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Document 62023CJ0118

Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 12 dicembre 2024.
Rada Nadzorcza Getin Noble Bank S.A. e a. contro Bankowy Fundusz Gwarancyjny.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Wojewódzki Sąd Administracyjny wWarszawie.
Rinvio pregiudiziale – Risanamento e risoluzione degli enti creditizi – Direttiva 2014/59/UE – Decisione di adottare una misura di gestione della crisi nei confronti di un ente creditizio – Articolo 85, paragrafo 3 – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto a un ricorso effettivo di tutte le persone interessate da tale decisione – Rispetto del termine ragionevole – Requisito di celerità del controllo giurisdizionale – Disposizione di diritto nazionale che impone la riunione di tutti i ricorsi – Articolo 3, paragrafo 3 – Cumulo di funzioni da parte dell’autorità di risoluzione – Garanzia di indipendenza operativa.
Causa C-118/23.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2024:1013

 SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

12 dicembre 2024 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Risanamento e risoluzione degli enti creditizi – Direttiva 2014/59/UE – Decisione di adottare una misura di gestione della crisi nei confronti di un ente creditizio – Articolo 85, paragrafo 3 – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto a un ricorso effettivo di tutte le persone interessate da tale decisione – Rispetto del termine ragionevole – Requisito di celerità del controllo giurisdizionale – Disposizione di diritto nazionale che impone la riunione di tutti i ricorsi – Articolo 3, paragrafo 3 – Cumulo di funzioni da parte dell’autorità di risoluzione – Garanzia di indipendenza operativa»

Nella causa C‑118/23,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia, Polonia), con decisione del 26 gennaio 2023, pervenuta in cancelleria il 21 febbraio 2023, nel procedimento

Rada Nadzorcza Getin Noble Bank S.A. e a.

contro

Bankowy Fundusz Gwarancyjny,

con l’intervento di:

VELOBANK S.A.,

M.K., in qualità di liquidatore della Getin Noble Bank S.A., in liquidazione (già Getin Noble Bank S.A.),

TD,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, C. Lycourgos, presidente della Terza Sezione, S. Rodin, Z. Csehi e O. Spineanu-Matei (relatrice), giudici,

avvocato generale: J. Richard de la Tour

cancelliere: N. Mundhenke, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 marzo 2024,

considerate le osservazioni presentate:

per la Rada Nadzorcza Getin Noble Bank S.A., la Getin Holding S.A., la LC Corp B.V., NM, la Fundacja Jolanty i Leszka Czarneckich z siedzibą w Warszawie e NM, da M. Cecerko, P. Lewandowski, radcowie prawni, e M. Orkusz, adwokat;

per KA, WK, CK, LN, KM, GK, MG, MT, MM, KB, JS, WG, KG, JJ, IB, ZD, GW, MD, CP, MZ, MP, KP, AB, US, DL, SQ, QP e KM, da J.K. Mikołajek-Furmańska e J. Trojacka, radcowie prawni, e M. Szymański, adwokat;

per ML e SJ, da J. Czabański e A.N. Wolna-Sroka, adwokaci;

per GM e DG, da A. Citko, radca prawny;

per TM e BI, da W. Bochenek, P. Stalski e T. Zaremba, radcowie prawni;

per OS e NS, da W. Budzewski e M. Chęcińska, adwokaci;

per il Bankowy Fundusz Gwarancyjny, da M. Malciak, A. Radwan, W.J Wandzel, M. Wojtacha, adwokaci, e M. Olszak, radca prawny;

per il governo polacco, da B. Majczyna, R. Stańczyk e S. Żyrek, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da P. Messina, A. Nijenhuis, B. Sasinowska e D. Triantafyllou, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 giugno 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), dell’articolo 3, paragrafo 3, e dell’articolo 85, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190), come modificata dalla direttiva (UE) 2019/879 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019 (GU 2019, L 150, pag. 296) (in prosieguo: la «direttiva 2014/59»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Rada Nadzorcza Getin Noble Bank S.A. (consiglio di vigilanza della Getin Noble Bank S.A.; in prosieguo: il «consiglio di vigilanza della GN Bank») e un gran numero di persone fisiche e giuridiche e, dall’altro, il Bankowy Fundusz Gwarancyjny (Fondo di garanzia bancaria, Polonia) (in prosieguo: il «FGB») in merito alla decisione di quest’ultimo di avviare una procedura di risoluzione nei confronti della Getin Noble Bank (in prosieguo: la «GN Bank»).

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

La Carta

3

L’articolo 47 della Carta, intitolato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», prevede quanto segue:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

(…)».

Regolamento n. 575/2013

4

Il regolamento n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU 2013, L 176, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) 2019/876 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019 (GU 2019, L 150, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento n. 575/2013»), al suo articolo 1 enuncia quanto segue:

«Il presente regolamento stabilisce regole uniformi concernenti i requisiti prudenziali generali che gli enti, le società di partecipazione finanziaria e le società di partecipazione finanziaria miste sottoposti a vigilanza ai sensi della direttiva 2013/36/UE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338)] soddisfano per quanto riguarda i seguenti elementi:

a)

requisiti di fondi propri relativi a elementi del rischio di credito, rischio di mercato, rischio operativo, rischio di regolamento e della leva finanziaria interamente quantificabili, uniformi e standardizzati;

b)

requisiti che limitano le grandi esposizioni;

c)

requisiti di liquidità relativi ad elementi del rischio di liquidità interamente quantificabili, uniformi e standardizzati;

d)

obblighi di segnalazione relativi alle lettere a), b) e c);

e)

obblighi di informativa al pubblico.

(...)».

5

L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 575/2013 così recita:

«1.   Per garantire la conformità al presente regolamento, le autorità competenti dispongono dei poteri e seguono le procedure di cui alla direttiva 2013/36/UE e al presente regolamento.

2.   Per garantire la conformità al presente regolamento, le autorità di risoluzione dispongono dei poteri e seguono le procedure di cui alla direttiva 2014/59/UE (…) e al presente regolamento».

6

Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, di detto regolamento:

«Ai fini del presente regolamento si intende per:

(...)

40)

“autorità competente”, una pubblica autorità o un ente ufficialmente riconosciuto dal diritto nazionale che, in quanto soggetti appartenenti al sistema di vigilanza in vigore nello Stato membro interessato, sono abilitati, in virtù del diritto nazionale, all’esercizio della vigilanza sugli enti;

(…)».

Direttiva 2014/49/UE

7

La direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU 2014, L 173, pag. 149), all’articolo 1, paragrafo 1, prevede quanto segue:

«La presente direttiva fissa norme e procedure relative all’istituzione e al funzionamento dei sistemi di garanzia dei depositi (SGD)».

8

Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, di tale direttiva, i mezzi finanziari di un sistema di garanzia dei depositi sono utilizzati per finanziare la risoluzione degli enti creditizi conformemente all’articolo 109 della direttiva 2014/59.

Direttiva 2014/59

9

I considerando 15, 40, 88, da 90 a 92, 110 e 130 della direttiva 2014/59 così recitano:

«(15)

Al fine di assicurare la necessaria rapidità di azione, garantire l’indipendenza dai soggetti economici ed evitare conflitti di interesse, gli Stati membri dovrebbero nominare autorità amministrative pubbliche o autorità investite di poteri amministrativi pubblici per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti relativi alla risoluzione ai sensi della presente direttiva (...). Quando uno Stato membro nomina l’autorità responsabile della vigilanza prudenziale degli enti (“autorità competente”) quale autorità di risoluzione, è opportuno mettere in atto adeguati accorgimenti aventi natura strutturale per separare le funzioni di vigilanza e quelle di risoluzione. Tale separazione non dovrebbe impedire alla funzione di risoluzione l’accesso alle informazioni che sono disponibili alla funzione di vigilanza.

(...)

(40)

Per preservare la stabilità finanziaria è importante che le autorità competenti siano in grado di porre rimedio al deterioramento della situazione finanziaria ed economica di un ente prima che questo giunga a un punto tale per cui non vi siano alternative alla risoluzione. A tal fine le autorità competenti dovrebbero disporre di poteri di intervento precoce, compreso il potere di nominare un amministratore temporaneo che sostituisca l’organo di amministrazione e l’alta dirigenza dell’ente o lavori temporaneamente con essi. L’amministratore temporaneo dovrebbe avere il compito di esercitare i poteri che gli sono conferiti al fine di promuovere soluzioni per ripianare la situazione finanziaria dell’ente. La nomina dell’amministratore temporaneo non dovrebbe interferire indebitamente con i diritti degli azionisti o proprietari né con gli obblighi procedurali imposti dal diritto societario nazionale o dell’Unione e dovrebbe rispettare gli obblighi internazionali assunti dall’Unione o dagli Stati membri in materia di tutela degli investimenti. I poteri di intervento precoce dovrebbero comprendere quelli già previsti nella direttiva 2013/36/UE, per circostanze diverse da quelle considerate intervento precoce, nonché altre situazioni ritenute necessarie per ripristinare la solidità finanziaria di un ente.

(...)

(88)

Ai sensi dell’articolo 47 della Carta, le parti interessate hanno diritto a un processo imparziale e a mezzi di ricorso efficaci nei confronti delle misure che le riguardano. Di conseguenza, è opportuno prevedere il diritto di impugnare le decisioni prese dalle autorità di risoluzione.

(...)

(90)

Poiché la presente direttiva è intesa a disciplinare situazioni di estrema urgenza e la sospensione di una decisione delle autorità di risoluzione potrebbe interrompere la continuità di funzioni indispensabili, è necessario prevedere che l’impugnazione non dia luogo a una sospensione automatica degli effetti della decisione contestata e che la decisione dell’autorità di risoluzione sia immediatamente esecutiva, presupponendo che la sospensione sia contraria al pubblico interesse.

(91)

Inoltre, ove necessario sia per tutelare i terzi che hanno acquisito attività, diritti e passività dell’ente soggetto a risoluzione in buona fede in virtù dell’esercizio dei poteri delle autorità in tal senso, sia per assicurare la stabilità dei mercati finanziari, il diritto di impugnazione non dovrebbe incidere sugli atti amministrativi o sulle transazioni conclusi in base a una decisione di risoluzione annullata. In tali casi, le misure correttive applicate a una decisione indebita dovrebbero pertanto limitarsi a riconoscere alle persone interessate una compensazione per i danni subiti.

