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Documento 62015CC0629

Conclusioni dell’avvocato generale M. Bobek, presentate il 21 dicembre 2016.
Novartis Europharm Ltd contro Commissione europea.
Impugnazione – Medicinali per uso umano – Autorizzazione all’immissione in commercio – Regolamento (CEE) n. 2309/93 – Procedura centralizzata a livello dell’Unione – Sviluppo di un medicinale che è stato oggetto di un’autorizzazione all’immissione in commercio per altre indicazioni terapeutiche – Autorizzazione all’immissione in commercio distinta e nuovo nome commerciale – Direttiva 2001/83/CE – Articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, e articolo 10, paragrafo 1 – Nozione di “autorizzazione all’immissione in commercio globale” – Periodo di tutela regolamentare dei dati.
Cause riunite C-629/15 P e C-630/15 P.

Raccolta della giurisprudenza - generale

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2016:1003

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 21 dicembre 2016 ( 1 )

Cause riunite C‑629/15 P e C‑630/15 P

Novartis Europharm Ltd

contro

Commissione

«Impugnazione — Medicinali per uso umano — Autorizzazione all’immissione in commercio globale — Nuova indicazione terapeutica — Periodo di tutela regolamentare dei dati»

I. Introduzione

1.

La Novartis (in prosieguo: la «ricorrente») è titolare di autorizzazioni all’immissione in commercio per due medicinali per uso umano: lo Zometa e l’Aclasta. Entrambi sono a base di acido zoledronico. La sostanza attiva era stata sviluppata inizialmente per indicazioni oncologiche. Nel 2001 veniva rilasciata l’autorizzazione all’immissione in commercio per il relativo medicinale, lo Zometa. La ricorrente sviluppava la medesima sostanza attiva anche per indicazioni non oncologiche, ottenendo nel 2005 un’autorizzazione all’immissione in commercio distinta per il relativo medicinale, l’Aclasta. L’Aclasta si differenzia dallo Zometa per il suo dosaggio e per le sue indicazioni terapeutiche.

2.

Nel 2011 la Teva Pharma BV e la Hospira UK Ltd (in prosieguo: le «intervenienti») richiedevano il rilascio di autorizzazioni all’immissione in commercio di medicinali generici bioequivalenti all’Aclasta. Tali autorizzazioni venivano concesse nel 2012.

3.

La fattispecie in esame verte sulla questione se le diverse indicazioni terapeutiche dell’Aclasta e dello Zometa escludano l’autorizzazione all’immissione in commercio concessa per il primo dall’ambito di applicazione dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale del secondo, come prevista nella direttiva 2001/83/CE ( 2 ). Tale esclusione attribuirebbe alle informazioni relative all’Aclasta un periodo di tutela regolamentare autonomo. Ciò, a sua volta, impedirebbe alle intervenienti di avvalersi dei suddetti dati per ottenere le autorizzazioni all’immissione in commercio dei bioequivalenti generici dell’Aclasta.

II. Contesto normativo

4.

La procedura di rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali per uso umano è disciplinata nell’Unione europea dalla direttiva 2001/83, come modificata, in particolare, dalla direttiva 2004/27/CE ( 3 ).

5.

L’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2001/83 stabilisce che «[n]essun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione all’immissione in commercio delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un’autorizzazione a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 (…)».

6.

Il successivo secondo comma del paragrafo 1 dell’articolo 6, così recita: «[q]uando per un medicinale è stata rilasciata una autorizzazione iniziale all’immissione in commercio ai sensi del primo comma, ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione, nonché le variazioni ed estensioni sono parimenti autorizzati ai sensi del primo comma o sono inclusi nell’autorizzazione all’immissione in commercio iniziale. Tutte le autorizzazioni all’immissione in commercio in questione sono considerate facenti parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale, in particolare ai fini dell’applicazione dell’articolo 10, paragrafo 1».

7.

Analogamente, a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 2309/93 ( 4 ), «[n]essun medicinale di cui alla parte A dell’allegato può essere immesso sul mercato comunitario senza l’autorizzazione rilasciata dalla Comunità secondo quanto disposto dal presente regolamento».

8.

Il richiedente l’autorizzazione all’immissione in commercio deve, di norma, dimostrare la qualità, la sicurezza e l’efficacia del medicinale presentando i risultati di prove farmaceutiche e sperimentazioni precliniche e cliniche. In questo senso l’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/83 dispone che «[l]a domanda [di autorizzazione all’immissione in commercio] è corredata [da] (…): i) risultati: delle prove farmaceutiche (chimico‑fisiche, biologiche o microbiologiche), delle prove precliniche (tossicologiche e farmacologiche), delle sperimentazioni cliniche».

9.

L’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 stabilisce che, «[i]n deroga all’articolo 8, paragrafo 3, lettera i), e fatto salvo il diritto sulla tutela della proprietà industriale e commerciale, il richiedente non è tenuto a fornire i risultati delle prove precliniche e delle sperimentazioni cliniche se può dimostrare che il medicinale è un medicinale generico di un medicinale di riferimento che è o è stato autorizzato a norma dell’articolo 6 per almeno otto anni in uno Stato membro o nella Comunità.

Un medicinale generico autorizzato ai sensi della presente disposizione non può essere immesso in commercio finché non sono trascorsi dieci anni dall’autorizzazione iniziale del medicinale di riferimento.

(…)

Il periodo di dieci anni di cui al secondo comma è esteso ad un massimo di undici anni se durante i primi otto anni di tale decennio il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio ottiene un’autorizzazione per una o più indicazioni terapeutiche nuove che, in occasione della valutazione scientifica ai fini dell’autorizzazione, sono ritenute portatrici di un beneficio clinico significativo rispetto alle terapie esistenti».

10.

Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 2309/93, «[i] medicinali autorizzati dalla Comunità in conformità del presente regolamento godono di un periodo di tutela di dieci anni, a norma dell’articolo 4, secondo comma, punto 8 della direttiva 65/65/CEE» ( 5 ).

