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Documento 62001CJ0338

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 29 aprile 2004.
Commissione delle Comunità europee contro Consiglio dell'Unione europea.
Direttiva 2001/44/CE - Scelta del fondamento normativo.
Causa C-338/01.

Raccolta della Giurisprudenza 2004 I-04829

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2004:253

Arrêt de la Cour

Causa C-338/01

Commissione delle Comunità europee

contro

Consiglio dell’Unione europea

«Direttiva 201/44/CE — Scelta del fondamento normativo»

Massime della sentenza

1.        Atti delle istituzioni — Scelta del fondamento normativo — Criteri — Atto comunitario che persegue una duplice finalità o che ha una doppia componente — Riferimento alla finalità o alla componente principale o preponderante — Finalità inscindibili — Cumulo di fondamenti normativi — Limiti — Incompatibilità delle procedure — Procedure degli artt. 93 CE e 94 CE, da un lato, e dell’art. 95 CE, dall’altro

(Artt. 93 CE, 94 CE e 95 CE)

2.        Ravvicinamento delle legislazioni — Art. 95 CE — Ambito di applicazione — Esclusione delle «disposizioni fiscali» — Nozione — Modalità di recupero delle imposte — Inclusione

(Art. 95, n. 2, CE)

3.        Disposizioni fiscali — Armonizzazione delle legislazioni — Direttiva 2001/44 — Fondamento normativo — Artt. 93 CE e 94 CE

(Artt. 93 CE, 94 CE e 95 CE; direttiva del Consiglio 2001/44)

1.        La scelta del fondamento normativo di un atto comunitario deve basarsi su elementi oggettivi che possano essere oggetto di controllo giurisdizionale, tra i quali figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto. Se l’esame di un atto comunitario dimostra che esso persegue una duplice finalità o che ha una doppia componente e se una di queste è identificabile come principale o preponderante, mentre l’altra è solo accessoria, l’atto deve fondarsi su una sola base giuridica, ossia quella richiesta dalla finalità o componente principale o preponderante. In via eccezionale, ove sia provato che l’atto persegue contemporaneamente più obiettivi tra loro inscindibili, senza che uno di essi assuma importanza secondaria e indiretta rispetto all’altro, tale atto dovrà basarsi sui diversi fondamenti normativi di pertinenza. Il cumulo di due fondamenti normativi è però escluso quando le procedure previste relativamente all’una e all’altra base giuridica sono incompatibili. A questo proposito, le procedure previste dagli artt. 93 CE e 94 CE, da un lato, e quella di cui all’art. 95 CE, dall’altro, escludono che quest’ultima disposizione possa essere cumulata con uno degli altri due articoli menzionati per servire da fondamento normativo all’adozione di un atto comunitario. Infatti, mentre per l’adozione di un atto sul fondamento degli artt. 93 CE e 94 CE è richiesta l’unanimità, per l’adozione di un atto sul fondamento dell’art. 95 CE è sufficiente la maggioranza qualificata. Così, tra le disposizioni sopra menzionate, solo gli artt. 93 CE e 94 CE possono costituire cumulativamente un fondamento normativo valido per l’adozione di un atto normativo da parte del Consiglio.

(v. punti 54-58)

2.        L’espressione «disposizioni fiscali», di cui all’art. 95, n. 2, CE, che esclude l’applicazione a tali disposizioni della procedura di adozione delle misure di ravvicinamento che hanno per oggetto l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno, prevista al n. 1 di tale articolo, dev’essere interpretata come comprensiva non solamente delle disposizioni che individuano i soggetti passivi, le operazioni imponibili, la base imponibile, le aliquote e le esenzioni delle imposte dirette e indirette, ma anche di quelle relative alle modalità di recupero delle imposte medesime.

(v. punto 67)

3.        Legittimamente il Consiglio ha adottato la direttiva 2001/44, che modifica la direttiva 76/308 relativa all’assistenza reciproca in materia di recupero di taluni crediti, sul fondamento degli artt. 93 CE e 94 CE e non sul fondamento dell’art. 95 CE. La detta direttiva verte infatti su «disposizioni fiscali», ai sensi del n. 2 di quest’ultima disposizione, sicché essa non può costituire il fondamento normativo appropriato per l’adozione della detta direttiva.

(v. punti 76-77)




SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
29 aprile 2004(1)

«Direttiva 2001/44/CE – Scelta del fondamento normativo»

Nella causa C-338/01,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. R. Lyal, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

sostenuta daParlamento europeo, rappresentato dai sigg. R. Passos e A. Baas, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

contro

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dalla sig.ra Sims-Robertson e dal sig. F. Florindo Gijón, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto daIrlanda, rappresentata dal sig. D. O'Hagan, in qualità di agente, assistito dal sig. E. Fitzsimons, SC, e dai sigg. K. Maguire e D. Moloney, BL, con domicilio eletto in Lussemburgo,

da

dadaGranducato di Lussemburgo, rappresentato dal sig. J. Faltz, in qualità di agente,

da

dadaRepubblica portoghese, rappresentata dai sigg. L. Fernandes, V. Guimarães e Â. Seiça Neves, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

e da

e dae daRegno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dal sig. J. E. Collins, in qualità di agente, assistito dal sig. D. Wyatt, QC, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti,

avente ad oggetto, da un lato, l'annullamento della direttiva del Consiglio 15 giugno 2001, 2001/44/CE, che modifica la direttiva 76/308/CEE relativa all'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da operazioni che fanno parte del sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, nonché dei prelievi agricoli, dei dazi doganali, dell'imposta sul valore aggiunto e di talune accise (GU L 175, pag. 17), e, dall'altro, il mantenimento degli effetti della direttiva medesima sino all'entrata in vigore di una direttiva adottata in base ad un fondamento normativo appropriato,



LA CORTE (Sesta Sezione),,



composta dal sig. C. Gulmann, facente funzione di presidente della Sesta Sezione, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues, J.-P. Puissochet e R. Schintgen (relatore) e dalla sig.ra F. Macken, giudici,

avvocato generale: sig. S. Alber
cancelliere: sig. R. Grass

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 9 settembre 2003,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 7 settembre 2001, la Commissione delle Comunità europee ha chiesto, ai sensi dell’art. 230, primo comma, CE, da un lato, l’annullamento della direttiva del Consiglio 15 giugno 2001, 2001/44/CE, che modifica la direttiva 76/308/CEE relativa all’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da operazioni che fanno parte del sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, nonché dei prelievi agricoli, dei dazi doganali, dell’imposta sul valore aggiunto e di talune accise (GU L 175, pag. 17), e, dall’altro, il mantenimento degli effetti della direttiva medesima fino all’entrata in vigore di una direttiva adottata in base ad un fondamento normativo appropriato.