(92)

Poiché può essere necessario adottare con urgenza misure di gestione della crisi in presenza di gravi rischi per la stabilità finanziaria nello Stato membro e nell’Unione, la procedura ai sensi del diritto nazionale connessa alla domanda di approvazione ex ante da parte delle autorità giudiziarie di una misura di gestione della crisi e l’esame di tale domanda da parte del giudice dovrebbero essere svolti rapidamente. Poiché una misura di gestione della crisi deve essere presa con urgenza, il giudice dovrebbe formulare la propria decisione entro ventiquattro ore e gli Stati membri dovrebbero assicurare che l’autorità competente possa prendere la propria decisione subito dopo l’approvazione del giudice. Ciò non pregiudica il diritto delle parti interessate di chiedere al giudice di annullare la decisione per un periodo limitato dopo che l’autorità di risoluzione ha preso la misura di gestione della crisi.

(...)

(110)

(...) I depositi protetti dai sistemi di garanzia dei depositi non dovrebbero sostenere perdite nel processo di risoluzione. Quando l’azione di risoluzione assicura ai depositanti il mantenimento dell’accesso ai depositi, i sistemi di garanzia dei depositi cui l’ente soggetto a risoluzione è affiliato dovrebbero essere tenuti a fornire un contributo non superiore all’ammontare delle perdite che avrebbero dovuto sostenere se l’ente fosse stato liquidato con procedura ordinaria di insolvenza.

(...)

(130)

La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i diritti, le libertà e i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta, segnatamente il diritto di proprietà, il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e i diritti della difesa».

10

L’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(…)

40.

“azione di risoluzione”: la decisione di assoggettare un ente o entità di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), c) o d), a risoluzione a norma dell’articolo 32 o 33, l’applicazione di uno strumento di risoluzione o l’esercizio di uno o più poteri di risoluzione;

(...)

60.

“strumento dell’ente-ponte”: il meccanismo per la cessione di azioni o altri titoli di proprietà emessi da un ente soggetto a risoluzione, o di attività, diritti o passività di un ente soggetto a risoluzione a un ente-ponte, secondo il disposto dell’articolo 40;

(...)

101.

“misura di prevenzione della crisi”: l’esercizio dei poteri di imporre l’eliminazione di carenze o impedimenti alla possibilità di risanamento a norma dell’articolo 6, paragrafo 6, l’esercizio dei poteri di affrontare o rimuovere gli impedimenti alla possibilità di risoluzione a norma dell’articolo 17 o 18, l’applicazione di una misura di intervento precoce a norma dell’articolo 27, la nomina di un amministratore temporaneo a norma dell’articolo 29 o l’esercizio del potere di svalutazione o di conversione a norma dell’articolo 59;

102.

“misura di gestione della crisi”: un’azione di risoluzione o la nomina di un amministratore speciale ai sensi dell’articolo 35 o di una persona ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 2, o dell’articolo 72, paragrafo 1;

(…)».

11

L’articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Designazione delle autorità di risoluzione», ai paragrafi 3 e 4 prevede quanto segue:

«3.   Possono essere autorità di risoluzione le banche centrali nazionali, i ministeri competenti ovvero altre autorità amministrative pubbliche o autorità cui sono conferiti poteri amministrativi pubblici. Gli Stati membri possono prevedere in via eccezionale che l’autorità di risoluzione sia l’autorità competente per la vigilanza ai fini del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE. Sono introdotte idonee disposizioni strutturali per garantire indipendenza operativa e per evitare conflitti di interesse tra le funzioni di vigilanza ai sensi del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE o le altre funzioni dell’autorità in questione e le funzioni di autorità di risoluzione ai sensi della presente direttiva, lasciando impregiudicati gli obblighi di reciproca informazione e cooperazione di cui al paragrafo 4. In particolare, gli Stati membri provvedono a che, in seno alle autorità competenti, banche centrali nazionali, ministeri competenti ovvero altre autorità, vi sia indipendenza operativa tra la funzione di risoluzione e la funzione di vigilanza o altre funzioni dell’autorità in questione.

Il personale addetto all’assolvimento delle funzioni dell’autorità di risoluzione in base alla presente direttiva è strutturalmente separato da, e soggetto a, linee di reporting distinte rispetto al personale addetto alle funzioni di cui al regolamento (UE) n. 575/2013 e alla direttiva 2013/36/UE o ad altre funzioni dell’autorità di cui trattasi.

Ai fini del presente paragrafo, gli Stati membri o l’autorità di risoluzione adottano e rendono di pubblico dominio tutte le opportune regole interne, comprese quelle relative al segreto professionale e agli scambi di informazione fra le varie aree funzionali.

4.   Gli Stati membri prevedono l’obbligo che le autorità che esercitano le funzioni di vigilanza e di risoluzione e le persone che esercitano tali funzioni per conto delle medesime autorità collaborino strettamente nella preparazione, pianificazione e applicazione delle decisioni di risoluzione, sia nel caso in cui l’autorità di risoluzione e l’autorità competente siano entità separate che nel caso in cui le funzioni siano svolte in seno alla stessa entità».

12

Al titolo III della medesima direttiva, intitolato «Intervento precoce», figura in particolare l’articolo 29 di quest’ultima, il quale dispone quanto segue:

«1.   Gli Stati membri provvedono a che le autorità competenti possano nominare uno o più amministratori temporanei dell’ente, qualora la sostituzione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione ai sensi dell’articolo 28 sia ritenuta insufficiente da parte dell’autorità competente per porre rimedio alla situazione. Secondo un principio di proporzionalità e in base alle circostanze, le autorità competenti possono nominare un amministratore temporaneo in sostituzione temporanea dell’organo di amministrazione dell’ente, ovvero in affiancamento temporaneo all’organo di amministrazione stesso, specificando la propria decisione all’atto della nomina. Se nomina un amministratore temporaneo da affiancare all’organo di amministrazione dell’ente, l’autorità competente ne specifica all’atto della nomina ruolo, doveri e poteri unitamente a eventuali obblighi dell’organo di amministrazione dell’ente di consultarsi con l’amministratore temporaneo, o di ottenerne il consenso, prima di assumere specifiche decisioni o iniziative. L’autorità competente è tenuta a rendere pubblica la nomina dell’amministratore temporaneo, salvo quando quest’ultimo non ha il potere di rappresentare l’ente. Gli Stati membri assicurano inoltre che gli amministratori temporanei possiedano le qualifiche, le capacità e le conoscenze necessarie per svolgere le loro funzioni, e siano esenti da qualsiasi conflitto di interessi.

(...)

3.   All’atto della nomina, l’autorità competente specifica il ruolo e le funzioni dell’amministratore temporaneo che possono comprendere l’accertamento della situazione finanziaria dell’ente, la gestione dell’attività di questo in toto o in parte, al fine di preservare o di risanare la sua situazione finanziaria e l’adozione di misure per ripristinare una gestione sana e prudente dell’attività dell’ente. All’atto della nomina l’autorità competente specifica le limitazioni del ruolo e delle funzioni dell’amministratore temporaneo.

(...)

6.   L’autorità competente può imporre all’amministratore temporaneo di redigere, a intervalli da questa stabiliti nonché alla fine del mandato, relazioni in merito alla situazione finanziaria dell’ente e agli atti compiuti nel corso del mandato stesso.

(...)».

13

Al titolo IV della direttiva 2014/59, intitolato «Risoluzione», figurano gli articoli 31 e 32 di quest’ultima. L’articolo 31, intitolato «Obiettivi della risoluzione», enuncia quanto segue:

«1.   Nell’applicare gli strumenti ed esercitare i poteri di risoluzione, le autorità di risoluzione tengono conto degli obiettivi di risoluzione e scelgono gli strumenti e i poteri più adatti a conseguire gli obiettivi pertinenti nelle circostanze del caso.

2.   Gli obiettivi della risoluzione cui rimanda il paragrafo 1 sono i seguenti:

a)

garantire la continuità delle funzioni essenziali;

b)

evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, in particolare attraverso la prevenzione del contagio, anche delle infrastrutture di mercato, e con il mantenimento della disciplina di mercato;

c)

salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario;

d)

tutelare i depositanti contemplati dalla direttiva 2014/49/UE e gli investitori contemplati dalla direttiva 97/9/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 marzo 1997, relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori (GU 1997, L 84, pag. 22)];

e)

tutelare i fondi e le attività dei clienti.

(...)

3.   Fatta salva disposizione contraria della presente direttiva, i diversi obiettivi della risoluzione rivestono pari importanza e le autorità di risoluzione li ponderano opportunamente a seconda della natura e delle circostanze di ciascun caso».

14

L’articolo 32 di tale direttiva, intitolato «Condizioni per la risoluzione», così dispone:

«1.   Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione possano avviare un’azione di risoluzione per un ente di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), solo se l’autorità di risoluzione ritiene soddisfatte tutte le condizioni seguenti:

a)

l’autorità competente, previa consultazione dell’autorità di risoluzione, o l’autorità di risoluzione, alle condizioni stabilite al paragrafo 2 e previa consultazione dell’autorità competente, ha stabilito che l’ente è in dissesto o a rischio di dissesto;

b)

tenuto conto della tempistica e di altre circostanze pertinenti, non si può ragionevolmente prospettare che qualsiasi misura alternativa per l’ente in questione, incluse misure da parte di un IPS [Institutional Protection Scheme – Sistema di tutela istituzionale], sotto forma di intervento del settore privato o di azione di vigilanza, tra cui misure di intervento precoce o di svalutazione o di conversione contrattuale degli strumenti di capitale e delle passività ammissibili pertinenti ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 2, permetta di evitare il dissesto dell’ente in tempi ragionevoli;

c)

l’azione di risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico a norma del paragrafo 5.

(...)

5.   Ai fini del presente articolo, paragrafo 1, lettera c), l’azione di risoluzione è considerata nell’interesse pubblico se è necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 31 ed è ad essi proporzionata e se la liquidazione dell’ente con procedura ordinaria di insolvenza non consentirebbe di realizzare tali obiettivi nella stessa misura.