11.

A norma dell’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento (CE) n. 726/2004 ( 6 ), «[f]atto salvo il diritto relativo alla protezione della proprietà industriale e commerciale, i medicinali per uso umano autorizzati ai sensi del presente regolamento beneficiano di una protezione dei dati per la durata di otto anni e di una protezione della commercializzazione per la durata di dieci anni, che è prolungata, nell’ultimo caso, fino ad un massimo [di] 11 anni se, durante i primi otto anni di tale periodo decennale, il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio ottiene un’autorizzazione per una o più nuove indicazioni terapeutiche le quali, nel corso della valutazione scientifica precedente alla loro autorizzazione, sono considerate apportare un beneficio clinico significativo rispetto alle terapie esistenti».

12.

L’articolo 89 del regolamento n. 726/2004 dispone che «[i] periodi di protezione di cui [, in particolare, all’articolo] 14, paragrafo 11, (…) non si applicano ai medicinali di riferimento per i quali una domanda di autorizzazione è stata presentata prima [del 20 novembre 2005]».

13.

Inoltre, il regolamento (CE) n. 1085/2003 ( 7 ) ha fissato, all’epoca dei fatti, la procedura per l’esame delle domande di variazione dei termini relativi all’autorizzazione all’immissione in commercio concessa in forza del regolamento n. 2309/93. L’articolo 3 di detto regolamento definiva una «variazione dei termini dell’autorizzazione all’immissione in commercio» come la «modifica del contenuto dei documenti di cui [in particolare all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 2309/93], in base ai quali è stata presa la decisione di autorizzazione all’immissione in commercio (…)». Una «variazione minore» di tipo IA o di tipo IB era definita come «una modifica di cui all’allegato I del presente regolamento, purché siano rispettate le condizioni elencate nel suddetto allegato». Infine, per «variazione maggiore» di tipo II si intendeva «una modifica che non può essere considerata una variazione minore o un’estensione dell’autorizzazione all’immissione in commercio».

14.

L’articolo 6 del regolamento n. 1085/2003 prevedeva una procedura di approvazione delle variazioni maggiori di tipo II e ammetteva che il periodo concesso per tale procedura fosse esteso per variazioni riguardanti modifiche o aggiunte alle indicazioni terapeutiche.

III. Fatti e decisioni della Commissione

15.

Lo Zometa è un medicinale a base di acido zoledronico, sviluppato dalla ricorrente per indicazioni oncologiche per pazienti con patologie maligne alle ossa e per la cura dell’ipercalcemia neoplastica.

16.

L’Aclasta è il risultato dello sviluppo da parte della ricorrente dell’acido zoledronico per indicazioni non oncologiche, più precisamente, per il trattamento di specifici casi di osteoporosi e del morbo di Paget.

17.

Sia lo Zometa che l’Aclasta sono stati autorizzati mediante procedura centralizzata, ai sensi del regolamento n. 2309/93. La Commissione ha rilasciato l’autorizzazione all’immissione in commercio per lo Zometa il 20 marzo 2001. In base alle disposizioni applicabili, tale autorizzazione dava inizio a un periodo di tutela regolamentare di dieci anni decorrente dal 20 marzo 2001.

18.

La Commissione rilasciava l’autorizzazione all’immissione in commercio per l’Aclasta il 15 aprile 2005.

19.

Il 25 maggio 2011 e il 22 giugno 2011, rispettivamente, le intervenienti presentavano domanda per ottenere le autorizzazioni all’immissione in commercio di due medicinali: lo Zoledronic acid Teva Pharma – acido zoledronico (in prosieguo: lo «Zoledronic acid Teva Pharma») e lo Zoledronic acid Hospira – acido zoledronico (in prosieguo: lo «Zoledronic acid Hospira»).

20.

Lo Zoledronic acid Teva Pharma è un bioequivalente generico dell’Aclasta.

21.

La domanda di autorizzazione all’immissione in commercio dello Zoledronic acid Hospira comprendeva quattro diverse presentazioni del medicinale. Una di esse è il bioequivalente generico dell’Aclasta e rileva ai fini della presente causa.

22.

La Commissione rilasciava le autorizzazioni per lo Zoledronic acid Teva Pharma e lo Zoledronic acid Hospira con due decisioni adottate, rispettivamente, il 16 agosto 2012 e il 19 novembre 2012 (in prosieguo: le «decisioni della Commissione») ( 8 ).

IV. Sentenze del Tribunale e procedimento dinanzi alla Corte

23.

La ricorrente presentava dinanzi al Tribunale due domande di annullamento delle decisioni della Commissione.

24.

In ciascuna di esse deduceva un unico motivo vertente sulla violazione dell’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 e dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 2309/93, in combinato disposto con gli articoli 14, paragrafo 11, e 89 del regolamento n. 726/2004. A suo avviso, le decisioni della Commissione violavano i suoi diritti relativi alla protezione dei dati, considerato che l’Aclasta beneficerebbe di un periodo di tutela regolamentare dei dati di dieci anni a prescindere dal periodo di tutela regolamentare dei dati applicabile allo Zometa. A parere della ricorrente, quindi, l’Aclasta non avrebbe dovuto essere usato come medicinale di riferimento nella procedura di autorizzazione di medicinali generici prima del 15 aprile 2015.

25.

La Commissione (e le intervenienti) sostenevano che l’Aclasta è incluso nell’autorizzazione all’immissione in commercio globale rilasciata per lo Zometa nel marzo 2001. Ciò significava che l’Aclasta non gode di un periodo indipendente di tutela regolamentare dei dati. Essa sosteneva che il periodo di tutela dei dati applicabile sia allo Zometa che all’Aclasta era scaduto nel marzo 2011 e che le decisioni adottate dalla Commissione erano, pertanto, corrette.

