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Documento 62008CJ0583

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 20 maggio 2010.
Christos Gogos contro Commissione europea.
Impugnazione – Funzionari – Concorso interno di passaggio da una categoria ad un’altra – Nomina – Inquadramento nel grado – Art. 31, n. 2, dello Statuto – Competenza a conoscere della legittimità e del merito – Controversia di carattere pecuniario – Durata del procedimento dinanzi al Tribunale – Termine ragionevole – Domanda di equo risarcimento.
Causa C-583/08 P.

Raccolta della Giurisprudenza 2010 I-04469

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2010:287

Causa C‑583/08 P

Christos Gogos

contro

Commissione europea

«Impugnazione — Funzionari — Concorso interno di passaggio da una categoria ad un’altra — Nomina — Inquadramento nel grado — Art. 31, n. 2, dello Statuto — Competenza a conoscere della legittimità e del merito — Controversia di carattere pecuniario — Durata del procedimento dinanzi al Tribunale — Termine ragionevole — Domanda di equo risarcimento»

Massime della sentenza

1.        Impugnazione — Motivi di ricorso — Motivo dedotto per la prima volta in sede di impugnazione — Irricevibilità

(Regolamento di procedura della Corte, artt. 42, n. 2, primo comma, 113, n. 2, e 118)

2.        Impugnazione — Motivi di ricorso — Insufficienza di motivazione

(Art. 256 TFUE; Statuto della Corte di giustizia, artt. 36 e 53; regolamento di procedura del Tribunale, art. 81)

3.        Impugnazione — Motivi di ricorso — Obbligo per il Tribunale di riconoscere d’ufficio un risarcimento — Questione di diritto — Ricevibilità

4.        Funzionari — Ricorso — Competenza a conoscere della legittimità e del merito — Controversie di carattere pecuniario ai sensi dell’art. 91, n. 1, dello Statuto — Nozione

(Statuto dei funzionari, art. 91, n. 1)

5.        Funzionari — Ricorso — Competenza a conoscere della legittimità e del merito — Possibilità di condannare d’ufficio l’istituzione convenuta al risarcimento

(Statuto dei funzionari, art. 91, n. 1)

6.        Procedura — Durata del procedimento dinanzi al Tribunale — Termine ragionevole — Criteri di valutazione — Conseguenze

(Artt. 268 TFUE e 340 TFUE; regolamento di procedura della Corte, art. 113, n. 1)

1.        Il combinato disposto degli artt. 42, n. 2, primo comma, e 118 del regolamento di procedura della Corte, in forza del quale non è consentito sollevare nuovi motivi in sede di impugnazione, mira, conformemente a quanto previsto dall’art. 113, n. 2, del citato regolamento di procedura, a evitare che si addivenga in sede di impugnazione ad una modifica dell’oggetto della controversia rispetto a quello sottoposto al Tribunale.

(v. punti 23-24)

2.        L’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia e la motivazione del Tribunale può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale ha disatteso i loro argomenti e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo.

(v. punto 30)

3.        La questione se il Tribunale sia obbligato a riconoscere al ricorrente, d’ufficio, un risarcimento integra una questione di diritto che può costituire oggetto d’impugnazione e la cui ricevibilità non può essere fatta dipendere dal fatto che, in primo grado, quest’ultimo abbia sollevato una pretesa risarcitoria. Infatti, una tale censura, che consiste sostanzialmente nel contestare al Tribunale di aver travisato il proprio ambito di competenza, non può essere sollevata, per sua propria natura, in un procedimento di primo grado.

(v. punti 41-42)

4.        L’art. 91, n. 1, seconda frase, dello Statuto conferisce al Tribunale, quando giudica controversie di carattere pecuniario, una competenza anche di merito, nell’ambito della quale può, se necessario, condannare d’ufficio la convenuta a versare un risarcimento per il danno causato dal suo illecito e, in tal caso, tenuto conto delle circostanze, può valutare equitativamente il danno.

Costituiscono in particolare «controversie di carattere pecuniario» ai sensi di tale disposizione i ricorsi per responsabilità proposti dagli agenti contro un’istituzione, nonché tutti quelli che mirano ad ottenere da un’istituzione il pagamento a un agente di un importo che quest’ultimo ritiene essergli dovuto in forza dello Statuto o di un altro atto che disciplina il loro rapporto di lavoro.

Anche un ricorso proposto da un funzionario per chiedere l’annullamento di una decisione che incide sulla sua posizione statutaria può dare luogo ad una controversia di carattere pecuniario ai sensi dell’art. 91, n. 1, dello Statuto.

