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Documento 62004CJ0418

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 13 dicembre 2007.
Commissione delle Comunità europee contro Irlanda.
Inadempimento di uno Stato - Direttiva 79/409/CEE - Conservazione degli uccelli selvatici - Artt. 4 e 10 - Recepimento ed applicazione - IBA 2000 - Valore - Qualità dei dati - Criteri - Discrezionalità - Direttiva 92/43/CEE - Conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche - Art. 6 - Recepimento ed applicazione.
Causa C-418/04.

Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-10947

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2007:780

Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nella causa C‑418/04,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 29 settembre 2004,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. B. Doherty e M. van Beek, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Irlanda, rappresentata dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dalla sig.ra E. Cogan, barrister, e dal sig. G. Hogan, SC,

convenuta,

sostenuta da:

Repubblica ellenica, rappresentata dalla sig.ra E. Skandalou, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

e

Regno di Spagna, rappresentato dalla sig.ra N. Díaz Abad, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. L. Bay Larsen, R. Schintgen, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta e dal sig. P. Kūris (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 6 luglio 2006,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 settembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. Con il ricorso in oggetto, la Commissione delle Comunità europee chiede che la Corte voglia dichiarare che l’Irlanda:

– non avendo classificato, dal 1981, a norma dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1), come modificata dalla direttiva della Commissione 29 luglio 1997, 97/49/CE (GU L 223, pag. 9, in prosieguo: la «direttiva uccelli»), tutti i territori più idonei in numero e in superficie alle specie di cui all’allegato I della medesima direttiva (in prosieguo: l’«allegato I»), nonché alle specie migratrici che ritornano regolarmente;

– non avendo istituito, dal 1981, a norma dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli, il necessario regime giuridico di protezione per tali territori;

– non avendo garantito che, dal 1981, le disposizioni dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli fossero applicate alle zone da classificare come zone di protezione speciale (in prosieguo: le «ZPS») ai sensi della direttiva medesima;

– non avendo dato piena e corretta attuazione a quanto prescritto dall’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva uccelli;

– non avendo adottato, per quanto riguarda le ZPS classificate ai sensi della direttiva uccelli, tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni dell’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7, in prosieguo: la «direttiva habitat») e, per quanto riguarda l’uso come zone turistiche di tutti i siti rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat, non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni del detto art. 6, n. 2;

– non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi all’art. 10 della direttiva uccelli,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tali articoli delle dette direttive.

2. Con ordinanza del Presidente della Corte 17 marzo 2005, è stato ammesso l’intervento della Repubblica ellenica e del Regno di Spagna a sostegno della domanda dell’Irlanda, che chiede alla Corte di respingere il ricorso o, in subordine, di circoscrivere la portata della sentenza alle questioni specifiche in relazione alle quali ritiene che l’Irlanda sia venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza delle direttive de quibus.

Contesto normativo

Normativa comunitaria

La direttiva uccelli

3. Ai sensi del nono ‘considerando’ della direttiva uccelli, «la preservazione, il mantenimento o il ripristino di una varietà e di una superficie sufficienti di habitat sono indispensabili alla conservazione di tutte le specie di uccelli; […] talune specie di uccelli devono essere oggetto di speciali misure di conservazione concernenti il loro habitat per garantirne la sopravvivenza e la riproduzione nella loro area di distribuzione; […] tali misure devono tener conto anche delle specie migratrici ed essere coordinate in vista della costituzione di una rete coerente».

4. A termini dell’art. 4 della direttiva uccelli:

«1. Per le specie elencate nell’allegato I sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione.

A tal fine si tiene conto:

a) delle specie minacciate di sparizione;

b) delle specie che possono essere danneggiate da talune modifiche del loro habitat;

c) delle specie considerate rare in quanto la loro popolazione è scarsa o la loro ripartizione locale è limitata;

d) di altre specie che richiedono una particolare attenzione per la specificità del loro habitat.

Per effettuare le valutazioni si terrà conto delle tendenze e delle variazioni dei livelli di popolazione.

Gli Stati membri classificano in particolare come zone di protezione speciale i territori più idonei in numero e in superficie alla conservazione di tali specie, tenuto conto delle necessità di protezione di queste ultime nella zona geografica marittima e terrestre in cui si applica la presente direttiva.

2. Analoghe misure vengono adottate dagli Stati membri per le specie migratrici non menzionate nell’allegato I che ritornano regolarmente, tenuto conto delle esigenze di protezione nella zona geografica marittima e terrestre in cui si applica la presente direttiva per quanto riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. A tale scopo, gli Stati membri attribuiscono una importanza particolare alla protezione delle zone umide e specialmente delle zone d’importanza internazionale.

[…]

4. Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative tenuto conto degli obiettivi del presente articolo. Gli Stati membri cercheranno inoltre di prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali zone di protezione».

5. L’art. 10 della direttiva uccelli così recita:

«1. Gli Stati membri incoraggiano le ricerche e i lavori necessari per la protezione, la gestione e l’utilizzazione della popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1.

2. Un’attenzione particolare sarà accordata alle ricerche e ai lavori sugli argomenti elencati nell’allegato V. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni ad essa necessarie per prendere misure appropriate per coordinare le ricerche e i lavori di cui al presente articolo».

6. I temi di ricerca e di lavoro menzionati dall’allegato V della direttiva uccelli sono i seguenti:

«a) Fissazione dell’elenco nazionale delle specie minacciate di estinzione o particolarmente in pericolo tenendo conto della loro area di ripartizione geografica.

b) Censimento e descrizione ecologica delle zone di particolare importanza per le specie migratrici durante le migrazioni, lo svernamento e la nidificazione.

c) Censimento dei dati sul livello di popolazione degli uccelli migratori sfruttando i risultati dell’inanellamento.

d) Determinazione dell’influenza dei metodi di prelievo sul livello delle popolazioni.

e) Messa a punto e sviluppo dei metodi ecologici per prevenire i danni causati dagli uccelli.

f) Determinazione della funzione di certe specie come indicatori d’inquinamento.

g) Studio degli effetti dannosi dell’inquinamento chimico sul livello della popolazione delle specie di uccelli».

La direttiva habitat

7. L’art. 6 della direttiva habitat dispone quanto segue:

«(…)

2. Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

4. Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

Normativa interna

L’European Communities Act

8. L’European Communities Act 1972 (legge del 1972 relativa alle Comunità europee, in prosieguo: l’«European Communities Act») attribuisce potere normativo ai ministri indipendentemente dal Parlamento nazionale qualora sia necessario ai fini dell’adempimento di obblighi imposti dalla normativa comunitaria.

Il Wildlife Act

9. L’art. 11, nn. 1 e 3, del Wildlife Act 1976 [legge del 1976 sulla fauna e la flora selvatiche, nel testo risultante dalla legge di modifica del 2000, Wildlife (Amendment) Act; in prosieguo: il «Wildlife Act»], dispone quanto segue:

«1. Spetta al Ministro garantire la conservazione della vita selvatica e promuovere la conservazione della diversità biologica.

(…)

3. Il Ministro può, direttamente o con un terzo ovvero con la sua intermediazione:

a) svolgere o far svolgere lavori di ricerca che ritiene utili per l’esercizio delle sue funzioni ai sensi della presente legge;

(…)».

10. Gli artt. 15‑17 del Wildlife Act attribuiscono al Ministro competente la competenza di costituire per decreto riserve naturali su terreni che fanno parte del terreno demaniale. Detta legge abilita parimenti il Ministro a riconoscere riserve naturali site su altri terreni nonché a designare terreni come rifugi faunistici.

Il regolamento uccelli

11. Il regolamento del 1985 relativo alla conservazione degli uccelli selvatici delle Comunità europee [European Communities (Conservation of Wild Birds) Regulations 1985; in prosieguo: il «regolamento uccelli»], vieta il deposito di cibo, rifiuti e sostanze nocive nelle ZPS interessate.

Il regolamento habitat

12. Il preambolo al regolamento del 1997 relativo agli habitat naturali delle Comunità europee [European Communities (Natural Habitats) Regulations 1997], come modificato dal Wildlife (Amendment) Act del 2000 (legge del 2000), (in prosieguo: il «regolamento habitat»), specifica che tale regolamento è stato adottato al fine di trasporre nel diritto interno la direttiva habitat.

13. L’art. 2 del regolamento habitat definisce un sito europeo come: a) sito notificato ai fini di cui all’art. 4 […] del regolamento stesso; b) sito adottato dalla Commissione come sito di importanza comunitaria ai fini di cui all’art. 4, n. 2, della direttiva habitat, secondo la procedura prevista dall’art. 21 della direttiva stessa; c) zona di conservazione particolare, e d) zona classificata ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli.

14. L’art. 4 di tale regolamento così recita:

«1. Il Ministro comunica un esemplare della lista dei siti europei candidati o un elenco modificato conformemente all’art. 3, n. 3, al Ministro dell’Ambiente, al Ministro dell’Agricoltura, dell’Alimentazione e delle Foreste, al Ministro degli Affari marittimi, al Ministro del Trasporto, dell’Energia e delle Comunicazioni, ai Commissioners of Public Works in Irlanda (Ufficio irlandese dei lavori pubblici), all’Environmental Protection Agency (Agenzia di tutela dell’ambiente) e a ogni autorità competente in materia di riassetto nella circoscrizione in cui si trovi il terreno o ogni sua parte ricompresa nell’elenco, e consulta, eventualmente, alcune o tutte le dette autorità.

2. a) Il Ministro notifica a tutti i proprietari e detentori di ogni terreno compreso nell’elenco dei siti europei candidati ed a tutti i titolari di una valida autorizzazione alla prospezione o all’esplorazione, rilasciata con apposito atto ufficiale concernente il detto terreno, la proposta di includere il terreno stesso nell’elenco e di trasmettere l’elenco alla Commissione ai sensi delle disposizioni di cui alla direttiva habitat;

b) qualora non sia possibile determinare, con una normale ricerca, l’indirizzo di una persona alla quale si applichi la lett. a) del presente paragrafo, pareri e documenti in cui compaia il sito interessato saranno affissi in un luogo ben visibile:

i) di uno o più luoghi della Garda Siochana, degli uffici delle amministrazioni locali, degli uffici locali del Ministero della Previdenza pubblica, degli uffici locali del Ministero dell’Agricoltura, dell’Alimentazione e delle Foreste e degli uffici di Teagasc situati nel sito interessato, o lungo il sito medesimo, ovvero

ii) se ivi [non] si trova alcun luogo o ufficio di tale genere, in uno o più luoghi o uffici situati in prossimità o nei dintorni del sito, e

saranno diffusi avvertimenti almeno su una delle stazioni delle radio emittenti nella zona del sito interessato e pubblicati in almeno uno dei giornali diffusi in tale zona, ove tali avvertimenti invitano chiunque sia coinvolto dall’elenco dei siti proposti quali siti europei a prendere contatto con il Ministero dell’Arte, della Cultura e del Gaeltacht.

(…)

3. Per ciascuno dei siti, l’elenco dei siti proposti quali siti europei inviato dal Ministro ai sensi del n. 1 e la notifica effettuata dal Ministro ai sensi del n. 2:

a) saranno accompagnati da una mappa di stato maggiore in scala adeguata alle circostanze, sulla quale il sito sarà delimitato in modo da consentire l’identificazione delle proprietà comprese nel sito al quale si riferisce il parere, nonché i suoi confini;

b) indicherà le operazioni o le attività di cui il Ministro ritiene che possano alterare, danneggiare, distruggere l’integrità del sito ovvero interferire con essa;

c) indicherà il tipo o i tipi di habitat, ovvero le specie che esso ospita e per cui è stato proposto il riconoscimento del sito come sito di importanza comunitaria;

d) indicherà le procedure di ricorso accessibili ai singoli.

(…)».

15. L’art. 5 del detto regolamento conferisce ad ogni destinatario di una notifica, ai sensi dell’art. 4, n. 2, del regolamento medesimo, il diritto di contestare l’iscrizione del sito sull’elenco dei siti europei candidati e definisce la procedura da seguire per decidere in ordine a tali obiezioni.

16. Ai sensi dell’art. 7 del regolamento habitat, il Ministro può nominare «agenti autorizzati» a recarsi sui terreni ed ispezionarli.

17. L’art. 9 di tale regolamento prevede quanto segue:

«1. Entro e non oltre sei anni dalla data di adozione di un sito da parte della Commissione conformemente alla procedura prevista dall’art. 4, n. 2, della direttiva habitat, il Ministro designa tale sito come zona speciale di conservazione e pubblica o fa pubblicare nello Iris Oifigiúil una copia di ciascuna di tali designazioni.

(…)».

18. L’art. 13 del detto regolamento è così redatto:

«1. Il Ministro adotta le misure di conservazione che ritiene idonee riguardo alle zone speciali di conservazione designate in forza dell’art. 9 e, in particolare, eventualmente, piani di gestione espressamente concepiti per i siti ovvero integrati in piani adeguati.

2. Il Ministro adotta i provvedimenti amministrativi o contrattuali che corrispondono alle necessità ecologiche dei tipi di habitat naturali previsti dall’allegato I della direttiva habitat e delle specie previste dall’allegato II della direttiva medesima che si trovano sui siti in questione.

3. Il Ministro adotta le disposizioni utili al fine di evitare, nelle zone speciali di conservazione designate in forza dell’art. 9, il deterioramento degli habitat naturali e degli habitat di specie, nonché le perturbazioni che incidano sulle specie per le quali sono state designate tali zone, in quanto tali perturbazioni possano avere un effetto significativo alla luce degli obiettivi della direttiva habitat».

19. A termini dell’art. 14 del regolamento habitat:

«1. È vietato effettuare, far effettuare o perseguire, su tutte le proprietà appartenenti ad una zona speciale di conservazione o a un sito menzionato in un elenco conformemente al capitolo I della presente parte, un’operazione o un’attività menzionata in un parere reso ai sensi dell’art. 4, n. 2, a meno che l’operazione o l’attività siano effettuate, richieste, autorizzate o perseguite dal proprietario, dal detentore o dall’utente del luogo e che:

a) uno di tali soggetti abbia inviato al Ministro una proposta scritta relativa all’operazione o all’attività da svolgere, precisandone la natura nonché la proprietà sulla quale si propone di svolgere l’operazione o l’attività, e

b) sia soddisfatto uno dei requisiti precisati al n. 2.

2. I requisiti previsti al n. 1 sono i seguenti:

a) l’operazione o l’attività è svolta con il consenso scritto del Ministro, ovvero

b) l’operazione o l’attività è svolta conformemente all’accordo di gestione previsto dall’art. 12.

3. Chiunque, in assenza di una giustificazione ragionevole, contravviene alle disposizioni di cui al n. 1 commette un reato.

4. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle operazioni o alle attività previste dall’art. 15, n. 2».

20. Ai sensi dell’art. 15, n. 1, di tale regolamento, se le autorità irlandesi sono adite per una richiesta di autorizzazione ai sensi dell’art. 14 del regolamento medesimo e l’attività in questione può incidere considerevolmente sul sito, dette autorità devono valutarne le implicazioni sul sito alla luce dei relativi obiettivi di conservazione. Ai sensi del successivo n. 2, inoltre, se l’attività in questione è già stata oggetto di un’autorizzazione in forza di un’altra normativa, il Ministro competente con l’autorità del quale è stata concessa l’autorizzazione è tenuto a valutare detta attività e, eventualmente, a modificare o annullare l’autorizzazione stessa.

21. L’art. 16 di detto regolamento prevede che, se a termini della valutazione di cui all’art. 15 del regolamento medesimo l’attività in questione risulta avere un effetto nefasto sul sito, essa non può essere autorizzata. È tuttavia prevista una deroga per «motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

22. L’art. 17 del regolamento habitat prevede quanto segue:

«1. Se il Ministro ritiene che sia ovvero possa essere effettuata su:

a) un sito previsto in un elenco conformemente al capitolo I della presente parte, ovvero

b) un sito di cui all’art. 5 della direttiva habitat, o

c) un sito europeo,

un’operazione o un’attività che non sia direttamente connessa con la gestione di tali siti o necessaria a tal fine, ma che possa produrre un effetto rilevante su detti siti, isolatamente ovvero congiuntamente con altre operazioni o attività, il Ministro verificherà che sia intrapresa una valutazione adeguata delle implicazioni per il sito di tale operazione o attività, alla luce degli obiettivi di conservazione del sito in questione.

2. Ai fini della presente disposizione, uno studio di impatto ambientale sarà ritenuto quale valutazione adeguata.

3. Se il Ministro, alla luce delle conclusioni della valutazione effettuata ai sensi del n. 1, ritiene che l’operazione o l’attività sia tale da nuocere all’integrità del sito interessato, propone ricorso dinanzi al giudice competente al fine di impedire il compimento dell’operazione o dell’attività.