26.

Il Tribunale respingeva entrambe le domande (in prosieguo: le «sentenze impugnate») ( 9 ), dichiarando che l’Aclasta costituisce, rispetto allo Zometa, un dosaggio ulteriore e una variazione, consistente in nuove indicazioni terapeutiche, e deve pertanto essere incluso nell’autorizzazione all’immissione in commercio globale di quest’ultimo. Legittimamente la Commissione poteva quindi autorizzare le intervenienti a riferirsi ai dati contenuti negli atti relativi alle autorizzazioni all’immissione in commercio dello Zometa e dell’Aclasta ( 10 ).

27.

Avverso le sentenze del Tribunale la ricorrente ha proposto impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia deducendo due motivi. Con il primo, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83. Con il secondo, il Tribunale avrebbe omesso di fornire una motivazione adeguata nelle sue sentenze.

28.

Le impugnazioni si articolano su sei capi connessi pressoché quasi esclusivamente al primo motivo. In primo luogo, la ricorrente sostiene che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 non costituirebbe la mera attuazione della giurisprudenza della Corte di giustizia e dovrebbe essere interpretato in maniera differente rispetto a quanto indicato dal Tribunale. In secondo luogo, sarebbe irrilevante la questione se l’Aclasta avesse potuto essere autorizzato come variazione dello Zometa invece che mediante una distinta autorizzazione all’immissione in commercio. In terzo luogo, la ricorrente non avrebbe potuto scegliere se richiedere per l’Aclasta una distinta autorizzazione all’immissione in commercio o l’inclusione della nuova indicazione terapeutica nell’autorizzazione iniziale all’immissione in commercio per lo Zometa; essa non ha cercato di eludere o manipolare il periodo di tutela regolamentare dei dati applicabile. In quarto luogo, l’interpretazione della ricorrente delle disposizioni applicabili non porterebbe ad un’estensione indefinita del periodo di tutela regolamentare dei dati. In quinto luogo, la ricorrente si sarebbe occupata dell’interazione tra la direttiva 2001/83 e il regolamento n. 2309/03 (ora regolamento n. 726/2004). Essa avrebbe infine fatto riferimento all’obiettivo perseguito dalla normativa applicabile.

V. Analisi

29.

In linea con quanto richiesto dalla Corte, le presenti conclusioni si concentrano sulla nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale e sulle sue implicazioni nel caso di specie. Procederò secondo il seguente schema: in primis, illustrerò la rilevanza dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale ai fini della determinazione del periodo di tutela regolamentare dei dati (A). In secondo luogo, distinguerò gli elementi costitutivi dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale (B) dai suoi elementi variabili (C). I primi sono fissi rispetto a una determinata autorizzazione all’immissione in commercio globale, mentre i secondi possono essere modificati. In terzo luogo, affronterò brevemente gli argomenti dedotti dalla ricorrente nella specie (D).

A. Il rapporto tra autorizzazione all’immissione in commercio globale e periodo di tutela regolamentare dei dati

30.

Tutti e quattro i medicinali oggetto del caso di specie sono stati autorizzati in base alla procedura centralizzata prevista, inizialmente, dal regolamento n. 2309/93 e poi dal regolamento n. 726/2004.

31.

È pacifico che la nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale si applichi allo stesso modo sia ai prodotti autorizzati a livello nazionale in base alla direttiva 2001/83 che a quelli autorizzati mediante procedura centralizzata in conformità del regolamento n. 726/2004 e, in precedenza, del regolamento n. 2309/93.

32.

A norma dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, l’autorizzazione iniziale all’immissione in commercio e le autorizzazioni relative agli sviluppi del medicinale iniziale sono considerate facenti parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale, in particolare ai fini dell’applicazione della procedura abbreviata dopo la conclusione del periodo di tutela regolamentare dei dati applicabile, come specificata nell’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 e, nel caso di specie, nell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 2309/93.

33.

Alla luce del collegamento previsto nell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 tra il periodo di tutela regolamentare dei dati e l’autorizzazione all’immissione in commercio globale, quest’ultima nozione è strumentale alla determinazione delle condizioni in cui i richiedenti possono, nell’ambito della procedura abbreviata, basarsi sui dati contenuti negli atti relativi al medicinale di riferimento ( 11 ).

34.

Dall’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 emerge che solo un periodo di tutela regolamentare dei dati è collegato all’autorizzazione all’immissione in commercio globale. Detto periodo di tutela regolamentare dei dati si applica sia ai dati relativi al medicinale iniziale sia ai dati relativi agli sviluppi su di esso basati.

35.

L’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 elenca gli sviluppi del medicinale iniziale che costituiscono variazioni rientranti, se sviluppate, nella nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale. Si tratta di ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione, nonché le variazioni ed estensioni.

36.

Per contro, l’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 non specifica gli elementi costitutivi in base ai quali può essere identificata un’autorizzazione all’immissione in commercio globale e in considerazione dei quali una specifica autorizzazione all’immissione in commercio globale può essere distinta da un’altra.

37.

Esaminerò ora i suddetti elementi costitutivi (B) prima di rivolgere l’attenzione agli elementi variabili dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale (C).

B. Gli elementi costitutivi di un’autorizzazione all’immissione in commercio globale

38.

Al fine di identificare gli elementi costitutivi di un’autorizzazione all’immissione in commercio globale, è necessario guardare al di là della formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 che, considerato isolatamente, non fornisce molti elementi utili al riguardo.

39.

In primo luogo, il rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio è, a rigor di logica, connesso ad un determinato richiedente che, all’atto del suo rilascio, diviene il «titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio».

40.

Ciò emerge dalla formulazione dell’articolo 10, paragrafo 1, quarto comma ( 12 ), della direttiva 2001/83 secondo cui il periodo di tutela regolamentare dei dati è concesso rispetto ai dati sviluppati e presentati da un determinato titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio iniziale.

