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Documento 62005CJ0049

Sentenza della Corte (Quarta Sezione) dell'8 maggio 2008.
Ferriere Nord SpA contro Commissione delle Comunità europee.
Impugnazione - Aiuti di Stato - Procedimento formale d’indagine - Discipline comunitarie degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente - Diritto degli interessati - Invito a presentare osservazioni - Art. 88, n. 2, CE - Regolamento (CE) n. 659/1999 - Legittimo affidamento - Certezza del diritto - Finalità ambientale dell’investimento.
Causa C-49/05 P.

Raccolta della Giurisprudenza 2008 I-00068*

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2008:259

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

8 maggio 2008 (*)

«Impugnazione – Aiuti di Stato – Procedimento formale d’indagine – Discipline comunitarie degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente – Diritto degli interessati – Invito a presentare osservazioni – Art. 88, n. 2, CE – Regolamento (CE) n. 659/1999 – Legittimo affidamento – Certezza del diritto – Finalità ambientale dell’investimento»

Nel procedimento C‑49/05 P,

avente ad oggetto un’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 2 febbraio 2005,

Ferriere Nord SpA, con sede in Osoppo (Italia), rappresentata dai sig.ri W. Viscardini e G. Donà, avvocati,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. V. Di Bucci, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

parte interveniente in primo grado,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. G. Arestis, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász (relatore) e J. Malenovský, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 8 marzo 2007,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la presente impugnazione, la Ferriere Nord SpA (in prosieguo: la «Ferriere») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 18 novembre 2004, causa T‑176/01, Ferriere Nord/Commissione (Racc. pag. II‑3931; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), mediante cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso di annullamento della decisione della Commissione 28 marzo 2001, 2001/829/CE, CECA, relativa all’aiuto di Stato al quale l’Italia intende dare esecuzione in favore di Ferriere Nord SpA (GU L 310, pag. 22; in prosieguo: la «decisione impugnata»), nonché, da un lato, l’annullamento di tale decisione e, dall’altro, il risarcimento del danno che essa pretende di aver subito per effetto dell’adozione di detta decisione.

2        La Repubblica italiana è intervenuta a sostegno della domanda della Ferriere in primo grado e nel procedimento dinnanzi alla Corte.

 Contesto normativo

3        Il contesto normativo è esposto ai punti 1‑12 della sentenza impugnata nei seguenti termini:

«1      L’art. 87 [CE] dichiara incompatibili con il mercato comune, salvo deroghe, gli aiuti concessi dagli Stati qualora incidano sugli scambi tra Stati membri e si rivelino anticoncorrenziali favorendo talune imprese o talune produzioni.

2      L’art. 88 CE disciplina la cooperazione tra la Commissione [delle Comunità europee] e gli Stati membri per quanto riguarda l’esame dei regimi di aiuti esistenti e di quelli nuovi, autorizzando la Commissione ad agire nel caso di aiuti incompatibili con il mercato comune e determinando i poteri del Consiglio [dell’Unione europea].

3      L’art. 174 CE stabilisce che la politica della Comunità in materia ambientale persegue, fra l’altro, la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente, nonché la protezione della salute umana.

4      L’art. 7 del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88] del Trattato CE (GU L 83, pag. 1), relativo alle decisioni della Commissione che concludono il procedimento di indagine formale, stabilisce quanto segue:

“6.      (...) Per quanto possibile, la Commissione si adopera per adottare una decisione entro 18 mesi dall’avvio della procedura. Questo termine può essere prorogato di comune accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato”.

5      L’art. 6 della decisione della Commissione 18 dicembre 1996, n. 2496/96/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia (GU L 338, pag. 42), vigente sino al 22 luglio 2002, in ordine al procedimento disponeva quanto segue:

“1.      Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile affinché possa presentare le proprie osservazioni, i progetti diretti ad istituire o a modificare gli aiuti di cui agli articoli da 2 a 5. La Commissione è informata nello stesso modo dei progetti intesi ad applicare al settore siderurgico regimi di aiuti già oggetto di decisione in forza del trattato CE (...)

2.      Alla Commissione sono comunicati in tempo utile affinché possa presentare le proprie osservazioni, e comunque entro il 31 dicembre 2001, tutti i progetti di trasferimenti di risorse pubbliche a favore di imprese siderurgiche, sotto forma di assunzioni di partecipazioni, conferimenti di capitale, garanzie su prestiti, indennità o misure analoghe, da parte di Stati membri, autorità regionali o locali o altri organismi.

(…)

5.      La Commissione, qualora ritenga che un determinato intervento finanziario possa costituire aiuto di Stato a norma dell’articolo 1 o dubiti circa la compatibilità di un determinato aiuto con le disposizioni della presente decisione, ne informa lo Stato membro interessato, invitando altresì le parti interessate e gli altri Stati membri a presentare osservazioni. Se, dopo aver ricevuto tali osservazioni ed aver dato modo allo Stato membro interessato di pronunciarsi in proposito, conclude che l’intervento in oggetto costituisce un aiuto incompatibile con le disposizioni della presente decisione, la Commissione adotta una decisione entro tre mesi dal ricevimento delle informazioni necessarie per valutare la misura progettata. Qualora uno Stato membro non si conformi a tale decisione, si applicano le disposizioni dell’articolo 88 del trattato.

6.      Se entro due mesi dalla data di ricevimento della notificazione completa del progetto la Commissione non ha avviato il procedimento di cui al paragrafo 5 ovvero non ha reso nota altrimenti la propria posizione, può essere data esecuzione alle misure progettate a condizione che lo Stato membro abbia previamente informato la Commissione della propria intenzione di procedere in tal senso (…)”.

6      La disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente (GU 1994, C 72, pag. 3; in prosieguo: la «disciplina del 1994»), il cui periodo di validità, scaduto il 31 dicembre 1999, è stato prorogato a due riprese, dapprima fino al 30 giugno 2000 (GU 2000, C 14, pag. 8) e poi fino al 31 dicembre 2000 (GU 2000, C 184, pag. 25), era applicabile in tutti i settori disciplinati dal Trattato CE, compresi quelli soggetti a norme comunitarie specifiche in materia di aiuti di Stato (punto 2). Essa indicava, al punto 3, le condizioni di applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato, in particolare per gli aiuti agli investimenti:

“3.2.1. Possono essere autorizzati, nei limiti stabiliti dalla presente disciplina, gli aiuti agli investimenti in terreni (se strettamente necessari per conseguire taluni obiettivi di tutela ambientale), edifici, impianti e beni strumentali destinati a ridurre o ad eliminare l’inquinamento e le nocività ambientali ovvero ad adeguare i metodi di produzione ai fini della salvaguardia dell’ambiente. I costi ammissibili devono limitarsi strettamente ai costi d’investimento aggiuntivi necessari per conseguire gli obiettivi di protezione ambientale. Sono esclusi i costi degli investimenti di carattere generale non ascrivibili alla tutela dell’ambiente. Pertanto, quando vengono costruiti nuovi impianti o vengono sostituiti quelli esistenti, non saranno ritenute ammissibili le spese di investimento sostenute unicamente per creare o sostituire la capacità produttiva senza migliorarne la compatibilità ambientale (…). In ogni caso, gli aiuti che apparentemente sono destinati a misure di protezione ambientale ma che, in realtà, sono destinati agli investimenti in generale sono esclusi dalla presente disciplina (…)”.

7      Il punto 3 della disciplina del 1994 prevedeva anche le condizioni particolari di autorizzazione degli aiuti destinati ad agevolare l’adeguamento delle imprese alle nuove norme obbligatorie o a incoraggiare le imprese ad osservare livelli di protezione più elevati rispetto a quelli stabiliti dalle norme obbligatorie, nonché le condizioni per la concessione degli aiuti in assenza di norme obbligatorie.

8      La disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente (GU 2001, C 37, pag. 3; in prosieguo: la «disciplina del 2001»), che ha sostituito la disciplina del 1994, al punto 7 prevede che essa si applichi agli aiuti per la tutela dell’ambiente in qualsiasi settore contemplato dal Trattato CE, compresi quelli soggetti a norme comunitarie specifiche in materia di aiuti di Stato.

9      Per quanto riguarda il riferimento a norme ambientali, i punti 20 e 21 della disciplina del 2001 indicano che il recepimento durevole delle esigenze ambientali presuppone la veridicità dei prezzi e l’internalizzazione totale dei costi connessi alla difesa dell’ambiente, cosicché la Commissione reputa che la concessione di aiuti non sia più giustificata nel caso di investimenti destinati semplicemente a conformare gli impianti a norme tecniche comunitarie nuove o già vigenti, salvo a favore delle piccole e medie imprese (PMI) per consentire loro di conformarsi a nuove norme comunitarie, e che ciò può rivelarsi utile anche per incentivare le imprese a conseguire un livello di tutela più elevato di quello richiesto dalle norme comunitarie.

10      Quanto agli investimenti presi in considerazione, al punto 36 (prima f[r]ase) della disciplina del 2001 si afferma quanto segue:

“Gli investimenti interessati sono quelli realizzati in terreni, sempreché siano rigorosamente necessari per soddisfare obiettivi ambientali, nonché in fabbricati, impianti e attrezzature destinati a ridurre o ad eliminare l’inquinamento e i fattori inquinanti o ad adattare i metodi di produzione in modo da proteggere l’ambiente”.

11      Per quanto riguarda i costi ammissibili, il punto 37, nei suoi primi tre commi, precisa quanto segue:

“I costi ammissibili sono rigorosamente limitati ai costi d’investimento supplementari (‘sovraccosti’) necessari per conseguire gli obiettivi di tutela ambientale.

Questo principio comporta alcuni corollari: quando il costo dell’investimento per la tutela ambientale non è facilmente isolabile dal costo totale, la Commissione si avvarrà di metodi di calcolo oggettivi e trasparenti, fondandosi per esempio sul costo di un investimento che sia analogo sotto il profilo tecnico, ma che non consenta di raggiungere lo stesso grado di tutela ambientale.

In ogni caso, i costi ammissibili devono essere calcolati al netto dei vantaggi apportati dall’eventuale aumento di capacità, [dei] risparmi di spesa ottenuti nei primi cinque anni di vita dell’impianto e delle produzioni accessorie aggiuntive realizzate nell’arco dello stesso periodo quinquennale”.

