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Documento 62014CJ0048
Judgment of the Court (Second Chamber) of 12 February 2015.#European Parliament v Council of the European Union.#Action for annulment — Directive 2013/51/Euratom — Choice of legal basis — EAEC Treaty — Articles 31 EA and 32 EA — FEU Treaty — Article 192(1) TFEU — Protecting human health — Radioactive substances in water intended for human consumption — Legal certainty — Sincere cooperation among the institutions.#Case C-48/14.
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 12 febbraio 2015.
Parlamento europeo contro Consiglio dell'Unione europea.
Ricorso di annullamento – Direttiva 2013/51/Euratom – Scelta della base giuridica – Trattato CEEA – Articoli 31 EA e 32 EA – Trattato FUE – Articolo 192, paragrafo 1, TFUE – Tutela della salute delle persone – Sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano – Certezza del diritto – Leale cooperazione tra le istituzioni.
Causa C-48/14.
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 12 febbraio 2015.
Parlamento europeo contro Consiglio dell'Unione europea.
Ricorso di annullamento – Direttiva 2013/51/Euratom – Scelta della base giuridica – Trattato CEEA – Articoli 31 EA e 32 EA – Trattato FUE – Articolo 192, paragrafo 1, TFUE – Tutela della salute delle persone – Sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano – Certezza del diritto – Leale cooperazione tra le istituzioni.
Causa C-48/14.
Raccolta della giurisprudenza - generale
Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2015:91
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
12 febbraio 2015 ( *1 )
«Ricorso di annullamento — Direttiva 2013/51/Euratom — Scelta della base giuridica — Trattato CEEA — Articoli 31 EA e 32 EA — Trattato FUE — Articolo 192, paragrafo 1, TFUE — Tutela della salute delle persone — Sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano — Certezza del diritto — Leale cooperazione tra le istituzioni»
Nella causa C‑48/14,
avente ad oggetto il ricorso di annullamento, ai sensi degli articoli 263 TFUE e 106 bis, paragrafo 1, EA, proposto il 30 gennaio 2014,
Parlamento europeo, rappresentato da L. Visaggio e J. Rodrigues, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da O. Segnana e R. Liudvinaviciute-Cordeiro, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuto,
sostenuto da:
Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek e E. Ruffer, in qualità di agenti,
Repubblica francese, rappresentata da G. de Bergues, D. Colas e N. Rouam, in qualità di agenti,
Commissione europea, rappresentata da P. Van Nuffel e M. Patakia, in qualità di agenti,
intervenienti
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, K. Lenaerts (relatore), vicepresidente della Corte, A. Arabadjiev, J.L. da Cruz Vilaça e C. Lycourgos, giudici,
avvocato generale: Y. Bot
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
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1 |
Con il suo ricorso, il Parlamento europeo chiede l’annullamento della direttiva 2013/51/Euratom del Consiglio, del 22 ottobre 2013, che stabilisce requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano (GU L 296, pag. 12; in prosieguo: la «direttiva impugnata»). |
Contesto normativo
Il Trattato CEEA
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2 |
Gli articoli da 30 EA a 32 EA, che fanno parte del capo 3, intitolato «Protezione sanitaria», del titolo II del Trattato CEEA, dispongono quanto segue: «Articolo 30 Sono istituite nella Comunità norme fondamentali relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. Per norme fondamentali s’intendono:
Articolo 31 Le norme fondamentali vengono elaborate dalla Commissione, previo parere di un gruppo di personalità designate dal comitato scientifico e tecnico tra gli esperti scientifici degli Stati membri, particolarmente tra quelli versati in materia di sanità pubblica. La Commissione domanda il parere del Comitato economico e sociale sulle norme fondamentali così elaborate. Dopo consultazione del Parlamento europeo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione che gli trasmette i pareri dei comitati da essa raccolti, stabilisce le norme fondamentali. Articolo 32 A richiesta della Commissione o di uno Stato membro, le norme fondamentali possono essere rivedute o completate secondo la procedura definita dall’articolo 31. La Commissione è tenuta a istruire qualsiasi domanda formulata da uno Stato membro». |
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3 |
Ai sensi dell’articolo 106 bis, paragrafo 3, EA, «[l]e disposizioni del trattato [UE] e del trattato [FUE] non derogano a quanto stipulato dal presente trattato». |
La direttiva 98/83/CE
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4 |
La direttiva 98/83/CE del Consiglio del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 330, pag. 32), come modificata dal regolamento (CE) n. 596/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009 (GU L 188, pag. 14; in prosieguo: la «direttiva 98/83»), al suo articolo 1 così dispone: «1. La presente direttiva riguarda la qualità delle acque destinate al consumo umano. 2. L’obiettivo della presente direttiva è proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, garantendone la salubrità e la pulizia». |