Fatti della controversia e contesto normativo

2
La direttiva del Consiglio 15 marzo 1976, 76/308/CEE, relativa all’assistenza reciproca in materia di ricupero dei crediti risultanti da operazioni che fanno parte del sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, nonché dei prelievi agricoli e dei dazi doganali (GU L 73, pag. 18), è stata adottata sul fondamento dell’art. 100 del Trattato CEE (divenuto, in seguito a modifica, art. 94 CE).

3
La direttiva del Consiglio 6 dicembre 1979, 79/1071/CEE, che modifica la direttiva 76/308/CEE (GU L 331, pag. 10), ha ampliato la sfera di applicazione di quest’ultima estendendola ai crediti relativi all’imposta sul valore aggiunto (nel prosieguo: l’«IVA»). Riguardando un’imposta indiretta, tale direttiva è stata adottata sul fondamento degli artt. 99 del Trattato CEE (divenuto, in seguito a modifica, art. 99 CE, divenuto, a sua volta, art. 93 CE) e 100 del Trattato.

4
La direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 76, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 14 dicembre 1992, 92/108/CEE (GU L 390, pag. 124; in prosieguo: la «direttiva 92/12»), ha ulteriormente ampliato la sfera di applicazione della direttiva 76/308 estendendola ai crediti relativi alle accise armonizzate. La direttiva 92/12 era anch’essa fondata sull’art. 99 del Trattato CEE.

5
I primi quattro ‘considerando’ della direttiva 2001/44 recitano:

«(1)
È necessario modificare le attuali norme relative all’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti previste dalla direttiva 76/308/CEE (…), per far fronte alla minaccia che incombe sugli interessi finanziari della Comunità e degli Stati membri e sul mercato interno, a seguito del moltiplicarsi delle frodi.

(2)
Nell’ambito del mercato interno, è opportuno tutelare gli interessi finanziari comunitari e nazionali che sono sempre più minacciati dalle frodi, in modo da garantire meglio la competitività e la neutralità fiscale del mercato interno.

(3)
Per migliorare la salvaguardia degli interessi finanziari degli Stati membri e la neutralità del mercato interno è opportuno far rientrare nell’ambito d’applicazione della reciproca assistenza di cui alla direttiva 76/308/CEE i crediti relativi a determinate imposte sui redditi e sul capitale e a imposte sui premi assicurativi.

(4)
Per consentire un recupero più efficace dei crediti per i quali è stata presentata una domanda di recupero, è opportuno che lo strumento che consente l’esecuzione del credito sia trattato, in linea di massima, come uno strumento dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita».

6
L’art. 2 della direttiva 76/308, come modificato dalla direttiva 2001/44 (in prosieguo: la «direttiva 76/308»), dispone:

«La presente direttiva si applica a tutti i crediti relativi a quanto segue:

a)
restituzioni, interventi ed altre misure che fanno parte del sistema di finanziamento integrale o parziale del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), ivi compresi gli importi da riscuotere nel quadro di queste azioni;

b)
contributi ed altri dazi previsti nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero;

c)
dazi all’importazione;

d)
dazi all’esportazione;

e)
imposta sul valore aggiunto;

f)
le accise sui seguenti prodotti:

tabacchi lavorati,

alcole e bevande alcoliche,

oli minerali;

g)
imposte sul reddito e sul capitale;

h)
imposte sui premi assicurativi;

i)
interessi, penali e ammende amministrative, e spese relativi ai crediti di cui alle lettere da a) a h), con l’esclusione di qualsiasi sanzione di natura penale determinata dalla normativa vigente nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita».

7
L’art. 7 della direttiva 76/308 stabilisce:

«1.     La domanda di recupero di un credito che l’autorità richiedente inoltra all’autorità adita deve essere accompagnata da un esemplare ufficiale o da una copia certificata conforme del titolo che ne permette l’esecuzione, emesso nello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente e, se del caso, dall’originale o da una copia certificata conforme di altri documenti necessari al recupero.

2.       L’autorità richiedente può formulare una domanda di recupero soltanto:

a)
se il credito o il titolo che ne permette l’esecuzione non sono contestati nello Stato membro in cui essa ha sede, fatto salvo il caso di cui all’articolo 12, paragrafo 2, secondo comma;

b)
quando essa ha avviato, nello Stato membro in cui ha sede, le adeguate procedure di recupero che possono essere applicate in base al titolo di cui al paragrafo 1, e quando le misure adottate non porteranno al pagamento integrale del credito.

3.       Nella domanda di recupero è indicato quanto segue:

a)
il nome, l’indirizzo e qualsiasi altro dato utile ai fini dell’identificazione della persona interessata e/o di terzi che detengono beni patrimoniali;

b)
il nome, l’indirizzo e qualsiasi altro dato utile ai fini dell’identificazione dell’autorità richiedente;

c)
il titolo che consente l’esecuzione del recupero, emesso nello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente;

d)
il tipo e l’importo del credito, specificando la somma dovuta in capitale, gli interessi e le eventuali penali, ammende e spese, nelle monete degli Stati membri in cui hanno sede le due autorità;

e)
la data di notificazione del titolo all’interessato da parte dell’autorità richiedente e/o dell’autorità adita;

f)
la data a decorrere dalla quale e il periodo durante il quale è possibile procedere all’esecuzione secondo il diritto in vigore nello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente;

g)
ogni altra informazione utile.

4.       La domanda di recupero contiene inoltre una dichiarazione dell’autorità richiedente che conferma l’osservanza delle condizioni di cui al paragrafo 2.

5.       L’autorità richiedente invia all’autorità adita, non appena ne sia a conoscenza, ogni informazione utile relativa al caso che ha motivato la domanda di recupero».

8
L’art. 8 della direttiva 76/308 recita:

«1.     Il titolo esecutivo per il recupero del credito è riconosciuto direttamente e trattato automaticamente come uno strumento che consente l’esecuzione di un credito dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita.

2.       In deroga al paragrafo 1, il titolo esecutivo per il recupero del credito può essere, all’occorrenza e secondo le disposizioni in vigore nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita, omologato, riconosciuto, completato o sostituito con un titolo che ne autorizzi l’esecuzione nel territorio di detto Stato membro.