12      La disciplina del 2001 prevede che essa si applica dal momento della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (punto 81), avvenuta il 3 febbraio 2001. Inoltre, al punto 82, precisa che:

“La Commissione applicherà le disposizioni della presente disciplina a tutti i progetti di aiuto notificati sui quali essa deciderà dopo la pubblicazione della disciplina nella Gazzetta ufficiale, anche qualora i progetti siano stati notificati prima della pubblicazione (…)”».

 Il contesto di fatto della controversia

4        I punti 13‑31 della sentenza impugnata descrivono il contesto di fatto della controversia:

«13      Nel 1978 la Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia ha adottato provvedimenti volti a favorire le iniziative delle industrie per la tutela dell’ambiente. Il regime in esame, che risulta dall’art. 15, n. 1, della legge regionale 3 giugno 1978, n. 47, è stato modificato dall’art. 7 della legge regionale 8 aprile 1982, n. 23, e poi dall’art. 34 della legge regionale 20 gennaio 1992, n. 2. È stato approvato dalla Commissione [lettera SG (92) D/18803 del 22 dicembre 1992] e definitivamente adottato con legge regionale 3 febbraio 1993, n. 3. L’art. 15, n. 1, della legge regionale 3 giugno 1978, n. 47, come da ultimo modificato dalla legge regionale 3 febbraio 1993, n. 3, stabilisce quanto segue:

“L’Amministrazione regionale è autorizzata a concedere alle imprese industriali, in attività da almeno due anni, che intendono attivare o modificare processi ed impianti produttivi al fine di ridurre la quantità o la pericolosità dei reflui, rifiuti ed emissioni prodotti o l’inquinamento acustico o di migliorare qualitativamente l’ambiente di lavoro, conformemente a nuovi standards stabiliti dalla legislazione di settore, contributi fino al 20 per cento in equivalente sovvenzione lorda della spesa riconosciuta ammissibile”.

14      Nel 1998 la Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia ha adottato nuovi crediti per alimentare il regime di aiuto approvato dalla Commissione nel 1992. L’art. 27, lett. c), punto 16, della legge regionale 12 febbraio 1998, n. 3, sul rifinanziamento della legge regionale 20 gennaio 1992, n. 2, prevedeva stanziamenti per un importo di 4 500 milioni di lire italiane (ITL) annui per il periodo 1998‑2000. Tale misura di finanziamento è stata approvata con decisione della Commissione 18 settembre 1998, SG (98) D/7785.

15      La Ferriere (…) è un’impresa del settore dell’industria siderurgica, meccanica e metallurgica con sede in Osoppo, nella Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia. Essa fabbrica prodotti siderurgici dei quali alcuni rientrano nell’ambito di applicazione del Trattato CECA e altri nell’ambito di applicazione del Trattato CE. L’impresa, che è uno dei principali produttori europei di reti elettrosaldate, nel 1999 ha realizzato un volume d’affari di EUR 210 800 000, di cui l’84% in Italia, l’11% nell’Unione europea e il 5% nel resto del mondo.

16      Con lettera 26 marzo 1997, la Ferriere ha chiesto alla Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia un contributo finanziario, ai sensi dell’art. 15 della legge regionale 3 giugno 1978, n. 47, come modificata, per la realizzazione di un nuovo impianto per la produzione di reti metalliche elettrosaldate, tecnologicamente innovativo, idoneo a ridurre l’inquinamento atmosferico e acustico e a migliorare l’ambiente di lavoro. L’investimento totale ammontava a ITL 20 miliardi.

17      Con decreto regionale 8 ottobre 1998, la Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia ha deciso di concedere alla Ferriere un contributo pari al 15% della spesa ammissibile, vale a dire ITL 1 650 000 000 (EUR 852 154).

18      Con lettera datata 18 febbraio 1999, ricevuta dalla Direzione generale “Concorrenza” della Commissione il 25 febbraio, le autorità italiane hanno notificato a quest’ultima, nell’ambito della procedura di notificazione sistematica dei progetti di trasferimenti di risorse pubbliche a favore di imprese siderurgiche ai sensi dell’art. 6, nn. 1 e 2, della decisione n. 2496/96, la loro intenzione di concedere all’impresa siderurgica Ferriere aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente, in applicazione della legge regionale 3 giugno 1978, n. 47, come modificata.

19      La notificazione riguardava aiuti all’investimento in impianti di colata continua e in una nuova linea di laminazione per la produzione di reti in acciaio elettrosaldate. L’erogazione dell’aiuto riguardante tale secondo investimento è stat[a] sospes[a] dalle autorità italiane per evitare le difficoltà derivanti da un eventuale rimborso in caso di decisione comunitaria che dichiarasse l’aiuto incompatibile.

20      Con lettera del 3 giugno 1999, la Commissione ha informato la Repubblica italiana della sua intenzione di avviare la procedura prevista all’art. 6, n. 5, della decisione n. 2496/96 in relazione all’aiuto C 35/99 – Italia – Ferriere Nord (GU 1999, C 288, pag. 39).

21      Le autorità italiane, con lettera del 3 agosto 1999 della Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia alla rappresentanza permanente dell’Italia presso l’Unione europea, hanno comunicato alla Commissione che l’investimento riguardante la linea di laminazione rientrava nell’ambito di applicazione del Trattato CE, poiché le reti in acciaio elettrosaldate fabbricate con tale impianto non erano da qualificare come un prodotto CECA, che esso era conforme a obiettivi di tutela della salute e dell’ambiente e che la misura rientrava nell’ambito del punto 3.2.1 della disciplina del 1994.

22      Anche la Ferriere e la European Independent Steelworks Association (EISA), con lettere rispettivamente del 5 e 4 novembre 1999, facevano valere che il contesto giuridico pertinente per esaminare la misura di aiuto era quello del Trattato CE.

23      Con lettera del 25 luglio 2000, le autorità italiane hanno dichiarato alla Commissione di ritirare, su domanda della Ferriere, la parte della notificazione relativa all’investimento CECA per gli impianti di colata continua e confermavano la parte della notificazione relativa agli investimenti per la linea di laminazione, che riguardava prodotti siderurgici fuori dell’ambito CECA, chiedendo alla Commissione di pronunciarsi, ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, sulla compatibilità del progetto con il mercato comune.

24      Con lettera del 14 agosto 2000, la Commissione ha notificato alla Repubblica italiana la sua decisione di avviare il procedimento previsto all’art. 88, n. 2, CE, nei confronti dell’aiuto C 45/00 – Italia – Ferriere Nord SpA – Aiuto agli investimenti in una nuova linea di laminazione per la produzione di reti elettrosaldate (GU 2000, C 315, pag. 4). In tale decisione, la Commissione osservava, in particolare, che poiché la Ferriere era un’impresa che non disponeva di una contabilità separata per le sue attività a seconda che rientrassero nel Trattato CECA o nel Trattato CE, essa doveva assicurarsi che l’aiuto non venisse destinato alle attività CECA.

25      La Ferriere ha presentato le sue osservazioni con lettera del 13 novembre 2000, in cui sottolineava la separazione fra le sue attività CECA e le sue attività CE e faceva valere l’importanza dell’obiettivo ambientale del suo investimento, facendo presente che l’aiuto rientrava nella disciplina approvata nel 1992 ed era conforme al punto 3.2.1 della disciplina del 1994.

26      Con lettera alla Commissione del 4 dicembre 2000, la UK Iron and Steel Association osservava che l’aiuto doveva essere esaminato con riferimento alle disposizioni CECA e che l’investimento progettato aveva una finalità manifestamente economica.

27      In una lettera datata 15 febbraio 2001, la Repubblica italiana ha riaffermato che l’aiuto doveva essere valutato con riferimento al Trattato CE.

28      Il 28 marzo 2001 la Commissione ha adottato la [decisione impugnata].

29      Nella decisione impugnata la Commissione affermava che le reti saldate, che sarebbero state prodotte in un’unità distinta dell’impresa mediante la nuova linea di laminazione, non erano un prodotto CECA e che l’aiuto doveva di conseguenza essere valutato con riferimento alle disposizioni del Trattato CE. Essa osservava che il contributo finanziario previsto costituiva un aiuto di Stato.

30      La Commissione sosteneva che l’investimento, destinato a migliorare la competitività dell’impresa e a sostituire un vecchio impianto, era motivato essenzialmente da ragioni economiche, che sarebbe stato realizzato in ogni caso e non giustificava quindi la concessione di un aiuto a titolo di tutela dell’ambiente. I suoi effetti positivi, dal punto di vista della tutela ambientale e delle condizioni di lavoro, sarebbero stati intrinseci ad un nuovo impianto. La Commissione osservava che, in assenza di norme ambientali obbligatorie che imponessero la costruzione della nuova linea di laminazione, l’aiuto non poteva essere considerato un’applicazione individuale di un regime già approvato. Infine, sosteneva che, anche supponendo che lo scopo ambientale fosse preponderante, non sembrava possibile distinguere, nell’ambito del costo totale dell’investimento, la parte relativa alla tutela ambientale, come richiesto dalla disciplina del 2001.

31      Conseguentemente, la Commissione ha dichiarato che l’aiuto era incompatibile con il mercato comune e che non si poteva procedere a darvi esecuzione. Ha ingiunto alla Repubblica italiana di conformarsi a tale decisione e ha chiuso il procedimento avviato in relazione all’aiuto C 35/99 – Italia – Ferriere Nord (v. precedente punto 20)».

 Il ricorso dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

5        Il 31 luglio 2001, la Ferriere proponeva un ricorso dinanzi al Tribunale al fine di ottenere l’annullamento della decisione impugnata e il risarcimento del danno che essa sosteneva di aver subito a causa dell’adozione di tale decisione. A sostegno del proprio ricorso, la Ferriere sollevava sei motivi attinenti al procedimento e tre motivi di merito.

6        Secondo il primo motivo di natura procedurale dedotto, la Commissione avrebbe illegittimamente dato avvio al procedimento di indagine formale, una prima volta il 3 giugno 1999 e una seconda volta il 14 agosto 2000, giacché l’aiuto controverso costituirebbe una misura di applicazione del regime già autorizzato. L’avvio di tale procedimento nelle circostanze del caso di specie avrebbe costituito una violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto.