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5 |
L’articolo 5 della direttiva 98/83, intitolato «Standard qualitativi», ai suoi paragrafi 1 e 2 enuncia quanto segue: «1. Per i parametri che figurano nell’allegato I gli Stati membri fissano i valori applicabili alle acque destinate al consumo umano. 2. I valori fissati a norma del paragrafo 1 non possono essere meno rigorosi di quelli indicati nell’allegato I. Per quanto concerne i parametri riportati nella parte C dell’allegato I, tali valori devono essere fissati solo a fini di controllo e per l’osservanza degli obblighi di cui all’articolo 8». |
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6 |
La parte C dell’allegato I della direttiva 98/83, intitolato «Parametri indicatori», così prevede: «(...) Radioattività
(...) Nota 8: Frequenza dei controlli da definire successivamente nell’allegato II. Nota 9: Ad eccezione del trizio, potassio ‑40, radon e prodotti di decadimento del radon; frequenza dei controlli, metodi di controllo e siti più importanti per i punti di controllo da definire successivamente nell’allegato II. Nota 10: 1. La Commissione adotta le misure prescritte nelle note 8 e 9 per quanto riguarda la frequenza dei controlli, i metodi di controllo e i siti più importanti per i punti di controllo di cui all’allegato II. Tali misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 12, paragrafo 3. Nell’elaborare tali misure la Commissione tiene conto, tra l’altro, delle pertinenti disposizioni della normativa vigente o di opportuni programmi di controllo, ivi compresi i risultati dei controlli ottenuti in tale contesto. (...)». |
La direttiva impugnata
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7 |
Poiché la proposta COM (2012) 147 final della Commissione, del 28 marzo 2012, che stabilisce requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano, è fondata sugli articoli 31 EA e 32 EA, il Parlamento, con risoluzione legislativa del 12 marzo 2013, ha approvato emendamenti relativi alla sostituzione di tale base giuridica con quella risultante dall’articolo 192, paragrafo 1, TFUE. |
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8 |
Tuttavia, il Consiglio ha respinto la modifica della base giuridica proposta dal Parlamento e, il 22 ottobre 2013 ha adottato la direttiva impugnata sulla base degli articoli 31 EA e 32 EA. |
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9 |
I considerando da 1 a 5 della direttiva impugnata sono così redatti:
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10 |
L’articolo 1 della direttiva impugnata ha il seguente tenore: «La presente direttiva stabilisce requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano. Essa stabilisce i valori di parametro, la frequenza e i metodi per il controllo delle sostanze radioattive». |
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11 |
L’articolo 2, punto 3, della direttiva impugnata definisce la «dose indicativa» (in prosieguo: la «DI») come «la dose efficace impegnata per un anno di ingestione risultante da tutti i radionuclidi, di origine naturale e artificiale, la cui presenza è stata rilevata nella fornitura di acque destinate al consumo umano ad eccezione di trizio, potassio-40, radon e prodotti di decadimento del radon a vita breve». |
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12 |
Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva impugnata, «[g]li Stati membri fissano i valori di parametro applicabili al controllo delle sostanze radioattive nelle acque destinate al consumo umano conformemente all’allegato I». |
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13 |
L’allegato I della direttiva impugnata, intitolato «Valori di parametro per radon, trizio e DI delle acque destinate al consumo umano», è così redatto: |
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« |
Parametro |
Valore di parametro |
Unità di misura |
Note |
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Radon |
100 |
Bq/l |
(Nota 1) |
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Trizio |
100 |
Bq/l |
(Nota 2) |
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DI |
0,10 |
mSv |
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Nota 1:
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a) |
Gli Stati membri possono fissare per il radon un livello il cui superamento è considerato inappropriato ed al di sotto del quale occorre proseguire l’ottimizzazione della protezione, senza compromettere l’approvvigionamento idrico su scala nazionale o regionale. Il livello fissato da uno Stato membro può essere superiore a 100 Bq/l ma comunque inferiore a 1000 Bq/l. Al fine di semplificare la normativa nazionale, gli Stati membri possono decidere di adeguare il valore di parametro a questo livello; |
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b) |
I provvedimenti correttivi sono considerati giustificati da motivi di protezione radiologica, senza ulteriori considerazioni, quando le concentrazioni di radon superano 1000 Bq/l. |
Nota 2: Livelli elevati di trizio possono indicare la presenza di altri radionuclidi artificiali. Se la concentrazione di trizio supera il valore di parametro, è necessaria un’analisi della presenza di altri radionuclidi artificiali».