41.

Tale interpretazione trova conferma anche nella guida della Commissione ad uso dei richiedenti (un documento esplicativo diretto ai richiedenti l’autorizzazione all’immissione in commercio) ( 13 ). Benché tale guida non sia di certo giuridicamente vincolante, essa può nondimeno fornire un punto di riferimento utile, come rilevato dall’avvocato generale Wahl nella causa Olainfarm ( 14 ). In tale guida si legge che la nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale comprende l’autorizzazione iniziale e i succitati sviluppi del medicinale originale, concessi al titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio di detta autorizzazione iniziale ( 15 ).

42.

Il «titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio» costituisce quindi il primo elemento costitutivo di un’autorizzazione all’immissione in commercio globale.

43.

In secondo luogo, l’elemento più importante di un medicinale è la sua sostanza attiva ( 16 ). Un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata per un medicinale a base di una sostanza attiva diversa dal medicinale originale difficilmente può essere considerata come uno sviluppo alla luce della formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83. Inoltre, se differenze nella sostanza attiva non dovessero portare a una diversa autorizzazione all’immissione in commercio globale, sarebbe difficile comprendere quale tipo di innovazione possa attribuire al richiedente un diverso periodo di tutela regolamentare dei dati.

44.

La conclusione secondo cui la sostanza attiva (o associazione di sostanze attive) è un elemento costitutivo dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale trova conferma anche nella guida della Commissione ad uso dei richiedenti, secondo cui «[s]e il medicinale da valutare contiene una modifica di una sostanza attiva preesistente, occorre chiarire (…) se il prodotto contenga o meno una nuova sostanza attiva. Tale chiarimento incide sull’esistenza o meno di un’autorizzazione all’immissione in commercio globale qualora i medicinali appartengano allo stesso titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio» ( 17 ).

45.

Gli esempi forniti dalla Commissione rispetto alle modifiche apportate al medicinale iniziale che non rientrano nella stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale riguardano tutti casi in cui esiste una modifica alla sostanza attiva (o all’associazione di sostanze attive) contenuta nel medicinale originale. Ciò vale, anzitutto, per le associazioni fisse ai sensi dell’articolo 10 ter della direttiva 2001/83 ( 18 ); in secondo luogo, per la separazione della sostanza da una precedente associazione di sostanze attive o, in terzo luogo, per una modifica di una sostanza attiva esistente equivalente a una nuova sostanza attiva ( 19 ).

46.

Ne consegue che la nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale si fonda sull’identità del titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio e della sostanza attiva (o delle sostanze attive) ( 20 ). Qualora muti il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio o la sostanza attiva, non trova più applicazione la stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale.

C. Gli elementi variabili rientranti in una stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale

47.

È pacifico che la differenza tra l’Aclasta e lo Zometa sia collegata ai dosaggi e alle indicazioni terapeutiche tra loro diversi.

48.

È altresì pacifico che la variazione del dosaggio non abbia escluso l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata per l’Aclasta dall’ambito di applicazione dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale di cui trattasi. Le variazioni nel dosaggio rientrano in una stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale.

49.

La questione centrale è, nel caso di specie, se la diversa indicazione terapeutica implichi tale esclusione. In altre parole, la questione è se un’indicazione terapeutica sia un elemento costitutivo dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale (nel qual caso essa farebbe scattare un nuovo periodo di tutela regolamentare dei dati) ovvero se costituisca una variabile nell’ambito di una stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale. In quest’ultimo caso, l’indicazione terapeutica sarebbe equiparata agli sviluppi elencati nell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 e non farebbe decorrere un nuovo periodo di tutela regolamentare dei dati.

50.

Tuttavia, né la suddetta disposizione, né altre disposizioni della direttiva fanno esplicitamente riferimento al rapporto tra la nozione di indicazione terapeutica e l’autorizzazione all’immissione in commercio globale.

51.

Posto che il testo nulla dice al riguardo, esaminerò tale rapporto sulla base delle disposizioni collegate, dal punto di vista sostanziale, presenti in altre parti della normativa applicabile in materia di commercializzazione dei medicinali per uso umano (1). Affronterò poi il più ampio contesto normativo intersettoriale, ponendo a raffronto le disposizioni in materia di commercializzazione dei medicinali per uso umano con altri regimi settoriali che prevedono periodi di tutela dei dati (2), prima di rivolgere l’attenzione all’obiettivo generale e alle finalità perseguite dalla direttiva 2001/83 (3).

1.  Il criterio intersettoriale

52.

La direttiva 2001/83 non definisce l’indicazione terapeutica. Tuttavia, essa non definisce nessuno dei menzionati sviluppi del medicinale iniziale, ad eccezione del «dosaggio» ( 21 ). Altri sviluppi elencati nell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 sono la forma farmaceutica, la via di somministrazione, la presentazione, le variazioni ed estensioni.

53.

La nozione di «variazioni ed estensioni», contenuta in tale elenco, merita, nel caso di specie, particolare attenzione.

54.

Dagli articoli 3 e 6 del regolamento n. 1085/2003 risulta che l’aggiunta di una nuova indicazione terapeutica equivaleva a una variazione di tipo II dei termini di un’autorizzazione all’immissione in commercio.

55.

Dalla lettura combinata dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 e degli articoli 3 e 6 del regolamento n. 1085/2003 emerge che una nuova indicazione terapeutica è un esempio di variazione. Essa deve quindi essere considerata come parte dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale collegata al medicinale iniziale.

2.  Raffronto intersettoriale e contesto

56.

Diversamente da altre normative dell’Unione, la direttiva 2001/83 non collega il periodo di tutela regolamentare dei dati applicabile ai rispettivi studi che il produttore del medicinale iniziale può, nel tempo, aggiungere agli atti, i quali possono contenere non soltanto la documentazione relativa al medicinale iniziale ma anche documentazione successiva attinente ai suoi diversi sviluppi.