7        Il Tribunale evidenziava che dalla comunicazione della Commissione 22 dicembre 1992, con cui essa aveva approvato il regime di aiuti a favore della tutela dell’ambiente progettato dalla Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia, risultava che la Commissione si era pronunciata nell’ambito delle disposizioni del Trattato CE a titolo delle quali il regime controverso le era stato notificato, e non già nell’ambito del Trattato CECA. Secondo il Tribunale, l’indicazione contenuta nella notificazione del progetto di aiuto, del 18 febbraio 1999, secondo cui l’aiuto sarebbe stato concesso in applicazione della legge regionale 3 giugno 1978, n. 47, come modificata dalla legge regionale 2 gennaio 1992, n. 2, notificata alla Comunità con esito positivo, era irrilevante, poiché l’approvazione era avvenuta nell’ambito del Trattato CE e che l’art. 6, n. 1, della decisione n. 2496/96 obbligava lo Stato membro interessato a notificare un progetto di aiuto rientrante nell’ambito di applicazione del Trattato CECA. La Commissione era dunque legittimata, in applicazione dell’art. 6, n. 5, di tale decisione, ad avviare il procedimento formale come avvenuto il 3 giugno 1999.

8        Quanto al secondo avvio del procedimento formale d’indagine, il 14 agosto 2000, il Tribunale ricordava che, quando, il 25 luglio 2000, le autorità italiane avevano ritirato una parte della prima notifica, confermandone invece la parte sull’aiuto relativo alla linea di laminazione, esse avevano esplicitamente chiesto alla Commissione di prendere posizione sulla compatibilità del progetto di aiuto di cui trattasi con il mercato comune ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, e non nell’ambito della cooperazione permanente tra la Commissione e gli Stati membri istituita dall’art. 88, n. 1, CE, riguardante gli aiuti esistenti. Inoltre, se è pur vero che la lettera della Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia 15 febbraio 1999, allegata alla notifica del 18 febbraio 1999, che rimaneva valida per la parte della notifica mantenuta, conteneva un riferimento al regime approvato, le autorità italiane non sostenevano che l’aiuto relativo all’investimento della Ferriere costituisse una misura di applicazione di tale regime. Il Tribunale ne ha tratto la conclusione che la Commissione non aveva commesso alcun atto illegittimo avviando, una seconda volta, il procedimento formale d’indagine e ha respinto il primo motivo.

9        Nell’ambito del secondo motivo procedurale, relativo al fatto che la Commissione non avrebbe rispettato i termini procedurali, la Ferriere sosteneva che, da un lato, la Commissione avesse dato inizio al procedimento formale d’indagine il 3 giugno 1999, ossia più di tre mesi dopo la notifica del progetto di aiuto di cui trattasi, mentre essa avrebbe dovuto prendere una decisione in un termine di due mesi, e, dall’altro, che il termine di 18 mesi, stabilito dall’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/99, entro il quale deve essere adottata una decisione a seguito dell’avvio di un procedimento formale d’indagine, non fosse stato rispettato.

10      Il Tribunale ha precisato che l’art. 6, n. 6, della decisione n. 2496/96 menzionava un termine di due mesi, scaduto il quale, in mancanza di avvio di un procedimento formale d’indagine, si poteva dare esecuzione alle misure di aiuti progettate, a condizione che lo Stato membro avesse previamente informato la Commissione circa i propri intendimenti. Ciononostante, non trattandosi di un termine a pena di nullità e che, per di più, le autorità italiane non avevano informato la Commissione della loro intenzione di erogare l’aiuto in questione, la Commissione non aveva violato tale termine procedurale.

11      Per quanto riguarda il termine osservato dalla Commissione per l’adozione della decisione impugnata, il Tribunale ha ricordato che l’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999, prevede che la Commissione debba adoperarsi nei limiti del possibile per adottare una decisione entro 18 mesi dall’avvio del procedimento, termine che può essere prorogato di comune accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato. Nella specie, la durata del procedimento formale d’indagine doveva essere valutata a decorrere dalla decisione 14 agosto 2000 di apertura del procedimento formale d’indagine, che ha fatto seguito alla seconda notifica del progetto di aiuto, fondata sul Trattato CE. Infatti, la prima notifica era stata revocata, per ciò che riguarda i progetti di aiuto CECA, il 25 luglio 2000, dalla seconda notificazione. Sostituendosi alla precedente, questa seconda notifica aveva confermato la sottoposizione del progetto di aiuti controverso all’esame della Commissione sulla base, questa volta, del Trattato CE. Secondo il Tribunale, la Ferriere non poteva quindi sostenere che la Commissione avesse violato i termini che le erano stati impartiti per adottare la decisione impugnata. Di conseguenza, il Tribunale ha respinto il secondo motivo dedotto.

12      Con il terzo motivo di natura procedurale, relativo alla violazione del diritto di difesa, è stato contestato alla Commissione di aver adottato, dopo aver dato avvio al procedimento formale d’indagine nella vigenza della disciplina del 1994, la decisione impugnata sul fondamento della disciplina del 2001, senza invitare la Repubblica italiana e gli interessati a presentare le loro osservazioni in relazione alla nuova disciplina.

13      Il Tribunale ha precisato, anzitutto, che tale motivo doveva essere esaminato non già sotto il profilo del diritto di difesa, di cui solo gli Stati sono titolari in materia di aiuti di Stato, bensì in considerazione del diritto di cui dispongono gli «interessati», in virtù dell’art. 88, n. 2, CE, di presentare osservazioni durante la fase di esame prevista da tale disposizione.

14      Inoltre, il Tribunale fa notare che, quando è stata pubblicata la disciplina del 2001, gli interessati avevano già presentato le loro osservazioni riferendosi alla disciplina del 1994, e che dalla disciplina del 2001, ed in particolare dalla sua introduzione, risulta che questa si colloca in una linea di continuità con quella del 1994 e definisce la nuova impostazione della Commissione alla luce degli sviluppi intervenuti sul piano nazionale e su quello internazionale riguardo ai modelli, alle normative e alle politiche sulla tutela dell’ambiente.

15      Di conseguenza, il Tribunale ha rilevato, al punto 75 della sentenza impugnata, che «ammesso che la Commissione (…) abbia potuto legittimamente applicare la nuova disciplina all’atto dell’adozione della decisione impugnata (…) essa non avrebbe potuto, senza violare i diritti procedurali degli interessati, basare la propria decisione su principi nuovi, introdotti dalla disciplina del 2001, senza chiedere agli interessati le loro osservazioni in proposito».

16      Orbene, come emerge dal punto 81 della sentenza impugnata, la Commissione, secondo il Tribunale, non aveva fondato la propria decisione su motivi riguardo ai quali la Ferriere non aveva potuto far conoscere le proprie osservazioni e le disposizioni dell’art. 88, n. 2, CE non erano state, quindi, violate dall’istituzione.

17      Il Tribunale ha ritenuto, infatti, che i principi stabiliti dalle discipline del 1994 e del 2001 fossero, riguardo alla motivazione della decisione impugnata, sostanzialmente identici.

18      Affermando in conclusione che non si potesse ritenere che i termini della disciplina del 2001 comportavano una modifica di quanto precedentemente disposto e che la Commissione non aveva tratto dalla nuova disciplina principi e criteri di valutazione che avessero modificato la sua analisi dell’aiuto notificato, il Tribunale respingeva il terzo motivo dedotto dalla Ferriere.

19      Il quarto motivo di natura procedurale, relativo alla violazione del principio di protezione del legittimo affidamento, si articolava in due capi. Con il primo capo, la Ferriere contestava alla Commissione di non aver richiesto né ad essa né alla Repubblica italiana di fornire una documentazione relativa alla finalità ambientale dell’investimento di cui trattasi nonché di aver dichiarato nella decisione che non le era stato fornito alcun documento a tale proposito. Nell’ambito del secondo capo di detto motivo, la Ferriere sosteneva che la Commissione avesse fondato la propria decisione su presunzioni senza aver proceduto alle verifiche concrete cui era tenuta, mentre la Repubblica italiana ha aggiunto che la prova della finalità non ambientale dell’investimento avrebbe dovuto essere fornita dalla Commissione la quale aveva, quindi, invertito l’onere della prova.

20      Quanto al primo capo del quarto motivo, il Tribunale ricordava che, nella decisione 3 giugno 1999 di avvio del procedimento formale d’indagine, la Commissione aveva dichiarato di dubitare che l’investimento avesse come obiettivo principale la tutela dell’ambiente, ritenendo che, sotto questo profilo, il suo impatto non sarebbe stato significativo. La Commissione ricordava altresì che la decisione di procedere ad investimenti necessari per ragioni economiche a causa della vetustà degli impianti non poteva dare luogo alla concessione di un aiuto. Inoltre, il Tribunale parimenti constatava che, nella decisione 14 agosto 2000 di avvio del procedimento formale d’indagine, la Commissione aveva dichiarato che la Ferriere avesse apparentemente cercato, in sostanza, di sostituire o aumentare la propria capacità produttiva, dotandosi di un’attrezzatura molto efficace e che gli effetti dell’investimento di cui trattasi sulle condizioni di lavoro e sull’ambiente le apparivano quali mere conseguenze marginali dell’investimento. Secondo il Tribunale, tali indicazioni erano sufficientemente chiare e precise affinché le autorità italiane e la ricorrente si ritenessero invitate a fornire tutti gli elementi pertinenti atti a dimostrare la finalità principalmente ambientale di tale investimento.

21      Per quanto riguarda il secondo capo dello stesso motivo, il Tribunale rilevava che, quando la Commissione decide di avviare il procedimento formale d’indagine, spetta allo Stato membro interessato e al potenziale beneficiario far valere i propri argomenti per dimostrare che il progetto di aiuto corrisponde alle eccezioni previste in applicazione del Trattato, in quanto lo scopo del procedimento formale è proprio quello di informare la Commissione su tutti gli elementi del caso di specie (v., in tal senso, sentenza 20 marzo 1984, causa 84/82, Germania/Commissione, Racc. pag. 1451, punto 13). Esso aggiungeva che, se è la Commissione a dover formulare chiaramente i propri dubbi sulla compatibilità dell’aiuto nel momento in cui dà avvio a un procedimento formale d’indagine, spetta a chi richiede l’aiuto fugare tali dubbi. Così, secondo il Tribunale, spettava alla Repubblica italiana e alla Ferriere dimostrare che l’investimento controverso poteva ricevere un aiuto per la protezione dell’ambiente e, in particolare, che tale investimento aveva la finalità ambientale richiesta dalle due discipline applicabili in successione.