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14 |
L’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva impugnata prevede quanto segue: «1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie a garantire che il controllo delle sostanze radioattive nelle acque destinate al consumo umano sia effettuato in conformità delle strategie e alle frequenze di controllo di cui all’allegato II, al fine di accertare se i valori delle sostanze radioattive rispondano ai valori di parametro fissati ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1. (...) 2. I controlli relativi alla DI sono effettuati in conformità dei requisiti di cui all’allegato III e le caratteristiche di prestazione analitica sono conformi agli stessi requisiti». |
Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti
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15 |
Con decisioni del presidente della Corte del 14 e 28 maggio e del 26 giugno 2014, è stato ammesso l’intervento, rispettivamente, della Repubblica francese, della Commissione e della Repubblica ceca a sostegno delle conclusioni del Consiglio. |
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16 |
Il Parlamento chiede che la Corte voglia:
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17 |
Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica ceca, dalla Repubblica francese e dalla Commissione, chiede che la Corte voglia:
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18 |
Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica francese e dalla Commissione, chiede in via subordinata, nell’ipotesi in cui la Corte accolga il ricorso, di mantenere gli effetti della direttiva impugnata fino all’entrata in vigore, entro un termine ragionevole, di una nuova normativa destinata a sostituirla. |
Sul ricorso
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19 |
Il Parlamento deduce tre motivi a sostegno del suo ricorso. Il primo verte sulla scelta erronea della base giuridica su cui è fondata la direttiva impugnata, il secondo sulla violazione del principio della certezza del diritto e il terzo sulla violazione del principio di leale cooperazione tra le istituzioni sancito dall’articolo 13, paragrafo 2, TUE. |
Sul primo motivo, vertente sulla scelta erronea della base giuridica su cui è fondata la direttiva impugnata
Argomenti delle parti
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20 |
Il Parlamento, riferendosi ai considerando da 3 a 5 della direttiva impugnata, sostiene che l’obiettivo principale della stessa corrisponde a quelli della politica dell’Unione europea in materia di ambiente, elencati all’articolo 191, paragrafo 1, TFUE, in particolar modo agli obiettivi di tutela della salute delle persone e di un’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali. La direttiva impugnata avrebbe dovuto fondarsi pertanto sull’articolo 192, paragrafo 1, TFUE (v. sentenza Commissione/Parlamento e Consiglio, C‑411/06, EU:C:2009:518, punti da 45 a 47). |
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21 |
Il Parlamento sostiene che dall’articolo 1 della direttiva 98/83 emerge l’applicabilità del regime istituito da quest’ultima ad ogni forma di contaminazione delle acque destinate al consumo umano, qualunque ne sia la fonte. La direttiva impugnata intaccherebbe, pertanto, l’uniformità del regime istituito dalla direttiva 98/83. |
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22 |
Secondo il Parlamento, dalla motivazione della proposta COM(2012) 147 final della Commissione emerge che quest’ultima ritiene che talune disposizioni della direttiva 98/83, ovvero quelle contenute nella parte C dell’allegato I e nell’allegato II della stessa, rientrino in realtà nell’ambito di applicazione degli articoli da 30 EA a 32 EA. Tuttavia, il regolamento n. 596/2009 avrebbe inserito nella parte C dell’allegato I della direttiva 98/83 una nota 10 relativa alle sostanze radioattive. Il regolamento n. 596/2009 sarebbe stato fondato sull’articolo 175, paragrafo 1, CE, divenuto articolo 192, paragrafo 1, TFUE. Né il legislatore dell’Unione né la Commissione avrebbero ritenuto necessario, in tale occasione, aggiungere le disposizioni del Trattato CEEA come base giuridica di tale regolamento. |
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23 |
Nella fattispecie, invece di effettuare una modifica della direttiva 98/83 volta all’inserimento di disposizioni relative ai valori di parametro per le sostanze radioattive e di disposizioni sul controllo delle stesse, il Consiglio avrebbe approvato una proposta che snatura il regime uniforme istituito da tale direttiva. |