4. Il ricorso dinanzi al giudice competente sarà una domanda di provvedimenti urgenti e il giudice adito della questione potrà (eventualmente) emettere un provvedimento provvisorio o interlocutorio se lo ritiene adeguato alla luce dell’art. 6, n. 4, della direttiva habitat nonché della necessità, in generale, di preservare l’integrità del sito in questione e di garantire la coerenza globale di Natura 2000.

5. Ai fini della presente sezione, per “giudice competente” deve intendersi un Judge della Circuit Court nella competenza del quale si trovino le proprietà o parti di proprietà interessate, ovvero la High Court».

23. L’art. 18 di tale regolamento così dispone:

«1. Se viene effettuata o proposta su una proprietà che non sia compresa in:

a) un sito previsto in un elenco conformemente al capitolo I della presente parte, ovvero

b) un sito di cui all’art. 5 della direttiva habitat, o

c) un sito europeo,

un’operazione o un’attività che possa nuocere all’integrità del sito in questione, isolatamente ovvero congiuntamente con altre operazioni o attività, il Ministro verificherà che sia intrapresa una valutazione adeguata delle implicazioni per il sito di tale operazione o attività, alla luce degli obiettivi di conservazione del sito de quo.

2. Le disposizioni di cui all’art. 17, nn. 2‑5, si applicheranno tenendo conto delle conclusioni della valutazione effettuata ai sensi del n. 1».

24. L’art. 34 di tale regolamento prevede quanto segue:

«Eventualmente, le disposizioni di cui agli artt. 4, 5, 7, 13, 14, 15 e 16 si applicano, mutatis mutandis, alle zone classificate ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli».

25. L’art. 35 del regolamento medesimo è del seguente tenore:

«Il Ministro:

a) incoraggia l’educazione e l’informazione generale riguardo alla necessità di tutelare le specie di flora e di fauna selvatiche e di preservare i loro habitat e gli habitat naturali;

b) incoraggia la ricerca e i lavori scientifici necessari per il rispetto delle disposizioni di cui all’art. 11 della direttiva habitat, dedicando particolare attenzione ai lavori scientifici necessari all’applicazione degli artt. 4 e 10 della direttiva medesima;

c) eventualmente, fornisce agli altri Stati membri e alla Commissione le informazioni utili ad una corretta coordinazione delle attività di ricerca intraprese a livello nazionale e comunitario».

Fase precontenziosa del procedimento e fase scritta del procedimento dinanzi alla Corte

26. Dopo essere stata adita con diverse denuncie, la Commissione ha avviato due procedimenti per infrazione contro l’Irlanda ed ha inviato a tale Stato membro, tra l’11 novembre 1998 e il 18 aprile 2002, quattro lettere di diffida relative, da un canto, al mancato integrale recepimento e alla mancata corretta applicazione delle direttive «uccelli» e «habitat» e, d’altro canto, a specifiche infrazioni concernenti il degrado degli habitat a causa del turismo.

27. Atteso che i chiarimenti forniti nelle risposte delle autorità irlandesi non sono stati ritenuti soddisfacenti, in esito a riunioni bilaterali tra l’Irlanda e la Commissione, l’Istituzione ha notificato all’Irlanda, il 24 ottobre 2001, un parere motivato nonché, l’11 luglio 2003, un parere motivato integrativo e un parere motivato attinente al turismo.

28. Considerando che gli argomenti esposti nelle risposte dell’Irlanda ai pareri motivati non erano tutti convincenti e, di conseguenza, ritenendo che persistesse un inadempimento di detto Stato membro a taluni obblighi risultanti dalle direttive uccelli e habitat, la Commissione ha deciso di presentare il presente ricorso.

29. In considerazione della connessione delle cause, la Commissione ha deciso di riunire le due infrazioni in un unico procedimento dinanzi alla Corte.

Sul ricorso

30. A sostegno del ricorso, la Commissione invoca sei censure relative all’inadempimento dell’Irlanda a taluni obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 4, nn. 1, 2 e 4, e 10 della direttiva uccelli nonché dell’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva habitat.

Osservazioni preliminari

31. L’art. 18, n. 1, della direttiva uccelli prevede che gli Stati membri si conformino alla direttiva medesima entro un termine di due anni dalla sua notifica. Di conseguenza, il termine di trasposizione della direttiva uccelli è scaduto, riguardo al detto Stato membro, il 6 aprile 1981.

32. L’art. 23, n. 1, della direttiva habitat prevede che gli Stati membri si conformino alla direttiva medesima entro un termine di due anni dalla sua notifica. Di conseguenza, il termine di trasposizione della direttiva habitat è scaduto, riguardo al detto Stato membro, il 10 giugno 1994.

33. È pacifico che, nella fattispecie in esame, la data di scadenza del termine impartito nei pareri motivati va fissata all’11 settembre 2003.

Sulla prima censura, attinente alla classificazione come ZPS di territori insufficienti in numero e in superficie, in violazione dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli

34. La Commissione fa valere che, dal 1981, l’Irlanda ha omesso di classificare, in violazione dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli, l’insieme dei territori più idonei, in numero e superficie, per la conservazione delle specie menzionate dall’allegato I nonché delle specie migratrici non previste in tale allegato che ritornano regolarmente. Tale prima censura si articola in due capi. La Commissione afferma che, da un canto, taluni siti non sono stati assoggettati ad alcuna classificazione e che, d’altro canto, altri siti non sono stati assoggettati ad una classificazione completa.

35. L’Irlanda contesta l’inadempimento dedotto, affermando che, quando informa la Commissione dei propri intendimenti riguardo alla classificazione come ZPS, lo fa nel contesto della cooperazione e della consultazione tra Stati membri, come previsto dalla direttiva uccelli e dalla direttiva habitat. Inoltre, quando informa la Commissione del fatto che sono state effettuate ricerche, non se ne può dedurre che la rete di ZPS attuale sia insufficiente o che l’Irlanda non abbia adempiuto i propri obblighi ai sensi della direttiva uccelli.

Osservazioni preliminari

36. In limine si deve ricordare, in primo luogo, che, secondo costante giurisprudenza della Corte, l’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli impone agli Stati membri di classificare come ZPS i territori rispondenti ai criteri ornitologici determinati da tali disposizioni (sentenza 20 marzo 2003, causa C‑378/01, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑2857, punto 14 e giurisprudenza ivi richiamata).

37. In secondo luogo, gli Stati membri sono tenuti a classificare come ZPS tutti i siti che, secondo i criteri ornitologici, appaiano come i più idonei riguardo alla conservazione delle specie di cui trattasi (sentenza 19 maggio 1998, causa C‑3/96, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑3031, punto 62).

38. In terzo luogo, gli Stati membri non possono sottrarsi all’obbligo di classificare determinati siti come ZPS adottando altre misure di conservazione speciali (v., in tal senso, sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 55).

39. Infine, in quarto luogo, è vero che gli Stati membri godono di un certo margine discrezionale per la scelta delle ZPS, ma ciò non toglie che la classificazione di dette zone si opera esclusivamente secondo taluni criteri ornitologici, determinati dalla direttiva uccelli (v., in tal senso, sentenza 2 agosto 1993, causa C‑355/90, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑4221, punto 26). Le esigenze economiche enunciate all’art. 2 di tale direttiva, pertanto, non possono essere prese in considerazione all’atto della scelta e della delimitazione di una ZPS (sentenza Commissione/Paesi-Bassi, cit., punto 59 e giurisprudenza ivi richiamata).

Sull’IBA 2000

40. A sostegno della censura, la Commissione si riferisce, in particolare, alla citata sentenza Commissione/Paesi Bassi, nella quale la Corte ha tenuto conto dell’ Inventory of Important Bird Areas in the European Community (Inventario delle zone di grande interesse per la conservazione degli uccelli selvatici della Comunità) pubblicato nel 1989 (in prosieguo: l’«IBA 89») sottolineando che quest’ultimo, pur non essendo giuridicamente vincolante per gli Stati membri interessati, può eventualmente, in ragione del suo valore scientifico, essere utilizzato dalla Corte come base di riferimento per valutare in quale misura uno Stato membro abbia rispettato l’obbligo di fissare ZPS. Secondo la Commissione, nel caso di specie, si esamina un inventario analogo.

41. L’Irlanda non concorda con la Commissione in ordine a taluni aspetti del Review of Ireland’s Important Bird Areas (Inventario delle zone di grande interesse per la conservazione degli uccelli dell’Irlanda), redatto nel 1999 nel contesto di un censimento europeo e pubblicato nel 2000 (in prosieguo: l’«IBA 2000»). A suo parere, né l’esistenza di tale inventario, di per sé, né l’esistenza di detto disaccordo costituiscono la prova di un inadempimento da parte dell’Irlanda agli obblighi ad essa incombenti ai sensi della direttiva uccelli.

42. La Repubblica ellenica nonché il Regno di Spagna fanno valere che l’IBA 2000 presenta talune lacune e che non si può pertanto attribuire a tale inventario il medesimo valore dell’IBA 89.

43. I governi greco e spagnolo, infatti, ritengono che l’IBA 2000 si distingua in diversi punti dall’IBA 89. A loro avviso, l’IBA 2000 contiene taluni dati scientifici che possono certamente costituire un riferimento che dà atto dell’esistenza di talune specie in ogni territorio, ma che si limitano a possedere un carattere indicativo e generale per quanto riguarda l’importanza della popolazione delle diverse specie nonché la delimitazione e, pertanto, la superficie dei territori da classificare come ZPS. Per contro, l’IBA 2000 non contiene dati scientifici che consentano una delimitazione certa delle zone importanti per la conservazione degli uccelli, include superfici eccessivamente ampie che presentano solo un interesse ornitologico ridotto e l’elenco di tali zone deve essere aggiornato conformemente alle analisi scientifiche più recenti. Pertanto, allo stato non ci si può servire del contenuto dell’inventario di cui trattasi per trarre conclusioni certe in ordine alle popolazioni e ad i limiti esatti delle ZPS.

44. In tal modo, la Repubblica ellenica e il Regno di Spagna ne deducono che l’IBA 2000 non costituisce una base né sufficiente né unica su cui fondare l’inadempimento censurato dalla Commissione all’Irlanda.

45. Atteso che la fondatezza della prima censura dipende, in gran parte, dalla questione se la discordanza tra l’IBA 2000 e le ZPS effettivamente designate dall’Irlanda dimostri che detto Stato membro non abbia sufficientemente adempiuto il proprio obbligo di classificare taluni siti come ZPS, occorre esaminare se l’IBA 2000 possieda un valore scientifico comparabile con quello dell’IBA 89 e se, conseguentemente, possa essere utilizzato come elemento di riferimento che consenta di valutare l’inadempimento dedotto.

46. A tal riguardo, occorre ricordare che l’art. 4 della direttiva uccelli prevede un regime di protezione specificamente mirato e rafforzato sia per le specie elencate nell’allegato I sia per le specie migratrici, che trova giustificazione nel fatto che si tratta, rispettivamente, delle specie più minacciate e delle specie che costituiscono un patrimonio comune della Comunità (sentenza 13 luglio 2006, causa C‑191/05, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑6853, punto 9 e giurisprudenza ivi richiamata). Risulta, del resto, dal nono ‘considerando’ di tale direttiva che la preservazione, il mantenimento o il ripristino di una varietà e di una superficie sufficienti di habitat sono indispensabili alla conservazione di tutte le specie di uccelli. Gli Stati membri hanno dunque l’obbligo di adottare le misure necessarie alla conservazione di dette specie (sentenza 28 giugno 2007, causa C‑235/04, Commissione/Spagna, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 23).

47. A tal fine, l’aggiornamento dei dati scientifici è necessario per determinare la situazione delle specie più minacciate e di quelle che costituiscono patrimonio comune della Comunità e per classificare, poi, come ZPS i territori maggiormente idonei. Occorre pertanto utilizzare i più recenti dati scientifici disponibili entro il termine fissato nel parere motivato (sentenza 28 giungo 2007, Commissione/Spagna, cit., punto 24).

48. A tal riguardo, occorre ricordare che gli inventari nazionali, tra cui l’IBA 2000 elaborato da BirdLife International, hanno rivisto il primo studio paneuropeo realizzato nell’IBA 89 presentando dati scientifici più precisi e aggiornati. Infatti, dall’IBA 2000 risulta che tale inventario riporta, riguardo all’Irlanda, 48 siti nuovi rispetto all’IBA 89.

49. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 20 delle conclusioni, i siti riportati nei due inventari sono desunti dall’applicazione di determinati criteri alle informazioni sul patrimonio ornitologico. I criteri dell’IBA 2000 corrispondono in gran parte a quelli dell’IBA 89. Ne consegue che l’incremento dei territori elencati in numero e superficie deriva in sostanza da conoscenze più approfondite sul patrimonio ornitologico.

50. L’Irlanda sostiene che la Commissione ritiene a torto che l’IBA 2000 non sia esaustivo. A tal riguardo, occorre precisare che l’IBA 2000 costituisce solo un riferimento per la corretta costituzione di una rete di zone importanti per la conservazione degli uccelli e che la classificazione dei territori più idonei alla conservazione di talune specie di uccelli può fondarsi su altri studi ornitologici.

51. Orbene, tali lacune, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 25 delle sue conclusioni, non mettono in discussione il valore probatorio dell’IBA 2000. La situazione sarebbe diversa se l’Irlanda avesse prodotto elementi di prova scientifica, diretti in particolare a dimostrare che si potevano adempiere gli obblighi derivanti dall’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli classificando come ZPS siti diversi da quelli risultanti dal detto inventario e ricoprenti una superficie totale inferiore a quella di questi ultimi (v. sentenza Commissione/Italia, cit., punto 18).

52. Tenuto conto del carattere scientifico dell’IBA 89 e della mancata produzione da parte di uno Stato membro di prove scientifiche idonee a dimostrare che si sarebbero potuti adempiere gli obblighi derivanti dall’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli anche classificando come ZPS siti diversi da quelli risultanti dal detto inventario e ricoprenti una superficie totale inferiore a quella di questi ultimi, la Corte ha dichiarato che tale inventario, pur non essendo giuridicamente vincolante, poteva essere utilizzato dalla Corte medesima come elemento di riferimento per valutare se uno Stato membro avesse classificato un numero ed una superficie sufficienti di territori come ZPS ai sensi delle citate disposizioni della direttiva (sentenza 28 giugno 2007, Commissione/Spagna, cit., punto 26 e giurisprudenza ivi richiamata).

53. Nella specie, è pacifico che l’Irlanda non ha presentato altri criteri ornitologici obiettivamente verificabili, a fronte di quelli utilizzati nell’IBA 2000, per costituire una base per una diversa classificazione. L’Irlanda non ha nemmeno contrapposto all’IBA 2000 un inventario nazionale completo, costituito secondo metodi scientifici, che indicherebbe tutti i territori maggiormente idonei ai fini di una classificazione come ZPS.

54. Occorre pertanto rilevare che l’IBA 2000 costituisce un inventario aggiornato delle zone importanti per la conservazione degli uccelli in Irlanda che, in mancanza di prove scientifiche contrarie, costituisce un elemento di riferimento che consente di valutare se tale Stato membro abbia classificato come ZPS territori sufficienti in numero e superficie per offrire protezione a tutte le specie di uccelli elencate dall’allegato I nonché alle specie migratrici non previste da tale allegato.

55. Tale conclusione non può essere messa in discussione con l’argomento del governo spagnolo secondo cui le diverse organizzazioni non governative dedite alla conservazione degli uccelli hanno scelto di modificare unilateralmente il precedente inventario concernente i diversi Stati membri senza che alcuna pubblica amministrazione competente in materia di ambiente abbia operato una supervisione di tale elaborazione né garantito la precisione e la correttezza dei dati ivi contenuti.

56. A tal riguardo, occorre rilevare che, in primo luogo, l’IBA 2000 è stato pubblicato da BirdLife International, un organismo che comprende organizzazioni nazionali per la protezione degli uccelli che aveva già partecipato all’elaborazione dell’IBA 89 con la denominazione di Consiglio internazionale della salvaguardia degli uccelli. Il Gruppo europeo per la conservazione degli uccelli e degli habitat, che del pari vi partecipava, era all’epoca un gruppo di esperti ad hoc di detto Consiglio. BirdLife International garantisce dunque, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 22 delle sue conclusioni, la continuità dell’inventario dei territori.

57. In secondo luogo, è pacifico che il capitolo che l’IBA 2000 dedica all’Irlanda sia stato elaborato di concerto con Dúchas, il servizio del patrimonio del Ministero delle Arti, del Patrimonio, della Regione della lingua gaelica e delle Isole [divenuto successivamente il National Parks and Wildlife (servizio dei parchi nazionali nonché della fauna e della flora selvatiche) del Ministero dell’Ambiente, del Patrimonio e delle Amministrazioni locali, in prosieguo: il «National Parks and Wildlife»]. Tale parte dell’inventario è stata redatta con l’aiuto di esperti irlandesi di elevato livello nel settore dell’ornitologia e si è ampiamente fondata sui dati disponibili in materia di effettivi e di ripartizione degli uccelli nonché su studi effettuati con il supporto finanziario delle autorità competenti. Dall’elenco dei riferimenti scientifici emerge anche che gli esperti hanno ampiamente attinto a studi pubblicati e realizzati con la partecipazione di scienziati ricompresi tra le autorità competenti in materia di conservazione.

