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Documento 62008CJ0405

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) dell'11 febbraio 2010.
    Ingeniørforeningen i Danmark contro Dansk Arbejdsgiverforening.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Vestre Landsret - Danimarca.
    Politica sociale - Informazione e consultazione dei lavoratori - Direttiva 2002/14/CE - Recepimento della direttiva tramite una legge o un contratto collettivo - Effetti del contratto collettivo rispetto ad un lavoratore non facente parte dell’organizzazione sindacale firmataria di tale contratto - Art. 7 - Protezione dei rappresentanti dei lavoratori - Prescrizione di una tutela rafforzata contro il licenziamento - Insussistenza.
    Causa C-405/08.

    Raccolta della Giurisprudenza 2010 I-00985

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2010:69

    SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

    11 febbraio 2010 ( *1 )

    «Politica sociale — Informazione e consultazione dei lavoratori — Direttiva 2002/14/CE — Recepimento della direttiva tramite una legge o un contratto collettivo — Effetti del contratto collettivo rispetto ad un lavoratore non facente parte dell’organizzazione sindacale firmataria di tale contratto — Art. 7 — Protezione dei rappresentanti dei lavoratori — Obbligo di una tutela rafforzata contro il licenziamento — Insussistenza»

    Nel procedimento C-405/08,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Vestre Landsret (Danimarca), con decisione 16 settembre 2008, pervenuta in cancelleria il , nella causa

    Ingeniørforeningen i Danmark, che agisce per conto di Bertram Holst,

    contro

    Dansk Arbejdsgiverforening, che agisce per conto della Babcock & Wilcox Vølund ApS,

    LA CORTE (Terza Sezione),

    composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, dai sigg. A. Rosas, U. Lõhmus, A. Ó Caoimh (relatore) e A. Arabadjiev, giudici,

    avvocato generale: sig. Y. Bot

    cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 settembre 2009,

    considerate le osservazioni presentate:

    per l’Ingeniørforeningen i Danmark, che agisce per conto del sig. Holst, dall’avv. K. Schioldann, advokat;

    per la Dansk Arbejdsgiverforening, che agisce per conto della Babcock & Wilcox Vølund ApS, dagli avv.ti P. Knudsen e H. Werner, advokater;

    per il governo danese, dal sig. C. Pilgaard Zinglersen e dalla sig.ra V. Pasternak Jørgensen, in qualità di agenti;

    per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. N.B. Rasmussen e J. Enegren, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 ottobre 2009,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 marzo 2002, 2002/14/CE, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nella Comunità europea (GU L 80, pag. 29).

    2

    Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra l’Ingeniørforeningen i Danmark (Federazione danese degli ingegneri; in prosieguo: l’«IDA»), che agisce per conto del sig. Holst, ex-dipendente della società Babcock & Wilcox Vølund ApS (in prosieguo: la «BWV»), e la Dansk Arbejdsgiverforening (Federazione danese dei datori di lavoro; in prosieguo: la «DA»), che agisce per conto della BWV, in merito al licenziamento del sig. Holst da parte di quest’ultima.

    Contesto normativo

    La normativa comunitaria

    3

    Il diciottesimo, il ventitreesimo e il ventottesimo ‘considerando’ della direttiva 2002/14 hanno il seguente tenore:

    «(18)

    Con tale quadro generale [per l’informazione e la consultazione dei lavoratori adeguato al nuovo contesto europeo] ci si prefigge di definire prescrizioni minime applicabili ovunque nella Comunità senza impedire agli Stati membri di prevedere disposizioni più favorevoli per i lavoratori.

    (…)

    (23)

    L’obiettivo di cui alla presente direttiva sarà raggiunto mediante l’instaurazione di un quadro generale che comprende i principi, le definizioni e le modalità dell’informazione e della consultazione, che spetterà agli Stati membri rendere concreti e adattare alle realtà nazionali, se del caso assegnando alle parti sociali un ruolo di rilievo che permetta loro di definire in piena libertà, mediante accordo, le modalità di informazione e di consultazione più conformi alle loro necessità e ai loro desideri.

    (…)

    (28)

    Devono essere applicabili procedure amministrative o giudiziarie, nonché sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate alla gravità delle infrazioni, in caso di violazione degli obblighi ai sensi della presente direttiva».

    4

    Ai sensi dell’art. 1 della direttiva 2002/14 vale quanto segue:

    «1.   La presente direttiva si prefigge di istituire un quadro generale che stabilisca prescrizioni minime riguardo al diritto all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nelle imprese o stabilimenti situati nella Comunità.