(...)».

15

L’articolo 85 di detta direttiva, intitolato «Approvazione ex ante delle autorità giudiziarie e diritti di impugnare le decisioni», ai paragrafi da 2 a 4 prevede quanto segue:

«2.   Gli Stati membri prevedono nel diritto nazionale il diritto di impugnazione avverso una decisione di adottare una misura di prevenzione delle crisi o una decisione di esercitare un potere, diversa da una misura di gestione delle crisi, di cui alla presente direttiva.

3.   Gli Stati membri provvedono a che tutte le persone interessate da una decisione di adottare una misura di gestione della crisi abbiano il diritto di presentare ricorso avverso tale decisione. Gli Stati membri assicurano che il ricorso sia celere e che i tribunali nazionali ricorrano alle valutazioni economiche complesse dei fatti effettuate dall’autorità di risoluzione quale base per la propria valutazione.

4.   Il diritto di impugnazione di cui al paragrafo 3 è soggetto alle disposizioni seguenti:

a)

la presentazione del ricorso non comporta la sospensione automatica degli effetti della decisione contestata;

b)

la decisione dell’autorità di risoluzione è immediatamente esecutiva e determina la presunzione relativa che una sospensione della sua esecuzione sarebbe contraria all’interesse pubblico[.]

Ove ciò sia necessario per tutelare gli interessi dei terzi in buona fede che hanno acquisito azioni, altri titoli di proprietà, attività, diritti e passività di un ente soggetto a risoluzione in virtù del ricorso agli strumenti di risoluzione o dell’esercizio dei poteri di risoluzione da parte di un’autorità di risoluzione, l’annullamento di una decisione di un’autorità di risoluzione lascia impregiudicati i successivi atti amministrativi o transazioni conclusi dall’autorità di risoluzione interessata e basati sulla decisione annullata. In tal caso, le misure correttive applicate a una decisione o azione indebita delle autorità di risoluzione sono limitate alla compensazione della perdita subita dal ricorrente in conseguenza della decisione o azione».

16

L’articolo 109, paragrafo 1, della medesima direttiva, intitolato «Uso dei sistemi di garanzia dei depositi nel contesto della risoluzione», dispone quanto segue:

«Gli Stati membri assicurano che, quando le autorità di risoluzione avviano azioni di risoluzione e purché tali azioni garantiscano ai depositanti il mantenimento dell’accesso ai depositi, il sistema di garanzia dei depositi cui l’ente è affiliato risponda:

(...)

b)

se si applicano uno o più strumenti di risoluzione diversi dallo strumento del bail-in, dell’ammontare delle perdite che i depositanti protetti avrebbero subito qualora i depositanti protetti avessero subito perdite in proporzione alle perdite subite dai creditori con lo stesso livello di priorità conformemente al diritto nazionale che disciplina la procedura ordinaria di insolvenza.

In tutti i casi, la passività del sistema di garanzia dei depositi non supera l’ammontare delle perdite che esso avrebbe dovuto sostenere se l’ente fosse stato liquidato secondo la procedura ordinaria di insolvenza.

(...)».

Diritto polacco

Legge relativa alla procedura dinanzi ai giudici amministrativi

17

L’articolo 111, paragrafo 1, dell’ustawa Prawo o postępowaniu przed sądami administracyjnymi (legge relativa alla procedura dinanzi ai giudici amministrativi), del 30 agosto 2002 (Dz. U. del 2002, posizione 329), nella versione applicabile al procedimento principale, prevede quanto segue:

«Il giudice dispone la riunione di più procedimenti distinti dinanzi ad esso pendenti, ai fini di un esame e di una decisione congiunti, qualora essi possano costituire oggetto di un unico ricorso».

18

L’articolo 134, paragrafo 1, di tale legge è così formulato:

«Il giudice statuisce nei limiti dei termini del ricorso, senza essere vincolato dalle censure, dalle conclusioni e dalla base giuridica dedotte nel ricorso, fatto salvo l’articolo 57a».

19

Ai sensi dell’articolo 170 di detta legge:

«La decisione definitiva vincola non solo le parti e il giudice che l’ha pronunciata, ma anche gli altri giudici e autorità dello Stato e, nei casi previsti dalla legge, anche altre persone».

Legge sull’ordinamento giudiziario amministrativo

20

Ai sensi dell’articolo 1 dell’ustawa Prawo o ustroju sądów administracyjnych (legge sull’ordinamento giudiziario amministrativo), del 25 luglio 2002 (Dz. U. del 2022, posizione 2492), nella versione applicabile alla controversia principale:

«1.   I giudici amministrativi esercitano la giustizia controllando l’attività della pubblica amministrazione (...).

2.   Il controllo di cui al paragrafo 1 è un controllo di legittimità, salvo disposizione contraria della legge».

Legge recante il codice civile

21

L’ustawa Kodeks cywilny (legge recante il codice civile), del 23 aprile 1964, nella versione applicabile al procedimento principale (Dz. U. del 2022, posizione 1360), all’articolo 417, paragrafo 1, così dispone:

«L’Erario, un ente locale o un’altra persona giuridica che eserciti pubblici poteri in forza di legge è responsabile del danno causato da un atto o da un’omissione illecita nell’esercizio dei pubblici poteri».

22

L’articolo 4171, paragrafo 2, di tale legge prevede quanto segue:

«Il risarcimento di un danno causato da una sentenza definitiva o da una decisione definitiva può essere richiesto, previo accertamento della loro illegittimità a seguito di appropriato procedimento, salvo disposizioni contrarie. (...)».

Legge FGB

23

L’ustawa o Bankowym Funduszu Gwarancyjnym, systemie gwarantowania depozytów oraz przymusowej restrukturyzacji (legge che disciplina il Fondo di garanzia bancaria, il sistema di garanzia dei depositi e la risoluzione coatta), del 10 giugno 2016, nella versione applicabile al procedimento principale (Dz. U. del 2022, posizione 793, in prosieguo: la «legge FGB»), all’articolo 5 definisce i compiti del FGB. I paragrafi da 1 a 6 di tale articolo sono così formulati:

«1.   I compiti del [FGB] sono:

1)

l’adempimento degli obblighi inerenti alla garanzia dei depositi, in particolare l’esecuzione di versamenti dei fondi garantiti a favore dei depositanti;

(...)

4)

l’esecuzione di risoluzioni coatte;

(...)

7)

l’esecuzione di ulteriori atti volti a conseguire la stabilità del sistema finanziario nazionale.

(...)

3.   Il [FGB] collabora con altri enti che agiscono a sostegno della stabilità del sistema finanziario nazionale (...)

(...)

6.   La Komisja Nadzoru Finansowego [(Commissione di vigilanza finanziaria, Polonia)], su richiesta del [FGB], nomina il [FGB] come commissario ai sensi dell’articolo 144, paragrafo 1, dell’ustawa prawo bankowe [(legge bancaria), del 29 agosto 1997 (Dz. U. del 1997, n. 140, posizione 939)] (…)».

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Conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, della legge FGB, gli organi del FGB sono il consiglio e il consiglio di amministrazione.

25

L’articolo 7, paragrafo 4, di tale legge prevede che il consiglio del FGB sia composto di sei membri, vale a dire tre rappresentanti del Ministro delle Istituzioni finanziarie, due rappresentanti della Banca nazionale di Polonia e un rappresentante della Commissione di vigilanza finanziaria.

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Conformemente all’articolo 11 di detta legge, il consiglio di amministrazione del FGB assume, tra l’altro, la direzione delle attività del FGB, la gestione delle risorse di quest’ultimo fatti salvi i poteri del consiglio del FGB, la presentazione a quest’ultimo di relazioni periodiche e l’adozione delle decisioni in materia di avvio di una procedura di risoluzione. Ai sensi del paragrafo 8 di tale articolo, dette decisioni sono definitive e immediatamente esecutive.

27

L’articolo 66 della stessa legge elenca gli obiettivi della risoluzione nei seguenti termini:

«1)

mantenere la stabilità finanziaria, in particolare preservando la fiducia nei confronti del settore finanziario e garantendo la disciplina di mercato;

2)

limitare l’impegno di fondi pubblici o la probabilità che i fondi pubblici siano impegnati nel settore finanziario o nei singoli enti per conseguire gli obiettivi di cui al punto 1 e ai punti da 3 a 5;

3)

assicurare la prosecuzione delle funzioni critiche da parte di un’entità;

4)

tutelare i depositanti e gli investitori coperti dal sistema di compensazione;

5)

tutelare i fondi affidati dai clienti a un’entità».

28

Ai sensi dell’articolo 101 della legge FGB:

«1.   La Commissione di vigilanza finanziaria informa immediatamente il [FGB] in merito a:

1)

rischio di dissesto di un’entità;

2)

assenza di elementi che dimostrino che le eventuali azioni di vigilanza, o le azioni poste in essere dalla stessa entità, possano eliminare tale rischio in tempo utile (…).

(...)

7.   Nel caso in cui sussistano congiuntamente le seguenti condizioni:

1)

un’entità nazionale è a rischio di dissesto;

2)

non vi è alcun motivo ragionevole per ritenere che le azioni dell’entità nazionale o del sistema di tutela istituzionale o le azioni di vigilanza, comprese le misure di intervento precoce, possano eliminare tempestivamente il rischio di dissesto;

3)

un’azione nei confronti di un’entità nazionale si renda necessaria nell’interesse pubblico;

il [FGB] adotta la decisione di avvio della risoluzione nei confronti di un’entità nazionale o una decisione di svalutare o convertire gli strumenti di capitale o le passività ammissibili di cui all’articolo 70, paragrafo 1, punto 1.

(...)

10.   Le azioni di risoluzione sono intraprese nell’interesse pubblico se sono necessarie per garantire il conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 66, se sono proporzionate a tali obiettivi e se non sia possibile il loro conseguimento nella stessa misura nell’ambito di una procedura di insolvenza.

11.   Prima di adottare una decisione di cui al paragrafo 7, il [FGB] acquisisce il parere della Commissione di vigilanza finanziaria in merito alla sussistenza dei presupposti di cui al paragrafo 7, punti 1 e 2. (...)

(...)