In particolare, il ricorso con cui il funzionario chiede il riesame giudiziale del proprio inquadramento fa assumere alla controversia carattere pecuniario, atteso che la decisione di inquadramento dell’autorità che ha il potere di nomina non incide solo sulla carriera dell’interessato e sulla sua posizione all’interno della gerarchia, bensì si ripercuote direttamente sulle sue spettanze economiche e, in particolare, sull’ammontare della sua retribuzione ai sensi dello Statuto.

(v. punti 44-47)

5.        La competenza anche di merito attribuita al giudice dell’Unione europea dall’art. 91, n. 1, dello Statuto gli affida il compito di risolvere esaustivamente le controversie ad esso sottoposte. Tale competenza mira in particolare a consentire ai giudici dell’Unione di assicurare l’effetto utile delle sentenze di annullamento da loro pronunciate nelle cause di funzione pubblica, di modo che, laddove l’annullamento di una decisione illegittima dell’autorità che ha il potere di nomina non sia sufficiente per attuare i diritti del funzionario interessato o per tutelarne efficacemente gli interessi, il giudice dell’Unione può, d’ufficio, accordare a questi un indennizzo.

Peraltro, la competenza anche di merito consente parimenti ai giudici dell’Unione di condannare d’ufficio la parte convenuta a risarcire il danno causato dal suo illecito anche qualora essi non pronuncino l’annullamento della decisione impugnata.

(v. punti 49-51)

6.        Sebbene il mancato rispetto, da parte del Tribunale, di un termine ragionevole del procedimento possa dar luogo, ove accertato, ad una domanda di risarcimento in forza di un ricorso presentato contro l’Unione europea sulla base del combinato disposto degli artt. 268 TFUE e 340, secondo comma, TFUE, l’art. 113, n. 1, del regolamento di procedura della Corte dispone che, nell’ambito dell’impugnazione, le conclusioni del ricorrente debbono avere per oggetto l’annullamento, totale o parziale, della sentenza del Tribunale e, se del caso, l’accoglimento, totale o parziale, delle conclusioni presentate in primo grado.

Di conseguenza, in mancanza di qualsivoglia indizio del fatto che la durata del procedimento abbia influito sulla soluzione della controversia, il motivo secondo cui la durata del procedimento dinanzi al Tribunale ha superato i limiti della ragionevolezza non può, in via generale, condurre all’annullamento della sentenza pronunciata da quest’ultimo e deve pertanto essere dichiarato irricevibile.

(v. punti 56-57)







SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

20 maggio 2010 (*)

«Impugnazione – Funzionari – Concorso interno di passaggio da una categoria ad un’altra – Nomina – Inquadramento nel grado – Art. 31, n. 2, dello Statuto – Competenza a conoscere della legittimità e del merito – Controversia di carattere pecuniario – Durata del procedimento dinanzi al Tribunale – Termine ragionevole – Domanda di equo risarcimento»

Nel procedimento C‑583/08 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 22 dicembre 2008,

Christos Gogos, funzionario della Commissione europea, residente in Waterloo (Belgio), rappresentato dagli avv.ti N. Korogiannakis e P. Katsimani, dikigoroi,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata dal sig. J. Currall, in qualità di agente, assistito dall’avv. P.I. Anestis, dikigoros, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. E. Levits, A. Borg Barthet (relatore), J.‑J. Kasel e M. Safjan, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 gennaio 2010,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 marzo 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, il sig. Gogos chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 15 ottobre 2008, causa T‑66/04, Gogos/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), recante rigetto del suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione delle Comunità europee, relativa al suo inquadramento nel grado A 7, terzo scatto (in prosieguo: la «decisione di inquadramento»), e della decisione 24 novembre 2003, recante rigetto del reclamo da lui proposto dinanzi all’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo l’«APN») avverso la decisione di inquadramento (in prosieguo: la «decisione sul reclamo»).

 Contesto normativo

2        L’art. 31 dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee, nella versione vigente all’epoca dei fatti che hanno dato luogo alla presente controversia (in prosieguo: lo «Statuto»), prevedeva quanto segue:

«1.      I candidati (...) sono nominati:

– funzionari della categoria A (...): nel grado iniziale della loro categoria (...);

(...).

2. Tuttavia, l’[APN] può derogare alle disposizioni di cui sopra [al n. 1] nei limiti:

(...)

b) per gli altri gradi [diversi dai gradi A1, A2, A3 e LA3]:

–       di un terzo se si tratta di posti divenuti disponibili,

–       della metà se si tratta di posti di nuova istituzione.

(...)».

3        L’art. 32, commi primo e secondo, dello Statuto prevedeva quanto segue:

«Il funzionario assunto viene inquadrato al primo scatto del suo grado.

Tuttavia, l’[APN], per tener conto della formazione e dell’esperienza professionale specifica dell’interessato, può concedergli un abbuono d’anzianità di scatto in tale grado; l’abbuono non può superare 72 mesi nei gradi da A1 a A4, L/A3 e L/A4 e 48 mesi negli altri gradi».

