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Documento 62008CJ0089
Judgment of the Court (Grand Chamber) of 2 December 2009.#European Commission v Ireland and Others.#Appeal - State aid - Exemption from excise duty on mineral oils - Regulation (EC) No 659/1999 - Article 1(b)(v) - Failure to state reasons - Court acting of its own motion - Plea involving a matter of public policy raised by the Community judicature - Infringement of the rule that the parties should be heard - Scope of the obligation to state reasons.#Case C-89/08 P.
Sentenza della Corte (grande sezione) del 2 dicembre 2009.
Commissione europea contro Irlanda e altri.
Impugnazione - Aiuti di Stato - Esenzione dall’accisa sugli oli minerali - Regolamento (CE) n. 659/1999 - Art. 1, lett. b), v) - Difetto di motivazione - Compiti del giudice - Motivo di ordine pubblico rilevato d’ufficio dal giudice comunitario - Violazione del principio del contraddittorio - Portata dell’obbligo di motivazione.
Causa C-89/08 P.
Sentenza della Corte (grande sezione) del 2 dicembre 2009.
Commissione europea contro Irlanda e altri.
Impugnazione - Aiuti di Stato - Esenzione dall’accisa sugli oli minerali - Regolamento (CE) n. 659/1999 - Art. 1, lett. b), v) - Difetto di motivazione - Compiti del giudice - Motivo di ordine pubblico rilevato d’ufficio dal giudice comunitario - Violazione del principio del contraddittorio - Portata dell’obbligo di motivazione.
Causa C-89/08 P.
Raccolta della Giurisprudenza 2009 I-11245
Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2009:742
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
2 dicembre 2009 ( *1 )
«Impugnazione — Aiuti di Stato — Esenzione dall’accisa sugli oli minerali — Regolamento (CE) n. 659/1999 — Art. 1, lett. b), lett. v) — Difetto di motivazione — Ufficio di giudice — Motivo di ordine pubblico rilevato d’ufficio dal giudice comunitario — Violazione del principio del contraddittorio — Portata dell’obbligo di motivazione»
Nel procedimento C-89/08 P,
avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 26 febbraio 2008,
Commissione europea, rappresentata dai sigg. V. Di Bucci e N. Khan, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
procedimento in cui le altre parti sono:
Irlanda, rappresentata dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dal sig. P. McGarry, BL, con domicilio eletto in Lussemburgo,
Repubblica francese, rappresentata dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra A.-L. Vendrolini, in qualità di agenti,
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. R. Adam, in qualità di agente, assistito dal sig. G. Aiello, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,
Eurallumina SpA, con sede in Portoscuso (Italia), rappresentata dal sig. R. Denton, solicitor,
Aughinish Alumina Ltd, con sede in Askeaton (Irlanda), rappresentata dal sig. J. Handoll e dalla sig.ra C. Waterson, solicitors,
ricorrenti in primo grado,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, K. Lenaerts, E. Levits, presidenti di sezione, dai sigg. A. Rosas, P. Kūris (relatore), A. Borg Barthet, J. Malenovský, U. Lõhmus, A. O’Caoimh e J.-J. Kasel, giudici,
avvocato generale: sig. Y. Bot
cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 marzo 2009,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 maggio 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
Con la sua impugnazione, la Commissione delle Comunità europee chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 12 dicembre 2007, cause riunite T-50/06, T-56/06, T-60/06, T-62/06 e T-69/06, Irlanda e a./Commissione (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui è stata annullata la decisione della Commissione 7 dicembre 2005, 2006/323/CE, relativa all’esenzione dall’accisa sugli oli minerali utilizzati come combustibile per la produzione di allumina nella regione di Gardanne, nella regione di Shannon e in Sardegna cui hanno dato esecuzione la Francia, l’Irlanda e l’Italia rispettivamente (GU 2006, L 119, pag. 12; in prosieguo: la «decisione contestata»). |
Contesto normativo
Le direttive relative alle accise sugli oli minerali
2 |
Le accise sugli oli minerali sono state oggetto di diverse direttive, vale a dire la direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/81/CEE, relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali (GU L 316, pag. 12), la direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/82/CEE, relativa al ravvicinamento delle aliquote di accisa sugli oli minerali (GU L 316, pag. 19), nonché la direttiva del Consiglio 27 ottobre 2003, 2003/96/CE, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (GU L 283, pag. 51), che ha abrogato le direttive 92/81 e 92/82 con effetto dal 31 dicembre 2003. |
3 |
L’art. 8, n. 4, della direttiva 92/81 consentiva al Consiglio dell’Unione europea, su proposta della Commissione, di autorizzare uno Stato membro ad istituire esenzioni o riduzioni di aliquote d’accisa diverse da quelle previste dalla detta direttiva. |
4 |
La direttiva 2003/96 ha stabilito, all’art. 2, n. 4, lett. b), secondo trattino, che essa non si applicava ai prodotti energetici ad uso combinato, ossia a quelli destinati ad essere utilizzati sia come combustibile sia per fini diversi da quello di carburante o combustibile. In tal senso, a decorrere dal 1o gennaio 2004, data di entrata in vigore di tale direttiva, non esiste più alcuna aliquota minima per l’accisa sugli oli combustibili pesanti utilizzati nella produzione di allumina. Inoltre, all’art. 18, n. 1, la direttiva 2003/96 ha autorizzato gli Stati membri, con riserva di previo esame da parte del Consiglio, a continuare ad applicare fino al 31 dicembre 2006 le riduzioni delle aliquote o le esenzioni fissate nell’allegato II, che menziona le esenzioni dalle accise degli oli combustibili pesanti utilizzati nella produzione di allumina nella regione di Gardanne, nella regione di Shannon e in Sardegna. |
Il regolamento (CE) n. 659/1999
5 |
Ai sensi dell’art. 1, lett. b), del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88 CE] (GU L 83, pag. 1), si intende per «aiuti esistenti»: «(…)
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Fatti
6 |
