Scegli le funzioni sperimentali da provare

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Documento 62014CC0547

Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate il 23 dicembre 2015.

Raccolta della giurisprudenza - generale

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2015:853

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 23 dicembre 2015 ( 1 )

Causa C‑547/14

Philip Morris Brands SARL e altri

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England und Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito)]

«Ravvicinamento delle legislazioni — Direttiva 2014/40/UE — Lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati — Scelta dell’articolo 114 TFUE come fondamento giuridico — Principio di proporzionalità — Principio di sussidiarietà — Diritti fondamentali dell’Unione — Libertà di espressione — Articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali — Articoli 290 TFUE e 291 TFUE — Delega del potere legislativo ed esecutivo alla Commissione europea»

Indice

 

Indice

 

I – Introduzione

 

II – Controversia principale e procedimento pregiudiziale

 

Base giuridica

 

Proporzionalità e diritti fondamentali

 

Delega/Attuazione

 

Sussidiarietà

 

III – Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

 

A – Sulla limitazione delle questioni di validità a singoli articoli della direttiva

 

B – Sulle circostanze nelle quali la Corte è stata adita

 

1. Sul momento in cui la Corte è stata adita

 

2. Sulla possibile assenza di dubbi propri del giudice del rinvio rispetto alla validità della direttiva

 

3. Su alcune altre carenze della domanda di pronuncia pregiudiziale

 

a) Sull’illustrazione dei fatti

 

b) Sulla rilevanza delle singole questioni pregiudiziali ai fini della decisione

 

i) Sulla prima questione, parti a), b), e c), punto iii)

 

ii) Sulla prima questione, parte c), punto iv), e sulla quarta, quinta e sesta questione

 

iii) Sulla settima questione

 

C – Conclusione intermedia

 

IV – Analisi nel merito delle questioni pregiudiziali

 

A – Sull’articolo 114 TFUE quale fondamento giuridico per la direttiva

 

1. Sulla messa al bando dei prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti [prima questione, parte c), punto ii)]

 

a) Sull’eliminazione delle differenze tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri

 

i) Sull’eliminazione degli ostacoli agli scambi esistenti

 

ii) Sul rischio di una futura evoluzione non omogenea delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali

 

b) Sul miglioramento delle condizioni di funzionamento del mercato interno

 

c) Conclusione intermedia

 

2. Sull’etichettatura e sul confezionamento dei prodotti del tabacco [prima questione, parte c), punto i)]

 

3. Sulla libera circolazione dei prodotti del tabacco [prima questione, parti a) e b)]

 

a) Sul diritto degli Stati membri di prevedere ulteriori disposizioni in relazione alla standardizzazione del confezionamento dei prodotti del tabacco [prima questione, parte a)]

 

b) Sul diritto degli Stati membri di vietare determinate categorie di prodotti [prima questione, parte b)]

 

c) Conclusione intermedia

 

4. Sulla disciplina della vendita a distanza [prima questione, parte c), punto iii)]

 

5. Sul potere della Commissione di attuare gli standard convenuti a livello internazionale [prima questione, parte c), punto iv)]

 

B – Sul principio di proporzionalità

 

1. Sulle violazioni della libertà d’impresa

 

a) Sulla messa al bando dei prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti [terza questione, parte a)]

 

i) Sull’adeguatezza della messa al bando

 

ii) Sulla necessità del divieto

 

– Sulla necessità di un divieto generale esteso a tutti gli aromi caratterizzanti

 

– Sulle asserite misure meno incisive

 

iii) Sulla proporzionalità in senso stretto

 

b) Sui requisiti in materia di etichettatura e confezionamento dei prodotti del tabacco [terza questione, parti b) e c)]

 

i) Su forma, dimensione e contenuto minimo dei pacchetti di sigarette [terza questione, parte b)]

 

ii) Sulla dimensione delle avvertenze combinate relative alla salute [terza questione, parte c)]

 

– Sull’adeguatezza di avvertenze di grandi dimensioni per la protezione della salute

 

– Sulla necessità di avvertenze di grandi dimensioni

 

– Sulla proporzionalità in senso stretto e sulla contestata arbitrarietà

 

iii) Conclusione intermedia

 

2. Sulle violazioni della libertà di espressione (seconda questione)

 

a) Sull’interpretazione dell’articolo 13 della direttiva [seconda questione, parte a)]

 

b) Sulla validità dell’articolo 13 della direttiva [seconda questione, parte b)]

 

C – Sulla delega del potere legislativo ed esecutivo

 

1. Sui requisiti previsti dall’articolo 290 TFUE per il potere di emanare atti delegati (quarta questione)

 

2. Sull’asserita delega di poteri a organismi internazionali esterni all’Unione (quinta questione)

 

3. Sui requisiti previsti dall’articolo 291 TFUE sui poteri per l’emanazione di atti di esecuzione (sesta questione)

 

4. Conclusione intermedia

 

D – Sul principio di sussidiarietà

 

1. Sulla compatibilità sostanziale della direttiva con il principio di sussidiarietà

 

2. Sulla sufficiente motivazione della direttiva sotto il profilo del principio di sussidiarietà

 

3. Conclusione intermedia

 

V – Conclusione

I – Introduzione

1.

Nell’aprile 2014, con la direttiva 2014/40/UE ( 2 ), il legislatore dell’Unione ha emanato, faticosamente e a conclusione di un iter legislativo oltremodo movimentato, una nuova disciplina delle disposizioni sulla lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati sul mercato interno europeo.

2.

Come già accaduto per le normative che l’hanno preceduta ( 3 ), anche la direttiva in esame è oggetto di animate controversie. La Corte è attualmente chiamata ad occuparsene in tre procedimenti paralleli, dei quali il presente – avviato da un giudice britannico su iniziativa dei gruppi Philip Morris International (in prosieguo: la «PMI») e British American Tobacco (in prosieguo: la «BAT») – contiene le più ampie contestazioni in merito alla legittimità della presente misura di armonizzazione del mercato interno e, in una sorta di attacco a tutto campo, mette in discussione un numero particolarmente elevato di sue disposizioni.

3.

A tal proposito, l’idoneità dell’articolo 114 TFUE (già articolo 95 del Trattato CE o articolo 100 bis del Trattato CEE) quale base giuridica, pur restando controversa in alcuni aspetti di dettaglio, non svolge più però un ruolo centrale come in passato. Attualmente, invece, altre questioni di diritto sono al centro dell’interesse, in particolare, quelle attinenti al principio di proporzionalità e di certezza del diritto, al principio di sussidiarietà e ai diritti fondamentali dell’Unione. Si discute inoltre delle possibilità di delegare il potere legislativo ed esecutivo alla Commissione europea a norma degli articoli 290 e 291 TFUE.

4.

Dietro alle suddette questioni di diritto, collegate ad interessi economici enormi e che si ripercuotono quotidianamente sulla vita di milioni di cittadini dell’Unione, si cela in definitiva un problema fondamentale: quale sia il margine di discrezionalità riconosciuto al legislatore dell’Unione per garantire che i prodotti possano essere immessi sul mercato in tutta l’Unione in condizioni uniformi senza perdere di vista, in tale operazione, l’obiettivo fondamentale di un livello elevato di protezione della salute, che il diritto primario sancisce attribuendovi un ruolo preminente (articoli 9, 114, paragrafo 3, e 168, paragrafo 1, TFUE, e articolo 35, secondo periodo, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea).

5.

Oltre al caso di specie, pendono attualmente altri due procedimenti vertenti sulla legittimità della direttiva 2014/40 che si occupano, rispettivamente, di singoli aspetti del tutto specifici delle disposizioni emanate dal legislatore dell’Unione. Uno dei suddetti procedimenti ( 4 ) riguarda la nuova disciplina delle sigarette elettroniche contenuta nell’articolo 20 della direttiva; esso trae origine da una domanda di pronuncia pregiudiziale del medesimo tribunale (ma non dello stesso giudice) che si rivolge alla Corte anche nell’ambito della presente controversia. L’altro ( 5 ) ha ad oggetto un ricorso di annullamento proposto dalla Repubblica di Polonia diretto specificamente contro la messa al bando delle sigarette al mentolo prevista dal legislatore dell’Unione. In entrambi i casi presenterò le mie conclusioni sempre in data odierna.

II – Controversia principale e procedimento pregiudiziale

6.

La PMI e la BAT si occupano di produzione e commercializzazione di prodotti del tabacco. Dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales) – Queen’s Bench Division (Administrative Court) –, giudice del rinvio, le società Philip Morris Brands SARL e Philip Morris Limited, da un lato, e la British American Tobacco UK Limited, dall’altro, hanno rispettivamente proposto un ricorso contro il Secretary of State for Health ( 6 ) diretto a impedire il recepimento della direttiva 2014/40 nel Regno Unito. I due suddetti ricorsi sono stati riuniti dal giudice del rinvio.

7.

Nella controversia principale sono state ammesse quali parti intervenienti a sostegno delle ricorrenti, le seguenti altre imprese: la Imperial Tobacco Limited, la JT International SA e la Gallaher Limited ( 7 ), la Tann UK Limited e la Tannpapier GmbH ( 8 ), la Deutsche Benkert GmbH & Co. KG e la Benkert UK Limited ( 9 ), la V. Mane Fils ( 10 ) oltre alla Joh. Wilh. Von Eicken GmbH ( 11 ). Alcune delle suddette imprese fabbricano, esse stesse, prodotti del tabacco, mentre altre operano quali fornitori dell’industria del tabacco, ad esempio, di carta per sigarette o sostanze aromatizzanti.

8.

Il Secretary of State sostiene, nell’ambito del procedimento principale, che la direttiva è valida, ma afferma ‑ allo stesso tempo ‑ che le istituzioni dell’Unione intervenute nell’iter legislativo sono le più qualificate per difendere la direttiva e che, in ogni caso, la Corte è competente in via esclusiva a pronunciarsi sulla sua validità. A suo avviso, il caso in esame si presta quindi a un procedimento pregiudiziale.

9.

In tale contesto, il giudice del rinvio ha deciso di non richiedere al Secretary of State di argomentare nel merito e neppure di presentare mezzi di prova, preferendo chiedere immediatamente alla Corte di pronunciarsi sulla validità della direttiva. Con ordinanza del 7 novembre 2014, pervenuta in cancelleria il 1o dicembre 2014, esso ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 TFUE:

Base giuridica

1)

Se la direttiva sia invalida in tutto o in parte in quanto l’articolo 114 TFUE non fornisce una base giuridica adeguata. In particolare:

a)

in relazione all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva:

i)

sulla base della sua corretta interpretazione, in che misura consenta agli Stati membri di adottare norme più severe in relazione a questioni concernenti la «standardizzazione» del confezionamento dei prodotti del tabacco; e

ii)

alla luce di tale interpretazione, se l’articolo 24, paragrafo 2, sia invalido in quanto l’articolo 114 TFUE non fornisce una base giuridica adeguata.

b)

Se l’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva, che consente agli Stati membri di vietare una categoria di tabacco o prodotti correlati in determinate circostanze, sia invalido in quanto l’articolo 114 TFUE non fornisce una base giuridica adeguata.

c)

Se le seguenti disposizioni siano invalide in quanto l’articolo 114 TFUE non fornisce una base giuridica adeguata:

i)

le disposizioni del Capo II del Titolo II della direttiva, relative al confezionamento e all’etichettatura;

ii)

l’articolo 7 della direttiva, nei limiti in cui vieta le sigarette al mentolo e i prodotti del tabacco con un aroma caratterizzante;

iii)

l’articolo 18 della direttiva, che consente agli Stati membri di vietare le vendite a distanza transfrontaliere di prodotti del tabacco; e

iv)

gli articoli 3, paragrafo 4, e 4, paragrafo 5, della direttiva, che delegano poteri alla Commissione in relazione ai livelli di emissione.

Proporzionalità e diritti fondamentali

2)

In relazione all’articolo 13 della direttiva:

a)

se, sulla base della sua corretta interpretazione, vieti dichiarazioni veritiere e non ingannevoli relative ai prodotti del tabacco poste sull’imballaggio del prodotto; e

b)

in caso affermativo, se sia invalido in quanto viola il principio di proporzionalità e/o l’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali.

3)

Se le seguenti disposizioni della direttiva siano, in tutto o in parte, invalide in quanto violano il principio di proporzionalità:

a)

l’articolo 7, paragrafi 1 e 7, nei limiti in cui vieta l’immissione sul mercato dei prodotti del tabacco che hanno il mentolo come aroma caratterizzante e l’immissione sul mercato dei prodotti del tabacco contenenti aromi in qualsiasi delle loro componenti;

b)

gli articoli 8, paragrafo 3, 9, paragrafo 3, 10, paragrafo 1, lettera g) e 14, nei limiti in cui impongono diversi requisiti di standardizzazione del confezionamento; e

c)

l’articolo 10, paragrafo 1, lettere a) e c), nella misura in cui impone che le avvertenze relative alla salute occupino il 65% della superficie esterna del fronte e del retro della confezione unitaria e dell’eventuale imballaggio esterno.

Delega/Attuazione

4)

Se le seguenti disposizioni della direttiva siano, in tutto o in parte, invalide in quanto violano l’articolo 290 TFUE

a)

l’articolo 3, paragrafi 2 e 4, relativo ai livelli massimi di emissioni;

b)

l’articolo 4, paragrafo 5, relativo ai metodi di misurazione delle emissioni;

c)

l’articolo 7, paragrafi 5, 11 e 12, relativo alla regolamentazione degli ingredienti;

d)

gli articoli 9, paragrafo 5, 10, paragrafo 1, lettera f), 10, paragrafo 3, 11, paragrafo 6, 12, paragrafo 3 e 20, paragrafo 12, sulle avvertenze relative alla salute;

e)

l’articolo 20, paragrafo 11, relativo al divieto di sigarette elettroniche e/o contenitori di liquido di ricarica; e/o

f)

l’articolo 15, paragrafo 12, relativo ai contratti di archiviazione dei dati.

5)

Se gli articoli 3, paragrafo 4 e 4, paragrafo 5, della direttiva siano invalidi in quanto violano il principio di certezza del diritto e/o delegano indebitamente poteri a organismi esterni non soggetti alle garanzie procedurali imposte dal diritto dell’Unione.

6)

Se le seguenti disposizioni della direttiva siano invalide, in tutto o in parte, in quanto violano l’articolo 291 TFUE

a)

l’articolo 6, paragrafo 1, relativo agli obblighi di segnalazione;

b)

l’articolo 7, paragrafi da 2 a 4 e paragrafo 10, relativi agli atti di esecuzione concernenti il divieto di prodotti del tabacco in determinate circostanze;

c)

gli articoli 9, paragrafo 6 e 10, paragrafo 4, sulle avvertenze relative alla salute.

Sussidiarietà

7)

Se la direttiva e in particolare gli articoli 7, 8, paragrafo 3, 9, paragrafo 3, 10, paragrafo 1, lettera g), 13 e 14 siano invalidi per il mancato rispetto del principio di sussidiarietà.

10.

A prescindere dalla formulazione delle suddette questioni pregiudiziali, l’ordinanza di rinvio si limita a riassumere le censure, in termini di diritto, presentate dalle ricorrenti nella controversia principale e dalle parti intervenute a loro sostegno contro la direttiva. Il giudice del rinvio, ritenendo «sostenibili» le suddette eccezioni, reputa «necessaria e opportuna» una pronuncia pregiudiziale della Corte.

11.

Nella fase scritta del procedimento pregiudiziale, oltre alle ricorrenti nella controversia principale e alle parti intervenute a loro sostegno, hanno presentato osservazioni i governi del Regno Unito, dell’Irlanda, della Francia, della Polonia, del Portogallo e della Norvegia, nonché il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea ( 12 ). All’udienza del 1o ottobre 2015 hanno presenziato le suddette parti, nonché l’Italia e l’Ungheria.

III – Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

12.

Prima di esaminare sotto il profilo contenutistico l’ampia serie di questioni sollevate dal giudice del rinvio, è necessario analizzare la ricevibilità della sua domanda di pronuncia pregiudiziale. Da un lato, ci si chiede se la validità di singole disposizioni della direttiva possa essere impugnata isolatamente. Dall’altro, occorre verificare se le circostanze nell’ambito delle quali la Corte è stata adita nel caso di specie siano compatibili con lo spirito e il funzionamento del procedimento di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

A – Sulla limitazione delle questioni di validità a singoli articoli della direttiva

13.

In buona parte, il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi non sulla validità della direttiva 2014/40 nel suo complesso, ma soltanto sulla validità di singole disposizioni della stessa.

14.

Secondo una costante giurisprudenza, l’annullamento parziale di un atto dell’Unione è possibile solo se gli elementi di cui è chiesto l’annullamento sono separabili dal resto dell’atto (cosiddetto requisito della separabilità) ( 13 ). La separabilità manca quando l’annullamento parziale dell’atto impugnato produrrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo ( 14 ). La giurisprudenza in parola può essere senz’altro riferita all’esame della validità di un atto dell’Unione nell’ambito del procedimento pregiudiziale ( 15 ).

15.

Le disposizioni della direttiva controverse contengono molte indicazioni diverse sulla lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati. Dinanzi alla Corte non sono stati forniti elementi idonei ad attestare l’esistenza, tra le suddette disposizioni, di una correlazione tanto stretta da far sì che la validità e l’invalidità delle stesse siano tra loro collegate. Anche ove la Corte dovesse, nel presente procedimento, dichiarare invalide singole disposizioni della direttiva impugnate, le altre disposizioni contenute nella stessa manterrebbero così la loro ragion d’essere e preserverebbero la loro portata. Ciò vale soprattutto, ma non solo, per le disposizioni con cui la Commissione è stata autorizzata ad adottare atti delegati o atti di esecuzione.

16.

In tale contesto, si deve ritenere che tutte le disposizioni della direttiva di cui trattasi siano, di volta in volta, una parte separabile della direttiva 2014/40 e che il loro eventuale annullamento non incida sul contenuto essenziale della direttiva in questione.

B – Sulle circostanze nelle quali la Corte è stata adita

17.

Occorre tuttavia esaminare più nel dettaglio se le condizioni nelle quali la Corte è stata adita nell’ambito della presente causa siano idonee a mettere in discussione la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.

1. Sul momento in cui la Corte è stata adita

18.

Irrilevante è anzitutto il fatto che la domanda di pronuncia pregiudiziale sia stata proposta in un momento in cui il termine per il recepimento della direttiva non era ancora scaduto e allorché non era in vigore alcun provvedimento nazionale per il suo recepimento ( 16 ). Infatti, il principio della tutela giurisdizionale effettiva, stabilito anche dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali e che trova espressione nell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, impone proprio che i singoli possano richiedere il controllo giurisdizionale degli atti dell’Unione che li riguardano senza essere costretti prima a violare la legge ( 17 ). In tale contesto, la possibilità riconosciuta nel diritto del Regno Unito, e utilizzata già in più occasioni, di ottenere un controllo giurisdizionale («judicial review») in fase di recepimento delle direttive dell’Unione europea nel diritto interno, accompagnata da un eventuale ricorso in via pregiudiziale alla Corte, deve in linea di principio essere accolta con favore.

19.

Contrariamente a quanto sostenuto dal Parlamento, dal Consiglio, dalla Commissione e dalla Francia, nel caso di specie non si può neppure partire dal presupposto che si tratti di una controversia puramente fittizia ( 18 ). È vero che, ad oggi, nell’ambito della controversia principale, il Secretary of State convenuto non ha pressoché argomentato la propria difesa. Compete tuttavia soltanto al giudice nazionale stabilire in quale stadio del procedimento principale sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale ( 19 ); ciò può avvenire anche prima di un contraddittorio tra le parti della controversia principale ( 20 ).

20.

Inoltre, proprio in una situazione come quella in esame, la Corte ha stabilito che un disaccordo – e quindi una reale controversia – tra le parti deve essere sempre riconosciuto già quando le autorità dello Stato membro interessato hanno comunicato la loro intenzione di recepire la direttiva controversa ( 21 ). Nel caso di specie, una tale intenzione può essere ricavata dal fatto stesso che il Secretary of State ha espressamente dichiarato, nel procedimento principale, di ritenere valida la direttiva nel suo insieme. Date le circostanze, le questioni pregiudiziali non si fondano su una controversia manifestamente fittizia.

2. Sulla possibile assenza di dubbi propri del giudice del rinvio riguardo alla validità della direttiva

21.

Un peso nettamente maggiore assume invece la censura, sollevata dal Parlamento, dal Consiglio, dalla Commissione e dalla Francia, secondo cui il giudice del rinvio non avrebbe espresso alcun dubbio proprio circa la validità della direttiva, ma avrebbe – nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale – sottoposto alla Corte soltanto le critiche delle ricorrenti nel procedimento principale e delle parti intervenute a loro sostegno.

22.

In effetti, l’ordinanza di rinvio si limita essenzialmente a riassumere le censure, in termini di diritto, presentate nella controversia principale contro la direttiva per esporle alla Corte.

23.

A tal proposito, occorre osservare che il giudice nazionale non si può accontentare di inoltrare alla Corte le eccezioni sollevate dai singoli, ma deve fare proprie le questioni sottoposte alla Corte in via pregiudiziale ( 22 ). In base a una giurisprudenza consolidata, infatti, il procedimento pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE non costituisce un rimedio giuridico esperibile in proprio dalle parti di una controversia pendente dinanzi a un giudice nazionale, ma si tratta piuttosto di una procedura di cooperazione e dialogo tra i giudici nazionali e la Corte ( 23 ).

24.

Spetta quindi al giudice nazionale stabilire se una questione attinente alla validità di un atto giuridico dell’Unione sollevata dinanzi ad esso sia necessaria ai fini della decisione della controversia principale ( 24 ). Un’eventuale contestazione della validità di un atto dell’Unione dinanzi al giudice nazionale non basta, da sola, a giustificare il rinvio di una questione pregiudiziale alla Corte ( 25 ). In linea di principio spetta infatti al giudice nazionale garantire l’attuazione del diritto dell’Unione e, quindi, anche della direttiva 2014/40 ( 26 ).

25.

D’altronde, lo spirito di cooperazione che deve caratterizzare il funzionamento del rinvio pregiudiziale implica che il giudice nazionale esponga nella sua decisione di rinvio i motivi per cui ritiene necessario tale rinvio ( 27 ) [v. anche articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte].

26.

Se esaminata alla luce dei suddetti requisiti, l’ordinanza di rinvio presentata alla Corte nel caso di specie non risulta di certo esemplare. Il giudice del rinvio ha sì sottoposto alla Corte considerazioni molto ampie sulle ragioni per cui ha autorizzato alcune imprese a intervenire nella controversia principale e altre no. Sulla rilevanza delle questioni pregiudiziali ai fini della corrispondente decisione del giudice nazionale, la domanda di pronuncia pregiudiziale è invece oltremodo sintetica.

27.

Tuttavia, il giudice nazionale ha comunque fatto capire di reputare «sostenibili» le eccezioni sollevate nella controversia principale e di ritenere, per tale ragione, «necessaria e opportuna» una pronuncia pregiudiziale della Corte.

28.

Tali osservazioni corrispondono, in effetti, al limite minimo di quello che un giudice nazionale deve comunicare per soddisfare i requisiti di ricevibilità nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale. Unitamente alle argomentazioni delle ricorrenti della controversia principale e delle parti intervenute a loro sostegno riportate nell’ordinanza di rinvio, esse costituiscono però – salvo alcune eccezioni che devono essere ancora esaminate ( 28 ) – una base sufficiente per la Corte e anche per le parti legittimate a intervenire nel procedimento in base all’articolo 23 dello Statuto della Corte per prendere posizione sulle questioni di diritto sollevate nella fattispecie.

29.

In considerazione della rilevanza riconosciuta nell’ordinamento giuridico dell’Unione al principio della tutela giurisdizionale effettiva (articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali) ( 29 ), la ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale aventi ad oggetto l’esame della validità degli atti giuridici dell’Unione non può essere soggetta a requisiti eccessivamente rigorosi. Tanto più in casi come quello in esame in cui, in mancanza di una legittimazione a proporre azioni dirette, la domanda di pronuncia pregiudiziale costituisce per le imprese interessate l’unica possibilità per ottenere un controllo giurisdizionale a livello di Unione e per esporre al giudice dell’Unione le proprie argomentazioni ( 30 ).

30.

Tutto ciò considerato, la domanda di pronuncia pregiudiziale in esame non deve essere considerata come irricevibile nel suo insieme, nonostante le carenze dell’ordinanza di rinvio su questo punto.

3. Su alcune altre carenze della domanda di pronuncia pregiudiziale

31.

In conclusione, diverse tra le parti del procedimento sollevano ulteriori eccezioni dettagliate con cui mettono in dubbio la ricevibilità, in tutto o in parte, della domanda di pronuncia pregiudiziale. Le suddette eccezioni possono essere ricondotte essenzialmente a due ambiti: da un lato, mancherebbe una descrizione sufficientemente chiara dei fatti oggetto della controversia principale; dall’altro si afferma che le questioni sottoposte alla Corte non sono dirimenti per la definizione della controversia principale.

a) Sull’illustrazione dei fatti

32.

Per quanto attiene in primis alle indicazioni minime sui fatti oggetto della controversia principale che una domanda di pronuncia pregiudiziale deve contenere, affinché la Corte posa fornire una risposta, colpisce come l’ordinanza di rinvio contenga nel caso di specie – diversamente dalla causa C‑477/14 – soltanto una sintesi oltremodo succinta delle argomentazioni delle ricorrenti nella controversia principale e delle parti intervenute a loro sostegno. Il giudice del rinvio rimanda inoltre praticamente di continuo alle affermazioni di persone indicate dalle ricorrenti nella controversia principale o dalle parti intervenute a loro sostegno quali testi o periti, senza riferirne il contenuto o quantomeno riassumerlo. A ciò si aggiunge che tali affermazioni – quand’anche ne fosse noto il contenuto – non potrebbero essere considerate automaticamente corrette posto che dinanzi al giudice nazionale non ha ancora avuto luogo alcun contraddittorio, come sottolineato dinanzi alla Corte da molte delle parti del procedimento.