4        L’art. 45, n. 2, dello Statuto sanciva quanto segue:

«Il passaggio di un funzionario da un quadro o da una categoria a un altro quadro o a una categoria superiore può avvenire soltanto mediante concorso».

5        Ai sensi dell’art. 46, primo comma, dello Statuto:

«Il funzionario nominato ad un grado superiore beneficia, nel nuovo grado, dell’anzianità corrispondente allo scatto virtuale uguale o immediatamente superiore allo scatto virtuale raggiunto nel suo precedente grado, maggiorato dell’importo dell’aumento biennale di scatto nel nuovo grado».

6        L’art. 91, n. 1, dello Statuto era formulato come segue:

«La Corte di giustizia delle Comunità europee è competente a dirimere ogni controversia tra le Comunità e una delle persone indicate nel presente statuto circa la legalità di un atto che rechi pregiudizio a detta persona ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2. Nelle controversie di carattere pecuniario la Corte di giustizia ha una competenza anche di merito».

 Fatti

7        I fatti all’origine della controversia sono stati esposti nella sentenza impugnata come segue:

«4      Il ricorrente, sig. Christos Gogos, in servizio presso le Comunità europee dal 1981, veniva assunto dalla Commissione il 1º ottobre 1986 come funzionario della categoria B, grado 5, primo scatto.

5      Nel 1997 il ricorrente partecipava al concorso interno COM/A/17/96, indetto per consentire ai funzionari della categoria B un avanzamento nella categoria A, per posti nella carriera A 7/A 6. La rubrica “Condizioni di ammissione al concorso” indicava che erano ammessi a partecipare al concorso i funzionari e gli agenti temporanei inquadrati in uno dei gradi della categoria B con un’anzianità di servizio di almeno sette anni in tale categoria. Sotto la rubrica “Condizioni di assunzione” si precisava che i vincitori sarebbero stati di regola nominati nel grado iniziale della carriera.

6      Con lettera del 15 dicembre 1997 il presidente della commissione giudicatrice del concorso comunicava al ricorrente la decisione di non inserirlo nell’elenco dei candidati idonei in quanto il suo punteggio all’esame orale era di 24 su 50, mentre il minimo richiesto era di 25.

7      In seguito al ricorso proposto dal ricorrente, il Tribunale, con sentenza 23 marzo 2000, causa T‑95/98, Gogos/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A-51 e II‑219), annullava la citata decisione della commissione giudicatrice, segnatamente perché [quest’ultima] non sarebbe stata in grado di garantire la parità di trattamento di tutti i candidati durante le prove orali del concorso controverso.

8      A seguito di ciò, la Commissione invitava il ricorrente a sostenere, in data 25 settembre 2000, una seconda prova orale. Non avendo superato neanche tale prova, il ricorrente proponeva un nuovo ricorso dinanzi al Tribunale, iscritto a ruolo con il numero T‑ 97/01. A seguito di una composizione amichevole della controversia tra le parti, la Commissione si impegnava a prorogare, in via eccezionale e a vantaggio del solo ricorrente, il procedimento di selezione COM/A/17/96 (v. ordinanza del Tribunale 21 ottobre 2002, causa T‑97/01, Gogos/Commissione, non pubblicata nella Raccolta). Il ricorrente si è presentato quindi ad una terza prova orale che ha avuto luogo l’8 novembre 2002.

9      Con lettera del 15 novembre 2002 la Commissione comunicava al ricorrente che egli aveva superato tale esame e che il suo nominativo era stato inserito nell’elenco dei candidati risultati idonei nel concorso COM/A/17/96.

10      Il ricorrente veniva quindi nominato funzionario con efficacia a decorrere dal 1° aprile 2003 e assegnato alla direzione generale della politica regionale, vale a dire quella in cui egli aveva lavorato dal momento della sua assunzione, nel 1986, come funzionario della categoria B.

11      Il 31 marzo 2003 il ricorrente veniva informato della decisione con la quale l’[APN] lo inquadrava nel terzo scatto del grado A 7 con effetto a decorrere dal 1° aprile 2003 (...).

12      Avverso la decisione [di inquadramento] il ricorrente proponeva, il 30 giugno 2003, un reclamo ex art. 90, n. 2, dello Statuto. A sostegno del suo reclamo egli lamentava una violazione degli artt. 31 e 45 del detto Statuto, dell’art. 233 CE, del principio di parità di trattamento nonché il mancato rispetto dell’accordo amichevole raggiunto dalle parti nell’ambito della causa T‑97/01. Egli faceva valere che il suo superamento del concorso di cui trattasi doveva produrre effetti fin dal momento della sua prima prova orale, vale a dire il 15 dicembre 1997, in quanto egli aveva beneficiato di una riapertura del procedimento di concorso. Infine, egli sosteneva che, tenuto conto della sua esperienza professionale pertinente riguardo al profilo difficilmente rintracciabile, egli doveva essere inquadrato nel grado A 6, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2002, poiché le prime promozioni dei vincitori del concorso interno COM/A/17/96 al grado A 6 avevano già avuto luogo il 1° gennaio 2002 e la maggior parte di essi aveva raggiunto tale grado nel 2003.