L’Irlanda, la Repubblica italiana e la Repubblica francese esentano dalle accise gli oli minerali utilizzati per la produzione di allumina rispettivamente nella regione di Shannon dal 1983, in Sardegna dal 1993 e nella regione di Gardanne dal 1997 (in prosieguo: le «esenzioni controverse»). |
7 |
Le esenzioni controverse sono state autorizzate, rispettivamente, dalla decisione del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/510/CEE, che autorizza gli Stati membri ad applicare a determinati oli minerali utilizzati per fini specifici le già esistenti riduzioni delle aliquote d’accisa o esenzioni dell’accisa, conformemente alla procedura prevista all’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 92/81/CEE (GU L 316, pag. 16), dalla decisione del Consiglio 13 dicembre 1993, 93/697/CE, che autorizza alcuni Stati membri ad applicare o a continuare ad applicare a determinati oli minerali utilizzati per fini specifici riduzioni delle aliquote d’accisa o esenzioni dell’accisa, conformemente alla procedura prevista dall’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 92/81/CEE (GU L 321, pag. 29), e dalla decisione del Consiglio 30 giugno 1997, 97/425/CE, che autorizza gli Stati membri ad applicare e a continuare ad applicare a determinati oli minerali utilizzati per fini specifici le già esistenti riduzioni delle aliquote d’accisa o esenzioni dall’accisa, secondo la procedura di cui alla direttiva 92/81/CEE (GU L 182, pag. 22). Le esenzioni controverse sono state più volte prorogate dal Consiglio, da ultimo fino al 31 dicembre 2006 con la decisione del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/224/CE, relativa alle riduzioni delle aliquote d’accisa e alle esenzioni dall’accisa su determinati oli minerali utilizzati per fini specifici (GU L 84, pag. 23). |
8 |
Il punto 5 della motivazione della decisione 2001/224 precisava che quest’ultima non pregiudicava l’esito di eventuali procedimenti in materia di distorsioni di funzionamento del mercato unico, esperibili, segnatamente, a norma degli articoli 87 CE e 88 CE e che non dispensava gli Stati membri, ai sensi dell’articolo 88 CE, dall’obbligo di comunicare alla Commissione gli aiuti di Stato che avrebbero potuto essere istituiti. |
9 |
Con tre decisioni datate 30 ottobre 2001, la Commissione avviava, con riferimento a ciascuna delle esenzioni controverse, il procedimento previsto all’art. 88, n. 2, CE. In esito a tale procedimento, la Commissione adottava la decisione contestata, in forza della quale:
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10 |
Nella decisione contestata la Commissione rilevava che le esenzioni controverse costituivano aiuti nuovi e non aiuti esistenti ai sensi dell’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999. Essa fondava tale valutazione, in particolare, sul fatto che le esenzioni controverse non esistevano prima dell’entrata in vigore del Trattato CE negli Stati membri interessati, che esse non erano mai state esaminate né autorizzate alla luce delle norme sugli aiuti di Stato e che non erano mai state notificate. |
11 |
Inoltre, al punto 69 della motivazione della decisione contestata, la Commissione affermava che l’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999 non era applicabile nella fattispecie. |
12 |
Dopo aver illustrato in qual misura gli aiuti in questione fossero incompatibili con il mercato comune, la Commissione riteneva che, alla luce delle decisioni di esenzione e tenuto conto che le stesse erano state adottate su sua proposta, il recupero degli aiuti incompatibili concessi anteriormente al 2 febbraio 2002, data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee delle decisioni di avvio del procedimento previsto all’art. 88, n. 2, CE, fosse in contrasto con i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto. |
Ricorsi dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
13 |
Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale la Repubblica italiana, l’Irlanda, la Repubblica francese, la Eurallumina SpA e la Aughinish Alumina Ltd, rispettivamente in data 16, 17 e 23 febbraio 2006, proponevano ricorsi di annullamento totale o parziale della decisione contestata. I singoli procedimenti venivano riuniti ai fini della fase orale e della decisione. |
14 |
Si legge nella sentenza impugnata che, a sostegno del loro ricorso, le ricorrenti deducevano, in sostanza, 23 motivi vertenti, in particolare, sull’errata qualificazione delle esenzioni controverse come aiuti nuovi — laddove si tratterebbe, invece, di aiuti esistenti — nonché sulla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto, del rispetto di un termine ragionevole, di presunzione di validità, del principio lex specialis derogat legi generali, dell’effetto utile e di buona amministrazione. Esse invocavano, inoltre, la violazione dell’art. 87 CE, nonché dell’obbligo di motivazione relativamente all’applicazione di tale articolo. |
15 |
Tuttavia, al punto 46 della sentenza impugnata, con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento 659/1999, il Tribunale ha affermato, nonostante l’invocazione di detti motivi, di aver ritenuto opportuno, nel caso di specie, rilevare d’ufficio il motivo vertente sul difetto di motivazione della decisione contestata. |
16 |
A tal riguardo, dopo aver ricordato, al punto 47 della sentenza impugnata, che il difetto o l’insufficienza di motivazione costituisce un motivo di ordine pubblico che dev’essere rilevato d’ufficio dal giudice comunitario e dopo aver richiamato, ai successivi punti 48 e 49, la giurisprudenza relativa alla portata dell’obbligo di motivazione di un atto comunitario, il Tribunale ha osservato, ai punti 52 e 53 della sentenza medesima, che, nella decisione contestata, la Commissione aveva esaminato se le esenzioni in questione costituissero aiuti nuovi ovvero aiuti esistenti, limitandosi peraltro, per quanto riguarda l’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999, ad affermare che lo stesso non era applicabile nella specie, senza indicarne le ragioni. |
17 |