33.

Come osservano correttamente il Parlamento, il Consiglio, la Commissione e la Francia, un tale modus operandi del giudice nazionale rende più difficile, sia per la Corte che anche per le altre parti, legittimate – a norma dell’articolo 23 dello Statuto – a partecipare al procedimento pregiudiziale, l’esposizione di considerazioni pertinenti in risposta alle questioni pregiudiziali.

34.

Malgrado le suddette carenze nella presentazione delle circostanze di fatto su cui si fondano le questioni pregiudiziali, la domanda di pronuncia pregiudiziale mi sembra tuttavia essere, rispetto al suo oggetto e al suo obiettivo, ancora sufficientemente comprensibile per permettere alla Corte e alle parti legittimate a intervenire nel procedimento pregiudiziale di prendere posizione in modo ragionevole. A seguito di una valutazione ponderata, ritengo perciò che non sia corretto dichiarare irricevibile l’intera domanda di pronuncia pregiudiziale in ragione delle succitate – assolutamente gravi – carenze nella descrizione.

b) Sulla rilevanza delle singole questioni pregiudiziali ai fini della decisione

35.

Per quanto attiene poi alla rilevanza delle singole questioni pregiudiziali ai fini della decisione, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione affrontano due gruppi di questioni, ossia, da un lato, la prima questione, parti a), b) e c), punto iii), e dall’altro, la prima questione, parte c), punto iv), e la quarta, quinta e sesta questione. Inoltre, il Parlamento e la Commissione mettono in discussione – sempre per carenza di rilevanza ai fini della decisione – soprattutto l’ammissibilità della settima questione nella parte in cui questa si riferisce a disposizioni diverse dall’articolo 7 della direttiva.

36.

Punto di partenza delle riflessioni dovrebbe essere il fatto che per le questioni pregiudiziali che riguardano il diritto dell’Unione sussiste una presunzione di rilevanza ai fini della decisione. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione o l’esame di validità richiesto relativamente a una norma di diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte ( 31 ).

i) Sulla prima questione, parti a), b), e c), punto iii)

37.

Le parti a), b) e c), punto iii), della prima questione vertono sulla discrezionalità accordata dalla direttiva nei suoi articoli 18 e 24, paragrafi 2 e 3, agli Stati membri nell’emanazione di disposizioni nazionali più severe rispetto a quanto disposto dal legislatore dell’Unione.

38.

Per quanto attiene all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva, le parti del procedimento hanno sì discusso in modo acceso dinanzi alla Corte se, in base alla disposizione succitata, gli Stati membri siano autorizzati, a imporre – nel rispettivo diritto nazionale – confezioni neutre per i prodotti del tabacco (il cosiddetto «plain packaging»). Tuttavia, l’emanazione di siffatte disposizioni in materia di confezionamento dei prodotti del tabacco non è attualmente oggetto della controversia principale; quantomeno, il giudice del rinvio non ha, in alcun passaggio dell’ordinanza di rinvio, formulato alcuna osservazione al riguardo.

39.

Anche in merito alla questione della messa al bando a livello nazionale di determinati prodotti del tabacco o prodotti correlati, trattata nell’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva, né il giudice del rinvio, né alcuna delle parti del procedimento ha riferito se e in che forma il Regno Unito intenda avvalersi di tale regola speciale.

40.

Lo stesso vale per l’articolo 18 della direttiva che permette agli Stati membri di introdurre un divieto di commercio a distanza transfrontaliero. Nel presente caso non è neppure chiaro se nel Regno Unito sia attualmente previsto un ricorso alla disposizione in parola.

41.

Occorre osservare che gli Stati membri non sono in alcun modo obbligati ad accogliere, sulla base delle succitate disposizioni della direttiva, una qualche norma nel loro diritto nazionale, o che, in base alle informazioni disponibili nell’ambito del procedimento pregiudiziale, l’emanazione di concrete disposizioni debba essere attesa con una probabilità che rasenta la certezza.

42.

Alla luce delle circostanze che precedono, ritengo che si andrebbe al di là del contesto di collaborazione tra Corte e giudice nazionale tracciato con l’articolo 267 TFUE, se la Corte rispondesse alle parti a) e b) e alla parte c), punto iii), della prima questione. La domanda di pronuncia pregiudiziale è, sul punto, manifestamente priva di rilevanza ai fini della decisione, cosicché la Corte correrebbe il rischio di emanare un mero parere su una questione ipotetica ( 32 ).

43.

I giudici nazionali restano ovviamente liberi di chiedere nuovamente alla Corte, a tempo debito, di pronunciarsi sull’interpretazione e la validità dell’articolo 18 e dell’articolo 24, paragrafi 2 e 3, della direttiva non appena si troveranno a confrontarsi con le suddette disposizioni sulla base di una concreta controversia.

ii) Sulla prima questione, parte c), punto iv), e sulla quarta, quinta e sesta questione

44.

La prima questione, parte c), punto iv), e la quarta, quinta e sesta questione si riferiscono tutte a disposizioni della direttiva che prevedono a livello di Unione svariati poteri di emanazione di atti delegati o di atti di esecuzione, ossia gli articoli 3, paragrafi 2 e 4, 4, paragrafo 5, 6, paragrafo 1, 7, paragrafi da 2 a 5 e da 10 a 12, 9, paragrafi 5 e 6, 10, paragrafi 1, lettera f), 3 e 4, 11, paragrafo 6, 12, paragrafo 3, 15, paragrafo 12 e 20, paragrafi 11 e 12, della direttiva.

45.

Tutte le succitate disposizioni della direttiva si rivolgono esclusivamente alla Commissione. Di contro, nessuna di esse prevede a carico degli Stati membri un qualche obbligo rispetto alla struttura delle loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali.

46.

Posto però che il procedimento dinanzi al giudice nazionale verte unicamente sulle intenzioni e sull’obbligo del Regno Unito circa il recepimento della direttiva, eventuali problematiche giuridiche connesse ai poteri riconosciuti alla Commissione sulla base delle suddette disposizioni della direttiva non presentano alcun collegamento con la realtà e con l’oggetto della controversia principale. Esse sono pertanto manifestamente irrilevanti ai fini della decisione.

47.

Non appena invece la Commissione abbia fatto uso dei suddetti poteri nell’emanare atti delegati o atti di esecuzione, tutti gli interessati disporranno dei rimedi giurisdizionali previsti dal sistema di tutela giurisdizionale dei Trattati.

iii) Sulla settima questione

48.

Con la settima questione viene eccepita l’invalidità, sotto il profilo del principio di sussidiarietà, della direttiva nel suo insieme e di talune sue disposizioni – ossia gli articoli 7, 8, paragrafo 3, 9, paragrafo 3, 10, paragrafo 1, lettera g), 13 e 14.

49.

Come osservano però correttamente il Parlamento e la Commissione, solo con riferimento alla messa al bando delle sigarette al mentolo di cui all’articolo 7 della direttiva, l’ordinanza di rinvio contiene alcune considerazioni, oltremodo superficiali, sulle ragioni per cui è messa in discussione la compatibilità della direttiva con il principio di sussidiarietà. Di contro, nell’ordinanza di rinvio non si rinviene la benché minima spiegazione del perché la direttiva nel suo insieme e le altre sue disposizioni citate esplicitamente nella settima questione debbano sollevare inoltre problemi sotto il profilo del principio di sussidiarietà.

50.

Tale modus operandi lede manifestamente lo spirito di collaborazione tra il giudice nazionale e la Corte nell’ambito di un procedimento pregiudiziale. Esso inoltre contrasta con i requisiti posti nell’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura, in base al quale il giudice del rinvio deve illustrare i motivi che lo hanno indotto a interrogarsi sulla validità di determinate disposizioni dell’Unione. Non è ammissibile che la Corte e i soggetti legittimati a partecipare al procedimento pregiudiziale ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto debbano ipotizzare per quali ragioni determinate disposizioni di diritto dell’Unione sono state sottoposte a un controllo di validità.

51.

Per tale ragione – e al fine di garantire che la Corte non renda un parere su una questione del tutto ipotetica – la settima questione può considerarsi ricevibile soltanto nei limiti in cui essa si riferisce all’articolo 7 della direttiva. Quanto al resto, essa deve essere dichiarata irricevibile.

C – Conclusione intermedia

52.

Alla luce di quanto precede, la prima questione, parti a), b) e c), punti iii) e iv), e la quarta, quinta e sesta questione devono essere dichiarate irricevibili. La settima questione è irricevibile nei limiti in cui si riferisce a disposizioni diverse dall’articolo 7 della direttiva. La domanda di pronuncia pregiudiziale è, quanto al resto, ricevibile.

IV – Analisi nel merito delle questioni pregiudiziali

53.

La domanda di pronuncia pregiudiziale contiene, muovendo da quanto dichiarato dalle ricorrenti nella controversia principale e dalle parti intervenute a loro sostegno, una contestazione generale della direttiva 2014/40 con cui vengono messe in discussione tutte le disposizioni essenziali dell’atto dell’Unione in parola sotto i più diversi punti di vista. Accanto all’adeguatezza dell’articolo 114 TFUE a fungere da fondamento giuridico per singole disposizioni della direttiva, si discute soprattutto di problemi legati alla proporzionalità e alla sussidiarietà, ma anche dei poteri accordati alla Commissione di adottare atti di esecuzione e atti delegati. Nei limiti in cui sono trattate questioni che reputo in tutto o in parte irricevibili (v. appena sopra ( 33 )), prenderò posizione nel prosieguo sulle problematiche di diritto sollevate solo in via subordinata.

A – Sull’articolo 114 TFUE quale fondamento giuridico per la direttiva

54.

Con la prima questione vengono sollevati, sotto diversi punti di vista, dubbi sull’idoneità dell’articolo 114 TFUE a fungere da fondamento giuridico per la direttiva 2014/40. Esaminerò le singole tematiche sollevate dal giudice del rinvio secondo un ordine leggermente modificato.

55.

Occorre anzitutto ricordare, a tal proposito, che un atto legislativo adottato sulla base dell’articolo 114 TFUE deve, da un lato, prevedere misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri e, dall’altro, avere ad oggetto l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno ( 34 ). Inoltre, dette misure di armonizzazione del mercato interno a norma dell’articolo 114 TFUE devono effettivamente essere destinate a migliorare le condizioni di instaurazione e di funzionamento del mercato interno ( 35 ).

56.

Qualora le condizioni per far ricorso all’articolo 114 TFUE come fondamento giuridico siano soddisfatte, non può impedirsi al legislatore dell’Unione di basarsi su di esso per il fatto che la tutela della salute è determinante nelle scelte da operare ( 36 ).

57.

Il ricorso all’articolo 114 TFUE quale fondamento giuridico per la direttiva 2014/40 non può pertanto essere messo qui in discussione soltanto perché la direttiva in parola persegue, accanto a un migliore funzionamento del mercato interno per i prodotti del tabacco e prodotti correlati, anche un livello elevato di protezione della salute. Tale obiettivo persegue piuttosto precisamente il compito affidato al legislatore dell’Unione dal diritto primario, come risulta esplicitamente dagli articoli 9, 114, paragrafo 3, e 168, paragrafo 1, TFUE e dall’articolo 35, secondo periodo, della Carta dei diritti fondamentali.

1. Sulla messa al bando dei prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti [prima questione, parte c), punto ii)]

58.

La prima questione, parte c), punto ii), si riferisce alla messa al bando, a livello di Unione, dei prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti sancita nell’articolo 7, paragrafi 1 e 7, della direttiva. In particolare, la messa al bando delle sigarette al mentolo, risultante dalla suddetta disposizione, costituisce un ostacolo insormontabile per le ricorrenti nella controversia principale e per alcune delle parti intervenute a loro sostegno. Esse affermano che il legislatore dell’Unione non avrebbe potuto prevedere una messa al bando siffatta fondandosi sull’articolo 114 TFUE.

59.

Muovendo dalle osservazioni, molto sommarie, contenute nell’ordinanza di rinvio e dalle argomentazioni, oltremodo superficiali, svolte sul punto dalle imprese parte del procedimento pregiudiziale, mi occuperò anch’io qui della questione in modo piuttosto sintetico, richiamando, quanto al resto, le mie considerazioni nella causa C‑358/14 ( 37 ), nell’ambito della quale la medesima questione è stata oggetto di un’analisi decisamente più articolata.

60.

In sostanza all’articolo 7 della direttiva viene contestato che la messa al bando delle sigarette al mentolo non è né adatta a rimuovere le differenze esistenti tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri [v., qui a seguire, la sezione a)], né comporta un miglioramento delle condizioni di funzionamento del mercato interno [v. sul punto, infra, sezione b)].

a) Sull’eliminazione delle differenze tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri

61.

In base a una giurisprudenza consolidata, il legislatore dell’Unione può ricorrere all’articolo 114 TFUE, segnatamente, in caso di divergenze tra le normative nazionali qualora queste siano tali da costituire ostacolo alle libertà fondamentali ed incidere direttamente, in tal modo, sul funzionamento del mercato interno ( 38 ) ovvero siano tali da creare sensibili distorsioni della concorrenza ( 39 ).

62.

Numerose tra le imprese che hanno preso parte al procedimento pregiudiziale e la Polonia affermano che, al momento dell’adozione della direttiva, non vi erano divergenze tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di sigarette al mentolo.

63.

Tale argomento non è pertinente. Esso si basa, infatti, evidentemente, sull’errata supposizione che il legislatore dell’Unione sarebbe stato autorizzato a emanare, sulla base dell’articolo 114 TFUE, disposizioni sull’impiego del mentolo come aroma caratterizzante nei prodotti del tabacco solo se, con specifico riferimento alle sigarette al mentolo, fossero esistite differenze tra le normative degli Stati membri.

64.

Occorre respingere una siffatta «tattica del salame» che esamina isolatamente ogni segmento del mercato disciplinato dalla misura di armonizzazione del mercato interno, se non, addirittura, ogni componente del prodotto. Dirimente è piuttosto se la direttiva, nel suo insieme, possa fondarsi sull’articolo 114 TFUE.

65.

Le sigarette al mentolo non occupano neppure una posizione speciale ( 40 ) che le distingue dalle altre sigarette con aromi caratterizzanti e che impone, per tale gruppo di prodotti del tabacco, la previsione di un’eccezione rispetto al divieto di vendita previsto a livello di Unione nella direttiva ( 41 ).

66.

Decisivo ai fini del ricorso all’articolo 114 TFUE è quindi solo ed esclusivamente se, al momento dell’adozione della direttiva, vi fosse la necessità di eliminare, rispetto all’impiego di aromi caratterizzanti nei prodotti del tabacco – che si trattasse di mentolo o altri aromi –, differenze tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri idonee a integrare ostacoli agli scambi sul mercato interno europeo.

i) Sull’eliminazione degli ostacoli agli scambi esistenti

67.

Come osservato dalle istituzioni dell’Unione che hanno preso parte al procedimento pregiudiziale e da alcuni tra gli Stati membri intervenuti, all’epoca una serie di Stati membri aveva già disciplinato l’impiego di aromi caratterizzanti, mentre altri non vi avevano ancora provveduto. Le disposizioni nazionali, dove presenti, differivano ampiamente nel contenuto e non riguardavano necessariamente i medesimi aromi ( 42 ). Questo variegato mosaico di disposizioni nazionali poteva comportare notevoli ostacoli agli scambi sul mercato interno per i prodotti del tabacco caratterizzato da un vivace commercio transfrontaliero ( 43 ).

68.

Quand’anche non vi fossero stati ostacoli significativi agli scambi con specifico riguardo alle sigarette al mentolo, ciò non avrebbe inciso sul ricorso all’articolo 114 TFUE. L’applicazione dell’articolo in parola non presuppone, infatti, che ogni disposizione di dettaglio di una misura di armonizzazione del mercato interno basata su tale fondamento giuridico debba contenere la risposta a concrete divergenze tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali. Significato determinante assume invece la valutazione della disciplina nel suo insieme ( 44 ).

69.

Inoltre, nel caso di specie il legislatore dell’Unione poteva anche ritenere che la messa al bando delle sigarette contenenti aromi caratterizzanti avrebbe contribuito in maniera molto più ridotta al raggiungimento del livello elevato di protezione della salute se i consumatori attuali o potenziali di prodotti del tabacco aromatizzati avessero continuato a disporre sul mercato interno delle sigarette al mentolo come alternativa ( 45 ).

70.

A prescindere da quanto precede, al momento dell’adozione della direttiva, vigeva già, in almeno due Stati membri – Belgio e Germania – un divieto di utilizzo di determinate capsule al mentolo nelle sigarette, cosicché nei suddetti paesi era ad ogni modo vietata l’immissione in commercio di tale specifica variante di sigarette al mentolo ( 46 ). A quanto consta, divieti analoghi non erano invece presenti allora in altri Stati membri. La contestazione mossa da numerose imprese intervenute e dalla Polonia, a detta delle quali non vi sarebbero state, in particolare quanto alle sigarette al mentolo, divergenze tra le disposizioni nazionali, non è quindi soltanto poco pertinente, in generale, sul piano del funzionamento dell’articolo 114 TFUE, ma altresì, nel caso specifico, errata nel merito.

ii) Sul rischio di una futura evoluzione non omogenea delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali

71.

Molte tra le imprese intervenute nel procedimento pregiudiziale e la Polonia contestano inoltre il fatto che, in futuro, possano insorgere sul mercato interno europeo ostacoli agli scambi in ragione di divieti statali riferiti alle sigarette al mentolo.

72.

Affronterò tale questione nel prosieguo solo in via subordinata. Dalle mie considerazioni che precedono risulta, infatti, in ogni caso, che già al momento dell’adozione della direttiva sussistevano rilevanti ostacoli agli scambi imputabili alle diversità esistenti all’epoca tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti. La questione dell’insorgenza di futuri ostacoli agli scambi è quindi di fatto priva di oggetto.

73.

Ad ogni modo: dalla giurisprudenza consolidata emerge che il ricorso all’articolo 114 TFUE come fondamento normativo è possibile al fine di prevenire futuri ostacoli agli scambi dovuti allo sviluppo eterogeneo delle legislazioni nazionali, a condizione che l’insorgere di tali ostacoli appaia probabile e la misura di armonizzazione di cui trattasi abbia ad oggetto la loro prevenzione ( 47 ).

74.

Proprio questo è il caso, se, nell’analisi, si tiene conto, quale contesto internazionale, dei lavori dell’Organizzazione mondiale della sanità (in prosieguo: l’«OMS»).

75.

Le istituzioni dell’Unione che hanno partecipato al procedimento pregiudiziale e alcuni degli Stati membri intervenuti hanno sostenuto, in modo convincente, che l’Unione e i suoi Stati membri erano chiamati, in base alla convenzione quadro dell’OMS per la lotta contro il tabagismo ( 48 ), a limitare o vietare l’impiego di ingredienti nei prodotti del tabacco che ne possono migliorare il sapore, compreso l’impiego di mentolo. Benché effettivamente non risulti dal tenore letterale della stessa convenzione quadro, ciò si ricava dagli orientamenti per l’attuazione dei suoi articoli 9 e 10, adottati qualche anno prima della conferenza delle parti ( 49 ).

76.

Tali orientamenti, pur non essendo, in quanto tali, giuridicamente vincolanti, assumono tuttavia un carattere di raccomandazione a livello mondiale ai fini dell’attuazione della convenzione quadro dell’OMS da parte dei contraenti ( 50 ). Essi forniscono pertanto indicazioni anche agli Stati membri dell’Unione europea che hanno concluso la suddetta convenzione quadro.

77.

Ciò premesso, il legislatore dell’Unione poteva legittimamente presumere che, in caso di mancata adozione di una disciplina unitaria, si sarebbe pervenuti quanto prima all’adozione di disposizioni nazionali in materia di utilizzo del mentolo e di altri aromi caratterizzanti nei prodotti del tabacco.

78.

La circostanza, dedotta da alcune delle parti del procedimento, ossia che in realtà per lungo tempo non sarebbe stata emanata in proposito pressoché nessuna normativa nazionale negli Stati membri dell’Unione europea, potrebbe dipendere soltanto dal fatto che la Commissione ( 51 ) ha predisposto e avviato a livello interno dell’Unione la procedura legislativa volta all’adozione della direttiva controversa più o meno contemporaneamente alla pubblicazione degli orientamenti dell’OMS ( 52 ).

79.

Il legislatore dell’Unione poteva inoltre ragionevolmente presumere che eventuali disposizioni nazionali di attuazione della convenzione quadro dell’OMS si sarebbero differenziate da Stato membro a Stato membro e avrebbero così comportato l’insorgenza di nuovi ostacoli agli scambi sul mercato interno se non fosse stata emanata una misura di armonizzazione a livello di Unione. Tali orientamenti non impongono, infatti, alle parti contraenti della convenzione l’adozione di nessuna misura specifica, ma riconoscono loro margini oltremodo ampi; in particolare, essi rimettono loro la scelta tra divieti e mere restrizioni all’impiego di aromi nei prodotti del tabacco e contengono solo alcuni esempi per tali ingredienti.

80.

Tanto premesso, i dubbi sollevati da numerose tre le imprese intervenute e dalla Polonia circa la sussistenza, attuale o futura, di differenze tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri risultano, nel complesso, infondati.

b) Sul miglioramento delle condizioni di funzionamento del mercato interno

81.

Le ricorrenti nella controversia principale e numerose delle parti intervenute a loro sostegno negano, inoltre, che la messa al bando delle sigarette al mentolo possa contribuire al miglioramento delle condizioni di funzionamento del mercato interno.

82.

Indubbiamente, la messa al bando di prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti non è adatta a migliorare il funzionamento del mercato interno per detti prodotti. Tuttavia, la giurisprudenza riconosce che l’articolo 114 TFUE autorizza il legislatore dell’Unione a vietare l’immissione in commercio di un determinato prodotto su tutto il mercato interno europeo se ciò è finalizzato a migliorare le condizioni di scambio per un gruppo di altri prodotti ( 53 ).

83.

Riferendosi al caso dei prodotti del tabacco, qui in esame, ciò può essere illustrato come segue: il divieto relativo a determinate varianti del tabacco, sancito dal diritto dell’Unione, è finalizzato a creare condizioni di scambio unitarie per tutti i prodotti del tabacco nell’intera Unione europea. La messa al bando, in tutta l’Unione, dei prodotti del tabacco con aggiunta di un aroma caratterizzante è, in un certo qual modo, il prezzo per la libera circolazione sul mercato interno europeo dei prodotti del tabacco «normali» che soddisfano le condizioni della direttiva, garantendo nel contempo un livello elevato di protezione della salute ( 54 ). In altre parole, d’ora in avanti i prodotti del tabacco potranno sì, in linea di massima, essere immessi in commercio nell’Unione europea, ma soltanto senza aromi caratterizzanti.

84.

Numerose tra le imprese che hanno preso parte al procedimento pregiudiziale eccepiscono che si avrebbe un incremento del contrabbando e una fioritura del mercato nero delle sigarette al mentolo. Si tratta tuttavia soltanto di una mera affermazione presentata inoltre in maniera non circostanziata.

85.

Peraltro, non può essere neppure dirimente se il contrabbando e il commercio sul mercato nero possano essere ostacolati efficacemente con le misure previste nella direttiva ( 55 ). Decisivo è piuttosto il fatto che per i consumatori sarà più difficile, dopo l’entrata in vigore del divieto di immissione in commercio di prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti, rifornirsi ancora di sigarette al mentolo e di altre sigarette aromatizzate. Tale circostanza permette già da sola di ritenere che un divieto siffatto non mancherà di contribuire a garantire un livello elevato di protezione della salute. Il fatto che i divieti possano, in singoli casi, essere aggirati non depone, in linea di principio, contro la loro adeguatezza a raggiungere l’obiettivo perseguito.

c) Conclusione intermedia

86.

Alla luce di quanto precede, si può quindi ritenere che correttamente si è fatto ricorso all’articolo 114 TFUE come fondamento giuridico per la messa al bando di prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti, in particolare delle sigarette al mentolo.

2. Sull’etichettatura e sul confezionamento dei prodotti del tabacco [prima questione, parte c), punto i)]

87.

Oggetto della prima questione, parte c), punto i), è il titolo II, capo II, della direttiva. Il giudice del rinvio desidera sapere se l’articolo 114 TFUE costituisca un adeguato fondamento giuridico per i requisiti di diritto dell’Unione contenuti nella suddetta parte della direttiva (ossia negli articoli da 8 a 16) rispetto all’«etichettatura e confezionamento» dei prodotti del tabacco. Ciò viene messo in discussione dalle ricorrenti nella controversia principale e da alcune delle parti intervenute a loro sostegno. Esse negano l’esistenza, in tale settore, di ostacoli rilevanti agli scambi e sottolineano che le differenze eventualmente esistenti nel confezionamento e nella presentazione dei prodotti del tabacco a seconda del mercato nazionale sarebbero, in prima battuta, imputabili alla strategia commerciale dei fabbricanti e alle diverse preferenze dei consumatori nei singoli Stati membri.

88.

A tal riguardo occorre osservare che numerosi aspetti dell’etichettatura e del confezionamento dei prodotti del tabacco erano già oggetto di disciplina a livello di diritto dell’Unione nella direttiva 2001/37/CE ( 56 ) che ha preceduto la qui controversa direttiva 2014/40.

89.