Gli Stati membri si impegnano a ultimare l’omologazione, il riconoscimento, il completamento o la sostituzione del titolo entro tre mesi a decorrere dalla data di ricevimento della domanda di recupero, eccetto nei casi in cui si applica il terzo comma. Essi non possono essere rifiutati quando il titolo esecutivo è redatto correttamente. L’autorità adita comunica all’autorità richiedente i motivi che ostano all’osservanza del termine di tre mesi.

Nel caso in cui l’espletamento di una di queste formalità dia luogo a una contestazione relativa al credito e/o al titolo esecutivo per il recupero emesso dall’autorità richiedente si applica l’articolo 12».

9
Ai sensi del successivo art. 9, n. 2, della direttiva medesima:

«L’autorità adita può, se lo consentono le disposizioni legislative, regolamentari o le prassi amministrative vigenti nello Stato membro in cui essa ha sede e previa consultazione dell’autorità richiedente, concedere al debitore una dilazione di pagamento o autorizzare un pagamento rateale. Gli interessi riscossi dall’autorità adita per tale dilazione di pagamento devono altresì essere trasferiti allo Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente.

A decorrere dalla data in cui il titolo esecutivo per il recupero è stato riconosciuto direttamente od omologato, riconosciuto, completato o sostituito a norma dell’articolo 8, gli interessi per ritardato pagamento, riscossi ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari o delle prassi amministrative vigenti nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita, sono altresì trasferiti allo Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente».

10
Il successivo art. 10 prevede quanto segue:

«In deroga all’articolo 6, paragrafo 2, i crediti da recuperare non godono necessariamente del grado di prelazione dei crediti analoghi sorti nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita».

11
Ai termini dell’art. 12, n. 2, della direttiva 76/308:

«Non appena l’autorità adita abbia ricevuto la notifica di cui al paragrafo 1, da parte dell’autorità richiedente o da parte dell’interessato, essa sospende la procedura di esecuzione in attesa della decisione dell’organo competente in materia salvo domanda contraria formulata dall’autorità richiedente ai sensi del secondo comma. Se lo ritiene necessario, e fatto salvo l’articolo 13, essa può ricorrere a provvedimenti cautelari per garantire il ricupero, se le disposizioni legislative o regolamentari in vigore nello Stato membro i cui essa ha sede lo consentono per crediti analoghi.

In deroga al paragrafo 2, primo comma, l’autorità richiedente può, ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e delle prassi amministrative vigenti nello Stato membro in cui essa ha sede, chiedere all’autorità adita di ricuperare un credito contestato, se le disposizioni legislative, regolamentari e le prassi amministrative vigenti nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita in questione consentono una tale azione. Se l’esito della contestazione risulta favorevole al debitore, l’autorità richiedente è tenuta alla restituzione di ogni importo recuperato unitamente ad ogni compensazione dovuta, secondo il diritto dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita».

12
La direttiva 2001/44 è scaturita da un iter avviato dalla Commissione con la presentazione, il 26 giugno 1998, di una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 76/308 (GU C 269, pag. 16). Tale proposta, che mirava ad ampliare la sfera di applicazione della direttiva 76/398 ad alcune imposte dirette e doveva parimenti incidere sulla procedura di riscossione delle imposte e tasse previste dalla direttiva 76/308, si fondava sull’art. 100 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 95 CE).

13
In seguito al parere del Parlamento europeo, il 10 maggio 1999 la Commissione presentava una nuova proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 76/308 (GU C 179, pag. 6), che teneva conto di alcuni degli emendamenti proposti dal Parlamento. Tale proposta si basava, del pari, sull’art. 95 CE.

14
Tuttavia, rilevando che la detta proposta concerneva questioni fiscali, il Consiglio dell’Unione europea adottava la direttiva 2001/44 sul fondamento degli artt. 93 CE e 94 CE.

15
Ritenendo che la detta direttiva avrebbe dovuto essere adottata sul fondamento dell’art. 95 CE, la Commissione ha proposto il presente ricorso di annullamento.

16
Con ordinanza del presidente della Corte 23 gennaio 2002, il Parlamento è stato autorizzato ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione e l’Irlanda, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica portoghese nonché il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.


Sul ricorso

Argomenti delle parti

17
La Commissione fa valere, in limine, che la direttiva 2001/44 poteva essere adottata solo sul fondamento o degli artt. 93 CE e 94 CE o dell’art. 95 CE. Contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, sarebbe stato impossibile individuare il fondamento di tale direttiva contemporaneamente negli artt. 93 CE e 95 CE. Tale cumulo sarebbe infatti escluso alla luce della sentenza 11 giugno 1991, causa C‑300/89, Commissione/Consiglio, detta «Biossido di titanio» (Racc. pag. I‑2867, punto 21), dal momento che le procedure previste per l’uno e l’altro fondamento normativo sono incompatibili.

18
Per quanto riguarda la finalità della normativa 2001/44, la Commissione ritiene pacifico che le misure istituite da tale direttiva siano necessarie per la realizzazione del mercato interno. Dai ‘considerando’ della direttiva 76/308, nonché da quelli delle varie direttive che l’hanno successivamente modificata ampliandone la sfera di applicazione, ivi compresa la direttiva 2001/44, emergerebbe con chiarezza che l’obiettivo perseguito da tali direttive era di consentire il recupero di crediti in uno Stato membro con titoli provenienti da un altro Stato membro, eliminando in tal modo gli ostacoli alle attività economiche transfontaliere. Tali direttive mirerebbero, quindi, manifestamente alla realizzazione del mercato interno.

19
Di conseguenza, la scelta dell’art. 95 CE come fondamento normativo per l’adozione della direttiva 2001/44 si sarebbe imposta, salvo ritenere che le modifiche introdotte da quest’ultima alla direttiva 76/308 riguardino disposizioni fiscali, nel qual caso tale scelta si porrebbe in contrasto con il divieto previsto dal n. 2 del medesimo articolo. Poiché quest’ultima disposizione costituisce, tuttavia, un’eccezione al principio enunciato all’art. 95, n. 1, CE, essa dovrebbe essere interpretata restrittivamente e la sua applicazione dovrebbe limitarsi a quanto necessario per conseguire gli obiettivi che essa persegue, come la protezione della sovranità degli Stati membri in materia fiscale.