22      Di conseguenza, il quarto motivo invocato dalla Ferriere veniva respinto dal Tribunale.

23      Con il quinto motivo di natura procedurale, relativo alla violazione del principio di buona amministrazione, la Ferriere sosteneva che la Commissione avesse violato tale principio incorrendo in errore nell’individuazione del fondamento normativo rilevante (Trattato CECA, poi Trattato CE) e avviando un procedimento formale d’indagine, pur trovandosi in presenza di una misura di applicazione di un regime autorizzato.

24      Il Tribunale rilevava che, in un primo momento, le autorità italiane avevano notificato l’aiuto controverso sulla base del Trattato CECA, poi che, nel corso del procedimento amministrativo, la Repubblica italiana e la Ferriere avevano affermato che le reti in acciaio elettrosaldate, per la fabbricazione delle quali era stato progettato un investimento destinato all’acquisto di una linea di laminazione, non fossero un prodotto CECA ma un prodotto CE e, infine, che era stata effettuata una nuova notificazione in applicazione del Trattato CE. Dato che non era certo se l’investimento dovesse essere ricollegato al Trattato CECA o al Trattato CE, che la Commissione era stata interpellata successivamente a titolo di ciascuno dei due Trattati e che spettava ad essa verificare che l’aiuto non rischiasse di andare a beneficio di attività diverse da quelle per le quali sarebbe stato concesso, il Tribunale riteneva che non si potevano imputare alla Commissione pretesi errori procedurali. Il Tribunale respingeva quindi tale motivo.

25      Con il sesto motivo di natura procedurale, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione, la Ferriere sosteneva che la Commissione non avesse sufficientemente motivato la propria decisione, indicando solamente che non esistevano limiti specifici prescritti per il tipo di impianto in esame.

26      Il Tribunale rammentava che la decisione impugnata cita l’art. 15, n. 1, della legge regionale 3 giugno 1978, n. 47, nel testo modificato, il quale prevede la possibilità di accordare aiuti agli investimenti realizzati dalle imprese industriali che intendano adeguare i loro processi o i loro impianti alle nuove norme fissate dalla normativa di settore. Il Tribunale aggiungeva che la decisione impugnata riportava le osservazioni della Ferriere in ordine all’esistenza di valori limite obbligatori che il suo impianto avrebbe rispettato e che la decisione stessa rilevava a tale proposito che, contrariamente a quanto affermato dalla Ferriere, non esistevano limiti specifici prescritti per quel tipo di impianto. Il Tribunale, concludendo che la decisione impugnata non era viziata da difetto di motivazione, respingeva quindi il sesto motivo.

27      I sei motivi di ordine procedurale venivano così tutti respinti dal Tribunale.

28      Nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale, la Ferriere elaborava tre ordini di motivi di merito, secondo cui, in primo luogo, l’investimento di cui trattasi avrebbe costituito una misura di applicazione di un regime approvato e non un aiuto nuovo, in secondo luogo, la decisione impugnata avrebbe dovuto essere adottata in relazione alla disciplina del 1994 e non a quella del 2001 e, in terzo luogo, l’investimento medesimo avrebbe perseguito una finalità ambientale con conseguente ammissibilità al beneficio di un aiuto per la tutela dell’ambiente.

29      Quanto al primo motivo di merito, il Tribunale rilevava che, affinché l’aiuto controverso potesse essere qualificato come misura di applicazione del regime approvato nel 1992, questa avrebbe dovuto consistere, alla luce del regime stesso, in un aiuto agli investimenti volto ad apportare miglioramenti dal punto di vista ambientale o delle condizioni lavorative, «conformemente ai nuovi standards stabiliti dalla legislazione di settore». Secondo il Tribunale, tali standard dovevano essere applicati nel settore di attività dell’impresa candidata a beneficiare dell’aiuto, dovevano essere stati ivi introdotti recentemente, e l’investimento previsto doveva realizzare la messa a norma dell’impianto con gli standard medesimi. Orbene, la domanda di aiuto del 26 marzo 1997, indirizzata dalla Ferriere alla Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia, da un lato non menzionava nessuna norma che l’impianto avrebbe mirato a rispettare, e, dall’altro, la lettera della Regione stessa 15 febbraio 1999, allegata alla notifica delle autorità italiane datata 18 febbraio 1999, ha espressamente indicato che non vi erano standard vincolanti o altri obblighi giuridici ai quali l’impresa sarebbe stata soggetta.

30      Inoltre, secondo il Tribunale, le varie normative di diritto comunitario e nazionale cui la Ferriere ha fatto riferimento nel corso del procedimento amministrativo e dinanzi al Tribunale stesso, o non riportavano cifre e costituivano semplici raccomandazioni, oppure non contenevano nuove prescrizioni. Dal momento che la Ferriere non era stata in grado di indicare a quali nuove norme, applicabili nel settore interessato, il suo investimento intendesse precisamente conformarsi, e che essa non aveva quindi dimostrato la relazione esistente tra il suo investimento e nuove norme relative a tale settore, a parere del Tribunale la Commissione aveva giustamente ritenuto che l’aiuto controverso, che non poteva essere considerato una misura di applicazione del regime approvato, costituisse una misura nuova. Di conseguenza, il Tribunale respingeva il primo motivo di merito.

31      Quanto al secondo motivo di merito, relativo al fatto che la decisione impugnata avrebbe dovuto essere adottata in relazione alla disciplina del 1994 e non a quella del 2001, il Tribunale rilevava che dai punti 81 e 82 della disciplina del 2001 risultava che questa era entrata in vigore alla data della sua pubblicazione, effettuata il 3 febbraio 2001, e che da quel momento la Commissione doveva applicarne le disposizioni a tutti i progetti di aiuto notificati, anche precedentemente a tale pubblicazione. Inoltre, il Tribunale ricordava che, da un lato, il principio di tutela del legittimo affidamento non era stato utilmente invocato, giacché esso riguarda, come il principio della certezza del diritto, situazioni createsi anteriormente all’entrata in vigore di nuove disposizioni (sentenza 15 luglio 1993, causa C‑34/92, GruSa Fleisch, Racc. pag. I‑4147, punto 22) e che, dall’altro, dal momento che le due discipline succedutesi erano sostanzialmente identiche, il legittimo affidamento non aveva potuto comunque essere leso.

32      Pertanto, il Tribunale constatava che la decisione impugnata era stata legittimamente adottata applicando la disciplina del 2001.

33      Il terzo motivo di merito invocato dalla Ferriere atteneva al fatto che l’investimento avrebbe perseguito una finalità ambientale che lo rendeva ammissibile, a tale titolo, al beneficio di un aiuto per la tutela dell’ambiente.

34      In primo luogo, il Tribunale rilevava che risultava dall’economia della disciplina del 2001, identica sotto questo profilo a quella della disciplina del 1994, che non poteva beneficiare di un aiuto qualsivoglia investimento che adeguasse un impianto a norme, obbligatorie o meno, nazionali o comunitarie, che andasse oltre tali norme ovvero che fosse realizzato in assenza di qualsiasi norma, bensì solo gli investimenti il cui scopo stesso fosse l’efficienza dal punto di vista ambientale. Il Tribunale precisava che non si poneva il problema di stabilire se l’investimento apportasse miglioramenti di ordine ambientale ovvero se andasse oltre le norme ambientali esistenti, bensì se esso fosse stato realizzato al fine di apportare miglioramenti di tal genere. Il Tribunale affermava che la Commissione non aveva commesso un errore di valutazione laddove aveva ritenuto che non fosse dimostrata la finalità propriamente ambientale dell’investimento e che l’istituzione aveva potuto legittimamente ritenere che i vantaggi dell’investimento per la tutela dell’ambiente fossero intrinseci all’impianto innovativo previsto.

35      In secondo luogo, il Tribunale constatava che i principi sanciti dalla disciplina del 2001, simili a quelli della disciplina del 1994, escludevano che il costo totale dell’investimento potesse beneficiare di un aiuto e imponevano di individuare i costi supplementari generati per il raggiungimento dell’obiettivo della tutela dell’ambiente. Tuttavia, poiché né la Ferriere né la Repubblica italiana avevano fornito spiegazioni precise riguardo ai costi, il Tribunale affermava che la Commissione aveva potuto legittimamente ritenere, nella decisione impugnata, che non fosse possibile isolare nel contesto dell’investimento di cui trattasi, la spesa specificamente destinata alla tutela dell’ambiente. Il Tribunale, pertanto, constatava che la Commissione aveva giustamente considerato che l’investimento realizzato dalla Ferriere non potesse beneficiare di un aiuto per la tutela dell’ambiente, dichiarando l’aiuto controverso incompatibile con il mercato comune.

36      Il Tribunale riteneva quindi che, essendo infondati i motivi dedotti dalla Ferriere e dalla Repubblica italiana diretti ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata, la domanda di annullamento della decisione medesima doveva essere respinta.

37      Per quanto riguarda la domanda di risarcimento del preteso danno, il Tribunale, rilevato che la Ferriere non aveva fornito la prova dell’illegittimità del comportamento contestato alla Commissione, non esaminava gli altri presupposti per la sussistenza della responsabilità extracontrattuale della Comunità e respingeva la domanda.

 Conclusioni delle parti

38      La Ferriere conclude che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione a risarcire i danni subiti per effetto della decisione impugnata, e

–        condannare la Commissione alle spese.

39      La Commissione conclude che la Corte voglia:

–        in via principale, respingere l’impugnazione;

–        in subordine, respingere le domande di annullamento e di risarcimento dei danni presentate in primo grado, e

–        condannare la Ferriere alle spese.

40      La Repubblica italiana conclude che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata, e

–        annullare la decisione impugnata.

 Sull’impugnazione

41      A sostegno della propria impugnazione, la Ferriere deduce nove motivi relativi, rispettivamente:

–        all’illegittimità dell’avvio del primo procedimento formale d’indagine del 3 giugno 1999;

–        alla violazione dell’art. 6, nn. 5 e 6, della decisione n. 2496/96 (primo capo), nonché dell’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999 (secondo capo);

–        alla violazione dei diritti riconosciuti agli interessati, nonché ad un errore di diritto riguardo alle discipline del 1994 e del 2001;

–        ad un errore di diritto riguardo al principio di tutela del legittimo affidamento;

–        ad un errore di diritto che consiste nell’omessa constatazione della violazione del principio di buona amministrazione risultante, da un lato, dall’avvio del primo procedimento formale (primo capo) e, dall’altro, dalle continue modifiche della motivazione effettuate dalla Commissione (secondo capo);

–        ad un errore di diritto per aver escluso che l’aiuto costituisse misura di applicazione di un regime già approvato;

–        all’illegittima applicazione della disciplina del 2001;

–        agli errori di diritto e allo snaturamento dei fatti riguardo alle finalità ambientali dell’investimento, nonché

–        agli errori di diritto riguardo alla possibilità di isolare nel costo totale dell’investimento la parte concernente la tutela dell’ambiente.