58. L’Irlanda ha mantenuto, all’udienza, la posizione secondo cui la natura dell’obbligo di uno Stato membro rispetto all’art. 4, n. 1, della direttiva uccelli, nonché dei suoi ‘considerando’, deve essere valutata a livello europeo e non alla luce del territorio del solo Stato membro interessato. Sarebbe pertanto possibile che un territorio specifico sia idoneo, ma non sia il più adeguato ai fini della classificazione come ZPS.

59. Orbene, anche se, come correttamente sostenuto dall’Irlanda, l’obbligo degli Stati membri ai sensi dell’art. 4, n. 1, di detta direttiva verte esclusivamente sulla classificazione dei territori più adeguati per la conservazione degli uccelli ed è possibile che territori i quali, alla luce delle esigenze di tutela delle specie, sarebbero idonei, di fatto, a tale conservazione non siano mai classificati come ZPS, tuttavia dall’art. 4, n. 1, della direttiva uccelli, come interpretato dalla Corte, emerge che, quando il territorio di uno Stato membro ospita specie menzionate dall’allegato I, detto Stato è tenuto a fissare per esse, in particolare, delle ZPS (v. sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 56 e la giurisprudenza ivi richiamata).

60. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 32 delle sue conclusioni, negli Stati membri in cui tali specie sono relativamente diffuse, le ZPS garantiscono in particolare la conservazione di grandi quantità della popolazione totale. Tuttavia, le ZPS sono necessarie anche nelle aree in cui tali specie sono piuttosto rare, dove infatti servono per la ripartizione geografica delle specie.

61. Infatti, se ogni Stato membro potesse sottrarsi all’obbligo di indicare ZPS per garantire la protezione delle specie elencate nell’allegato I presenti sul suo territorio sulla base del solo rilievo che sussisterebbero, in altri Stati membri, numerosissimi siti ben più adeguati alla conservazione delle stesse specie, si rischierebbe di non conseguire l’obiettivo della costituzione di una rete coerente di ZPS, contemplato dall’art. 4, n. 3, della direttiva uccelli (v., per analogia, sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 58).

62. Il governo greco sostiene che debbano essere presi in considerazione l’impegno assunto dall’Irlanda nel contesto della cooperazione con i competenti servizi della Commissione, nonché lo scadenzario delle nuove delimitazioni ed estensioni delle ZPS fissate dall’Irlanda, poiché tale Stato membro deve verificare il contenuto dell’IBA 2000, al fine di poter delimitare le zone rilevanti per la conservazione degli uccelli e classificarle come ZPS.

63. A tal riguardo, occorre rilevare che, se è pur vero che ogni classificazione presuppone che le autorità competenti abbiano acquisito la convinzione, fondandosi sulle migliori conoscenze scientifiche disponibili, che il sito interessato faccia parte dei territori maggiormente idonei per la protezione degli uccelli (v., in tal senso, sentenza 8 giugno 2006, causa C‑60/05, WWF Italia e a., Racc. pag. I‑5083, punto 27), ciò non comporta tuttavia che l’obbligo di classificazione resti, i n generale, inoperante finché tali autorità non abbiano completamente valutato e verificato le nuove conoscenze scientifiche.

64. Al contrario, come la Corte ha già avuto occasione di affermare, l’accuratezza della trasposizione è particolarmente importante a proposito della direttiva uccelli in quanto la gestione del patrimonio comune è affidata, per il loro territorio, ai rispettivi Stati membri (v. sentenze 8 luglio 1987, causa 262/85, Commissione/Italia, Racc. pag. 3073, punto 9, e 7 dicembre 2000, causa C‑38/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑10941, punto 53).

65. Considerando che l’obbligo di classificare come ZPS i territori maggiormente idonei per la conservazione delle specie sussiste per l’Irlanda dal 6 aprile 1981, la domanda di tale Stato membro di ottenere un termine ulteriore al fine di valutare la migliore fonte scientifica disponibile non può essere accolta, dal momento che essa non è compatibile con gli obiettivi perseguiti dalla direttiva uccelli né con la responsabilità degli Stati membri ivi sancita riguardo alla gestione, sul proprio territorio, del patrimonio comune.

66. Inoltre, come rilevato al precedente punto 47, occorre utilizzare i più recenti dati scientifici disponibili alla scadenza del termine fissato nel parere motivato.

67. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, in assenza di presentazione di studi scientifici tali da contraddire i risultati dell’IBA 2000, tale inventario costituisce il riferimento più aggiornato e preciso ai fini dell’identificazione dei siti più idonei in numero e superficie per la conservazione delle specie menzionate dall’allegato I nonché delle specie migratrici non previste da tale allegato, che ritornano regolarmente.

Sul primo capo della prima censura

– Argomenti delle parti

68. La Commissione riconosce, nella fase precontenziosa del procedimento, che l’Irlanda ha classificato come ZPS un numero di siti relativamente elevato. Tuttavia, essa ritiene che avrebbero dovuto essere classificate anche altre zone. Dopo aver sottolineato che l’IBA 2000 ha elencato, complessivamente, 140 zone importanti per la conservazione degli uccelli per una superficie di 4 309 km², vale a dire circa il 6% della superficie terrestre di tale Stato membro (approssimativamente il 60% di tali zone sono costiere, il che è in relazione con i 7 100 km di litorale dell’Irlanda; le acque interne costituiscono un altro quinto), la Commissione sostiene che 42 di tali zone non erano state classificate come ZPS. A suo avviso, anche a voler ritenere che tutte queste zone siano classificate come ZPS, la rete irlandese di ZPS conserverebbe le sue lacune per un certo numero di specie di uccelli menzionati dall’allegato I e di specie di uccelli migratrici che ritornano regolarmente, poiché esse non sono interamente comprese nella classificazione effettuata nell’IBA 2000.

69. L’Istituzione osserva peraltro che, in termini di copertura territoriale, la rete irlandese di ZPS si colloca al penultimo posto nel gruppo dei quindici Stati membri precedente all’ampliamento del 2004. Il livello di copertura territoriale della rete irlandese di ZPS, in effetti, è già stato superato da molti dei dieci nuovi Stati membri.

70. Infine, la Commissione ricorda che durante la fase precontenziosa del procedimento le autorità irlandesi hanno proposto un calendario per la designazione, la «nuova designazione» e l’estensione di un certo numero di siti. In realtà, tale calendario non è stato rispettato e l’Irlanda non ha effettuato né comunicato alcuna classificazione.

71. Dopo aver sottolineato di essere a conoscenza del fatto che il suo obbligo di classificare come ZPS le zone idonee alla conservazione delle specie discende dalla direttiva uccelli e non dall’IBA 2000, l’Irlanda replica che il lavoro di indagine globale ai fini di ampliare la rete irlandese di ZPS, eventualmente, è in corso e che il suo completamento è imminente.

72. Tuttavia, l’Irlanda rileva che il martin pescatore europeo (Alcedo atthis) costituisce la specie diffusa meno idonea per un tentativo di conservazione mediante classificazione in ZPS e che sussiste una buona ragione per non designare altre ZPS per il re di quaglie (Crex crex). Tale Stato membro sottolinea, inoltre, di poter del tutto legittimamente ritenere che il sito di Cross Lough (Killadoon) (in prosieguo: il sito di «Cross Lough») non costituisca uno dei territori più adatti per la classificazione come ZPS alla luce delle informazioni di cui dispone.

– Giudizio della Corte

A –  Quanto ai siti identificati nell’IBA 2000

73. In limine, occorre rilevare che la Commissione ha riconosciuto, nel suo parere motivato supplementare, che si era verificato un errore nella tabella 1, allegata al suo parere motivato notificato il 24 ottobre 2001 riguardo al sito di Bull and Cow Rocks, già classificato come ZPS, e che, di conseguenza, detto sito non fa più parte dell’oggetto del presente ricorso.

74. Secondo costante giurisprudenza, la sussistenza di un inadempimento deve essere valutata alla luce della situazione dello Stato membro esistente alla scadenza del termine fissato nel parere motivato e la Corte non può tener conto dei mutamenti successivamente intervenuti (v., in particolare, sentenza 2 giugno 2005, causa C‑282/02, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑4653, punto 40).

75. Orbene, nel caso di specie, dalle indicazioni disponibili riguardo ai suesposti motivi di inadempimento emerge che l’Irlanda non contesta il fatto di non aver classificato come ZPS 42 dei 140 siti identificati nell’IBA 2000 entro il termine previsto dal parere motivato supplementare notificato l’11 luglio 2003.

76. In considerazione di quanto esposto al precedente punto 67, il solo fatto che l’Irlanda si sia impegnata in un esteso programma di classificazione e di nuova classificazione di ZPS non può giustificare l’assenza di classificazione come ZPS dei siti identificati nell’IBA 2000.

77. Per contro, l’interesse di classificare il sito di Cross Lough nonché i tre siti idonei alla conservazione del re di quaglie, vale a dire quelli di Falcarragh to Min an Chladaigh, di Malin Head e della penisola di Fanad Head, è oggetto di una contestazione circostanziata da parte dell’Irlanda.

78. Occorre pertanto accogliere il ricorso della Commissione nella parte in cui riguarda 38 dei 42 siti identificati nell’IBA 2000 ed esaminare la fondatezza del ricorso riguardo ai quattro siti il cui interesse ornitologico è specificamente contestato dall’Irlanda.

1. Riguardo al sito di Cross Lough

a) Argomenti delle parti

79. La Commissione ha messo in risalto il sito di Cross Lough per due ragioni. In primo luogo, l’Irlanda ha specificamente contestato la necessità di classificare tale sito come ZPS, quando invece era, ancora di recente, un’importante area di riproduzione del beccapesci (Sterna sandvicensis). In secondo luogo, l’assenza di classificazione in tempo utile di tale sito potrebbe aver avuto conseguenze negative sulla sua tutela.

80. Infatti, in base alle informazioni di cui dispone, la Commissione fa valere che la scomparsa della colonia di beccapesci, che secondo l’IBA 89 è presente su tale sito dal 1937, è legata all’attività predatrice del visone americano (Mustela vison) e che non è mai stata messa in atto alcuna misura per proteggere tale colonia. Secondo la Commissione, con una gestione adeguata, i beccapesci potrebbero nuovamente colonizzare tale sito, che era stato di rilevante riproduzione. L’Irlanda non dovrebbe trarre vantaggio dalla circostanza di non aver garantito per tempo la classificazione e la tutela del sito di Cross Lough.

81. L’Irlanda fa valere che la Commissione ha omesso di dare fondamento scientifico alla propria deduzione secondo cui tale Stato membro sarebbe tenuto a classificare come ZPS un sito che non presenta più interesse per la specie interessata e che non è più una zona importante per la conservazione degli uccelli, ma in cui gli uccelli, dopo esservisi riprodotti, e pur essendosene allontanati, potrebbero far ritorno. Per quanto la Commissione possa a ragione ritenere che, in base alle proprie informazioni, il sito di Cross Lough (o, eventualmente, qualsiasi altro) potrebbe essere nuovamente colonizzato dai beccapesci e beneficiare effettivamente di una classificazione come ZPS, l’Istituzione non ha tuttavia dimostrato che tale sito sarebbe uno dei più idonei alla conservazione della specie in causa. L’Irlanda aggiunge che la Commissione non ha provato che la scomparsa della colonia di beccapesci è stata provocata dall’attività predatrice del visone americano in tale zona.

b) Giudizio della Corte

82. È pacifico che tale sito sia stato identificato sia nell’IBA 89 sia nell’IBA 2000 come uno dei territori maggiormente idonei per la conservazione del beccapesci, una specie menzionata dall’allegato I, secondo i criteri ornitologici fissati, rispettivamente, nel 1984 e nel 1995. Pertanto, è giocoforza rilevare che tale sito apparteneva ai territori maggiormente idonei per la conservazione di tale specie dal 6 aprile 1981. Di conseguenza, in applicazione della giurisprudenza sancita dalla sentenza Commissione/Paesi Bassi, citata al punto 62, l’Irlanda doveva classificare tale sito come ZPS.

83. Tale obbligo di classificazione, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle sue conclusioni, non può necessariamente decadere se attualmente il territorio non è tra i più idonei.

84. Infatti, secondo costante giurisprudenza, le zone che non sono state classificate come ZPS, mentre avrebbero dovuto esserlo, continuano a rientrare nel regime proprio dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli poiché altrimenti le finalità di tutela delineate da tale direttiva, come sono configurate nel suo nono ‘considerando’, non potrebbero venir perseguite (v. sentenze 2 agosto 1993, Commissione/Spagna, cit., punto 22, nonché 7 dicembre 2000, causa C‑374/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑10799, punti 47 e 57).

85. Ne consegue che l’Irlanda avrebbe dovuto adottare, quantomeno, le misure idonee ai sensi dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli per evitare, nel sito di Cross Lough, l’inquinamento o il deterioramento degli habitat nonché le perturbazioni dannose per il beccapesci, nella misura in cui tali perturbazioni producano un effetto significativo alla luce delle finalità di tale disposizione.

86. Nella specie, non avendo adottato misure siffatte per tale sito, l’Irlanda non ha fornito la prova che esso avrebbe perso le proprie caratteristiche anche se fossero state adottate misure di tutela (v., in tal senso, sentenza 13 luglio 2006 Commissione/Portogallo, cit., punti 13 e 14).

87. Si deve inoltre rilevare che, secondo i risultati di studi scientifici e di osservazioni presentate dalla Commissione nel corso del procedimento, non contestati dall’Irlanda, potevano essere prese in considerazione misure di tutela. Infatti, fondandosi su due articoli di un naturalista irlandese, la Commissione ha illustrato l’effetto predatore del visone americano sui nidi di beccapesci che covano sul suolo e, richiamandosi alle recenti osservazioni effettuate in un sito della contea di Donegal, ha dimostrato che un’attività di gestione (la caccia ai visoni) ha attenuato il problema dell’attività predatrice e che la maggior parte della popolazione locale di beccapesci nidifica sempre nella stessa zona.

88. Inoltre, sulla base delle suesposte considerazioni, non contestate dall’Irlanda, che confermano il potenziale di nuova colonizzazione di siti da parte di beccapesci, la Commissione indica che la nuova colonizzazione di tale territorio è possibile. L’Istituzione aggiunge che tale specie deve poter disporre, nella stessa regione, di diversi siti di nidificazione, che non sono necessariamente tutti utilizzati nel corso di una data stagione riproduttiva.

89. Ciò premesso, occorre rilevare che il ricorso è fondato riguardo al sito di Cross Lough.

2. Sui tre siti idonei per la conservazione del re di quaglie

a) Argomenti delle parti

90. La Commissione fa valere che il re di quaglie costituisce l’unica specie di uccelli selvatici minacciata a livello mondiale presente in Irlanda. La sua popolazione è fortemente diminuita nel corso degli ultimi decenni e questo uccello si trova solo in poche aree geografiche. Attualmente in Irlanda sopravvive esclusivamente una popolazione molto ridotta, il che giustifica un elevato livello di tutela dei siti.

91. Secondo la Commissione, uno Stato membro non può invocare validamente la misura ridotta e la vulnerabilità di una popolazione di re di quaglie al fine di giustificare la mancata classificazione dei territori maggiormente idonei per la conservazione di tale specie. Nella replica, la Commissione aggiunge che una conservazione e una gestione di successo delle aree principali sono essenziali perché il re di quaglie possa nuovamente stabilirsi e riprodursi, sulla base della sua precaria popolazione attuale.

92. L’Irlanda, da parte sua, fa valere che l’eventuale designazione di altre ZPS deve essere esaminata alla luce delle informazioni disponibili sulla specie (che sono numerose) e delle misure positive adottate ai fini della sua conservazione da parte del National Parks and Wildlife. L’applicazione al re di quaglie dell’espressione «minacciato a livello mondiale» non è più valida alla luce delle informazioni disponibili sulla specie e induce pertanto in errore descriverla come tale. L’uso dei terreni di cui trattasi varia sensibilmente. A suo avviso, l’insistenza della Commissione nell’affermare che altri territori idonei alla conservazione del re di quaglie debbano essere classificati come ZPS è inopportuna e, in ogni caso, non giustificata da pertinenti elementi di prova.