57.

Il sistema REACH ( 22 ), ad esempio, prevede un collegamento tra il periodo di tutela dei dati e i rispettivi studi soggetti a tutela. L’articolo 25, paragrafo 3, del REACH rientra nel titolo III su «Condivisione dei dati e disposizioni destinate ad evitare sperimentazioni superflue» prevede che «[i] sommari di studio o i sommari esaurienti di studio presentati nell’ambito di una registrazione a norma del presente regolamento almeno dodici anni prima possono essere utilizzati ai fini della registrazione da un altro fabbricante o importatore».

58.

Analogamente, l’articolo 34 del regolamento (CE) n. 1107/2009 ( 23 ) sull’esenzione dall’obbligo di presentazione degli studi stabilisce che «[i] richiedenti sono esentati dall’obbligo di fornire le relazioni dei test e degli studi di cui all’articolo 33, paragrafo 3, se lo Stato membro cui è presentata la domanda dispone delle relazioni dei test e degli studi in questione e i richiedenti dimostrano di aver ottenuto l’accesso conformemente agli articoli 59, 61 o 62 oppure che l’eventuale periodo di protezione dei dati è scaduto». Detto regolamento mantiene quindi l’attenzione sulla tutela che deve essere riconosciuta a specifici studi, come indicato anche nel suo considerando 39.

59.

Per contro, la direttiva 2001/83 offre un numero tendenzialmente ampio di possibilità rispetto ai dati che possono essere indicati nella procedura abbreviata. L’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 collega esplicitamente il periodo di tutela regolamentare dei dati alla nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale, a prescindere dal fatto che la nozione in esame copra vari sviluppi del prodotto iniziale, rispetto ai quali devono essere forniti dati distinti in momenti diversi. Il dies a quo del periodo di dieci anni di tutela dei dati è quindi determinato dal rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio per il medicinale iniziale. Non vi sono regole attinenti alla tutela di autonomi studi successivi come riconosciuto nella causa Generics ( 24 ).

60.

Dal raffronto tra tali esempi legislativi e la direttiva emerge che, se il legislatore avesse inteso definire la tutela regolamentare dei dati in modo da collegarla agli studi presentati dai richiedenti, esso avrebbe dovuto farlo espressamente, come verificatosi nel caso di altri regimi normativi. Nell’ambito della commercializzazione dei medicinali per uso umano, sembra però essere stata prevista una soluzione diversa.

3.  Obiettivo e finalità

61.

La durata del periodo di tutela regolamentare dei dati e la possibilità di accedere alla procedura abbreviata di autorizzazione all’immissione in commercio riflette un equilibrio che il legislatore dell’Unione ha inteso conseguire tra la protezione delle ditte innovatrici e i loro investimenti, l’interesse generale a un mercato aperto e il desiderio di evitare sperimentazioni superflue sugli animali e sull’uomo ( 25 ).

62.

L’obiettivo di pervenire a tale equilibrio si evince dall’iter legislativo della direttiva 2004/27 che ha modificato e apportato le modifiche rilevanti (ai fini del caso di specie) alla direttiva 2001/83. La proposta iniziale della Commissione conteneva una nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale, seppur con un nome diverso ( 26 ). Il Parlamento europeo aveva suggerito di procedere alla sua eliminazione, in quanto «eliminerebbe inoltre la possibilità di incoraggiare, riconoscere e proteggere, attraverso una protezione dei dati regolamentata, i progressi importanti e le innovazioni nello sviluppo dei medicinali» ( 27 ).

63.

Tale emendamento, tuttavia, non è stato accolto ( 28 ). La ricerca di quella che era considerata essere un’equa ricompensa per le ditte innovatrici per i loro investimenti ha invece portato all’aggiunta di un altro anno di tutela che può essere aggiunto al periodo di tutela iniziale come indicato ora nell’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 e nell’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004.

64.

Tali disposizioni stabiliscono che il periodo di protezione di dieci anni «è esteso ad un massimo di undici anni se durante i primi otto anni di tale decennio il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio ottiene un’autorizzazione per una o più indicazioni terapeutiche nuove che, in occasione della valutazione scientifica ai fini dell’autorizzazione, sono ritenute portatrici di un beneficio clinico significativo rispetto alle terapie esistenti».

65.

Dalla proposta iniziale della Commissione si desume che tale modifica era stata presentata «per favorire la ricerca di nuove indicazioni terapeutiche che comportino consistenti benefici clinici, nonché un miglioramento del benessere e della qualità della vita dei pazienti». Nel contempo, la Commissione riteneva «opportuno mantenere il necessario equilibrio tra la promozione di tali innovazioni e l’esigenza di agevolare la produzione di medicinali generici» ( 29 ).

66.

Come sottolineato dalla Commissione nelle proprie osservazioni scritte, l’anno aggiuntivo di tutela costituisce, dal punto di vista del legislatore, l’adeguato premio riconosciuto per ricompensare gli investimenti in nuove indicazioni terapeutiche ( 30 ). Come indica la formulazione della disposizione de qua, tale anno aggiuntivo non viene peraltro concesso per ogni indicazione terapeutica, ma soltanto per quelle che, oltre ad essere state sviluppate nei primi otto anni, soddisfano la condizione di portare «un beneficio clinico significativo rispetto alle terapie esistenti».

67.

Una logica analoga è applicata anche nell’articolo 10, paragrafo 5, della direttiva 2001/83 ( 31 ), che prevede per i dati un periodo di esclusiva non cumulativo di un anno «[o]ltre al disposto del paragrafo 1, qualora per una sostanza di impiego medico ben noto sia presentata una richiesta per una nuova indicazione (…) a condizione che la nuova indicazione sia stata oggetto di significativi studi preclinici o clinici».

68.