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24 |
Nella sua replica il Parlamento sostiene altresì che la sua tesi non mette in discussione il principio enunciato all’articolo 106 bis, paragrafo 3, EA. Infatti, secondo il Parlamento la direttiva impugnata avrebbe dovuto trovare la sua base giuridica nell’articolo 192, paragrafo 1, TFUE poiché essa rientra nel quadro normativo instaurato dalla direttiva 98/83. Con la direttiva impugnata il Consiglio, agendo sul fondamento degli articoli 31 EA e 32 EA, avrebbe stabilito nuove norme relativamente a un aspetto particolare del quadro normativo istituito dalla direttiva 98/83, ovvero quello relativo alle esigenze di protezione dalle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano e avrebbe in tal modo agito in contrasto con l’obiettivo perseguito da tale direttiva. Nella determinazione della base giuridica appropriata della direttiva impugnata esso avrebbe dovuto tenere conto, in primo luogo, della circostanza che la direttiva 98/83 costituisce la pietra angolare del regime di tutela della salute delle persone dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano e, in secondo luogo, della circostanza che la direttiva impugnata interviene proprio su un aspetto del regime istituito dalla direttiva 98/83 (v. sentenza Regno Unito/Consiglio, C‑656/11, EU:C:2014:97, punti 50, 51, 64 e 66). |
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25 |
Il Consiglio e gli intervenienti, dopo aver ricordato che le disposizioni del capo 3 del titolo II del Trattato CEEA, di cui fanno parte gli articoli 31 EA e 32 EA, devono essere oggetto di un’interpretazione estensiva idonea a garantire il loro effetto utile (sentenze Parlamento/Consiglio, C‑70/88, EU:C:1991:373, punto 14; Commissione/Consiglio, C‑29/99, EU:C:2002:734, punti da 78 a 80, e ČEZ, C‑115/08, EU:C:2009:660, punti 100 e 112), ribattono che, alla luce della finalità e del contenuto della direttiva impugnata, essa è stata validamente fondata sugli articoli 31 EA et 32 EA. |
Giudizio della Corte
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26 |
Occorre ricordare che, conformemente all’articolo 31 EA, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e dopo consultazione del Parlamento, stabilisce le norme fondamentali di cui all’articolo 30 EA, relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. L’articolo 32 EA aggiunge che, a richiesta della Commissione o di uno Stato membro, le norme fondamentali adottate in tal modo possono essere riviste secondo la medesima procedura. |
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27 |
Sebbene il preambolo della direttiva impugnata si riferisca agli articoli 31 EA e 32 EA, poiché quest’ultima non contiene alcuna revisione di norme fondamentali adottate in precedenza sulla base del trattato CEEA, l’articolo 31 EA potrebbe costituirne la sola base giuridica. |
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28 |
Per quanto riguarda l’articolo 192, paragrafo 1, TFUE, esso prevede che il Parlamento e il Consiglio deliberino secondo la procedura legislativa ordinaria quando decidono in merito alle azioni che devono essere intraprese dall’Unione per realizzare i suoi obiettivi in materia di ambiente, che comprendono in particolare la tutela della salute delle persone. |
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29 |
Quanto alla questione se la direttiva impugnata poteva essere validamente adottata sulla base dell’articolo 31 EA, emerge da una giurisprudenza costante che la scelta della base giuridica di un atto deve fondarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano lo scopo e il contenuto di tale atto (v., in particolare, sentenze Parlamento/Consiglio, EU:C:1991:373, punto 9; Parlamento/Consiglio, C‑130/10, EU:C:2012:472, punto 42; Commissione/Consiglio, C‑137/12, EU:C:2013:675, punto 52, e Commissione/Parlamento e Consiglio, C‑43/12, EU:C:2014:298, punto 29). |
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30 |
È al riguardo priva di rilievo la base giuridica che è stata accolta per l’adozione di altri atti dell’Unione che presentano, eventualmente, caratteristiche simili, in quanto la determinazione della base giuridica di un atto deve essere effettuata in considerazione del suo scopo e del suo contenuto (v. sentenza Regno Unito/Consiglio, EU:C:2014:97, punto 48 e giurisprudenza ivi citata). Il Parlamento non può pertanto dedurre alcun argomento dalla circostanza che la direttiva impugnata comporta taluni elementi identici a quelli che figurano nella parte C dell’allegato I alla direttiva 98/83, che è, dal canto suo, fondata sull’articolo 130 S, paragrafo 1, del trattato CE, divenuto l’articolo 192, paragrafo 1, TFUE. |