Qualora esista già una misura di armonizzazione del mercato interno relativa a un determinato ambito, fondata, a suo tempo, correttamente sull’articolo 114 TFUE, il legislatore dell’Unione, nell’esercizio del suo potere discrezionale, deve in linea di principio poter ricorrere nuovamente al medesimo fondamento giuridico al fine di rivedere la disciplina all’epoca introdotta alla luce di una nuova valutazione politica e delle conoscenze scientifiche più recenti e al fine di adattarla a una nuova situazione ( 57 ).

90.

Nel farlo, il legislatore dell’Unione può, da un lato, sostituire la disciplina precedente con una disciplina nuova e completamente diversa che egli, a seguito di una valutazione ex novo della situazione di fatto, reputa più adeguata a contribuire al funzionamento del mercato interno. Dall’altro egli può anche – come nel caso di specie – mantenere essenzialmente la disciplina precedente limitandosi a rielaborarla al fine di contribuire, in linea con l’incarico affidatogli dall’articolo 114, paragrafo 3, TFUE, a un livello di protezione della salute superiore a quello che poteva essere ottenuto in base alla disciplina previgente ( 58 ). In tale contesto possono inoltre essere emanate nuove disposizioni dirette ad aumentare l’efficacia della disciplina in essere e a rendere più difficile una sua elusione ( 59 ).

91.

Già alla luce di quanto precede, non vi è ragione di dubitare che l’articolo 114 TFUE costituisca il fondamento giuridico corretto per le nuove disposizioni contenute nel titolo II, capo II, della direttiva in materia di sviluppo della disciplina del diritto dell’Unione sull’etichettatura e sul confezionamento dei prodotti del tabacco.

92.

A ciò si aggiunge che, nel caso di specie, con la disciplina anteriore non erano stati assolutamente rimossi tutti gli ostacoli agli scambi dei prodotti del tabacco sul mercato interno europeo ( 60 ). Come osservano correttamente le istituzioni dell’Unione che hanno preso parte al procedimento pregiudiziale, nonché l’Irlanda e la Francia, all’atto dell’emanazione della direttiva 2014/40 sussistevano ancora profonde divergenze tra le discipline degli Stati membri in materia di etichettatura e confezionamento dei prodotti del tabacco ( 61 ).

93.

In alcuni Stati membri erano così previste avvertenze combinate relative alla salute (composte da un testo e da una fotografia), mentre in altri – in linea con i requisiti minimi all’epoca fissati dall’articolo 5 della direttiva 2001/37 – solo avvertenze testuali. I requisiti previsti nel diritto nazionale divergevano, inoltre, quanto a dimensioni dei pacchetti di sigarette e contenuto minimo, nonché quanto ai testi pubblicitari e alle indicazioni sulle caratteristiche del prodotto consentiti su detti pacchetti.

94.

È evidente, nonché riconosciuto da una consolidata giurisprudenza ( 62 ), che le disposizioni previste nel diritto degli Stati membri in materia di etichettatura e confezionamento dei prodotti potevano costituire un ostacolo agli scambi. Anche da questo punto di vista sussistevano pertanto, nel caso di specie, margini per l’adozione di misure di armonizzazione del mercato interno a norma dell’articolo 114 TFUE volte a eliminare gli ostacoli agli scambi esistenti.

95.

Non si può obiettare che alcune delle imprese intervenute nel procedimento non percepiscono le divergenze esistenti tra le normative nazionali in materia di etichettatura e presentazione dei prodotti del tabacco quali ostacoli agli scambi per il fatto che, in base a quanto da esse riferite, varierebbero comunque i loro pacchetti di sigarette a seconda dello Stato membro e delle abitudini dei consumatori.

96.

È vero che la valutazione soggettiva delle imprese interessate può assumere una certa rilevanza nella valutazione dell’esistenza di ostacoli agli scambi; essa non può però essere di per sé determinante a maggior ragione quando – come nel caso di specie – vi è ragione di sospettare che alcune imprese sminuiscano la sussistenza di ostacoli agli scambi per sottrarsi a una disciplina unitaria a livello di Unione che contempli requisiti più rigorosi quanto alla protezione della salute ( 63 ).

97.

Decisiva è invece sempre una valutazione oggettiva. In tale contesto il legislatore dell’Unione potrebbe, da un lato, tener conto del fatto che la fabbricazione dei prodotti del tabacco per il mercato interno si concentra sempre più in capo a pochi siti produttivi all’interno dell’Unione europea, il che porta necessariamente a un ampio commercio transfrontaliero e a un’accresciuta necessità di regole unitarie a livello di Unione ( 64 ). Dall’altro è probabile, in forza del contesto internazionale, in particolare delle disposizioni derivanti dall’articolo 11 della convenzione quadro dell’OMS, che i singoli Stati membri avrebbero emesso nuove e – verosimilmente – divergenti regole nel settore dell’etichettatura e del confezionamento dei prodotti del tabacco se il legislatore dell’Unione non fosse intervenuto ( 65 ).

98.

Non è inoltre possibile mettere in discussione l’idoneità delle controverse disposizioni della direttiva a eliminare gli ostacoli agli scambi richiamando il fatto che continueranno ad esistere, anche in futuro, peculiarità nazionali quanto al confezionamento dei prodotti del tabacco, a partire dalla lingua delle avvertenze sino agli eventuali bolli fiscali. L’articolo 114 TFUE non funziona infatti in base al principio del tutto oppure niente. Esso ammette invece anche un’armonizzazione parziale delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che può contribuire anch’essa all’eliminazione degli ostacoli agli scambi, in particolare, quando comporta un risparmio di costi per le imprese interessate. Il legislatore dell’Unione poteva qui ragionevolmente muovere da questo presupposto alla luce della standardizzazione della dimensione e del contenuto minimo delle confezioni di prodotto e della tipologia delle avvertenze da riportare su di esse, nonché delle indicazioni sulle caratteristiche del prodotto ammesse.

99.

Per quanto attiene all’incremento del contrabbando e alla fioritura del mercato nero, ipotizzati da alcune delle parti del procedimento, ritengo che il suddetto argomento sia, nel presente contesto, ben poco efficace, come già in precedenza per quanto riguarda la messa al bando degli aromi caratterizzanti ( 66 ).

100.

Infine, nei limiti in cui alcune delle imprese intervenute nel procedimento pregiudiziale contestano che la standardizzazione del confezionamento del prodotto comporterebbe una perdita di varietà dei prodotti e limiterebbe la possibilità di concorrenza tra i fabbricanti di prodotti del tabacco, non si tratta in realtà di un’eccezione di incompetenza, ma di una censura relativa al carattere sproporzionato, che provvederò a confutare più avanti con riferimento alla terza questione ( 67 ).

101.

Nel complesso, le obiezioni sollevate contro il ricorso all’articolo 114 TFUE quale fondamento giuridico per le disposizioni contenute nel titolo II del capo II della direttiva devono quindi essere respinte, così come la Corte ha già fatto per quanto riguarda la disciplina che l’ha preceduta ( 68 ).

3. Sulla libera circolazione dei prodotti del tabacco [prima questione, parti a) e b)]

102.

Con la prima questione, parti a) e b), è sottoposta ad esame la disciplina, contenuta nell’articolo 24 della direttiva, sulla «libera circolazione» dei prodotti del tabacco. Alla luce delle eccezioni sollevate dalle ricorrenti nella controversia principale e da alcune delle parti intervenute a loro sostegno, il giudice del rinvio desidera sapere se l’articolo 114 TFUE costituisca un valido fondamento giuridico per la succitata disposizione della direttiva, in particolare, per i suoi paragrafi 2 e 3.

103.

Premetto che, in sede di valutazione della questione in parola, non possono assumere alcun rilievo eventuali note dei servizi giuridici delle diverse istituzioni dell’Unione cui varie delle imprese partecipanti al procedimento fanno riferimento. Si tratta di procedure puramente interne che non rispecchiano necessariamente la posizione della rispettiva istituzione e che non possono – in quanto tali – neppure esserle opposte in giudizio. È ovvio che le istituzioni politiche dell’Unione preparano il proprio processo decisionale a livello interno e, in proposito, discutono in modo anche acceso. Da detta sola circostanza non si possono trarre conclusioni quanto alla legittimità delle controverse disposizioni della direttiva.

104.

L’articolo 24 della direttiva è strutturato come segue: il paragrafo 1 della disposizione in esame sancisce il principio della libera circolazione dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati conformi alla direttiva; gli Stati membri non possono, per considerazioni attinenti agli aspetti disciplinati dalla direttiva, vietare o limitare l’immissione sul mercato dei suddetti prodotti. Ciò vale però soltanto «fatti salvi i paragrafi 2 e 3». L’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva autorizza gli Stati membri a prevedere, a determinate condizioni, ulteriori disposizioni in relazione alla standardizzazione del confezionamento dei prodotti del tabacco, ossia disposizioni che oltrepassano quanto previsto nelle disposizioni della direttiva. A norma dell’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva, gli Stati membri possono inoltre, alle condizioni ivi indicate, vietare una determinata categoria di prodotti del tabacco o di prodotti correlati ai fini della protezione della salute.

a) Sul diritto degli Stati membri di prevedere ulteriori disposizioni in relazione alla standardizzazione del confezionamento dei prodotti del tabacco [prima questione, parte a)]

105.

Con la prima questione, parte a), viene anzitutto messo in discussione il fondamento giuridico per l’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva. In base alla disposizione in parola, la direttiva «non pregiudica il diritto di uno Stato membro di mantenere o introdurre ulteriori disposizioni, applicabili a tutti i prodotti immessi sul suo mercato, in relazione alla standardizzazione del confezionamento dei prodotti del tabacco, ove sia giustificato da motivi di salute pubblica, tenendo conto dell’alto livello di protezione della salute umana conseguito attraverso la presente direttiva (…)».

106.

Le ricorrenti nella controversia principale e le parti intervenute a loro sostegno ritengono che la disposizione in parola non potrebbe fondarsi sull’articolo 114 TFUE in quanto porterebbe, non all’eliminazione, ma alla creazione di ostacoli agli scambi. Le imprese intervenute motivano la propria valutazione affermando essenzialmente che l’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva permetterebbe agli Stati membri di compromettere la libera circolazione delle merci per i prodotti del tabacco introducendo disposizioni in materia di confezionamento più rigorose rispetto a quanto previsto a livello di Unione.

107.

Le imprese intervenute si fondano, al riguardo, come peraltro anche il Regno Unito, l’Irlanda e la Norvegia, su una lettura particolarmente ampia dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva. Esse presuppongono che, con la disposizione in parola, si intenda permettere agli Stati membri di prevedere disposizioni più rigorose per il confezionamento dei prodotti del tabacco sotto ogni punto di vista e, quindi, a prescindere dal fatto che l’aspetto del confezionamento considerato sia o meno oggetto di armonizzazione da parte del diritto dell’Unione.

108.

In effetti, l’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva, se interpretato in modo così esteso, potrebbe entrare in conflitto con gli obiettivi dell’articolo 114 TFUE che si fonda sul miglioramento del funzionamento del mercato interno. Così interpretata, infatti, la direttiva armonizzerebbe sì le disposizioni previste per il confezionamento dei prodotti del tabacco, ma accorderebbe contemporaneamente agli Stati membri il diritto di derogare nuovamente a detta armonizzazione senza tener conto delle condizioni e delle procedure a tal fine in effetti previste a norma dell’articolo 114, paragrafi da 4 a 10, TFUE. Come indica correttamente la BAT, l’armonizzazione realizzata con una mano sarebbe allo stesso tempo di nuovo distrutta dall’altra.

109.

Sarebbe tuttavia precipitoso dedurne semplicemente – e senza svolgere considerazioni più approfondite sull’argomento in esame – che l’articolo 24 della direttiva è incompatibile con l’articolo 114 TFUE e che esso non poteva pertanto essere emanato sulla base del suddetto fondamento giuridico. L’interpretazione estensiva dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva cui fanno riferimento le imprese partecipanti, il Regno Unito, l’Irlanda e la Norvegia, non è infatti l’unica ipotizzabile. E, in base a una giurisprudenza consolidata, quando una disposizione del diritto derivato si presta a più letture, occorre interpretarla riconoscendole un significato compatibile con il diritto primario e che non può mettere in dubbio la sua validità ( 69 ).

110.

È del tutto possibile interpretare l’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva in senso conforme al diritto primario così da garantire, in particolare, la sua compatibilità con il fondamento giuridico dell’articolo 114 TFUE. Si può infatti – in linea con la posizione assunta dalle istituzioni dell’Unione intervenute nel procedimento pregiudiziale, nonché dalla Francia e dal Portogallo – adottare una lettura restrittiva dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva, interpretando la disposizione in parola nel senso che gli Stati membri possono emanare «ulteriori disposizioni» solo nei limiti in cui il legislatore dell’Unione non ha proceduto esso stesso ad effettuare un’armonizzazione.

111.

La suddetta interpretazione restrittiva dell’articolo 24, paragrafo 2, corrisponde anche al meglio agli obiettivi e alla sistematica della direttiva 2014/40. Diversamente da quanto sembrano ritenere le ricorrenti nella controversia principale e alcune delle parti intervenute a loro sostegno, la direttiva in parola non realizza un’armonizzazione completa, ma soltanto un’armonizzazione parziale o – per utilizzare i termini del suo articolo 1, lettera b) – un «ravvicina[mento del]le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri riguardanti alcuni aspetti dell’etichettatura e del confezionamento dei prodotti del tabacco». In tal senso depone anche il considerando 53 della direttiva che sottolinea come, con l’atto legislativo in parola, «[siano raggiunti] diversi livelli di armonizzazione» e come esso preveda soltanto per la «presentazione e il confezionamento (…) una prima serie di norme di base comuni».

112.

È vero che la direttiva contiene un intero capo con disposizioni in materia di etichettatura e confezionamento dei prodotti del tabacco che spaziano dalla forma e dal contenuto minimo dei pacchetti sino al requisito delle avvertenze (combinate) relative alla salute e al divieto di apporre determinate dichiarazioni ingannevoli sull’imballaggio del prodotto. Diversamente da quanto ritenuto da molte delle imprese intervenute nel procedimento, resta comunque spazio, sotto i profili più disparati, per l’introduzione di disposizioni aggiuntive nazionali in materia di etichettatura e confezionamento dei prodotti del tabacco. Non da ultimo, dall’articolo 28, paragrafo 2, lettera a), della direttiva si evince che determinate superfici delle confezioni non sono disciplinate dalla direttiva in parola e che la Commissione osserva, in particolare, gli sviluppi a livello nazionale.

113.

Gli Stati membri restano in particolare liberi di prevedere le proprie disposizioni quanto al colore di tutte quelle parti del pacchetto che non sono riservate alle avvertenze, ossia sino a una standardizzazione del confezionamento ( 70 ). Il colore è, infatti, disciplinato nella direttiva tutt’al più in modo indiretto nei limiti in cui il suo articolo 13 vieta di presentare i prodotti del tabacco in modo fuorviante o ingannevolmente positivo.

114.

In tale contesto, meno convincente appare l’eccezione sollevata da alcune delle imprese intervenute nel procedimento pregiudiziale, secondo cui una disposizione come l’articolo 24 della direttiva, fondata sull’articolo 114 TFUE, non potrebbe autorizzare gli Stati membri a emettere alcuna disposizione nazionale più rigorosa in materia di etichettatura e confezionamento dei prodotti del tabacco in quanto la suddetta materia ricadrebbe, nel suo complesso, «nel campo di applicazione della direttiva». Tale eccezione, che si nutre della paura di determinate imprese interessate di veder emanate disposizioni nazionali sull’introduzione di un confezionamento neutrale («plain packaging»), non tiene conto del fatto che numerosi aspetti dell’etichettatura e del confezionamento dei prodotti del tabacco attendono ancora oggi una disciplina a livello di Unione, non da ultimo il colore.

115.

Ove si volesse aderire alla tesi delle imprese partecipanti, l’armonizzazione parziale delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri perseguita con la direttiva 2014/40 sarebbe trasformata in un’armonizzazione piena. Ciò integrerebbe una violazione dell’ampia discrezionalità riconosciuta al legislatore dell’Unione a norma dell’articolo 114 TFUE nella scelta della tecnica di ravvicinamento più appropriata ( 71 ): il legislatore dell’Unione, nel ricorrere all’articolo 114 TFUE non è tenuto a scegliere tra una piena armonizzazione e la rinuncia a una qualsiasi armonizzazione, nel senso di un «tutto o nulla», ma può anche optare – come nel caso di specie – per un’armonizzazione parziale.

116.

Nulla di diverso si evince peraltro dalle sentenze richiamate dalle ricorrenti nella controversia principale ( 72 ). È vero che la Corte, nella sua prima sentenza sulla pubblicità dei prodotti del tabacco, ha ritenuto illegittima una direttiva fondata sulle competenze in materia di mercato interno, in particolare sull’articolo 100 bis del Trattato CE (oggi articolo 114 TFUE), in quanto non conteneva alcuna disposizione in materia di libera circolazione dei prodotti conformi alla direttiva. Se però si legge il suddetto passaggio della sentenza nel suo contesto risulta che la Corte non ha assolutamente inteso in tal modo negare la possibilità di emanare direttive di armonizzazione parziale di determinate materie. Essa ha piuttosto riconosciuto esplicitamente che le misure di armonizzazione del mercato interno possono contenere clausole che lasciano agli Stati membri la possibilità di adottare misure più rigorose per la protezione di interessi generali ( 73 ).

117.

Solo nel caso in cui il legislatore dell’Unione non persegua affatto la libera circolazione dei prodotti oggetto della direttiva e ad essa conformi, gli sarebbe precluso il ricorso all’articolo 114 TFUE ( 74 ). Il legislatore dell’Unione non può neppure autorizzare gli Stati membri ad opporsi, per motivi attinenti agli aspetti armonizzati dalla direttiva, all’importazione, alla vendita e al consumo di prodotti del tabacco che siano conformi alla direttiva ( 75 ).

118.

Ciò però non si verifica nel caso di specie. Da un lato infatti l’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva riconosce esplicitamente il principio della libera circolazione dei prodotti del tabacco conformi alla direttiva in parola. Dall’altro, l’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva, interpretato alla luce del considerando 53, autorizza gli Stati membri a introdurre «ulteriori disposizioni (…) in relazione alla standardizzazione del confezionamento» solo nei limiti in cui non sussiste alcuna armonizzazione a livello di diritto dell’Unione.

119.

Di certo questa tipologia di armonizzazione parziale comporta che i prodotti non possano essere automaticamente esportati da uno Stato membro negli altri, neppure quando la loro etichettatura e il loro confezionamento soddisfano tutti i requisiti della direttiva. Ciascuno Stato membro può infatti prevedere ulteriori disposizioni sugli aspetti non armonizzati del confezionamento del prodotto. A prescindere da quanto precede, anche un’armonizzazione parziale comporta però incontestabilmente vantaggi per il funzionamento del mercato interno, posto che essa non elimina tutti, ma – di certo – alcuni ostacoli agli scambi. Nel caso di specie, ciò comporta ad esempio che il fabbricante di prodotti del tabacco possa utilizzare sul tutto il mercato interno pacchetti di sigarette che corrispondono a un design di base unitario e che esso deve adattare soltanto rispetto ad alcuni dettagli (ad esempio, il colore) ma non più rispetto alle peculiarità delle rispettive disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali nel loro insieme.

120.

Le disposizioni contenute nell’articolo 24, paragrafi 1 e 2, della direttiva e le corrispondenti spiegazioni contenute nel considerando 53 svolgono, in effetti, principalmente una funzione chiarificatrice. Esse chiariscono il funzionamento dell’armonizzazione parziale perseguita con la direttiva. Un siffatto chiarimento può però essere oltremodo sensato, come ha efficacemente dimostrato, non da ultimo, l’accesa discussione tra le parti del procedimento sull’ammissibilità di eventuali disposizioni nazionali in materia di standardizzazione del confezionamento.

b) Sul diritto degli Stati membri di vietare determinate categorie di prodotti [prima questione, parte b)]

121.

Con la prima questione, parte b), viene inoltre messo in discussione l’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva, in particolare, il suo primo periodo. In base alla disposizione in parola, uno Stato membro può «vietare una determinata categoria di tabacco o prodotti correlati, in ragione della situazione specifica in tale Stato membro e purché le disposizioni siano giustificate dalla necessità di tutelare la salute pubblica, tenendo conto dell’alto livello di protezione della salute umana conseguito attraverso la presente direttiva».

122.

Come comunica il giudice del rinvio nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, l’articolo 24, paragrafo 3, primo periodo è contestato, nell’ambito della controversia principale, essenzialmente con i medesimi argomenti rivolti contro l’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva. Viene quindi eccepito, di nuovo, che la controversa disposizione della direttiva non comporterebbe l’eliminazione, bensì l’insorgenza di ostacoli agli scambi.

123.

Diversamente da quanto ritengono il Parlamento, il Consiglio e la Commissione, tale contestazione non può essere superata semplicemente deducendo l’incompetenza dell’Unione a emanare misure di armonizzazione di politica sanitaria (articolo 168, paragrafo 5, TFUE) e il mantenimento della responsabilità degli Stati membri per la definizione della loro politica sanitaria (articolo 168, paragrafo 7, TFUE). La direttiva 2014/40 non integra infatti una misura di politica sanitaria, bensì una misura di armonizzazione del mercato interno, per la quale l’Unione è competente ai sensi dell’articolo 114 TFUE ( 76 ). In caso contrario, neppure la messa al bando dei prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti, oggetto di accese discussioni nell’ambito della presente causa, avrebbe potuto essere inserita nella direttiva ( 77 ).

124.

Come peraltro già osservato supra ( 78 ), l’articolo 114 TFUE non può, in linea di principio, fungere da fondamento giuridico per una disposizione con cui è permesso agli Stati membri di derogare unilateralmente all’effetto di armonizzazione della direttiva. Ciò vale anche per eventuali misure motivate sulla base della politica sanitaria, che singoli Stati membri possano adottare «per tener conto di eventuali futuri sviluppi del mercato», come indicato nel considerando 54 della direttiva. Per tali ipotesi, infatti, l’articolo 114, paragrafo 8, TFUE ‑ che, quale disposizione di diritto primario, è superiore nel rango alla direttiva ‑ prevede espressamente un’azione, non a livello nazionale, ma a livello di Unione europea: se in un settore già armonizzato sulla base del diritto dell’Unione si verifica un «problema specifico di pubblica sanità», lo Stato membro interessato deve sottoporlo alla Commissione che «esamina immediatamente l’opportunità di proporre misure appropriate al Consiglio». Non è possibile derogare alla suddetta regola in un atto di diritto secondario. Gli Stati membri possono tutt’al più essere autorizzati in una direttiva, ad adottare, in deroga alle disposizioni ivi contenute, misure provvisorie a protezione della salute (articolo 114, paragrafo 10, TFUE).

125.

In tale contesto – contrariamente a quanto ritenuto dalle istituzioni dell’Unione che hanno preso parte al procedimento – l’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva non può essere interpretato in modo talmente ampio da dare carta bianca agli Stati membri per impedire stabilmente, per motivi di politica sanitaria, l’immissione in commercio di determinati prodotti oggetto della direttiva, bloccando così unilateralmente la libera circolazione dei prodotti in parola. Non è, quindi, sostenibile la tesi propugnata dal Parlamento e dalla Commissione, secondo cui singoli Stati membri potrebbero, richiamandosi all’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva, vietare in toto, ad esempio, l’immissione in commercio di sigarette. Siffatti divieti nazionali unilaterali continuano ad essere ammessi solo per i prodotti che non sono oggetto di armonizzazione nella direttiva 2014/40 ( 79 ).

126.

Tutto ciò non significa però che l’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva sia illegittimo e debba pertanto essere dichiarato invalido. Come nel caso della validità dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva, anche la validità del suo paragrafo 3 può essere riconosciuta nei limiti in cui detta clausola è interpretata restrittivamente tenuto conto del fondamento giuridico dedotto ai fini della sua emanazione e, quindi, in linea con l’articolo 114 TFUE ( 80 ).

127.

In primis, in base all’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva, la messa al bando unilaterale a livello nazionale di prodotti oggetto della direttiva è ammessa solo nei limiti in cui le disposizioni di armonizzazione contenute nella direttiva non soddisfano a sufficienza l’obiettivo di politica sanitaria perseguito a livello di Stati membri. A ciò rimanda la formulazione dell’articolo 24, paragrafo 3, primo periodo, della direttiva, in base al quale eventuali messe al bando di prodotti introdotti dagli Stati membri devono essere «giustificate dalla necessità di tutelare la salute pubblica, tenendo conto dell’alto livello di protezione della salute umana conseguito attraverso la presente direttiva».

128.

In secondo luogo, l’articolo 24, paragrafo 3, primo periodo, della direttiva ammette esclusivamente la messa al bando di prodotti a livello nazionale per motivi di politica sanitaria che siano giustificati «in ragione della situazione specifica in tale Stato membro». La scelta di rimettere, in prima battuta, agli Stati membri la soluzione di siffatti problemi è conforme al principio di sussidiarietà (articolo 5, paragrafi 1 e 3, TUE) ( 81 ). Per l’ipotesi in cui si presentino, in tale contesto, problemi transfrontalieri, il legislatore dell’Unione, nelle frasi successive dell’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva, ha adottato le misure necessarie e previsto, seguendo l’esempio dell’articolo 114, paragrafi 5 e 6, TFUE, un procedimento di autorizzazione che deve essere attuato da parte della Commissione.

129.

Applicando il suddetto criterio, l’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva può essere considerato una misura basata, quale fondamento giuridico, sull’articolo 114 TFUE.

130.