Il Tribunale ha dichiarato, ai punti 56-63 della decisione impugnata, che nel caso di specie circostanze particolari imponevano, tuttavia, di verificare se le esenzioni controverse potessero essere considerate aiuti esistenti in base al rilievo che esse non avrebbero costituito aiuti al momento della loro attuazione, ma che lo sarebbero divenute successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune e senza aver subìto modifiche da parte degli Stati membri interessati. Il Tribunale ha ritenuto, pertanto, che la Commissione avrebbe dovuto debitamente motivare la decisione impugnata con riferimento all’applicabilità dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999. |
18 |
Le particolari circostanze in questione sono esposte, in sostanza, ai punti 56-62 della sentenza impugnata, nei seguenti termini. |
19 |
In primo luogo, in varie decisioni di autorizzazione delle esenzioni controverse si fa presente che la Commissione riconosce che tali esenzioni non comportano distorsioni della concorrenza e che esse non ostacolano il buon funzionamento del mercato interno. Orbene, nella decisione contestata nessuna indicazione consente di comprendere sotto quale profilo la nozione di distorsione di concorrenza avrebbe in materia fiscale una portata diversa da quella che ha nel settore degli aiuti di Stato. Tra queste decisioni, molte indicano altresì che la Commissione esaminerà periodicamente le esenzioni in questione al fine di garantire la loro compatibilità con il funzionamento del mercato interno e con altri obiettivi del Trattato. |
20 |
In secondo luogo, al punto 97 della motivazione della decisione contestata, la Commissione ha quantomeno riconosciuto che tali decisioni di autorizzazione, adottate in seguito alle sue proposte, hanno potuto far ritenere che le esenzioni controverse non potessero essere qualificate come aiuti di Stato al momento della loro entrata in vigore. La circostanza che tale passo della motivazione figuri nella parte relativa al recupero degli aiuti non può sminuirne la portata. |
21 |
In terzo luogo, le esenzioni controverse sono state autorizzate e prorogate, in successione, con decisioni del Consiglio su proposta della Commissione e, ad esclusione della decisione 2001/224, nessuna di tali decisioni menzionava un possibile contrasto con le norme relative agli aiuti di Stato. Al punto 96 della motivazione della decisione contestata, la stessa Commissione sottolinea peraltro che gli interessati non si attendono che la Commissione sottoponga al Consiglio proposte incompatibili con le disposizioni del Trattato. |
22 |
Al punto 64 della sentenza impugnata il Tribunale ha concluso che la Commissione aveva violato l’obbligo di motivazione ad essa incombente in forza dell’art. 253 CE, per quanto attiene alla disapplicazione, nella specie, dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999. |
Conclusioni delle parti
23 |
La Commissione chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di rinviare la causa dinanzi al Tribunale ai fini del riesame e di riservare la decisione sulle spese relativamente a entrambi i gradi di giudizio. |
24 |
La Repubblica francese, l’Irlanda, la Repubblica italiana, la Eurallumina SpA e la Aughinish Alumina Ltd chiedono alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare la Commissione alle spese. |
25 |
In subordine, la Eurallumina SpA, nell’ipotesi in cui la Corte dovesse accogliere il sesto motivo d’impugnazione, secondo il quale il Tribunale non avrebbe potuto annullare la decisione contestata nella parte in cui essa aveva esteso il procedimento di indagine formale alle esenzioni controverse per il periodo successivo al 31 dicembre 2003, chiede di annullare la sentenza impugnata limitatamente a tale punto. |
Sull’impugnazione
26 |
A sostegno della domanda di annullamento della sentenza impugnata e di rinvio delle cause dinanzi al Tribunale, la Commissione deduce sei motivi. |
27 |
Il primo motivo è diretto, in sostanza, a dimostrare che il Tribunale, rilevando d’ufficio il motivo vertente sul difetto di motivazione della decisione contestata, sarebbe andato oltre i suoi poteri. Il secondo motivo è fondato sulla violazione del principio del contraddittorio e dei diritti della difesa. Il terzo motivo verte sulla violazione degli artt. 230 CE e 253 CE, nel combinato disposto con l’art. 88 CE e con le norme relative allo svolgimento del procedimento in materia di aiuti di Stato. Il quarto e il quinto motivo sono relativi, in sostanza, alla violazione da parte del Tribunale dell’art. 253 CE consistente nell’aver erroneamente dichiarato che la Commissione aveva violato l’obbligo di motivazione per quanto concerne l’applicabilità dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999. Il sesto motivo è inteso a far dichiarare che il Tribunale non poteva annullare la decisione contestata nella parte in cui essa estende il procedimento di indagine formale alle esenzioni controverse successive al 31 dicembre 2003. |
Sul primo motivo di impugnazione, relativo al fatto che il Tribunale, rilevando d’ufficio il motivo vertente sul difetto di motivazione della decisione contestata, avrebbe oltrepassato i limiti della propria competenza
Argomenti delle parti
28 |
Il primo motivo di impugnazione si articola su due capi. Nell’ambito del primo capo la Commissione afferma che, rilevando d’ufficio il motivo vertente sul vizio di motivazione della decisione contestata, il Tribunale ha esulato dall’ambito della controversia come definita dalle parti, ha violato il principio dispositivo, ha statuito ultra petita, eccedendo quindi la propria competenza, e ha commesso un’irregolarità procedurale pregiudicando gli interessi dell’istituzione medesima. |
29 |
A sostegno di tali censure, la Commissione sostiene che il motivo rilevato d’ufficio dal Tribunale è completamente estraneo ai 23 motivi dedotti dalle ricorrenti in primo grado nonché ai fatti risultanti dagli atti delle cinque cause riunite, che non rivelavano alcuna circostanza idonea a far ritenere che le esenzioni controverse non costituissero aiuti al momento della loro istituzione, ma che lo fossero divenute successivamente, a causa dell’evoluzione del mercato comune. |
30 |