    2.   Le modalità di informazione e di consultazione sono definite e applicate, in conformità della legislazione nazionale e delle prassi in materia di rapporti di lavoro vigenti nei singoli Stati membri, in modo tale da garantire l’efficacia dell’iniziativa.

    3.   In occasione della definizione o dell’applicazione delle modalità di informazione e di consultazione, il datore di lavoro e i rappresentanti dei lavoratori operano in uno spirito di cooperazione nel rispetto dei loro diritti e obblighi reciproci, tenendo conto nel contempo degli interessi dell’impresa o dello stabilimento e di quelli dei lavoratori».

    5

    I rappresentanti dei lavoratori sono definiti dall’art. 2, lett. e), della detta direttiva come «i rappresentanti dei lavoratori previsti dalle leggi e/o prassi nazionali».

    6

    L’art. 4, n. 1, della direttiva 2002/14 così prevede:

    «Nel rispetto dei principi enunciati all’articolo 1 e fatte salve le disposizioni e/o prassi in vigore più favorevoli ai lavoratori, gli Stati membri determinano le modalità di esercizio del diritto all’informazione e alla consultazione al livello adeguato in conformità del presente articolo».

    7

    L’art. 5 della stessa direttiva così dispone:

    «Gli Stati membri possono affidare alle parti sociali al livello adeguato, anche a livello dell’impresa o dello stabilimento, il compito di definire liberamente e in qualsiasi momento mediante accordo negoziato le modalità di informazione e consultazione dei lavoratori. Tali accordi nonché gli accordi esistenti alla data di cui all’articolo 11 così come le eventuali proroghe dei medesimi, possono prevedere, nel rispetto dei principi enunciati all’articolo 1 e alle condizioni e nei limiti definiti dagli Stati membri, disposizioni diverse da quelle di cui all’articolo 4».

    8

    Ai sensi dell’art. 7 della direttiva in parola vale quanto segue:

    «Gli Stati membri provvedono affinché i rappresentanti dei lavoratori godano, nell’esercizio delle loro funzioni, di una protezione e di garanzie sufficienti a permettere loro di realizzare in modo adeguato i compiti che sono stati loro affidati».

    9

    L’art. 8 della direttiva 2002/14 ha il seguente tenore:

    «1.   Gli Stati membri dispongono misure idonee in caso di inosservanza della presente direttiva da parte del datore di lavoro o dei rappresentanti dei lavoratori. In particolare, essi si adoperano affinché sussistano procedure amministrative o giudiziarie intese a fare rispettare gli obblighi che derivano dalla presente direttiva.

    2.   Gli Stati membri dispongono sanzioni adeguate applicabili in caso di violazione delle disposizioni della presente direttiva da parte del datore di lavoro o dei rappresentanti dei lavoratori. Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive».

    10

    Conformemente all’art. 9, n. 4, della detta direttiva, la sua applicazione non costituisce una ragione sufficiente a giustificare un regresso rispetto alla situazione esistente negli Stati membri per quanto attiene al livello generale di protezione dei lavoratori nel settore contemplato dalla direttiva stessa.

    11

    In forza dell’art. 11, n. 1, della direttiva 2002/14, gli Stati membri dovevano, da una parte, adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi ad essa entro il 23 marzo 2005 o accertarsi che le parti sociali entro tale data avessero messo in atto di comune accordo le disposizioni necessarie nonché adottare tutte le disposizioni necessarie che permettessero loro di essere in qualsiasi momento in grado di garantire i risultati imposti da tale direttiva. Dall’altra, essi dovevano informare immediatamente la Commissione delle Comunità europee dell’adozione o dell’applicazione delle dette disposizioni.

    La normativa nazionale

    La legge sull’informazione e la consultazione dei lavoratori

    12

    La direttiva 2002/14 è stata recepita nel diritto danese con la legge 2 maggio 2005, n. 303, sull’informazione e la consultazione dei lavoratori (lov n. 303 om information og høring af lønmodtagere; in prosieguo: la «legge del 2005»), entrata in vigore il .

    13

    Tale legge si applica ai lavoratori che non rientrano nell’ambito di applicazione di un contratto collettivo finalizzato segnatamente a trasporre la direttiva 2002/14.

    14

    L’art. 8 della legge del 2005 dispone che i rappresentanti dei lavoratori, da informare e consultare in quanto tali, sono tutelati contro il licenziamento o una qualsiasi modifica delle loro condizioni di lavoro con modalità identiche a quelle valide per i rappresentanti sindacali appartenenti alle stesse categorie professionali o a categorie analoghe.