Le ricorrenti nella controversia principale eccepiscono che sussiste un’incoerenza tra l’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva, da un lato, e la messa al bando delle sigarette al mentolo nell’articolo 7 della direttiva, dall’altro ( 82 ). Esse affermano essenzialmente che una messa al bando degli aromi caratterizzanti come prevista nell’articolo 7 della direttiva, non sarebbe necessaria ove agli Stati membri fosse comunque riconosciuta la possibilità di vietare unilateralmente determinate categorie di prodotti del tabacco. Non sarebbe neppure corretto giustificare la messa al bando degli aromi caratterizzanti attuata con l’articolo 7 della direttiva nell’ottica di impedire l’insorgere di eventuali future divergenze nelle disposizioni nazionali, pur favorendo – allo stesso tempo – siffatte divergenze con l’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva.

131.

Anche questo argomento non mi convince. Da un lato, infatti, l’articolo 7 della direttiva si occupa, come già osservato ( 83 ), di un problema transfrontaliero, che riguarda l’interno mercato interno europeo, mentre l’ambito di applicazione dell’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva, già in base al suo tenore letterale, è circoscritto a situazioni specifiche di singoli Stati membri. Dall’altro, il legislatore dell’Unione, nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale riconosciutogli nell’ambito dell’articolo 114 TFUE ( 84 ), resta libero di optare per un’armonizzazione graduale delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri con la conseguenza che determinati problemi attinenti al mercato interno sono affrontati mediante una misura di armonizzazione, mentre altri – per il momento ‑ no. In tale contesto, non si può tacciare il legislatore dell’Unione di incoerenza per il fatto che vieta i prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti per l’intero mercato interno europeo, mentre rimette, sino a nuovo ordine, la messa al bando di altri prodotti nocivi per la salute ai singoli Stati membri.

c) Conclusione intermedia

132.

Alla luce di quanto precede, non sussistono, sulla base delle argomentazioni sottoposte alla Corte, elementi indicanti che l’articolo 24, paragrafi 2 o 3, della direttiva sia stato erroneamente fondato sull’articolo 114 TFUE.

4. Sulla disciplina della vendita a distanza [prima questione, parte c), punto iii)]

133.

Con la prima questione, parte c), punto iii), il giudice del rinvio prende in esame l’articolo 18 della direttiva, più precisamente, il suo paragrafo 1, che autorizza gli Stati membri a vietare le vendite a distanza transfrontaliere di prodotti del tabacco a consumatori e li invita inoltre a cooperare per impedire questo tipo di vendite.

134.

La questione si riallaccia a un’eccezione sollevata dalla BAT nell’ambito della controversia principale, secondo cui la disposizione in parola non agevolerebbe il commercio transfrontaliero, ma lo renderebbe più difficoltoso e contrasterebbe pertanto con gli obiettivi dell’articolo 114 TFUE. L’impresa eccepisce inoltre che la facoltà di scelta accordata agli Stati membri porterebbe a divergenze tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali. Per entrambe le ragioni, la BAT nega che l’articolo 18 della direttiva possa servirsi, quale fondamento giuridico, dell’articolo 114 TFUE.

135.

A tal proposito, occorre in primis ricordare che gli Stati membri potevano, già prima di oggi – e quindi prima dell’entrata in vigore della direttiva 2014/40 –, vietare o limitare la vendita a distanza transfrontaliera di prodotti del tabacco all’interno dell’Unione europea sulla base dei limiti alla libera circolazione delle merci previsti nei Trattati ( 85 ). Sul punto, l’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva costituisce quindi soltanto una disposizione declaratoria che conferma lo status quo.

136.

In base al preambolo della direttiva ( 86 ), l’articolo 18, paragrafo 1 tiene inoltre anche conto del fatto che, da un lato, le disposizioni della direttiva sulla lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco potrebbero essere agevolmente aggirate nell’ambito della vendita a distanza e, dall’altro, del fatto che i giovani potrebbero, attraverso detto canale di vendita, avere più facilmente accesso ai prodotti del tabacco. In generale, in tal modo potrebbe essere pregiudicata la legislazione in materia di lotta al tabagismo.

137.

In giurisprudenza è riconosciuto che un atto dell’Unione emanato sulla base dell’articolo 114 TFUE può includere anche disposizioni dirette a evitare l’elusione di determinate norme mediante divieti ( 87 ). Proprio tale obiettivo persegue l’articolo 18, paragrafo 1 della direttiva.

138.

Un divieto di vendita a distanza transfrontaliera, previsto da determinati Stati membri o che questi ultimi possono ancora prevedere sulla base dell’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva, è in un certo qual modo il prezzo per la possibilità di circolazione sul mercato interno europeo dei prodotti del tabacco che soddisfano i requisiti della direttiva e che sono commercializzati nel rispetto dell’obiettivo di protezione della salute perseguito dalla direttiva in parola.

139.

Ne consegue che l’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva poteva essere emanato ricorrendo, quale fondamento giuridico, all’articolo 114 TFUE ( 88 ).

5. Sul potere della Commissione di attuare gli standard convenuti a livello internazionale [prima questione, parte c), punto iv)]

140.

La prima questione, parte c), punto iv), si riferisce agli articoli 3, paragrafo 4, e 4, paragrafo 5, della direttiva, con cui la Commissione è autorizzata a emanare atti delegati al fine di recepire, nel diritto dell’Unione, determinati standard convenuti a livello internazionale in materia di livelli massimi di emissioni, emissioni e metodi di misurazione. Sul punto il giudice del rinvio si riallaccia a un’eccezione sollevata dalla JTI, secondo cui le suddette disposizioni della direttiva delegherebbero de facto all’OMS o alle parti della convenzione quadro dell’OMS poteri legislativi, il che si porrebbe in contrasto con l’articolo 114 TFUE.

141.

La critica mossa alle suddette due disposizioni della direttiva va, ove esaminata più nel dettaglio, in due direzioni: da un lato, si contesta un’asserita delega di poteri legislativi a favore di enti od organismi internazionali esterni al contesto istituzionale dell’Unione. Dall’altro, si mette in dubbio che eventuali adeguamenti del diritto dell’Unione agli standard internazionali possano realmente comportare un miglioramento del funzionamento del mercato interno.

142.

Provvederò a confutare la prima critica nel prosieguo, nell’ambito della quinta questione ( 89 ). Per quanto attiene alla seconda critica, basti ricordare che l’articolo 114 TFUE, in base a una giurisprudenza consolidata, può fungere da base per l’adeguamento ai nuovi sviluppi di misure di armonizzazione del mercato interno già esistenti ( 90 ). Va da sé che un siffatto adeguamento può essere compiuto anche in forza di disposizioni di diritto internazionale o di raccomandazioni provenienti da organismi internazionali (v. anche articolo 3, paragrafo 5, secondo periodo, TUE).

143.

Ciò è esattamente quanto si è verificato nel caso di specie: l’articolo 3 della direttiva contiene già disposizioni sui livelli massimi di emissioni e sulle emissioni dei prodotti del tabacco e, l’articolo 4, sui metodi di misurazione. La Commissione è autorizzata ad adeguare o integrare, di volta in volta, le suddette disposizioni alla luce dei nuovi sviluppi a livello internazionale. Così facendo, si garantisce che nuovi standard convenuti a livello internazionale trovino unitaria e contemporanea applicazione su tutto il mercato interno europeo, migliorandone il funzionamento.

144.

È pertanto infondata la censura secondo cui l’articolo 114 TFUE non potrebbe fungere da fondamento giuridico per gli articoli 3, paragrafo 4, e 4, paragrafo 5, della direttiva.

B – Sul principio di proporzionalità

145.

La seconda e la terza questione vertono sul principio di proporzionalità. Ivi viene affrontata, da un lato – muovendo da un’eccezione della BAT – la messa al bando dei prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti [terza questione, parte a)], e, dall’altro – sulla base delle eccezioni sollevate da molte delle imprese parte del procedimento – sono esaminati diversi requisiti che la direttiva prevede rispetto all’etichettatura e al confezionamento dei prodotti del tabacco [seconda questione e terza questione, parti b) e c)].

146.

Secondo una giurisprudenza consolidata il principio di proporzionalità rientra tra i principi generali del diritto dell’Unione. Esso esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa in questione e non eccedano i limiti di quanto è necessario per raggiungere questi obiettivi ( 91 ). Qualora si presenti una scelta tra più misure appropriate, è necessario ricorrere alla meno restrittiva; gli oneri imposti non devono inoltre essere sproporzionati in relazione agli scopi perseguiti ( 92 ).

147.

Nel controllo giurisdizionale della proporzionalità degli atti dell’Unione occorre tener conto del fatto che la portata del potere discrezionale del legislatore dell’Unione può risultare limitata in funzione di un certo numero di elementi, allorché si tratta di ingerenze nei diritti fondamentali. Tra di essi rientrano, in particolare, il settore interessato, la natura del diritto fondamentale di cui trattasi, la natura e la gravità dell’ingerenza nonché la finalità di quest’ultima ( 93 ).

1. Sulle violazioni della libertà d’impresa

148.

La maggior parte dei problemi sollevati nella seconda e nella terza questione riguardano il diritto fondamentale alla libertà d’impresa (articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali). In base alla giurisprudenza costante, il suddetto diritto fondamentale può essere soggetto ad un ampio ventaglio di interventi dei poteri pubblici suscettibili di stabilire, nell’interesse generale, limiti all’esercizio dell’attività economica ( 94 ), fermo restando che al legislatore dell’Unione è riconosciuto un ampio potere discrezionale quando si tratta di un settore che richiede scelte di natura tanto politica quanto economica o sociale e nel quale occorre effettuare valutazioni complesse ( 95 ).

149.

Che il legislatore dell’Unione si sia trovato ad affrontare, all’atto di emanare la direttiva 2014/40, complesse questioni di carattere economico, sociale e politico è pacifico e non è neppure messo in discussione seriamente da nessuna delle parti del procedimento. Occorreva quindi riconoscere al legislatore dell’Unione un ampio potere discrezionale quanto alle valutazioni alla base della direttiva, non da ultimo con riferimento alle misure con cui può essere raggiunto al meglio il livello elevato di protezione della salute imposto nel mercato interno europeo (articoli 9, 114, paragrafo 3, e 168, paragrafo 1, TFUE e articolo 35, secondo periodo, della Carta dei diritti fondamentali). Ciò vale anche in quanto le prognosi rispetto al futuro andamento del mercato possono essere esaminate, per loro natura, tutt’al più in funzione della loro plausibilità.

150.

La suddetta discrezionalità comporta che una violazione del principio di proporzionalità da parte del legislatore dell’Unione possa essere riconosciuta solo qualora il relativo atto giuridico dell’Unione sia manifestamente sproporzionato, ossia quando esso sia manifestamente inidoneo a realizzare gli obiettivi legittimi perseguiti, vada manifestamente oltre quanto necessario per raggiungere i suddetti obiettivi oppure comporti inconvenienti manifestamente sproporzionati rispetto a detti obiettivi ( 96 ). È invece trascurabile se la misura adottata nell’atto sia l’unica ipotizzabile o anche soltanto la più adeguata.

151.

È sulla base del suddetto criterio che devono essere sottoposti a un controllo giurisdizionale la messa al bando dei prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti e alcuni dei requisiti previsti in materia di etichettatura e confezionamento dei prodotti del tabacco affrontati dal giudice del rinvio.

a) Sulla messa al bando dei prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti [terza questione, parte a)]

152.

La messa al bando dei prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti, sulla cui proporzionalità è chiamata a pronunciarsi la Corte in base alla terza questione, parte a), è sancita nell’articolo 7, paragrafi 1 e 7, della direttiva.

153.

La suddetta messa al bando dovrebbe contribuire a garantire un livello elevato di protezione della salute sul mercato interno europeo. Infatti, tutti gli aromi caratterizzanti – a prescindere che si tratti di mentolo o di altri aromi – possono in linea di principio attenuare o coprire il sapore generalmente molto amaro, talvolta addirittura pungente, del fumo del tabacco. Ciò comporta, secondo il legislatore dell’Unione, il serio rischio che i prodotti del tabacco aromatizzati facilitino l’iniziazione dei non fumatori al consumo del tabacco ( 97 ) e che rendano più difficile per i fumatori abituali – o almeno per alcuni di essi – superare la dipendenza da nicotina ( 98 ).

154.

Particolare rilievo pratico assume, in questo contesto, la messa al bando delle sigarette al mentolo, a partire, in base al suddetto articolo, dal 20 maggio 2020 ( 99 ). Solo rispetto a detta messa al bando delle sigarette al mentolo si rinvengono, nell’ordinanza di rinvio e nelle osservazioni formulate dalle imprese parte del procedimento, osservazioni circostanziate sotto il profilo della proporzionalità. Nel prosieguo, nell’esaminare le questioni di diritto sollevate, mi concentrerò pertanto anch’io sulla proporzionalità della messa al bando delle sigarette al mentolo.

i) Sull’adeguatezza della messa al bando

155.

Controversa è, nel caso di specie, già l’adeguatezza della messa al bando delle sigarette al mentolo a incrementare la protezione della salute perseguita dalla direttiva. Si discute della controversa questione del modo in cui una messa al bando delle sigarette al mentolo possa incidere sul modello di consumo dei fumatori attuali e potenziali. Ciascuna parte del procedimento fonda le rispettive tesi su studi scientifici e contesta all’altra la carente fondatezza, sotto il profilo scientifico, delle sue considerazioni.

156.

Ai fini della valutazione della legittimità della direttiva 2014/40 e, in particolare, della proporzionalità delle disposizioni controverse, è tuttavia del tutto irrilevante stabilire se i rischi per la salute dedotti dal legislatore dell’Unione relativamente alle sigarette al mentolo – a mio avviso, oltremodo plausibili – possano, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, essere comprovati con sufficiente precisione.

157.

Il legislatore dell’Unione era infatti tenuto, in sede di adozione della direttiva, a rispettare il principio di precauzione ( 100 ). Proprio ove risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive, purché esse siano non discriminatorie e oggettive ( 101 ).

158.

Anche l’invito formulato in seno all’OMS a limitare o vietare a livello mondiale l’impiego di sostanze nei prodotti del tabacco che possono migliorarne il sapore, tra cui anche il mentolo ( 102 ), è semplicemente un’espressione del principio di precauzione.

159.

In tale contesto, in base al principio di precauzione, era ben giustificato e forse addirittura necessario prevedere, per l’utilizzo di aromi caratterizzanti nei prodotti del tabacco, disposizioni in generale restrittive, tanto più che – in base alle disposizioni di diritto primario – era necessario perseguire un livello elevato di protezione della salute (articoli 9, 114, paragrafo 3, e 168, paragrafo 1, TFUE e articolo 35, secondo periodo, della Carta dei diritti fondamentali).

160.

Un divieto di aromi caratterizzanti – compreso il mentolo - nei prodotti del tabacco non può in nessun caso essere considerato come manifestamente inidoneo a raggiungere l’obiettivo succitato e a contribuire, così, a un livello elevato di protezione della salute sul mercato interno europeo. Tanto più se si tiene conto, accanto al principio di precauzione, dell’ampio potere discrezionale riconosciuto al legislatore dell’Unione rispetto alla scelta delle misure con cui può essere raggiunto al meglio, nel mercato interno, il prescritto elevato livello di protezione della salute.

ii) Sulla necessità del divieto

161.

Alcune delle imprese che hanno preso parte al procedimento e la Polonia negano, inoltre, che un divieto di immissione in commercio delle sigarette al mentolo sia necessario per conseguire il livello elevato di protezione della salute sul mercato interno europeo perseguito con la direttiva.

162.

Gli argomenti dedotti a tal proposito possono essere ricondotti a due ambiti: si pone, da un lato, la questione se un divieto generalizzato esteso a tutti gli aromi caratterizzanti, compreso il mentolo, fosse necessario e, dall’altro, se il legislatore dell’Unione avesse a disposizione misure più blande e meno incisive rispetto a un divieto.

– Sulla necessità di un divieto generale esteso a tutti gli aromi caratterizzanti

163.

Per quanto attiene al primo dei suddetti ambiti, ho già osservato supra, con riferimento all’articolo 114 TFUE, che le argomentazioni svolte da alcune delle imprese che hanno preso parte al procedimento sull’asserita posizione particolare delle sigarette al mentolo nel segmento di mercato delle sigarette aromatizzate sono poco convincenti ( 103 ).

164.

Diversamente da quanto ritiene la BAT, la necessità di una messa al bando degli aromi caratterizzanti ai fini del raggiungimento di un livello elevato di protezione della salute nel mercato interno non può essere messa in discussione limitandosi laconicamente a osservare che i rischi per la salute collegati al fumo sarebbero a tutti noti, anche e proprio tra i giovani.

165.

La mera circostanza che molti degli interessati siano consapevoli dell’esistenza di determinati rischi non implica affatto che l’autorità pubblica debba eliminare le misure di sicurezza presenti o rinunciare a prevederne di nuove. Nessuno penserebbe mai, ad esempio, di eliminare l’obbligo di casco per i motociclisti o l’obbligo di cinture per i passeggeri di un’autovettura in ragione del solo fatto che la maggior parte degli utenti della strada è nel frattempo sufficientemente informata dei pericoli insiti nella circolazione stradale e si comporta spontaneamente in modo ragionevole.

166.

Con la messa al bando di tutti gli aromi caratterizzanti, la direttiva segue inoltre, come risulta non da ultimo dal suo articolo 1 e dal suo preambolo ( 104 ), le indicazioni elaborate in seno all’OMS. Come osservato correttamente dalla BAT, dalla Mane e dalla Polonia, tali orientamenti non sono giuridicamente vincolanti, ma hanno indubbiamente carattere di raccomandazione, anche e proprio rispetto alla disciplina del mentolo ( 105 ). È pacifico che il legislatore dell’Unione, nel quadro dell’ampio potere discrezionale che gli è riconosciuto in sede di emanazione di misure di armonizzazione del mercato interno ai sensi dell’articolo 114 TFUE, poteva adottare misure che, a livello internazionale, non sono concretamente imposte all’Unione, ma sono consigliate.

167.

Se il legislatore dell’Unione avesse rinunciato a inserire il mentolo nel divieto di aromi caratterizzanti, la direttiva avrebbe potuto, come già osservato ( 106 ), contribuire in maniera molto più ridotta al raggiungimento del livello elevato di protezione della salute. I consumatori attuali o potenziali di prodotti del tabacco aromatizzati avrebbero infatti continuato a disporre, sul mercato interno, delle sigarette al mentolo come alternativa, il che potrebbe facilitare l’iniziazione di ragazzi e adulti in giovane età al consumo di tabacco e, nel contempo, rendere più difficile per i fumatori abituali il superamento della dipendenza da nicotina ( 107 ).

168.

Se non avesse vietato le sigarette al mentolo alla stregua delle altre sigarette aromatizzate, l’Unione europea si sarebbe inoltre anche esposta al rischio di un procedimento in seno all’Organizzazione mondiale del commercio (in prosieguo: l’«OMC»). In una relazione emanata nel 2012, l’organo di composizione delle controversie dell’OMC ha infatti stabilito che gli Stati Uniti d’America hanno violato le regole dell’OMC per aver vietato la vendita di sigarette contenenti aroma di garofano, continuando però nel contempo ad ammettere la commercializzazione di sigarette al mentolo ( 108 ). Contrariamente a quanto ritenuto dalla BAT, non sembra in alcun modo escluso, ma persino verosimile, piuttosto, che la citata relazione dell’OMC possa essere riferita alla problematica qui di rilievo, tanto più che ivi si indicava espressamente una comparabilità tra le sigarette all’aroma di garofano e quelle con aroma di mentolo (quali cosiddetti «prodotti analoghi» ai sensi dell’accordo dell’OMC sugli ostacoli tecnici agli scambi).

169.

Tenendo conto di quanto precede, non si può seriamente mettere in dubbio la necessità di vietare tutti gli aromi caratterizzanti compreso quello al mentolo ( 109 ). In ogni caso, un siffatto divieto generale non eccede di certo manifestamente quanto necessario per raggiungere un livello elevato di protezione della salute sul mercato interno europeo.

170.

A tal proposito, non rileva neppure il fatto che determinati prodotti del tabacco – ossia i sigari – in base all’articolo 7, paragrafo 12, della direttiva, sono, per ora, esclusi dalla messa al bando degli aromi caratterizzanti. L’ampia discrezionalità di cui gode il legislatore dell’Unione nell’ambito dell’articolo 114 TFUE ( 110 ) non esclude in alcun modo una graduale armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri. Inoltre, allo stato attuale, il Parlamento e il Consiglio potevano ritenere che i rischi per la salute collegati agli aromi caratterizzanti si presentassero specialmente rispetto alle sigarette e al tabacco da arrotolare e ciò in ragione della particolare attrattiva che i suddetti prodotti del tabacco esercitano sui giovani ( 111 ).

– Sulle asserite misure meno incisive

171.

Alcune delle parti del procedimento, in particolare la Von Eicken e la Polonia, deducono asserite misure meno incisive che, a loro avviso, il legislatore dell’Unione avrebbe dovuto adottare in luogo di una messa al bando dei prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti, ossia l’introduzione di limiti di età per la vendita delle sigarette aromatizzate, l’avvio di campagne informative mirate, oltre alla previsione, a livello di Unione, di un elenco di sostanze contenenti aromi ammesse o vietate a livello di Unione (una sorta di «elenco positivo» ed «elenco negativo»).

172.

Occorre osservare sul punto che, nell’ambito di un esame di proporzionalità, eventuali misure più blande rispetto alle misure adottate dal legislatore dell’Unione possono essere prese in considerazione soltanto se parimenti idonee a raggiungere l’obiettivo perseguito con l’atto giuridico controverso dell’Unione ( 112 ).

173.

Così non è nel caso dei suddetti limiti di età. Come osservato in modo convincente dalle istituzioni dell’Unione e da numerosi Stati membri che sono parte del procedimento, i limiti di età sono agevolmente eludibili nel commercio e il loro rispetto è oltremodo difficile da controllare ( 113 ).

174.

Nemmeno eventuali campagne informative sulla pericolosità dei prodotti del tabacco contenenti aromi caratterizzanti possono essere considerate adeguate quanto un divieto di commercializzazione esteso a tutti i prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti. Come osserva molto correttamente la Commissione, siffatte campagne informative non sarebbero, inoltre, in ogni caso adatte, ai sensi dell’articolo 114 TFUE, a eliminare gli ostacoli agli scambi esistenti in ragione delle diverse discipline nazionali in materia di impiego di aromi caratterizzanti o a evitarne l’insorgenza.

175.

L’emanazione di un elenco positivo e di un elenco negativo di sostanze contenenti aromi, come proposta dalla Von Eicken quale alternativa all’articolo 7 della direttiva, presenterebbe poi uno svantaggio determinante, ossia che si tratta di una tecnica legislativa complicata e di agevole elusione e che, in considerazione della rapida evoluzione del settore in esame, l’elenco necessiterebbe anche di un aggiornamento continuo. Un tale modus operandi limiterebbe inoltre eccessivamente il margine di azione residuo riconosciuto in capo agli organi nazionali, in contrasto con il principio di proporzionalità (articolo 5, paragrafo 4, TUE).

iii) Sulla proporzionalità in senso stretto

176.

Alcune delle parti del procedimento criticano infine la messa al bando delle sigarette al mentolo dal punto di vista della proporzionalità in senso stretto. Esse lamentano i disordini economici e sociali collegati alla messa al bando in parola, in particolare per i fornitori dell’industria del tabacco e per i fabbricanti di prodotti di nicchia, ma anche per alcuni agricoltori attivi nel settore della produzione del tabacco.

177.

In questo contesto occorre anzitutto respingere la contestazione mossa dalla Benkert, a detta della quale la Commissione, in sede di elaborazione della sua proposta di direttiva, non avrebbe sufficientemente consultato determinate imprese attive sui mercati a monte ( 114 ). Da un lato, infatti, l’analisi di impatto della Commissione, pur potendo costituire per il legislatore dell’Unione un punto di appoggio ( 115 ), non è per esso giuridicamente vincolante ( 116 ). Eventuali errori nella procedura di consultazione su cui la suddetta analisi di impatto si fonda, non comportano quindi necessariamente l’illegittimità della direttiva. E, dall’altro, proprio la Benkert ha ammesso di aver esposto alla Commissione in dettaglio la propria posizione. Il fatto che la posizione della Benkert non abbia, in concreto, sortito l’effetto desiderato, non può essere seriamente considerato come indice di un vizio nella preparazione dell’iter legislativo.

178.

Nel merito è possibile poi che la scomparsa dal mercato delle sigarette al mentolo, quale conseguenza del divieto di commercializzazione di prodotti del tabacco con aromi caratterizzanti introdotto dal diritto dell’Unione, possa avere temporaneamente effetti negativi sulla situazione economica di determinati agricoltori attivi nella produzione del tabacco, di determinanti fornitori dell’industria del tabacco e di determinate imprese coinvolte nella fabbricazione e commercializzazione dei prodotti del tabacco e che essa possa portare persino alla perdita di alcuni posti di lavoro.

179.

Occorre tuttavia considerare che, nella scala di valori del diritto dell’Unione, è riconosciuta alla protezione della salute umana una diversa e prevalente posizione rispetto agli interessi di carattere sostanzialmente economico (v. sul punto, articoli 9, 114, paragrafo 3, 168, paragrafo 1, TFUE e articolo 35, secondo periodo, della Carta dei diritti fondamentali), cosicché la protezione della salute può giustificare conseguenze economiche negative, anche considerevoli, per taluni operatori economici ( 117 ).

180.