Nell’ambito del secondo capo, la Commissione sostiene che il motivo rilevato d’ufficio attenga, in realtà, alla legittimità nel merito della decisione contestata e non alla sua motivazione, in quanto la motivazione richiesta dal Tribunale non sarebbe necessaria né per gli interessati né per il giudice. Il Tribunale avrebbe dunque ignorato la distinzione riconosciuta dalla giurisprudenza tra un motivo relativo alla motivazione e un motivo di merito, e si sarebbe sostituito alle ricorrenti in primo grado rilevando un motivo che solo queste ultime avrebbero potuto dedurre. Così facendo, esso avrebbe violato, da un lato, il combinato disposto degli artt. 230 CE e 253 CE nonché, dall’altro, le norme relative all’esposizione dei motivi nell’atto di ricorso di cui all’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia e agli artt. 44, n. 1, e 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, privando tali norme di qualsiasi portata pratica. Tali violazioni costituirebbero parimenti irregolarità procedurali in danno agli interessi della Commissione. |
31 |
Nel contestare tale motivo, le convenute ricordano, in sostanza, che il difetto di motivazione, che costituisce una violazione delle forme sostanziali, è un motivo di ordine pubblico che il giudice comunitario deve rilevare d’ufficio. Non si potrebbe dunque contestare al Tribunale di aver statuito ultra petita né, peraltro, di aver violato la norma di cui all’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la quale non vincola quest’ultimo bensì il ricorrente. |
32 |
Inoltre, ad avviso delle convenute, il motivo relativo al difetto di motivazione della decisione contestata non era completamente estraneo ai motivi dedotti dalle ricorrenti in primo grado e ai fatti della causa. In particolare, nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale sarebbero state esposte e discusse le circostanze particolari riportate da quest’ultimo ai punti 56-62 della sentenza impugnata. |
33 |
Il motivo rilevato d’ufficio non riguarderebbe il merito, bensì un semplice difetto di motivazione. D’altronde, nella sentenza impugnata, il Tribunale non metterebbe in discussione la qualificazione di aiuti nuovi operata dalla Commissione, ma soltanto l’assenza di qualsiasi spiegazione in ordine all’inapplicabilità dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999. Pertanto, il Tribunale non avrebbe ignorato la distinzione tra la motivazione e il merito e avrebbe correttamente dichiarato che era necessario che la decisione contestata fosse motivata in merito all’applicabilità di tale disposizione, dovendo indicare la Commissione, nel contesto della presente controversia, le ragioni che l’avevano indotta a qualificare le esenzioni controverse come aiuti nuovi piuttosto che aiuti esistenti. |
Giudizio della Corte
34 |
Al fine di statuire sul primo capo del motivo, secondo cui il Tribunale avrebbe esulato dall’ambito della controversia come definita dalle parti, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il difetto o l’insufficienza di motivazione rientra nell’inosservanza delle forme sostanziali ai sensi dell’art. 230 CE e costituisce un motivo di ordine pubblico che può, e anzi deve, essere sollevato d’ufficio dal giudice comunitario (v., in particolare, sentenze 20 febbraio 1997, causa C-166/95 P, Commissione/Daffix, Racc. pag. I-983, punto 24; 2 aprile 1998, causa C-367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I-1719, punto 67; 30 marzo 2000, causa C-265/97 P, VBA/Florimex e a., Racc. pag. I-2061, punto 114, nonché 10 luglio 2008, causa C-413/06 P, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, Racc. pag. I-4951, punto 174). |
35 |
Rilevando d’ufficio un siffatto motivo, che, per definizione, non è stato dedotto dalle parti, il giudice comunitario non esula dall’ambito della controversia della quale è investito e non viola in alcun modo le norme procedurali relative all’esposizione dell’oggetto della controversia e dei motivi nell’atto di ricorso. |
36 |
Pertanto, nella specie, il Tribunale, rilevando d’ufficio il motivo vertente sul difetto di motivazione della decisione contestata, non ha oltrepassato i suoi poteri. |
37 |
Ne consegue che il primo capo del motivo è infondato. |
38 |
Per quanto attiene al secondo capo del motivo, secondo cui, in realtà, il Tribunale avrebbe rilevato d’ufficio un motivo relativo alla legittimità nel merito della decisione contestata, si deve osservare che il Tribunale ha annullato quest’ultima sulla base del rilievo — operato al punto 63 della sentenza impugnata — che, considerate le circostanze particolari menzionate ai punti 56-62 della sentenza medesima, la Commissione avrebbe dovuto esaminare nella presente controversia la questione dell’applicabilità dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999 e munire la decisione contestata di una sufficiente motivazione in diritto al riguardo piuttosto che limitarsi ad affermare che tale disposizione non era applicabile nel caso di specie. |
39 |
È giocoforza constatare che, nella sentenza impugnata, il Tribunale non si è affatto pronunciato sul merito dell’applicabilità di detta disposizione né, più in generale, sulla questione, discussa dalle parti, se le esenzioni controverse costituissero aiuti esistenti ovvero aiuti nuovi. |
40 |
Di conseguenza, non si può contestare al Tribunale di aver ignorato la distinzione, riconosciuta dalla giurisprudenza, tra un motivo relativo a un difetto o a un’insufficienza di motivazione, rilevabile d’ufficio dal giudice comunitario, e un motivo vertente sulla legittimità nel merito, che può essere esaminato soltanto se dedotto dal ricorrente (v. sentenza Commissione/Sytraval e Brink’s France, cit., punto 67). |
41 |
Pertanto, il secondo capo del motivo è parimenti infondato. |
42 |
Da quanto precede risulta che il primo motivo di impugnazione deve essere respinto. |
Sul secondo motivo di impugnazione, relativo al fatto che il Tribunale avrebbe violato il principio del contraddittorio e i diritti della difesa
Argomenti delle parti
43 |
Affermando che il motivo rilevato d’ufficio nella sentenza impugnata non è stato dibattuto e neppure affrontato nel corso delle fasi scritta e orale dinanzi al Tribunale, la Commissione contesta a quest’ultimo di aver violato i principi generali del contraddittorio e del rispetto dei diritti della difesa. |
44 |