13      Tale reclamo veniva respinto con decisione dell’APN 24 novembre 2003 (…). Secondo tale decisione, l’art. 31, n. 2, dello Statuto non si applica al caso di specie perché riguarda unicamente i nuovi funzionari. Esso non può dunque essere applicato al ricorrente che era già funzionario della categoria B. In ogni caso, il suo fascicolo non sarebbe eccezionale tenuto conto dei cinque criteri utilizzati per procedere all’inquadramento di ogni funzionario al momento della sua entrata in servizio, cioè il profilo universitario, la durata e la qualità dell’esperienza professionale, la pertinenza dell’esperienza professionale in relazione al posto occupato e la particolarità del profilo professionale nel mercato del lavoro. Per contro l’APN ha considerato che il calcolo del grado e dello scatto del ricorrente era stato effettuato correttamente, in applicazione dell’art. 46 dello Statuto».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

8        Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 18 febbraio 2004, il sig. Gogos ha chiesto l’annullamento della decisione di inquadramento e della decisione sul reclamo, nonché la condanna della Commissione alle spese o, in subordine, la condanna di ciascuna parte a sopportare le proprie spese.

9        A sostegno della sua istanza, il ricorrente sollevava, in via principale, la violazione dell’art. 31, n. 2, dello Statuto. Egli faceva inoltre valere che, negandogli il beneficio dell’applicazione di tale disposizione, l’APN aveva parimenti violato, di conseguenza, l’art. 233 CE nonché i principi di parità di trattamento, di equità, di buona amministrazione e di legittima aspettativa di carriera.

10      Il Tribunale ha anzitutto rilevato, al punto 30 della sentenza impugnata, che, benché un’interpretazione letterale degli artt. 45, n. 2, e 31, nn. 1 e 2, dello Statuto non ostino a che un funzionario sia nominato nel grado superiore della carriera, in applicazione del citato art. 31, n. 2, qualora egli vinca un concorso interno di passaggio ad una categoria superiore, la sistematica e la ratio di tali disposizioni non lo consentono. Il Tribunale ne deduce, al punto 35 della medesima sentenza, che quest’ultima disposizione non era applicabile alla situazione del ricorrente.

11      Il Tribunale ha poi considerato, al punto 36 della sentenza impugnata, che, seppure la citata disposizione fosse applicabile al caso di specie, essa non implicherebbe un diritto in capo al ricorrente ad essere inquadrato nel grado A 6. Il Tribunale ha infatti dichiarato, al punto 41 della medesima sentenza, che la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale, nel contesto stabilito dall’art. 31 dello Statuto, sia per esaminare se il posto vacante imponga l’assunzione di un titolare particolarmente qualificato o se questi possieda qualifiche eccezionali sia per valutare le conseguenze di tale constatazioni. Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 42 della citata sentenza, di non poter sostituire la sua valutazione a quella dell’APN e di doversi limitare a verificare se vi sia stata una violazione di forme sostanziali, se l’APN non abbia fondato la sua decisione su fatti materiali inesatti o incompleti e se la decisione non sia viziata da un abuso di potere, da un errore manifesto di valutazione o da una carenza di motivazione.

12      Il Tribunale, dopo aver rilevato che il ricorrente non ha fornito alcun elemento atto a considerare la sussistenza di tali circostanze, ha concluso, al punto 44 della sentenza impugnata, che le irregolarità commesse, secondo il ricorrente, dalla Commissione nella gestione della sua assunzione, che si tratti della violazione dell’art. 233 CE o dei principi di parità di trattamento, di equità, di buona amministrazione e di legittima aspettativa di carriera, non sono tali da incidere sulla legittimità stessa della decisione di inquadramento contestata dal ricorrente.

13      Il Tribunale ha inoltre considerato, al punto 45 della sentenza impugnata, che, poiché la valutazione relativa al carattere eccezionale delle qualificazioni di un funzionario appena assunto non può essere effettuata in astratto, bensì in relazione al posto per il quale l’assunzione ha avuto luogo, la sua natura peculiare al singolo caso osta a che il ricorrente possa utilmente invocare una violazione del principio di parità di trattamento.