Che determinate imprese, o addirittura interi settori economici in determinati Stati membri possano essere colpiti più duramente dalla messa al bando delle sigarette al mentolo rispetto ad altre imprese o all’economia di altri Stati membri non comporta però che il divieto di aromi caratterizzanti sancito dalla direttiva sia sproporzionato. In considerazione delle diverse strutture economiche degli Stati membri è pressoché impossibile immaginare un caso in cui un atto legislativo dell’Unione abbia ripercussioni esattamente identiche su tutte le imprese e su tutti gli Stati membri ( 118 ). Come sottolineano correttamente le istituzioni dell’Unione parte al procedimento dinanzi alla Corte, il ravvicinamento delle legislazioni sul mercato interno europeo sarebbe in ampia misura privato della sua ragion d’essere se potesse essere concretizzato soltanto nei casi in cui già sussistono comunque condizioni ampiamente identiche in tutti gli Stati membri e tra tutte le imprese interessate.

181.

A prescindere da quanto precede, eventuali disordini economici e sociali che dovessero derivare dalla messa al bando delle sigarette al mentolo sarebbero comunque temperati dal generoso termine transitorio previsto, sino al 20 maggio 2020, ossia un periodo di quattro anni dopo il termine di recepimento della direttiva. Per quanto attiene, nello specifico, agli agricoltori interessati, essi possono inoltre accedere, in ogni caso, al sostegno al reddito nell’ambito della politica agricola comune.

182.

Per quanto concerne l’incremento del contrabbando e la fioritura del mercato nero delle sigarette al mentolo, previsti da alcune delle parti del procedimento, ritengo che, nel presente contesto, il suddetto argomento non sia decisivo, come già in precedenza rispetto all’articolo 114 TFUE ( 119 ).

183.

Nel complesso, per il legislatore dell’Unione era quindi ben sostenibile – e in ogni caso non manifestamente sproporzionato –, in sede di adozione della direttiva, privilegiare il perseguito livello elevato di protezione della salute rispetto a considerazioni di carattere economico e sociale, come fatte valere nel caso di specie da singole parti del procedimento.

184.

Infondata è pertanto la supposizione secondo cui la messa al bando delle sigarette al mentolo violerebbe il principio di proporzionalità.

b) Sui requisiti in materia di etichettatura e confezionamento dei prodotti del tabacco [terza questione, parti b) e c)]

185.

Le parti b) e c) della terza questione vertono su diversi requisiti previsti per l’etichettatura e il confezionamento dei prodotti del tabacco contenuti negli articoli 8, paragrafo 3, 9, paragrafo 3, 10, paragrafo 1, lettere a), c) e g), e 14 della direttiva. A fronte di un’eccezione sollevata dalla BAT, il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi sulla proporzionalità delle «misure di standardizzazione del confezionamento» risultanti dalle suddette disposizioni.

i) Su forma, dimensione e contenuto minimo dei pacchetti di sigarette [terza questione, parte b)]

186.

Da una lettura congiunta degli articoli 8, paragrafo 3, 9, paragrafo 3, 10, paragrafo 1, lettera g), e 14 della direttiva emerge essenzialmente che i pacchetti di sigarette devono avere forma parallelepipeda, rispettare determinate dimensioni, contenere almeno 20 sigarette e riportare avvertenze combinate relative alla salute (composte da un testo prestabilito e da una fotografia a colori corrispondente) ( 120 ). Le suddette avvertenze devono, a loro volta, rispettare determinate dimensioni ed essere stampate in modo inamovibile, indelebili e pienamente visibili, e devono inoltre rimanere intatte all’apertura della confezione. In tal modo, si intende massimizzare l’efficacia dell’avvertenza in parola ( 121 ).

187.

Le parti del procedimento sono sostanzialmente concordi nel ritenere che disposizioni unitarie su etichettatura e confezionamento dei prodotti del tabacco siano adatte a conseguire l’obiettivo generale perseguito dalla direttiva ossia quello di migliorare il funzionamento del mercato interno garantendo nel contempo un livello elevato di protezione della salute ( 122 ). In parole semplici, standard unitari per l’etichettatura e il confezionamento di un prodotto ne agevolano la circolazione sul mercato interno e, allo stesso tempo, avvertenze ben visibili promuovono la protezione della salute.

188.

Tuttavia, la BAT contesta le disposizioni della direttiva in materia di forma, dimensione e contenuto minimo dei pacchetti di sigarette. L’impresa ritiene che, ai fini della protezione della salute, sarebbe stato sufficiente prevedere che le avvertenze richieste devono essere pienamente visibili e che non possono risultare deformate in ragione della forma del pacchetto.

189.

Di certo, un mero requisito di visibilità dell’avvertenza, come ha in mente la BAT, costituirebbe una misura meno incisiva rispetto ai requisiti molto dettagliati fissati dalla direttiva 2014/40 per forma, dimensioni e contenuto minimo dei pacchetti di sigarette. Come hanno tuttavia correttamente osservato le istituzioni dell’Unione che hanno preso parte al procedimento, un siffatto requisito generale di visibilità sarebbe piuttosto impreciso e quindi fonte eccessiva di conflitti quanto al suo rispetto e al suo controllo. Esso risulterebbe così molto meno efficace rispetto all’insieme di misure effettivamente decise dal legislatore dell’Unione che contengono, oltre a un requisito generale di visibilità, anche disposizioni specifiche rispetto a forma, dimensione e contenuto minimo dei pacchetti di sigarette.

190.

In breve, le avvertenze risultano meglio visibili su pacchetti più grandi rispetto a pacchetti più piccoli e possono essere lette più agevolmente se apposte su pacchetti di forma parallelepipeda che su pacchetti di forma diversa. Di conseguenza, le disposizioni contenute nella direttiva su forma, dimensione e contenuto minimo dei pacchetti di sigarette contribuiscono in modo particolare ad aumentare la visibilità delle avvertenze relative alla salute e a massimizzare la loro efficacia.

191.

Aggiungo che una standardizzazione della forma e della dimensione dei pacchetti di sigarette può contribuire anche per il resto, e del tutto a prescindere dalla visibilità e dalla leggibilità delle avvertenze relative alla salute, ad aumentare, nel mercato interno europeo, la protezione della salute. Infatti, meno il confezionamento di un prodotto è fantasioso, meno i consumatori – specialmente quelli giovani – sono indotti ad acquistarlo. Il fattore moda o divertimento potenzialmente collegato a pacchetti inusuali o particolarmente appariscenti, ma anche la curiosità che potrebbero ingenerare confezioni nuove o stravaganti (si pensi a quanto potrebbero essere attrattivi per le giovani consumatrici pacchetti di sigarette che riprendono la forma di un rossetto), finisce con il giocare così un ruolo minore nella decisione di acquisto.

192.

Lo stesso vale per il contenuto minimo dei pacchetti di sigarette. Se fissato, come previsto nell’articolo 14 della direttiva, a minimo 20 sigarette, la barriera psicologica all’acquisto, soprattutto nel caso dei ragazzi e dei giovani adulti, risulta accresciuta rispetto ai pacchetti di dimensioni più piccoli disponibili, sino ad oggi, in diversi luoghi. Unità di acquisto più piccole tendono a facilitare l’iniziazione al fumo, da un lato, perché sono meno costosi, dall’altro, perché avvicinano il consumatore al prodotto a piccoli passi.

193.

Di certo, la standardizzazione operata dalla direttiva rispetto a forma, dimensione e contenuto minimo dei pacchetti di sigarette comporta, per il fabbricante di prodotti del tabacco, una perdita in termini di varietà, possibilità di commercializzazione e potenziale concorrenziale. L’interesse puramente economico a una concorrenza il più possibile spiccata tra prodotti e marchi deve tuttavia cedere il passo alla protezione della salute umana, cui – come già osservato – è riconosciuta nella scala di valori del diritto dell’Unione una diversa e prevalente posizione (v. sul punto, articoli 9, 114, paragrafo 3, 168, paragrafo 1, TFUE e articolo 35, secondo periodo, della Carta dei diritti fondamentali).

ii) Sulla dimensione delle avvertenze combinate relative alla salute [terza questione, parte c)]

194.

Dall’articolo 10, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva si ricava inoltre che sui pacchetti di sigarette devono essere apposte avvertenze combinate relative alla salute composte da un determinato testo prestabilito e da una fotografia a colori corrispondente [lettera a)] e occupanti il 65% tanto della superficie esterna del fronte quanto del retro della rispettiva confezione [lettera c)].

195.

La BAT reputa che il suddetto obbligo, di destinare una quota di superficie del 65% alle avvertenze combinate relative alla salute sia arbitrario e sproporzionato ( 123 ). L’impresa e, sulla scia della medesima, il giudice del rinvio contestano non tanto il principio vero e proprio dell’avvertenza combinata relativa alla salute sancito dall’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), della direttiva, ma essenzialmente la disposizione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), della direttiva.

– Sull’adeguatezza di avvertenze di grandi dimensioni per la protezione della salute

196.

In prima battuta, la BAT, sostenuto dalla Von Eicken, afferma che il valore aggiunto delle avvertenze combinate di grandi dimensioni ai fini del livello elevato di protezione della salute perseguito sul mercato interno europeo non è scientificamente provato.

197.

Sul punto occorre osservare che la Corte ha già valutato in passato l’obbligo di apportare avvertenze sui pacchetti di sigarette come un «metodo riconosciuto [per] incitare i consumatori a ridurre il loro consumo di prodotti del tabacco o [per] orientarli verso quelli tra essi che presentano meno rischi per la salute» ( 124 ). Sembra ragionevole trasporre la suddetta giurisprudenza al caso di specie e ritenere che le avvertenze siano tanto più efficaci quanto più visibili e quanto maggiore è la superficie della confezione di sigarette ad esse riservata.

198.

È peraltro pacifico che il legislatore dell’Unione, nell’emanare la disposizione controversa, si è fondato su «nuovi dati scientifici» e su «dati» al fine di motivare la necessità di un adeguamento delle disposizioni sull’etichettatura, in generale, e dell’obbligo di introdurre «avvertenze combinate relative alla salute di grandi dimensioni», in particolare ( 125 ). È possibile che altri studi, segnatamente quelli citati dalla BAT e dalla Von Eicken, permettano di pervenire a conclusioni diverse. Ciò non significa però che i requisiti posti nell’articolo 10, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva siano manifestamente inidonei a contribuire al raggiungimento dell’obiettivo della direttiva. Tanto più se si tiene conto del principio di precauzione e dell’ampio potere discrezionale riconosciuto al legislatore dell’Unione rispetto alla scelta delle misure con cui può essere raggiunto nel modo migliore, l’elevato livello di protezione della salute ( 126 ) prescritto nel mercato interno

199.

Con il requisito delle avvertenze combinate di grandi dimensioni la direttiva si conforma inoltre, come emerge non da ultimo dal suo articolo 1 e dal suo preambolo ( 127 ), alle raccomandazioni formulate in senso all’OMS che si richiamano, a loro volta, esplicitamente, a prove scientifiche dell’efficacia delle avvertenze combinate relative alla salute ( 128 ).

– Sulla necessità di avvertenze di grandi dimensioni

200.

A prescindere da quanto precede, la BAT e la Von Eicken sottolineano che avvertenze combinate con una quota di superficie del 65% non sarebbero necessarie per adempiere gli obblighi internazionali dell’Unione in seno all’OMS. Entrambe le imprese reputano sufficiente mantenere le regole ad oggi vigenti nell’Unione europea e apportare avvertenze relative alla salute con una quota di superficie del 30% della parte anteriore del pacchetto o del 40% della parte posteriore dello stesso ( 129 ).

201.

È vero che né dalla convenzione quadro dell’OMS, né dalle relative linee guida si ricava un concreto obbligo di riservare alle avvertenze combinate relative alla salute sui pacchetti di sigarette una quota di superficie proprio del 65%. L’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), punto iv), della convenzione quadro prevede soltanto che le avvertenze «debbano» occupare almeno il 30% delle superfici principali di un pacchetto di sigarette. Tuttavia, allo stesso tempo, nella stessa disposizione si afferma in aggiunta che le avvertenze «dovrebbero» coprire almeno il 50% delle superfici principali dei pacchetti di sigarette. La quota di superficie del 65% individuata nella direttiva si pone quindi perfettamente in linea con quanto considerato auspicabile a livello internazionale.

202.

Va da sé peraltro che il legislatore dell’Unione poteva, nell’ambito dell’ampio potere discrezionale che gli è riconosciuto in sede di emanazione di misure di armonizzazione del mercato interno ai sensi dell’articolo 114 TFUE, prevedere obblighi più ampi per i fabbricanti e gli importatori di prodotti del tabacco rispetto a quanto prescritto a livello internazionale. In ogni caso, la quota di superficie del 65% fissata, nell’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), della direttiva, per le avvertenze combinate relative alla salute non eccede manifestamente quanto necessario per il raggiungimento, nel mercato interno europeo, di un elevato livello di protezione della salute tenuto conto del contesto internazionale.

203.

Il divieto di vendita di prodotti del tabacco a minori, proposto come alternativa più blanda dalla BAT e dalla Von Eicken, non costituisce una misura parimenti adeguata a garantire un livello elevato di protezione della salute. Da un lato, una siffatta disciplina riguarderebbe soltanto i ragazzi, mentre le avvertenze combinate di grandi dimensioni apposte sui pacchetti di sigarette sono rivolte a tutti i consumatori. Dall’altro, un limite di età, come sopra indicato ( 130 ), potrebbe essere aggirato facilmente e il suo rispetto sarebbe difficile da controllare.

– Sulla proporzionalità in senso stretto e sulla censura di arbitrarietà

204.

Occorre infine respingere anche l’argomento sollevato dalla BAT e dalla Von Eicken, secondo cui la quota di superficie del 65% ora riservata alle avvertenze combinate relative alla salute limiterebbe eccessivamente lo spazio riconosciuto alle imprese interessate per la definizione del confezionamento dei loro prodotti del tabacco e, così facendo, la concorrenza tra prodotti e marchi. Occorre infatti considerare che, come già ricordato, nella scala di valori del diritto dell’Unione, è riconosciuta alla protezione della salute umana una diversa e prevalente posizione rispetto agli interessi di carattere sostanzialmente economico delle imprese (v. sul punto, articoli 9, 114, paragrafo 3, 168, paragrafo 1, TFUE e articolo 35, secondo periodo, della Carta dei diritti fondamentali), cosicché la protezione della salute può giustificare conseguenze economiche negative, anche considerevoli, per taluni operatori economici ( 131 ).

205.

Posto inoltre che circa un terzo della superficie di un pacchetto di sigarette è ancora disponibile per l’apposizione di informazioni specifiche sul prodotto e che continua ad essere ammesso l’uso dei marchi in quanto tali in sede di vendita dei prodotti del tabacco, l’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), della direttiva non lede né la libertà d’impresa, né la proprietà intellettuale dell’impresa interessata nella sua essenza ( 132 ).

206.

Di certo, l’ampia discrezionalità riconosciuta al legislatore dell’Unione in tali ambiti non esonera il Parlamento e il Consiglio dall’obbligo di basare le proprie scelte su criteri oggettivi ( 133 ). Tuttavia, l’individuazione da parte del Parlamento e del Consiglio di una quota di superficie fissata nella misura – qui il 65% – per l’apposizione di avvertenze, non costituisce di per sé, diversamente da quanto asserisce la BAT, espressione di arbitrarietà. È invece naturale, nonché in linea con i requisiti della certezza del diritto, che, dopo aver contemperato tutti gli interessi e i beni giuridici contrastanti e tenuto conto di tutte le circostanze rilevanti, si dovesse procedere all’individuazione di un determinato valore.

207.

Con la quota di superficie del 65%, fissata in definitiva da Parlamento e Consiglio, tale contemperamento si è concluso peraltro in modo più vantaggioso per le imprese interessate rispetto a quanto previsto nella proposta di direttiva della Commissione, che prevedeva ancora una percentuale del 75% ( 134 ).

208.

In particolare, con la suddetta riduzione della quota di superficie da riservare alle avvertenze, il legislatore dell’Unione non ha agito in modo arbitrario, ma – nell’ambito della discrezionalità ad esso spettante – ha accordato un po più di importanza che la Commissione agli interessi economici dei fabbricanti e degli importatori di prodotti del tabacco rispetto ai requisiti di un livello elevato di protezione della salute,, andando quindi incontro alle imprese interessate.

209.

In conclusione, in sede di emanazione della direttiva, non era né arbitrariomanifestamente sproporzionato privilegiare il livello elevato di protezione della salute perseguito rispetto a considerazioni di carattere economico e riservare una quota di superficie del 65% dei pacchetti di sigarette all’apposizione di avvertenze combinate relative alla salute.

iii) Conclusione intermedia

210.

Nel complesso, per quanto attiene ai requisiti di etichettatura e confezionamento dei prodotti del tabacco, come risultanti dagli articoli 8, paragrafo 3, 9, paragrafo 3, 10, paragrafo 1, lettere a, c) e g), e 14 della direttiva, non è quindi possibile ravvisare alcuna violazione del principio di proporzionalità.

2. Sulle violazioni della libertà di espressione (seconda questione)

211.

Alla libertà di espressione (articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali) è dedicato solo un singolo aspetto del presente procedimento pregiudiziale, ossia la seconda questione che si richiama all’articolo 13 della direttiva. Va sottolineato che il giudice del rinvio non ha invece messo in discussione l’obbligo di apposizione di avvertenze combinate relative alla salute di grandi dimensioni, tematizzato nella terza questione, parte c), sotto il profilo della libertà di opinione. Solo per completezza, mi permetto di osservare che le considerazioni di seguito svolte sulla liberta di opinione ( 135 ) possono essere riportate anche su quest’ultima problematica ( 136 ).

212.

L’articolo 13 della direttiva reca il titolo «Presentazione dei prodotti». In parole povere, la disposizione in parola vieta di riportare sulle confezioni unitarie e sull’imballaggio esterno dei prodotti del tabacco pubblicità fuorvianti o che creino l’impressione che i relativi prodotti del tabacco siano sani, validi sotto il profilo ambientale o meno dannosi di altri prodotti del tabacco (articoli 13, paragrafo 1). Le confezioni unitarie e l’imballaggio non possono inoltre suggerire vantaggi economici (articolo 13, paragrafo 2).

213.

Le questioni sollevate rispetto all’articolo 13 della direttiva potrebbero trarre origine dal fatto che alcune delle imprese parte della controversia principale (in particolare la PMI, la BAT e la Von Eicken) hanno ampliato oppure intendono ampliare la propria gamma di prodotti con nuovi prodotti del tabacco o prodotti di nicchia che essi vorrebbero meglio commercializzare informando il consumatore mediante indicazioni in tal senso sui pacchetti. Si può trattare, ad esempio, di prodotti del tabacco con un (asserito) ridotto potenziale di rischio ( 137 ) o di prodotti realizzati con tabacco proveniente da colture biologiche o con filtri più biodegradabili.

a) Sull’interpretazione dell’articolo 13 della direttiva [seconda questione, parte a)]

214.

Con la seconda questione, parte a), il giudice del rinvio desidera anzitutto sapere se l’articolo 13 della direttiva vieti «dichiarazioni veritiere e non ingannevoli relative ai prodotti del tabacco poste sull’imballaggio del prodotto».

215.

Ai fini di rispondere alla questione in parola, è sufficiente analizzare l’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), prima parte del periodo, della direttiva, da un lato, e la restante parte del suddetto articolo 13, paragrafo 1, dall’altro. Posto che il giudice del rinvio non si esprime in alcun modo sull’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva, risulta superfluo prendere posizione su detta ultima disposizione.

216.

Per quanto attiene anzitutto all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), prima parte del periodo, della direttiva, già dalla formulazione della disposizione risulta che essa vieta esclusivamente l’apposizione sulle confezioni unitarie e sull’imballaggio esterno di informazioni ingannevoli con cui si promuove un prodotto del tabacco o ne viene incoraggiato il consumo. Dichiarazioni veritiere e non ingannevoli non sono quindi vietate in base alla suddetta disposizione.

217.

Di contro, i divieti di seguito previsti nell’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), seconda parte del periodo, e da b) a e), della direttiva non contengono, ove si consideri soltanto il loro tenore letterale, alcuna esplicita limitazione alle informazioni ingannevoli.

218.

È vero che anche tali disposizioni, come si evince dal preambolo della direttiva ( 138 ), mirano a tutelare i consumatori da informazioni ingannevoli. Tuttavia, diversamente da quanto sembrano ritenere alcune delle imprese che hanno preso parte al procedimento, detta nozione di induzione in errore non può essere interpretata in senso restrittivo. In particolare, la nozione di induzione in errore, come posta alla base della direttiva, non può essere interpretata nel senso che è sempre ammessa l’apposizione sull’imballaggio del prodotto di informazioni veritiere sui prodotti del tabacco.

219.

Come osservano infatti correttamente le istituzione dell’Unione che hanno preso parte al procedimento, oltre all’Irlanda e alla Francia, il rischio di induzione in errore del consumatore o di un indesiderato incentivo per lo stesso può scaturire, anche nel caso di dichiarazioni veritiere, dal contesto generale in cui esse sono rese o in forza del combinato disposto di più informazioni presenti sul pacchetto del prodotto.

220.

Anche una dichiarazione che, di per sé, può essere perfettamente corretta – ad esempio il riferimento a tabacco da colture biologiche o a filtri meglio biodegradabili – può portare alcuni consumatori a ritenere che sia vantaggioso acquistare e consumare il relativo prodotto del tabacco. In un tale contesto, i notevoli rischi per la salute collegati al fumo, potrebbero – malgrado tutte le avvertenze apposte sul pacchetto – passare in secondo piano agli occhi di detti consumatori o comunque risultare meno incisivi ( 139 ).

221.

L’obiettivo dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva è, di contro, quello di eliminare ogni incentivo all’acquisto di un prodotto del tabacco che sia collegato a dette asserite qualità positive o alla sua asserita immagine positiva, così da contribuire al raggiungimento, nel mercato interno europeo, di un livello elevato di protezione della salute. In particolare, l’articolo 13, paragrafo 1, lettere da b) a e), della direttiva è volto a evitare che l’acquisto e il consumo di un prodotto del tabacco siano posti nei confronti del consumatore, mediante determinate indicazioni sul pacchetto, in una luce ingannevolmente positiva e che essi siano, in tal modo, ulteriormente incentivati a detto acquisto o consumo.

222.

Una «sigaretta bio» è e continua ad essere un prodotto estremamente nocivo per la salute. Neppure al consumatore consapevole dei rischi per la salute collegati al fumo può essere suggerito, anche solo a livello inconscio, mediante indicazioni sul pacchetto, che sia consigliabile per lui o utile per l’ambiente fumare «sigarette bio». Anche la possibile cattiva coscienza del fumatore di fronte ai rischi per la salute collegati al consumo di prodotti del tabacco non dovrebbe essere messa a tacere sostenendo che fumando «sigarette bio» invece di sigarette tradizionali egli farebbe qualcosa di buono per sé o per il pianeta.

223.

Questa interpretazione relativamente rigorosa dell’articolo 13, paragrafo 1, lettere da b) a e), della direttiva non può essere contestata sulla base del fatto che, di norma, nel diritto dell’Unione prevale l’immagine di un consumatore ragionevole e informato. Infatti, quando si parla di prodotti da cui possono derivare notevoli rischi per la salute, è giustificato disciplinare in modo più rigoroso la comunicazione commerciale rispetto a quanto accadrebbe normalmente. Ciò è tanto più vero quando – come nel caso di specie – la disciplina è incentrata sulla protezione dei ragazzi e dei giovani adulti ( 140 ).

224.

Di certo, l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva non vieta l’apposizione sulla confezione del prodotto del tabacco di qualsiasi indicazione, corretta nel contenuto, sulle caratteristiche dello stesso. Si potrebbe ad esempio valutare di interpretare l’articolo 13, paragrafo 1, lettera c), della direttiva in modo restrittivo, nel senso che esso ammette l’indicazione, sulla confezione, in forma neutra e senza intenti pubblicitari, degli aromi nella misura in cui il loro impiego è eccezionalmente ancora ammesso ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 12 della direttiva. Come potrebbe altrimenti il consumatore scegliere tra prodotti del tabacco aromatizzati e non aromatizzati? A norma dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva, è invece vietata l’apposizione sul pacchetto di sigarette di tutte le indicazioni e le affermazioni – anche veritiere – che, in base a una valutazione oggettiva, possono avere uno o più degli effetti descritti nella disposizione in parola.

225.

In sintesi, occorre quindi rispondere alla seconda questione, parte a), come segue.

L’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2014/40 deve essere interpretato nel senso che vieta anche l’apposizione di dichiarazioni veritiere sulle confezioni del prodotto se, in base a una valutazione oggettiva, esse possono avere uno o più degli effetti descritti nella disposizione in parola.

b) Sulla validità dell’articolo 13 della direttiva [seconda questione, parte b)]

226.

Nella seconda questione, parte b), il giudice del rinvio sottopone alla Corte la questione della validità dell’articolo 13 della direttiva. La suddetta questione parziale viene sollevata solo nell’ipotesi in cui la parte a) della seconda questione trovi risposta affermativa. Ove si risponda ad essa nei termini da me proposti, la parte b) della seconda questione necessita di essere affrontata.

227.

Muovendo dalle corrispondenti eccezioni sollevate dalle imprese PMI e BAT nel procedimento principale, il giudice del rinvio vuole qui essenzialmente sapere se l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva violi la libertà di espressione e il principio di proporzionalità.

228.

La libertà di espressione è sancita dall’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera.

229.

Si può ravvisare una violazione del suddetto diritto fondamentale quando viene impedito a un’impresa di apporre sulla confezione dei suoi prodotti determinate indicazioni sulle loro caratteristiche, come accade con l’articolo 13, paragrafo 1 della direttiva nella sua interpretazione sopra descritta. In tal modo, diviene – da un lato – più difficile per l’impresa diffondere, nell’ambito della sua comunicazione commerciale, opinioni e informazioni sui suoi prodotti, e – dall’altro – i consumatori incontrano maggiori difficoltà nell’informarsi pienamente su di essi.