14.   L’entità nazionale o le entità di cui all’articolo 64, punto 2, lettere a), c) o d), sono poste in liquidazione secondo le norme stabilite in disposizioni specifiche nel caso in cui sussistano i presupposti di cui al paragrafo 7, punti 1 e 2, ma non la condizione di cui al paragrafo 7, punto 3».

29

L’articolo 103, paragrafi 1, 3 e 5, di tale legge così dispone:

«1.   Il [FGB] notifica all’entità [interessata] la decisione di cui all’articolo 101, paragrafi da 7 a 9, e all’articolo 102, paragrafi da 1 a 4.

(...)

3.   Il [FGB] redige la motivazione della decisione di cui all’articolo 101, paragrafi da 7 a 9, e all’articolo 102, paragrafi 1 e 4, entro quattordici giorni dalla sua notifica all’entità in stato di risoluzione.

(...)

5.   Il consiglio di vigilanza dell’entità in stato di risoluzione può presentare ricorso avverso tale decisione al giudice amministrativo entro un termine di sette giorni dalla data di notifica delle motivazioni della decisione a tale entità. Il ricorso al giudice amministrativo può essere proposto anche da chiunque abbia subito una lesione dei propri interessi giuridicamente rilevanti a causa di tale decisione».

30

L’articolo 104, paragrafi da 2 a 4, di detta legge prevede quanto segue:

«2.   Il giudice amministrativo statuisce sul ricorso entro 30 giorni dal suo ricevimento, insieme al fascicolo di causa e al controricorso.

3.   Il Naczelny Sąd Administracyjny [(Corte suprema amministrativa, Polonia)] statuisce sul ricorso per cassazione entro il termine di due mesi dalla data del suo ricevimento.

4.   Nei termini previsti ai paragrafi 2 e 3 non si computano i termini previsti dalla legge per il compimento di determinati atti, i periodi di sospensione del procedimento e i periodi di ritardo imputabili ad una parte o causati da motivi indipendenti dalla volontà del giudice».

31

L’articolo 105, paragrafi da 2 a 5, della stessa legge così dispone:

«2.   Nei casi previsti all’articolo 145 [della legge relativa alla procedura dinanzi ai giudici amministrativi], il giudice constata l’illegittimità della decisione accogliendo il ricorso di cui è oggetto.

3.   La sentenza definitiva emessa dal giudice amministrativo, che accerti che il [FGB] ha adottato una decisione illegittima, non inficia la validità degli atti giuridici compiuti sulla base di tale decisione e non impedisce al [FGB] di avvalersene nell’ambito della sua azione nel caso in cui la cessazione di tale azione presenti un rischio per il valore commerciale dell’entità, per la continuità nell’adempimento delle obbligazioni la cui tutela costituisce un obiettivo della risoluzione, per la stabilità finanziaria o per i diritti acquisiti in buona fede da terzi, in particolare da persone che abbiano acquisito diritti patrimoniali o assunto obblighi a seguito della decisione del [FGB] di applicare strumenti di risoluzione.

4.   La responsabilità per i danni derivanti dall’adozione di una decisione illegittima del [FGB] è contenuta entro i limiti dell’ammontare delle perdite subite.

5.   Il risarcimento del danno è limitato a una prestazione in denaro».

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L’articolo 242, paragrafo 1, della legge FGB prevede quanto segue:

«I creditori e i proprietari che hanno ricevuto, in occasione della risoluzione, un importo inferiore a quello che avrebbero ottenuto in applicazione della procedura di cui all’articolo 241, paragrafo 1:

(...)

2)

in caso di mancato trasferimento delle passività all’entità in stato di risoluzione a seguito dell’utilizzo dello strumento della cessione d’impresa o dell’ente-ponte,

possono far valere un diritto a compensazione integrativa presso il [FGB]».

Legge in materia di vigilanza sul mercato finanziario

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L’ustawa o nadzorze nad rynkiem finansowym (legge in materia di vigilanza sul mercato finanziario), del 21 luglio 2006), nella versione applicabile al procedimento principale) (Dz. U. del 2022, posizione 660), all’articolo 1, paragrafo 2, punto 1, prevede che la vigilanza sul mercato finanziario comprenda la vigilanza bancaria, esercitata conformemente alle disposizioni, in particolare, del regolamento n. 575/2013.

34

Conformemente all’articolo 3, paragrafi 1 e 4, di tale legge, la Commissione di vigilanza finanziaria è competente in materia di vigilanza sul mercato finanziario. L’articolo 3a di detta legge precisa che, salvo eccezioni, tale commissione è l’autorità competente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 40, del regolamento n. 575/2013.

Legge bancaria

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L’articolo 144, paragrafi 1, 1a, 3 e 4, della legge sul diritto bancario, nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge bancaria»), così dispone:

«1.   Nel caso di cui all’articolo 138, paragrafo 3, al verificarsi delle circostanze di cui all’articolo 142, paragrafo 1, al fine di migliorare la situazione di una banca o di assicurare l’efficacia del piano di risanamento posto in esecuzione, la Commissione di vigilanza finanziaria può, fatto salvo l’articolo 5, paragrafo 6, della [legge FGB] adottare una decisione di nomina di un commissario per la banca.

1a.   Nel caso di cui al paragrafo 1, la Commissione di vigilanza finanziaria stabilisce, con tale decisione, la portata specifica dei compiti del commissario.

(...)

3.   Il commissario ha il diritto di opporsi alle delibere e alle decisioni del consiglio di amministrazione e del consiglio di vigilanza della banca. La dichiarazione con la quale il commissario comunica l’intenzione di opporsi, resa durante la seduta del consiglio di vigilanza o del consiglio di amministrazione, sospende l’esecuzione della delibera o della decisione.

4.   Il commissario può impugnare una delibera dell’assemblea generale degli azionisti o una delibera dell’assemblea generale di una banca cooperativa che violino gli interessi della banca (...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

36

A causa dell’inosservanza, da parte della GN Bank, dei requisiti in materia di fondi propri previsti dal regolamento n. 575/2013, la Commissione di vigilanza finanziaria, con decisione del 22 dicembre 2021, ha nominato presso tale ente finanziario un «commissario», ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 6, della legge FGB, funzione che corrisponde a quella di «amministratore temporaneo», ai sensi dell’articolo 29 della direttiva 2014/59, al fine di migliorare la situazione finanziaria di detto ente. Tale funzione è stata affidata al FGB. Con tale decisione, la Commissione di vigilanza finanziaria ha incaricato quest’ultimo, in particolare, di redigere relazioni, monitorare le attività della GN Bank ed esercitare tutti i poteri legali rientranti in detta funzione.

37

Il 18 agosto 2022 la Commissione di vigilanza finanziaria ha informato il FGB del rischio di dissesto della GN Bank e dell’assenza di elementi che indicassero che le misure adottate avrebbero consentito di eliminare tale rischio in tempo utile.

38

In tale contesto, il 29 settembre 2022 il FGB, nella sua qualità di autorità di risoluzione, ha adottato una decisione che assoggettava la GN Bank a una procedura di risoluzione, nominando un amministratore speciale, procedendo alla svalutazione degli strumenti di capitale emessi da tale ente e applicando lo strumento di risoluzione dell’ente-ponte (in prosieguo: la «decisione di cui trattasi nel procedimento principale»). Di conseguenza, le attività della GN Bank indicate in tale decisione sono state trasferite il 3 ottobre 2022 a un ente-ponte; le deroghe a tale trasferimento sono state elencate tassativamente. Tali deroghe riguardavano in particolare i diritti patrimoniali derivanti da atti di fatto, da atti giuridici o da violazioni relative ai contratti di credito e di mutuo espressi in valuta estera o indicizzati al tasso di cambio di una valuta estera, nonché le pretese derivanti da tali diritti patrimoniali, ivi comprese quelle oggetto di procedimenti civili e amministrativi, indipendentemente dalla data in cui erano state formulate. La GN Bank, l’ente-ponte e l’amministratore speciale erano i destinatari di detta decisione.

39

Il consiglio di vigilanza della GN Bank ha impugnato la decisione di cui trattasi nel procedimento principale dinanzi al Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia, Polonia), giudice del rinvio. Altre persone, fisiche e giuridiche, hanno parimenti proposto ricorsi avverso tale decisione, in particolare alcuni azionisti della GN Bank, altri detentori di obbligazioni emesse da quest’ultima, certi creditori nonché talune persone che avevano concluso con quest’ultima contratti di credito e di mutuo denominati in valuta estera o indicizzati in una tale valuta.

40

I ricorrenti in tutti questi giudizi chiedono al giudice del rinvio di dichiarare illegittima la decisione in esame nel procedimento principale, il che consentirebbe loro di presentare domande di risarcimento dinanzi ai giudici ordinari. Essi deducono motivi relativi alla violazione del diritto sostanziale e di norme procedurali aventi un’incidenza significativa su detta decisione. A tale riguardo si afferma, in particolare, che il FGB si sarebbe trovato in una situazione di conflitto di interessi, la quale gli avrebbe impedito di esercitare le funzioni dell’autorità di risoluzione, in quanto avrebbe esercitato al contempo funzioni di vigilanza, di garanzia dei depositi bancari e di risoluzione. Tale conflitto di interessi sarebbe aggravato dall’assenza delle garanzie procedurali previste dalla direttiva 2014/59.

41

Il FGB contesta l’esistenza di un conflitto di interessi. Esso sostiene, inoltre, di aver adottato disposizioni organizzative e strutturali che garantirebbero la sua indipendenza operativa in quanto autorità di risoluzione ed eviterebbero conflitti di interesse nell’esercizio delle funzioni di risoluzione e delle altre sue funzioni.

42

In primo luogo, il giudice del rinvio precisa che, alla data della decisione di rinvio, erano stati proposti più di settemila ricorsi avverso la decisione di cui trattasi nel procedimento principale, il che corrisponderebbe al numero medio di ricorsi proposti dinanzi a tale giudice per un periodo superiore a due anni. Esso ha successivamente informato la Corte che il numero di ricorsi contro tale decisione era ormai superiore a ottomila.