A tal riguardo, la Commissione richiama la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo relativa all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), secondo la quale il giudice deve rispettare il principio del contraddittorio, in particolare laddove respinga un’impugnazione o dirima una controversia sulla base di un motivo rilevato d’ufficio. |
45 |
Essa sostiene, inoltre, che il principio del contraddittorio costituisca un principio generale dei procedimenti dinanzi ai giudici comunitari, cui la Corte ha riconosciuto il rango di diritto fondamentale, e che il Tribunale avrebbe potuto ordinare la riapertura della fase orale al fine di invitare le parti a presentare osservazioni riguardo al motivo che egli intendeva rilevare d’ufficio. |
46 |
Le convenute sostengono, in sostanza, che, in forza dell’art. 62 del regolamento di procedura del Tribunale, detto giudice disporrebbe del potere discrezionale di ordinare la riapertura della fase orale e che da tale articolo nonché dall’art. 113 del medesimo regolamento deriverebbe che l’obbligo di sentire le parti prima di rilevare d’ufficio un motivo sussisterebbe soltanto riguardo ai motivi che danno luogo all’irricevibilità del ricorso o ad un non luogo a provvedere. Esse osservano d’altronde che la Corte, quando intende rilevare d’ufficio un motivo di ordine pubblico, non riapre necessariamente la fase orale. |
47 |
Esse sostengono che, come riconosciuto dalla Commissione, la CEDU non si applichi alle persone giuridiche di diritto pubblico e che, benché il principio del contraddittorio costituisca un diritto fondamentale, la sua applicazione debba essere adeguata allo status delle parti e alle circostanze concrete della controversia. |
48 |
Nella specie, secondo le convenute, il principio del contraddittorio sarebbe stato rispettato, non essendo la sentenza impugnata basata su documenti o fatti che la Commissione avrebbe ignorato. Inoltre, il motivo rilevato d’ufficio non verterebbe sul merito della controversia, ma riguarderebbe la violazione di una forma sostanziale. |
49 |
Inoltre, gli interessi della Comunità europea non sarebbero stati pregiudicati, poiché i diritti della stessa non sarebbero stati violati, dal momento che, da una parte, la Commissione non è stata dichiarata civilmente o penalmente responsabile né le è stata inflitta una sanzione e che, dall’altra, la riapertura della fase orale non avrebbe potuto consentire alla Commissione di presentare argomenti che avrebbero indotto il Tribunale a non rilevare d’ufficio il motivo relativo a un difetto di motivazione, non potendosi rimediare a posteriori a un siffatto difetto. |
Giudizio della Corte
50 |
Il principio del contraddittorio fa parte dei diritti della difesa. Esso si applica ad ogni procedura che possa sfociare in una decisione di un’istituzione comunitaria che pregiudichi sensibilmente gli interessi di una persona (v., in particolare, sentenze 10 luglio 2001, causa C-315/99 P, Ismeri Europa/Corte dei conti, Racc. pag. I-5281, punto 28 e giurisprudenza ivi citata, nonché Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, cit., punto 61). |
51 |
Le giurisdizioni comunitarie vigilano sull’osservanza dinanzi ad esse nonché da parte di loro stesse del principio del contraddittorio. |
52 |
Infatti, la Corte ha già avuto modo di dichiarare, da un lato, che il principio del contraddittorio implica, in generale, il diritto delle parti in un processo di prendere conoscenza delle prove e delle osservazioni presentate dinanzi al giudice e di discuterle (sentenza 14 febbraio 2008, causa C-450/06, Varec, Racc. pag. I-581, punto 47) e, dall’altro, che si violerebbe un principio giuridico fondamentale se si ponessero a base di una sentenza circostanze e documenti di cui le parti, o una di esse, non abbiano avuto conoscenza e sui quali non abbiano potuto esprimersi (sentenze 22 marzo 1961, cause riunite 42/59 e 49/59, Snupat/Alta Autorità, Racc. pag. 99, in particolare pag. 150; 10 gennaio 2002, causa C-480/99 P, Plant e a./Commissione e South Wales Small Mines, Racc. pag. I-265, punto 24, nonché 2 ottobre 2003, causa C-199/99 P, Corus UK/Commissione, Racc. pag. I-11177, punto 19). |
53 |
Del principio del contraddittorio devono potere beneficiare tutte le parti a un processo del quale è adito il giudice comunitario, indipendentemente dal loro status giuridico. Di conseguenza, anche le istituzioni comunitarie possono avvalersene qualora siano parti in un siffatto processo. |
54 |
Il giudice deve rispettare il principio del contraddittorio, in particolare qualora respinga una controversia sulla base di un motivo rilevato d’ufficio (v., per analogia, nell’ambito dei diritti dell’uomo, Corte eur. D.U, sentenze Skondrianos c. Grecia del 18 dicembre 2003, § 29 e 30; Clinique des Acacias e a. c. Francia del 13 ottobre 2005, § 38, nonché Prikyan e Angelova c. Bulgaria del 16 febbraio 2006, § 42). |
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Come sostenuto in sostanza dall’avvocato generale ai paragrafi 93-107 delle sue conclusioni, il principio del contraddittorio, di regola, non si limita a conferire a ciascuna parte in un processo il diritto di prendere conoscenza dei documenti e delle osservazioni presentati al giudice ex adverso, e di discuterli, né si limita ad impedire che il giudice comunitario fondi la sua decisione su fatti e documenti di cui le parti, o una di esse, non abbiano avuto conoscenza e sui quali non abbiano potuto esprimersi. Di norma, esso implica, parimenti, il diritto delle parti di prendere conoscenza e di discutere i motivi di diritto rilevati d’ufficio dal giudice, sui quali quest’ultimo intenda fondare la propria decisione. |
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Infatti, per soddisfare le condizioni connesse al diritto a un processo equo, occorre che le parti abbiano conoscenza e possano discutere in contraddittorio gli elementi di fatto e di diritto decisivi per l’esito del procedimento. |