14      Infine, al punto 47 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, se è vero che l’organizzazione di una nuova prova orale per il ricorrente può aver causato il ritardo del momento del suo passaggio nella categoria A, nonché del momento in cui egli ha acquisito l’anzianità minima di due anni nel grado A 7, necessaria per poter essere promosso nel grado A 6 ai sensi dell’art. 45 dello Statuto, privandolo eventualmente della possibilità di essere assunto prima nella categoria A e di essere preso in considerazione per gli esercizi di promozione successivi, è pur vero che il ricorrente non ha sottoposto al Tribunale nessuna domanda di risarcimento a tal titolo.

15      Dopo aver accertato che l’origine della controversia era stata favorita dal comportamento della Commissione, che ha reso necessaria l’organizzazione di tre prove orali per il ricorrente, il Tribunale, fondandosi sull’art. 87, n. 3, del suo regolamento di procedura, ha condannato la Commissione a sopportare le proprie spese nonché quelle del ricorrente.

 Conclusioni delle parti

16      Il ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        annullare la decisione di inquadramento nonché la decisione sul reclamo;

–        esercitare la sua competenza anche di merito e concedergli un risarcimento per un importo di EUR 538 121,79 per il danno economico derivante dal comportamento illegittimo della Commissione, come emerge dalla decisione di inquadramento, danno aggravato dalla riforma dello Statuto per tutta la vita del ricorrente;

–        concedere un risarcimento danni per un importo di EUR 50 000 per il ritardo nell’adozione della sentenza di primo grado;

–        condannare la Commissione alle spese sostenute dal ricorrente sia nel procedimento di primo grado sia nell’impugnazione.

17      La Commissione chiede che la Corte voglia respingere sia l’impugnazione sia la domanda di risarcimento del ricorrente fondata sull’eccessiva durata del procedimento e condannare il ricorrente alle spese.

 Sull’impugnazione

18      A sostegno della sua impugnazione, il ricorrente solleva due motivi attinenti, il primo, ad una carenza di motivazione della sentenza impugnata e, il secondo, ad un errore di diritto commesso dal Tribunale nell’astenersi dall’esercitare la sua competenza anche di merito per concedergli d’ufficio un risarcimento del danno alla carriera da egli subito. Egli chiede inoltre un risarcimento a causa della durata eccessiva del procedimento dinanzi al Tribunale.

 Sul primo motivo

Argomenti delle parti

19      Con il suo primo motivo, il ricorrente contesta al Tribunale di aver omesso di esaminare cinque dei sei motivi di annullamento da egli invocati dinanzi a quest’ultimo e di non avere quindi sufficientemente motivato il rigetto del suo ricorso diretto sia avverso la decisione di inquadramento sia avverso la decisione sul reclamo.

20      Egli contesta segnatamente al Tribunale di aver respinto senza alcuna motivazione e sul fondamento di un ragionamento totalmente arbitrario motivi di annullamento attinenti alla violazione, rispettivamente, dell’art. 233 CE, dei principi di parità di trattamento, di equità, di buona amministrazione e di legittima aspettativa di carriera.

21      Il ricorrente fa inoltre valere che il Tribunale aveva l’obbligo di esaminare il motivo attinente alla violazione del principio di parità di trattamento in modo autonomo, senza che un siffatto esame fosse subordinato all’accertamento delle condizioni di cui all’art. 31, n. 2, dello Statuto.

22      La Commissione sostiene che tale motivo è irricevibile. A suo parere il sig. Gogos, in primo grado, ha avanzato un unico motivo di annullamento, fondato esclusivamente sulla violazione dell’art. 31, n. 2, dello Statuto, e ha richiamato le ulteriori norme e gli ulteriori principi menzionati semplicemente ad abundantiam. Il tentativo da parte del ricorrente di far assurgere, in sede di impugnazione, tali argomenti complementari ad autonomi motivi di annullamento, in realtà, equivarrebbe alla deduzione di motivi nuovi.

 Giudizio della Corte

–       Sulla ricevibilità

23      In via preliminare si deve rammentare che, come emerge dal combinato disposto degli artt. 42, n. 2, primo comma, e 118 del regolamento di procedura della Corte, non è consentito sollevare nuovi motivi in sede di impugnazione.

24      Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 33 delle sue conclusioni, tali norme mirano, conformemente a quanto previsto dall’art. 113, n. 2, del citato regolamento di procedura, a evitare che si addivenga in sede di impugnazione ad una modifica dell’oggetto della controversia rispetto a quello sottoposto al Tribunale (v., in tal senso, sentenze 1° giugno 1994, causa C‑136/92 P, Commissione/Brazzelli Lualdi e a., Racc. pag. I‑1981, punti 57‑59; 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 165; 18 gennaio 2007, causa C‑229/05 P, PKK e KNK/Consiglio, Racc. pag. I‑439, punto 66, nonché 2 aprile 2009, causa C‑202/07 P, France Télécom/Commissione, Racc. pag. I-2369, punto 60).