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31 |
Nella fattispecie, va constatato che la direttiva impugnata intende, come emerge dal suo articolo 1, tutelare la salute della popolazione stabilendo requisiti relativi alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano. I considerando 1 e 2 di detta direttiva chiariscono a tale proposito che l’ingestione di acqua è una delle vie di incorporazione di sostanze radioattive nel corpo umano e che è necessario stabilire a livello comunitario norme sulla qualità che svolgano una funzione di indicatore e disporre il controllo dell’osservanza di tali norme. |
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32 |
L’obiettivo perseguito dalla direttiva impugnata corrisponde perciò allo scopo di una norma fondamentale ai sensi dell’articolo 30 EA, che intende garantire la protezione sanitaria della popolazione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. |
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33 |
Per quanto riguarda il contenuto della direttiva impugnata, quest’ultima stabilisce i valori di parametro, la frequenza e i metodi per il controllo delle sostanze radioattive nelle acque destinate al consumo umano. Il contenuto della direttiva impugnata corrisponde altresì al contenuto di una norma fondamentale ai sensi dell’articolo 30 EA che, conformemente al secondo comma, lettere a) e b), di quest’ultima disposizione, stabilisce, relativamente alle radiazioni ionizzanti, le dosi massime ammissibili con un sufficiente margine di sicurezza, nonché le esposizioni e le contaminazioni massime ammissibili. In aggiunta occorre rilevare che le disposizioni del capo 3 del titolo II del Trattato CEEA, di cui fanno parte gli articoli 30 EA e 31 EA, si riferiscono espressamente al controllo della radioattività delle acque. |
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34 |
Rispetto all’argomento del Parlamento secondo il quale l’obiettivo principale della direttiva impugnata rientrerebbe tra quelli della politica dell’Unione in materia ambientale elencati all’articolo 191, paragrafo 1, TFUE, e che, pertanto, essa avrebbe dovuto essere fondata sull’articolo 192, paragrafo 1, TFUE, deve certamente constatarsi che, in forza dell’articolo 191, paragrafo 1, TFUE, la politica dell’Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire, in particolare, l’obiettivo della protezione della salute umana. |
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35 |
Tuttavia, la Corte ha più volte dichiarato che le disposizioni del capo 3 del titolo II del Trattato CEEA devono essere oggetto di un’interpretazione estensiva idonea a garantire il loro effetto utile (v., in particolare, sentenze Commissione/Consiglio, EU:C:2002:734, punto 78, e ČEZ, EU:C:2009:660, punto 100). Dette disposizioni, nelle quali rientrano gli articoli 30 EA e 31 EA, intendono perciò garantire una protezione sanitaria coerente ed efficace della popolazione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, a prescindere da quale sia la sorgente e da quali siano le categorie di persone esposte a tali radiazioni (sentenze Parlamento/Consiglio, EU:C:1991:373, punto 14, e ČEZ, EU:C:2009:660, punto 112). |
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36 |
Peraltro, laddove esista nei Trattati una disposizione più specifica che possa costituire la base giuridica dell’atto di cui trattasi, quest’ultimo deve fondarsi su tale disposizione (v. sentenze Commissione/Consiglio, C‑338/01, EU:C:2004:253, punto 60, e Commissione/Consiglio, C‑533/03, EU:C:2006:64, punto 45). |
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37 |
Orbene, per quanto riguarda la protezione della salute della popolazione contro le sostanze radioattive nelle acque destinate al consumo umano, l’articolo 31 EA costituisce una base giuridica più specifica rispetto alla base giuridica generale che emerge dall’articolo 192, paragrafo 1, TFUE. Il Trattato CEEA prevede, infatti, un insieme di norme relative proprio alla tutela delle popolazioni e dell’ambiente avverso le radiazioni ionizzanti (sentenza ČEZ, EU:C:2009:660, punto 83). |
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38 |