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Di conseguenza, eccetto casi particolari, quali, segnatamente, quelli previsti dai regolamenti di procedura delle giurisdizioni comunitarie, il giudice comunitario non può fondare la propria decisione su un motivo di diritto rilevato d’ufficio, anche di ordine pubblico e, come nella specie, vertente sul difetto di motivazione della decisione contestata, senza prima aver invitato le parti a presentare le proprie osservazioni in merito. |
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La Corte ha del resto dichiarato nell’analogo contesto dell’art. 6 della CEDU che, proprio tenendo conto di tale articolo e della finalità stessa del diritto di ogni interessato ad un procedimento in contraddittorio e ad un processo equo ai sensi di tale disposizione, la Corte può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale, o anche su domanda delle parti, ordinare la riapertura della fase orale, ai sensi dell’art. 61 del suo regolamento di procedura, se essa ritiene necessari ulteriori chiarimenti o che la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non è stato dibattuto dalle parti (v. ordinanza 4 febbraio 2000, causa C-17/98, Emesa Sugar, Racc. pag. I-665, punti 8, 9 e 18, nonché sentenza 10 febbraio 2000, cause riunite C-270/97 e C-271/97, Deutsche Post, Racc. pag. I-929, punto 30). |
59 |
Il potere discrezionale di cui dispone a tal riguardo il Tribunale, in virtù dell’art. 62 del proprio regolamento di procedura, non può essere esercitato senza tener conto dell’obbligo di rispettare il principio del contraddittorio. |
60 |
Nella specie, dagli atti e dall’udienza svoltasi dinanzi alla Corte emerge che, con la sentenza impugnata, il Tribunale ha annullato la decisione contestata sulla base del motivo rilevato d’ufficio vertente sulla violazione dell’art. 253 CE senza aver previamente invitato le parti, nel corso delle fasi scritta o della fase orale del procedimento, a presentare le loro osservazioni su tale motivo. Così facendo, il Tribunale ha violato il principio del contraddittorio. |
61 |
Contrariamente a quanto affermano le convenute, l’inosservanza del principio del contraddittorio ha recato pregiudizio agli interessi della Commissione, ai sensi dell’art. 58 dello Statuto della Corte di giustizia. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 114-118 delle sue conclusioni, se è pur vero che il difetto di motivazione costituisce un vizio che, in linea di principio, non può essere sanato, l’accertamento di un tale difetto implica tuttavia una valutazione che, secondo costante giurisprudenza, deve prendere in considerazione taluni fattori, come del resto ricordato dal Tribunale ai punti 48 e 49 della sentenza impugnata. Una siffatta valutazione può prestarsi a una discussione, in particolare allorché non riguardi una totale carenza di motivazione, bensì la motivazione di uno specifico punto di fatto e di diritto. Nella specie, in particolare, la Commissione, se le fosse stato dato modo di dedurre le sue osservazioni, avrebbe potuto far valere gli stessi argomenti dedotti nell’ambito del quarto e quinto motivo della presente impugnazione, esposti ai punti 64-67 della presente sentenza. |
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Alla luce di tali considerazioni il secondo motivo dedotto dalla Commissione deve essere accolto. |
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Inoltre, la Corte ritiene parimenti opportuno nella specie, ai fini di una buona amministrazione della giustizia, esaminare congiuntamente il quarto e il quinto motivo dell’impugnazione con cui la Commissione sostiene, in sostanza, che il Tribunale abbia violato l’art. 253 CE nel ritenere che la Commissione avrebbe violato l’obbligo di motivazione imposto da tale articolo relativamente all’applicabilità dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999. |
Sul quarto e quinto motivo dell’impugnazione, relativi alla violazione dell’art. 253 CE
Argomenti delle parti
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Con il quarto motivo, la Commissione contesta al Tribunale di aver violato l’art. 253 CE, nel combinato disposto con gli artt. 87, n. 1, CE e 88, n. 1, CE nonché le norme relative allo svolgimento del procedimento in materia di aiuti di Stato. |
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A sostegno di tale motivo, la Commissione afferma, in particolare, che la motivazione della decisione contestata dimostra che le esenzioni controverse hanno sempre costituito aiuti fin da quando sono state istituite, atteso che tale decisione espone, sufficientemente sotto il profilo giuridico e conformemente ai requisiti previsti dalla giurisprudenza, che dette esenzioni erano idonee a pregiudicare gli scambi tra gli Stati membri e a provocare distorsioni della concorrenza. In tali circostanze, non sarebbe stato necessario, a suo avviso, fornire maggiori dettagli per chiarire le ragioni per le quali l’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999 non era applicabile. Inoltre, ammesso che le esenzioni controverse non costituissero aiuti al momento della loro istituzione, ne conseguirebbe che esse continuerebbero a non essere aiuti, come hanno fatto valere erroneamente alcune ricorrenti in primo grado, e non che esse costituirebbero aiuti esistenti, come ritenuto dal Tribunale. |
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Nell’ambito del quinto motivo, la Commissione sostiene che il Tribunale abbia parimenti violato l’art. 253 CE nel combinato disposto con gli artt. 87, n. 1, CE, 88, n. 1, CE e 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999, nonché l’obbligo di motivazione delle proprie sentenze. |
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A sostegno di tale motivo, la Commissione fa valere, in particolare, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto laddove ha ritenuto che talune circostanze peculiari, tutte attinenti alla condotta del Consiglio o della Commissione, richiedessero che la decisione contestata contenesse una specifica motivazione per quanto riguarda l’applicabilità dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999, quando invece la nozione di aiuto di Stato, esistente o nuovo, avendo un carattere obiettivo, non potrebbe dipendere dalla condotta o dalle dichiarazioni delle istituzioni, a fortiori quando tale condotta o tali dichiarazioni siano estranee a un procedimento di controllo degli aiuti. Inoltre, una siffatta valutazione sarebbe in contrasto con quanto dichiarato dalla Corte nella sentenza 22 giugno 2006, cause riunite C-182/03 e C-217/03, Belgio e Forum 187/Commissione (Racc. pag. I-5479). |