    15

    Dalla decisione di rinvio emerge che tale articolo rinvia alla tutela generale contro il licenziamento di cui godono i rappresentanti sindacali e i rappresentanti dei lavoratori, prevista in quasi tutti i contratti e gli accordi collettivi danesi, ad esclusione di quelli relativi ai dirigenti. Tale tutela comporta l’obbligo del datore di lavoro di dimostrare che sussistono motivi imperativi per procedere al licenziamento di un rappresentante sindacale e che il licenziamento non può essere evitato, segnatamente licenziando un altro lavoratore. Un siffatto licenziamento può essere pronunciato solamente in presenza dell’impossibilità assoluta di offrire al rappresentante sindacale un impiego equivalente nell’impresa dov’è stato eletto.

    16

    In considerazione della facoltà di recepire la direttiva 2002/14 mediante contratto, l’art. 3 della legge del 2005 dispone che essa non trova applicazione se l’obbligo di informazione e di consultazione dei lavoratori a carico del datore di lavoro risulta da un contratto collettivo o da un accordo collettivo le cui norme siano quanto meno corrispondenti a quelle della direttiva in parola.

    La legge sui lavoratori subordinati

    17

    Tutti i dipendenti che rientrano nell’ambito di applicazione della legge sui lavoratori subordinati (funktionærloven; in prosieguo: la «legge FL») sono tutelati contro il licenziamento illegittimo, in forza dell’art. 2 b di tale legge, il quale prevede indennità corrispondenti fino a sei mesi di stipendio, se il licenziamento non può essere considerato ragionevolmente giustificato in relazione alla situazione del lavoratore o dell’impresa. La tutela consiste in una valutazione del carattere giusto o ingiusto del licenziamento.

    18

    Dalla decisione di rinvio risulta che la tutela prevista da detto art. 2 b è inferiore rispetto a quella di cui beneficia un rappresentante sindacale in forza di contratti e accordi collettivi i quali, in caso di licenziamento di quest’ultimo, prevedono l’obbligo di dimostrare l’esistenza di motivi imperativi.

    Il Samarbejdsaftalen

    19

    Il Samarbejdsaftalen è un accordo di cooperazione concluso tra le due grandi confederazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro danesi, vale a dire la Landsorganisationen i Danmark (Confederazione generale del lavoro; in prosieguo: la «LO») e la DA, relativo all’organizzazione e al funzionamento dei comitati d’impresa (in prosieguo: il «Samarbejdsaftalen»).

    20

    Il Samarbejdsaftalen è una delle misure di recepimento, mediante contratto, della direttiva 2002/14. Esso si applica alle imprese con oltre 35 dipendenti e contiene disposizioni che prevedono l’istituzione di un comitato d’impresa composto da rappresentanti della dirigenza e da rappresentanti dei dipendenti, designati rispettivamente come i collegi A e B. Il collegio B è composto da rappresentanti dei dipendenti organizzati all’interno della LO e da rappresentanti di altre categorie di dipendenti.

    21

    L’art. 4 del Samarbejdsaftalen ha il seguente tenore:

    «Il termine di preavviso per il licenziamento di un rappresentante del collegio B che ricopra un seggio nel comitato d’impresa e che non benefici già di tutela quale rappresentante sindacale è quello eventualmente stabilito dal contratto collettivo, maggiorato di sei settimane. Il termine di preavviso non può, tuttavia, superare quello di cui benefici il rappresentante sindacale della stessa categoria professionale. Laddove venga presentata domanda in tal senso prima delle elezioni del comitato d’impresa, il collegio B all’interno di detto comitato d’impresa può essere integrato dai rappresentanti di una categoria professionale non rappresentata dai membri ordinari di tale istanza o da un delegato del personale. Per categoria s’intende un gruppo di persone che esercitano la stessa attività o che abbiano seguito una particolare formazione. Si tratta quindi di gruppi senza rappresentanza diretta nel comitato d’impresa, ma che hanno non di meno il diritto di farne parte qualora uno dei loro rappresentanti venga eletto».

    22

    Secondo la decisione di rinvio, certe modifiche apportate in una clausola addizionale al Samarbejdsaftalen, entrata in vigore il 23 marzo 2005, hanno reso possibile che tutte le categorie professionali rientranti in un contratto o in un accordo collettivo, anche quelle non rappresentate da una delle parti firmatarie del Samarbejdsaftalen, siano rappresentate nel comitato d’impresa. È diventato altresì possibile integrare il comitato d’impresa con rappresentanti di categorie professionali specifiche o di categorie con una formazione specifica.