93. Dopo aver sottolineato che i re di quaglie sono effettivamente ripartiti in modo debole e imprevedibile al di fuori delle ZPS esistenti, tale Stato membro precisa che quel che presenta difficoltà è il carattere imprevedibile e non la precarietà dell’occupazione di un sito da parte dei re di quaglie. In altri termini, la classificazione di un sito come ZPS non deve fondarsi sulla speculazione, bensì su adeguati criteri ornitologici.

b) Giudizio della Corte

94. A tal riguardo, se è pur vero che nuovi studi sulla presenza del re di quaglie in Europa hanno modificato la categoria in cui è classificato, tuttavia la categoria «quasi minacciata» in cui è attualmente classificato soddisfa, al pari della categoria «vulnerabile», in cui era precedentemente classificato, i requisiti di identificazione delle zone importanti per la conservazione degli uccelli secondo il criterio C.1 utilizzato nell’IBA 2000. Ciò non incide nemmeno riguardo all’applicazione del criterio C.6 utilizzato nel medesimo inventario. I siti identificati nell’IBA 2000 non possono pertanto essere messi in discussione.

95. Tale rilievo non può essere contraddetto dall’argomento dell’Irlanda secondo cui i requisiti previsti dalla direttiva uccelli sono stati soddisfatti, riguardo alle esigenze del re di quaglie, con la classificazione come ZPS dei territori utilizzati da una parte importante della popolazione di re di quaglie mediante il finanziamento pubblico di Corncrake Grant Scheme (programma di sovvenzioni a favore del re di quaglie) che prevede l’impiego di tre operai agricoli, spese amministrative e sovvenzioni agli agricoltori nonché il finanziamento e la semplificazione della ricerca e l’introduzione di un capitolo dedicato al re di quaglie nell’ultimo Rural Environment Protection Scheme (programma di tutela ambientale delle campagne).

96. Infatti, come risulta dalla giurisprudenza ricordata ai precedenti punti 37‑39, siffatte misure di conservazione non possono essere ritenute sufficienti.

97. Deve parimenti disattendersi l’argomento dell’Irlanda secondo cui i re di quaglie sono ripartiti in misura scarsa e in modo imprevedibile al di fuori delle ZPS esistenti.

98. È giocoforza sottolineare che la Commissione ha presentato, senza essere contraddetta dall’Irlanda su tale punto, pubblicazioni ornitologiche secondo le quali, tra il 1999 e il 2001, in media il 39% della popolazione di re di quaglie presente sul territorio irlandese si trovava al di fuori delle ZPS e che, tra il 2002 e il 2004, tale cifra si avvicinava piuttosto al 50%.

99. Si deve inoltre disattendere l’argomento dell’Irlanda secondo cui importanti cambiamenti hanno inciso sulla ripartizione di tale specie su brevi periodi (meno di 10 anni) e sarebbe prematuro, sin quando tale situazione non si sia stabilizzata, raccomandare la classificazione di altri siti come ZPS.

100. A tal riguardo, si deve necessariamente rilevare la presenza sufficientemente stabile del re di quaglie nei siti di cui trattasi per periodi brevi. Infatti, l’Irlanda non contesta che, secondo i risultati di uno studio di BirdWatch Ireland presentati dalla Commissione, nel periodo dal 1993 al 2001, la presenza ridotta di re di quaglie a Falcarragh to Min an Chladaigh rappresentava l’8% della sua popolazione nazionale, a Malin Head il 4% della sua popolazione nazionale e nella penisola di Fanad Head il 3% della sua popolazione nazionale. Secondo la medesima fonte, cifre simili possono essere riscontrate per il periodo 2002‑2004.

101. Riguardo all’argomento dedotto dall’Irlanda, secondo cui la buona volontà e la cooperazione dei proprietari fondiari sarebbero determinanti per il successo di futuri progetti di conservazione e per l’applicazione di strumenti di tutela, è sufficiente indicare che, per quanto ciò possa essere vero, tale circostanza non esonera uno Stato membro dai propri obblighi ai sensi dell’art. 4 della direttiva uccelli.

102. Ciò premesso, si deve rilevare che il ricorso è parimenti fondato riguardo ai siti di Falcarragh to Min an Chladaigh, di Malin Head e della penisola di Fanad Head.

B – Riguardo agli uccelli da tutelare in altri siti

103. La Commissione fa valere che, per quanto riguarda la strolaga minore (Gavia stellata), l’albanella reale (Circus cyaneus), lo smeriglio (Falco columbarius), il falco pellegrino (Falco peregrinus), il piviere dorato (Pluvialis apricaria), il re di quaglie, il martin pescatore europeo, l’oca lombardella (Anser albifrons flavirostris) e il gufo di palude (Asio flammeus), specie protette di cui all’allegato I, nonché per quanto riguarda la pavoncella (Vanellus vanellus), la pettegola (Tringa totanus), il beccaccino (Gallinago gallinago), il chiurlo (Numenius arquata) e il piovanello pancianera (Calidris alpina), specie migratrici che ritornano regolarmente, le zone importanti per la conservazione degli uccelli identificate nell’IBA 2000 non offrono manifestamente un insieme di siti sufficiente in numero o in superficie per soddisfare le necessità di conservazione di tali specie.

104. L’Irlanda sostiene che sono stati effettuati degli studi su sei delle nove specie summenzionate presenti nell’allegato I nonché sul piovanello pancianera, specie migratrice che ritorna regolarmente. La conclusione di tale lavoro consente ormai di identificare i siti che possono essere classificati come ZPS per la conservazione della strolaga minore, dell’albanella reale, dello smeriglio, del piviere dorato e del piovanello pancianera. Nel corso della fase precontenziosa del procedimento, l’Irlanda ha indicato che le ZPS da proporre per la conservazione dell’albanella reale consentirebbero anche la conservazione del gufo di palude. Inoltre, attualmente, il piviere dorato costituisce già un «interesse meritevole di tutela» in tre ZPS designate e lo smeriglio lo è nei quattro siti che presentano interesse per più specie. Il falco pellegrino può costituire una specie meritevole di tutela nella maggior parte delle ZPS concernenti il gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax).

105. È pur vero che l’Irlanda dà atto di talune iniziative parziali, ma tali iniziative non erano state portate a compimento alla scadenza del termine prescritto nel parere motivato supplementare notificato l’11 luglio 2003. Orbene, dato che l’esistenza dell’inadempimento deve essere valutata solo in funzione della situazione di uno Stato membro quale essa si presentava alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, occorre rilevare, alla luce delle informazioni indicate al precedente punto della sentenza, che l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti riguardo alla designazione di ZPS per garantire la conservazione della strolaga minore, dell’albanella reale, dello smeriglio, del falco pellegrino, del piviere dorato e del gufo di palude, specie menzionate dall’allegato I, nonché la protezione del piovanello pancianera, specie migratrice che torna regolarmente non prevista dall’allegato I. La censura è fondata anche su tale punto.

106. Quanto al resto, non sembra che la Commissione, su cui grava l’onere della prova nell’ambito di un ricorso per inadempimento (sentenza 21 ottobre 2004, causa C‑288/02, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑10071, punto 35 e giurisprudenza ivi richiamata), abbia sufficientemente dimostrato che l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti riguardo alla designazione delle ZPS per garantire la conservazione dell’oca lombardella, specie menzionata dall’allegato I, nonché la tutela della pavoncella, della pettegola, del beccaccino e del chiurlo, specie migratrici che tornano regolarmente non previste dall’allegato I. Di conseguenza, la censura non è fondata su tale punto.

107. Riguardo al martin pescatore europeo ed al re di quaglie, l’Irlanda contesta la necessità di classificare come ZPS altri siti per la loro conservazione.

1. Sui siti idonei alla conservazione del martin pescatore europeo

108. La Commissione ritiene che la rete irlandese di ZPS dovrebbe comprendere un insieme rappresentativo di percorsi di riviere che potrebbero essere utilizzati dal martin pescatore europeo. Orbene, l’Irlanda non ha adottato alcuna misura al fine di classificare i territori maggiormente idonei alla conservazione del martin pescatore europeo e non conosce neanche la popolazione attuale della specie.

109. L’Irlanda ritiene che una specie ampiamente diffusa come il martin pescatore europeo costituisca la specie meno indicata per un tentativo di conservazione mediante la classificazione di territori come ZPS. Tale conclusione è imposta dalle informazioni disponibili che comprendono due Atlanti di riproduzione eseguiti tra il 1988 e il 1991. Anche se la popolazione attuale del martin pescatore europeo non è nota, sembra che BirdWatch Ireland intenda procedere ad un’indagine. Se da tale indagine dovesse risultare una più importante popolazione di martin pescatori europei, le autorità irlandesi riconsidererebbero la questione della creazione di ZPS ai fini della loro conservazione in futuro.

110. Orbene, come è stato ricordato al precedente punto 59, dall’art. 4, n. 1, della direttiva uccelli, come interpretato dalla Corte, emerge che, quando il territorio di uno Stato membro ospita specie menzionate dall’allegato I, detto Stato è tenuto a fissare per esse, in particolare, delle ZPS. Ne consegue che l’Irlanda avrebbe dovuto definire i territori maggiormente idonei per la conservazione del martin pescatore europeo e classificarli come ZPS.

111. Ne consegue che l’Irlanda, che riconosce la presenza del martin pescatore europeo sul proprio territorio, non ha adempiuto tale obbligo entro il termine previsto nel parere motivato supplementare notificato l’11 luglio 2003. Il ricorso è pertanto fondato anche riguardo ai siti idonei per la conservazione del martin pescatore europeo.

2. Sui siti idonei per la conservazione del re di quaglie

112. La Commissione fa valere che la rete attuale di ZPS per la tutela del re di quaglie è debole. L’Istituzione indica che l’IBA 2000 identifica ancora cinque siti supplementari, vale a dire quelli di Falcarragh to Min an Chladaigh, di Malin Head, della penisola di Fanad Head, della penisola di Mullet e di Moy valley.

113. Per quanto riguarda i cinque siti supplementari indicati al punto precedente, occorre rilevare, da una parte, che essi costituiscono zone importanti per la conservazione degli uccelli e, dall’altra, che per tre di essi, e cioè i siti di Falcarragh to Min an Chladaigh, di Malin Head e della penisola di Fanad Head, l’inadempimento è stato accertato al precedente punto 102.

114. Quanto al sito della penisola di Mullet, la Commissione precisa, nella sua replica, che una parte di tale sito è assoggettata alla classificazione come ZPS per altri fini. Di conseguenza, occorre rilevare anzitutto che tale sito costituisce un esempio di classificazione parziale.

115. Il criterio C.6 è quindi applicabile al sito della penisola di Mullet. Orbene, tale criterio designa una zona che costituisce una delle cinque zone più importanti in ogni regione europea per una specie o una sottospecie menzionata dall’allegato I. Ne consegue, pertanto, come risulta dai criteri utilizzati nell’IBA 2000, che è sufficiente che il sito interessato ospiti un numero apprezzabile di individui di una specie o sottospecie siffatta (almeno l’1% della popolazione riproduttrice nazionale di una specie menzionata dall’allegato I o lo 0,1% della popolazione biogeografica) perché debba essere classificato come ZPS.

116. A tal riguardo, è giocoforza rilevare che, nel caso di specie, la Commissione ha presentato, nella sua replica, i risultati - non contestati dall’Irlanda – di uno studio di BirdWatch Ireland secondo i quali, nel corso del periodo dal 1993 al 2001, la ridotta presenza del re di quaglie in tale zona costituiva il 4% della popolazione nazionale. Secondo la medesima fonte, cifre analoghe possono essere riscontrate per gli anni 2002‑2004.

117. Occorre quindi accogliere il ricorso della Commissione riguardo al sito della penisola di Mullet.

118. Quanto al sito di Moy valley, la Commissione riconosce che i dati del censimento rivelano l’assenza del re di quaglie per diversi anni. Orbene, le cifre di BirdWatch Ireland indicano che tale sito annoverava numerosi re di quaglie negli anni ’80 e sino alla metà degli anni ’90. In particolare, sino al 1993, tale zona presentava la seconda concentrazione importante di re di quaglie dopo la ZPS di River Shannon callows e sarebbe stata pertanto scelta senza riserve per la classificazione come ZPS in base a qualsiasi ragionevole applicazione di criteri ornitologici. Sussistevano, pertanto, elementi che avrebbero giustificato la classificazione del sito di Moy valley come ZPS per un lungo periodo dopo l’entrata in vigore della direttiva uccelli. La scomparsa del re di quaglie in tale sito è stata provocata da modifiche delle pratiche agricole e l’Irlanda non si è adoperata per porvi rimedio. La Commissione sostiene che l’Irlanda non dovrebbe trarre vantaggio dal fatto di non aver né classificato né protetto tale sito. L’Irlanda non ha dimostrato l’impossibilità di ristabilirvi la presenza del re di quaglie.

119. A tal riguardo, è giocoforza rilevare che le cifre di BirdWatch Ireland, presentate dalla Commissione nella sua replica, in cui si indica che il sito di Moy valley annoverava numerosi re di quaglie negli anni ’80 e fino alla metà degli anni ’90, non sono contestate dall’Irlanda. Ne consegue che tale sito costituiva uno dei territori maggiormente idonei per la conservazione del re di quaglie e, in forza della giurisprudenza menzionata al precedente punto 37, l’Irlanda avrebbe dovuto classificarlo come ZPS.

120. Secondo costante giurisprudenza, richiamata al precedente punto 84, le zone che non sono state classificate come ZPS, mentre avrebbero dovuto esserlo, continuano a rientrare nel regime proprio dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli poiché altrimenti le finalità di tutela delineate dalla direttiva, come sono configurate nel suo nono ‘considerando’, non potrebbero venir perseguite. Ne consegue che l’Irlanda avrebbe dovuto adottare, quantomeno, le misure idonee ai sensi dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli per evitare, nel sito di Moy valley, il deterioramento di habitat nonché le perturbazioni concernenti il re di quaglie, in quanto esse abbiano un effetto significativo alla luce degli obiettivi di tali disposizione.

121. Orbene, dagli atti di causa risulta che, nel sito di Moy valley, che avrebbe dovuto essere classificato come ZPS, la scomparsa del re di quaglie è stata provocata da modifiche delle pratiche agricole e che l’Irlanda non si è adoperata per porvi rimedio.

122. Peraltro, l’Irlanda non ha fornito la prova che il ristabilimento della presenza del re di quaglie in tale sito sarebbe impossibile. Di conseguenza, il ricorso della Commissione deve essere accolto su questo punto.

123. Ne consegue che il ricorso è fondato anche riguardo ai siti della penisola di Mullet e di Moy valley.

Sul secondo capo della prima censura

– Argomenti delle parti

124. La Commissione sostiene che l’Irlanda è venuta meno all’obbligo ad essa incombente in forza dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli poiché ha classificato alcuni siti solo parzialmente come ZPS. A suo avviso, in molti casi, il tracciato dei confini delle ZPS esclude talune zone adiacenti che sono equivalenti, presentano un interesse ornitologico e sono recensite nell’IBA 2000. Le sue critiche riguardano in tutto 37 siti.

125. Dopo aver fatto valere che i confini delle ZPS dovevano essere definiti in funzione di considerazioni ornitologiche e non economiche, la Commissione sottolinea che, al contrario, le autorità irlandesi, in diversi casi, hanno circoscritto le ZPS a siti del demanio pubblico e hanno omesso di classificare taluni siti quando vi ostavano nettamente degli interessi economici.

126. La Commissione aggiunge che, nel corso del procedimento, le autorità irlandesi hanno dichiarato di avere intenzione di ampliare e di delineare nuovamente un numero considerevole di siti prima della fine del mese di giugno 2004, ma non sembra che abbiano dato seguito a tale intenzione.

127. L’Irlanda indica che il relativo lavoro di ricerca è in corso ed è previsto che vengano designate nuove ZPS ai fini della conservazione delle specie interessate. Tutte le nuove ed ulteriori classificazioni saranno effettuate conformemente alle esigenze del regolamento habitat. Tuttavia, essa contesta l’asserita carenza di classificazione attinente alla superficie della ZPS di Sandymount Strand and Tolka Estuary.

– Giudizio della Corte

128. Ammettendo che talune ZPS debbano essere ampliate, l’Irlanda riconosce di aver violato gli obblighi che le incombono in forza dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli. Occorre pertanto accogliere il ricorso della Commissione riguardo a 36 dei 37 siti.

129. Si deve, quindi, esaminare la situazione della ZPS di Sandymount Strand and Tolka Estuary.

130. La Commissione sostiene che la demarcazione del confine della ZPS di Sandymount Strand and Tolka Estuary non abbia correttamente tenuto conto degli interessi ornitologici, in contrasto con le disposizioni di cui all’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli.

131. A suo avviso, alcuni elementi di prova indicano che l’approccio adottato dalle autorità irlandesi per la demarcazione della ZPS di Sandymount Strand and Tolka Estuary, sito che costituisce un’ampia zona umida di importanza internazionale per gli uccelli acquatici, situato nella baia di Dublino e ospitante regolarmente più di 20 000 esemplari che vi trascorrono l’inverno, induce ad escludere due zone destinate ad essere trasformate nel contesto di grandi opere pubbliche, dato che tale esclusione è stata decisa in base ad un esame isolato del valore ornitologico di tali zone, mentre sarebbe stato necessario delimitare la ZPS tenendo conto dei confini naturali dell’ecosistema umido.