43

Il giudice del rinvio sottolinea a tale riguardo che l’articolo 111, paragrafo 1, della legge relativa alla procedura dinanzi ai giudici amministrativi gli impone di riunire tutti i ricorsi proposti dinanzi ad esso avverso la decisione di cui trattasi nel procedimento principale e che ha quindi disposto tale riunione, ai fini di un esame congiunto e di una decisione congiunta, il 26 gennaio 2023. Tuttavia, esso ritiene che l’applicazione di tale disposizione renda eccessivamente difficile, se non impossibile, la pronuncia di una sentenza entro un termine ragionevole.

44

In tale contesto, il giudice del rinvio si chiede se il diritto, per ogni persona il cui interesse giuridico sia stato leso dalla decisione di cui trattasi nel procedimento principale, di adire il giudice amministrativo costituisca un ricorso effettivo conforme all’articolo 85, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/59, in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con l’articolo 47 della Carta. Esso rileva che, riferendosi a quest’ultimo articolo, il considerando 88 di tale direttiva sottolinea che si tratta di garantire agli interessati il «diritto a mezzi di ricorso efficaci» nei confronti delle misure che le riguardano.

45

A tale proposito, e sebbene spetti, in linea di principio, alla legge nazionale determinare le persone legittimate a proporre un ricorso avverso una decisione dell’autorità nazionale di risoluzione e il modo in cui sia garantita la tutela dell’interesse giuridico di tali persone, il giudice del rinvio dubita che la concessione a dette persone della facoltà di adire il giudice amministrativo con un ricorso individuale avverso tale decisione sia una condizione sine qua non per la tutela dei diritti derivanti dall’ordinamento dell’Unione.

46

Infatti il giudice del rinvio espone che, conformemente all’articolo 11, paragrafo 8, nonché all’articolo 105, paragrafi 2 e 3, della legge FGB, la decisione di avviare la procedura di risoluzione è definitiva e immediatamente esecutiva, e che il giudice amministrativo investito di un ricorso contro di essa non può annullarla, ma è legittimato solo a dichiararne l’illegittimità o a respingere tale ricorso. Tali disposizioni attuerebbero l’articolo 85, paragrafo 4, della direttiva 2014/59.

47

Poiché detto ricorso è privo di effetto sospensivo e non può condurre all’annullamento di una siffatta decisione, il legislatore nazionale avrebbe conferito agli interessati un’azione di risarcimento danni. Pertanto, una sentenza definitiva che constatasse l’illegittimità della decisione di cui trattasi nel procedimento principale consentirebbe l’introduzione di una siffatta azione, senza pregiudicarne la fondatezza.

48

Per quanto riguarda le norme di procedura amministrativa nazionali, il giudice del rinvio espone che i giudici amministrativi esercitano la giustizia controllando l’operato della pubblica amministrazione, sotto il profilo della sua legittimità. Tali giudici statuirebbero nei limiti del procedimento, ma senza essere vincolati dai motivi, dalle conclusioni e dalla base giuridica esposti nel ricorso, il che implicherebbe, in sostanza, che essi procedano ad un controllo completo della legittimità dell’atto impugnato. I motivi dedotti avrebbero quindi solo valore indicativo e il giudizio potrebbe tener conto di illegittimità diverse da quelle fatte valere dal ricorrente.

49

Inoltre, conformemente all’articolo 170 della legge relativa alla procedura dinanzi ai giudici amministrativi, la sentenza amministrativa definitiva avrebbe effetto erga omnes.

50

Di conseguenza, da un lato, un’eventuale sentenza amministrativa definitiva che accerti l’illegittimità della decisione di cui trattasi nel procedimento principale non avrebbe, per i destinatari di tale decisione né per le altre persone interessate da quest’ultima a motivo del loro interesse giuridico, effetti direttamente costitutivi di loro diritti e obblighi. Dall’altro lato, persone che non sono state parti del procedimento amministrativo che ha dato luogo a detta decisione e che non hanno proposto esse stesse un ricorso giurisdizionale contro quest’ultima, ma il cui interesse giuridico sia stato leso dalla sua eventuale illegittimità, potrebbero avviare azioni di risarcimento dinanzi al giudice ordinario avvalendosi di tale sentenza.

51

In tale contesto, il giudice del rinvio si chiede se il legislatore polacco abbia correttamente ritenuto che, per soddisfare i requisiti derivanti dall’articolo 85, paragrafo 3, della direttiva 2014/59, dall’articolo 47 della Carta e dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, fosse necessario riconoscere la legittimazione ad agire dinanzi ai giudici amministrativi a qualsiasi persona il cui interesse giuridico sia stato leso da una decisione come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

52

Il giudice del rinvio ritiene che la risposta alla prima questione pregiudiziale sia rilevante in considerazione del suo obbligo di determinare la cerchia delle parti del procedimento giurisdizionale e riguardo al trattamento dei ricorsi di cui è investito, dal momento che il ricorso dinanzi ai giudici ordinari di cui gli interessati dispongono, secondo il diritto polacco, per far valere i loro diritti eventualmente violati dalla decisione di cui trattasi nel procedimento principale, in combinato disposto con le norme di procedura dinanzi ai giudici amministrativi, potrebbe essere considerato adeguato e sufficiente a garantire una tutela effettiva dei diritti di tali persone.

53

In secondo luogo, il giudice del rinvio ritiene che, in caso contrario, tenuto conto del numero elevato di ricorsi proposti avverso la decisione di cui trattasi nel procedimento principale, occorrerebbe esaminare le conseguenze della disposizione del diritto processuale nazionale che gli impone di riunire, ai fini del procedimento, tutti questi ricorsi. Esso si chiede se, al fine di garantire una tutela giurisdizionale effettiva a persone diverse dall’entità oggetto di una procedura di risoluzione, ma anche a quest’ultima, esso possa disapplicare tale disposizione.

54

L’obiettivo di detta disposizione sarebbe, in sostanza, quello di evitare che un giudice amministrativo investito di più ricorsi avverso uno stesso atto, esaminandoli separatamente, emetta sentenze divergenti.

55

Il giudice del rinvio ritiene che, nel caso di specie, tale requisito procedurale potrebbe ritardare considerevolmente la pronuncia della sentenza che pone fine al procedimento e, quindi, rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile, in pratica, l’esercizio dei diritti conferiti a tali persone dall’ordinamento giuridico dell’Unione, il che sarebbe in contrasto con il principio di effettività.

56

Il giudice del rinvio considera che, tenuto conto delle norme procedurali che disciplinano l’esame dei ricorsi dinanzi ai tribunali amministrativi e degli effetti di una sentenza definitiva pronunciata a seguito di un siffatto ricorso, la disapplicazione di detto requisito procedurale contribuirebbe all’attuazione dei diritti garantiti dal diritto dell’Unione consentendo di soddisfare il requisito di un controllo celere della legittimità della decisione di cui trattasi nel procedimento principale, conformemente all’articolo 85, paragrafo 3, della direttiva 2014/59. In tal caso, il giudice del rinvio si pronuncerebbe sul primo ricorso, proposto dal consiglio di vigilanza della GN Bank.

57

In terzo luogo, il giudice del rinvio ritiene che il controllo della decisione di cui trattasi nel procedimento principale richieda di esaminare se, all’atto della sua adozione, il FGB si conformasse al requisito dell’indipendenza operativa e dell’assenza di conflitti di interesse tra le diverse funzioni dell’autorità nazionale di risoluzione, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/59, in considerazione, in particolare, del cumulo, da parte di tale autorità, delle funzioni di risoluzione con quelle di amministratore temporaneo della GN Bank, da essa precedentemente esercitate, e di garanzia dei depositi bancari.

58

A tale riguardo il giudice del rinvio ritiene che, anche se la funzione di vigilanza, in senso stretto, è esercitata dalla Commissione di vigilanza finanziaria, resta il fatto che un amministratore temporaneo è nominato da tale autorità di vigilanza e svolge i compiti che quest’ultima gli ha affidato. Per tali ragioni, non si potrebbe escludere a priori che l’esercizio delle funzioni di amministratore temporaneo da parte del FGB richiedesse l’adozione di disposizioni adeguate, per garantire la sua indipendenza operativa in quanto autorità nazionale di risoluzione ed evitare conflitti di interesse.

59

Inoltre, secondo il giudice del rinvio il cumulo, da parte del FGB, delle funzioni di risoluzione e di garanzia dei depositi genera il rischio, in assenza di separazione strutturale e di indipendenza organizzativa di queste due funzioni, che le misure adottate da detta autorità nei confronti di una banca la cui situazione presenti un rischio di dissesto mirino a ridurre al minimo l’impegno delle risorse di cui la medesima autorità dispone nell’ambito delle sue funzioni di garanzia dei depositi bancari e che, in caso di dissesto della banca coinvolta, dovrebbero essere svincolate a titolo di tale garanzia.

60

Peraltro, il giudice del rinvio si chiede se, nonostante l’assenza, nella legge FGB, di disposizioni che garantiscano una separazione strutturale tra la funzione di risoluzione e le altre funzioni del FGB, sia nondimeno possibile ritenere che l’obiettivo di indipendenza operativa e di assenza di conflitti di interesse sia stato raggiunto qualora altre misure, considerate sufficienti, siano state adottate a tal fine.

61

In tale contesto, il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 85, paragrafi 2 e 3, della direttiva [2014/59], in combinato disposto con l’articolo 47 della [Carta] e con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, [TUE], debba essere interpretato nel senso che, nel caso in cui il consiglio di vigilanza di un soggetto sottoposto a risoluzione proponga ricorso dinanzi ad un giudice amministrativo nazionale avverso una decisione di risoluzione coatta, si ritenga garantito il diritto ad un ricorso effettivo anche alle persone che ritengono di avere interesse ad impugnare tale decisione nel caso in cui il giudice, nell’esaminare la decisione impugnata, non sia vincolato dai motivi e dalle conclusioni del ricorso o dalla base giuridica fatta valere, mentre la sentenza definitiva emessa sulla base di tale ricorso avrà efficacia erga omnes, e quando la possibilità, per tali persone, di ottenere una tutela dei loro interessi giuridicamente rilevanti non sia subordinata alla presentazione, dinanzi al giudice amministrativo, di un ricorso autonomo avverso tale decisione.