In ogni caso, qualora la mera constatazione secondo la quale un atto che si riferisce a sostanze radioattive è diretto alla protezione della salute delle persone ai sensi dell’articolo 191, paragrafo 1, TFUE, fosse sufficiente a considerare l’articolo 192, paragrafo 1, TFUE quale base giuridica appropriata di tale atto, l’articolo 31 EA non potrebbe più servire come fondamento giuridico di un’azione della Comunità, poiché le norme fondamentali ai sensi dell’articolo 30 EA perseguono, per la loro stessa natura, l’obiettivo della protezione sanitaria delle persone. L’argomento del Parlamento, in tal modo, non solo trascura l’effetto utile dell’articolo 31 EA, che costituisce una base giuridica più specifica di quella dell’articolo 192, paragrafo 1, TFUE, ma altresì viola il principio sancito dall’articolo 106 bis, paragrafo 3, EA, secondo il quale le disposizioni del Trattato FUE non derogano a quanto stipulato nel Trattato CEEA. |
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39 |
Deriva da tutto quanto precede che la direttiva impugnata è stata validamente adottata sul fondamento dell’articolo 31 EA. |
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40 |
Il primo motivo, vertente sulla scelta erronea della base giuridica su cui è fondata la direttiva impugnata, deve pertanto essere respinto. |
Sul secondo motivo, vertente sulla violazione del principio della certezza del diritto
Argomenti delle parti
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41 |
Il Parlamento sostiene che il Consiglio ha creato una situazione di incertezza giuridica poiché l’adozione della direttiva impugnata non è stata accompagnata dall’abrogazione della direttiva 98/83 nella parte riguardante le sostanze radioattive. In assenza di un’abrogazione esplicita, i valori di parametro della parte C dell’allegato I di tale direttiva sarebbero tuttora in vigore, allo stesso titolo di quelli della direttiva impugnata. Lo stesso dicasi riguardo al potere conferito alla Commissione di adottare misure in conformità con la procedura di regolamentazione con controllo quale prevista alla nota 10 della parte C dell’allegato I della direttiva 98/83. La sovrapposizione di due regimi, quello della direttiva impugnata e quello della direttiva 98/83, porrebbe a rischio la certezza del diritto. |
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42 |
Il considerando 5 della direttiva impugnata, secondo il quale le disposizioni di quest’ultima sostituiscono quelle della direttiva 98/83, non basterebbe, da solo, a superare tale incertezza giuridica. Infatti, la coesistenza di due testi aventi il medesimo obiettivo, ovvero la protezione della salute della popolazione contro la contaminazione radioattiva delle acque destinate al consumo umano, ma un contenuto diverso, genererebbe una situazione di incertezza che non potrebbe essere eliminata con il riferimento al principio lex specialis derogat legi generali. In ogni caso, gli Stati membri resterebbero tenuti, in applicazione della direttiva 98/83, a mantenere in vigore le disposizioni adottate per il recepimento della parte C dell’allegato I e dell’allegato II di tale direttiva e la violazione di tale obbligo potrebbe essere fatta valere dinanzi ai giudici nazionali competenti da qualsiasi interessato. Tale obbligo potrebbe essere soppresso soltanto mediante un’abrogazione esplicita delle disposizioni in parola, che avrebbe richiesto il ricorso alla base giuridica derivante dall’articolo 192, paragrafo 1, TFUE. Orbene, emergerebbe inequivocabilmente dalla direttiva impugnata che la mancata abrogazione delle disposizioni suddette non costituisce una mera dimenticanza. Secondo il Parlamento, non è peraltro consentito all’autore di un atto fondarsi sul principio lex specialis derogat legi generali per giustificare un conflitto tra due atti da esso stesso creati. |
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43 |
Il Consiglio e gli intervenienti ricordano che il considerando 5 della direttiva impugnata indica chiaramente che le sue disposizioni sostituiscono quelle della direttiva 98/83 per quanto riguarda i requisiti per la protezione sanitaria della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano. |
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44 |
Non esisterebbe pertanto alcuna ambiguità relativa alla relazione tra le disposizioni della direttiva impugnata e quelle della direttiva 98/83. Conformemente al principio della certezza del diritto gli Stati membri destinatari della direttiva impugnata sarebbero in grado di determinare gli obblighi ad essi incombenti. |