42      Dai punti 29‑31 della sentenza impugnata, che fanno riferimento alla decisione impugnata, risulta che il progetto di aiuto oggetto della medesima è stato valutato solo alla luce delle disposizioni del Trattato CE e che l’aiuto progettato non poteva essere attuato, essendo, secondo la Commissione, incompatibile con il mercato comune.

43      Non occorre quindi esporre ed analizzare, nell’ambito del presente giudizio, né le censure della Ferriere relative, da un lato, alle disposizioni della decisione n. 2496/96, la quale rileva solo per ciò che riguarda le procedure  rientranti nell’ambito di applicazione del Trattato CECA, e, dall’altro, a circostanze estranee alle considerazioni sulla base di cui la decisione impugnata è stata adottata, né gli argomenti dedotti dalla Commissione in replica a tali censure.

44      Ciò premesso, in considerazione del loro contenuto, il primo motivo, il primo capo del secondo motivo, nonché il primo capo del quinto motivo, devono essere in limine respinti in quanto inoperanti.

 Sul secondo capo del secondo motivo, relativo alla violazione dell’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999

 Argomenti delle parti

45      La Ferriere, sostenuta dalla Repubblica italiana, deduce che il Tribunale ha violato l’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999 laddove ha ritenuto che il ritardo nella conclusione del procedimento d’indagine non abbia costituito un motivo d’illegittimità della decisione impugnata. Non avendo la Repubblica italiana e la Commissione concordato una proroga del termine entro il cui si doveva pervenire alla conclusione del procedimento, la Ferriere sostiene che il Tribunale erroneamente non abbia tratto le conseguenze giuridiche da tale ritardo con riferimento all’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999.

46      La Ferriere e la Repubblica italiana contestano che sia applicabile alla presente causa, la giurisprudenza del Tribunale relativa all’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999, secondo cui, benché il termine di diciotto mesi previsto da tale disposizione costituisca un obiettivo da rispettare, esso non rappresenta tuttavia un termine imperativo (v., segnatamente, sentenza del Tribunale 27 novembre 2003, causa T‑190/00, Regione Siciliana/Commissione, Racc. pag. II‑5015, punto 139). Secondo la Ferriere e la Repubblica italiana, la Corte dovrebbe pronunciarsi in senso contrario a tale giurisprudenza.

47      La Commissione ricorda che, secondo l’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999, essa è tenuta ad adoperarsi nella misura del possibile per adottare una decisione entro il termine di 18 mesi, il che esclude qualsiasi interpretazione perentoria di tale termine. Essa aggiunge che, una volta scaduto tale termine, essa è obbligata ad adottare una decisione sulla base delle informazioni in suo possesso entro due mesi solo qualora lo Stato membro interessato ne faccia domanda, conformemente all’art. 7, n. 7, dello stesso regolamento. La Commissione fa osservare che il citato art. 7, n. 7, sulla base del quale peraltro non è stata fondata nessuna domanda, dovrebbe essere interpretato nel senso che il silenzio della Commissione non produce effetti automatici, ma offre solamente la possibilità di proporre un ricorso per carenza ai sensi dell’art. 232 CE.

 Giudizio della Corte

48      Occorre rammentare che, ai termini dell’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999, la Commissione si adopera per quanto possibile per adottare una decisione entro 18 mesi dall’avvio della procedura e che detto termine può essere prorogato di comune accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato.

49      Dato che l’obbligo della Commissione consiste nell’adoperarsi per adottare la decisione entro tale termine, e che quest’ultimo può essere prorogato per effetto di un accordo, si deve ritenere che il termine di 18 mesi, previsto all’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999 non è imperativo.

50      Tale constatazione relativa alla natura di detto termine è parimenti confermata dall’art. 7, n. 7, dello stesso regolamento, ai sensi del quale «una volta scaduto il termine (…), e se lo Stato membro interessato ne fa richiesta, la Commissione, entro 2 mesi, prende una decisione in base alle informazioni in suo possesso. Se del caso, qualora le informazioni fornite non siano sufficienti per stabilire la compatibilità, la Commissione prende una decisione negativa».

51      Di conseguenza, il Tribunale, al punto 69 della sentenza impugnata, ha correttamente ritenuto che tale termine di 18 mesi fosse ordinatorio e prorogabile e che, in ogni caso, la durata del procedimento, anche se calcolata a decorrere dalla data della prima decisione di avvio del procedimento formale, ossia il 3 giugno 1999, e conseguentemente di durata leggermente inferiore a 22 mesi, non rappresentava un superamento irragionevole del termine stesso.

52      Il secondo capo del secondo motivo risulta pertanto infondato.

 Sul terzo e settimo motivo, relativi alla violazione dei diritti degli interessati, ad un errore di diritto riguardo alle discipline del 1994 e del 2001 nonché all’illegittima applicazione della disciplina del 2001

53      Si deve rilevare che le censure dedotte a sostegno del terzo motivo sono strettamente connesse a quelle dedotte dalla Ferriere nell’ambito del suo settimo motivo. Appare quindi opportuno esaminare tali motivi congiuntamente.

 Argomenti delle parti

54      Con tali motivi, la Ferriere contesta al Tribunale di aver violato i diritti che gli interessati traggono dall’art. 88, n. 2, CE, di aver commesso un errore di diritto riguardo alle discipline del 1994 e del 2001, nonché di aver applicato in modo illegittimo la disciplina del 2001.

55      Essa ricorda che la Repubblica italiana ed essa stessa hanno presentato le loro osservazioni sulla base della disciplina del 1994 e che la Commissione ha omesso di invitare gli interessati ad esprimersi al momento dell’entrata in vigore della disciplina del 2001.

56      La Ferriere sostiene che una disciplina modificata non può costituire il fondamento normativo di una decisione con cui la Commissione si pronuncia in ordine alla compatibilità di un aiuto dal momento che le osservazioni degli interessati sono state presentate alla luce della disciplina in vigore prima che intervenisse la modifica.

57      La Ferriere ritiene erronea la qualificazione delle discipline del 1994 e del 2001, effettuata dal Tribunale ai punti 77 e 79 della sentenza impugnata, e insufficiente la relativa motivazione. Essa considera, inoltre, che esistano differenze sostanziali tra tali discipline e che il Tribunale abbia omesso di menzionarle.

58      La Commissione chiede alla Corte di riesaminare e rettificare il punto 75 della sentenza impugnata, secondo cui essa non avrebbe potuto, senza violare i diritti procedurali degli interessati, fondare la propria decisione su principi nuovi, introdotti dalla disciplina del 2001, non chiedendo agli interessati le loro osservazioni in proposito. In subordine, essa deduce che, essendo il contenuto della disciplina del 2001 sostanzialmente identico a quello del 1994, non era necessario raccogliere nuove osservazioni.

59      La Commissione sostiene che gli interessati ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE, e dell’art. 20 del regolamento n. 659/1999, tra cui i potenziali beneficiari degli aiuti, svolgono essenzialmente un ruolo di fonti d’informazione nell’ambito del procedimento amministrativo avviato ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE (sentenze della Corte 12 luglio 1973, causa 70/72, Commissione/Germania, Racc. pag. 813, punto 19, e 20 marzo 1984, causa 84/82, Germania/Commissione, Racc. pag. 1451, punto 13, e la sentenza del Tribunale 10 aprile 2003, causa T‑366/00, Scott/Commissione, Racc. pag. II‑1763, punto 59). Essa ritiene che le osservazioni degli interessati servano ad informarla riguardo alle circostanze di fatto rilevanti ai fini della sua decisione e non a commentare la disciplina applicabile. La Commissione rileva, inoltre, che gli interessati non hanno alcun diritto al contraddittorio con essa (v., in tal senso sentenza 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punti 58 e 59).

60      Di conseguenza, secondo la Commissione, anche ammesso che possano sussistere ipotesi eccezionali nelle quali risulti opportuno invitare gli interessati a presentare nuove osservazioni, queste si limiterebbero ai casi in cui la modifica degli orientamenti condurrebbe ad attribuire importanza a dati di fatto precedentemente non rilevanti. La Commissione ritiene, per contro, che tale invito non si renda necessario, nonostante il fatto che i criteri di valutazione siano mutati, quando il contesto di fatto pertinente, in relazione al quale tali interessati abbiano già avuto occasione di presentare osservazioni, rimanga immutato.

61      La Commissione aggiunge che, in materia di controllo degli aiuti di Stato, essa può adattare la propria politica per rispondere in modo rapido ed efficace all’evoluzione del mercato comune. In tal senso, essa potrebbe essere indotta ad adottare nuove discipline con immediata entrata in vigore e applicabilità. Orbene, la Commissione sostiene che non sarebbe in grado di adempiere al proprio compito se fosse obbligata a procedere ad una nuova consultazione degli interessati con la pubblicazione di un nuovo avviso nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, un nuovo termine per presentare osservazioni, una nuova trasmissione di tali osservazioni allo Stato membro interessato ed un nuovo termine per commentare queste ultime. Tale obbligo condurrebbe, d’altronde, ad un ingiustificato allungamento della durata della procedura che recherebbe pregiudizio ai principi della certezza del diritto e della buona amministrazione.

62      In ogni caso, secondo la Commissione, il contenuto della disciplina del 2001 è sostanzialmente identico a quello della disciplina del 1994. Essa rileva parimenti, riguardo alle nuove regole, che, poiché la disciplina del 2001 era stata pubblicata quasi due mesi prima dell’adozione della decisione impugnata, menzionando che si sarebbe applicata ai procedimenti in corso, gli interessati avevano la possibilità di presentare nuove osservazioni di propria iniziativa.

 Giudizio della Corte

63      La Ferriere ha sostenuto, nell’ambito del procedimento di primo grado, che la Commissione, avendo avviato il procedimento formale di indagine nel vigore della disciplina del 1994 e adottato la decisione impugnata sul fondamento della disciplina del 2001, senza invitare la Repubblica italiana e gli interessati a presentare le loro osservazioni in considerazione della nuova disciplina, aveva in tal modo violato il diritto di difesa da parte dell’istituzione.