    23

    Dalla decisione di rinvio risulta che le dette modifiche riguardano categorie professionali o persone non rientranti in un contratto collettivo o in un accordo collettivo, come, in particolare, gli ingegneri.

    Causa principale e questioni pregiudiziali

    24

    Il sig. Holst è stato assunto il 1o luglio 1984 come ingegnere progettista dalla società BWV sulla base di un contratto di lavoro individuale. Egli è un lavoratore subordinato e rientra, secondo il giudice del rinvio, nell’ambito di applicazione della legge FL.

    25

    Nel 2001 il sig. Holst è stato eletto nel comitato di impresa della BWV dal collegio degli ingegneri. Tale comitato, costituito conformemente al Samarbejdsaftalen, è composto da rappresentanti sia della dirigenza sia dei dipendenti. Nell’ambito di detto comitato sedevano in qualità di rappresentanti dei dipendenti, sia rappresentanti organizzati nella LO sia rappresentanti di altre categorie di dipendenti.

    26

    Il sig. Holst, come altri dipendenti, è stato licenziato con provvedimento notificato il 24 gennaio 2006, con un preavviso di sei mesi, licenziamento motivato con una riduzione del personale della BWV. Egli ha contestato la motivazione del licenziamento che ha subito.

    27

    Il sig. Holst è membro dell’IDA, la quale ha agito come rappresentante di quest’ultimo dinanzi al giudice del rinvio. L’IDA non è membro della LO e non ha concluso un accordo collettivo con la BWV, né per la categoria professionale degli ingegneri né per altre categorie di lavoratori. L’IDA non è quindi una parte firmataria del Samarbejdsaftalen.

    28

    La BWV conta circa 240 dipendenti. Essa è membro della Dansk Industri, una confederazione dei datori di lavoro. Quest’ultima è membro della DA.

    29

    Come risulta dal punto 22 della presente sentenza, il Samarbejdsaftalen è stato modificato nel 2005, nel contesto del recepimento della direttiva nel diritto danese, con una clausola addizionale che, secondo i suoi firmatari, comporta un corretto recepimento della direttiva 2002/14.

    30

    L’8 novembre 2006, l’IDA, agendo per conto del sig. Holst, ha proposto un ricorso dinanzi al Byretten i Esbjerg (Tribunale di primo grado di Esbjerg) chiedendo la condanna della BWV al pagamento di un’indennità di licenziamento al sig. Holst, ai sensi della legge FL. L’IDA riteneva che tale licenziamento non fosse giustificato da ragioni oggettive. Essa sosteneva inoltre che, in quanto rappresentante dei lavoratori nel comitato di impresa, il sig. Holst deve beneficiare di una tutela rafforzata contro il licenziamento conformemente all’art. 7 della direttiva 2002/14. Infatti, l’interessato avrebbe diritto ad una siffatta tutela a prescindere dal fatto che egli sia o meno membro di un gruppo di lavoratori rientranti in un contratto o in un accordo collettivo.

    31

    La Dansk Industri, agendo allora in qualità di rappresentante della BWV, ha chiesto il rigetto di tale domanda allegando, in particolare, che il sig. Holst aveva beneficiato, al momento della risoluzione del contratto, del preavviso cui egli aveva diritto sia in forza della legge FL sia in forza del Samarbejdsaftalen. Tale preavviso sarebbe atto a soddisfare le prescrizioni della direttiva 2002/14 quali risultano dall’art. 7 della stessa.

    32

    Le parti della causa principale hanno concordato di sottoporre la controversia al giudice del rinvio ed è in tale fase che la DA è diventata parte della causa in qualità di rappresentante della BWV.

    33

    Ritenendo che la soluzione della causa di cui è investito necessiti un’interpretazione della direttiva 2002/14, il Vestre Landsret ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Le parti della controversia principale controvertono sulla questione se la direttiva 2002/14 (…) sia stata recepita in modo corretto con il [Samarbejdsaftalen]. In tale contesto si chiede se la normativa comunitaria osti ad una trasposizione della detta direttiva che comporti che talune categorie di lavoratori ricadano sotto un accordo collettivo concluso tra parti sociali che non rappresentano la categoria professionale dell’interessato, qualora il contratto collettivo non valga per la categoria professionale cui egli appartiene.

    2)

    Nel caso in cui, relativamente all’attore della controversia principale, la direttiva 2002/14 sia stata recepita correttamente tramite il Samarbejdsaftalen, si chiede se sia stato recepito correttamente l’art. 7 della direttiva 2002/14 qualora risulti che il Samarbejdsaftalen non garantisce una tutela rafforzata contro il licenziamento per determinate categorie professionali.