230.

Una suddetta violazione può essere giustificata alle condizioni indicate nell’articolo 52, paragrafi 1 e 3, primo periodo, della Carta in combinato disposto con l’articolo 10, paragrafo 2, della CEDU. Controverso nel caso di specie è soltanto se la direttiva – un atto legislativo dell’Unione europea (articolo 289, paragrafo 3, TFUE) ( 141 ) – rispetti il principio di proporzionalità.

231.

Di certo, nel caso della limitazione della libertà di espressione e di informazione, visto il ruolo essenziale di detto diritto fondamentale in una società democratica, al legislatore dell’Unione non spetta il medesimo ampio margine di discrezionalità di cui dispone, ad esempio, nel caso delle lesioni nella libertà d’impresa ( 142 ). È vero che anche la Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte Eur. D.U.»), della cui giurisprudenza sull’articolo 52, paragrafo 3, primo periodo, della Carta occorre qui tener conto, riconosce in linea di principio la nozione di un potere discrezionale in questo ambito ( 143 ). Considerato il significato della libertà di espressione in un’economia di mercato, la Corte Eur. D.U. ha tuttavia da tempo preso l’abitudine di esaminare nel dettaglio le restrizioni alla comunicazione commerciale delle imprese e di contemperare tra loro i contrastanti interessi alla luce di tutte le circostanze rilevanti nel singolo caso ( 144 ). Anche la Corte dovrebbe, nel presente caso, compiere il proprio controllo di proporzionalità in tale ottica.

232.

Nell’ambito del presente procedimento non è emerso alcun elemento indicante che i requisiti contenuti nell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva in materia di etichettatura della confezione unitaria e di imballaggio esterno dei prodotti del tabacco non sarebbero adatti o non sarebbero necessari a contribuire allo scopo perseguito dal legislatore dell’Unione del raggiungimento di un livello elevato di protezione della salute su mercato interno europeo. In particolare, le avvertenze aggiuntive ipotizzate da alcune delle imprese che hanno partecipato al procedimento pregiudiziale (quali, ad esempio, chiarimenti circa il fatto che le «sigarette bio» non sono meno pericolose per la salute delle altre) non possono essere considerate come mezzi idonei alla protezione della salute dei consumatori quanto un divieto generale delle informazioni contenute nell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva ( 145 ).

233.

Neppure un contemperamento complessivo degli interessi contrastanti depone nel senso della tesi sostenuta dalla PMI, dalla BAT e dalla Von Eicken. Da un lato, infatti, la diffusione di opinioni e informazioni con cui – come nel caso di specie – sono perseguiti soltanto interessi economici, merita di norma una tutela minore sotto il profilo dei diritti fondamentali rispetto alle altre manifestazioni di opinioni nel settore economico o rispetto alle manifestazioni di opinioni politiche. E, dall’altro, con l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva il legislatore dell’Unione persegue un interesse generale – la garanzia di un livello elevato di protezione della salute nel mercato interno europeo – che, come noto, gode di una posizione di particolare prevalenza (v. sul punto, gli articoli 9, 114, paragrafo 3, e 168, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 35, secondo periodo, della Carta dei diritti fondamentali).

234.

Alla luce delle circostanze che precedono, le restrizioni previste a carico dei fabbricanti di prodotti del tabacco per le loro comunicazioni commerciali, come risultanti dall’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva, non sono sproporzionate rispetto agli obiettivi di protezione della salute perseguiti con la disposizione in parola, tanto più che si tratta di prodotti che comportano notevoli rischi per la salute.

235.

Nell’interesse di un livello elevato di protezione della salute, le imprese interessate devono accettare la limitazione posta dall’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva alle possibilità loro accordate di pubblicizzare i propri prodotti con dichiarazioni di per sé veritiere e di entrare con tali prodotti in concorrenza con altre imprese ( 146 ). In considerazione della tutela della salute pubblica, non è neppure eccessivo prevedere che i consumatori possano ottenere dai fabbricanti dei prodotti del tabacco solo quelle informazioni non idonee a trarli in inganno e non idonee a porre l’acquisto dei suddetti prodotti in una luce ingannevolmente positiva.

236.

Il contenuto essenziale della libertà di espressione (articolo 52, paragrafo 1, primo periodo, della Carta dei diritti fondamentali) non è violato nemmeno quando, con un atto legislativo dell’Unione, è limitata la comunicazione commerciale dell’impresa diretta unicamente a incrementare le vendite.

237.

Tutto considerato, la Corte dovrebbe qui esprimersi dunque nello stesso senso in cui si è già espressa rispetto alla normativa che ha preceduto l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva ( 147 ) e stabilire che non sussiste alcuna violazione del principio di proporzionalità e quindi nessuna violazione della libertà di espressione e di informazione.

C – Sulla delega del potere legislativo ed esecutivo

238.

Con la quarta, la quinta e la sesta questione si solleva essenzialmente la questione se il legislatore dell’Unione abbia, in diverse disposizioni della direttiva, accordato alla Commissione poteri troppo ampi a emanare atti delegati e atti di esecuzione. Data l’irricevibilità della questione in parola, come da me accertata ( 148 ), mi limiterò ad affrontare nel prosieguo solo in breve alcuni aspetti particolarmente importanti di questo oltremodo complesso tema.

239.

Nel discutere la questione in parola non assume alcun rilievo la posizione della commissione giuridica del Parlamento europeo richiamata ampiamente da numerose delle parti del procedimento. È possibile che detta commissione si sia espressa in termini critici sulle disposizioni della direttiva con cui è stato, alla fine, accordato alla Commissione il potere di emanare atti delegati e atti di esecuzione. La presa di posizione di una commissione costituisce tuttavia soltanto un atto preparatorio che non rispecchia necessariamente la posizione del Parlamento quale colegislatore e che a questo non può neppure essere opposta in giudizio.

1. Sui requisiti previsti dall’articolo 290 TFUE per il potere di emanare atti delegati (quarta questione)

240.

La quarta questione mette in discussione diverse autorizzazioni accordate nella direttiva alla Commissione al fine di emanare atti delegati, ossia quelle contenute negli articoli 3, paragrafi 2 e 4, 4, paragrafo 5, 7, paragrafo 5, 7, paragrafi 11 e 12, 9, paragrafo 5, 10, paragrafi 1, lettera f), e 3, 11, paragrafo 6, 12, paragrafo 3, 15, paragrafo 12, e 20, paragrafi 11 e 12, della direttiva. Esse riguardano i più diversi temi, in particolare, le emissioni dei prodotti del tabacco e la loro misurazione, gli ingredienti dei prodotti del tabacco, le avvertenze relative alla salute e le sigarette elettroniche.

241.

A norma dell’articolo 290, paragrafo 1, primo comma, TFUE, il legislatore dell’Unione può delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrino o modifichino un atto legislativo di base (atto delegato).

242.

Una delega siffatta di poteri legislativi è collegata, in base all’articolo 290, paragrafo 1, secondo comma, TFUE a due condizioni: da un lato, nel relativo atto legislativo devono essere delimitati esplicitamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere. Dall’altro, gli elementi essenziali di un settore sono riservati all’atto legislativo di base e non possono pertanto essere oggetto di delega di potere. In definitiva, l’attribuzione di un potere delegato mira all’adozione di norme che si inseriscono nel quadro normativo quale definito dall’atto legislativo di base ( 149 ).

243.

Il giudice del rinvio richiama, a questo proposito, le osservazioni delle ricorrenti nella controversia principale, secondo cui le controverse deleghe di potere alla Commissione si riferirebbero – contrariamente a quanto disposto nell’articolo 290 TFUE – ad aspetti essenziali delle materie disciplinate e il loro obiettivo, contenuto e portata non sarebbero sufficientemente determinati.

244.

La controversia alla base della quarta questione verte in sostanza sulla circostanza se i poteri delegati alla Commissione riguardino aspetti essenziali della materia disciplinata nella direttiva.

245.

Con il divieto di delega di poteri vertente su aspetti essenziali, sancito espressamente nell’articolo 290 TFUE, è stata recepita nei Trattati la giurisprudenza costante secondo cui l’adozione delle norme essenziali nella materia considerata è riservata alla competenza del legislatore dell’Unione ( 150 ). Dette norme essenziali devono quindi essere contenute nell’atto legislativo di base stesso e non possono costituire oggetto di una delega di poteri ( 151 ).

246.

Gli elementi di una materia che devono essere qualificati come essenziali sono individuati in base a elementi oggettivi che devono poter essere sottoposti a sindacato giurisdizionale. Occorre tener conto, al riguardo, delle caratteristiche e delle peculiarità del settore in esame ( 152 ).

247.

La Corte ha interpretato la nozione di norme essenziali sempre in modo restrittivo. Essa vi ha fatto rientrare, in particolare, solo quelle disposizioni che hanno ad oggetto di tradurre gli orientamenti fondamentali della politica dell’Unione ( 153 ). A ciò si accompagnava la fissazione di criteri generosi per il controllo della delega di poteri alla Commissione, rispetto al quale la Corte – seguendo un’interpretazione funzionale – si è fatta guidare, in particolare, dai requisiti della prassi ( 154 ).

248.

La Corte ha sviluppato e precisato la suddetta giurisprudenza pregressa, stabilendo di recente che non possono essere oggetto di delega le regole la cui emanazione richiede scelte politiche, implica una ponderazione dei divergenti interessi e che rientrano pertanto nelle responsabilità proprie del legislatore dell’Unione ( 155 ). Allo stesso tempo, la Corte ha attribuito alla nozione di essenzialità contorni ancora più netti, valutando come necessaria l’attività del legislatore dell’Unione quando l’attribuzione di poteri di pubblico imperio comporta ingerenze ancora più incisive nei diritti fondamentali dei singoli ( 156 ).

249.

In definitiva, le condizioni poste per la delega di poteri, come si evincono dall’articolo 290 TFUE e dalla relativa giurisprudenza, sono espressione della separazione dei poteri e dell’equilibrio istituzionale all’interno dell’Unione europea.

250.

La domanda di pronuncia pregiudiziale relativa al caso di specie non contiene alcun elemento concreto indicante che le controverse disposizioni della direttiva non rispetterebbero i suddetti requisiti. Anche alla luce delle argomentazioni scritte e orali dedotte al riguardo dalle parti del procedimento, non ho alcun dubbio che il legislatore dell’Unione abbia – rispetto a ciascuno dei suddetti ambiti – disciplinato gli elementi essenziali nella direttiva stessa e abbia adottato in proprio eventuali decisioni che potessero rivestire rilevanza politica o potessero altrimenti essere particolarmente sensibili.

251.

Il legislatore dell’Unione ha peraltro definito chiaramente anche gli obiettivi dei poteri delegati alla Commissione con riguardo al livello elevato di protezione della salute perseguito nel mercato interno europeo: che le emissioni dei prodotti del tabacco debbano essere limitate e debbano calare ulteriormente, che la loro misurazione debba soddisfare standard preventivamente fissati, che gli ingredienti dei prodotti del tabacco debbano essere disciplinati e che al riguardo debbano essere vietati, in particolare, gli aromi caratterizzanti, sono tutte decisioni fondamentali adottate dal legislatore dell’Unione stesso come anche la fissazione del requisito delle avvertenze relative alla salute sulle confezioni del prodotto, compreso lo specifico requisito delle avvertenze combinate sui pacchetti di sigarette.

252.

I poteri legislativi delegati attribuiti al riguardo dal legislatore dell’Unione alla Commissione ai sensi dell’articolo 290 TFUE, sono finalizzati in primis a garantire il costante adeguamento delle regole vigenti sul mercato interno europeo per i prodotti del tabacco e i prodotti correlati, in determinati ambiti altamente tecnici, ai dati scientifici più recenti, nel rispetto dell’obiettivo di diritto primario di un livello elevato di protezione della salute ( 157 ).

253.

Nei limiti in cui i poteri delegati alla Commissione si riferiscono, eccezionalmente, a settori meno tecnici della direttiva, si tratta comunque sempre di aspetti dell’atto legislativo di base che non assumono significato essenziale per il contesto complessivo. Ciò vale in particolare per il potere riconosciuto alla Commissione, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 12, della direttiva, che estende la messa al bando degli aromi caratterizzanti già presente per le sigarette e il tabacco da arrotolare ad altre categorie di prodotti del tabacco, ad esempio, ai sigari. Infatti, la decisione politica di base di mettere al bando gli aromi caratterizzanti al fine di raggiungere un livello elevato di protezione della salute, in particolare per i giovani, è stata adottata già dal legislatore dell’Unione nella direttiva stessa ( 158 ). Con l’articolo 7, paragrafo 12, della direttiva non è accordata alla Commissione una discrezionalità politica ma il compito, di carattere in larga misura tecnico, di sviluppare in modo coerente il divieto di aromi caratterizzanti tenendo conto sempre delle condizioni del mercato, ogniqualvolta tali aromi possano portare – anche all’interno di prodotti del tabacco diversi dalle sigarette – alla messa in pericolo della salute dei consumatori, in particolare dei giovani.

254.

Il fatto che alcuni degli aspetti tecnici che la Commissione è chiamata a disciplinare (ad esempio quali siano i valori massimi per le emissioni dei prodotti del tabacco, quali ingredienti siano ammessi e come debbano essere precisamente apposte le avvertenze sul pacchetto del prodotto) possano per talune imprese interessate rivestire, nella pratica, un’importanza maggiore – se non addirittura vitale –, non comporta di per sé che tali questioni divengano, contrariamente a quanto ritenuto dalla PMI, dalla BAT e dalla Mane, aspetti essenziali dell’atto legislativo ai sensi dell’articolo 290, paragrafo 1, TFUE. Ciò che rileva non è infatti, come ho già osservato, la percezione soggettiva dell’interessato, ma una valutazione oggettiva ( 159 ).

255.

Occorre respingere anche la contestazione mossa dalla JTI, a detta della quale le deleghe di poteri sarebbero prive di fondamentali meccanismi procedurali di sicurezza. A tal proposito, è sufficiente esaminare l’articolo 27 della direttiva che disciplina in dettaglio, per ciascun potere delegato, le modalità del suo esercizio. Dalla disposizione in parola si ricavano inoltre i poteri rispetto ai quali i colegislatori si sono riservati, di volta in volta, un diritto di revoca [articolo 27, paragrafo 3, della direttiva in combinato disposto con l’articolo 290, paragrafo 2, lettera a), TFUE] e i poteri che possono essere esercitati solo qualora né il Parlamento, né il Consiglio abbiano sollevato eccezioni entro un termine prefissato [articolo 27, paragrafo 5 della direttiva in combinato disposto con l’articolo 290, paragrafo 2, lettera b), TFUE].

256.

Specialmente il diritto di revoca del colegislatore ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, della direttiva e il suo diritto di opposizione ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 5, della stessa, garantiscono che il Parlamento e il Consiglio possano anche intervenire ove la Commissione intenda – a loro avviso – fissare in futuro livelli massimi di emissioni talmente rigorosi da equivalere o quantomeno avvicinarsi alla «messa al bando totale delle sigarette» temuta dalla BAT.

257.

Infine, la PMI lamenta ancora che, specialmente nell’articolo 7, paragrafi 5 e 11, della direttiva – quanto alla disciplina degli ingredienti – e nell’articolo 10, paragrafo 3, lettera b), della direttiva – quanto alla definizione del catalogo delle immagini per le avvertenze combinate relative alla salute –, non potevano essere previsti atti delegati ai sensi dell’articolo 290 TFUE, ma dovevano essere previsti atti di esecuzione ai sensi dell’articolo 291 TFUE. A tal proposito, è sufficiente richiamare la discrezionalità di cui gode il legislatore dell’Unione nella scelta tra le due tipologie di deleghe di poteri alla Commissione ( 160 ). Né il giudice del rinvio, né la PMI hanno affermato, motivando, in che misura, nel caso di specie, il legislatore dell’Unione, delegando la Commissione ad emettere atti delegati, avrebbe ecceduto i limiti del suo potere discrezionale e avrebbe commesso un manifesto errore di valutazione.

2. Sull’asserita delega di poteri a organismi internazionali esterni all’Unione (quinta questione)

258.

La quinta questione si occupa degli articoli 3, paragrafo 4, e articolo 4, paragrafo 5, della direttiva, con cui la Commissione è autorizzata a emanare atti delegati ai sensi dell’articolo 290 TFUE al fine di recepire nel diritto dell’Unione determinati standard convenuti a livello internazionale per i livelli massimi di emissioni, le emissioni e i metodi di misurazione. Muovendo dalle eccezioni sollevate dalle ricorrenti nella controversia principale, cui la JTI si associa, si insinua che la formulazione delle suddette disposizioni della direttiva sarebbe troppo vaga e che con esse sarebbero illegittimamente delegati poteri legislativi a istituzioni od organismi internazionali al di fuori del contesto istituzionale dell’Unione.

259.

Per quanto attiene in primis all’eccezione di indeterminatezza, essa è diretta contro il riferimento, contenuto negli articoli 3, paragrafo 4, e 4, paragrafo 5, della direttiva, agli «standard convenuti» dalle parti della convenzione quadro dell’OMS o dall’OMS, che la Commissione è chiamata a recepire nel diritto dell’Unione. La BAT e la JTI ritengono che non sarebbe chiaro se con essa si intendano anche le linee guida ed eventualmente addirittura le dichiarazioni di intenti di singole parti o dell’OMC.

260.

Questa censura dev’essere respinta. L’espressione «standard convenuti» non può indicare dichiarazioni di intenti unilaterali in quanto esse non sono, per loro natura, oggetto di un accordo. Di contro, il riferimento agli «standard convenuti» può e deve comprendere anche le linee guida che svolgono, nell’ambito della convenzione quadro dell’OMS, un ruolo importante. Il fatto che le suddette linee guida non spieghino alcun effetto giuridico vincolante ma abbiano soltanto carattere di raccomandazione ( 161 ), non esclude assolutamente che esse contengano «standard convenuti» dalle parti contraenti in base alle regole procedurali della convenzione quadro dell’OMS cui anche l’Unione e i suoi Stati membri devono orientarsi ( 162 ).

261.

Diversamente da quanto ritengono la PMI, la BAT e la JTI, il suddetto riferimento agli «standard convenuti» a livello internazionale non contiene alcuna illegittima delega di poteri a organismi internazionali esterni all’Unione ( 163 ). Gli atti giuridici di attuazione dei suddetti standard per il mercato interno dell’Unione continuano, infatti, ad essere emanati dalle istituzioni dell’Unione, nel caso degli articoli 3, paragrafo 4, e 4, paragrafo 5, della direttiva, dalla Commissione.

262.

Gli articoli 3, paragrafo 4, e 4, paragrafo 5, della direttiva, con la formulazione categorica ivi contenuta «[l]a Commissione adotta», non potrebbero peraltro essere erroneamente intesi nel senso che la suddetta istituzione dell’Unione avrebbe, nel merito, le mani legate e che si avrebbe un automatico e incontrollato recepimento degli standard convenuti a livello internazionale nel diritto dell’Unione. Gli articoli 3, paragrafo 4, e 4, paragrafo 5, della direttiva devono invece essere interpretati in modo da non mettere in dubbio la loro compatibilità con il diritto primario ( 164 ). Ciò presuppone il pieno svolgimento da parte della Commissione dei compiti ad essa affidati con il Trattato UE e con il TFUE, non da ultimo, con l’articolo 290 TFUE, nella definizione del contenuto degli atti giuridici dell’Unione e, in generale, del suo ruolo di custode dei Trattati.

263.

Ne consegue che la formulazione «[l]a Commissione adotta» deve essere letta, in conformità del diritto primario, come un incarico del legislatore dell’Unione, in base al quale la Commissione deve in effetti, di norma, recepire gli standard convenuti a livello internazionale. Nell’adempimento del suddetto incarico ad essa affidato, la Commissione deve tuttavia garantire che ciascuno standard trovi accesso nel diritto dell’Unione in modo conforme al sistema. In tal senso si esprime anche il tenore degli articoli 3, paragrafo 4, e 4, paragrafo 5, della direttiva, in base ai quali la Commissione è incaricata di «integrare» nel diritto dell’Unione gli standard convenuti a livello internazionale. Nel farlo, essa deve rispettare il diritto primario dell’Unione, non da ultimo i diritti fondamentali dell’Unione (articolo 6 TUE) e i principi generali del diritto dell’Unione, oltre all’obbligo di garantire un livello elevato di protezione della salute (articoli 9, 114, paragrafo 3, e 168, paragrafo 1, TFUE e articolo 35, secondo periodo, della Carta dei diritti fondamentali).

3. Sui requisiti previsti dall’articolo 291 TFUE sui poteri per l’emanazione di atti di esecuzione (sesta questione)

264.

Con la sesta questione, il giudice del rinvio riporta alla Corte, da ultimo, la critica mossa da alcune delle imprese che hanno preso parte al procedimento principale agli articoli 6, paragrafo 1, 7, paragrafi 2, 3 e 4, 7, paragrafo 10, 9, paragrafo 6, e 10, paragrafo 4, della direttiva. Tutte le disposizioni succitate autorizzano la Commissione a emanare atti di esecuzione ai sensi dell’articolo 291 TFUE. A questo proposito, si contesta al legislatore dell’Unione, da un lato, di non aver fissato in modo sufficientemente chiaro i necessari presupposti giuridici per l’emanazione di atti di esecuzione e, dall’altro, di aver previsto atti siffatti anche in ambiti in cui un’esecuzione unitaria non sarebbe «né necessaria, né giustificata».

265.

Per quanto attiene in primis alla necessità delle misure di esecuzione, il legislatore dell’Unione dispone di un potere discrezionale nello stabilire se e in quali ambiti di un atto legislativo dell’Unione si renda necessaria una delega alla Commissione ad adottare, ai fini di un’esecuzione unitaria, atti di esecuzione ai sensi dell’articolo 291 TFUE. L’esercizio di detta discrezionalità è oggetto di controllo da parte dei giudici dell’Unione solo rispetto all’eventuale presenza di errori manifesti di valutazione ( 165 ).

266.

Nel caso di specie, né il giudice del rinvio, né le imprese che hanno preso parte al procedimento hanno dedotto un qualche elemento oggettivo indicante le ragioni per cui i settori controversi della direttiva non necessiterebbero di alcuna misura esecutiva. La loro valutazione, meramente soggettiva, secondo cui atti di esecuzione non sarebbero «né necessari, né giustificati» non è in ogni caso sufficiente a mettere in discussione le disposizioni della direttiva qui in esame ( 166 ).

267.

Per quanto attiene ai concreti presupposti giuridici per l’emanazione degli atti esecutivi qui in esame, la giurisprudenza ha già chiarito che l’atto legislativo di base emanato come colegislatore dal Parlamento e dal Consiglio – nel caso di specie la direttiva – deve istituire un contesto giuridico completo che richieda soltanto, ai fini della sua attuazione, di essere precisato ( 167 ). La Commissione, dal canto suo, è autorizzata, nell’ambito del suo potere di esecuzione, ad adottare tutti i provvedimenti esecutivi necessari o utili per l’attuazione della disciplina di base, purché essi non siano contrastanti con quest’ultima ( 168 ). Peraltro, la Commissione quando esercita un potere di esecuzione, non può integrare né modificare l’atto legislativo ( 169 ).

268.

Non è dato comprendere in che misura le controverse disposizioni della direttiva violino i suddetti principi. Sia rispetto all’elenco prioritario degli additivi (articolo 6 della direttiva) che rispetto alla regolamentazione degli ingredienti (articolo 7 della direttiva), che con riferimento alle avvertenze (articoli 9 e 10 della direttiva), il legislatore dell’Unione ha esso stesso fissato il principio guida e adottato tutte le decisioni a tal fine essenziali o aventi carattere politico ( 170 ). In particolare, il legislatore dell’Unione stesso ha stabilito che gli aromi caratterizzanti devono essere vietati e che sulle confezioni del prodotto devono essere apposte avvertenze (combinate) relative alla salute di un determinato tipo e dimensione. In tale contesto, alla Commissione è stata soltanto rimessa, in linea con l’articolo 291 TFUE, l’emanazione di disposizioni volte a precisare singoli aspetti tecnici dell’esecuzione.

4. Conclusione intermedia

269.

I punti sollevati nella quarta, nella quinta e nella sesta questione non offrono, nel loro insieme, elementi per mettere in discussione la legittimità della direttiva 2014/40 o di sue singole disposizioni.

D – Sul principio di sussidiarietà

270.

Con la settima questione il giudice del rinvio desidera da ultimo sapere se la direttiva nel suo insieme e, nello specifico, i suoi articoli 7, 8, paragrafo 3, 9, paragrafo 3, 10, paragrafo 1, lettera g), 13 e 14 siano invalidi per violazione del principio di sussidiarietà.

271.

In base al principio di sussidiarietà in esame (come sancito nell’articolo 5, paragrafo 1, secondo periodo, TUE, in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 3, TUE), nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione (articolo 5, paragrafo 3, TUE).

272.

Posto che l’Unione non dispone di una competenza generale a disciplinare il mercato interno ( 171 ) che ricade nei settori di competenza concorrente tra l’Unione e i suoi Stati membri [articolo 4, paragrafo 2, lettera a), TFUE], trova applicazione rispetto alle misure di armonizzazione a norma dell’articolo 114 TFUE – e quindi anche alla direttiva qui in esame – il principio di sussidiarietà ( 172 ).

273.