Giudizio della Corte
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45 |
Secondo una giurisprudenza costante, il principio della certezza del diritto esige che le norme di diritto siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, affinché gli interessati possano orientarsi nelle situazioni e nei rapporti giuridici rientranti nella sfera del diritto dell’Unione (v. sentenze France Télécom/Commissione, C‑81/10 P, EU:C:2011:811, punto 100 e giurisprudenza ivi citata, e LVK – 56, C‑643/11, EU:C:2013:55, punto 51). |
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46 |
Nella fattispecie si deve constatare che non sussiste alcuna contraddizione nella relazione tra la direttiva impugnata e la direttiva 98/83. Infatti, la direttiva impugnata stabilisce al suo allegato I esattamente gli stessi valori di parametro di quelli previsti nella parte C dell’allegato I della direttiva 98/83, ovvero, per il trizio, 00 becquerel per litro e, per la dose totale indicativa di radioattività, 0,10 mSv all’anno. |
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47 |
Ne deriva che anche se la direttiva impugnata e la direttiva 98/83 contengono norme di diritto relative alle sostanze radioattive nelle acque destinate al consumo umano, la sovrapposizione dei due regimi non è tale da pregiudicare la natura chiara, precisa e prevedibile delle norme applicabili. |
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48 |
Pertanto occorre indicare che, sebbene la direttiva impugnata contenga norme nuove, segnatamente quelle relative al radon, poiché tali norme si trovano solo nella direttiva impugnata, la sovrapposizione dei regimi giuridici che emergono dalla direttiva impugnata e dalla direttiva 98/83 non può nemmeno pregiudicare la natura chiara, precisa e prevedibile di dette norme. |
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49 |
Infine, si deve rilevare che, rispetto alla direttiva 98/83 relativa in linea generale alla qualità delle acque destinate al consumo umano, la direttiva impugnata costituisce una lex specialis per quanto riguarda la protezione sanitaria della popolazione contro i pericoli derivanti dalle sostanze radioattive in tali acque. Orbene, contrariamente a quanto sostiene il Parlamento, il principio lex specialis derogat legi generali è applicabile anche se la lex generalis e la lex specialis promanano dalla stessa istituzione. |
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50 |
Ne deriva che, qualora sia corretta l’affermazione del Parlamento formulata per la prima volta nelle sue osservazioni sulle memorie di intervento, secondo la quale esistono divergenze nel contenuto normativo dei due atti di cui trattasi, le disposizioni della direttiva impugnata sostituirebbero quelle della direttiva 98/83 nell’ipotesi di incompatibilità tra i regimi istituiti dalle due direttive in parola, come conferma espressamente il considerando 5 della direttiva impugnata. |
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51 |
In tali circostanze, non è possibile constatare alcuna violazione del principio di certezza del diritto. |
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52 |
Pertanto, il secondo motivo non può essere accolto. |
Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio di leale cooperazione tra le istituzioni enunciato all’articolo 13, paragrafo 2, TUE
Argomenti delle parti
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Il Parlamento sostiene che non possa essere invocata alcuna ragione giuridica valida per creare un regime separato per le sostanze radioattive nelle acque destinate al consumo umano, sul fondamento del Trattato CEEA, avente ad oggetto le medesime disposizioni di protezione e controllo figuranti nella parte C dell’allegato I e nell’allegato II della direttiva 98/83. È pur vero che queste ultime disposizioni riguarderebbero la radioprotezione, ma esse sarebbero solo uno degli elementi costitutivi del quadro generale di misure di protezione istituito dalla direttiva 98/83, della quale condividerebbero l’obiettivo finale, ovvero la protezione dell’ambiente e della salute delle persone, di cui all’articolo 191, paragrafo 1, TFUE. |