20
La direttiva 2001/44, non riguardando «disposizioni fiscali» ai sensi dell’art. 95, n. 2, CE, rispetterebbe tale sovranità. Tale nozione si riferirebbe esclusivamente alle disposizioni sostanziali che individuano i soggetti passivi, le operazioni imponibili, la base imponibile, le aliquote e le esenzioni nonché le modalità di riscossione e di recupero dei tributi. Orbene, tale direttiva non inciderebbe sulle disposizioni nazionali relative a tali materie, dato che l’assistenza reciproca che essa intende porre in essere potrebbe realizzarsi senza un’armonizzazione né un ravvicinamento delle norme fiscali nazionali. Certo, la detta direttiva estenderebbe i meccanismi della direttiva 76/308, segnatamente, ad alcune imposte dirette e introdurrebbe modifiche riguardo alle informazioni che l’autorità richiedente deve comunicare all’autorità adita, ma il diritto fiscale sostanziale dei singoli Stati membri non verrebbe modificato.

21
A tale riguardo, la Commissione rileva, segnatamente, che il nuovo testo dell’art. 9, n. 2, della direttiva 76/308 non incide sulle disposizioni nazionali relative ai termini di pagamento ovvero alle «penalità».

22
La Commissione aggiunge che, in ogni caso, come sarebbe provato dai numerosi atti adottati sul fondamento dell’art. 95 CE, la circostanza che un atto presenti un nesso con la fiscalità non è sufficiente a farlo ricadere nel divieto previsto dall’art. 95, n. 2, CE.

23
Il Parlamento ritiene che la posizione sostenuta dalla Commissione sia in linea con la costante giurisprudenza secondo la quale la scelta del fondamento normativo appropriato per l’adozione di un atto deve basarsi su elementi oggettivi quali lo scopo e il contenuto dell’atto. Poiché fondamenti normativi diversi, per le procedure di decisione che essi implicano, possono essere tra loro incompatibili, occorrerebbe riferirsi, per determinare il corretto fondamento normativo, al «centro di gravità» dell’atto da adottare. (v. sentenza 23 febbraio 1999, causa C‑42/97, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I‑869, punto 43).

24
Orbene, la direttiva 2001/44 mirerebbe a tutelare gli interessi finanziari della Comunità e degli Stati membri, a lottare contro le frodi e a garantire la neutralità fiscale del mercato interno. Poiché la lotta contro la frode costituirebbe un elemento importante, ma non determinante della detta direttiva, il ricorso all’art. 280 CE come fondamento normativo non sarebbe pertanto necessario.

25
Il Parlamento fa valere inoltre che, anche ammesso che i termini «disposizioni fiscali», di cui all’art. 95, n. 2, CE, debbano essere interpretati nel senso che si riferiscono a disposizioni relative alle modalità di pagamento e di recupero delle imposte, tale formulazione letterale non precluderebbe l’adozione della direttiva 2001/44 sul fondamento dell’art. 95 CE. Essa non conterrebbe infatti alcuna disposizione relativa alle disposizioni nazionali in materia di riscossione e recupero dei crediti di cui trattasi e si limiterebbe a prevedere un «trattamento nazionale» per crediti esteri. I diversi elementi che il Consiglio ritiene compresi nell’espressione «disposizioni fiscali» continuerebbero a rientrare nella sfera delle normative nazionali e la detta direttiva non realizzerebbe la loro armonizzazione.

26
Il Parlamento aggiunge che l’art. 95 CE deve essere interpretato quale deroga all’art. 94 CE e che quest’ultimo non può pertanto costituire un fondamento normativo idoneo per l’adozione della direttiva 2001/44. Quanto all’art. 93 CE, esso non può essere scelto quale fondamento normativo, dato che tale direttiva non mira all’armonizzazione della fiscalità indiretta ai sensi di tale articolo. Infine, l’applicazione dell’art. 95, n. 2, CE sarebbe in contrasto con la circostanza che tale direttiva non istituisce alcuna disposizione fiscale. Pertanto, solo l’art. 95 costituirebbe il fondamento normativo idoneo per l’adozione della direttiva 2001/44.

27
Tale conclusione non verrebbe rimessa in questione dalla circostanza che alcuni dei crediti di cui alla direttiva 2001/44 sono di natura fiscale. Il suo «centro di gravità» sarebbe manifestamente l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno, il che imporrebbe la scelta dell’art. 95 CE quale fondamento normativo.

28
Il Consiglio fa valere, anzitutto, che l’adeguato fondamento giuridico per l’adozione della direttiva 2001/44 non si limita, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, agli artt. 93 CE e 94 CE, da un lato, e all’art. 95 CE, dall’altro. Nulla impedirebbe, ad esempio, la scelta degli artt. 93 CE e 95 CE come fondamento normativo, atteso che la Corte ha già riconosciuto nella sentenza 27 settembre 1988, causa 165/87, Commissione/Consiglio (Racc. pag. 5545), la possibilità di un duplice fondamento normativo, che impone al Consiglio di decidere con una maggioranza qualificata e all’unanimità.

29
Il Consiglio ricorda quindi che, conformemente alla costante giurisprudenza della Corte, la scelta del fondamento normativo di un atto deve fondarsi su elementi oggettivi sindacabili in via giurisdizionale. Fra tali elementi figurerebbero, in particolare, lo scopo ed il contenuto dell’atto. Inoltre, l’intento di un’istituzione di partecipare in modo più intenso all’adozione di un determinato atto sarebbe ininfluente su tale scelta.

30
Quanto allo scopo della direttiva 2001/44, il Consiglio rileva che dai ‘considerando’ della medesima emerge che essa mira a proteggere gli interessi finanziari della Comunità e degli Stati membri, a garantire meglio la competitività e la neutralità fiscale del mercato interno, nonché a limitare i rischi di frode. Dalla proposta di direttiva della Commissione 26 giugno 1998 emergerebbe, inoltre, che la detta direttiva si inserisce nella strategia comunitaria volta a realizzare regimi fiscali senza distorsione della concorrenza e orientati al mercato unico, come risulterebbe dalla comunicazione della Commissione intitolata «La fiscalità nell’Unione europea» (COM/96/546 def.).