Il rispetto del principio di sussidiarietà è soggetto al controllo giurisdizionale dei giudici dell’Unione ( 173 ). Il controllo in parola ricomprende in particolare due aspetti: da un lato, la compatibilità nel merito degli atti dell’Unione con il principio di sussidiarietà e, dall’altro, la loro motivazione sotto il profilo del principio di sussidiarietà. L’ordinanza di rinvio affronta i due aspetti solo brevemente, prendendo le mosse soprattutto dalle eccezioni sollevate dalle ricorrenti nella controversia principale e da due delle parti intervenute a loro sostegno, la Benkert e la Mane. Nel caso di specie, dedicherò quindi le mie osservazioni sul principio di sussidiarietà agli argomenti sottoposti alla Corte con la settima questione rinviando, quanto al resto, ad entrambe le mie conclusioni di data odierna che contengono considerazioni più approfondite sulla sussidiarietà, sul ruolo dei giudici dell’Unione e sul criterio di controllo giurisdizionale ( 174 ).

1. Sulla compatibilità sostanziale della direttiva con il principio di sussidiarietà

274.

L’ordinanza di rinvio si fa anzitutto portavoce di varie critiche sollevate dalle parti della controversia principale con cui è messa in discussione la compatibilità, nel contenuto, della direttiva e in particolare della «messa al bando del mentolo» di cui al suo articolo 7, con il principio di sussidiarietà.

275.

Ai fini dell’attuazione pratica del principio di sussidiarietà a norma dell’articolo 5, paragrafo 3, TUE, occorre procedere a un test suddiviso in due passaggi:

da un lato, le istituzioni dell’Unione devono sincerarsi di attivarsi soltanto e nella misura in cui gli obiettivi delle misure prese in considerazione non possono essere realizzati sufficientemente dagli Stati membri (componente negativa del test);

dall’altro, un’azione dell’Unione è ammessa soltanto e nella misura in cui gli obiettivi delle misure prese in considerazione possono essere meglio realizzati a livello di Unione in ragione della loro portata o dei loro effetti (componente positiva del test).

Con queste due componenti del test di sussidiarietà viene in definitiva analizzata, da due diversi punti di vista, la medesima questione, ossia se ai fini della realizzazione degli obiettivi perseguiti occorra agire a livello di Unione o di Stati membri.

276.

Né il giudice del rinvio nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, né le ricorrenti nella controversia principale e le parti intervenute a loro sostegno affrontano in modo significativo le suddette due componenti del test di sussidiarietà ( 175 ). Inoltre: le loro argomentazioni sono in ampia misura talmente generiche da risultare prive – anche in caso di una lettura benevola – del contenuto necessario ai fini di un controllo giurisdizionale ( 176 ). Mi occuperò pertanto nel prosieguo solo dei tre argomenti azionati in via principale vertenti tutti sul divieto di impiego del mentolo quale aroma caratterizzante nei prodotti del tabacco.

277.

Con il primo e più importante dei suddetti argomenti si afferma che il legislatore dell’Unione avrebbe dovuto valutare la questione della sussidiarietà specificamente con riferimento all’impiego del mentolo nei prodotti del tabacco.

278.

Questo argomento è privo di fondamento. La verifica del rispetto del principio di sussidiarietà deve essere compiuta, in linea di principio, per la direttiva nel suo insieme e non per ciascuna delle sue disposizioni in particolare ( 177 ). Nel farlo, come già suggerisce il tenore letterale dell’articolo 5, paragrafo 3, TUE, occorre esaminare le misure contenute nella direttiva tenendo conto degli obiettivi con esse perseguiti. Di conseguenza, nel caso di specie, la questione della sussidiarietà non deve essere analizzata soltanto rispetto alle sigarette al mentolo, in quanto il divieto relativo a detto specifico tipo di sigarette non può – come già osservato nel dettaglio supra ( 178 ) – essere considerato una misura autonoma e separata rispetto alla messa al bando di tutti i prodotti del tabacco contenenti aromi caratterizzanti.

279.

Con il secondo argomento si afferma che gli obiettivi di politica sanitaria asseritamente perseguiti con la messa al bando del mentolo sarebbero stati meglio realizzati a livello di Stati membri.

280.

Il suddetto argomento non convince già solo per il fatto che né la direttiva in generale, né la controversa messa al bando delle sigarette al mentolo, in particolare, sono motivate sulla sola base della politica sanitaria. Si persegue invece l’eliminazione degli ostacoli agli scambi per i prodotti del tabacco garantendo, nel contempo, un livello elevato di protezione della salute.

281.

Come già ricordato ( 179 ), il divieto esteso a tutti gli aromi caratterizzanti è il prezzo per permettere ai prodotti del tabacco di circolare sul mercato interno garantendo, allo stesso tempo, un livello elevato di protezione della salute. Contrariamente a quanto ritenuto dalla Benkert e dalla Mane, i due suddetti obiettivi si trovano, quindi, in stretta correlazione e interdipendenza tra loro. Quando però, come nel caso di specie, una direttiva persegue contemporaneamente due obiettivi che sono, inoltre, tra loro interdipendenti, detti obiettivi non possono essere analizzati separatamente nell’ambito del test di sussidiarietà, ma devono essere esaminati insieme ( 180 ).

282.

Con il terzo argomento si afferma infine che le condizioni del mercato – in particolare le quote di mercato – variano, rispetto alle sigarette al mentolo, da Stato membro a Stato membro con la conseguenza che non sussisterebbe alcun problema transfrontaliero e spetterebbe agli Stati membri adottare in proprio le misure necessarie.

283.

Questo argomento, al pari di quelli che precedono, non risulta convincente. Il solo fatto che le condizioni del mercato varino da uno Stato membro all’altro non permette, infatti, di escludere l’esistenza di un problema di portata transfrontaliera. Decisivo è piuttosto se, nel rispettivo settore, esista o ci si debba attendere un commercio transfrontaliero significativo e se gli ostacoli, presenti o prevedibili, a tali scambi possano essere rimossi in modo efficace dai soli Stati membri.

284.

Nel caso di specie, è pacifico che il mercato dei prodotti del tabacco si caratterizza per un vivace commercio transfrontaliero ( 181 ), che le discipline vigenti negli Stati membri sull’impiego degli aromi caratterizzanti si discostano molto le une dalle altre e che vi è ragione di attendersi ulteriori differenze ( 182 ). Date le circostanze, non può essere contestato al legislatore dell’Unione alcun errore manifesto di valutazione ( 183 ) per il fatto di ritenere che sussiste un problema di portata transfrontaliera che non potrebbe essere risolto soltanto mediante misure degli Stati membri ma che richiede invece un’attività a livello di Unione ( 184 ).

285.

Nell’insieme, sulla base delle considerazioni svolte dal giudice del rinvio e dalle imprese che hanno partecipato al procedimento, non è possibile quindi riscontrare alcuna violazione sostanziale del principio di sussidiarietà. In definitiva, la Corte dovrebbe dunque rispondere alla questione di sussidiarietà rispetto alla direttiva qui controversa come essa ha fatto rispetto alla normativa che l’ha preceduta ( 185 ).

2. Sulla sufficiente motivazione della direttiva sotto il profilo del principio di sussidiarietà

286.

L’ordinanza di rinvio eccepisce, in secondo luogo, che nella direttiva il legislatore dell’Unione non si sarebbe occupato a sufficienza dei requisiti di sussidiarietà ma si sarebbe limitato ad affermare, in modo retorico, che il principio di sussidiarietà è stato rispettato. Con detta critica si afferma, da ultimo, che la direttiva presenterebbe un vizio di motivazione.

287.

Secondo costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’articolo 296, secondo comma, TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo ( 186 ).

288.

Quando oggetto di esame è il rispetto del principio di sussidiarietà, dalla motivazione dell’atto giuridico dell’Unione deve risultare se il legislatore dell’Unione abbia sufficientemente affrontato le questioni che assumono rilievo ai fini del suddetto principio e, in caso affermativo, a quali conclusioni esso sia pervenuto riguardo alla sussidiarietà.

289.

Il considerando 60 della direttiva si limita ad affermare lapidariamente che «gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti la fabbricazione, la presentazione e la vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della loro portata e dei loro effetti, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione», per concluderne che «quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea».

290.

Una siffatta formulazione che, in definitiva, riproduce in parte il mero contenuto della disposizione applicabile del Trattato UE, non è certo un fulgido esempio della tanto invocata tecnica della «migliore regolamentazione» di cui le istituzioni dell’Unione si sono fatte da tempo promotrici.

291.

Di certo, la mera presenza di una siffatta formulazione standard nel preambolo di un atto giuridico dell’Unione non può portare a conclusioni affrettate quanto al rispetto dei requisiti di motivazione. Tuttavia, una siffatta formulazione costituisce un indice della carenza di motivazione dell’atto di cui trattasi. Se ne può sì desumere che il legislatore dell’Unione stesso era convinto del rispetto del principio di sussidiarietà, ma essa non permette di stabilire con chiarezza quali considerazioni esso abbia precisamente esposto rispetto alla problematica della sussidiarietà e in che misura esso si sia occupato di detta tematica.

292.

Una siffatta formulazione di tipo retorico, come contenuta, nel caso di specie, nel considerando 60 della direttiva, non deve tuttavia necessariamente portare all’annullamento dell’atto dell’Unione contestato. Elementi importanti rispetto alla questione della sussidiarietà possono infatti rinvenirsi in altri considerando del preambolo anche se non viene ivi fatto espressamente riferimento al principio di sussidiarietà ( 187 ).

293.

Così è nel caso di specie: le carenze di un approccio a livello nazionale e i benefici dell’adozione, a livello di Unione, di una misura di armonizzazione del mercato interno sono analizzate non da ultimo nei considerando da 4 a 7, 15, 16 e 36, della direttiva. Le considerazioni ivi svolte, pur riferendosi in prima battuta ai presupposti per l’applicazione dell’articolo 114 TFUE quale fondamento giuridico, possono comunque risultare utili nel contempo anche rispetto al principio di sussidiarietà. Le considerazioni che il legislatore dell’Unione è chiamato a svolgere nell’ambito dell’articolo 114 TFUE e dell’articolo 5, paragrafo 3, TUE si sovrappongono infatti in larga misura.

294.

A prescindere da quanto precede, occorre considerare che la motivazione di un atto giuridico dell’Unione, secondo una giurisprudenza costante, non deve comunque contenere tutti gli elementi di fatto o di diritto pertinenti. L’osservanza dell’obbligo di motivazione deve inoltre essere valutata alla luce non solo del tenore letterale dell’atto, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia interessata ( 188 ). Ciò è tanto più vero quando – come nel caso di specie – si intende emanare disposizioni di portata generale, la cui motivazione può limitarsi a una descrizione piuttosto generale dei tratti essenziali della disciplina considerata e degli obiettivi con essa perseguiti ( 189 ).

295.

Nel caso di specie è importante considerare che il legislatore dell’Unione poteva basarsi, da un lato, sulla motivazione della proposta di direttiva della Commissione ( 190 ) e, dall’altro, su un’ampia elaborazione compiuta dai servizi della Commissione nell’ambito dell’analisi di impatto ( 191 ) della direttiva oggi impugnata. Gli svantaggi derivanti dalla presenza di discipline nazionali tra loro diverse e la preferenza per un intervento a livello di Unione emergono non soltanto nei passaggi dedicati, in entrambi i testi, specificamente al principio di sussidiarietà, ma anche in numerosi altri punti.

296.

Risulta così sufficientemente documentato che gli organi legislativi disponevano di copioso materiale per fondare la propria valutazione circa il rispetto del principio di sussidiarietà.

297.

Anche dall’articolo 5 del protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità ( 192 ) non si può peraltro desumere che gli «elementi circostanziati», che il Trattato di Lisbona prevede ora in materia di sussidiarietà quale presupposto per l’attività legislativa a livello di Unione, debbano essere contenuti necessariamente nel preambolo dell’atto giuridico adottato in conclusione dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Tenuto conto della complessità delle considerazioni che devono essere svolte al riguardo, ciò sarebbe peraltro pressoché impossibile e potrebbe facilmente eccedere dalla portata di un tale preambolo.

298.

Decisivo è piuttosto il fatto che gli «elementi circostanziati» richiesti nell’articolo 5 del protocollo 2, come accade del tutto pacificamente nel caso di specie, devono essere a disposizione delle istituzioni dell’Unione competenti e dei Parlamenti nazionali, quale base per l’adozione delle rispettive decisioni, durante la procedura legislativa. Ciò può evincersi, da un esame più attento, già dal tenore letterale dell’articolo 5 del protocollo 2: la disposizione in parola si riferisce infatti soltanto ai progetti di atti legislativi e non invece al risultato finale della loro attività legislativa, come emanati da Parlamento e Consiglio.

299.

In tale contesto, l’eccezione di difetto di motivazione della direttiva sotto il profilo del principio di sussidiarietà non è, nel suo insieme, pertinente.

3. Conclusione intermedia

300.

Alla luce di tutto quanto precede, non può quindi essere riconosciuta una violazione del principio di sussidiarietà né dal punto di vista sostanziale, né dal punto di vista formale.

301.

Tuttavia, occorre raccomandare vivamente al legislatore dell’Unione di evitare in futuro formulazioni di tipo retorico come quelle contenute qui nel considerando 60 della direttiva e ad arricchire invece il preambolo del relativo atto dell’Unione con considerazioni sul principio di sussidiarietà sufficientemente fondate e più fortemente riferite alle rispettive misure.

V – Conclusione

302.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale della High Court of Justice (Administrative Court) come segue:

1)

La prima questione, parti a), b) e c), punti iii) e iv), la quarta, la quinta e la sesta questione sono irricevibili. La settima questione è irricevibile nella parte in cui si riferisce a disposizioni della direttiva 2014/40 diverse dal suo articolo 7.

2)

Occorre rispondere alla residua parte delle questioni pregiudiziali come segue:

a)

L’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2014/40 deve essere interpretato nel senso che vieta anche l’apposizione sulle confezioni del prodotto di dichiarazioni veritiere se, in base a una valutazione oggettiva, esse possono avere uno o più degli effetti descritti nella disposizione in parola.

b)

Dall’esame delle questioni pregiudiziali non è emerso nulla che possa mettere in discussione la validità della direttiva 2014/40.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) Direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU L 127, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 2014/40» o, semplicemente, la «direttiva»).

( 3 ) V., sul punto, in particolare, sentenze Germania/Parlamento e Consiglio (C‑376/98, EU:C:2000:544); British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741); Arnold André (C‑434/02, EU:C:2004:800); Swedish Match (C‑210/03, EU:C:2004:802); Germania/Parlamento e Consiglio (C‑380/03, EU:C:2006:772), e Commissione/Danimarca (C‑468/14, EU:C:2015:504).

( 4 ) Causa Pillbox 38 (C‑477/14 ).

( 5 ) Causa Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑358/14).

( 6 ) Ministro della Sanità del Regno Unito.

( 7 ) In prosieguo, insieme: la «JTI».

( 8 ) In prosieguo, insieme: la «Tann».

( 9 ) In prosieguo, insieme: la «Benkert».

( 10 ) In prosieguo: la «Mane».

( 11 ) In prosieguo: la «Von Eicken».

( 12 ) In tale occasione, gli Stati membri e anche alcune delle imprese parte del procedimento si sono limitate a prendere posizione, rispettivamente, nelle proprie memorie, su determinati aspetti parziali della domanda di pronuncia pregiudiziale. Come anche nella causa Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑358/14), pendente parallelamente, le osservazioni scritte della Polonia riguardano soltanto la messa al bando delle sigarette al mentolo.

( 13 ) Sentenze Jamet/Commissione (37/71, EU:C:1972:57, punto 11); Commissione/Verhuizingen Coppens (C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 38); Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑427/12, EU:C:2014:170, punto 16), e Commissione/Consiglio (C‑425/13, EU:C:2015:483, punto 94).

( 14 ) Sentenze Francia/Parlamento e Consiglio (C‑244/03, EU:C:2005:299, punto 13); Commissione/Verhuizingen Coppens (C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 38); Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑427/12, EU:C:2014:170, punto 16), e Commissione/ Consiglio(C‑425/13, EU:C:2015:483, punto 94); nello stesso senso già sentenza Francia e a./Commissione (C‑68/94 e C‑30/95, EU:C:1998:148, punti da 257 a 259).

( 15 ) In tal senso anche le conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa AJD Tuna (C‑221/09, EU:C:2010:500, paragrafo 112 e nota 69). V., inoltre, sentenze Eurotunnel e a. (C‑408/95, EU:C:1997:532); Intertanko e a. (C‑308/06, EU:C:2008:312); Schecke ed Eifert (C‑92/09 e C‑93/09, EU:C:2010:662); Association belge des Consommateurs Test-Achats e a. (C‑236/09, EU:C:2011:100), e AJD Tuna (C‑221/09, EU:C:2011:153), in cui la Corte ha preso posizione, di volta in volta, statuendo sulle domande di pronuncia pregiudiziale dei giudici nazionali, sulla validità di singole disposizioni di atti normativi dell’Unione senza però pronunciarsi espressamente sulla suddetta questione della ricevibilità.

( 16 ) Sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 33), e Intertanko e a. (C‑308/06, EU:C:2008:312, punti da 33 a 35).

( 17 ) V., in questo senso, sull’articolo 263, quarto comma, TFUE, sentenze Telefónica/Commissione (C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punto 27), e T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punto 29).

( 18 ) V., sul punto, fondamentale la sentenza Foglia/Novello (104/79, EU:C:1980:73).

( 19 ) Sentenze Irish Creamery Milk Suppliers Association e a. (36/80 e 71/80, EU:C:1981:62, punto 5); AGM‑COS.MET (C‑470/03, EU:C:2007:213, punto 45 in combinato disposto con il punto 42), e Coleman (C‑303/06, EU:C:2008:415, punto 29).

( 20 ) Sentenza Corsica Ferries (C‑18/93, EU:C:1994:195, punto 12 e la giurisprudenza ivi citata).

( 21 ) Sentenza Afton Chemical (C‑343/09, EU:C:2010:419, punto 15). Nello stesso senso, sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 36).

( 22 ) In questo senso, ordinanza Adiamix (C‑368/12, EU:C:2013:257, punti 2232); v. anche sentenza IATA ed ELFAA (C‑344/04, EU:C:2006:10, punti 3031).

( 23 ) Sentenze SAT Fluggesellschaft (C‑364/92, EU:C:1994:7, punto 9); Cartesio (C‑210/06, EU:C:2008:723, punti 9091), e Consiglio Nazionale dei Geologi (C‑136/12, EU:C:2013:489, punto 28).

( 24 ) Sentenze SMW Winzersekt (C‑306/93, EU:C:1994:407, punto 15); British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 34); Afton Chemical (C‑343/09, EU:C:2010:419, punti 1314), e Association Kokopelli (C‑59/11, EU:C:2012:447, punto 28), e ordinanza Adiamix (C‑368/12, EU:C:2013:257, punto 16).

( 25 ) Sentenza IATA ed ELFAA (C‑344/04, EU:C:2006:10, punto 28) e ordinanza Adiamix (C‑368/12, EU:C:2013:257, punto 17).

( 26 ) V. sul punto parere 1/09 (EU:C:2011:123, punto 68).

( 27 ) Sentenza IATA ed ELFAA (C‑344/04, EU:C:2006:10, punto 31), e ordinanza Adiamix (C‑368/12, EU:C:2013:257, punti 21, 22, 2732).

( 28 ) V. al riguardo infra, paragrafi da 35 a 51 delle presenti conclusioni.

( 29 ) Sentenze Les Verts/Parlamento (294/83, EU:C:1986:166, punto 23); Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punti 9091), e Schrems (C‑362/14, EU:C:2015:650, punto 60).

( 30 ) Sulla rilevanza del procedimento pregiudiziale in tali casi, v., sentenze Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio (C‑50/00 P, EU:C:2002:462, punti da 38 a 40); Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punti da 92 a 96); Telefónica/Commissione (C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punti da 27 a 29), e T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione (C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punti da 29 a 31).

( 31 ) Sentenza Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 25); v. anche sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punti 3435); Afton Chemical (C‑343/09, EU:C:2010:419, punto 1314), e Association Kokopelli (C‑59/11, EU:C:2012:447, punti 2829); sulla presunzione di rilevanza ai fini della decisione v., inoltre, già sentenza Beck e Bergdorf (C‑355/97, EU:C:1999:391, punto 22).

( 32 ) Diversamente nel caso della causa Pillbox 38 (C‑477/14), nell’ambito della quale l’articolo 20, paragrafo 6, in combinato disposto con l’articolo 18 della direttiva è contestato da un punto di vista del tutto differente: ivi si afferma che il fatto che la direttiva – e quindi il legislatore dell’Unione stesso – preveda per le sigarette elettroniche la medesima disciplina della vendita a distanza prevista per i prodotti del tabacco tradizionali costituisce una violazione del principio di proporzionalità; v. sul punto le mie conclusioni di data odierna nella suddetta causa, paragrafi da 134 a 148.

( 33 ) Paragrafi da 35 a 51 delle presenti conclusioni.

( 34 ) Sentenza Regno Unito/Consiglio e Parlamento (C‑270/12, EU:C:2014:18, punto 100).

( 35 ) Sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 60); Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 32), e Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione (C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 26).

( 36 ) Sentenze Germania/Parlamento e Consiglio (C‑376/98, EU:C:2000:544, punto 88); British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 62), nonché Alliance for Natural Health e a. (C‑154/04 e C‑155/04, EU:C:2005:449, punto 30).

( 37 ) V. le mie conclusioni di data odierna nella causa Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑358/14, paragrafi da 37 a 83 e da 105 a 108).

( 38 ) Sentenze Germania/Parlamento e Consiglio (C‑380/03, EU:C:2006:772, punto 37); Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 32), e Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione (C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 26).

( 39 ) Sentenze Germania/Parlamento e Consiglio (C‑376/98, EU:C:2000:544, punti 84106); Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 32), e Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione (C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 26).

( 40 ) V., per maggiori dettagli su questo punto, le mie conclusioni nella causa Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑358/14, paragrafi da 48 a 57).

( 41 ) Nello stesso senso, la relazione dell’organo di appello permanente dell’OMC del 4 aprile 2012 (WT/DS406/AB/R, «United States – Measures affecting the production and sale of clove cigarettes», reperibile sulla pagina Internet dell’OMC all’indirizzo www.wto.org), in cui si presuppone la comparabilità delle sigarette con aroma di garofano e di quelle con aroma di mentolo (v., in particolare, le conclusioni al punto 298 della suddetta relazione).

( 42 ) La Germania vietava, ad esempio, l’impiego di tutte le capsule aromatizzate nelle sigarette, mentre il Belgio vietava soltanto l’utilizzo di capsule al mentolo. La Francia prevedeva limiti all’impiego di additivi che conferivano un sapore dolce o acidulo. Di contro, la Lituania vietava in toto determinati aromi, ad esempio, tutti quelli che conferiscono un sapore alla vaniglia o al garofano. Una panoramica sul tema è reperibile nell’analisi di impatto («Impact Assessment») presentata dai servizi della Commissione il 19 dicembre 2012, doc. SWD(2012) 452 def., ivi, in particolare, parte 1, pag. 34, e parte 4 pag. 6.

( 43 ) Considerando 6 della direttiva; nello stesso senso già sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 64); Arnold André (C‑434/02, EU:C:2004:800, punto 39), e Swedish Match (C‑210/03, EU:C:2004:802, punto 38).

( 44 ) Per esprimersi con le parole della Corte, il ricorso al fondamento normativo dell’articolo 114 TFUE non presuppone l’esistenza di un nesso effettivo con la libera circolazione tra gli Stati membri in ognuna delle situazioni considerate dall’atto basato su tale fondamento normativo. Determinante piuttosto è il fatto che l’atto fondato sull’articolo 114 TFUE abbia effettivamente ad oggetto il miglioramento delle condizioni di instaurazione e di funzionamento del mercato interno (v. sentenza Germania/Parlamento e Consiglio, C‑380/03, EU:C:2006:772, punto 80).

( 45 ) V., sul punto, anche il considerando 16 della direttiva, dal quale si evince la particolare preoccupazione del legislatore dell’Unione per gli aromi caratterizzanti che possono incidere sui modelli di consumo.

( 46 ) V., sul punto, le prove contenute nell’analisi di impatto («Impact Assessment») presentata dai servizi della Commissione il 19 dicembre 2012, doc. SWD(2012) 452 def.; ivi, in particolare, parte 1, pag. 34.

( 47 ) Sentenze Alliance for Natural Health e a. (C‑154/04 e C‑155/04, EU:C:2005:449, punto 29); Germania/Parlamento e Consiglio (C‑380/03, EU:C:2006:772, punti 3841), e Irlanda/Parlamento e Consiglio (C‑301/06, EU:C:2009:68, punto 64).

( 48 ) Approvata con decisione 2004/513/CE del Consiglio, del 2 giugno 2004 (GU L 213, pag. 8).

( 49 ) V., sul punto, gli «Orientamenti parziali per l’attuazione degli articoli 9 e 10», deliberati dalla conferenza delle parti della convenzione quadro dell’OMS per la lotta contro il tabagismo, adottata in occasione della sua quarta sessione a Punta del Este (2010), FCTC/COP/4(10), e modificati in occasione della sua quinta sessione di Seul (2012), FCTC/COP/5(6); in prosieguo anche: gli «orientamenti dell’OMS» o gli «orientamenti». Nel punto 3.1.2.2 degli orientamenti in parola, vertenti espressamente anche sul mentolo quale aroma si afferma quanto segue: «Parties should regulate, by prohibiting or restricting, ingredients that may be used to increase palatability in tobacco products».

( 50 ) Ibidem, punto 1.1.

( 51 ) La proposta della Commissione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati COM(2012) 788 final, è stata presentata il 19 dicembre 2012. I preparativi interni e le consultazioni della Commissione hanno quindi avuto luogo già prima di tale data.

( 52 ) Nello stesso senso, le mie conclusioni nella causa Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione (C‑398/13 P, EU:C:2015:190, paragrafo 34, ultimo periodo).