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In risposta al quarto motivo, le convenute sostengono, in particolare, che i motivi di inapplicabilità dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999 non possano essere chiaramente dedotti dalla decisione contestata che, quindi, non risponderebbe all’esigenza di una motivazione chiara e inequivocabile. Peraltro, ciò che il Tribunale avrebbe contestato alla Commissione è di non aver esposto i motivi per cui essa ha ritenuto — contrariamente all’opinione apparentemente manifestata in precedenza — che le esenzioni controverse falsassero la concorrenza nel mercato comune. In tale contesto, il Tribunale avrebbe correttamente affermato, alla luce della giurisprudenza, che la Commissione era tenuta ad indicare le ragioni idonee a dimostrare di aver effettuato un’analisi che giustificasse la conclusione cui era giunta. Con questo motivo la Commissione cercherebbe di ovviare al difetto di motivazione che vizia la decisione contestata e di ottenere dalla Corte una pronuncia su questioni di merito non connesse a tale vizio. |
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In risposta al quinto motivo, le convenute sostengono che il Tribunale non abbia rimesso in discussione il carattere obiettivo della nozione di aiuto di Stato, bensì abbia soltanto considerato che, alla luce delle precedenti decisioni del Consiglio e del legittimo affidamento che esse hanno ingenerato quanto alla legittimità delle esenzioni controverse, la Commissione fosse tenuta ad illustrare nella propria decisione le ragioni che obiettivamente inducevano ad escludere l’applicazione dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999. Poiché la motivazione di una decisione deve figurare nel suo stesso testo, i chiarimenti forniti dalla Commissione non sarebbero idonei a supplire alla carenza di motivazione. |
Giudizio della Corte
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A norma dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999, è considerato esistente l’aiuto che al momento della sua attuazione non costituiva aiuto, ma lo sia divenuto successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro. |
71 |
Il concetto di evoluzione del mercato comune può essere inteso come una modifica del contesto economico e giuridico nel settore interessato dal provvedimento in questione e non riguarda, ad esempio, il caso in cui la Commissione modifichi la propria valutazione sulla base di una lettura più rigorosa delle norme in materia di aiuti di Stato (v. sentenza Belgio e Forum 187/Commissione, cit., punto 71). |
72 |
Più in generale, la nozione di aiuto di Stato, esistente o nuovo, corrisponde ad una situazione oggettiva. Come sostenuto dalla Commissione, tale nozione non può dipendere dalla condotta o dalle dichiarazioni delle istituzioni. |
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Per tale motivo, al punto 137 della citata sentenza Belgio e Forum 187/Commissione, la Corte, dopo aver ricordato che l’obbligo di motivazione di un atto comunitario prescritto dall’art. 253 CE dev’essere adeguato alla natura dell’atto stesso, ha dichiarato che non si può imporre alla Commissione di indicare le ragioni per le quali essa ha compiuto, nelle proprie decisioni precedenti, una diversa valutazione del regime in questione. |
74 |
Orbene, ciò vale a fortiori qualora la valutazione eventualmente differente precedentemente svolta dalla Commissione in merito alla misura nazionale in questione sia stata espressa, come nel presente caso, nell’ambito di un procedimento diverso rispetto a quello di controllo degli aiuti di Stato. |
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Di conseguenza, le circostanze menzionate ai punti 56-62 della sentenza impugnata, che riguardano principalmente il fatto che, da un lato, la Commissione aveva ritenuto, al momento dell’adozione da parte del Consiglio delle decisioni di autorizzazione delle esenzioni controverse, che queste ultime non comportassero distorsioni della concorrenza e non ostacolassero il buon funzionamento del mercato comune e, dall’altro, che dette decisioni potevano lasciar pensare che le stesse esenzioni non potessero essere qualificate come aiuti di Stato, non erano idonee ad obbligare, in linea di principio, la Commissione a motivare la decisione contestata in merito all’inapplicabilità dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999. |
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Il Tribunale ha annullato quindi, per motivi erronei in diritto, la decisione contestata laddove ha ritenuto che, alla luce di tali circostanze, nella specie la Commissione avrebbe dovuto esaminare la questione dell’applicabilità di tale disposizione e motivare in modo specifico la detta decisione al riguardo e che, astenendosi dal farlo, essa aveva violato l’art. 253 CE. |
77 |
Inoltre, secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La portata dell’obbligo di motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o soggetti terzi, da questo colpiti direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione, degli obblighi imposti dall’art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., in particolare, citate sentenze Commissione/Sytraval e Brink’s France, punto 63 e giurisprudenza ivi citata, nonché Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, punto 166 e giurisprudenza ivi citata). |
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Orbene, nella specie, ai punti 58-64 della motivazione della decisione contestata, la Commissione ha anzitutto esposto le ragioni per le quali essa considera che le esenzioni controverse costituiscano aiuti incompatibili con il mercato comune, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, rilevando che esse procurano un vantaggio a talune imprese, che tale vantaggio è concesso mediante risorse statali, che esse incidono sugli scambi tra Stati membri e che possono falsare o rischiare di falsare la concorrenza. |