    3)

    Nel caso in cui l’attore della controversia principale rientri nell’ambito di applicazione della [legge del 2005], si chiede se la previsione dell’art. 7 della direttiva [2002/14] “di una protezione e di garanzie sufficienti a permettere [ai rappresentanti dei lavoratori] di realizzare in modo adeguato i compiti che sono stati loro affidati” osti ad una trasposizione di tale disposizione come quella attuata dall’art. 8 della [legge del 2005], il quale dispone che: “[i] rappresentanti dei lavoratori, da informare e consultare in quanto tali, sono tutelati contro il licenziamento o una qualsiasi modifica delle loro condizioni di lavoro con modalità identiche a quelle valide per i rappresentanti sindacali appartenenti alle stesse categorie professionali o a categorie analoghe”, qualora tale misura di attuazione non implichi una tutela più rigorosa contro il licenziamento delle categorie professionali che non rientrano in un contratto collettivo o un accordo collettivo».

    Sulle questioni pregiudiziali

    Sulla prima questione

    34

    Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se la direttiva 2002/14 debba essere interpretata nel senso che non osta ad una sua trasposizione, mediante contratto, che comporti che una categoria di lavoratori ricada sotto il contratto collettivo in causa, benché i lavoratori appartenenti a tale categoria non siano membri dell’organizzazione sindacale firmataria del detto contratto e il loro settore di attività non sia rappresentato da tale organizzazione.

    35

    Dall’art. 11, n. 1, della direttiva 2002/14 risulta che gli Stati membri possono affidare alle parti sociali il compito di mettere in atto le disposizioni necessarie per recepire tale direttiva, a condizione che gli Stati membri siano sempre in grado di garantire i risultati da essa imposti.

    36

    Il ruolo delle parti sociali nella definizione e nell’applicazione delle modalità d’informazione e di consultazione previste dalla direttiva 2002/14, e quindi nel suo recepimento, non è limitato al compito loro devoluto dal detto art. 11, n. 1. Invero, dal ventitreesimo ‘considerando’ di tale direttiva risulta che gli Stati membri possono assegnare alle parti sociali un ruolo di rilievo che permetta loro di definire in piena libertà, mediante accordo, le modalità di informazione e di consultazione dei lavoratori che essi giudichino più conformi alle loro necessità e ai loro desideri.

    37

    L’art. 1, n. 2, della stessa direttiva prevede inoltre che le dette modalità sono definite e applicate, in conformità non soltanto alla legislazione nazionale, ma anche alle prassi in materia di rapporti tra le parti sociali vigenti nei vari Stati membri.

    38

    Allo stesso tempo, ai sensi dell’art. 5 della direttiva 2002/14, gli Stati membri possono affidare alle parti sociali, al livello adeguato, il compito di definire liberamente e in qualsiasi momento mediante accordo negoziato le modalità di informazione e consultazione dei lavoratori. Secondo lo stesso articolo, tali accordi, e quelli esistenti alla data di trasposizione di tale direttiva, così come le eventuali proroghe ulteriori di tali accordi, possono prevedere, nel rispetto dei principi enunciati dal suo art. 1 nonché alle condizioni e nei limiti definiti dagli Stati membri, disposizioni diverse da quelle di cui all’art. 4 della detta direttiva.

    39

    La facoltà in tal modo riconosciuta agli Stati membri dalla direttiva 2002/14 è conforme alla giurisprudenza della Corte, in base alla quale è possibile per questi ultimi affidare, in primo luogo, alle parti sociali il compito di realizzare gli obiettivi di politica sociale perseguiti da una direttiva in materia (v., in tal senso, in particolare, sentenze 28 ottobre 1999, causa C-187/98, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-7713, punto 46, e , causa C-306/07, Andersen, Racc. pag. I-10279, punto 25).

    40

    Detta facoltà non dispensa gli Stati membri dall’obbligo di garantire, mediante opportuni provvedimenti legislativi, regolamentari o amministrativi, che tutti i lavoratori possano fruire della tutela loro conferita dalla direttiva 2002/14, in tutta la sua ampiezza, poiché la garanzia statale deve intervenire in tutti i casi in cui una tutela non sia assicurata in altro modo e, in particolare, qualora tale mancanza di tutela sia dovuta alla circostanza che i lavoratori in questione non fanno parte di un sindacato (sentenza Andersen, cit., punto 26).