( 53 ) Sentenze Arnold André (C‑434/02, EU:C:2004:800, punti 3435), e Swedish Match (C‑210/03, EU:C:2004:802, punti 3334). Anche la recente sentenza Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione (C‑398/13 P, EU:C:2015:535) si basava su una fattispecie nella quale l’articolo 95 CE (ora articolo 114 TFUE) fungeva da fondamento giuridico per il divieto di vendita di prodotti sul mercato interno europeo.

( 54 ) V. anche articolo 24, paragrafo 1, della direttiva.

( 55 ) Nello stesso senso, sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 129). Un pensiero analogo si rinviene inoltre nelle mie conclusioni nelle cause CHEZ Razpredelenie Bulgaria (C‑83/14, EU:C:2015:170, paragrafo 123), e Belov (C‑394/11, EU:C:2012:585, paragrafi 107108).

( 56 ) Direttiva 2001/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2001, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco (GU L 194, pag. 26); v. ivi, in particolare, gli articoli da 5 a 7.

( 57 ) Sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punti da 77 a 80), e Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 34).

( 58 ) Sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, in particolare, punto 79).

( 59 ) Sentenze Germania/Parlamento e Consiglio (C‑376/98, EU:C:2000:544, punto 100), e British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 82).

( 60 ) Nello stesso senso, sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punti 6566).

( 61 ) V. sul punto considerando 22, 23 e 28 della direttiva. Dettagli sono reperibili nella documentazione presentata dalla Commissione il 19 dicembre 2012, ossia nella relazione della proposta di direttiva, COM(2012) 788 final, pagg. da 6 a 8, e nell’analisi di impatto («Impact Assessment»), presentata dai servizi della Commissione, doc. SWD (2012) 452 def., parte 1, pagg. 29 e segg.

( 62 ) Sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 64, secondo periodo); v. inoltre sentenze Rau Lebensmittelwerke (261/81, EU:C:1982:382, punto 15); Keck e Mithouard (C‑267/91 e C‑268/91, EU:C:1993:905, punto 15), e Schwarz (C‑366/04, EU:C:2005:719, punto 29).

( 63 ) V., sul punto, l’analisi di impatto («Impact Assessment»), presentata dai servizi della Commissione il 19 dicembre 2012, doc. SWD(2012) 452 def., parte 1, pag. 33.

( 64 ) Considerando 6 della direttiva; nello stesso senso già sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 64); Arnold André (C‑434/02, EU:C:2004:800, punto 39), e Swedish Match (C‑210/03, EU:C:2004:802, punto 38).

( 65 ) V., nello stesso senso, supra, paragrafi da 74 a 77 delle presenti conclusioni, e, ad integrazione, infra, paragrafo 201 delle stesse.

( 66 ) V. sul punto supra, paragrafi 84 e 85 delle presenti conclusioni.

( 67 ) V., sul punto, infra, paragrafi 193, 204 e 205 delle presenti conclusioni.

( 68 ) Sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punti da 63 a 91).

( 69 ) Sentenze Commissione/ Consiglio (218/82, EU:C:1983:369, punto 15); Ordre des barreaux francophones et germanophone e a. (C‑305/05, EU:C:2007:383, punto 28); riesame Commissione/Strack (C‑579/12 RX‑II, EU:C:2013:570, punto 40), e Parlamento/Consiglio(C‑540/13, EU:C:2015:224, punto 39).

( 70 ) V., al riguardo, ancora una volta il considerando 53 della direttiva.

( 71 ) Sentenze REWE‑Zentrale (37/83, EU:C:1984:89, punto 20); Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑66/04, EU:C:2005:743, punto 45); Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑217/04, EU:C:2006:279, punto 43), e Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 35).

( 72 ) Sentenza Germania/Parlamento e Consiglio (C‑376/98, EU:C:2000:544, punto 104); v. anche sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 74), e Germania/Parlamento e Consiglio (C‑380/03, EU:C:2006:772, punto 73); in senso analogo, inoltre, sentenze Gallaher e a. (C‑11/92, EU:C:1993:262, punto 16), e Philip Morris Belgium e a. (C‑222/91, EU:C:1993:260, punto 13).

( 73 ) V., sul punto, sentenza Germania/Parlamento e Consiglio (C‑376/98, EU:C:2000:544, punti 103104); nello stesso senso sentenza Lapin (C‑358/11, EU:C:2013:142, punto 32).

( 74 ) In questo senso, sentenza Germania/Parlamento e Consiglio (C‑376/98, EU:C:2000:544, punti 104105).

( 75 ) Sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 74).

( 76 ) In tal senso, sentenze Germania/Parlamento e Consiglio (C‑376/98, EU:C:2000:544, punto 88); British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 62), e Alliance for Natural Health e a. (C‑154/04 e C‑155/04, EU:C:2005:449, punto 30).

( 77 ) V., sul punto, supra, paragrafi da 58 a 86 delle presenti conclusioni.

( 78 ) V. supra, paragrafi 108, 116 e 117 delle presenti conclusioni.

( 79 ) V. anche il considerando 55 della direttiva.

( 80 ) V., sul punto, supra, paragrafo 109 delle presenti conclusioni.

( 81 ) V. al riguardo le mie conclusioni di data odierna nella causa Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑358/14, paragrafi da 141 a 171, in particolare, paragrafi 152, 153 e 165).

( 82 ) La suddetta eccezione è sollevata sia rispetto all’articolo 24, paragrafo 3, della direttiva sia rispetto all’articolo 7 della stessa. Tratterò qui congiuntamente le argomentazioni scambiate al riguardo.

( 83 ) V., sul punto, supra, paragrafi da 58 e 86, e, ad integrazione, infra paragrafi da 282 a 284 delle presenti conclusioni.

( 84 ) Sentenze REWE‑Zentrale (37/83, EU:C:1984:89, punto 20); Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑66/04, EU:C:2005:743, punto 45); Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑217/04, EU:C:2006:279, punto 43), e Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 35).

( 85 ) In Francia e in Lituania è così previsto, ad esempio, un divieto generale di vendita online dei prodotti del tabacco, mentre altri Stati membri assoggettano le vendite a distanza dei suddetti prodotti a un obbligo di autorizzazione o prevedono limiti di età. V., al riguardo, la panoramica nell’analisi di impatto («Impact Assessment») presentata dai servizi della Commissione il 19 dicembre 2012, doc. SWD(2012) 452 def., ivi, in particolare, parte 4, pag. 8.

( 86 ) Considerando 33 della direttiva.

( 87 ) Sentenze Germania/Parlamento e Consiglio (C‑376/98, EU:C:2000:544, punto 100), e British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 82).

( 88 ) La conformità dell’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva al principio di proporzionalità non è oggetto del presente procedimento pregiudiziale.

( 89 ) V. infra, paragrafi da 258 a 263 delle presenti conclusioni.

( 90 ) Sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punti da 77 a 80), e Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 34); v., sul punto, anche supra, paragrafi 89 e 90 delle presenti conclusioni.

( 91 ) Sentenze Maizena e a. (137/85, EU:C:1987:493, punto 15); Regno Unito/Consiglio (C‑84/94, EU:C:1996:431, punto 57); British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 122); Digital Rights Ireland (C‑293/12 e C‑594/12, EU:C:2014:238, punto 46), e Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 67).

( 92 ) Sentenze Schräder HS Kraftfutter (265/87, EU:C:1989:303, punto 21); Jippes e a. (C‑189/01, EU:C:2001:420, punto 81), ed ERG e a. (C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 86); nello stesso senso anche sentenza Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 91).

( 93 ) Sentenza Digital Rights Ireland (C‑293/12 e C‑594/12, EU:C:2014:238, punto 47).

( 94 ) Sentenza Sky Österreich (C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 46).

( 95 ) Sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 123); S.P.C.M. e a. (C‑558/07, EU:C:2009:430, punto 42); Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 52), e Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 67).

( 96 ) Sentenza Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punti 74, 8191); nello stesso senso, già sentenze Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 52); S.P.C.M. e a. (C‑558/07, EU:C:2009:430, punto 42), e Afton Chemical (C‑343/09, EU:C:2010:419, punto 46).

( 97 ) V., sul punto, il considerando 16 della direttiva.

( 98 ) V., sul punto, il rimando ai modelli di consumo nel considerando 16 della direttiva.

( 99 ) Il termine del 20 maggio 2020 si ricava dall’articolo 7, paragrafo 14, della direttiva, posto che il volume delle vendite di sigarette al mentolo a livello di Unione supera il 3%, circostanza questa che non è stata contestata da nessuna delle parti del procedimento.

( 100 ) V., in questo senso, sentenza Alliance for Natural Health e a. (C‑154/04 e C‑155/04, EU:C:2005:449, punto 68), in cui la Corte sottolinea che il legislatore dell’Unione deve «rispett[are] il principio di precauzione all’atto di adottare, nell’ambito della politica del mercato interno, provvedimenti intesi a proteggere la salute umana».

( 101 ) Sentenze Regno Unito/Commissione (C‑180/96, EU:C:1998:192, punto 99); Commissione/Danimarca (C‑192/01, EU:C:2003:492, punti 5253); Commissione/Francia (C‑333/08, EU:C:2010:44, punto 93); Afton Chemical (C‑343/09, EU:C:2010:419, punti da 60 a 62), e Acino/Commissione (C‑269/13 P, EU:C:2014:255, punto 57).

( 102 ) V., sul punto, supra, paragrafi da 74 a 76 delle presenti conclusioni.

( 103 ) V., sul punto, supra, paragrafo 65 delle presenti conclusioni.

( 104 ) Considerando 7 della direttiva.

( 105 ) V., sul punto, supra, paragrafo 76 delle presenti conclusioni.

( 106 ) V. supra, paragrafo 69 delle presenti conclusioni.

( 107 ) A ciò non osta il fatto che, in base a uno studio citato dalla Polonia, il mentolo rientri tra le ragioni addotte più di rado per motivare l’iniziazione delle persone al fumo. L’eliminazione di ogni causa, per quanto piccola, è infatti adatta a contribuire a un livello elevato di protezione della salute sul mercato interno dei prodotti del tabacco.

( 108 ) Relazione dell’organo di appello permanente dell’OMC del 4 aprile 2012 (WT/DS406/AB/R, «United States – Measures affecting the production and sale of clove cigarettes», reperibile sulla pagina Internet dell’OMC all’indirizzo www.wto.org), ivi, in particolare, punto 298.

( 109 ) V., nello stesso senso, con riferimento al divieto di commercializzazione dei prodotti del tabacco per uso orale, sentenze Arnold André (C‑434/02, EU:C:2004:800, punto 47), e Swedish Match (C‑210/03, EU:C:2004:802, punto 49).

( 110 ) Sentenze REWE‑Zentrale (37/83, EU:C:1984:89, punto 20); Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑66/04, EU:C:2005:743, punto 45); Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑217/04, EU:C:2006:279, punto 43), e Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 35).

( 111 ) Considerando 19 della direttiva.

( 112 ) Sentenze Arnold André (C‑434/02, EU:C:2004:800, punto 55), e Swedish Match (C‑210/03, EU:C:2004:802, punto 56).

( 113 ) V. le mie conclusioni di data odierna nelle cause Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑358/14, paragrafi 120 e 121), e Pillbox 38 (C‑477/14, paragrafi 144 e 145).

( 114 ) Una contestazione analoga viene sollevata da Tann con riferimento all’articolo 114 TFUE.

( 115 ) Nel frattempo, anche la Corte tiene in considerazione una siffatta analisi di impatto della Commissione in sede di esame della validità degli atti giuridici dell’Unione (v. sentenza Vodafone e a., C‑58/08, EU:C:2010:321, punti 5565).

( 116 ) Sentenza Afton Chemical (C‑343/09, EU:C:2010:419, punto 57).

( 117 ) Nello stesso senso, sentenza Nelson e a. (C‑581/10 e C‑629/10, EU:C:2012:657, punto 81), riferita alla protezione del consumatore.

( 118 ) Così, ad esempio, le disposizioni in materia di protezione dell’ambiente per le auto previste dal diritto dell’Unione hanno un impatto maggiore sugli Stati membri nei quali l’industria automobilistica svolge un ruolo importante. Allo stesso modo, gli atti dell’Unione attinenti alla produzione e al commercio della birra avrebbero ripercussioni maggiori in quegli Stati membri che hanno una produzione significativa di tale bevanda e ne registrano i consumi più elevati.

( 119 ) V. sul punto supra, paragrafi 84 e 85 delle presenti conclusioni.

( 120 ) Le disposizioni sul confezionamento del tabacco da arrotolare non erano in concreto oggetto di controversia nell’ambito del presente procedimento. Per ragioni di semplicità, non me ne occuperò pertanto in dettaglio. È tuttavia evidente che le considerazioni che seguono possono essere riferite per analogia al tabacco da arrotolare.

( 121 ) V. anche considerando 28 della direttiva.

( 122 ) Sul suddetto obiettivo, si veda, in particolare, l’articolo 1, parte finale, e i considerando 5, 6, 8 e 36 della direttiva.

( 123 ) Il procedimento non verte invece sull’obbligo aggiuntivo previsto nell’articolo 9, paragrafo 3, ultimo comma, della direttiva di prevedere sulle superfici laterali di ciascun pacchetto di sigarette, da un lato, un’avvertenza generale e, dall’altro, un messaggio di informazione che coprano ciascuno il 50% della superficie sulla quale sono stampati.

( 124 ) Sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 131).

( 125 ) Considerando 25 della direttiva.

( 126 ) V., sul punto, supra, paragrafi da 148 a 151 e 157 delle presenti conclusioni.

( 127 ) Considerando 24 della direttiva.

( 128 ) V., al riguardo, i punti 12 e 14 delle linee guida per l’attuazione dell’articolo 11 della convenzione quadro dell’OMS, deliberate dalla conferenza delle parti in occasione della sua terza sessione a Durban (2008), FCTC/COP/3(10).

( 129 ) Articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2001/37.

( 130 ) V. supra, paragrafo 173 delle presenti conclusioni.

( 131 ) Nello stesso senso, sentenza Nelson e a. (C‑581/10 e C‑629/10, EU:C:2012:657, punto 81) riferita alla protezione del consumatore.

( 132 ) Nello stesso senso, sulla disciplina precedente, sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 132).

( 133 ) Sentenze Arcelor Atlantique et Lorraine e a. (C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 58), e Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 53).

( 134 ) Così l’articolo 19, paragrafo 1, lettera c), della proposta della Commissione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati, presentata il 19 dicembre 2012, COM(2012) 788 final.

( 135 ) V., infra, paragrafi da 226 a 237 delle presenti conclusioni.

( 136 ) Nei limiti in cui alcune delle imprese che hanno preso parte al procedimento pregiudiziale fanno valere, nell’ambito di altre questioni, argomenti vertenti sulla libertà di espressione, la mia risposta può desumersi sempre dalle osservazioni che seguono (paragrafi da 226 a 237).

( 137 ) A questo proposito, la PMI ha citato nel procedimento dinanzi alla Corte un prodotto di nuova generazione nel quale in tabacco non viene bruciato, ma soltanto riscaldato.

( 138 ) Considerando 25, secondo periodo, e 27 della direttiva.

( 139 ) In senso analogo, sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punti 137138), e Deutsches Weintor (C‑544/10, EU:C:2012:526, punti 5152).

( 140 ) Parte finale dell’articolo 1 e considerando 8 e 19 della direttiva.

( 141 ) La riserva di legge è rispettata con l’articolo 13 della direttiva, trattandosi di un’esplicita disposizione di legge contenuta in un atto legislativo dell’Unione. V., in questo senso, anche la sentenza Digital Rights Ireland (C‑293/12 e C‑594/12, EU:C:2014:238, punti 38 e segg.), in cui la Corte ha esaminato la conformità di una direttiva ai diritti fondamentali e non ha ivi accertato nessuna violazione contro la riserva di legge ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali.

( 142 ) La Corte ha di recente osservato nella sentenza Digital Rights Ireland (C‑293/12 e C‑594/12, EU:C:2014:238, punto 47) che rilevano sempre il diritto fondamentale considerato e le circostanze del singolo caso. Sull’ampio potere discrezionale riconosciuto alle istituzioni dell’Unione in caso di violazione della libertà d’impresa, v., supra, paragrafi da 148 a 151 delle presenti conclusioni.

( 143 ) Sentenze della Corte Eur. D.U. markt intern Verlag e Beermann/Germania (ECLI:CE:ECHR:1989:1120JUD001057283, punto 33), e Casado Coca/Spagna (ECLI:CE:ECHR:1994:0224JUD001545089, punto 50).

( 144 ) Sentenze della Corte Eur. D.U., Casado Coca/Spagna (ECLI:CE:ECHR:1994:0224JUD001545089, punto 51), e Stambuk/Germania (ECLI:CE:ECHR:2002:1017JUD003792897, punto 39).

( 145 ) In tal senso, già sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 140); nello stesso senso le mie conclusioni di data odierna nella causa Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑358/14, paragrafo 122).

( 146 ) Nello stesso senso, sentenza Deutsches Weintor (C‑544/10, EU:C:2012:526, punti 5253); sulla limitazione di pubblicità obiettiva e veritiera, v. anche le sentenze della Corte Eur. D.U. markt intern Verlag e Beermann/Germania (ECLI:CE:ECHR:1989:1120JUD001057283, punto 35); Casado Coca/Spagna (ECLI:CE:ECHR:1994:0224JUD001545089, punto 51), e Stambuk/Germania (ECLI:CE:ECHR:2002:1017JUD003792897, punto 39).

( 147 ) Sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punti da 133 a 141).

( 148 ) V., sul punto, supra, paragrafi da 44 a 47 delle presenti conclusioni.

( 149 ) Sentenze Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑427/12, EU:C:2014:170, punto 38), e Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑88/14, EU:C:2015:499, punto 29); nello stesso senso, già prima dell’entrata in vigore dell’articolo 290 TFUE, sentenza Alliance for Natural Health e a. (C‑154/04 e C‑155/04, EU:C:2005:449, punto 90), in base alla quale il legislatore comunitario, quando intendeva delegare il suo potere di revisione di taluni elementi dell’atto legislativo in causa, doveva garantire che tale potere fosse chiaramente definito e che l’uso che ne sarebbe stato fatto fosse soggetto a un controllo rigoroso con riferimento a criteri obiettivi da esso stesso stabiliti.

( 150 ) Sentenze Köster (25/70, EU:C:1970:115, punto 6); Germania/Commissione (C‑240/90, EU:C:1992:408, punto 36); Atlanta/Comunità europea (C‑104/97 P, EU:C:1999:498, punto 76), e Parlamento/Consiglio (C‑355/10, EU:C:2012:516, punto 64).

( 151 ) Sentenze Romkes (46/86, EU:C:1987:287, punto 16); Parlamento/Commissione (C‑156/93, EU:C:1995:238, punto 18); Söhl & Söhlke (C‑48/98, EU:C:1999:548, punto 34), e Parlamento/Consiglio (C‑355/10, EU:C:2012:516, punto 64).

( 152 ) Sentenza Parlamento/Consiglio (C‑355/10, EU:C:2012:516, punti 6768).

( 153 ) Sentenze Germania/Commissione (C‑240/90, EU:C:1992:408, punto 37), e Molkereigenossenschaft Wiedergeltingen (C‑356/97, EU:C:2000:364, punto 21).

( 154 ) V., ad esempio, sulla normativa della politica agricola, sentenze Rey Soda (23/75, EU:C:1975:142, punti da 10 a 14); Vreugdenhil (22/88, EU:C:1989:277, punto 16), e Belgio e Germania/Commissione (C‑9/95, C‑23/95 e C‑156/95, EU:C:1997:50, punto 36), oppure, sul diritto del commercio estero, sentenza Portogallo/Commissione (C‑159/96, EU:C:1998:550, punto 41).

( 155 ) Sentenza Parlamento/Consiglio (C‑355/10, EU:C:2012:516, punti 6576).

( 156 ) Sentenza Parlamento/Consiglio (C‑355/10, EU:C:2012:516, punto 77).

( 157 ) V. anche il considerando 51 della direttiva.

( 158 ) V. anche i considerando 19 e 26 della direttiva.

( 159 ) V. supra, paragrafo 246 delle presenti conclusioni.

( 160 ) Sentenze Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑427/12, EU:C:2014:170, punto 40), e Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑88/14, EU:C:2015:499, punto 28).

( 161 ) V. paragrafi 76 e 166 delle presenti conclusioni.

( 162 ) In questo senso, considerando 7, ultimo periodo, della direttiva, in cui il legislatore dell’Unione stesso sottolinea espressamente il significato delle suddette linee guida.

( 163 ) Sul divieto di una delega in tal senso, v. la fondamentale sentenza Meroni/Alta Autorità (9/56, EU:C:1958:7) e, di recente, sentenza Regno Unito/Consiglio e Parlamento (C‑270/12, EU:C:2014:18, in particolare, punti 42 e 43).

( 164 ) Sentenze Commissione/ Consiglio (218/82, EU:C:1983:369, punto 15); Ordre des barreaux francophones et germanophone e a. (C‑305/05, EU:C:2007:383, punto 28); riesame Commissione/Strack (C‑579/12 RX‑II, EU:C:2013:570, punto 40), e Parlamento/Consiglio (C‑540/13, EU:C:2015:224, punto 39).

( 165 ) Sentenze Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑427/12, EU:C:2014:170, punto 40), e Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑88/14, EU:C:2015:499, punto 28).

( 166 ) Sulla necessità di una valutazione oggettiva, v. anche sentenza Parlamento/Consiglio (C‑355/10, EU:C:2012:516, punto 67).

( 167 ) Sentenza Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑427/12, EU:C:2014:170, punti 4048); v. anche sentenza Parlamento/Commissione (C‑65/13, EU:C:2014:2289, punto 46).

( 168 ) Sentenza Parlamento/Commissione (C‑65/13, EU:C:2014:2289, punti 4344).

( 169 ) Sentenza Parlamento/Commissione (C‑65/13, EU:C:2014:2289, punto 45).

( 170 ) Sui suddetti criteri, v. sentenza Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑427/12, EU:C:2014:170, in particolare, punti 38 e 43), e – ad integrazione – sentenza Parlamento/ Consiglio (C‑355/10, EU:C:2012:516, punto 65).

( 171 ) Sentenza Germania/Parlamento e Consiglio (C‑376/98, EU:C:2000:544, punto 83).

( 172 ) In tal senso si esprimeva anche la pregressa giurisprudenza, riferita al periodo precedente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona; v. sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 179), e Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 75).

( 173 ) V., in particolare, sentenze Germania/Parlamento e Consiglio (C‑233/94, EU:C:1997:231, punti da 23 a 29); British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punti da 177 a 185); Vodafone e a. (C‑58/08, EU:C:2010:321, punti da 72 a 79), ed Estonia /Parlamento e Consiglio (C‑508/13, EU:C:2015:403, punti da 44 a 55).

( 174 ) V. anche le mie conclusioni di data odierna nelle cause Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑358/14, paragrafi da 137 a 188), e Pillbox 38 (C‑477/14, paragrafi da 156 a 180).

( 175 ) Solo la Tann osserva che il test di sussidiarietà ha due componenti, ma non affronta nel merito né il primo, né il secondo.

( 176 ) V., sul punto, sentenza Lussemburgo/Parlamento e Consiglio (C‑176/09, EU:C:2011:290, punto 80).

( 177 ) In questo senso, anche sentenza Estonia/Parlamento e Consiglio (C‑508/13, EU:C:2015:403, punto 51).

( 178 ) V. supra, paragrafi da 62 a 66 delle presenti conclusioni.

( 179 ) V. supra, paragrafo 83 delle presenti conclusioni.

( 180 ) In questo senso sentenza Estonia/Parlamento e Consiglio (C‑508/13, EU:C:2015:403, punti da 46 a 48).

( 181 ) Considerando 6 della direttiva; nello stesso senso già sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 64); Arnold André (C‑434/02, EU:C:2004:800, punto 39), e Swedish Match (C‑210/03, EU:C:2004:802, punto 38).

( 182 ) V., supra, paragrafi 67 e 68 e da 74 a 80 delle presenti conclusioni.

( 183 ) Sul criterio dell’errore manifesto di valutazione, si vedano, ad integrazione, le mie conclusioni di data odierna nella causa Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑358/14, paragrafi da 146 a 148).

( 184 ) V., sul punto, in particolare, il considerando 60 della direttiva.

( 185 ) V., sul punto, sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punti da 181 a 185).

( 186 ) Sentenze Atlanta Fruchthandelsgesellschaft e a. (II) (C‑466/93, EU:C:1995:370, punto 16); AJD Tuna (C‑221/09, EU:C:2011:153, punto 58), e Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 70).

( 187 ) In questo senso, sentenze Germania/Parlamento e Consiglio (C‑233/94, EU:C:1997:231, punti da 25 a 29), e Paesi Bassi/Parlamento e Consiglio (C‑377/98, EU:C:2001:523, punto 33).

( 188 ) V., ancora, sentenze Atlanta Fruchthandelsgesellschaft e a. (II) (C‑466/93, EU:C:1995:370, punto 16); AJD Tuna (C‑221/09, EU:C:2011:153, punto 58), e Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 70), oltre alla sentenza Estonia/Parlamento e Consiglio (C‑508/13, EU:C:2015:403, punti 58, 5961).

( 189 ) In questo senso, sentenze Regno Unito/Consiglio (C‑150/94, EU:C:1998:547, punti 2526); AJD Tuna (C‑221/09, EU:C:2011:153, punto 59), e Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione (C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 29).

( 190 ) COM(2012) 788 final, presentata dalla Commissione il 19 dicembre 2012.

( 191 ) «Impact Assessment», presentata dai servizi della Commissione il 19 dicembre 2012, doc. SWD(2012) 452 def.

( 192 ) Protocollo 2 del TUE e del TFUE (in prosieguo: il «protocollo 2»).

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