Se l’autorizzazione di una nuova indicazione terapeutica facesse decorrere un nuovo periodo di tutela dei dati, ciò contrasterebbe, a mio avviso, con il menzionato obiettivo perseguito con l’esistenza stessa della procedura abbreviata in combinato disposto con i limiti temporali fissati dal legislatore per la protezione dei dati. Invece di beneficiare di un anno aggiuntivo, una nuova indicazione terapeutica comporterebbe un nuovo intero periodo di tutela regolamentare dei dati di dieci anni, consentendo al titolare dell’autorizzazione iniziale all’immissione in commercio di continuare a sfruttare i rispettivi dati e di impedire al produttore dei prodotti generici di accedere alla procedura abbreviata.

69.

Si può di certo discutere se un anno aggiuntivo di protezione costituisca o meno un equo bilanciamento, come già osservato dalla Corte nella sentenza Generics ( 32 ): tale decisione è rimessa però in primis al legislatore. In ogni caso, siffatta valutazione non è oggetto della presente impugnazione.

70.

I suddetti elementi tratti dalla genesi della disposizione e dal successivo sviluppo giuridico confermano, a mio avviso, la posizione generale secondo cui una nuova indicazione terapeutica non implica un nuovo periodo di tutela regolamentare dei dati. Tale posizione sembra riflettere un’evoluzione giuridica continua avviata dalla Corte nella causa Generics ( 33 ), fatta propria poi dal legislatore dell’Unione nella direttiva 2004/27 e accolta anche dalle autorità nazionali ( 34 ).

71.

Per tutte le suddette ragioni, ritengo che il rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio per una nuova indicazione terapeutica di un medicinale precedentemente autorizzato sia coperta dalla stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale. Esso non fa quindi decorrere un autonomo periodo di tutela regolamentare dei dati.

D. Applicazione della nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale al caso in esame

72.

Nessuno dei due elementi costitutivi dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale, vale a dire l’identità del titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio e la sostanza attiva, è controverso nell’ambito della presente causa. È pacifico che la ricorrente sia titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio dello Zometa e dell’Aclasta e che la medesima sostanza attiva sia alla base dei suddetti prodotti.

73.

L’unica differenza tra lo Zometa e l’Aclasta consiste nei diversi dosaggi e nelle diverse indicazioni terapeutiche. Quest’ultima differenza, costituendo un tipo di variazione, e tenuto conto delle considerazioni suesposte, non fa decorrere un autonomo periodo di tutela regolamentare dei dati.

74.

Tale conclusione chiave non è messa in discussione dall’argomento dedotto dalla ricorrente che esaminerò ora qui in maniera sintetica.

75.

È ben vero, in primo luogo, come sostenuto dalla ricorrente, che l’Aclasta non era stato autorizzato come variazione a norma del regolamento n. 1085/2003, essendo stata invece per esso rilasciata una separata autorizzazione all’immissione in commercio. Per tale ragione, a parere della ricorrente, dovrebbe essere riconosciuto un periodo autonomo di tutela regolamentare dei dati.

76.

Benché l’Aclasta avesse ottenuto una distinta autorizzazione all’immissione in commercio e non fosse stato autorizzato come mera variazione dell’autorizzazione iniziale all’immissione in commercio, ciò non incide sulla conclusione secondo cui un’indicazione terapeutica costituisce, di per sé, una variazione, vale a dire un tipo di sviluppo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83. Infatti, la disposizione de qua fa riferimento agli sviluppi autorizzati sia mediante una variazione dell’autorizzazione all’immissione in commercio iniziale sia mediante il rilascio di una distinta autorizzazione all’immissione in commercio. Come osservato correttamente dal Tribunale ( 35 ), l’autorizzazione all’immissione in commercio globale può ricomprendere più autorizzazioni all’immissione in commercio distinte. L’autorizzazione all’immissione in commercio globale non impedisce quindi che uno sviluppo possa essere considerato come una variazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, persino se la variazione è stata concessa mediante una distinta autorizzazione all’immissione in commercio.

77.

In secondo luogo, per ragioni analoghe, non trovo convincente la tesi della ricorrente vertente sul mancato inserimento dell’indicazione terapeutica nell’elenco di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83. La ricorrente afferma che, con l’elenco di cui trattasi, il legislatore si sarebbe discostato dalla posizione assunta dalla Corte nella sentenza Generics.

78.

Nella causa Generics, la Corte ha definito la nozione di prodotto «essenzialmente simile» ai sensi della normativa pregressa ( 36 ). La Corte ha escluso che l’identità dell’indicazione terapeutica costituisca un criterio che due medicinali devono soddisfare per essere considerati come essenzialmente simili. Tale definizione ha indotto la Corte a concludere che il richiedente nella procedura abbreviata può far ricorso non solo ai dati forniti per il medicinale iniziale, ma anche a dati più recenti relativi a indicazioni terapeutiche sviluppate successivamente per detto prodotto iniziale. I dati presentati per nuove indicazioni terapeutiche non fanno decorrere un autonomo periodo di tutela.

79.

La definizione di prodotto «essenzialmente simile» sviluppata dalla Corte nella causa Generics è stata successivamente accolta dalla direttiva 2004/27 e tradotta nella nozione di medicinale generico oggi definito nell’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/83 ( 37 ). Il fatto che un’indicazione terapeutica non sia attualmente un elemento dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale conferma, a mio avviso, la continuità con la precedente disciplina giuridica, come elaborata anche dalla Corte.

80.

In terzo luogo, la posizione assunta dalla Corte nella sentenza Generics, secondo cui sul periodo di tutela regolamentare dei dati non incide una nuova indicazione terapeutica, trova conferma nell’attuale classificazione dell’indicazione terapeutica come tipo di variazione in base al regolamento (CE) n. 1234/2008 ( 38 ).

81.