31
Per quanto attiene al contenuto della direttiva 2001/44, il Consiglio precisa che le disposizioni di quest’ultima, da un lato, stabiliscono la procedura da seguire sia da parte dello Stato membro richiedente sia da parte di quello che presta l’assistenza relativa a un credito per recuperare la somma dovuta e, dall’altro, definiscono lo status giuridico del debitore per l’intera durata di tale procedura. Tale direttiva verterebbe, più precisamente, sui privilegi che possono essere connessi al credito, sui rimedi giurisdizionali esperibili da parte del debitore, sul recupero presso il debitore delle spese sostenute dagli Stati membri e sulla ripartizione dei fondi fra gli Stati membri interessati. La detta direttiva, applicando tali norme ai crediti relativi alle imposte sul reddito e sul capitale nonché alle tasse sui premi assicurativi, interverrebbe sia nell’ambito delle imposte dirette sia in quello delle imposte indirette.

32
Infine, riguardo al fondamento normativo sul quale può essere basata l’adozione di misure relative a tali imposte, il Consiglio fa valere, in primo luogo, che, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, la procedura prevista dall’art. 95, n. 1, CE non può essere considerata «normale» per l’adozione di disposizioni volte alla realizzazione del mercato interno.

33
In secondo luogo, il Consiglio ricorda che, secondo costante giurisprudenza, quando sussiste uno specifico fondamento normativo, l’atto da adottare deve fondarsi su quest’ultimo (sentenza 26 marzo 1996, causa C‑271/94, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I‑1689). Gli artt. 93 CE e 94 CE, riguardando chiaramente l’adozione di misure comprese nel settore fiscale, costituirebbero disposizioni specifiche rispetto all’art. 95 CE.

34
Per quanto attiene, più in particolare, al fondamento normativo appropriato per l’adozione della direttiva 2001/44, il Consiglio fa valere che, dal momento che quest’ultima mira all’armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d’affari, alle accise ed alle altre imposte indirette prevedendo norme comuni per la riscossione di tali tasse e imposte, solo l’art. 93 CE può costituire un valido fondamento normativo. Infatti, poiché dalla giurisprudenza della Corte emerge che le disposizioni relative alle modalità di recupero di imposte nonché alle sanzioni che colpiscono le infrazioni relative al pagamento dell’IVA rientrano nella fiscalità interna degli Stati membri (v. sentenze 27 febbraio 1980, causa 55/79, Commissione/Irlanda, Racc. pag. 481, e 25 febbraio 1988, causa 299/86, Drexl, Racc. pag. 1213), disposizioni come quelle introdotte dalla direttiva 2001/44 rientrerebbero anch’esse nella fiscalità interna degli Stati membri.

35
Quanto all’estensione della sfera di applicazione della direttiva 76/308 ai crediti relativi a talune imposte dirette, il Consiglio sostiene che, proprio per effetto di tale estensione, l’art. 95, n. 1, CE non può più essere considerato quale fondamento normativo idoneo ai fini dell’adozione della direttiva 2001/44, atteso che il n. 2 di tale articolo stesso ne vieta l’applicazione alle «disposizioni fiscali».

36
Costituirebbero «disposizioni fiscali», ai sensi dell’art. 95, n. 2, CE, tutti i provvedimenti che disciplinano le entrate pubbliche. In tale espressione sarebbero così ricomprese non solo la definizione e la descrizione delle imposte, bensì parimenti le modalità con cui queste ultime vengono liquidate e recuperate. Il termine «fiscali» opererebbe un rinvio alla nozione di entrate pubbliche. Nella terza parte del Trattato CE, al titolo VI della medesima, il titolo in lingua inglese del capo II, vale a dire «Tax provisions», porrebbe soprattutto l’accento sul carattere obbligatorio di tali entrate pubbliche. Orbene, tale carattere obbligatorio, connesso ai privilegi e ai poteri molto specifici di cui godono gli Stati membri per liquidare e recuperare le entrate fiscali, costituirebbe una caratteristica importante delle imposte o degli oneri fiscali e risulterebbe con maggiore chiarezza nel termine «fiscale», utilizzato in altre versioni linguistiche. In linea di principio, il «diritto fiscale» riguarderebbe tanto la struttura quanto la liquidazione e il recupero delle imposte. L’interpretazione dell’art. 95, n. 2, CE dovrebbe essere operata in considerazione di tale circostanza e il divieto ivi enunciato sarebbe quindi applicabile a tutte le disposizioni relative alla struttura, alla liquidazione e al recupero delle imposte di cui trattasi.

37
L’interpretazione restrittiva dell’espressione «disposizioni fiscali» suggerita dalla Commissione non troverebbe, contrariamente a quanto sostenuto dalla medesima, alcun fondamento nel tenore letterale dell’art. 95, n. 2, CE. Inoltre, la scelta del fondamento normativo non potrebbe dipendere dalla questione di stabilire in che misura l’atto emanando incida sulla sovranità degli Stati membri, in quanto una siffatta impostazione implicherebbe valutazioni politiche, il che risulterebbe contrario tanto al sistema di ripartizione delle competenze in seno alla Comunità, quanto al principio della certezza del diritto. Infine, le disposizioni della direttiva 2001/44 non contemplerebbero una cooperazione o una verifica generalizzata tra le amministrazioni per servire interessi puramente nazionali, bensì mirerebbero a disciplinare le modalità con cui gli Stati membri riscuotono le loro entrate fiscali e applicano le loro disposizioni fiscali al fine di eliminare, sotto tale profilo, le disparità nelle condizioni di concorrenza.

38
Il Consiglio ricorda inoltre che, anche se dalla giurisprudenza della Corte emerge che una semplice prassi non può derogare alle norme dal Trattato (v. sentenza 12 novembre 1996, causa C‑84/94, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. I‑5755, punto 19), nella specie, la prassi seguita riguardo alla scelta del fondamento normativo è stata costante, considerato che ogniqualvolta disposizioni fiscali hanno costituito oggetto di una armonizzazione la scelta è caduta sugli artt. 93 CE o 94 CE.

39
Il governo irlandese sostiene che la Commissione interpreta l’espressione «disposizioni fiscali» in modo troppo restrittivo. A parere del governo medesimo, deve essere considerata disposizione fiscale qualsiasi disposizione riguardante l’amministrazione e il recupero di un’imposta. Dalla versione in lingua inglese dell’art. 95, n. 2, CE risulterebbe, d’altronde, che questo riguarda le disposizioni relative alle finanze pubbliche ed al gettito delle imposte. Inoltre, né il Trattato né la giurisprudenza conterrebbero indizio alcuno a conforto della tesi della Commissione.