132. Quanto alla prima zona di 4,5 ha, di cui era stata precedentemente proposta l’inclusione nella ZPS, secondo la Commissione è stata esclusa dal progetto iniziale di estensione della ZPS di Sandymount Strand and Tolka Estuary in seguito all’intervento della Dublin Port Company (autorità portuale di Dublino), che intendeva ampliare il porto mediante riempimento di tale zona.

133. L’Irlanda, da parte sua, sostiene che tale zona non avrebbe dovuto essere inclusa nell’area di estensione inizialmente proposta e che tale inclusione era destituita di fondamento scientifico. La modifica del progetto di estensione della ZPS è stata esaminata approfonditamente e si è riconosciuto che l’inclusione della zona non si giustificava scientificamente poiché solo una piccola parte era esposta brevemente a basse maree del novilunio.

134. In particolare, l’Irlanda osserva che le specie adattabili comuni di trampolieri possono utilizzare la zona solo durante la bassa marea. Tali specie trovano altrove l’essenziale per il nutrimento. Inoltre, la zona poteva non avere rapporti con gli habitat importanti situati nei dintorni, che offrivano migliori condizioni alle specie interessate. Secondo tale Stato membro, la Commissione non ha realmente inteso contestare il fondamento scientifico di tale punto di vista.

135. Quanto alla prima zona occorre rilevare, in limine, che le censure esposte dalla Commissione nella sua replica riguardo ad altre superfici in tale zona sono irricevibili nella fase del procedimento dinanzi alla Corte nella parte in cui esse non costituivano oggetto del ricorso.

136. Infatti, secondo costante giurisprudenza della Corte, l’oggetto di un ricorso per inadempimento proposto ai sensi dell’art. 226 CE è determinato dalla fase precontenziosa del procedimento prevista dal medesimo articolo. Pertanto, il ricorso deve essere basato sul medesimo ragionamento e sui medesimi motivi del parere motivato (v. sentenza 16 giugno 2005, causa C‑456/03, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑5335, punto 35 e giurisprudenza citata).

137. Successivamente, come emerge dagli atti di causa, la Commissione ha prodotto un parere ornitologico realizzato nel novembre 2002 dalla Dublin Bay Watch che prevedeva, in base ai risultati di una valutazione dell’impatto ornitologico del progetto di riempimento, l’inclusione di tali territori nella ZPS di Sandymount Strand and Tolka Estuary. Infatti tale studio, non contestato dalle autorità irlandesi, indica, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni, che diverse specie utilizzano in misura decisamente superiore alla media il territorio che eccezionalmente è in secca. Inoltre, in talune parti di tali superfici si verificherebbero periodi di secca in caso di fenomeni di marea meno estremi, cosicché esse potrebbero essere utilizzate da uccelli. Infine, le superfici in esame non sarebbero utilizzate solo da uccelli acquatici, ma anche, per esempio, da beccapesci, che non hanno bisogno di secche.

138. Si deve rilevare che la prima zona in esame costituisce parte integrante dell’insieme dell’ecosistema umido e che avrebbe dovuto essere classificata come ZPS. Ne consegue che il ricorso è fondato riguardo alla prima zona esclusa dal progetto iniziale di estensione della ZPS di Sandymount Strand and Tolka Estuary.

139. Quanto alla seconda zona, era costituita di 2,2 ha di banchi di sabbia e ghiaia all’estremità dell’estuario del fiume Tolka, distrutti, secondo la Commissione, all’atto della costruzione del tunnel del porto di Dublino, di cui è stata promotrice la Dublin Corporation [divenuta, frattanto, Dublin City Council (municipalità di Dublino)]. La Commissione sostiene che, per quanto esigua, la zona esclusa presentasse caratteristiche analoghe a quelle di un ecosistema completo, vale a dire quelle dei ripiani fangosi, e veniva utilizzata regolarmente da uccelli che dipendevano dall’ecosistema globale, come la beccaccia di mare (Hæmatopus ostralegus) e la pettegola. Tali parziali esclusioni di alcuni elementi di un ecosistema umido integrato ledono gli obiettivi della direttiva uccelli.

140. L’Irlanda sostiene che solo un numero molto esiguo di beccacce di mare e di pettegole si trovi nella zona intertidale fangosa di 2,2 ha che è esposta, in quanto area di alimentazione esclusiva e per brevissimi periodi, alla bassa marea. La zona, pertanto, non è considerata suscettibile di inclusione nella relativa ZPS. I criteri applicati, quando è stata adottata tale decisione, erano criteri ornitologici adattati scientificamente. L’Irlanda ritiene che il punto di vista della Commissione, secondo cui la scomparsa della zona di 2,2 ha costituirebbe un degrado considerevole degli habitat degli uccelli nonché una fonte di perturbazione, non sia accettabile e che l’Istituzione non sia stata in grado di fornire alcun elemento di prova scientifico o obiettivamente verificabile a sostegno del suo punto di vista.

141. Quanto alla seconda zona, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza indicata al precedente punto 39, la classificazione di territori come ZPS si opera esclusivamente secondo taluni criteri ornitologici, determinati dalla direttiva uccelli.

142. Correttamente, dunque, la Commissione sostiene che, da un canto, la classificazione come ZPS non possa effettuarsi in base ad un esame isolato del valore ornitologico di ciascuna delle superfici in esame, ma debba farsi in base alla considerazione dei limiti naturali dell’ecosistema umido e che, d’altro canto, i criteri ornitologici, su cui deve fondarsi in via esclusiva la classificazione, devono avere un fondamento scientifico. Infatti, l’uso di criteri carenti, asseritamente ornitologici, potrebbe condurre ad un’erronea delimitazione delle ZPS.

143. Nella specie, è pacifico che la superficie di cui trattasi è separata dal resto dell’estuario classificato da una strada che incrocia il fiume e che, in quanto ripiano fangoso, essa presenti le medesime caratteristiche del sito della baia di Dublino complessivamente considerato.

144. Inoltre, dalla valutazione dell’impatto ambientale pubblicata nel luglio 1998, su cui si sono fondate le due parti nel corso del procedimento, emerge che tale superficie è utilizzata come zona di alimentazione da una parte degli uccelli selvatici presenti nella ZPS di Sandymount Strand and Tolka Estuary.

145. Occorre pertanto rilevare che la seconda zona è utilizzata come zona di alimentazione da tre delle nove specie di uccelli, determinanti per qualificare la baia di Dublino come zona ornitologica importante utilizzata da tali specie nei limiti medi che ci si poteva aspettare, se non di più. Di conseguenza, detta zona costituisce parte integrante dell’insieme dell’ecosistema umido e, pertanto, avrebbe dovuto essere classificata, del pari, come ZPS.

146. Ne consegue che il ricorso è fondato anche riguardo alla seconda zona non inclusa nella ZPS di Sandymount Strand and Tolka Estuary.

147. Pertanto, il secondo capo della prima censura deve essere ritenuto fondato.

148. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre constatare che la prima censura è fondata, fatto salvo il punto relativo alla designazione di ZPS per garantire la conservazione dell’oca lombardella, specie menzionata all’allegato I, nonché la tutela della pavoncella, della pettegola, del beccaccino e del chiurlo, specie migratrici che ritornano regolarmente non previste dall’allegato I.

Sulla seconda censura, attinente alla mancata attuazione dello status giuridico di protezione necessario ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli

Argomenti delle parti

149. La Commissione ritiene che, dal 1981, la normativa irlandese non abbia dato sufficiente attuazione alle disposizioni dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli e che, inoltre, l’Irlanda non abbia applicato tali disposizioni nella prassi ai fini della creazione di uno status giuridico di protezione proprio delle ZPS tale da garantire la sopravvivenza e la riproduzione delle specie di uccelli interessate.

150. A suo avviso, in primo luogo, il fatto di controllare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie di uccelli presenti nelle ZPS può richiedere non solo misure preventive, bensì parimenti misure attive o positive che, salvo un’eccezione, non sono state adottate dall’Irlanda. In secondo luogo, è dubbio se la normativa irlandese pertinente costituisca realmente una base giuridica che consenta di adottare tali misure.

151. L’Irlanda contesta l’inadempimento addotto. Riguardo all’obbligo di adottare uno status giuridico di protezione efficace delle ZPS, pur riconoscendo che l’approccio preventivo non è sufficiente ai fini della tutela degli uccelli in ogni caso di specie, sostiene che tale obiettivo abbia giustificato l’adozione del programma volontario di sovvenzioni a favore del re di quaglie. A questo si aggiunge un elenco di piani, in forma di progetto, di gestione della conservazione degli uccelli in un certo numero di ZPS.

152. Per quanto riguarda la portata della normativa irlandese di trasposizione dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli, l’Irlanda contesta il fatto che l’unico obiettivo del regolamento habitat consisterebbe nell’applicare la direttiva habitat e sostiene che tale regolamento costituisce un adeguato fondamento normativo in diritto interno per la creazione e l’esecuzione dei piani di gestione relativi alle ZPS. Secondo l’Irlanda, il regolamento habitat applica espressamente alle ZPS un certo numero di misure chiave di protezione e di esecuzione, in particolare il suo art. 13, espressamente richiamato dall’art. 34 del regolamento medesimo, in quanto disposizione applicabile alle zone classificate in forza della direttiva uccelli.

Giudizio della Corte

153. Occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli impone agli Stati membri di conferire alle ZPS uno status giuridico di protezione che possa garantire, in particolare, la sopravvivenza e la riproduzione delle specie di uccelli menzionate nell’allegato I, nonché la riproduzione, la muta e lo svernamento delle specie migratrici non considerate nell’allegato I che ivi giungono regolarmente (sentenza 18 marzo 1999, causa C‑166/97, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑1719, punto 21 e giurisprudenza ivi richiamata).

154. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 77 delle sue conclusioni, la tutela delle ZPS non deve limitarsi a misure volte ad ovviare ai danni ed alle perturbazioni esterne causati dall’uomo, bensì deve anche comprendere, in funzione della situazione di fatto, misure positive per la conservazione e il miglioramento dello stato del sito.

155. È pacifico che l’art. 13 del regolamento habitat avrebbe sufficientemente trasposto l’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli se tale disposizione fosse stata applicabile alle ZPS. Tuttavia, contrariamente alla posizione dell’Irlanda, secondo cui l’art. 13 di tale regolamento si applica anche alle ZPS essenzialmente ai sensi del successivo art. 34, la Commissione sostiene che detto regolamento è volto ad attuare unicamente la direttiva habitat.

156. L’art. 34 del regolamento habitat prevede che, «[e]ventualmente, le disposizioni di cui agli artt. 4, 5, 7, 13, 14, 15 e 16 si applicano, mutatis mutandis, alle zone classificate ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli».

157. A termini dell’art. 249, terzo comma, CE, la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Ne consegue che l’Irlanda, al pari di qualsiasi altro Stato membro, può scegliere la forma e i mezzi di attuazione della direttiva uccelli (v., in tal senso, sentenza 20 novembre 2003, causa C‑296/01, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑13909, punto 55).

158. Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, la trasposizione di una direttiva nel diritto nazionale deve garantirne effettivamente la piena applicazione in modo sufficientemente chiaro e preciso (v., in tal senso, sentenza 30 maggio 1991, causa C‑361/88, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑2567, punto 15).

159. La Corte ha parimenti dichiarato, come ricordato al precedente punto 64, che l’accuratezza della trasposizione è particolarmente importante a proposito della direttiva sugli uccelli in quanto la gestione del patrimonio comune è affidata, per il loro territorio, ai rispettivi Stati membri.

160. Occorre pertanto verificare se l’art. 34 del regolamento habitat non garantisce, come sostiene la Commissione, l’applicazione dell’art. 13 di tale regolamento alle zone classificate come ZPS ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli.

161. Orbene, la lettura del disposto dell’art. 34 consente di concludere che, di per sé, tale disposizione non esclude dalla sfera di applicazione del regolamento habitat l’applicazione dell’art. 13 alle zone classificate ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli.

162. Di conseguenza, non può essere accolto l’argomento della Commissione secondo cui, in ragione della mancata menzione, nel regolamento habitat, di un obiettivo distinto, inteso a dare attuazione anche alla direttiva uccelli e in considerazione delle limitazioni imposte dall’European Communities Act, tale regolamento non può costituire un fondamento giuridico che consente l’adozione di piani di gestione della conservazione degli uccelli nelle ZPS.

163. Per la stessa ragione, non può essere accolto l’argomento della Commissione secondo cui il regolamento habitat non consente l’applicazione alle ZPS di misure di gestione previste dall’art. 6, n. 1, della direttiva habitat, poiché tale regolamento ha l’unico obiettivo dichiarato di attuare detta direttiva. Infatti, come l’avvocato generale ha rilevato al paragrafo 82 delle sue conclusioni, se misure analoghe a quelle previste dal menzionato art. 6, n. 1, devono essere applicate alle ZPS ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli, nulla impedisce al legislatore nazionale di adottare un’unica disposizione di recepimento delle disposizioni delle due direttive.

164. Non può essere accolto nemmeno l’argomento della Commissione relativo ai limiti imposti dall’European Communities Act. Infatti, nel controricorso l’Irlanda sostiene, senza essere contraddetta dalla Commissione su tale punto, che il regolamento habitat non costituisce una legge, bensì è integralmente e incontestabilmente del tutto in vigore e produce tutti i suoi effetti giuridici, non essendo mai stato impugnato con successo dinanzi a un giudice competente.

165. Infine, per la stessa ragione esposta al precedente punto 161, deve essere respinto l’argomento della Commissione secondo cui l’applicazione alle ZPS dell’art. 13 del regolamento habitat, relativo alle misure di conservazione che il Ministro deve adottare riguardo alle zone speciali di conservazione, non è automatica poiché, secondo il disposto dell’art. 34 di detto regolamento, talune sue disposizioni si applicano «eventualmente» e «mutatis mutandis» alle zone classificate ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli.

166. Inoltre, secondo costante giurisprudenza della Corte, si deve valutare la portata delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali tenendo conto dell’interpretazione che ne danno i giudici nazionali (sentenza 29 maggio 1997, causa C‑300/95, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑2649, punto 37 e giurisprudenza ivi richiamata). Orbene, nel caso di specie, la Commissione non ha fatto valere, a sostegno del suo ricorso, alcuna decisione giudiziaria nazionale che abbia interpretato la disposizione interna controversa in modo non conforme alla direttiva.

167. Ciò premesso, non sembra che la Commissione, su cui grava l’onere della prova nell’ambito di un ricorso per inadempimento (sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 35 e giurisprudenza ivi richiamata), abbia sufficientemente dimostrato che, alla data di scadenza del termine impartito nel parere motivato supplementare notificato l’11 luglio 2003, il regolamento habitat aveva la portata che gli attribuisce la Commissione.

168. La seconda censura deve essere pertanto respinta.

Sulla terza censura, relativa alla mancata applicazione dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli alle zone che avrebbero dovuto essere classificate come ZPS

Argomenti delle parti

169. La Commissione fa valere che l’Irlanda omette, dal 1981, di garantire l’applicazione delle disposizioni dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli ai siti che avrebbero dovuto essere classificati come ZPS ai sensi di detta direttiva ma che non lo sono stati. L’Istituzione ritiene che, in considerazione delle dimensioni dell’insufficienza della designazione di ZPS da parte delle autorità irlandesi, tale lacuna possa avere ripercussioni di rilievo sulla conservazione delle specie di uccelli in questione.

170. A suo avviso, anche se l’Irlanda possiede una normativa attinente alla tutela degli habitat al di fuori delle zone classificate come ZPS, tale normativa non ha la specificità ornitologica richiesta dalla disposizione comunitaria menzionata al punto che precede. La normativa nazionale, in particolare, non impone obblighi particolari riguardo agli habitat di specie di uccelli selvatici che dovrebbero beneficiare della tutela risultante dalle ZPS nelle zone che non fanno parte della rete di ZPS esistente in Irlanda. La Commissione cita l’esempio specifico delle difficoltà dell’albanella reale ed aggiunge che, inoltre, le zone non classificate come ZPS, ma per le quali tale classificazione è necessaria, non godono, in Irlanda, della tutela richiesta dall’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli, anche riguardo all’azione della pubblica autorità.

171. L’Irlanda risponde, in sostanza, che un rilevante lavoro di indagine sull’albanella reale sta per essere completato e che deve essere concluso prossimamente un progetto di orientamenti relativi allo sviluppo dell’energia eolica.

Giudizio della Corte

172. Occorre sottolineare che, come appena ricordato al precedente punto 84, le finalità di tutela delineate dalla direttiva uccelli, come configurate nel suo nono ‘considerando’, non potrebbero venir perseguite se gli Stati membri dovessero rispettare gli obblighi che discendono dall’art. 4, n. 4, della direttiva medesima nei soli casi in cui una ZPS sia stata previamente designata.