    41

    Dal momento che la categoria delle persone che possono ricadere sotto un contratto collettivo, com’è il caso, in particolare, per un contratto collettivo dichiarato di applicazione generale, può prescindere totalmente dal fatto che tali persone siano o meno membri di un’organizzazione sindacale firmataria di questo stesso contratto, la circostanza che una persona non sia membro di un’organizzazione sindacale siffatta non ha, di per sé, l’effetto di sottrarre tale persona alla copertura giuridica conferita dal contratto collettivo in questione (sentenza Andersen, cit., punto 34).

    42

    Ne consegue che la direttiva 2002/14, di per sé, non osta a che un lavoratore, il quale non sia membro di un’organizzazione sindacale firmataria di un contratto collettivo che applica le disposizioni di tale direttiva benefici, in applicazione di tale contratto collettivo, della tutela prevista dalla detta direttiva in tutta la sua ampiezza, benché egli non sia membro di un’organizzazione sindacale siffatta.

    43

    Secondo le osservazioni sia scritte sia orali sottomesse alla Corte, le parti controvertono sulla questione se, nel diritto danese, un rappresentante dei lavoratori come il sig. Holst ricada o meno sotto il Samarbejdsaftalen e se egli possa invocare le disposizioni di tutela di quest’ultimo dinanzi ai giudici nazionali, benché egli non sia membro dell’organizzazione sindacale firmataria di tale accordo.

    44

    Tuttavia, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, spetta al giudice del rinvio e non alla Corte esaminare, anzitutto, se il sig. Holst sia ricompreso nel Samarbejdsaftalen e/o in altre disposizioni del diritto nazionale finalizzate a trasporre la direttiva 2002/14, poi, se tutti i lavoratori che rientrano nell’ambito di applicazione del Samarbejdsaftalen, a prescindere che siano membri o meno di un’organizzazione sindacale, abbiano il diritto di invocare, dinanzi ai giudici nazionali, le disposizioni di tutela di tale accordo, di modo che tutti i lavoratori in parola beneficino della stessa tutela e, infine, se, alla luce delle risposte della Corte alle questioni pregiudiziali, il detto accordo sia atto a garantire ai lavoratori che rientrino in esso una tutela effettiva dei diritti loro conferiti da tale direttiva (v., in tal senso, sentenza Andersen, cit., punti 28, 29 e 37).

    45

    Alla luce di tali considerazioni, la prima questione va risolta dichiarando che la direttiva 2002/14 dev’essere interpretata nel senso che non osta ad una sua trasposizione, mediante contratto, che comporti che una categoria di lavoratori ricada sotto il contratto collettivo in causa, benché i lavoratori appartenenti a tale categoria non siano membri dell’organizzazione sindacale firmataria di tale contratto e il loro settore di attività non sia rappresentato dalla detta organizzazione, nei limiti in cui il contratto collettivo sia idoneo a garantire ai lavoratori rientranti nel suo ambito di applicazione una tutela effettiva dei diritti loro conferiti da questa stessa direttiva.

    Sulla seconda e sulla terza questione

    46

    Con la sua seconda e la sua terza questione, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 7 della direttiva 2002/14 debba essere interpretato nel senso che esso prescrive che ai rappresentanti dei lavoratori sia accordata una tutela rafforzata contro il licenziamento.

    47

    Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 44 delle sue conclusioni, il giudice del rinvio, nel sottoporre le due questioni in parola, si è basato su due ipotesi diverse, a seconda che nel diritto danese il licenziamento di un rappresentante dei lavoratori, come il sig. Holst, che non sia membro di un’organizzazione sindacale firmataria del Samarbejdsaftalen, rientri nell’ambito di applicazione di tale accordo ovvero in quello della legge del 2005.

    48

    Dal momento che non spetta alla Corte, ma al giudice del rinvio, determinare l’applicabilità delle disposizioni pertinenti della legislazione nazionale ovvero di un contratto collettivo in vigore in Danimarca, la Corte deve limitarsi ad un’interpretazione delle disposizioni dell’art. 7 della direttiva 2002/14 alla luce sia della lettera sia dello spirito di tale articolo e, in generale, dell’obiettivo perseguito da tale direttiva.

    49

    Conformemente all’art. 7 della detta direttiva, gli Stati membri provvedono affinché i rappresentanti dei lavoratori godano, nell’esercizio delle loro funzioni, di una protezione e di garanzie sufficienti a permettere loro di realizzare in modo adeguato i compiti che sono stati loro affidati.