2)

Se l’articolo 85, paragrafo 3, della direttiva [2014/59], che prevede l’obbligo di un sindacato giudiziario celere, nonché l’articolo 47 della Carta e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, del TUE, che disciplinano la tutela giurisdizionale effettiva, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano all’applicazione di una norma procedurale di uno Stato membro che obbliga il giudice amministrativo nazionale ad esaminare congiuntamente tutti i ricorsi avverso una decisione dell’autorità di risoluzione proposti dinanzi a tale giudice, in un caso in cui l’applicazione di tale norma, unitamente alle altre prescrizioni del diritto processuale amministrativo nazionale, in considerazione del numero rilevante di tali ricorsi, renda eccessivamente difficile o praticamente impossibile la pronuncia della decisione entro un termine ragionevole.

3)

Se l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva [2014/59] debba essere interpretato nel senso che esso consente a uno Stato membro di non istituire una separazione strutturale – al fine di garantire l’indipendenza operativa ed evitare conflitti di interessi – tra le funzioni dell’autorità di risoluzione e le altre funzioni di tale autorità quale garante legale dei depositi bancari o di commissario della banca (amministratore temporaneo), istituito sulla base di una decisione dell’autorità nazionale di vigilanza per gli scopi previsti dal regolamento [n. 575/2013] e dalla direttiva [2013/36].

4)

Se l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva [2014/59] debba essere interpretato nel senso che, in caso di inosservanza, da parte di uno Stato membro, dell’obbligo di adottare disposizioni strutturali adeguate per garantire l’indipendenza operativa e per evitare conflitti di interesse tra le funzioni di vigilanza ai sensi del regolamento [n. 575/2013] e della direttiva [2013/36] o le altre funzioni dell’autorità in questione e le funzioni dell’autorità di risoluzione, il requisito dell’indipendenza operativa e l’obbligo di evitare conflitti di interessi possa essere considerato soddisfatto se il giudice amministrativo nazionale, che esamina la decisione di risoluzione coatta, accerti che le altre soluzioni organizzative e le azioni concrete dell’autorità di risoluzione siano sufficienti per conseguire tale risultato».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla seconda questione

62

Con la sua seconda questione, che occorre esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 85, paragrafo 3, della direttiva 2014/59, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta e con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, debba essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di una disposizione procedurale nazionale che impone al giudice competente a conoscere dei ricorsi avverso una decisione dell’autorità nazionale di risoluzione di adottare una misura di gestione della crisi, di riunire tutti i ricorsi proposti dinanzi ad esso avverso tale decisione, qualora l’applicazione di detta disposizione rischi di rendere eccessivamente difficile, se non impossibile, pronunciare una sentenza entro un termine ragionevole, tenuto conto del numero elevato di ricorsi avverso tale decisione.

Sulla ricevibilità

63

Il governo polacco contesta la ricevibilità della seconda questione.

64

Tale governo ritiene che una risposta a detta questione sia inutile, dal momento che il giudice del rinvio ha già proceduto alla riunione dei ricorsi proposti avverso la decisione di cui trattasi nel procedimento principale, pendenti dinanzi ad esso alla data del 26 gennaio 2023, cosicché si troverebbe ormai nell’impossibilità di statuire in modo distinto sul solo ricorso del consiglio di vigilanza della GN Bank.

65

A tale riguardo, dalla formulazione stessa della seconda questione risulta che il giudice del rinvio nutre dubbi circa la possibilità di conciliare l’obbligo imposto dal diritto nazionale di riunire i numerosi ricorsi di cui è stato investito con la necessità di statuire rapidamente, o quanto meno entro un termine ragionevole, derivante dalle disposizioni del diritto dell’Unione di cui chiede l’interpretazione. Orbene, la risposta a detta questione conserva un’utilità nonostante la riunione della maggior parte dei ricorsi pendenti dinanzi al giudice del rinvio, poiché tale risposta potrebbe indurlo a ritenere che la loro riunione fosse invalida, a causa della sua incompatibilità con il diritto dell’Unione, e quindi decidere di separare tali ricorsi.

66

La seconda questione è, pertanto, ricevibile.

Nel merito

67

L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE obbliga gli Stati membri a stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare ai singoli, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (sentenza del 21 dicembre 2021, Randstad Italia,C‑497/20, EU:C:2021:1037, punto 56 e giurisprudenza ivi citata). Tale requisito di tutela giurisdizionale effettiva deve essere inteso, in particolare, ai sensi dell’articolo 47 della Carta [v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici),C‑791/19, EU:C:2021:596, punto 57]. Peraltro, i considerando 88 e 130 della direttiva 2014/59 sottolineano che quest’ultima rispetta i diritti, le libertà e i principi riconosciuti dalla Carta, e segnatamente il diritto a un ricorso effettivo, e le parti interessate hanno diritto, in particolare, a un ricorso effettivo nei confronti delle misure che le riguardano.

68

Conformemente all’articolo 47, secondo comma, della Carta, il diritto a un ricorso effettivo comprende in particolare il diritto a che la propria causa sia esaminata entro un termine ragionevole. La ragionevolezza della durata del giudizio deve essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie, e in particolare alla luce della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità del caso nonché del comportamento delle parti; l’elenco dei criteri pertinenti non è esaustivo (v., in tal senso, sentenze del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 212, e del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione, C‑385/07 P, EU:C:2009:456, punti 181182 nonché giurisprudenza ivi citata).

69

Per quanto riguarda il diritto di impugnazione avverso le decisioni di adottare misure di gestione della crisi emesse dalle autorità nazionali di risoluzione, l’articolo 85, paragrafo 3, della direttiva 2014/59 concretizza il diritto di ogni persona a che la sua causa sia esaminata entro un termine ragionevole, sancito all’articolo 47 della Carta, imponendo che il controllo giurisdizionale che ogni persona interessata da una decisione di adottare una siffatta misura ha diritto di ottenere sia «celere».

70

Quanto al criterio relativo alla rilevanza della controversia per le persone interessate dalle decisioni dell’autorità nazionale di risoluzione di adottare misure di gestione della crisi, vale a dire gli enti o le entità indicati, i loro azionisti, i loro creditori e tutti gli altri terzi che possano essere interessati da tali decisioni, la valutazione della ragionevolezza della durata del giudizio nell’ambito del controllo di cui al citato articolo 85, paragrafo 3, dipende, in particolare, dalla necessità di soddisfare il più rapidamente possibile il requisito fondamentale della certezza del diritto nei confronti di tutte queste persone, dal momento che dette misure riguardano decisioni straordinarie aventi carattere derogatorio e conseguenze significative, e che, come sottolineato in particolare dal considerando 92 della direttiva 2014/59, esse devono intervenire con urgenza, tenuto conto della gravità dei rischi che mirano a contrastare.

71

Risulta infatti dalla giurisprudenza della Corte che considerazioni relative al requisito di certezza del diritto, all’importanza delle questioni e degli interessi finanziari in gioco, nonché al gran numero di persone potenzialmente interessate, devono essere tenute in conto nell’ambito della valutazione della ragionevolezza del termine entro il quale deve essere effettuato un controllo giurisdizionale (v., per analogia, sentenza del 26 novembre 2013, Groupe Gascogne/Commissione,C‑58/12 P, EU:C:2013:770, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).

72

Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che l’articolo 85, paragrafo 3, della direttiva 2014/59 è stato attuato, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, nella normativa nazionale applicabile mediante l’obbligo imposto ai vari intervenienti di rispettare i brevi termini previsti all’articolo 104 della legge FGB, vale a dire termini limitati, in linea di principio, a sette giorni per la comunicazione al FGB di un ricorso, a quattordici giorni per il deposito da parte di quest’ultimo di tale ricorso accompagnato dal suo controricorso, a 30 giorni per la pronuncia della decisione del giudice amministrativo e a due mesi affinché si statuisca su un eventuale ricorso per cassazione. Si deve quindi ritenere che la presente questione verta sull’interpretazione dell’articolo 47 della Carta.

73

Il giudice del rinvio espone tuttavia che una disposizione processuale nazionale di applicazione generale, vale a dire l’articolo 111, paragrafo 1, della legge relativa alla procedura dinanzi ai giudici amministrativi, sembra tale da impedire al giudice adito di rispettare il diritto, per un singolo, a che la sua causa sia esaminata entro un termine ragionevole, dal momento che tale disposizione impone la riunione dei procedimenti relativi a ricorsi proposti avverso una stessa decisione, ai fini di un esame e di una decisione congiunti. Tale giudice precisa che il numero di ricorsi proposti avverso la decisione di cui trattasi nel procedimento principale corrisponde all’insieme dei ricorsi abitualmente proposti dinanzi ad esso in due anni, e che il loro trattamento congiunto è tale da ritardare la pronuncia di una sentenza oltre il termine ragionevole.

74

Orbene, nonostante il fatto che la riunione di procedimenti connessi possa generalmente contribuire ad una buona amministrazione della giustizia, la situazione è diversa nel caso di ricorsi proposti contro determinate decisioni di adottare una misura di gestione della crisi, che possono incidere su un numero considerevole di persone e, quindi, originare numerosi ricorsi. Infatti, in un caso del genere, una siffatta riunione è tale da ostare all’intervento di un qualsivoglia controllo giurisdizionale prima di diversi anni, il che è contrario al diritto a che la propria causa sia esaminata entro un termine ragionevole, sancito all’articolo 47 della Carta.

75

Ciò premesso, occorre ricordare che, da un lato, conformemente al principio di interpretazione conforme del diritto nazionale, al fine di assicurare, nell’ambito di loro competenza, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte, i giudici nazionali sono tenuti, nell’applicare il diritto interno, ad interpretarlo quanto più possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva di cui trattasi, così da conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi, di conseguenza, all’articolo 288, terzo comma, TFUE. Se è vero che tale obbligo trova i suoi limiti nei principi generali del diritto, in particolare in quelli di certezza del diritto e di irretroattività, e non può servire da fondamento ad un’interpretazione contra legem del diritto nazionale, spetta tuttavia a tali giudici adoperarsi al meglio nei limiti del loro potere, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia di tale direttiva e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima [v., in tal senso, sentenza dell’11 febbraio 2021, M.V. e a. (Successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico), C‑760/18, EU:C:2021:113, punti 65, 6768 nonché giurisprudenza ivi citata].