40
Il detto governo sostiene parimenti che la questione di stabilire in che misura la Commissione sia libera di scegliere l’art. 95 CE quale fondamento normativo ai fini dell’adozione di una direttiva non può trovare risposta senza che sia definita la nozione di ravvicinamento delle legislazioni nazionali rispetto a quella di armonizzazione delle medesime. Laddove sussistano dubbi quanto agli effetti concreti di un atto, sarebbe necessario, al fine di rispettare il principio della certezza del diritto, fare riferimento alle norme che disciplinano l’attuazione delle disposizioni comunitarie in materia di armonizzazione delle legislazioni stesse.

41
Nella specie, dal momento che la direttiva 2001/44 è connessa a questioni fiscali, il divieto enunciato dall’art. 95, n. 2, CE osterebbe a che tale direttiva venga adottata sulla base dell’art. 95 CE. Infatti, tanto dallo scopo quanto dal contenuto della direttiva stessa emergerebbe che, oltre al fatto che essa ha esteso il regime di assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti alle imposte sui redditi e sul patrimonio, nonché alle imposte sui premi assicurativi, essa ha posto a carico degli Stati membri obblighi imperativi in materia di applicazione e di recupero delle imposte e delle tasse. Considerato che le misure introdotte dalla direttiva 2001/44 attengono alla riscossione, all’amministrazione nonché all’esecuzione del recupero di imposte e, pertanto, a questioni fiscali, il «centro di gravità» di tale direttiva sarebbe chiaramente determinato.

42
Il governo irlandese aggiunge che l’art. 95, n. 1, CE osta chiaramente a che la direttiva 2001/44 possa essere adottata sul fondamento dell’art. 95 CE. Infatti, tale articolo, conformemente al suo tenore letterale, sarebbe destinato ad applicarsi solamente quando il Trattato non disponga diversamente. Orbene, atteso che gli artt. 93 CE e 94 CE costituiscono disposizioni più specifiche dell’art. 95 CE ai fini dell’adozione di misure del genere di quelle disposte dalla direttiva 2001/44, quest’ultima disposizione non troverebbe applicazione.

43
A parere del governo lussemburghese, l’interpretazione dell’espresisone «disposizioni fiscali» accolta dalla Commissione è troppo restrittiva e non corrisponde alla realtà legislativa negli Stati membri. Nell’interpretare tale disposizione occorrerebbe tener conto del fatto che le nozioni di «fiscalità», di «disposizioni fiscali» e di «imposte» ricomprendono le disposizioni relative all’amministrazione e al recupero delle imposte, dato che le modalità di attuazione di tali nozioni ricadono, in numerosi Stati membri, nella sfera del diritto tributario.

44
Il detto governo sottolinea, inoltre, che, nella replica, la Commissione riconosce che la direttiva 2001/44 non è volta ad armonizzare norme esistenti, bensì ad istituire possibilità, precedentemente non esistenti, di scambio di informazioni e reciproca assistenza in materia di recupero dei crediti. Orbene, la scelta dell’art. 95 CE quale fondamento normativo di tale direttiva non sarebbe giustificata.

45
Lo stesso governo sostiene parimenti che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, l’art. 8 della direttiva 76/308 incide direttamente sulle disposizioni nazionali degli Stati membri.

46
Il governo lussemburghese aggiunge che la Corte ha già affermato che le modalità di pagamento, di determinazione della base imponibile, nonché le sanzioni applicabili alle violazioni fiscali possono ricadere nel divieto sancito dall’art. 90 CE (v. sentenza 11 dicembre 1990, causa C‑47/88, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I‑4509). Non può quindi validamente sostenersi che le disposizioni relative alle modalità di recupero di imposte dirette e indirette non costituiscono disposizioni fiscali.

47
Nella specie, la direttiva 2001/44 consentirebbe alle autorità nazionali di applicare e di recuperare correttamente l’imposta dovuta, estendendo la sfera delle loro competenze al di là del territorio del rispettivo Stato membro. L’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti costituirebbe pertanto un complemento essenziale ed inerente all’esercizio delle prerogative degli Stati membri nel settore tributario. Conseguentemente, il fondamento giuridico appropriato ai fini dell’adozione di tale direttiva sarebbe costituito dagli artt. 93 CE e 94 CE.

48
Il governo portoghese ritiene parimenti che l’interpretazione dell’espressione «disposizioni fiscali» propugnata dalla Commissione sia troppo restrittiva e non possa essere conseguentemente accolta. Tale espressione dovrebbe ricomprendere i diritti e le garanzie dei contribuenti. Orbene, la direttiva 2001/44 definirebbe, in particolare mediante la modifica degli artt. 8, n. 1, 10 e 12 della direttiva 76/308, una serie di norme che si porrebbero in contrasto diretto con i diritti dei contribuenti e che dovrebbero essere, conseguentemente, trasposte negli ordinamenti nazionali. La direttiva 2001/44 violerebbe, peraltro, il principio del contraddittorio nella parte in cui non riconosce al residente considerato quale debitore dall’autorità richiedente la possibilità di contestare il titolo esecutivo oppostogli, e ciò anche quando il credito fatto valere dall’autorità medesima possa essere un credito contestabile. Infine, modificando l’art. 12, n. 2, della direttiva 76/308, la direttiva 2001/44 istituirebbe un diritto sostanziale diretto a un risarcimento in caso di pregiudizio causato da uso indebito o erroneo dei poteri attribuiti agli Stati membri. Alla luce del contenuto di quest’ultima direttiva gli artt. 93 CE e 94 CE si imporrebbero quindi come fondamento normativo per l’adozione della direttiva medesima.

49
Il governo del Regno Unito condivide la posizione difesa dal governo irlandese. A suo parere, l’art. 93 CE costituisce il fondamento normativo specifico per l’adozione di misure di armonizzazione in materia di tributi indiretti. Dal momento che il Trattato ha in tal modo previsto una disposizione specifica per tale armonizzazione, questa non potrebbe essere operata sul fondamento dell’art. 95 CE. Quanto all’armonizzazione delle disposizioni relative alle imposte dirette, occorrerebbe procedere, come risulta dall’art. 95, n. 2, CE, sul fondamento dell’art. 94 CE.