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In particolare, al punto 60 della motivazione della decisione contestata, la Commissione ha osservato che le esenzioni controverse riducono il costo di una materia prima e conferiscono così un vantaggio ai beneficiari, i quali si trovano in una situazione più favorevole rispetto ad altre imprese che utilizzano oli minerali in altri settori o regioni. Ai successivi punti 61 e 62, essa ha indicato, da una parte, che le osservazioni dei beneficiari e della Repubblica francese confermerebbero che le riduzioni delle accise hanno l’esplicito scopo di rafforzare la competitività di detti beneficiari rispetto ai loro concorrenti riducendo i loro costi e, dall’altra, che l’allumina, prodotta anche in Grecia, Spagna, Germania e Ungheria, è oggetto di scambi fra gli Stati membri, di modo che le esenzioni controverse possono incidere sugli scambi intracomunitari e falsare o rischiare di falsare la concorrenza. |
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Ai punti 65-70 della motivazione della decisione contestata, la Commissione ha poi indicato le ragioni per le quali essa ritiene che le esenzioni controverse costituiscano aiuti nuovi e non aiuti esistenti alla luce delle disposizioni dell’art. 1 del regolamento n. 659/1999. Essa ha quindi affermato che tali esenzioni non esistevano prima dell’entrata in vigore del Trattato nei tre Stati membri interessati, che esse non erano mai state analizzate né autorizzate alla luce delle norme sugli aiuti di Stato, che esse non erano mai state notificate e, infine, che l’art. 1, lett. b), v), del regolamento in parola non era applicabile al caso di specie. |
81 |
Se è pur vero che la Commissione non ha approfondito tale ultimo punto nella decisione contestata, emerge tuttavia chiaramente dall’insieme di tali motivazioni che essa ha ritenuto che le esenzioni controverse non fossero divenute aiuti di Stato a causa di un’evoluzione del mercato comune, bensì che esse lo fossero fin dall’inizio, con conseguente inapplicabilità dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999 nel caso di specie. |
82 |
È pacifico, peraltro, che le ricorrenti in primo grado non abbiano presentato osservazioni che riferissero in merito a un’evoluzione del mercato comune successiva all’introduzione delle esenzioni controverse e che avrebbero dovuto indurre la Commissione a illustrare le ragioni per le quali essa riteneva che l’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999 non fosse applicabile nel caso di specie. |
83 |
Inoltre, risulta anche chiaramente dai motivi della decisione contestata che, se è pur vero che la Commissione aveva ritenuto, al momento dell’adozione da parte del Consiglio delle decisioni di autorizzazione delle esenzioni controverse, che queste ultime non comportassero distorsioni della concorrenza e non ostacolassero il buon funzionamento del mercato interno, tuttavia dette esenzioni non erano mai state analizzate né autorizzate alla luce delle norme sugli aiuti di Stato, la cui applicazione ha portato la Commissione ad una conclusione opposta. Si deve anche rilevare, a tal riguardo, che la circostanza che le decisioni del Consiglio siano state adottate su proposta della Commissione e non menzionassero un possibile contrasto con tali norme dà luogo, ai punti 95-100 della decisione contestata, ad una specifica motivazione ai termini della quale la Commissione ha concluso che il recupero degli aiuti risultanti dalle esenzioni concesse fino al 2 febbraio 2002, nei confronti dei rispettivi beneficiari, risulterebbe contrario ai principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto. |
84 |
Pertanto, tenuto conto, in particolare, della natura e del contenuto della decisione contestata, delle norme sugli aiuti di Stato nonché dell’interesse che i destinatari e le persone direttamente e singolarmente riguardate da detta decisione potevano nutrire a ricevere spiegazioni, risulta che la motivazione di quest’ultima soddisfaceva i requisiti della giurisprudenza rammentata al punto 77 della presente sentenza e non doveva necessariamente contenere specifiche spiegazioni, come sostenuto dalla Commissione, per quanto attiene all’inapplicabilità nel caso di specie dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999. |
85 |
Ne risulta che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando che la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione impostole dall’art. 253 CE, per quanto riguarda l’inapplicabilità nel caso di specie dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999. |
86 |
Di conseguenza, il quarto e il quinto motivo di impugnazione devono essere parimenti accolti. |
87 |
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, senza che sia necessario esaminare gli altri argomenti e motivi delle parti, si deve annullare la sentenza impugnata nella parte in cui quest’ultima ha annullato la decisione contestata sulla base del rilievo che la Commissione avrebbe ivi violato l’obbligo di motivazione, per quanto riguarda l’inapplicabilità nel caso di specie dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999, e nella parte in cui ha condannato la Commissione a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalle ricorrenti, comprese quelle attinenti al procedimento sommario nella causa T-69/06 R. |
Sul rinvio della causa al Tribunale
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Ai sensi dell’art. 61, primo comma, del proprio Statuto, la Corte di giustizia, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale. |
89 |
Nel caso di specie, poiché il Tribunale non ha statuito nel merito su nessuno dei motivi dedotti dalle parti, la Corte ritiene che la presente controversia non sia matura per la decisione. Pertanto, le cause riunite devono essere rinviate al Tribunale. |
Sulle spese
90 |
Poiché le cause devono essere rinviate dinanzi al Tribunale, occorre sospendere la decisione sulle spese relative al giudizio di impugnazione. |
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce: |
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Firme |
( *1 ) Lingue processuali: il francese, l’inglese e l’italiano.