare, a seconda della pertinente base giuridica, a sottoporre tale designazione ad un voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio, e non ad una decisione presa di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri, facendo al tempo stesso della suddetta designazione un elemento di compromesso nel quadro del dibattito legislativo.

95

Infatti, come si è ricordato al punto 92 della presente sentenza, il fatto che la decisione di designazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione possa presentare una dimensione politica importante, in quanto essa deve rispondere segnatamente a considerazioni relative all’equilibrio geografico, non impedisce che tale decisione possa essere adottata dal legislatore dell’Unione in conformità delle procedure previste dalle disposizioni dei Trattati pertinenti sotto il profilo sostanziale, tenendo presente che tale dimensione politica può costituire, sotto questo aspetto, un elemento di cui il legislatore dell’Unione può tener conto nell’esercizio del suo potere discrezionale. Occorre inoltre sottolineare che, poiché il processo legislativo dell’Unione è guidato, in virtù del combinato disposto dell’articolo 1, secondo comma, e dell’articolo 10, paragrafo 3, TUE, dal principio di trasparenza nei confronti dei cittadini, il ricorso a tale processo è idoneo a rafforzare il sostrato democratico di una decisione relativa alla designazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione, come l’EMA.

96

Inoltre, e più fondamentalmente, il fatto che una decisione, come quella relativa alla designazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione, presenti aspetti politicamente sensibili non può condurre a modificare le competenze conferite dai Trattati alle istituzioni dell’Unione, né a far sì che l’esercizio di tali competenze venga sottratto alle procedure legislative previste dai Trattati. La determinazione della portata di una disposizione dei Trattati disciplinante una competenza sostanziale dell’Unione non può infatti dipendere da considerazioni attinenti al carattere politicamente sensibile della materia di cui trattasi o all’esigenza di assicurare l’efficacia di un’azione.

97

Risulta dall’insieme delle suesposte considerazioni, e segnatamente dal tenore letterale dell’articolo 341 TFUE, che tale disposizione non può essere interpretata nel senso che essa disciplina la designazione del luogo della sede di un organo o di un organismo dell’Unione come l’EMA.

98

Date tali circostanze, la competenza a decidere della fissazione del luogo della sede di tale agenzia spetta non agli Stati membri, bensì al legislatore dell’Unione, al quale incombe agire a questo scopo in conformità delle procedure previste dalle disposizioni dei Trattati pertinenti sotto il profilo sostanziale, nel caso di specie l’articolo 114 e l’articolo 168, paragrafo 4, TFUE, i quali prevedono il ricorso alla procedura legislativa ordinaria.

99

È alla luce di tale conclusione che occorre pronunciarsi, in seconda battuta, sulla competenza della Corte a decidere sui presenti ricorsi.

Sull’autore della decisione impugnata e sulla competenza della Corte a titolo dell’articolo 263 TFUE

– Sull’autore della decisione impugnata

100

Occorre, in primo luogo, verificare se la decisione impugnata, che è stata adottata a margine di una riunione del Consiglio dalla conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, sia imputabile a questi ultimi.

101

A questo proposito, per quanto riguarda il contenuto della decisione impugnata, discende dal titolo di quest’ultima, nonché dal verbale della riunione del Consiglio del 20 novembre 2017, menzionato al punto 19 della presente sentenza, che tale decisione costituisce un atto dei capi di Stato o di governo di 27 Stati membri adottato a margine di una riunione del Consiglio all’esito di una procedura intergovernativa. Tale valutazione è corroborata dall’indicazione, contenuta nella proposta della Commissione del 29 novembre 2017 menzionata al punto 20 della presente sentenza, secondo cui tale proposta intende dare seguito – alla luce della notifica da parte del Regno Unito, il 29 marzo 2017, della propria intenzione di recedere dall’Unione – alla scelta della città di Amsterdam quale luogo della nuova sede dell’EMA, che «gli altri 27 Stati membri, riuniti a margine del Consiglio “Affari generali”», hanno effettuato.

102

La conclusione secondo cui la decisione impugnata deve essere imputata ai rappresentanti dei governi degli Stati membri e non al Consiglio trova conferma anche nella successiva adozione del regolamento 2018/1718, in quanto soltanto a seguito dell’adozione di detta decisione il Consiglio ha partecipato, nella sua veste di co‑legislatore con il Parlamento, alla procedura legislativa ordinaria, al fine di inserire, mediante tale regolamento, la menzione della sede dell’EMA nel regolamento n. 726/2004 che ha istituito tale agenzia.

103

Quanto alle circostanze che hanno accompagnato l’adozione della decisione impugnata, occorre rilevare che la partecipazione di istituzioni dell’Unione al processo che ha portato all’adozione di tale decisione, in particolare quella della Commissione, mediante la valutazione da essa compiuta riguardo alle offerte, e quella del Consiglio, mediante la sua presidenza della riunione del 20 novembre 2017, nonché mediante la messa a disposizione dei propri locali e delle proprie strutture funzionali interne, come il segretariato generale, non permette di concludere nel senso dell’imputabilità di detta decisione al Consiglio piuttosto che agli Stati membri.

104

Infatti, l’adozione di un atto nei locali o con l’assistenza di un’istituzione dell’Unione non conferisce di per sé una competenza alla Corte a valutare la legittimità di tale atto (v., per analogia, sentenza del 22 marzo 1990, Le Pen, C‑201/89, EU:C:1990:133 punti 1116).

105

Dunque, la decisione impugnata non può, né per il suo contenuto né per le circostanze nelle quali è stata adottata, essere qualificata come atto del Consiglio. Tale decisione costituisce al contrario un atto adottato collettivamente e di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri.