25      Orbene, nel caso di specie, si deve constatare, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 34 delle sue conclusioni, che il sig. Gogos, nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, ha dedicato una parte rilevante di quest’ultimo all’art. 233 CE e ai principi di parità di trattamento, di equità, di buona amministrazione e di legittima aspettativa di carriera.

26      Nell’ambito della sua impugnazione, egli contesta il fatto che la sentenza impugnata non ha valutato adeguatamente parti cruciali dell’argomentazione da lui svolta in primo grado e chiede alla Corte di verificare se il Tribunale abbia esaminato gli elementi dinanzi ad esso esposti in modo tale da rispettare i requisiti di motivazione delle sentenze.

27      Si deve pertanto considerare che il primo motivo di impugnazione non produce l’effetto di sottoporre alla Corte una controversia con oggetto più ampio di quello portato a conoscenza del Tribunale.

28      Occorre quindi considerare ricevibile detto motivo.

–       Nel merito

29      Si deve rammentare che il motivo attinente alla mancata risposta, da parte del Tribunale, ad un motivo sollevato in primo grado consiste, sostanzialmente, nell’invocare una violazione dell’obbligo di motivazione derivante dall’art. 36 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale dell’Unione europea in forza dell’art. 53, primo comma, del medesimo Statuto, e dall’art. 81 del regolamento di procedura del Tribunale (v., in tal senso, sentenze 1° ottobre 1991, causa C‑283/90 P, Vidrányi/Commissione, Racc. pag. I‑4339, punto 29, e 11 settembre 2003, causa C‑197/99 P, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑8461, punto 80, in combinato disposto con il punto 83).

30      Risulta da una giurisprudenza costante che l’obbligo di motivazione in capo al Tribunale non impone a quest’ultimo di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia, e che la motivazione del Tribunale può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto le loro tesi ed alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (v., in particolare, sentenze 9 ottobre 2008, causa C‑16/07 P, Chetcuti/Commissione, Racc. pag. I‑7469, punto 87, e 16 luglio 2009, causa C‑440/07 P, Commissione/Schneider Electric, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 135).

31      Nella specie, emerge chiaramente dalla sentenza impugnata che il Tribunale ha risposto all’argomento del ricorrente secondo il quale, negandogli il beneficio dell’applicazione dell’art. 31, n. 2, dello Statuto, la Commissione ha violato, di conseguenza, l’art. 233 CE nonché i principi di parità di trattamento, di equità, di buona amministrazione e di legittima aspettativa di carriera.

32      Infatti, dopo aver respinto la censura attinente alla violazione dell’art. 31, n. 2, dello Statuto, il Tribunale, al punto 44 della sentenza impugnata, ha rilevato che, di conseguenza, «le irregolarità commesse, secondo il ricorrente, dalla Commissione nella gestione della sua assunzione, che si tratti della violazione dell’art. 233 CE o dei principi di parità di trattamento, di equità, di buona amministrazione e di legittima aspettativa di carriera, non sono tali da incidere sulla legittimità stessa della decisione di inquadramento nel grado contestata dal ricorrente».

33      È quindi giocoforza constatare che emerge dalla motivazione della sentenza impugnata che il Tribunale ha respinto le censure di cui trattasi per le medesime ragioni in base alle quali ha respinto il motivo attinente alla violazione dell’art. 31, n. 2, dello Statuto.

34      Relativamente all’argomento del ricorrente secondo il quale il Tribunale aveva l’obbligo di esaminare il motivo attinente alla violazione del principio di parità di trattamento in modo autonomo, occorre rilevare che, ai punti 45 e 46 della sentenza impugnata, le ragioni per le quali detto giudice ha considerato che tale principio non consente di inquadrare il ricorrente in un grado superiore della carriera sono state chiaramente esplicitate.

35      Il fatto che il Tribunale è pervenuto, nel merito, ad una conclusione diversa dal ricorrente non può di per sé comportare che la sentenza impugnata sia viziata da difetto di motivazione (sentenza 7 giugno 2007, causa C‑362/05 P, Wunenburger/Commissione, Racc. pag. I‑4333, punto 80).

36      Alla luce delle considerazioni suesposte si deve dichiarare che la motivazione della sentenza impugnata consente di comprendere adeguatamente le ragioni per le quali il Tribunale ha respinto le censure sollevate dal ricorrente nel giudizio di primo grado.

37      Pertanto, il primo motivo sollevato dal ricorrente a sostegno della sua impugnazione deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

38      Con il suo secondo motivo, il ricorrente contesta al Tribunale di non aver esercitato la competenza anche di merito di cui dispone nelle controversie di natura pecuniaria per concedergli d’ufficio un risarcimento.