76

Dall’altro lato, in forza del principio del primato del diritto dell’Unione, ove non possa procedere a un’interpretazione della normativa nazionale conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni di tale diritto, in quanto organo di uno Stato membro, ha l’obbligo di garantirne la piena efficacia disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione di diritto nazionale contraria a una disposizione di diritto dell’Unione che produca direttamente effetti nella controversia di cui è investito (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2019, Popławski,C‑573/17, EU:C:2019:530, punti 5861 nonché giurisprudenza ivi citata).

77

Nel caso di specie, le disposizioni dell’articolo 47 della Carta devono essere considerate dotate di efficacia diretta (v., in tal senso, sentenza del 15 aprile 2021, Braathens Regional Aviation,C‑30/19, EU:C:2021:269, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

78

Pertanto, spetta in particolare al giudice del rinvio, se necessario, disapplicare le disposizioni del diritto processuale nazionale che gli vieterebbero di separare i ricorsi di cui trattasi nel procedimento principale, qualora tali disposizioni non possano essere interpretate in modo da rispettare il diritto a che la propria causa sia esaminata entro un termine ragionevole, sancito all’articolo 47 della Carta.

79

Inoltre, durante l’udienza dinanzi alla Corte il governo polacco ha affermato che, per quanto riguarda cause come quelle di cui al procedimento principale, il diritto polacco consente di separare tali procedimenti quando la riunione è invalida. Tuttavia, secondo detto governo, in caso di separazione questi procedimenti sarebbero trattati simultaneamente da giudici diversi, il che comporterebbe il rischio di sentenze incompatibili; nessuna modalità procedurale consentirebbe, nel contempo, di ovviare a tale rischio e di garantire il rispetto del diritto di ogni persona a che la sua causa sia esaminata entro un termine ragionevole, sancito all’articolo 47 della Carta.

80

A tale riguardo, occorre ricordare che il requisito di tutela giurisdizionale effettiva sancito all’articolo 47 della Carta si applica, tra l’altro, alla definizione delle modalità procedurali relative alle azioni giudiziarie fondate sui diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco,C‑600/19, EU:C:2022:394, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

81

In assenza di una normativa dell’Unione in materia, le modalità di attuazione del diritto a un ricorso effettivo delle persone interessate da una decisione di un’autorità nazionale di adottare una misura di gestione della crisi rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, in forza del principio di autonomia procedurale, nel rispetto, tuttavia, dei principi di equivalenza e di effettività (v., per analogia, sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a., C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

82

Al fine di soddisfare i requisiti posti dal principio di tutela giurisdizionale effettiva sancito all’articolo 47, paragrafo 1, della Carta, spetta al giudice nazionale adottare le misure procedurali e organizzative necessarie, bilanciando i diversi interessi in gioco e valutando l’incidenza di tali misure su chiunque abbia validamente impugnato la decisione dell’autorità nazionale di risoluzione, conformemente all’articolo 85, paragrafo 3, della direttiva 2014/59. Pertanto, al fine di garantire la piena efficacia della futura decisione giurisdizionale in merito all’esistenza dei diritti invocati sul fondamento del diritto dell’Unione, il giudice nazionale deve disporre del potere, in caso di separazione dei procedimenti, di adottare i provvedimenti necessari che consentano, al contempo, di garantire il rispetto del diritto di ogni persona a che la sua causa sia esaminata entro un termine ragionevole, sancito dall’articolo 47 della Carta, e di evitare il rischio di sentenze incompatibili pronunciate da giudici diversi.

83

Nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio verificare se il trattamento, prima di tutto, di uno o più procedimenti riguardanti uno o più ricorsi avverso una decisione dell’autorità di risoluzione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, e la sospensione concomitante degli altri procedimenti vertenti sulla medesima decisione, siano necessari al fine di garantire la piena efficacia della futura decisione giurisdizionale sull’esistenza dei diritti invocati sul fondamento del diritto dell’Unione.

84

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 47 della Carta deve essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di una disposizione procedurale nazionale che impone al giudice competente a conoscere dei ricorsi avverso una decisione dell’autorità nazionale di risoluzione di adottare una misura di gestione della crisi, di riunire tutti i ricorsi proposti dinanzi ad esso avverso tale decisione, qualora l’applicazione di detta disposizione sia contraria al diritto a che la propria causa sia esaminata entro un termine ragionevole.

Sulla prima questione

Sulla ricevibilità

85

Il FGB e il governo polacco contestano la ricevibilità della prima questione che concerne la facoltà, per un giudice investito di numerosi ricorsi avverso una decisione dell’autorità di risoluzione nazionale recante adozione di una misura di gestione della crisi, di statuire su uno solo di tali ricorsi, qualora essa eserciti un controllo di legittimità e la sua sentenza avrà effetti erga omnes.

86

Secondo il FGB, la risposta a tale questione non è necessaria per la soluzione della controversia principale. Infatti, si tratterebbe di aspetti tecnici relativi allo svolgimento del procedimento giurisdizionale che non richiederebbero l’interpretazione del diritto dell’Unione, dal momento che il giudice del rinvio non avrebbe espresso dubbi riguardo alla compatibilità con tale diritto delle disposizioni nazionali che disciplinano detto procedimento.

87

A tale proposito risulta da una costante giurisprudenza che spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte, le quali godono di una presunzione di rilevanza. Pertanto, quando la questione sollevata riguarda l’interpretazione o la validità di una norma del diritto dell’Unione, la Corte è, in linea di principio, obbligata a statuire, a meno che non sia evidente che l’interpretazione richiesta non ha alcun legame con la realtà o con l’oggetto della causa principale, se il problema è ipotetico o se la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per dare una risposta utile a tale questione (sentenza del 21 dicembre 2021, Trapeza Peiraios,C‑243/20, EU:C:2021:1045, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

88

Orbene, nel caso di specie, l’interpretazione del diritto dell’Unione su cui verte la presente questione può incidere sul trattamento procedurale del procedimento principale, nei limiti in cui quest’ultimo è il risultato di tutti i ricorsi proposti avverso la decisione di cui trattasi nel procedimento principale diversi da quello proposto dal consiglio di vigilanza della GN Bank, fatta salva la risposta alla seconda questione. Inoltre, contrariamente a quanto sostiene il FGB, il giudice del rinvio prende espressamente in considerazione la possibilità che l’obbligo di esaminare tutti i ricorsi di cui è stato investito lo costringa a disattendere il suo obbligo di statuire rapidamente.

89

Il governo polacco ritiene, dal canto suo, che una risposta alla prima questione sia inutile, per gli stessi motivi esposti al punto 64 della presente sentenza.

90

Tuttavia, la risposta a tale questione conserva un’utilità nonostante la riunione dei vari ricorsi di cui il giudice del rinvio è stato investito, dal momento che quest’ultimo potrebbe essere indotto, alla luce della risposta alla seconda questione, a ritenere che detta riunione sia contraria al diritto a che la propria causa sia esaminata entro un termine ragionevole, sancito dall’articolo 47 della Carta, il che gli consentirebbe, in primo luogo, di separare i ricorsi e, in secondo luogo, di procedere alla verifica menzionata al punto 83 della presente sentenza.

91

La prima questione è, pertanto, ricevibile.

Nel merito

92

In via preliminare, occorre rilevare che l’articolo 85, paragrafo 2, della direttiva 2014/59, benché menzionato nella prima questione, non è pertinente in considerazione delle circostanze del procedimento principale. Infatti, tale disposizione verte sul diritto di impugnazione avverso una decisione di adottare una misura di prevenzione delle crisi o una decisione di esercitare un potere, diversa da una misura di gestione della crisi di cui a tale direttiva, mentre la decisione di cui trattasi nel procedimento principale, che mira essenzialmente a sottoporre la GN Bank a una procedura di risoluzione, costituisce un’«azione di risoluzione» e, pertanto, una «misura di gestione della crisi», ai sensi, rispettivamente, dei punti 40 e 102 dell’articolo 2 di detta direttiva.

93

Di conseguenza, occorre ritenere che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 85, paragrafo 3, della direttiva 2014/59, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che, qualora un giudice nazionale sia stato investito di più ricorsi avverso una decisione dell’autorità nazionale di risoluzione di adottare una misura di gestione della crisi, uno dei quali sia stato proposto da un organo dell’ente soggetto a una procedura di risoluzione, l’esame nel merito unicamente di tale ricorso consente di ritenere che sia stato garantito il diritto a un ricorso effettivo nei confronti di qualsiasi altra persona che abbia parimenti impugnato tale decisione qualora detto giudice, da un lato, eserciti un controllo di legittimità senza essere vincolato dai motivi, dalle conclusioni e dalla base giuridica del ricorso da esso esaminato e, dall’altro, emetta una sentenza avente effetti erga omnes, che potrà essere invocata da qualsiasi persona interessata da detta decisione al fine di ottenere il risarcimento del danno che quest’ultima le avrebbe causato.

94

Ciò premesso, occorre ricordare che l’articolo 85, paragrafo 3, della direttiva 2014/59 prevede che tutte le persone interessate da una decisione di adottare una misura di gestione della crisi debbano avere il diritto di impugnare tale decisione in sede giurisdizionale.

95

È vero che, in forza dell’articolo 85, paragrafo 4, secondo comma, di tale direttiva, l’annullamento di una decisione di un’autorità di risoluzione lascia impregiudicati i successivi atti amministrativi o transazioni conclusi da quest’ultima e basati sulla decisione annullata ove ciò sia necessario per tutelare gli interessi dei terzi in buona fede, e che le misure correttive applicate a una decisione o azione indebita di tale autorità sono limitate alla compensazione delle perdite subite dagli interessati in conseguenza della decisione o azione.

96

Orbene, conformemente al diritto polacco, una persona interessata da una misura di gestione della crisi adottata dal FGB che agisca in qualità di autorità di risoluzione, non ha l’obbligo di contestare essa stessa la legittimità di tale misura dinanzi al giudice amministrativo nazionale per poter presentare una domanda di risarcimento del danno che tale misura le avrebbe causato, potendo detta persona far valere, a sostegno di tale domanda, l’accertamento dell’illegittimità di detta misura stabilito da una sentenza di tale giudice che ha statuito sul ricorso di un altro singolo.