    50

    Orbene, dalla lettera e dallo spirito di tale articolo non risulta affatto che, al fine di conformarsi alle sue prescrizioni, debba essere necessariamente accordata ai rappresentanti dei lavoratori una tutela rafforzata contro il licenziamento.

    51

    Peraltro, sia dal diciottesimo ‘considerando’ sia dall’art. 1, n. 1, della direttiva 2002/14 risulta che quest’ultima si prefigge di istituire un quadro generale che stabilisca prescrizioni minime, riguardo al diritto all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nelle imprese o stabilimenti situati nell’Unione.

    52

    Risulta quindi, sia dalla lettera stessa dell’art. 7 della direttiva 2002/14 sia dal fatto che quest’ultima prevede unicamente un quadro generale che stabilisce prescrizioni minime, che il legislatore dell’Unione ha lasciato un ampio margine di discrezionalità agli Stati membri e, salvo l’obbligo incombente a questi ultimi di garantire i risultati imposti da tale direttiva, alle parti sociali relativamente alle misure di protezione ed alle garanzie che si devono adottare nei confronti dei rappresentanti dei lavoratori.

    53

    Tuttavia, anche se gli Stati membri e, pertanto, le parti sociali godono di un ampio margine di discrezionalità per quanto concerne la protezione accordata dal detto art. 7, tale margine di discrezionalità non è illimitato.

    54

    Stando alle informazioni a disposizione della Corte quanto alle misure adottate dal Regno di Danimarca per recepire la direttiva 2002/14, un rappresentante dei lavoratori come il sig. Holst, che non sia membro di un’organizzazione sindacale firmataria del Samarbejdsaftalen, beneficia di una protezione differente a seconda che egli rientri nell’ambito di applicazione della legge del 2005 ovvero in quello di tale accordo. Nel caso in cui sia quest’ultimo ad essere applicabile, il rappresentante dei lavoratori sembra poter beneficiare di un termine di preavviso prolungato di sei settimane, laddove, in mancanza del detto accordo, allorché la legge del 2005 è applicabile a tale rappresentante, quest’ultimo sembra poter beneficiare di una protezione uguale a quella concessa ai delegati sindacali appartenenti alle stesse categorie professionali o a categorie analoghe e, segnatamente, il licenziamento può intervenire unicamente per ragioni imperative.

    55

    Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione ritiene che l’esistenza di tale differenza nella tutela accordata ai rappresentanti dei lavoratori in caso di licenziamento non sia, di per sé, in contrasto con la direttiva 2002/14 dal momento che i bisogni di protezione possono, per natura, variare in funzione, particolarmente, del tipo d’impresa considerata, dello Stato membro interessato e della professione dei rappresentanti in causa.

    56

    È vero che non si può escludere l’esistenza di differenze tra Stati membri, e addirittura all’interno di un unico Stato membro, quanto alle modalità d’informazione e di consultazione dei lavoratori oggetto della direttiva 2002/14 dal momento che quest’ultima lascia un ampio margine di discrezionalità agli Stati membri e alle parti sociali quanto alla definizione e all’applicazione delle modalità suddette.

    57

    Se anche la direttiva 2002/14 non prescrive quindi che la protezione accordata ai rappresentanti dei lavoratori tramite una legge di recepimento o tramite un contratto collettivo adottato al fine di trasporre tale direttiva sia identica, la detta protezione deve nondimeno rispettare la soglia minima prevista dall’art. 7 della direttiva stessa.

    58

    A tal riguardo, come affermato dalla Commissione, è chiaro che il licenziamento di un rappresentante dei lavoratori motivato dalla sua qualità o dalle funzioni che egli esercita in tale qualità di rappresentante sarebbe incompatibile con la protezione prescritta dal detto art. 7.

    59

    Un rappresentante dei lavoratori oggetto di una decisione di licenziamento deve quindi essere in grado di verificare, nell’ambito di adeguate procedure amministrative o giudiziarie, che tale decisione non sia dovuta alla sua qualità o all’esercizio delle sue funzioni di rappresentante e sanzioni adeguate devono essere applicabili nel caso in cui si verificasse che esiste una relazione tra la qualità o le funzioni suddette e il provvedimento di licenziamento adottato nei confronti di tale rappresentante.

    60

    Se è certo possibile per gli Stati membri, come risulta dal punto 39 della presente sentenza, affidare alle parti sociali l’attuazione delle disposizioni necessarie per realizzare il recepimento della direttiva 2002/14, nondimeno tali Stati devono assicurarsi che tutti i lavoratori, e segnatamente i loro rappresentanti, possano fruire, in tutta la sua ampiezza, della protezione conferitagli da tale direttiva.