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Il Parlamento ricorda che la scelta della base giuridica non può in nessun caso basarsi su considerazioni relative alla procedura da seguire per l’adozione dell’atto in parola o al regime applicabile a tale atto una volta adottato (sentenza Commissione/Consiglio, EU:C:2013:675, punto 74). Orbene, un’operazione consistente nell’isolare artificialmente una parte di un atto legislativo in vigore, parte manifestamente accessoria nell’economia generale di detto atto, per farne l’oggetto di un atto giuridico separato, con differente base giuridica e assoggettato a un diverso regime giuridico costituirebbe una violazione del principio di leale cooperazione tra le istituzioni sancito dall’articolo 13, paragrafo 2, TUE. |
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Nelle sue osservazioni sulle memorie di intervento il Parlamento afferma inoltre che, per rispettare l’obbligo di leale cooperazione, sarebbe stato necessario procedere anzitutto all’abrogazione parziale della direttiva 98/83 sulla base dell’articolo 192, paragrafo 1, TFUE e secondo la procedura legislativa ordinaria, circostanza che avrebbe consentito a tutte le istituzioni interessate di pronunciarsi sulla questione se fosse giuridicamente corretto nonché politicamente opportuno estrapolare dalla direttiva 98/83 le disposizioni relative alla contaminazione radioattiva delle acque destinate al consumo umano per farne l’oggetto di un atto autonomo fondato sul Trattato CEEA. |
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Il Consiglio e gli intervenienti sostengono che la direttiva impugnata non viola l’articolo 13, paragrafo 2, TUE. |
Giudizio della Corte
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Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, TUE, le istituzioni attuano tra loro una leale cooperazione. |
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Tale leale cooperazione è tuttavia esercitata nel rispetto dei limiti dei poteri conferiti nei Trattati a ciascuna istituzione. L’obbligo risultante dall’articolo 13, paragrafo 2, TUE non può pertanto modificare detti poteri. |
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Per quanto riguarda la questione se il Consiglio abbia violato il principio di leale cooperazione nell’adottare la direttiva impugnata, va ricordato che, come constatato al punto 39 della presente sentenza, quest’ultima è fondata sulla base giuridica appropriata, vale a dire l’articolo 31 EA. |
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La circostanza che ai fini dell’adozione della direttiva impugnata il Parlamento sia stato consultato e non sia intervenuto in qualità di colegislatore, a titolo della procedura legislativa ordinaria, deriva quindi unicamente dalla scelta effettuata dagli autori dei Trattati e non da una violazione del principio della leale cooperazione (v., in tal senso, sentenza Parlamento/Consiglio, EU:C:2012:472, punto 82). |
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Infine, non può accogliersi nemmeno l’argomento del Parlamento secondo il quale, prima dell’adozione della direttiva impugnata la direttiva 98/83 avrebbe dovuto essere parzialmente abrogata sulla base dell’articolo 192, paragrafo 1, TFUE e nel rispetto delle disposizioni del Trattato FUE relative alla procedura legislativa ordinaria. |
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Infatti, condividere la tesi del Parlamento equivale ad ammettere che l’esercizio da parte del Consiglio dei poteri che gli sono conferiti dagli articoli 30 EA e 31 EA può essere assoggettato al previo accordo del Parlamento, laddove tali disposizioni gli conferiscono soltanto un ruolo consultivo. Orbene, come emerge dal punto 58 della presente sentenza, i poteri che il Parlamento e il Consiglio derivano dagli articoli 30 EA e 31 EA non possono essere rispettivamente limitati o ampliati a titolo del principio di leale cooperazione. |
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Di conseguenza, il terzo motivo dev’essere respinto. |
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Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che il ricorso deve essere respinto integralmente. |
Sulle spese
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A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se n’è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, il Parlamento, rimasto soccombente, va condannato alle spese. |
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Ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la Repubblica ceca, la Repubblica francese e la Commissione sopporteranno le proprie spese. |
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Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il francese.