173. Come risulta del pari dalla giurisprudenza della Corte, il testo dell’art. 7 della direttiva habitat precisa che l’art. 6, nn. 2‑4, di questa direttiva si sostituisce all’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli a partire dalla data di entrata in vigore della direttiva habitat o dalla data di classificazione operata da uno Stato membro ai sensi della direttiva uccelli se quest’ultima data è successiva. Risulta pertanto che le zone che non sono state classificate come ZPS, mentre avrebbero dovuto esserlo, continuano a rientrare nel regime proprio dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli (sentenza 7 dicembre 2000, causa C‑374/98, Commissione/Francia, cit., punti 46 e 47).

174. Orbene, nel caso di specie, l’Irlanda non ha nemmeno sostenuto di aver garantito l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli alle zone che dovevano essere classificate come ZPS ai sensi della direttiva medesima.

175. Di conseguenza, senza che occorra esaminare gli esempi concreti addotti dalla Commissione, la terza censura deve essere ritenuta fondata.

Sulla quarta censura, attinente alla mancata trasposizione ed applicazione dell’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva uccelli

Argomenti delle parti

176. La Commissione contesta all’Irlanda di non aver trasposto né applicato integralmente e correttamente la seconda frase dell’art. 4, n. 4, della direttiva uccelli, relativa alle misure idonee che gli Stati membri devono adottare per prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori delle ZPS.

177. A sostegno della sua censura, la Commissione fa valere che i diversi strumenti giuridici interni, in particolare le autorizzazioni relative alla prevenzione integrata dell’inquinamento, il sistema di gestione del concime di stalla, la normativa in materia di gestione del territorio e le disposizioni relative alla valutazione dell’impatto ambientale, che dovrebbero trasporre l’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva uccelli, non presentano alcun contenuto specificamente ornitologico che figura in tale articolo. Orbene, in mancanza di riferimenti a qualsivoglia considerazione ornitologica specifica, non si può ritenere che le entità che hanno avuto un ruolo nel contesto delle misure ambientali terranno conto degli interessi ornitologici. Secondo la Commissione, diverse norme interne di trasposizione di detto art. 4, n. 4, seconda frase, sono parziali e sussistono numerose lacune. Il loro carattere di incompletezza è dimostrato dal declino degli habitat e, nonostante i dinieghi dell’Irlanda, non si può validamente contestare, nel caso di specie, che l’intervento dell’uomo ha comportato un declino degli habitat.

178. L’Irlanda risponde indicando che l’art. 4, n. 4, della direttiva uccelli è trasposto, in pratica, da un certo numero di programmi e di misure regolamentari e sostiene, inoltre, che le esigenze della seconda frase del detto n. 4 sono attuate dal Wildlife Act, che prevede una base giuridica solida per la protezione delle specie di uccelli nella campagna profonda.

Giudizio della Corte

179. È pur vero che l’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva uccelli non impone obbligatoriamente che si ottengano taluni risultati. Tuttavia, gli Stati membri devono porsi seriamente l’obiettivo di proteggere gli habitat al di fuori delle ZPS. È giocoforza rilevare che, nel caso di specie, l’Irlanda deve adoperarsi per prendere le misure idonee al fine di evitare l’inquinamento o la perturbazione degli habitat (v., in tal senso, sentenza 18 marzo 1999, Commissione/Francia, cit., punto 48).

180. In primo luogo, occorre esaminare se l’Irlanda ha trasposto integralmente e correttamente tale disposizione adottando le misure idonee al fine di evitare l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori delle ZPS.

181. Alla luce dei differenti elementi di prova, complessivamente considerati, è giocoforza ritenere che, nel caso di specie, ciò non si è verificato.

182. In tal modo, per quanto riguarda le autorizzazioni rilasciate nel contesto del sistema di riduzione integrata dell’inquinamento da parte dell’Environmental Protection Agency (Agenzia di tutela dell’ambiente), è pacifico, come ha rilevato la Commissione, che tale sistema verte esclusivamente su una gamma limitata di attività inquinanti e non contiene alcun riferimento specifico alle considerazioni ornitologiche previste dall’art. 4 della direttiva uccelli. Inoltre, sembra che l’Irlanda si riferisca alla trasposizione della direttiva del Consiglio 24 settembre 1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU L 257, pag. 26), che ha altri obiettivi. Pertanto, la normativa nazionale relativa a tali autorizzazioni non può essere ritenuta una sufficiente trasposizione dell’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva uccelli.

183. Quanto alla condizionalità incrociata del pagamento unico nel contesto della politica agricola comune, l’Irlanda fa valere che i diversi requisiti regolamentari in materia di gestione, primo elemento chiave di tale condizionalità incrociata, previsti dall’art. 4 del regolamento (CE) del Consiglio 29 settembre 2003, n. 1782, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori e che modifica i regolamenti (CEE) n. 2019/93, (CE) n. 1452/2001, (CE) n. 1453/2001, (CE) n. 1454/2001, (CE) n. 1868/94, (CE) n. 1251/1999, (CE) n. 1254/1999, (CE) n. 1673/2000, (CEE) n. 2358/71 e (CE) n. 2529/2001 (GU L 270, pag. 1), il cui elenco figura all’allegato III di detto regolamento, sarebbero stati introdotti progressivamente nel corso di tre anni, a decorrere dal 1° gennaio 2005. Tale Stato membro precisa che l’elenco di detti requisiti regolamentari comprende un riferimento alla direttiva uccelli. Orbene, per le medesime ragioni esposte al precedente punto 74, non può tenersi conto dell’introduzione progressiva nel diritto interno di tali requisiti regolamentari.

184. Lo stesso dicasi riguardo al secondo elemento chiave di tale condizionalità incrociata del pagamento unico connesso con le buone condizioni agronomiche e ambientali di cui all’art. 5 del regolamento n. 1782/2003, i cui requisiti minimi devono essere definiti in base a quanto previsto dall’allegato IV di tale regolamento, dato che l’entrata in vigore delle misure di trasposizione di tale disposizione era prevista solo a far data dal 1° gennaio 2005.

185. Quanto alle misure adottate nell’ambito del programma di tutela ambientale delle campagne, destinato a compensare gli agricoltori che esercitano le loro attività agricole secondo criteri ecologici, al fine di provocare miglioramenti in materia ambientale negli esercizi esistenti, la Commissione riconosce che esse presentano alcuni vantaggi per gli uccelli selvatici in quanto consentono di evitare l’inquinamento e il deterioramento degli habitat. Tuttavia, è pacifico che tale sistema non è applicabile in toto a tutti i terreni agricoli o ai territori non classificati come ZPS. Tali misure, pertanto, non possono nemmeno essere considerate di trasposizione dell’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva uccelli.

186. Gli argomenti relativi al Farm Waste Management Scheme (programma di gestione dei rifiuti agricoli), al pari della normativa in materia di gestione del territorio, ivi comprese le disposizioni relative alla valutazione dell’impatto ambientale, devono essere parimenti respinti. Infatti, l’Irlanda non ha introdotto, in detti testi, alcuna considerazione ornitologica ai sensi dell’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva uccelli.

187. Per quanto riguarda, infine, il Wildlife Act, è giocoforza rilevare che la sola disposizione di detta legge, pertinente in tale contesto e citata dall’Irlanda nel corso del procedimento, è l’art. 11, n. 1. Tuttavia, tale disposizione non è sufficientemente precisa perché si possa ritenere che garantisca la trasposizione dell’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva uccelli.

188. In secondo luogo, occorre esaminare se la Commissione ha dimostrato che l’Irlanda non si è sufficientemente impegnata, in pratica, per evitare l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori delle ZPS.

189. A tal riguardo, si deve ricordare che la Commissione adduce, a titolo di esempio, gli habitat del cuculo (Cuculus canorus), dell’allodola (Alauda arvensis), della rondine comune (Hirundo rustica) e del topino (Riparia riparia), specie di uccelli sparse, presenti nell’ «elenco arancio» dell’inventario Birds of Conservation Concern in Ireland pubblicato nel 1999 da BirdWatch Ireland e dalla Royal Society for the Protection of Birds. Tale inventario indica che dette specie soffrono molto dell’evoluzione delle pratiche agricole. Inoltre, la Commissione si richiama alla relazione Ireland’s Environment 2004 , redatta dalla Environmental Protection Agency, che chiarisce il deterioramento generale degli habitat in Irlanda con un insieme di fattori.

190. Inoltre, occorre necessariamente rilevare che il solo fatto che un certo numero di programmi e di misure regolamentari siano stati adottati, come sostenuto dall’Irlanda, non dimostra che tale Stato membro si sia sufficientemente impegnato ad evitare l’inquinamento o il deterioramento degli habitat. Infatti, come l’avvocato generale ha rilevato al paragrafo 111 delle sue conclusioni, un impegno serio ad adottare tutte le misure ragionevoli per conseguire il risultato prefisso richiede un’azione mirata.

191. Nel caso di specie, occorre rilevare che le misure adottate dall’Irlanda sono misure parziali e disorganiche, di cui solo alcune favoriscono la conservazione delle popolazioni di uccelli interessate, ma non costituiscono un insieme coerente.

192. Tale conclusione trova conferma nella circostanza che l’Irlanda non ha smentito il contenuto dell’inventario Birds of Conservation Concern in Ireland, pubblicato nel 1999 né quello della relazione Ireland’s Environment 2004 , due studi ornitologici sopra menzionati, presentati dalla Commissione.

193. Pertanto, alla luce degli elementi di prova apportati dalla Commissione, si deve concludere che l’Irlanda non ha trasposto né applicato integralmente e correttamente le disposizioni di cui all’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva uccelli. Conseguentemente, l’inadempimento è fondato quanto a tale censura.

Sulla quinta censura, attinente alla insufficiente trasposizione ed applicazione dell’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva habitat

194. La quinta censura concerne, riguardo alle ZPS designate ai sensi della direttiva uccelli, il fatto che l’Irlanda non ha adottato tutte le misure richieste per conformarsi alle disposizioni di cui all’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva habitat. Tale censura verte, del pari, sull’insufficiente trasposizione dell’art. 6, n. 2, di tale direttiva riguardo all’uso come zone turistiche di tutti i siti previsti da tale disposizione.

Osservazioni preliminari

195. L’art. 7 della direttiva habitat prevede che gli obblighi derivanti dall’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva medesima sostituiscano gli obblighi derivanti dall’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli, per quanto riguarda le zone classificate a norma dell’art. 4, n. 1, di tale direttiva o analogamente riconosciute a norma dell’art. 4, n. 2, di detta direttiva a decorrere dalla data di entrata in vigore della direttiva habitat o dalla data di classificazione o di riconoscimento a norma della direttiva uccelli, qualora quest’ultima sia posteriore.

196. Ne consegue che l’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva habitat trova applicazione nelle ZPS in Irlanda dal 10 giugno 1994, data di scadenza del termine di trasposizione di tale direttiva in detto Stato membro, o dalla data della loro classificazione o del loro riconoscimento in forza della direttiva uccelli, qualora essa sia posteriore.

Riguardo alla insufficiente trasposizione e applicazione dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat

– Argomenti delle parti

197. La Commissione ritiene che l’Irlanda non abbia trasposto né applicato correttamente, in data 10 giugno 1994 o successivamente a tale data, l’art. 6, n. 2, della direttiva habitat a tutte le zone classificate ai sensi dell’art. 4, n. 1, della direttiva uccelli o riconosciute ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva medesima.

198. L’Istituzione sostiene che, a termini del regolamento habitat, il quale, secondo l’affermazione dell’Irlanda, attua l’art. 6, n. 2, della direttiva habitat, la capacità di affrontare le attività potenzialmente dannose dei proprietari fondiari dipende, in gran parte, dai pareri loro notificati al momento in cui si proponga di classificare una zona come sito ricompreso nell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat. L’art. 14 di tale regolamento conferisce al Ministro competente il potere di emanare pareri e di imporre condizioni relative all’uso dei suoli. Tale potere presenta, tuttavia, due limiti.

199. Il primo è un limite de jure, in quanto l’art. 14 del regolamento habitat è formulato in modo da trovare applicazione solo con riguardo alle ZPS designate dopo l’entrata in vigore di tale regolamento, sicché esso non si applica alle ZPS designate precedentemente. Nell’ipotesi di ZPS esistenti, non è prevista la notifica ai proprietari fondiari dei pareri in cui vengono loro indicate espressamente le attività che richiedono un’autorizzazione in forza della normativa di trasposizione, sicché tali zone non beneficiano del sistema di lotta contro le attività dannose.

200. Il secondo di tali limiti è un limite de facto, in quanto detto regolamento non è stato applicato a tutte le ZPS.

201. Secondo la Commissione, in mancanza di qualsivoglia ricorso a pareri restrittivi, non esiste nella normativa irlandese una norma che consenta di attuare pienamente le disposizioni di cui all’art. 6, n. 2, della direttiva habitat per i terreni demaniali situati all’interno di una ZPS. L’Istituzione ritiene anche che, in quanto tali attività si svolgono su terreni che appartengono al pubblico demanio o sui quali lo Stato esercita un controllo, la normativa nazionale non prevede un obbligo espresso ex lege, in base al quale le autorità tenute a disciplinare tali attività devono adottare misure esecutive al fine di garantire il rispetto delle disposizioni di cui all’art. 6, n. 2, di detta direttiva.

202. La Commissione menziona, quale esempio di attività che viola l’art. 6, n. 2, della direttiva habitat, la pesca meccanica di molluschi non autorizzata nella ZPS di Bannow Bay e invoca anche la pianificazione della ZPS di Glen Lough, che ha causato danni.

203. L’Irlanda respinge in toto quanto dedotto dalla Commissione. Tale Stato membro sottolinea che, oltre alla disposizione contenuta all’art. 14 del regolamento habitat, l’art. 13, n. 3, di detto regolamento, che si applica sia alle zone speciali di conservazione sia alle ZPS, traspone l’art. 6, n. 2, della direttiva habitat. L’Irlanda si riferisce anche, agli stessi fini, alle disposizioni di cui agli artt. 17 e 18 del regolamento habitat e mantiene la posizione secondo cui le norme relative alle spiagge (Foreshore Acts) consentono di garantire la tutela delle ZPS.

– Giudizio della Corte

204. In limine, si deve ricordare che l’art. 6, n. 2, della direttiva habitat, al pari dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli, impone agli Stati membri di adottare le misure idonee ad evitare, in particolare nei siti classificati conformemente al n. 1 di detto art. 4 o riconosciuti conformemente al n. 2 della medesima disposizione, il degrado degli habitat nonché le perturbazioni che toccano in misura significativa le specie per le quali le ZPS sono state designate o riconosciute (v., in tal senso, sentenza 13 giugno 2002, causa C‑117/00, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑5335, punto 26).

205. Quanto all’argomento dell’Irlanda secondo cui l’art. 13, n. 3, del regolamento habitat traspone l’art. 6, n. 2, della direttiva habitat, è giocoforza rilevare che detto art. 13, n. 3, ha l’unico scopo di imporre al Ministro competente l’obbligo di adottare le disposizioni necessarie per evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché le perturbazioni che toccano le specie per le quali tali zone sono state designate, sicché tale disposizione acquista efficacia solo quando detto Ministro esercita une responsabilità diretta sulle ZPS interessate. Orbene, nel regime del regolamento habitat, l’art. 13, n. 3, di tale regolamento si aggiunge alle disposizioni degli artt. 4 e 14 del regolamento medesimo, che prevedono un sistema di responsabilità del proprietario fondiario che si fonda su pareri. Nella causa in esame, atteso che è pacifico che tali pareri non sono stati emessi per tutte le ZPS, non può ritenersi che l’art. 13, n. 3, del regolamento habitat garantisca una sufficiente trasposizione dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat.

206. Quanto all’argomento secondo cui l’art. 14 del regolamento habitat prevede il controllo delle operazioni nonché delle attività il cui elenco figura in un parere notificato dal Ministro competente conformemente all’art. 4 di detto regolamento e secondo cui le attività elencate possono effettuarsi solo con l’autorizzazione del Ministro ovvero in forza di un accordo di gestione previsto dall’art. 12 del regolamento medesimo, è sufficiente rilevare che detto art. 14 si fonda anche sull’esistenza di un parere. Pertanto, per la medesima ragione rilevata al punto che precede della presente sentenza, non può ritenersi che quest’ultima disposizione garantisca una sufficiente trasposizione dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat.

207. Riguardo all’argomento secondo cui l’art. 17 del regolamento habitat autorizza il Ministro competente ad agire in giudizio chiedendo di vietare le operazioni o le attività che sembrano, alla luce della valutazione effettuata, nefaste per un sito europeo, ivi compresa una ZPS, e secondo cui l’art. 18 di detto regolamento accorda un potere analogo al Ministro competente nel caso in cui un’operazione o un’attività nefasta per una ZPS si effettui in una zona situata al di fuori di tale ZPS, occorre rilevare che, come correttamente sostenuto dalla Commissione e come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 127 delle proprie conclusioni, tali disposizioni non consentono di evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché le perturbazioni significative che toccano le specie per le quali sono state designate le zone interessate.