50
Il detto governo contesta alla Commissione, da un lato, il fatto d’interpretare troppo restrittivamente l’espressione «disposizioni fiscali» e, dall’altro, di non tener conto della parte iniziale della prima frase dell’art. 95, n. 1, CE conformemente alla quale l’articolo medesimo è destinato a trovare applicazione solo ove il Trattato non disponga diversamente. Orbene, gli artt. 93 CE e 94 CE costituirebbero disposizioni speciali per l’adozione di misure relative alle imposte dirette e indirette. Considerato che la direttiva 2001/44 armonizza disposizioni nazionali relative a tali due categorie di imposte, l’art. 95, n. 1, CE non costituirebbe il fondamento normativo appropriato per l’adozione di tale direttiva.

51
Sarebbe peraltro indubbio che norme che perseguano tale obiettivo incidano sulla sovranità fiscale degli Stati membri, di modo che se ne renderebbe necessaria l’adozione all’unanimità.

52
Il governo del Regno Unito aggiunge che il termine «fiscal», utilizzato nella versione inglese dell’art. 95 CE, ricomprende non solo le imposte in senso stretto, bensì anche la spesa pubblica ed il prestito pubblico. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, nulla consentirebbe di distinguere tra le norme che disciplinano i soggetti passivi, la base imponibile, i fatti generatori, le aliquote o le esenzioni da un’imposta, da quelle relative all’amministrazione e al recupero dell’imposta medesima. Tale interpretazione sarebbe peraltro conforme alla costante giurisprudenza della Corte (v. sentenze 12 maggio 1992, causa C‑327/90, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑3033, e 17 giugno 1998, causa C‑68/96, Grundig Italiana, Racc. pag. I‑3775).

53
Il detto governo rileva, infine, che la normativa applicata ai contribuenti al fine di prevenire la frode e l’evasione fiscali, che è al centro stesso dei rapporti tra contribuenti e amministrazione finanziaria, è pertanto inscindibile dal potere impositivo di cui dispongono gli Stati membri.

Giudizio della Corte

54
Secondo costante giurisprudenza, la scelta del fondamento normativo di un atto comunitario dev’essere basata su circostanze obiettive, che possono essere sindacate in via giurisdizionale, tra cui figurano, segnatamente, lo scopo e il contenuto dell’atto (v., in particolare, sentenze Biossido di titanio, cit., punto 10; 4 aprile 2000, causa C‑269/97, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑2257, punto 43, e 11 settembre 2003, causa C‑211/01, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑0000, punto 38).

55
Se l’esame di un atto comunitario dimostra che esso persegue una duplice finalità o che ha una doppia componente e se una di queste è identificabile come principale o preponderante, mentre l’altra è solo accessoria, l’atto deve fondarsi su una sola base giuridica, ossia quella richiesta dalla finalità o componente principale o preponderante (v. in tal senso, in particolare, sentenze 17 marzo 1993, causa C‑155/91, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑939, punti 19 e 21; 30 gennaio 2001, causa C‑36/98, Spagna/Consiglio, Racc. pag. I‑779, punto 59, nonché Commissione/Consiglio, cit., punto 39).

56
In via eccezionale, ove sia provato che l’atto persegue contemporaneamente più obiettivi tra loro inscindibili, senza che uno di essi assuma importanza secondaria e indiretta rispetto all’altro, tale atto dovrà basarsi sui diversi fondamenti normativi di pertinenza (v., in particolare, sentenze 19 settembre 2002, causa C‑336/00, Huber, Racc. pag. I‑7699, punto 31; 12 dicembre 2002, causa C‑281/01, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑12049, punto 35, e 11 settembre 2003, Commissione/Consiglio, cit., punto 40, nonché parere 6 dicembre 2001, n. 2/00, Racc. pag. I‑9713, punto 23).

57
Il cumulo dei due fondamenti normativi è però escluso quando le procedure previste relativamente all’una e all’altra base giuridica sono incompatibili (v., in particolare, sentenze Biossido di titanio, cit., punti 17‑21, e 25 febbraio 1999, cause riunite C‑164/97 e C‑165/97, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I‑1139, punto 14).

58
Nella specie, occorre rilevare che le procedure previste dagli artt. 93 CE e 94 CE, da un lato, e quella di cui all’art. 95 CE, dall’altro, escludono che quest’ultima disposizione possa essere cumulata con uno degli altri due articoli menzionati per servire da fondamento normativo all’adozione di un atto quale la direttiva 2001/44. Infatti, mentre per l’adozione di un atto sul fondamento degli artt. 93 CE e 94 CE è richiesta l’unanimità, per l’adozione di un atto sul fondamento dell’art. 95 CE è sufficiente la maggioranza qualificata. Così, tra le disposizioni sopra menzionate, solo gli artt. 93 CE e 94 CE possono costituire cumulativamente un fondamento normativo valido per l’adozione di un atto normativo da parte del Consiglio.

59
Riguardo alla sfera di applicazione dell’art. 95 CE che, a parere della Commissione e del Parlamento, avrebbe dovuto costituire il fondamento normativo per l’adozione della direttiva 2001/44, deve osservarsi, da un canto, che dallo stesso tenore letterale del n. 1 di tale articolo risulta che esso può trovare applicazione solo quando il Trattato non disponga diversamente.

60
Ne consegue che, laddove esista nel Trattato una disposizione più specifica che possa costituire il fondamento normativo dell’atto di cui trattasi, quest’ultimo deve fondarsi su tale disposizione. È quanto si verifica, segnatamente, nel caso dell’art. 93 CE, per quanto riguarda l’armonizzazione delle normative concernenti le imposte sulla cifra d’affari, le accise e le altre imposte indirette.

61
Occorre sottolineare, d’altro canto, che l’art. 95, n. 2, CE esclude espressamente alcune materie dalla sfera di applicazione di tale disposizione. Ciò vale, in particolare, per le «disposizioni fiscali», il cui ravvicinamento non può essere pertanto operato in base a tale articolo.

62
La Corte considera che occorre esaminare, in primo luogo, se la direttiva 2001/44 rientri nella nozione di «disposizioni fiscali» ai sensi dell’art. 95, n. 2, CE.

63
Per quanto attiene all’interpretazione dell’espressione «disposizioni fiscali», deve osservarsi che nel Trattato non si riscontra alcuna indicazione relativa all’interpretazione di tale nozione. Occorre tuttavia sottolineare che, dato il suo carattere generale, tale espressione non comprende solo tutti i settori della fiscalità, senza distinzione tra i tipi di imposte o di tasse interessate, bensì anche tutti gli aspetti di tale materia, indipendentemente dalla circostanza che si tratti di norme sostanziali o procedurali.