39      Il ricorrente contesta, in particolare, il punto 47 della sentenza impugnata, nel quale il Tribunale ha sostanzialmente statuito che, anche se l’organizzazione di una nuova prova orale può avergli fatto perdere un’occasione di essere nominato prima nella categoria A e, di conseguenza, di beneficiare più rapidamente di una promozione in questa nuova carriera, egli non ha tuttavia sottoposto al Tribunale nessuna domanda di risarcimento a tal titolo.

40      La Commissione sostiene che tale motivo è irricevibile in quanto è stato sollevato per la prima volta nell’ambito dell’impugnazione. Essa aggiunge che, comunque, non è riscontrabile nella fattispecie alcun motivo per concedere un risarcimento al ricorrente e, pertanto, alcun fondamento che consenta al Tribunale di esercitare la sua competenza anche di merito in controversie di carattere pecuniario.

 Giudizio della Corte

–       Sulla ricevibilità

41      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni, la questione se il Tribunale fosse obbligato a riconoscere al ricorrente, d’ufficio, un risarcimento integra una questione di diritto che può costituire oggetto d’impugnazione e la cui ricevibilità non può essere fatta dipendere dal fatto che, in primo grado, quest’ultimo abbia sollevato una pretesa risarcitoria.

42      Infatti, una tale censura, che consiste sostanzialmente nel contestare al Tribunale di aver travisato il proprio ambito di competenza, non può essere sollevata, per sua propria natura, in un procedimento di primo grado e quindi l’eccezione di irricevibilità proposta dalla Commissione dev’essere respinta.

43      Si deve di conseguenza dichiarare che il secondo motivo sollevato dal ricorrente a sostegno della sua impugnazione è ricevibile.

–       Nel merito

44      Secondo una giurisprudenza costante, l’art. 91, n. 1, seconda frase, dello Statuto, riconosce al Tribunale, relativamente alle controversie di carattere pecuniario, una competenza anche di merito, nell’ambito della quale può, se necessario, condannare d’ufficio la convenuta a versare un risarcimento per il danno causato dal suo illecito e, in tal caso, tenuto conto di tutte le circostanze, può valutare equitativamente il danno (v., in particolare, sentenze 5 giugno 1980, causa 24/79, Oberthür/Commissione, Racc. pag. 1743, punto 14; 27 ottobre 1987, cause riunite 176/86 e 177/86, Houyoux e Guery/Commissione, Racc. pag. 4333, punto 16; 17 aprile 1997, causa C‑90/95 P, Compte/Parlamento, Racc. pag. I‑1999, punto 45, nonché 21 febbraio 2008, causa C‑348/06 P, Commissione/Girardot, Racc. pag. I‑833, punto 58).

45      Costituiscono, in particolare, «controversie di carattere pecuniario» ai sensi di tale disposizione non solo i ricorsi per responsabilità avviati da un dipendente contro un’istituzione, bensì anche tutti quelli che mirano ad ottenere da un’istituzione il pagamento ad un dipendente di un importo che quest’ultimo ritiene essergli dovuto in forza dello Statuto o di un altro atto che disciplina il loro rapporto di lavoro (v., in tal senso, sentenza 18 dicembre 2007, causa C‑135/06 P, Weißenfels/Parlamento, Racc. pag. I‑12041, punto 65).

46      Secondo la giurisprudenza della Corte, anche un ricorso di annullamento proposto da un funzionario per chiedere la caducazione di una decisione che incide sulla sua posizione statutaria può dare luogo ad una controversia di carattere pecuniario ai sensi dell’art. 91, n. 1, dello Statuto (v. sentenze citate Oberthür/Commissione, punto 14, nonché Houyoux e Guery/Commissione, punto 16 in combinato disposto con il punto 1).

47      In particolare, la Corte ha già statuito che il ricorso con cui il funzionario chiede il riesame giudiziale del proprio inquadramento fa assumere alla controversia carattere pecuniario (sentenza 8 luglio 1965, causa 83/63, Krawczynski/Commissione, Racc. pag. 739, in particolare pag. 751). Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle sue conclusioni, tale affermazione è fondata sulla premessa secondo la quale la decisione di inquadramento dell’APN non incide solo sulla carriera dell’interessato e sulla sua posizione all’interno della gerarchia, bensì si ripercuote direttamente sulle sue spettanze economiche e, in particolare, sull’ammontare della sua retribuzione ai sensi dello Statuto.

48      Ne consegue che il ricorso proposto in primo grado dal sig. Gogos aveva carattere pecuniario ai sensi dell’art. 91, n. 1, dello Statuto. Pertanto, il Tribunale disponeva nel caso di specie di una competenza anche di merito.