    61

    Se il legislatore nazionale adotta, alla luce di tutte le norme pertinenti del diritto dello Stato membro interessato, una misura specifica per rispettare la soglia minima di protezione prevista dall’art. 7 della direttiva 2002/14, un contratto collettivo che preveda una misura di protezione differente deve, quanto meno, poter essere subordinato ad un controllo da parte del giudice nazionale al fine di assicurarsi che anche la protezione dei rappresentanti dei lavoratori garantita da tale misura rispetti, nel suo complesso, una siffatta soglia minima.

    62

    Nonostante il margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri e alle parti sociali in materia, un contratto collettivo che preveda una protezione dei rappresentanti dei lavoratori inferiore a quella considerata necessaria dal legislatore nazionale in una legge di recepimento per conformarsi, nel suo diritto nazionale, a tale soglia minima di protezione prevista dall’art. 7 della direttiva 2002/14 non può essere dichiarato conforme a quest’ultima. Anche la questione se la protezione accordata da un contratto collettivo sia inferiore rispetto a quella accordata da una legge di recepimento dev’essere esaminata alla luce di tutte le norme pertinenti del diritto nazionale.

    63

    Nella causa principale, dalle osservazioni sottoposte alla Corte all’udienza risulta che i rappresentanti dei lavoratori a cui si applica il Samarbejdsaftalen possono godere, in linea di principio, non solo di un termine di preavviso prolungato, ma anche, in quanto essi rientrino, quali lavoratori subordinati, nell’ambito di applicazione della legge FL, di una tutela contro un licenziamento ingiustificato. Sembra quindi che un licenziamento intervenuto a causa della qualità o delle funzioni di rappresentante dei lavoratori potrebbe essere considerato come un licenziamento ingiustificato ai sensi di tale legge, comportando per il datore di lavoro, conformemente all’art. 8 della direttiva 2002/14, l’applicazione di sanzioni.

    64

    Compete al giudice del rinvio verificare se tale constatazione corrisponda alla realtà e assicurarsi che, nel caso in cui il sig. Holst, che non è membro né può, attualmente, essere membro dell’organizzazione sindacale firmataria del Samarbejdsaftalen, ricada sotto la legge del 2005 oppure sotto tale accordo o sotto la legge FL, considerata sola o in combinato disposto con l’accordo, le disposizioni che gli sono applicabili siano idonee a garantire una protezione effettiva dei diritti conferitigli dalla direttiva 2002/14 e, segnatamente, dall’art. 7 di quest’ultima.

    65

    Come risulta dalla risposta alla prima questione e dai punti 61 e 63 della presente sentenza, una siffatta protezione effettiva non può essere garantita se solo i lavoratori membri del comitato d’impresa i quali siano affiliati ad un sindacato firmatario del contratto collettivo in causa possono assicurarsi che il loro licenziamento non è intervenuto a causa della loro qualità o delle loro funzioni di rappresentanti dei lavoratori.

    66

    Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione che l’art. 7 della direttiva 2002/14 dev’essere interpretato nel senso che esso non prescrive che ai rappresentanti dei lavoratori sia accordata una tutela rafforzata contro il licenziamento. Tuttavia, qualsiasi misura adottata per recepire tale direttiva, a prescindere che sia prevista da una legge o da un contratto collettivo, deve rispettare la soglia minima di protezione prevista dal detto art. 7.

    Sulle spese

    67

    Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

     

    1)

    La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 marzo 2002, 2002/14/CE, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nella Comunità europea, deve essere interpretata nel senso che non osta ad una sua trasposizione, mediante contratto, che comporti che una categoria di lavoratori ricada sotto il contratto collettivo in causa, benché i lavoratori appartenenti a tale categoria non siano membri dell’organizzazione sindacale firmataria del detto contratto e il loro settore di attività non sia rappresentato da tale organizzazione, nei limiti in cui il contratto collettivo sia idoneo a garantire ai lavoratori rientranti nel suo ambito di applicazione una tutela effettiva dei diritti loro conferiti da questa stessa direttiva.

     

    2)

    L’art. 7 della direttiva 2002/14 dev’essere interpretato nel senso che esso non prescrive che ai rappresentanti dei lavoratori sia accordata una tutela rafforzata contro il licenziamento. Tuttavia, qualsiasi misura adottata per recepire la suddetta direttiva, a prescindere che sia prevista da una legge o da un contratto collettivo, deve rispettare la soglia minima di protezione prevista dal detto articolo.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il danese.

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