64      Il Tribunale ha esaminato tale motivo non già sotto il profilo dei diritti della difesa, di cui solo gli Stati, in quanto parti del procedimento d’esame degli aiuti di Stato, sono titolari (v., in tal senso, sentenza 24 settembre 2002, cause riunite C‑74/00 P e C‑75/00 P, Falck e Acciaierie di Bolzano SpA/Commissione, Racc. pag. I‑7869, punti 80-83), bensì in considerazione del diritto di cui dispongono gli interessati, in virtù dell’art. 88, n. 2, CE, di presentare osservazioni durante la fase di esame prevista da tale disposizione. Il Tribunale ha affermato, al punto 75 della sentenza impugnata, che, nella fattispecie, in virtù di detto diritto e indipendentemente dalla questione se la Commissione potesse legittimamente applicare la nuova disciplina all’atto dell’adozione della decisione impugnata, l’istituzione non avrebbe potuto basare la propria decisione su principi nuovi, introdotti dalla disciplina del 2001, senza chiedere agli interessati le loro osservazioni in proposito.

65      La Commissione ritiene che con tale affermazione il Tribunale sia incorso in un errore di diritto, tenuto conto che essa non è tenuta a procedere ad una nuova consultazione degli interessati se non in ipotesi eccezionali in cui, per preservare il ruolo di «fonti d’informazione» riconosciuto ai terzi interessati, risulti opportuno invitarli a presentare nuove osservazioni, laddove l’adozione di una nuova disciplina conduca ad attribuire importanza a dati di fatto precedentemente irrilevanti.

66      La sentenza impugnata non è tuttavia viziata da un errore di diritto a tale riguardo.

67      Occorre anzitutto rilevare che il diritto degli interessati di presentare osservazioni nel corso del procedimento amministrativo è previsto dall’art. 88, n. 2, CE.

68      Risulta dalla giurisprudenza che le imprese potenzialmente beneficiare degli aiuti di Stato sono considerate come interessati e che la Commissione ha l’obbligo, nell’ambito della fase di esame prevista all’art. 88, n. 2, CE, di intimare a costoro di presentare le loro osservazioni (v. sentenze 15 giugno 1993, causa C‑225/91, Matra/Commissione, Racc. pag. I‑3203, punto 16, nonché Commissione/Sytraval e Brink’s France, cit., punto 59).

69      Tali interessati, qualora non possano far valere il diritto di difesa, dispongono per contro del diritto di partecipare al procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione in misura adeguata, tenendo conto delle circostanze del caso di specie.

70      Quanto alle circostanze concrete da prendere in considerazione nella specie, il Tribunale ha rilevato, al punto 75 della sentenza impugnata, che, da un lato, quando la disciplina del 2001 è stata pubblicata, gli interessati avevano già presentato le loro osservazioni in ordine alla disciplina del 1994 e che, dall’altro, dalla disciplina del 2001 risulta che quest’ultima si situa in linea di continuità rispetto a quella del 1994 e definisce la nuova posizione della Commissione alla luce degli sviluppi intervenuti sul piano nazionale e internazionale, dei concetti, delle normative e delle politiche sulla tutela dell’ambiente.

71      Ciò premesso non può essere contestato al Tribunale di aver considerato che la Commissione non avrebbe potuto, senza violare i diritti procedurali degli interessati, fondare la sua decisione su principi nuovi, introdotti dalla disciplina del 2001, senza chiedere agli interessati le loro osservazioni a tale riguardo.

72      Tuttavia, il Tribunale ha constatato che la decisione impugnata era fondata su principi, in sostanza, identici nelle due discipline in questione e che, di conseguenza, i diritti degli interessati riconosciuti dall’art. 88, n. 2, CE non erano in definitiva stati violati dalla Commissione.

73      A tal riguardo, la Ferriere contesta al Tribunale di aver omesso di prendere in considerazione le differenze sostanziali esistenti tra la disciplina del 1994 e quella del 2001, nonché di aver commesso, nella qualificazione di tali discipline, taluni errori di diritto.

74      La Commissione rileva invece che la sentenza impugnata non è viziata, sotto tal proposito, da alcun errore di diritto.

75      Ciò premesso, occorre porre a raffronto i contenuti di tali due discipline e verificare, specificamente, la fondatezza dell’analisi esposta ai punti 77, 79, 80 e 139 della sentenza impugnata, secondo cui i principi, i termini e i criteri di valutazione utilizzati in tali discipline sarebbero sostanzialmente identici.

76      Nell’ambito di tale raffronto, è giocoforza constatare, anzitutto, che la Commissione ritiene, come risulta dal punto 5 della disciplina del 2001, che il suo approccio concernente gli aiuti di Stato debba essere determinato «alla luce degli insegnamenti (…) [tratti] dal funzionamento della disciplina (…) [del] 1994 e delle modifiche nel frattempo intervenute in materia di politica dell’ambiente».

77      La disciplina del 2001 fornisce, al suo punto 6, talune definizioni tra le quali figurano i principi dell’internalizzazione dei costi, della veridicità dei prezzi e del chi inquina paga. Sembra, ad una lettura della disciplina del 2001, che tali principi siano volti a determinare, in larga misura, l’approccio della Commissione riguardo agli aiuti di Stato nel settore dell’ambiente. Le considerazioni generali relative a tali principi di base delle regole contenute nella nuova disciplina dimostrano un approccio più restrittivo della Commissione nella valutazione degli aiuti di Stato che riduce, in maniera generale, la possibilità di ricorrere ad aiuti di tal genere. Si tratta, dunque, di un chiaro cambiamento rispetto alla disciplina del 1994, essendo quest’ultima il riflesso di considerazioni proprie di un periodo transitorio.

78      Essendo quindi stato constatato un approccio più rigoroso della disciplina del 2001, occorre verificare se tale cambiamento riguardi le disposizioni delle discipline in questione che sono pertinenti nella specie. Si pone, infatti, la questione se tale modifica fosse tale da influire sulla decisione impugnata, vale a dire se quest’ultima sia stata adottata sulla base di principi e di criteri nuovi introdotti dalla disciplina del 2001.

79      Occorre rilevare, a tale riguardo, che, certamente, come sostenuto dalla Ferriere, la frase contenuta al punto 3.2.1 della disciplina del 1994, ai sensi della quale «[p]ertanto, quando vengono costruiti nuovi impianti o vengono sostituiti quelli esistenti, non saranno ritenute ammissibili le spese di investimento sostenute unicamente per creare o sostituire la capacità produttiva senza migliorarne la compatibilità ambientale», non è stata ripresa nella disciplina del 2001.

80      Tuttavia, lo stesso punto 3.2.1 precisa senza equivoci che «[i] costi ammissibili devono limitarsi strettamente ai costi d’investimento aggiuntivi necessari per conseguire gli obiettivi di protezione ambientale» e la frase citata al punto precedente ha solo carattere illustrativo.

81      Si deve dunque notare che, benché il tenore del punto 3.2.1 della disciplina del 1994, nonché quello dei punti 36 e 37 della disciplina del 2001 non siano identici, i termini di quest’ultima, per ciò che riguarda gli investimenti i cui costi sono ammissibili, non comportano una modifica sostanziale del sistema anteriore.

82      Ciò premesso, si deve rilevare che il Tribunale, dopo aver proceduto ai punti 77‑79 della sentenza impugnata al raffronto tra le disposizioni pertinenti della disciplina del 1994 e quelle della disciplina del 2001 riguardo all’esame dell’aiuto in questione, ha giustamente qualificato, al punto 80 della stessa sentenza, come sostanzialmente identici i principi e i criteri di valutazione contenuti in tali discipline, che hanno indotto la Commissione a dichiarare l’aiuto di cui trattasi incompatibile con il mercato comune. 

83      Di conseguenza, senza che occorra pronunciarsi, nella fattispecie, sulla questione della legittimità dell’applicazione della disciplina del 2001, effettuata dalla Commissione secondo il punto 82 della medesima, al progetto di aiuto in favore della Ferriere notificatole prima della pubblicazione di tale disciplina, si deve ritenere che il Tribunale, al punto 80 della sentenza impugnata, ha correttamente statuito che la Commissione non aveva tratto dalla nuova disciplina principi e criteri di valutazione che avrebbero modificato la sua analisi dell’aiuto notificato e che, nelle specifiche circostanze del caso, non era necessaria una nuova consultazione degli interessati, non essendo questa atta a cambiare il senso della decisione impugnata.

84      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, i motivi relativi ad una violazione dei diritti degli interessati, ad un errore di diritto riguardo alle discipline del 1994 e del 2001, nonché all’illegittima applicazione della disciplina del 2001, devono essere respinti.

 Sul quarto motivo, relativo ad un errore di diritto riguardo al principio di tutela del legittimo affidamento

 Argomenti delle parti

85      La Ferriere ritiene che il Tribunale non si sia attenuto alla giurisprudenza richiamata al punto 88 della sentenza impugnata, secondo cui il principio di tutela del legittimo affidamento nel corso del procedimento impone alla Commissione di non fondare la decisione finale sulla mancanza di elementi che le parti interessate hanno ritenuto di non dover fornire, alla luce delle indicazioni che figurano nella decisione d’avvio del procedimento formale d’indagine.

86      La Ferriere sostiene di non essere mai stata invitata a produrre la documentazione menzionata dalla Commissione. A suo avviso, è solo con la decisione impugnata che, per la prima e unica volta, la Commissione ha affermato che le finalità ambientali dell’investimento avrebbero dovuto essere dimostrate mediante taluni specifici documenti relativi ad una fase anteriore alla presentazione della domanda di aiuto.

87      La Ferriere afferma che se la Commissione avesse precisato le sue richieste probatorie fin dall’avvio dei procedimenti formali di indagine, essa non si sarebbe limitata a produrre la documentazione tecnica allegata alla domanda di aiuto e quella supplementare fornita alle autorità regionali nel corso dell’esame dell’aiuto, documentazione che essa riteneva comunque sufficiente a dimostrare le finalità ambientali dell’investimento, bensì sarebbe andata alla ricerca di quei precedenti documenti interni che, secondo la Commissione, sarebbero stati decisivi ai fini della produzione della prova in questione.