Nell’allegato II, punto 2, lettera a), del regolamento medesimo si legge che «le variazioni relative all’aggiunta di un’indicazione terapeutica o alla modifica di un’indicazione esistente» devono essere considerate come «variazioni maggiori di tipo II».

82.

Se il legislatore avesse inteso escludere le indicazioni terapeutiche dall’autorizzazione all’immissione in commercio globale, lo avrebbe quindi fatto espressamente.

83.

In quarto luogo, non convince l’argomento della ricorrente secondo cui tale conclusione sarebbe confermata solo per una variazione autorizzata come variazione a un’autorizzazione all’immissione in commercio esistente in contrapposizione a una modifica autorizzata mediante un’autonoma autorizzazione all’immissione in commercio. Come correttamente osservato dal Tribunale ( 39 ), la formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 chiarisce che la nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale si applica a prescindere dalla forma in cui la variazione considerata era stata adottata.

84.

In quinto luogo, per le stesse ragioni, non risulta convincente l’argomento dedotto dalla ricorrente secondo cui sarebbe stato irrilevante che l’Aclasta avesse potuto essere autorizzato anche come variazione dell’autorizzazione all’immissione in commercio invece che mediante distinta autorizzazione all’immissione in commercio. Secondo la ricorrente, infatti, ciò che rileva è la procedura di autorizzazione effettivamente scelta.

85.

Come illustrato in precedenza, la nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale non distingue tra sviluppi autorizzati, rispettivamente, mediante una modifica della preesistente autorizzazione all’immissione in commercio o mediante una distinta autorizzazione all’immissione in commercio. La procedura seguita è irrilevante in quanto, in entrambi i casi, un cambiamento consistente nello sviluppo di una nuova indicazione terapeutica ricade nell’autorizzazione all’immissione in commercio globale del prodotto iniziale. Per le stesse ragioni è parimenti irrilevante se la ricorrente abbia potuto o meno scegliere liberamente tra le suddette due opzioni.

86.

Alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo che il Tribunale abbia correttamente interpretato la nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale.

VI. Conclusione

87.

Per le ragioni sin qui esposte e fatto salvo l’esame del secondo motivo di impugnazione, propongo alla Corte di concludere nel senso che il Tribunale ha correttamente interpretato la nozione di autorizzazione all’immissione in commercio globale a norma dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67).

( 3 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che modifica la direttiva 2001/83 recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2004, L 136, pag. 34).

( 4 ) Regolamento del Consiglio, del 22 luglio 1993, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU 1993, L 214, pag. 1).

( 5 ) Direttiva del Consiglio, del 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1965, n. 22, pag. 369). La direttiva è il predecessore legale della direttiva 2001/83 ed è stata abrogata il 17 dicembre 2001.

( 6 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1).

( 7 ) Regolamento della Commissione del 3 giugno 2003 relativo all’esame delle modifiche dei termini di un’autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali per uso umano o per uso veterinario che rientra nel campo d’applicazione del regolamento (CE) n. 2309/93 del Consiglio (GU 2003, L 159, pag. 24).

( 8 ) Decisioni di esecuzione della Commissione C(2012) 5894 final e C(2012) 8605 final.

( 9 ) Sentenze del 15 settembre 2015, Novartis Europharm/Commissione (T‑472/12, EU:T:2015:637), e Novartis Europharm/Commissione (T‑67/13, EU:T:2015:636).

( 10 ) Sentenze del 15 settembre 2015, Novartis Europharm/Commissione (T‑472/12, EU:T:2015:637, punto 87), e Novartis Europharm/Commissione (T‑67/13, EU:T:2015:636, punto 87).

( 11 ) A norma dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/83, un medicinale di riferimento è definito come un «medicinale autorizzato a norma dell’articolo 6, ai sensi delle disposizioni dell’articolo 8».

( 12 ) «Il periodo di dieci anni di cui al secondo comma è esteso ad un massimo di undici anni se durante i primi otto anni di tale decennio il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio ottiene un’autorizzazione per una o più indicazioni terapeutiche nuove (…)». Il corsivo è mio.

( 13 ) Commissione europea, Notice to Applicants, Volume 2A: Procedures for marketing authorisation. Chapter 1: Marketing authorisation [Guida ad uso dei richiedenti, Volume 2A: Procedure per l’autorizzazione all’immissione in commercio. Capitolo 1: Autorizzazione all’immissione in commercio], luglio 2015, sezione 2.3, pag. 9.

( 14 ) C‑104/13, EU:C:2014:342, paragrafo 39 e giurisprudenza citata.

( 15 ) Il corsivo è mio.

( 16 ) V. le definizioni di medicinale e di sostanza attiva contenute nell’articolo 1, punti 2 e 3 bis, della direttiva 2001/83. Il medicinale è definito come «a) ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane; o b) ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica». Una sostanza attiva è definita nell’articolo 1, punto 3 bis, di detta stessa direttiva come «qualsiasi sostanza o miscela di sostanze destinata a essere usata nella fabbricazione di un medicinale e che diventa, se impiegata nella produzione di quest’ultimo, un principio attivo di detto medicinale inteso a esercitare un’azione farmacologica, immunologica o metabolica al fine di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche ovvero a stabilire una diagnosi medica».

( 17 ) Guida ad uso dei richiedenti, Volume 2A: Procedure di autorizzazione all’immissione in commercio, capitolo 1: Autorizzazione all’immissione in commercio, luglio 2015, punto 2.3, pag. 9. Il corsivo è mio.

( 18 )

( 19 ) Guida ad uso dei richiedenti, Volume 2A: Procedure di autorizzazione all’immissione in commercio, capitolo 1: Autorizzazione all’immissione in commercio, luglio 2015, sezione 2.3, pagg. 9 e 10.

( 20 ) V. anche Manley, M.I., e Vickers, M., Navigating European Pharmaceutical Law, Oxford, Oxford University Press, 2015, pag. 264, punto 8.33.