– Sulla competenza della Corte a titolo dell’articolo 263 TFUE

106

In secondo luogo, occorre ricordare che il solo criterio pertinente adottato dalla Corte per escludere la competenza dei giudici dell’Unione a conoscere di un ricorso giurisdizionale diretto contro atti adottati dai rappresentanti dei governi degli Stati membri è quello relativo all’autore di tali atti, indipendentemente dai loro effetti giuridici obbligatori (ordinanza del 16 giugno 2021, Sharpston/Consiglio e Rappresentanti dei governi degli Stati membri, C‑685/20 P, EU:C:2021:485, punto 47).

107

L’argomentazione delle parti ricorrenti, secondo cui occorrerebbe nel caso di specie adottare un’accezione estesa degli autori degli atti ai quali l’articolo 263 TFUE si riferisce, vale a dire le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione, al fine di ritenere che la decisione impugnata sia stata adottata da un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione ai sensi di tale articolo, o, quantomeno, al fine di assimilare i presenti ricorsi a ricorsi proposti contro una decisione del Consiglio, non può dunque essere accolta senza disattendere il chiaro tenore letterale dell’articolo sopra citato (v., in tal senso, ordinanza del 16 giugno 2021, Sharpston/Consiglio e Rappresentanti dei governi degli Stati membri, C‑685/20 P, EU:C:2021:485, punto 48).

108

Una simile interpretazione si porrebbe in contrasto anche con la volontà degli autori dei Trattati – rispecchiata dall’articolo 263 TFUE, il cui ambito di applicazione è limitato ai soli atti di diritto dell’Unione adottati dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell’Unione – di sottrarre gli atti degli Stati membri al controllo dei giudici dell’Unione.

109

Ciò premesso, se la decisione impugnata si considera come un atto adottato dai soli Stati membri, sottratto quindi al controllo di legittimità previsto dall’articolo 263 TFUE, essa non può per questo essere equiparata ad una decisione adottata a norma dell’articolo 341 TFUE, dato che, come risulta dalle considerazioni esposte ai punti da 67 a 97 della presente sentenza, quest’ultimo articolo deve essere interpretato nel senso che contempla esclusivamente la determinazione della sede delle istituzioni menzionate all’articolo 13, paragrafo 1, TUE, e non la determinazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione.

110

Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 166 delle sue conclusioni, una decisione, come la decisione impugnata, che sia stata adottata dagli Stati membri in un settore in cui i Trattati non prevedono l’azione di questi ultimi è priva di qualsiasi effetto giuridico vincolante nel diritto dell’Unione. La circostanza che una o più istituzioni dell’Unione abbiano svolto un certo ruolo nell’ambito della procedura che ha portato all’adozione di tale decisione non modifica la natura di quest’ultima, la quale non rientra nell’ordinamento giuridico dell’Unione (v., per analogia, sentenza del 20 settembre 2016, Ledra Advertising e a./Commissione e BCE, da C‑8/15 P a C‑10/15 P, EU:C:2016:701, punto 54).

111

In tale contesto, incombe al legislatore dell’Unione, per ragioni sia di certezza del diritto che di tutela giurisdizionale effettiva, adottare, conformemente alle procedure previste dalle disposizioni dei Trattati pertinenti sotto il profilo sostanziale, un atto dell’Unione che convalidi o, al contrario, si discosti dalla decisione politica adottata dagli Stati membri, con la precisazione che soltanto questo atto del legislatore dell’Unione è idoneo a produrre effetti giuridici vincolanti nell’ambito del diritto dell’Unione e che, in un contesto quale quello di cui al caso di specie, tale atto deve necessariamente precedere qualsiasi misura di attuazione concreta della nuova installazione della sede dell’agenzia in questione.

112

Così, nel caso di specie, per quanto riguarda la fissazione della nuova sede dell’EMA, la sola disposizione giuridicamente vincolante rientrante nel diritto dell’Unione è l’articolo 71 bis del regolamento n. 726/2004, inserito in quest’ultimo dal regolamento 2018/1718.

113

Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che la decisione impugnata costituisce non già un atto del Consiglio, bensì un atto di natura politica privo di effetti giuridici vincolanti adottato dagli Stati membri collettivamente, sicché essa non può essere oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

114

Di conseguenza, e senza che sia necessario statuire sulla domanda di provvedimenti istruttori formulata dalla Repubblica italiana, occorre respingere i ricorsi della Repubblica italiana e del Comune di Milano in quanto diretti contro un atto del quale la Corte non è competente a controllare la legittimità sulla base dell’articolo 263 TFUE.

Sulle spese

115

A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

116

Conformemente all’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, qualora ciò appaia giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, la Corte può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese della controparte.

117

Nel caso di specie, caratterizzato dal fatto che le circostanze che hanno accompagnato l’adozione della decisione impugnata sono contraddistinte da una prassi e da interpretazioni divergenti in ordine alla questione della competenza decisionale in materia di fissazione della sede degli organi e degli organismi dell’Unione, appare giustificato decidere che ciascuna delle parti principali, ossia la Repubblica italiana, il Comune di Milano e il Consiglio, sopporterà le proprie spese.

118

In applicazione dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la Regione Lombardia, il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione, parti intervenienti, sopporteranno ciascuno le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

I ricorsi sono respinti.

 

2)

La Repubblica italiana, il Comune di Milano e il Consiglio dell’Unione europea sopporteranno ciascuno le proprie spese.

 

3)

La Regione Lombardia, il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione europea sopporteranno ciascuno le proprie spese.

 

Lenaerts

Arabadjiev

Jürimäe

Lycourgos

Regan

Rodin

Jarukaitis

Jääskinen

Passer

Bonichot

Safjan

Biltgen

Xuereb

Kumin

Wahl

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 luglio 2022.

Il cancelliere

A. Calot Escobar

Il presidente

K. Lenaerts


( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.

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