88      Poiché tutte le censure della Ferriere riguardano la decisione impugnata in primo grado e non la sentenza del Tribunale, la Commissione sostiene che esse siano estranee alla natura e all’oggetto di un’impugnazione.

89      In ogni caso, la Commissione considera tale quarto motivo privo di fondamento, in quanto essa ha chiaramente manifestato i propri dubbi circa la finalità ambientale dell’investimento progettato e che lo Stato membro nonché il beneficiario non hanno prodotto documenti atti a dissipare tali dubbi. La Commissione sostiene che gli elementi di prova necessari avrebbero dovuto essere forniti mediante la produzione di documenti anteriori o contemporanei alla decisione d’investimento e che non sarebbe corretto tentare di dimostrare la finalità ambientale di tale investimento a posteriori.

 Giudizio della Corte

90      Al punto 148 della sua impugnazione, la Ferriere riconosce che la Commissione ha chiaramente espresso i suoi dubbi in merito alle finalità ambientali dell’investimento progettato e che essa si era anche chiaramente pronunciata sul fatto che la Ferriere avesse l’onere di tentare di dimostrare che tale investimento presentasse finalità ambientali.

91      Tuttavia, la Ferriere contesta alla Commissione di non averla espressamente invitata a produrre taluni documenti e di avere peraltro fondato la sua decisione sulla mancata produzione di questi ultimi.

92      Emerge dalla giurisprudenza citata al punto 94 della sentenza impugnata che anche se è la Commissione a dover formulare chiaramente i propri dubbi sulla compatibilità dell’aiuto nel momento in cui dà avvio a un procedimento formale d’indagine al fine di consentire allo Stato membro e agli interessati di replicarvi nel migliore dei modi, resta il fatto che spetta a chi richiede l’aiuto fugare tali dubbi e dimostrare che il proprio investimento soddisfi il requisito per la concessione dell’aiuto.

93      Quanto al controllo dell’esame da parte della Commissione degli elementi sottoposti alla sua valutazione, esso implica la valutazione di circostanze di fatto, valutazione che rientra nella competenza del Tribunale e non in quella della Corte. Lo stesso vale per i fatti in relazione ai quali viene dedotta la violazione del principio della tutela del legittimo affidamento nel corso del procedimento.

94      Ciò premesso, il quarto motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo capo del quinto motivo, relativo ad un errore di diritto consistente nell’omessa constatazione della violazione del principio di buona amministrazione risultante dalle continue modifiche della motivazione effettuate dalla Commissione

 Argomenti delle parti

95      La Ferriere ritiene che il Tribunale abbia commesso taluni errori di qualificazione giuridica dei fatti che lo avrebbero illegittimamente condotto ad escludere erroneamente la violazione, da parte della Commissione, del principio di buona amministrazione.

96      A tale proposito, la Ferriere sostiene che il Tribunale abbia esaminato solo parzialmente il motivo relativo alla violazione di tale principio, benché essa avesse denunciato in primo grado le continue modifiche della motivazione effettuate dalla Commissione e che quest’ultima avesse agito in violazione dei doveri di buona amministrazione.

97      La Commissione evidenzia che la Ferriere contesta al Tribunale di aver erroneamente ritenuto non sussistere la violazione del principio di buona amministrazione, ma non spiega in cosa consisterebbe tale errore di diritto. Essa considera che tale motivo si rivolga non al Tribunale ma ad essa stessa il che ne determinerebbe, di conseguenza, l’irricevibilità.

98      In ogni caso, la Commissione sostiene che i suoi dubbi riguardo alla compatibilità dell’aiuto di cui trattasi con il mercato comune siano sempre rimasti fondamentalmente gli stessi. Di conseguenza, secondo la Commissione, le censure dedotte sono non solo irricevibili, ma anche prive di fondamento.

 Giudizio della Corte

99      Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, dagli artt. 225 CE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della Corte risulta che un ricorso avverso una sentenza del Tribunale deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda (sentenze 6 marzo 2003, causa C‑41/00 P, Interporc/Commissione, Racc. pag. I‑2125, punto 15; 12 settembre 2006, causa C‑131/03 P, Reynolds Tobacco e a./Commissione, Racc. pag. I‑7795, punto 49, nonché 27 febbraio 2007, causa C‑355/04 P, Segi e a./Consiglio, Racc. pag. I‑1657, punto 22).

100    Tuttavia, le censure dedotte dalla Ferriere non soddisfano tale esigenza e devono essere considerate, come sostenuto dalla Commissione, irricevibili.

101    Infatti, riguardo alle censure sollevate nell’ambito di tale capo del quinto motivo si deve rilevare che nel ricorso non sono stati specificati né gli elementi contestati della sentenza impugnata, né sufficienti argomenti giuridici a sostegno della domanda di annullamento.

102    Il secondo capo del quinto motivo deve essere quindi dichiarato irricevibile.

 Sul sesto motivo, relativo ad un errore di diritto nella qualificazione dell’aiuto come misura non costituente una misura di applicazione di un regime già approvato

 Argomenti delle parti

103    La Ferriere contesta al Tribunale di non aver voluto dichiarare che il suo investimento rientra nell’ambito del regime di aiuti già approvato dalla Commissione nel 1992.

104    Secondo la Ferriere, il Tribunale ha commesso un errore di diritto laddove ha ritenuto che competesse alla Ferriere indicare le norme alle quali intendeva adeguare i propri impianti. La Ferriere sostiene di non essere stata soggetta ad un obbligo di tal genere. In ogni caso, essa deduce di aver indicato nell’atto introduttivo del giudizio, pur limitandosi a menzionare i valori limite nel corso del procedimento amministrativo, senza indicarne il fondamento normativo, tutti i testi legislativi in cui comparivano tali valori.

105    Inoltre, la Ferriere sostiene che, il Tribunale ha interpretato in maniera troppo restrittiva la legge regionale 3 giugno 1978, n. 47, come modificata, tenendo conto solo della lettera della Commissione del 1992 con la quale tale legge era stata autorizzata. Infatti, mentre all’epoca dell’approvazione di tale legge regionale la Commissione intendeva autorizzare solo gli aiuti destinati a favorire l’adeguamento delle imprese alle prescrizioni regolamentari, l’orientamento successivo avrebbe permesso di autorizzare gli aiuti anche al di là di tali prescrizioni. Quindi, la disciplina del 1994 avrebbe imposto alla Commissione di riesaminare i regimi già autorizzati. La Ferriere ne deduce che tale legge regionale avrebbe dovuto essere applicata anche agli investimenti diretti a raggiungere un livello elevato di protezione ambientale anche in assenza di norme obbligatorie.

106    La Ferriere rileva ancora che l’aiuto in questione avrebbe dovuto essere valutato alla luce della lettera della Commissione 18 settembre 1998 e che quest’ultima autorizza gli aiuti anche laddove non esistano norme.

107    La Commissione fa osservare che la Ferriere non invoca errori di diritto commessi dal Tribunale, ma chiede alla Corte di esaminare nuovamente un motivo dedotto e rigettato in primo grado e che, pertanto, tale motivo è irricevibile.

108    In subordine, essa aggiunge, con riferimento al preteso errore di diritto commesso dal Tribunale, secondo cui quest’ultimo avrebbe ritenuto, erroneamente, che spettasse alla Ferriere indicare le norme alle quali intendeva adeguare i propri impianti, che tale motivo non è fondato. La Commissione ricorda, a tal proposito, che il Tribunale ha semplicemente applicato le classiche regole procedurali secondo cui l’onere della prova incombe a colui che è all’origine di un’affermazione e che, pertanto, spetta alla Ferriere e alla Repubblica italiana dimostrare che la Commissione aveva erroneamente ritenuto l’aiuto non incluso nel regime autorizzato.

109    Con riferimento al fondamento normativo dei valori limite, la Commissione rileva che è la Ferriere stessa che ammette di non averli indicati nel corso del procedimento amministrativo, ma di averli menzionati per la prima volta dinanzi al Tribunale. Orbene, per costante giurisprudenza, richiamata al punto 123 della sentenza impugnata, elementi d’informazione che non siano stati forniti e di cui la Commissione non abbia potuto tenere conto ai fini dell’adozione della decisione impugnata non possono essere invocati per contestarne la legittimità.

110    Quanto alle pretese modifiche al regime di aiuto approvato nel 1992, la Commissione sostiene che il Tribunale non avrebbe dovuto esaminare la decisione 18 settembre 1998, richiamata al punto 119 della sentenza impugnata, in quanto essa non è mai stata menzionata nel corso del procedimento amministrativo né nel ricorso di primo grado. In ogni caso, la Commissione considera che, laddove essa non proponga opportune misure ai sensi dell’art. 88, n. l, CE ovvero nel caso in cui essa le proponga e lo Stato membro le respinga, i regimi autorizzati rimangano in vigore nei termini in cui sono stati approvati, senza alcuna ulteriore conseguenza giuridica,.

 Giudizio della Corte

111    Il Tribunale, riferendosi al regime di aiuti approvato che esige l’esistenza di nuovi standard, ha constatato, al punto 117 della sentenza impugnata, che, nel settore di attività dell’impresa candidata a beneficiare dell’aiuto, debbono applicarsi tali nuovi standard, che devono essere stati ivi introdotti recentemente, e che l’investimento, per poter beneficiare dell’aiuto, deve realizzare la messa a norma dell’impianto a tali standard.

112    La Ferriere rileva tuttavia che, alla luce della disciplina del 1994 e della lettera della Commissione 18 settembre 1998, si impone un nuovo approccio, secondo cui gli investimenti dovrebbero essere qualificati come ammissibili, anche in assenza di norme obbligatorie, laddove essi siano diretti a raggiungere un livello elevato di protezione ambientale.

113    A tale riguardo occorre anzitutto, da un lato, rilevare che tali documenti non modificano il regime approvato e non impongono, a carico della Commissione, l’obbligo di seguire l’approccio suggerito dalla Ferriere al momento dell’interpretazione delle disposizioni relative a tale regime.

114    Dall’altro, si deve, constatare, come risulta dai punti 120-124 della sentenza impugnata, che gli elementi d’informazione, inviati alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo da parte della Ferriere e della Repubblica italiana o comunicati nell’ambito del ricorso introduttivo di primo grado di giudizio, non precisano in alcun modo l’identità dei nuovi standard applicabili nel settore in questione di cui l’investimento interessato dal progetto di aiuto sarebbe stato diretto ad assicurare il rispetto.