208. Infatti, anche se l’Irlanda indica, nella propria controreplica, che i poteri del Ministro competente, quali precisati al precedente punto della presente sentenza, possono essere esercitati nel contesto di una domanda immediata di misure di tutela provvisoria, è giocoforza rilevare che tali disposizioni possono trovare applicazione, necessariamente, solo successivamente all’inizio delle attività in questione e, dunque, successivamente al verificarsi di un eventuale degrado. Inoltre, il Ministro competente non può legittimamente vietare unilateralmente un’attività nefasta e i summenzionati poteri presuppongono che sia stata effettuata un’idonea valutazione delle conseguenze di tale attività sull’ambiente prima di sollecitare l’intervento giurisdizionale di divieto. La tutela reattiva delle ZPS può essere considerevolmente ritardata da tali fasi procedurali. Dette disposizioni non garantiscono nemmeno la tutela delle ZPS nei confronti delle attività dei privati, poiché una tutela siffatta richiede il previo impedimento, nei confronti dei privati, di compiere attività eventualmente dannose.

209. Pertanto, non può nemmeno ritenersi che gli artt. 17 e 18 di detto regolamento costituiscano una sufficiente trasposizione dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat.

210. Non può essere accolto nemmeno l’argomento dell’Irlanda secondo cui le norme relative alle spiagge consentono di garantire la tutela delle ZPS. A tal riguardo, è sufficiente rilevare che dette norme consentono di garantire solo la tutela delle zone costiere e che esse non si applicano, dunque, alle ZPS situate al di fuori di tali zone.

211. Infine, per quanto riguarda la pesca meccanica di molluschi non autorizzata nella ZPS di Bannow Bay, citata dalla Commissione quale attività in violazione dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat, occorre rilevare, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 140 delle proprie conclusioni, che si tratta di una semplice menzione di tali fatti, che non li rende oggetto del ricorso. In ogni caso, la Commissione non ha presentato alcun elemento di prova tale da dimostrare l’inadempimento in ordine a tale punto.

212. Ne consegue che l’Irlanda non ha trasposto correttamente, in data 10 giugno 1994 o dopo tale data, l’art. 6, n. 2, della direttiva habitat a tutte le zone classificate in forza dell’art. 4, n. 1, della direttiva uccelli o riconosciute in forza dell’art. 4, n. 2, della stessa direttiva.

213. Conseguentemente, la censura deve essere ritenuta fondata relativamente a tale punto.

Riguardo alla insufficiente trasposizione dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat nel settore delle attività turistiche

– Argomenti delle parti

214. La Commissione sostiene che l’Irlanda non abbia sufficientemente trasposto l’art. 6, n. 2, della direttiva habitat riguardo all’uso come zone turistiche di tutti i siti previsti da tale disposizione. Secondo l’Istituzione, la normativa irlandese si limita a disciplinare le attività dei proprietari fondiari e presenta lacune sotto molteplici profili riguardo alla prevenzione dei danni provocati agli habitat da utenti dei terreni come zone turistiche. L’applicazione degli artt. 14 e 17 del regolamento habitat non ha dato luogo alla redazione di elenchi esaustivi di attività vietate. Inoltre, i meccanismi dell’art. 17 di detto regolamento sono di natura reattiva e nessun’altra disposizione legislativa citata dall’Irlanda sembra tutelare le ZPS nei confronti delle attività turistiche svolte dagli utenti.

215. Nonostante le indicazioni relative alle proposte di modifiche legislative utili, ivi compreso il progetto di legge del 2004, concernente la sicurezza marittima (Maritime Safety Bill 2004), l’Irlanda contesta l’argomento secondo il quale la normativa attuale sarebbe insufficiente quanto all’attuazione dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat nel contesto dell’uso come zone turistiche di terreni situati nelle ZPS. Tale Stato membro chiarisce che le autorità nazionali hanno il potere di controllare le attività turistiche nonché le altre attività realizzate in siti europei da persone diverse dal proprietario fondiario e di infliggere pene. In tale contesto, tale Stato si riferisce alle disposizioni dell’art. 4, n. 3, lett. b), del regolamento habitat nonché a quelle degli artt. 14, 17 e 18 di tale regolamento, al Wildlife Act e alla legge del 1994 sulla giustizia penale (ordine pubblico) [Criminal Justice (Public Order) Act 1994].

– Giudizio della Corte

216. Quanto all’argomento dell’Irlanda secondo cui le disposizioni dell’art. 14 del regolamento habitat, limitando la realizzazione di operazioni o di attività, non sono riservate ai proprietari, ai detentori, o ai titolari di un’autorizzazione, ma si applicano a tutti se l’operazione o l’attività è stata menzionata da un parere emesso ai sensi dell’art. 4, n. 2, di detto regolamento, è su fficiente rilevare che l’art. 14, n. 3, del regolamento medesimo non consente di perseguire i terzi che non siano a conoscenza di tale parere. Infatti, costoro potranno invocare la causa di giustificazione della «scusa ragionevole» di cui a quest’ultima disposizione. Pertanto, la trasposizione dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat non è, quantomeno, sufficientemente precisa.

217. Per quanto riguarda l’argomento dell’Irlanda secondo cui la procedura prevista dagli artt. 17 e 18 del regolamento habitat costituisce una procedura separata e distinta che può essere avviata nei confronti di chiunque e non dipende dal contenuto di qualsivoglia «parere», è giocoforza rilevare che non sussiste la garanzia della sua applicazione a chi non abbia ricevuto il parere previsto dall’art. 4 di detto regolamento. Inoltre, come si è appena rilevato ai precedenti punti 208 e 209, tale procedura costituisce esclusivamente una misura reattiva e, di conseguenza, non si può ritenere che gli artt. 17 e 18 del regolamento habitat garantiscano una sufficiente trasposizione dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat.

218. Quanto all’argomento secondo cui il Wildlife Act prevede, agli artt. 22, 23 e 76, la possibilità di agire in presenza di una perturbazione manifesta e deliberata dei luoghi di riproduzione o di riposo di un animale selvatico protetto o in caso di perturbazione degli uccelli protetti nel periodo di nidificazione e secondo cui i poteri conferiti da tale legge comprendono la facoltà di confiscare il materiale ed i veicoli adoperati dai trasgressori, è sufficiente rilevare che risulta pacifico che tale normativa non disciplina tutti i danni che possono essere provocati da utenti di detti luoghi a fini turistici.

219. Infine, riguardo all’argomento secondo cui la violazione della proprietà privata è stata riqualificata in diritto interno come reato dall’art. 19 A della legge del 1994 sulla giustizia penale (ordine pubblico), e le pene pronunciate in caso di condanna possono essere in forma di ammenda o di sequestro dei veicoli e del materiale, occorre rammentare che, nell’ambito della direttiva habitat, che stabilisce norme complesse e tecniche nel settore del diritto ambientale, gli Stati membri sono particolarmente tenuti a fare in modo che la loro normativa destinata a garantire il recepimento di tale direttiva sia chiara e precisa (v. sentenza 20 ottobre 2005, causa C‑6/04, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑9017, punto 26).

220. Orbene, dall’esame delle disposizioni penali sulla violazione della proprietà invocate dall’Irlanda emerge che tali disposizioni non sono espressamente connesse con la protezione degli habitat naturali e degli habitat di specie contro il degrado nonché contro le perturbazioni che toccano le specie e che esse non sono concepite, pertanto, al fine di evitare i danni causati agli habitat dall’uso delle ZPS come zone turistiche. Di conseguenza, tali disposizioni non costituiscono un’attuazione chiara e precisa delle disposizioni della direttiva habitat tali da soddisfare pienamente il requisito della certezza del diritto.

221. Occorre quindi considerare la censura fondata anche riguardo a tale punto.

Quanto alla trasposizione e all’applicazione insufficienti dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat

– Argomenti delle parti

222. La Commissione fa valere che l’Irlanda non ha correttamente trasposto né applicato l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat.

223. Riguardo alla trasposizione, secondo la Commissione la normativa interna non contiene disposizioni volte a garantire che i piani, a differenza di taluni progetti, siano valutati conformemente all’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat. La normativa nazionale, peraltro, non prevede l’adeguata applicazione di tali disposizioni comunitarie a progetti situati al di fuori delle ZPS ma aventi effetti considerevoli all’interno di tali ZPS.

224. Quanto all’applicazione, la Commissione ritiene che l’Irlanda non controlli sistematicamente che i piani ed i progetti suscettibili di incidere in modo significativo sulle ZPS, individualmente o congiuntamente con altri piani e progetti, siano assoggettati ad un’adeguata previa valutazione.

225. L’Irlanda sostiene che nessuna misura e nessun progetto possano produrre effetti in forza di alcun piano né in diritto né in fatto senza essere stati assoggettati ad una valutazione. Benché i piani possano incoraggiare talune attività, essi non esonerano dai controlli applicabili a siti assoggettati ai relativi regimi regolamentari, né ostacolano tali controlli. Essi non incidono sull’accettazione o meno di un progetto che può produrre effetti su un sito. Un piano o un progetto, prima di potersi applicare ad un sito, deve essere assoggettato ad una procedura di valutazione completa nell’ambito del regime regolamentare previsto dal regolamento habitat, dal regolamento di pianificazione o da un altro regime regolamentare, conformemente alle disposizioni della direttiva habitat. Conseguentemente, nessun piano o progetto è applicabile ad un sito senza essere stato assoggettato ad una valutazione.

– Giudizio della Corte

226. Quanto alla trasposizione dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat, occorre ricordare, in primo luogo, che la Corte ha già statuito che l’art. 6, n. 3, di detta direttiva subordina il requisito di un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o di un progetto alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che quest’ultimo pregiudichi significativamente il sito interessato. Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste qualora non possa escludersi, sulla base di elementi obiettivi, che detto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato (sentenza 20 ottobre 2005, Commissione/Regno Unito, citata supra, punto 54 e giurisprudenza ivi richiamata).

227. Ne consegue che la direttiva habitat impone che ogni piano o progetto sia assoggettato ad un’adeguata valutazione dei suoi effetti qualora non possa escludersi, in base ad elementi oggettivi, che tale piano o progetto incida in modo significativo sul sito in questione.

228. A tal riguardo, l’Irlanda sostiene che i piani sono assoggettati ad un’adeguata valutazione dei loro effetti su un sito in forza degli artt. 27‑33 del regolamento habitat, che prevedono una valutazione di diversi progetti di sviluppo («various development proposals»). Tuttavia, l’Irlanda non ha dimostrato che tali progetti costituiscono piani ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva habitat.

229. L’Irlanda fa quindi valere che la legge del 2000 sulla pianificazione e lo sviluppo (Planning and Development Act 2000) ha introdotto requisiti attinenti alla rilevanza di taluni piani, segnatamente gli orientamenti relativi alla pianificazione regionale, i piani di sviluppo e i piani locali suscettibili di incidere considerevolmente sullo sviluppo. Dal 1° gennaio 2001, ciascuno di tali piani deve contenere informazioni relative agli aspetti suscettibili di incidere considerevolmente sullo sviluppo in ragione della loro attuazione. Tale requisito è stato incluso mediante anticipazione dei termini della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 giugno 2001, 2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU L 197, pag. 30). Orbene, malgrado l’esistenza di una normativa siffatta, non può ritenersi che l’Irlanda abbia adempiuto i propri obblighi risultanti dall’art. 6, n. 3, della direttiva habitat. Infatti, l’obbligo, di cui a detta normativa sulla pianificazione e lo sviluppo, concerne esclusivamente informazioni relative agli aspetti suscettibili di incidere considerevolmente sull’ambiente, mentre l’art. 6, n. 3, della direttiva habitat impone una previa valutazione degli effetti dei piani relativi alla pianificazione.

230. Peraltro, l’Irlanda fa parimenti valere che applica le valutazioni ai sensi della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), nonché ai sensi della direttiva 2001/42, parimenti trasposta dal regolamento delle Comunità europee del 2004 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente [European Communities (Environmental Assessment of certain Plans and Programmes) Regulations 2004], e dal regolamento del 2004 sulla valutazione ambientale strategica della pianificazione e dello sviluppo (Planning and Development Strategic Environmental Assessment Regulations 2004).

231. Orbene, tali due direttive presentano disposizioni relative alla procedura di delibera senza vincolare gli Stati membri quanto alla decisione e riguardano solo alcuni progetti e piani. Per contro, a termini dell’art. 6, n. 3, seconda frase, della direttiva habitat, un piano o un progetto può essere autorizzato solo se le autorità nazionali competenti hanno avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa. Le valutazioni ai sensi della direttiva 85/337 o ai sensi della direttiva 2001/42, pertanto, non possono sostituire la procedura prevista dall’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat.

232. Infine, riguardo all’affermazione della Commissione secondo cui la normativa irlandese non prevede un’adeguata applicazione delle disposizioni di cui all’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat a progetti situati al di fuori di ZPS, ma che hanno effetti rilevanti all’interno di tali ZPS, è sufficiente rilevare che è pacifico che la relazione di valutazione degli effetti sull’ambiente, che deve essere disposta dai privati interessati i quali ne sopportano il costo per un importo minimo di EUR 15 000, è richiesta solo per le piantagioni di più di 50 ha, mentre la superficie media delle piantagioni in Irlanda è di circa 8 ha.

233. Dalle suesposte considerazioni risulta pertanto che, atteso che la normativa irlandese non assoggetta i piani ad un’adeguata valutazione dei loro effetti sulle ZPS, l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat non ha avuto una sufficiente trasposizione nell’ordinamento giuridico interno dell’Irlanda.

234. Pertanto, il ricorso deve essere ritenuto fondato riguardo a tale punto.

235. Quanto all’applicazione dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat, la Commissione si fonda sugli esempi dei progetti di acquicoltura e dei lavori di drenaggio all’interno della ZPS di Glen Lough. Occorre pertanto esaminare qui di seguito tali progetti.

236. In primo luogo, riguardo ai progetti di acquicoltura, la Commissione si fonda, in sostanza, sullo studio Review of the Aquaculture Licensing System in Ireland, effettuato nel 2000 da BirdWatch Ireland, per ritenere che l’Irlanda ha sistematicamente omesso di valutare correttamente tali progetti situati nelle ZPS o suscettibili di incidere su una ZPS, in violazione dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat. In tale contesto, essa sottolinea l’importanza di una previa perizia ai fini della valutazione dell’incidenza di un progetto sugli obiettivi di conservazione fissati per la ZPS in questione.

237. Occorre precisare che tale studio esamina 271 autorizzazioni di progetti di acquicoltura rilasciate dal Ministero delle Comunicazioni, della Marina e delle Risorse naturali nel periodo da giugno 1998 a dicembre 1999 e 46 domande in ordine alle quali non era stata ancora presa una decisione. Inoltre, 72 autorizzazioni e 9 domande in attesa di decisione riguardano progetti di acquicoltura situati in una ZPS o in prossimità. Le autorizzazioni rilasciate riguardano, per l’84% delle attività autorizzate nelle ZPS, allevamenti di ostriche e vongole.

238. Occorre parimenti ricordare che, in forza dell’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva habitat, qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito è sottoposto a un’adeguata valutazione dell’incidenza che ha sullo stesso tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo, quando non possa essere escluso, sulla base di elementi obiettivi, che esso, da solo o in combinazione con altri piani o progetti, pregiudichi significativamente il detto sito (sentenza 7 settembre 2004, causa C‑127/02, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, Racc. pag. I‑7405, punto 45).

239. Orbene, detto studio di BirdWatch Ireland espone diversi potenziali effetti nefasti della molluschicoltura, tra cui la perdita di zone di nutrimento nonché le perturbazioni causate dall’intensificarsi dell’attività dell’uomo, e indica che, anche se il progetto di acquicoltura si colloca entro una ZPS, gli habitat degli uccelli sono protetti molto poco. L’Irlanda, da parte sua, non pretende che tutti i progetti di acquicoltura siano privi di incidenza sulle ZPS.

240. Ne consegue che la procedura di autorizzazione avrebbe dovuto comportare una valutazione adeguata dell’incidenza di ogni singolo progetto. A tal riguardo, è giocoforza rilevare che l’Irlanda si è limitata ad affermare, senza aver fornito chiarimenti precisi, che la procedura irlandese di autorizzazione di allevamenti di molluschi, ivi comprese le sue disposizioni in materia di consultazione, prevede, in realtà, che si prendano in considerazione in dettaglio tutti gli aspetti di un progetto di sviluppo di acquicoltura prima di decidere se autorizzarlo o meno.

241. Si deve pertanto ritenere che l’Irlanda non verifica sistematicamente che i progetti di acquicoltura suscettibili di incidere su ZPS in modo significativo, individualmente o unitamente ad altri progetti, siano assoggettati ad un’adeguata previa valutazione.