49      La competenza anche di merito, conferita al giudice dell’Unione dall’art. 91, n. 1, dello Statuto, affida a quest’ultimo il compito di risolvere esaustivamente le controversie ad esso sottoposte (sentenze Weißenfels/Parlamento, cit., punto 67, e 17 dicembre 2009, causa C‑197/09 RX-II, Réexamen M/EMEA, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 56).

50      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, tale competenza mira in particolare a consentire ai giudici dell’Unione di assicurare l’effetto utile delle sentenze di annullamento da loro pronunciate nelle cause di funzione pubblica, di modo che, laddove l’annullamento di una decisione illegittima dell’APN non sia sufficiente per attuare i diritti del funzionario interessato o per tutelarne efficacemente gli interessi, il giudice dell’Unione può, d’ufficio, accordare a questi un indennizzo.

51      Orbene, anche se, nel caso di specie, il Tribunale ha statuito che la decisione di inquadramento e la decisione sul reclamo non sono viziate da errori di diritto, si deve tuttavia rammentare che, come indicato al punto 44 della presente sentenza, la competenza anche di merito consente parimenti ai giudici dell’Unione di condannare d’ufficio la parte convenuta a risarcire il danno causato dal suo illecito anche qualora essi non pronuncino l’annullamento della decisione impugnata.

52      Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 68 e 75 delle sue conclusioni, si deve constatare che, nel caso di specie, il danno subito dal sig. Gogos in termini di retribuzione e di carriera è stato causato non tanto dalla decisione di inquadramento e dalla decisione sul reclamo, quanto da errori di diritto commessi dalla Commissione nell’ambito della procedura di concorso, errori che il sig. Gogos non ha fatto valere nell’ambito del presente procedimento.

53      Pertanto, il Tribunale si è correttamente astenuto dall’esercitare la sua competenza anche di merito e il secondo motivo invocato dal ricorrente a sostegno della sua impugnazione deve essere quindi respinto in quanto infondato.

 Sulla domanda di risarcimento a causa della durata eccessiva del procedimento dinanzi al Tribunale

 Argomenti delle parti

54      Il ricorrente chiede alla Corte di accordargli un importo pari a EUR 50 000 a titolo di risarcimento a causa della durata eccessiva del procedimento dinanzi al Tribunale.

55      La Commissione sostiene che si tratta di una nuova domanda, sollevata per la prima volta in sede di impugnazione, che deve essere quindi respinta in quanto irricevibile. Essa aggiunge che tale domanda, comunque, è manifestamente priva di fondamento.

 Giudizio della Corte

56      Occorre rammentare a tale proposito che, sebbene il mancato rispetto, da parte del Tribunale, di un termine ragionevole del procedimento possa dar luogo, ove accertato, ad una domanda di risarcimento in forza di un ricorso presentato contro l’Unione europea sulla base del combinato disposto degli artt. 268 TFUE e 340, secondo comma, TFUE (sentenza 16 luglio 2009, causa C‑385/07 P, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 195), l’art. 113, n. 1, del regolamento di procedura della Corte dispone che, nell’ambito dell’impugnazione, le conclusioni del ricorrente debbono avere per oggetto l’annullamento, totale o parziale, della sentenza del Tribunale e, se del caso, l’accoglimento, totale o parziale, delle conclusioni presentate in primo grado (sentenza 9 settembre 2008, cause riunite C‑120/06 P e C‑121/06 P, FIAMM e a./ Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑6513, punto 205).

57      Di conseguenza, in mancanza di qualsivoglia indizio del fatto che la durata del procedimento abbia influito sulla soluzione della controversia, il motivo secondo cui la durata del procedimento dinanzi al Tribunale ha superato i limiti della ragionevolezza non può, in via generale, condurre all’annullamento della sentenza pronunciata da quest’ultimo e deve pertanto essere dichiarato irricevibile (sentenza FIAMM, cit., punti 203 e 211).

58      Orbene, il sig. Gogos non ha mai sostenuto che la durata asseritamente eccessiva del procedimento avrebbe avuto un’incidenza sulla soluzione della controversia dinanzi al Tribunale né domandato che la sentenza impugnata fosse annullata per tale motivo.

59      Pertanto, la domanda di risarcimento presentata dal ricorrente nell’ambito della presente impugnazione dell’essere respinta in quanto irricevibile.

60      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che l’impugnazione deve essere respinta.

 Sulle spese

61      A norma dell’art. 69, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’art. 118 di tale regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

62      Ai sensi dell’art. 122, secondo comma, secondo trattino, del medesimo regolamento, la Corte può decidere, nelle impugnazioni proposte dai funzionari o altri dipendenti di un’istituzione, che le spese vengano ripartite fra le parti, nella misura richiesta dall’equità.

63      Alla luce delle circostanze del caso di specie, si deve dare applicazione a tale disposizione e decidere che ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il sig. Gogos e la Commissione europea sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: il greco.

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