115    In tali circostanze, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto laddove ha affermato che la Commissione aveva giustamente ritenuto che l’aiuto controverso non potesse essere considerato come una misura di applicazione del regime approvato.

116    Di conseguenza, il sesto motivo deve essere dichiarato infondato.

 Sull’ottavo motivo, relativo ad errori di diritto e ad uno snaturamento dei fatti riguardo alle finalità ambientali dell’investimento

 Argomenti delle parti

117    La Ferriere fa osservare che il Tribunale è incorso in un errore di diritto laddove si è rifiutato di ammettere che la Commissione aveva violato la propria prassi decisionale. La Ferriere rileva che la Commissione, nella decisione 1° luglio 1998, 1999/226/CECA, relativa agli aiuti progettati dalla Regione Friuli-Venezia Giulia a favore dell'impresa siderurgica Servola SpA (GU L 83, 1999, pag. 69), aveva considerato ammissibili gli aiuti ad un’impresa siderurgica, non dopo aver accertato la finalità dei relativi investimenti, effettuando indagini sulle reali intenzioni dell’impresa beneficiaria, ma sulla base della concreta sussistenza di benefici dal punto di vista ambientale. Secondo la Ferriere, tale caso dimostra che la Commissione ha ritenuto sufficiente applicare un criterio meramente oggettivo, senza ricorrere ad un criterio soggettivo, cercando di determinare quali fossero le reali intenzioni dell’impresa beneficiaria.

118    La Ferriere censura la posizione assunta dal Tribunale riguardo alle discipline. A suo avviso, è vero che queste ultime esigono che la finalità dell’investimento interessato sia di tipo ambientale. Ciononostante, dato che tale finalità può essere raggiunta solo con un miglioramento tecnologico, il Tribunale avrebbe commesso un errore, quando ha affermato che, nella fattispecie, i miglioramenti ambientali costituivano solo la conseguenza di un impianto tecnologicamente avanzato.

119    Con riferimento alle prove della finalità ambientale dell’investimento considerato, la Ferriere ritiene decisivi i documenti da essa prodotti in primo grado in sede di replica. A tale proposito, essa sostiene che, se è pur vero che la legittimità di tale decisione deve essere valutata in base agli elementi di cui la Commissione era a conoscenza al momento della sua adozione, è unicamente a causa del comportamento illegittimo dell’istituzione che essa non aveva fornito tali documenti alla Commissione nell’ambio dell’istruttoria.

120    Infine, la Ferriere sostiene anche che la Corte, benché non possa conoscere degli apprezzamenti di fatto operati dal Tribunale, dovrebbe censurare l’errata qualificazione giuridica, da parte di quest’ultimo, del contenuto dei documenti da essa forniti. A suo avviso, tali documenti dimostravano le finalità ambientali dell’investimento progettato.

121    La Commissione ritiene tale motivo irricevibile, dal momento che esso costituisce solo una riproposizione di motivi ed argomenti in fatto già disattesi dal Tribunale. Inoltre, essa ricorda che la decisione impugnata potrebbe essere annullata solo se fossero accolti l’ottavo ed il nono motivo e se fosse annullata la sentenza, e la Corte, pronunciandosi sulla decisione, disattendesse entrambi i motivi di incompatibilità del progetto di aiuti con il mercato comune.

122    Per quanto riguarda la decisione 1999/226, cui si richiama la Ferriere, la Commissione rileva, in primo luogo, che il mancato rispetto di una prassi decisionale non è un motivo d’illegittimità, poiché né il principio di parità di trattamento né quello di tutela del legittimo affidamento possono essere invocati per giustificare il ripetersi di una interpretazione non corretta di un atto (sentenza 24 marzo 1993, causa C‑313/90, CIRFS e a./Commissione, Racc. pag. I‑1125, punto 45). In secondo luogo, la Commissione indica di aver già spiegato, in primo grado, che tale decisione non è comparabile alla decisione impugnata.

123    Quanto alla finalità ambientale dell’investimento, la Commissione sostiene che la Ferriere tenti di rimettere in discussione valutazioni di fatto e che trascuri la fondamentale differenza esistente tra l’acquirente di un nuovo impianto, più moderno e intrinsecamente più rispettoso dell’ambiente, e l’operatore che investa in tecnologie specificamente destinate alla protezione dell’ambiente.

124    La Commissione fa osservare, infine, che la Ferriere cerca di contestare, in spregio alla costante giurisprudenza della Corte, la valutazione operata dal Tribunale in ordine agli elementi di prova dinanzi ad esso dedotti.

 Giudizio della Corte

125    Con riferimento all’argomento relativo alla decisione 1999/226, occorre ricordare che una decisione di tal genere non può, in ogni caso, costituire di per sé stessa una prassi decisionale che vincoli la Commissione. Inoltre, tale decisione e la decisione controversa non si prestano ad un raffronto, poiché gli investimenti della Servola SpA riguardavano dispositivi specificamente destinati alla protezione dell’ambiente, mentre la Ferriere ha proceduto alla sostituzione di un impianto di produzione.

126    Quanto all’argomento relativo alla valutazione degli elementi di prova, il Tribunale ha giustamente constatato, al punto 154 della sentenza impugnata, che i documenti prodotti dalla Ferriere per la prima volta con la replica, i quali, conseguentemente, non sono stati comunicati alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo, non possono avere alcuna incidenza sulla legittimità della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza 10 luglio 1986, causa 234/84, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2263, punto 16).

127    Inoltre, se detto argomento dovesse essere esaminato, esso condurrebbe la Corte ad effettuare una valutazione di natura fattuale. Orbene, in conformità agli artt. 225, n. 1, CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di Giustizia, l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto. La valutazione degli elementi di prova non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione, salvo il caso del loro snaturamento, vizio non invocato nella specie (v., in tal senso, sentenze 19 settembre 2002, causa C‑104/00 P, DKV/UAMI, Racc. pag. I‑7561, punto 22, e 25 ottobre 2007, causa C‑238/06 P, Develey/UAMI, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 97).

128    Alla luce di ciò l’ottavo motivo è irricevibile.

 Sul nono motivo, relativo ad errori di diritto riguardo alla possibilità di isolare nel costo totale dell’investimento la parte concernente la tutela dell’ambiente

 Argomenti delle parti

129    La Ferriere rileva, in primo luogo, che se l’aiuto di cui trattasi fosse stato correttamente considerato come rientrante nel regime generale già approvato di cui alla legge regionale 3 giugno 1978, n. 47 come modificata, il problema della scorporazione dei costi non si sarebbe nemmeno posto.

130    La Ferriere sostiene, in secondo luogo, che sollevato il problema della scorporazione dei costi, le differenze esistenti tra la disciplina del 1994 e quella del 2001, non sono prive di conseguenze. Essa rileva che, mentre la prima di tali discipline si limita a menzionare i costi che devono essere esclusi, la seconda fornisce proprio criteri specifici applicati per la determinazione dei costi ammissibili. La Ferriere ritiene che, secondo la disciplina del 1994, sono considerate ammissibili tutte le spese sostenute per migliorare la compatibilità ambientale anche se coincidenti con quelle sostenute per creare o sostituire la capacità produttiva.

131    La Ferriere aggiunge, in terzo luogo, che neppure la disciplina del 2001 avrebbe consentito alla Commissione di considerare l’aiuto in questione come incompatibile con il mercato comune a causa della difficoltà incontrata per isolare i costi. Tale istituzione avrebbe dovuto procedere, conformemente al punto 37, secondo comma, di tale disciplina al raffronto del costo dell’investimento sostenuto dalla Ferriere con il costo di un investimento che offra le stesse prestazioni tecniche, senza procurare gli stessi vantaggi dal punto di vista ambientale.

132    Secondo la Commissione, talune censure formulate nell’ambito di tale motivo si confondono con quelle dedotte a sostegno degli altri motivi. Inoltre, tale motivo riguarda solo uno dei due motivi di incompatibilità su cui si è fondata la Commissione. Quindi, la legittimità della decisione impugnata non sarebbe rimessa in questione se tale motivo fosse eventualmente accolto, mentre l’ottavo motivo fosse respinto.

133    Quanto ai metodi di calcolo alternativi utilizzati per isolare i costi, la Commissione ricorda che dal trentaduesimo punto della decisione impugnata risulta come non si trattasse dei metodi di calcolo, ma di un’impossibilità assoluta di calcolare il costo dell’investimento per la protezione dell’ambiente, posto che i limitati vantaggi ambientali sono intrinseci alla linea di laminazione innovativa e che qualsiasi altro impianto di elettrosaldatura che elimini la fase della trafilatura a freddo garantirebbe gli stessi risultati ambientali.

 Giudizio della Corte

134    Si deve rilevare, anzitutto, che la questione se il Tribunale abbia giustamente ritenuto che l’aiuto di cui trattasi non rientrasse nel regime generale già approvato, è stata esaminata nell’ambito del sesto motivo.

135    Occorre, poi, aggiungere che la questione relativa alle disposizioni delle due discipline relative ai costi ammissibili è stata trattata nell’ambito dell’esame del terzo e del settimo motivo.

136    È importante, infine, rammentare che la decisione impugnata si è fondata su due motivi di incompatibilità, concernenti il fatto che le finalità ambientali dell’investimento non sono state dimostrate e che è impossibile isolare nel costo totale dell’investimento la parte relativa alla protezione dell’ambiente.

137    Pertanto, l’argomento relativo ad un errore riguardo alla separazione dei costi può essere accolto solo in caso di accoglimento dell’ottavo motivo.

138    Tuttavia, poiché quest’ultimo motivo è stato respinto, è giocoforza constatare che il nono motivo è inoperante.

139    Considerato che nessuno dei motivi proposti dalla Ferriere è stato accolto, l’impugnazione deve essere respinta in toto.

140    Ciò premesso, non occorre esaminare la domanda di risarcimento del danno proposta dalla Ferriere.

 Sulle spese

141    Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della Ferriere, che è risultata soccombente, quest’ultima dev’essere condannata alle spese.

142    La Repubblica italiana, essendo intervenuta in primo grado e nel procedimento dinanzi alla Corte, sopporterà, conformemente all’art. 69, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, reso applicabile alla procedura di impugnazione in virtù dell’art. 118 dello stesso regolamento, le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La Ferriere Nord SpA è condannata alle spese.

3)      La Repubblica italiana sopporterà le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.

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