242. Tale conclusione è corroborata dal fatto che l’Irlanda non ha presentato, per contestare l’inadempimento dedotto dalla Commissione, concrete valutazioni scientifiche scritte che indicassero l’avvenuta effettuazione di un previo esame ornitologico dettagliato dei progetti di acquicoltura.

243. Orbene, in virtù dell’art. 6, n. 3, della direttiva habitat, un’opportuna valutazione delle incidenze sul sito interessato del piano o progetto implica che, prima dell’approvazione di questo, siano individuati, alla luce delle migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano o progetto che possano, da soli o in combinazione con altri piani o progetti, pregiudicare gli obiettivi di conservazione di tale sito. Le autorità nazionali competenti autorizzano un’attività sul sito protetto solo a condizione che abbiano acquisito la certezza che essa è priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità del detto sito. Ciò avviene quando non sussiste alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico quanto all’assenza di tali effetti (v. sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit., punto 61).

244. Quanto all’argomento dell’Irlanda secondo cui non era stata imposta alcuna valutazione degli effetti sull’ambiente per gli allevamenti di molluschi, atteso che sono di dimensioni modeste e producono solo effetti limitati sull’ambiente, la Commissione giustamente sostiene che ciò non costituisce una ragione sufficiente per non valutare gli effetti di un siffatto piano o progetto. Infatti, l’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva habitat impone, come ricordato al precedente punto 238, un’adeguata valutazione di ogni piano o progetto in combinazione con altri piani o progetti.

245. Dalla giurisprudenza della Corte emerge anche che la mancata presa in considerazione dell’effetto cumulativo dei progetti comporta in pratica che la totalità dei progetti d’un certo tipo può venire sottratta all’obbligo di valutazione mentre, presi insieme, tali progetti possono avere un notevole impatto ambientale (v., per analogia, sentenza 21 settembre 1999, causa C‑392/96, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑5901, punto 76).

246. Infine, quanto all’argomento dell’Irlanda secondo cui un’autorizzazione di mantenimento per i progetti di sviluppo realizzati in assenza di previa autorizzazione sarebbe compatibile con la direttiva habitat, è sufficiente rilevare che la valutazione di una pianificazione già compiuta non può essere ritenuta equivalente alla valutazione di un piano o di un progetto ai sensi dell’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva habitat.

247. La censura deve pertanto essere ritenuta fondata su tale punto.

248. In secondo luogo, quanto ai lavori di drenaggio nella ZPS di Glen Lough, la Commissione fa valere che l’Irlanda, contrariamente a quanto previsto dall’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat, ha attuato, nel 1992 e nel 1997, un progetto di drenaggio tale da produrre effetti significativi sulla ZPS di Glen Lough senza aver effettuato una previa idonea valutazione di tale progetto, né aver applicato un’idonea procedura decisionale, il che ha provocato un degrado degli habitat, in violazione dell’art. 6, n. 2, della detta direttiva. Inoltre, l’Irlanda non ha prodotto elementi volti a dimostrare di aver posto rimedio a tale degrado.

249. In limine, è giocoforza rilevare che, al momento dei lavori di drenaggio intrapresi dall’Office of Public Works (Ufficio dei lavori pubblici) nel 1992, la direttiva habitat non era ancora applicabile. Di conseguenza, i detti lavori non fanno parte dell’oggetto del presente ricorso.

250. Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte emerge che il fatto che un piano o un progetto sia stato autorizzato secondo il procedimento di cui all’art. 6, n. 3, della direttiva habitat rende superflua, per quanto riguarda l’intervento sul sito protetto interessato dal detto piano o progetto, un’applicazione concomitante della norma di protezione generale di cui al n. 2 del medesimo articolo (sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit., punto 35).

251. Pertanto, riguardo alla censura relativa ai lavori di drenaggio intrapresi nel 1997, occorre verificare se attività siffatte possano violare l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat.

252. La violazione dell’art. 6, nn. 3 e 4, della detta direttiva presuppone che i lavori di drenaggio di cui trattasi costituiscano un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito, ma suscettibile di incidere in modo significativo sul sito stesso, individualmente o congiuntamente con altri piani o progetti.

253. A tal riguardo, è pacifico che tali lavori costituiscono un progetto e che non sono direttamente connessi o necessari alla gestione del sito. Ne consegue che, in applicazione della giurisprudenza richiamata al punto 226 della presente sentenza, dovevano essere assoggettati ad una valutazione delle loro incidenze sugli obiettivi di conservazione previsti per la ZPS di Glen Lough se non poteva escludersi, sulla base di elementi obiettivi, che pregiudicavano significativamente il sito interessato individualmente o congiuntamente con altri piani o progetti.

254. Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, che è uno dei fondamenti della politica di un elevato livello di tutela perseguita dalla Comunità in campo ambientale, conformemente all’art. 174, n. 2, primo comma, CE e alla luce del quale deve essere interpretata la direttiva habitat, in caso di dubbio quanto alla mancanza di effetti significativi occorre effettuare una tale valutazione (v. sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit., punto 44).

255. Dagli atti di causa emerge che la ZPS di Glen Lough, la cui superficie è di circa 80 ha e che è stata classificata nel 1995, è un importante sito di svernamento per talune specie di uccelli migratori nella regione centrale dell’Irlanda. Tale zona ospitava, in particolare, un numero rilevante a livello mondiale di cigni selvatici (Cygnus cygnus) e presenta un interesse affatto particolare per gli uccelli in ragione della sua acqua.

256. Orbene, nella causa in esame, l’Irlanda, dopo aver sottolineato che i lavori in questione erano esclusivamente lavori di manutenzione di canali di drenaggio esistenti, nel contesto di un regime di drenaggio precedente alla classificazione del sito di Glen Lough come ZPS, e che tali lavori non avevano avuto incidenze significative sugli habitat degli uccelli selvatici di tale ZPS, riconosce, nel controricorso, che la manutenzione del drenaggio del Silver River da parte dell’Office of Public Works nel 1997 sembra aver ridotto i termini di risposta idrologica e pertanto l’uso del sito da parte dei cigni selvatici.

257. Si deve dunque ritenere che l’Irlanda, non avendo valutato le incidenze dei lavori di manutenzione dei canali di drenaggio sugli obiettivi di conservazione della ZPS di Glen Lough prima della loro realizzazione, ha violato l’art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva habitat.

258. Risulta poi dall’art. 6, n. 3, seconda frase, della direttiva habitat, che, in un caso come quello della causa principale, le autorità nazionali competenti, tenuto conto delle conclusioni dell’opportuna valutazione delle incidenze di tali lavori sul sito interessato con riferimento agli obiettivi di conservazione di quest’ultimo, autorizzano una tale attività solo a condizione che abbiano acquisito la certezza che essa è priva di effetti pregiudizievoli per l’integrità di tale sito e quando non sussiste alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico quanto all’assenza di tali effetti (v. sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit., punto 67).

259. In ragione della sola assenza di valutazione delle incidenze sul sito dei lavori di manutenzione dei canali di drenaggio intrapresi nel 1997, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 182 delle sue conclusioni, un’autorizzazione sarebbe stata inammissibile ai sensi dell’art. 6, n. 3, seconda frase, della direttiva habitat. Quanto dedotto dall’Irlanda dimostra inoltre, come indicato al precedente punto 256, che un’autorizzazione non era possibile atteso che i lavori in questione potevano incidere sulla ZPS di Glen Lough in modo significativo. Dato che la conservazione di zone di svernamento dei cigni selvatici costituisce l’obiettivo essenziale di tale ZPS, l’integrità di detta zona è stata effettivamente pregiudicata ai sensi dell’art. 6, n. 3, seconda frase, della direttiva habitat.

260. Da ciò consegue anche che, nonostante le conclusioni negative in ordine alla valutazione dell’incidenza sul sito, un’autorizzazione ai sensi dell’art. 6, n. 4, della direttiva habitat sarebbe stata possibile solo in assenza di soluzioni alternative e nell’ipotesi in cui tale progetto avesse dovuto essere realizzato per ragioni imperative di interesse pubblico superiore e a condizione che lo Stato membro avesse adottato ogni misura di compensazione necessaria per garantire la tutela della coerenza globale di Natura 2000.

261. A tal riguardo, anche a voler ritenere, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 183 delle sue conclusioni, che esista un interesse generale al drenaggio, è sufficiente rilevare che un interesse siffatto può giustificare un degrado della ZPS a termini dell’art. 6, n. 4, della direttiva habitat solo in assenza di soluzioni alternative.

262. Orbene, l’Irlanda stessa indica che il National Parks and Wildlife, dopo aver installato, nel 1998, lungo il percorso del Silver River nella ZPS, una diga che trattiene l’acqua del lago consentendo a tale corso d’acqua di adempiere il proprio ruolo di drenaggio mediante una rete idrografica per i terreni situati a monte, ha concluso un contratto per far riparare, all’inizio del 2005, tale diga e installare uno scivolo idraulico nonché uno sfioratore per il canale di acqua in eccesso. Ciò consentirebbe, secondo tale Stato membro, una regolamentazione rigida del livello del lago e lo status idrologico sarebbe fissato per ottimizzare l’uso del lago da parte del cigno selvatico. Tuttavia, l’Irlanda non ha dedotto argomenti tali da dimostrare che tali soluzioni alternative non potevano essere attuate prima della realizzazione dei lavori di manutenzione dei canali di drenaggio nel 1997.

263. Ne consegue che l’Irlanda, contrariamente alle disposizioni dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat, ha attuato nel 1997 un progetto di lavori di manutenzione di canali di drenaggio tale da incidere in modo significativo sulla ZPS di Glen Lough senza aver effettuato una previa idonea valutazione delle sue incidenze sul sito né applicato un’adeguata procedura decisionale, il che ha causato un degrado degli habitat, in violazione dell’art. 6, n. 2, di detta direttiva.

264. Pertanto, la censura è fondata su tale punto.

265. Ciò premesso, la quinta censura deve essere ritenuta fondata.

Sulla sesta censura, relativa alla mancata trasposizione dell’art. 10 della direttiva uccelli

Argomenti delle parti

266. La Commissione fa valere che l’uso del presente all’art. 10 della direttiva uccelli impone agli Stati membri l’obbligo di incoraggiare le ricerche necessarie per la protezione, la gestione e l’utilizzazione della popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’art. 1 della direttiva medesima. Orbene, le relative disposizioni regolamentari nazionali non tradurrebbero tale obbligo. La posizione del diritto interno sarebbe quantomeno ambigua.

267. A suo avviso, il disposto del Wildlife Act fa della promozione della ricerca un’attività facoltativa per il Ministro competente.

268. L’Irlanda, al contrario, ritiene di non essere venuta meno al proprio obbligo di incoraggiare la ricerca ed afferma che la sua normativa non presenta lacune, che l’art. 11, n. 3, del Wildlife Act costituisce una trasposizione sufficiente di detto art. 10 nel diritto nazionale e riflette pienamente, se non supera, il grado dell’obbligo imposto da tale disposizione comunitaria.

Giudizio della Corte

269. È giocoforza rilevare, prima facie, che una lettura letterale dell’art. 11, n. 3, del Wildlife Act consente di affermare che tale disposizione prevede la possibilità, per il Ministro competente, di effettuare o di far effettuare i lavori di ricerca che ritiene utili per l’esercizio delle sue funzioni in forza di detta legge. Per contro, tale disposizione non prevede alcun obbligo, per il Ministro competente, di incoraggiare siffatte attività.

270. Orbene, come giustamente sostenuto dalla Commissione, l’art. 10 della direttiva uccelli crea l’obbligo, per gli Stati membri, di incoraggiare la ricerca e i lavori necessari per la protezione, la gestione e l’utilizzazione della popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’art. 1 di detta direttiva.

271. Ne consegue che non può ritenersi che l’Irlanda abbia trasposto l’art. 10 della direttiva uccelli nel proprio ordinamento giuridico interno.

272. Tale conclusione non può essere messa in discussione dall’argomento dell’Irlanda secondo cui il ruolo del Ministro competente è ulteriormente esteso dall’art. 11, n. 1, del Wildlife Act. Tale disposizione, infatti, si limita ad enunciare che il Ministro è tenuto a garantire la conservazione della vita selvatica e a promuovere la conservazione della diversità biologica.

273. Deve ancora respingersi l’argomento dell’Irlanda secondo cui l’uso del termine «may» (può), riguardo all’interpretazione del diritto nazionale, non significa necessariamente che il Ministro competente può, del tutto discrezionalmente, decidere di effettuare o meno lavori di ricerca.

274. A tal riguardo, è sufficiente rilevare che la giurisprudenza nazionale cui si richiama detto Stato membro non indica che una siffatta interpretazione del diritto nazionale sia sistematica né si riferisce specificamente alla disposizione nazionale in esame.

275. La sesta censura deve quindi essere ritenuta fondata.

276. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rilevare che l’Irlanda:

– non avendo classificato, dal 6 aprile 1981, a norma dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva uccelli, tutti i territori più idonei in numero e in superficie alle specie di cui all’allegato I della medesima direttiva, ad eccezione di quelli destinati a garantire la conservazione dell’oca lombardella, nonché alle specie migratrici che ritornano regolarmente non previste dall’allegato I, ad eccezione di quelli destinati a garantire la protezione della pavoncella, della pettegola, del beccaccino e del chiurlo;

– non avendo garantito che, dal 6 aprile 1981, le disposizioni dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva uccelli fossero applicate alle zone da classificare come ZPS ai sensi della direttiva medesima;

– non avendo dato piena e corretta attuazione a quanto prescritto dall’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva uccelli;

– non avendo adottato, per quanto riguarda tutte le ZPS classificate ai sensi dell’art. 4, n. 1, della direttiva uccelli, o riconosciute in forza dell’art. 4, n. 2, della direttiva medesima, tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat;

– non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni dell’art. 6, n. 2, della direttiva habitat, per quanto riguarda l’uso come zone turistiche di tutti i siti rientranti nell’ambito di applicazione di tale articolo;

– non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat riguardo ai piani;

– non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni dell’art. 6, n. 3, della direttiva habitat, riguardo all’autorizzazione dei progetti di acquicoltura;

– non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni dell’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva habitat riguardo ai lavori di manutenzione dei canali di drenaggio della ZPS di Glen Lough; e

– non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni dell’art. 10 della direttiva uccelli,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 4, nn. 1, 2 e 4, e 10 della direttiva uccelli nonché dell’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva habitat.

Sulle spese

277. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna dell’Irlanda, che è risultata soccombente, quest’ultima va condannata alle spese.

278. Ai sensi del n. 4, primo comma, dello stesso articolo del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Occorre quindi statuire che la Repubblica ellenica e il Regno di Spagna sopporteranno le proprie spese.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1) L’Irlanda

– non avendo classificato, dal 6 aprile 1981, a norma dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, come modificata dalla direttiva della Commissione 29 luglio 1997, 97/49/CE, tutti i territori più idonei in numero e in superficie alle specie di cui all’allegato I della medesima direttiva, ad eccezione di quelli destinati a garantire la conservazione dell’oca lombardella (Anser albifrons flavirostris), nonché alle specie migratrici che ritornano regolarmente non previste da detto allegato I, ad eccezione di quelli destinati a garantire la protezione della pavoncella (Vanellus vanellus), della pettegola (Trinata totanus), del beccaccino (Gallinago gallinago) e del chiurlo (Numenius arquata);

– non avendo garantito che, dal 6 aprile 1981, le disposizioni dell’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva 79/409, come modificata dalla direttiva 97/49, fossero applicate alle zone da classificare come zone di protezione speciale ai sensi della direttiva medesima;

– non avendo dato piena e corretta attuazione a quanto prescritto dall’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva 79/409, come modificata dalla direttiva 97/49;

– non avendo adottato, per quanto riguarda tutte le zone di protezione speciale classificate ai sensi dell’art. 4, n. 1, della direttiva 79/409, come modificata dalla direttiva 97/49, o riconosciute in forza dell’art. 4, n. 2, della direttiva medesima, tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni dell’art. 6, n. 2, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche;

– non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni dell’art. 6, n. 2, della direttiva 92/43, per quanto riguarda l’uso come zone turistiche di tutti i siti rientranti nell’ambito di applicazione di tale articolo;

– non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva 92/43, riguardo ai piani;

– non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni dell’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43, riguardo all’autorizzazione dei progetti di acquicoltura;

– non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni dell’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva 92/43, riguardo ai lavori di manutenzione dei canali di drenaggio della zona di protezione speciale di Glen Lough; e

– non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni dell’art. 10 della direttiva 79/409, come modificata dalla direttiva 97/49,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 4, nn. 1, 2 e 4, e 10 della direttiva 79/409, come modificata dalla direttiva 97/49, nonché dell’art. 6, nn. 2‑4, della direttiva 92/43.

2) Il ricorso è respinto quanto al resto.

3) L’Irlanda è condannata alle spese.

4) La Repubblica ellenica e il Regno di Spagna sopporteranno le proprie spese.

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