( 21 ) Articolo 1, paragrafo 22, della direttiva 2001/83: «il tenore, in sostanze attive, espresso in quantità per unità di dose, per unità di volume o di peso in funzione della presentazione».

( 22 ) Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU 2006, L 396, pag. 1).

( 23 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU 2009, L 309, pag. 1).

( 24 ) «(…) dal momento che è dimostrato che una specialità medicinale è essenzialmente simile a un prodotto autorizzato da almeno sei o dieci anni nella Comunità e commercializzato nello Stato membro interessato dalla domanda, il richiedente non è tenuto (…) a fornire i risultati delle prove farmacologiche, tossicologiche e cliniche. In una siffatta situazione, l’autorità competente in materia di rilascio di AIM ha accesso alla documentazione farmacologica, tossicologica e clinica relativa alla specialità originale. Orbene, tale documentazione può in particolare coprire sia le indicazioni terapeutiche del prodotto originale autorizzate da almeno sei o dieci anni nella Comunità sia indicazioni terapeutiche più recenti». Il corsivo è mio. Sentenza del 3 dicembre 1998, Generics (UK) e a. (C‑368/96, EU:C:1998:583, punti 3940).

( 25 ) Il considerando 9 della direttiva 2001/83 così recita: [l’esperienza ha dimostrato] «la necessità di precisare ancora meglio i casi in cui non è necessario fornire i risultati delle prove tossicologiche, farmacologiche e/o cliniche ai fini dell’autorizzazione di un medicinale essenzialmente simile a un medicinale già autorizzato, senza peraltro svantaggiare le ditte innovatrici». Il considerando 10 stabilisce che «considerazioni di ordine pubblico si oppongono alla ripetizione delle prove sull’uomo o sull’animale, non motivate da un’imperiosa necessità». V. anche sentenza del 16 ottobre 2003, AstraZeneca (C‑223/01, EU:C:2003:546 punti 4243).

( 26 ) «I vari dosaggi, forme farmaceutiche, vie di somministrazione, presentazioni, nonché le modificazioni operate a norma dell’articolo 35 devono essere autorizzati in forza del primo comma, e sono considerati parte della stessa autorizzazione». Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano [COM(2001) 404 def., pag. 91].

( 27 ) Il Parlamento europeo ha invece suggerito, per il passaggio di cui trattasi, la seguente formulazione: «I vari dosaggi, forme farmaceutiche, vie di somministrazione, presentazioni, nonché le modificazioni operate a norma dell’articolo 35 devono essere autorizzati in forza del primo comma». Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 23 ottobre 2002 in vista dell’adozione della direttiva 2002/…/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano. P5_TC1-COD(2001) 0253.

( 28 ) V. proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano [COM(2003) 163 definitivo] e posizione comune (CE) n. 61/2003 definita dal Consiglio il 29 settembre 2003 in vista dell’adozione della direttiva 2003/…/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del … che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (2003/C 297 E/02).

( 29 ) Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano [COM(2001) 404 def., pag. 81].

( 30 ) V. anche sentenza del 29 aprile 2004, Novartis Pharmaceuticals (C‑106/01, EU:C:2004:245, punto 62) in cui la Corte ha ritenuto che la tutela regolamentare dei dati non sia necessariamente collegata ai costi sostenuti dal produttore per sviluppare un determinato medicinale.

( 31 ) Come modificato dalla direttiva 2004/27 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2004, L 136, pag. 34).

( 32 ) Sentenza del 3 dicembre 1998, Generics (UK) e a. (C‑368/96, EU:C:1998:583, punto 52).

( 33 ) V. anche sentenze del 9 dicembre 2004, APS (C‑36/03, EU:C:2004:781, punto 26), e del 29 aprile 2004, Novartis Pharmaceuticals (C‑106/01, EU:C:2004:245, punti 5859).

( 34 ) V., ad esempio, a titolo illustrativo, nel contesto tedesco, l’ordinanza dell’Oberverwaltungsgericht Münster del 27 novembre 2014 nella causa 13 B 950/14, secondo cui ulteriori autorizzazioni con indicazioni terapeutiche e dosaggi diversi devono essere considerate come estensioni e quindi trattate, ai fini della tutela della documentazione, come parte della prima autorizzazione rilasciata per il prodotto originale in base al principio dell’autorizzazione all’immissione in commercio globale, o anche l’ordinanza del Verwaltungsgericht Köln (tribunale amministrativo di Colonia) dell’11 marzo 2016, causa n. 7 L 3011/15. Per posizioni simili in dottrina, v., ad esempio, Ambrosius, in Fuhrmann/Klein/Fleischfresser, Arzneimittelrecht, 2a ed., Nomos, 2014, Parte 2, § 6, punto 214, oppure Kortland, in Kügel/Müller/Hofmann, Arzneimittelgesetz, 2a ed., Beck, 2016, § 24b, punto 19.

( 35 ) Sentenze del 15 settembre 2015, Novartis Europharm/Commissione (T‑472/12, EU:T:2015:637, punto 52), e del 15 settembre 2015, Novartis Europharm/Commissione (T‑67/13, EU:T:2015:636, punto 52).

( 36 ) Direttiva 65/65/CEE, del 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1965, n. 22, pag. 39).

( 37 ) Come riconosciuto nella proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano [COM(2001) 404 def., pag. 81].

( 38 ) Regolamento della Commissione del 24 novembre 2008 concernente l’esame delle variazioni dei termini delle autorizzazioni all’immissione in commercio di medicinali per uso umano e di medicinali veterinari (GU 2008, L 334, pag. 7). Il regolamento in parola ha sostituito il regolamento n. 1085/2003.

( 39 ) Sentenze del 15 settembre 2015, Novartis Europharm/Commissione (T‑472/12, EU:T:2015:637, punto 52), e del 15 settembre 2015, Novartis Europharm/Commissione (T‑67/13, EU:T:2015:636, punto 52).

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