64
Tale tesi è d’altronde avvalorata dalla circostanza che in alcuni Stati membri le disposizioni relative alle modalità di pagamento e di recupero delle imposte dirette e indirette sono ritenute configuranti «disposizioni fiscali».

65
Si deve aggiungere che, secondo la giurisprudenza della Corte relativa all’art. 90 CE, al fine di valutare il carattere discriminatorio o meno di un sistema fiscale, è necessario prendere in considerazione non solo le aliquote fiscali, ma anche la base imponibile e le modalità di riscossione delle varie imposte. Infatti, il criterio di comparazione decisivo ai fini dell’applicazione dell’art. 90 CE è costituito dall’incidenza effettiva di ciascun tributo sulla produzione nazionale, da un lato, e sui prodotti importati, dall’altro. Anche a parità di aliquote fiscali, l’incidenza di tale onere può variare a seconda delle modalità di determinazione della base imponibile e di riscossione applicate alla produzione nazionale e ai prodotti importati (v. citate sentenze Commissione/Irlanda, punto 8, e Grundig Italiana, punto 13).

66
Ne consegue che le modalità di recupero dei tributi di qualsiasi natura non possono essere distinte dal sistema di tassazione o di imposizione al quale si riferiscono.

67
Alla luce di tali considerazioni, l’espressione «disposizioni fiscali», di cui all’art. 95, n. 2, CE, deve essere interpretata come comprensiva non solamente delle disposizioni che individuano i soggetti passivi, le operazioni imponibili, la base imponibile, le aliquote e le esenzioni delle imposte dirette e indirette, ma anche di quelle relative alle modalità di recupero delle imposte medesime.

68
Per quanto attiene alla finalità della direttiva 2001/44, dai suoi primi tre ‘considerando’ emerge che essa mira a garantire la «neutralità fiscale del mercato interno» e a tutelare gli interessi finanziari sia della Comunità sia degli Stati membri.

69
Come previsto dai ‘considerando’ della direttiva medesima, tale obiettivo deve essere conseguito, da un lato, estendendo la sfera d’applicazione della direttiva 76/308 ai crediti relativi a determinate imposte sui redditi e sul capitale nonché a talune imposte sui premi assicurativi (terzo ‘considerando’) e, dall’altro, garantendo che i titoli che consentono l’esecuzione di un credito concessi nello Stato membro dell’autorità richiedente siano trattati, in linea di massima, come un titolo dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita (quarto ‘considerando’).

70
Le modifiche apportate dalla direttiva 2001/44 alla direttiva 76/308 rispecchiano tali obiettivi. Infatti, l’art. 2 di quest’ultima direttiva, che ne definisce la sfera di applicazione, prevede ormai, alle lett. g) ed h), che essa si applichi alle imposte sul reddito e sul capitale nonché alle imposte sui premi assicurativi. L’art. 7, n. 3, della direttiva 76/308 è stato modificato nel senso che prevede ormai un elenco più dettagliato dei dati che devono essere indicati nella domanda di recupero indirizzata dall’autorità richiedente all’autorità adita.

71
Ai termini dell’art. 8 della direttiva 76/308, i titoli esecutivi per il recupero di un credito sono ormai, di norma, riconosciuti direttamente e trattati automaticamente come uno strumento che consente l’esecuzione di un credito sul territorio nazionale, mentre precedentemente tali titoli potevano essere solamente omologati, riconosciuti, integrati ovvero sostituiti con un titolo che ne consentisse l’esecuzione nel territorio dello Stato membro in cui aveva sede l’autorità adita.

72
Quanto all’art. 10 della direttiva 76/308, ai sensi del quale i crediti da recuperare non godevano di alcun privilegio nello Stato membro in cui aveva sede l’autorità adita, nella versione risultante dalla direttiva 2001/44 esso prevede che tali crediti non godono necessariamente dei privilegi dei crediti analoghi sorti nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita. Tale modifica costituisce un cambiamento sostanziale nel trattamento dei crediti considerati dalla direttiva 76/308, equivalendo ad un capovolgimento del principio applicabile sino a quel momento, cioè quello secondo il quale tali crediti non beneficiavano di alcun privilegio nello Stato adito.

73
Orbene, deve necessariamente rilevarsi, in primo luogo, che tutte le dette modifiche si riferiscono al recupero di crediti relativi ad imposte sia dirette sia indirette ed obbligheranno gli Stati membri ad adottare provvedimenti legislativi, regolamentari ed amministrativi per garantirne l’attuazione.

74
Occorre inoltre rilevare che, se è vero, come affermato dalla Commissione, che la direttiva 2001/44 non armonizza le disposizioni sostanziali riguardanti le modalità di recupero applicabili negli Stati membri, resta il fatto che questi ultimi sono tenuti ad estendere la sfera di applicazione delle proprie disposizioni nazionali relative alle modalità di recupero dei crediti in materia di imposte dirette quali le imposte sul reddito e sul capitale, affinché esse possano parimenti applicarsi ai crediti tributari sorti in un altro Stato membro.

75
Occorre aggiungere, infine, che la direttiva 2001/44 opera un certo ravvicinamento delle disposizioni nazionali in materia tributaria, dato che obbliga tutti gli Stati membri a trattare i crediti sorti in altri Stati membri come crediti nazionali, interpretazione questa che trova conferma nell’espressione «neutralità fiscale» di cui al secondo ‘considerando’ della direttiva medesima.

76
Alla luce di tutte queste considerazioni, si deve constatare che la direttiva 2001/44 verte su «disposizioni fiscali» ai sensi dell’art. 95, n. 2, CE, sicché tale articolo non può costituire il fondamento normativo appropriato per l’adozione della direttiva medesima.

77
Di conseguenza, il Consiglio ha legittimamente adottato la direttiva 2001/44 sul fondamento degli artt. 93 CE e 94 CE.

78
Il ricorso della Commissione deve pertanto essere respinto.


Sulle spese

79
Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, va condannata alle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 4, secondo comma, dello stesso regolamento, gli Stati membri e le istituzioni che sono intervenuti nella controversia sopportano le proprie spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese.

3)
L’Irlanda, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica portoghese, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nonché il Parlamento europeo sopporteranno le proprie spese.

C. Gulmann

J. N. Cunha Rodrigues

J.-P. Puissochet

R. Schintgen

F. Macken

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 aprile 2004.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

V. Skouris


1
Lingua processuale: l'inglese.

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