97

Tuttavia, nel caso di specie, nell’ipotesi in cui la sentenza che statuisce sul ricorso proposto dal consiglio di vigilanza della GN Bank respingesse tale ricorso in quanto infondato, gli altri ricorrenti nel procedimento principale si troverebbero nell’impossibilità di presentare una domanda di risarcimento del loro danno, a causa dell’effetto erga omnes di una siffatta sentenza. Tali altri ricorrenti sarebbero quindi privati del diritto di far valere i propri motivi a sostegno del loro ricorso avverso la decisione di cui trattasi nel procedimento principale, ancorché tali motivi non siano stati oggetto di un dibattito in contraddittorio che abbia garantito che detti ricorrenti fossero a conoscenza e potessero discutere degli elementi tanto di fatto quanto di diritto decisivi per l’esito del procedimento.

98

A tale riguardo da una giurisprudenza costante della Corte risulta che i diritti fondamentali, come il diritto ad un ricorso effettivo garantito dall’articolo 47 della Carta, non costituiscono certamente prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione tuttavia che queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non implichino, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere il contenuto essenziale dei diritti così garantiti (v., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2013, Texdata Software,C‑418/11, EU:C:2013:588, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

99

Orbene, se un singolo, interessato da una decisione dell’autorità nazionale di risoluzione di adottare una misura di gestione della crisi, fosse privato del diritto, previsto all’articolo 85, paragrafo 3, della direttiva 2014/59, di ottenere che si statuisca con sentenza motivata su un ricorso da lui validamente proposto, verrebbe leso il contenuto essenziale del suo diritto a un ricorso effettivo.

100

Pertanto, nel caso di specie, nell’ipotesi menzionata al punto 97 della presente sentenza, il giudice del rinvio non può avvalersi dell’effetto erga omnes di una sentenza che statuisce su un ricorso, come quello proposto dal consiglio di vigilanza della GN Bank, al fine di privare qualsiasi altro interessato della ragionevole possibilità di presentare la propria causa.

101

Peraltro, occorre rilevare che il fatto che il giudice amministrativo nazionale sia autorizzato ad esaminare la legittimità di una decisione impugnata dinanzi ad esso alla luce di una qualsiasi base giuridica e di un qualsiasi motivo, indipendentemente dai motivi, dalle conclusioni e dalla base giuridica di un ricorso proposto contro detta decisione non implica che tale giudice abbia necessariamente effettuato un controllo di detta decisione alla luce di qualsiasi motivo pertinente. Infatti, non si può escludere che uno dei ricorsi non esaminati si basi su elementi di fatto o di diritto non presi in considerazione nell’ambito di tale controllo.

102

Occorre pertanto rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 85, paragrafo 3, della direttiva 2014/59, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che, qualora un giudice nazionale sia stato investito di più ricorsi avverso una decisione dell’autorità nazionale di risoluzione di adottare una misura di gestione della crisi, uno dei quali sia stato proposto da un organo dell’ente soggetto a una procedura di risoluzione, il rigetto di quest’unico ricorso in quanto infondato non consente di ritenere che sia stato garantito il rispetto del diritto a un ricorso effettivo nei confronti di qualsiasi altra persona interessata da tale decisione, che abbia anch’essa impugnato la stessa decisione deducendo motivi che non siano stati presi in considerazione nella sentenza pronunciata e che, in ogni caso, non siano stati oggetto di un dibattito in contraddittorio che le consentisse di presentare la propria causa.

Sulla terza questione

103

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/59 debba essere interpretato nel senso che tale disposizione non è applicabile in una situazione in cui l’autorità nazionale di risoluzione eserciti anche funzioni di amministratore temporaneo, ai sensi dell’articolo 29 di tale direttiva, e di garanzia dei depositi, ai sensi della direttiva 2014/49, di modo che essa non impone di adottare disposizioni strutturali per garantire l’indipendenza operativa di tale autorità ed evitare conflitti di interesse in relazione a tali funzioni.

Sulla ricevibilità

104

Il governo polacco eccepisce l’irricevibilità della terza questione, che esso ritiene ipotetica, adducendo essenzialmente che il giudice del rinvio non preciserebbe il nesso esistente tra l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/59 e il controllo della legittimità della decisione di cui trattasi nel procedimento principale.

105

Tuttavia, occorre constatare che la risposta a tale questione è connessa a taluni motivi dedotti dinanzi al giudice del rinvio da alcuni ricorrenti nel procedimento principale, menzionati nella domanda di pronuncia pregiudiziale, relativi, in sostanza, all’asserita incidenza di una presunta mancanza di indipendenza del FGB, che agisce in qualità di autorità di risoluzione, sulla legittimità della decisione di cui trattasi nel procedimento principale.

106

Detta questione è pertanto ricevibile.

Nel merito

107

L’articolo 3 della direttiva 2014/59 sancisce, al suo paragrafo 2, il principio secondo cui le funzioni di risoluzione devono essere esercitate da autorità amministrative pubbliche o da autorità cui siano conferiti poteri amministrativi pubblici. Risulta inoltre dal paragrafo 3 di tale articolo che dette autorità possono esercitare altre funzioni, atteso che l’autorità di risoluzione può anche essere l’autorità competente per la vigilanza ai fini del regolamento n. 575/2013 e della direttiva 2013/36. Tuttavia, in caso di esercizio di più funzioni, tale paragrafo 3 prevede che siano adottate idonee disposizioni strutturali per garantire l’indipendenza operativa e per evitare conflitti di interesse.

108

Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 34 e 36 delle sue conclusioni, in un contesto del genere, i requisiti relativi all’indipendenza operativa e alla prevenzione dei conflitti di interesse enunciati nell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/59 riguardano il rischio, connesso all’esercizio di più funzioni da parte di uno stesso soggetto, che l’adozione di decisioni da parte di quest’ultimo, agendo in qualità di autorità di risoluzione, sia falsata e mirano a tutelare l’adozione di tali decisioni da qualsiasi influenza interna estranea al compito di risoluzione di modo che, nell’adempimento di tale compito, detto soggetto persegua esclusivamente gli obiettivi relativi al meccanismo di risoluzione.

109

A tale riguardo, dall’impiego di termini molto ampi al suddetto paragrafo 3, il quale menziona «le funzioni di vigilanza (…) o le altre funzioni dell’autorità in questione» o ancora «la funzione di vigilanza o altre funzioni» di tale autorità, nonché dal fatto che, in particolare, in tale paragrafo sono menzionate, in termini generali, le «autorità cui sono conferiti poteri amministrativi pubblici», risulta che il legislatore dell’Unione ha voluto imporre tali requisiti in relazione a tutte le altre funzioni esercitate dall’autorità di risoluzione allorché la natura di queste ultime genera un siffatto rischio oggettivo.

110

Orbene, ciò si verifica certamente nel caso delle funzioni di amministratore temporaneo, ai sensi dell’articolo 29 della direttiva 2014/59, o di garanzia dei depositi, ai sensi della direttiva 2014/49.

111

Infatti risulta, tra l’altro, dall’articolo 29 della direttiva 2014/59, letto alla luce del considerando 40 di tale direttiva, nonché dall’articolo 109 della stessa, che tali funzioni sono collegate al meccanismo di risoluzione, in quanto, da un lato, la designazione di un amministratore temporaneo avviene nell’ambito dell’adozione di misure di intervento precoce volte ad evitare l’avvio di una procedura di risoluzione, ma che possono essere seguite dall’avvio di una tale procedura, e, dall’altro, un sistema di garanzia dei depositi può essere utilizzato nell’ambito della risoluzione e, se del caso, beneficiare di un credito nei confronti del meccanismo di finanziamento della risoluzione. Pertanto, non si può escludere che l’esercizio di una di tali funzioni da parte dell’autorità di risoluzione influisca sull’adozione di decisioni nell’ambito delle funzioni di risoluzione.

112

Peraltro, è irrilevante che tutte queste funzioni perseguano, con mezzi diversi, il medesimo obiettivo, vale a dire, in sostanza, preservare la stabilità finanziaria. Infatti, ciò vale anche per le funzioni di vigilanza previste dal regolamento n. 575/2013 e dalla direttiva 2013/36, le quali sono espressamente menzionate all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/59 come funzioni rispetto alle quali devono essere garantite l’indipendenza operativa dell’autorità di risoluzione e la prevenzione dei conflitti di interesse.

113

Infine, poiché, come sottolineato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, i requisiti di indipendenza e di prevenzione dei conflitti di interesse sono gli stessi rispetto alle funzioni di vigilanza e rispetto alle altre funzioni esercitate dall’autorità di risoluzione, non è necessario interrogarsi sulla natura, di vigilanza o di altro tipo, delle funzioni di amministratore temporaneo.

114

Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/59 deve essere interpretato nel senso che tale disposizione è applicabile in una situazione in cui l’autorità nazionale di risoluzione eserciti anche funzioni di amministratore temporaneo, ai sensi dell’articolo 29 di tale direttiva, o funzioni di garanzia dei depositi, ai sensi della direttiva 2014/49, di modo che essa impone di adottare disposizioni strutturali per garantire l’indipendenza operativa di tale autorità ed evitare conflitti di interesse in relazione a tali funzioni.

Sulla quarta questione

Sulla ricevibilità

115

Il governo polacco contesta la ricevibilità della quarta questione facendo valere la stessa argomentazione esposta al punto 104 della presente sentenza, già respinta per la motivazione enunciata al punto 105 di tale sentenza, al quale è quindi sufficiente rinviare.

116

Il consiglio di vigilanza della GN Bank sostiene che il giudice del rinvio interroga la Corte non già sull’interpretazione del diritto dell’Unione, bensì sulla valutazione dei fatti di cui al procedimento principale. Tale questione sarebbe inoltre ipotetica, in quanto prevederebbe che l’incompatibilità della normativa nazionale con la direttiva 2014/59 sia sanata da misure non precisate.

117

A tale riguardo, occorre constatare che la ricevibilità di detta questione non può essere subordinata all’indicazione, da parte del giudice del rinvio, di misure concrete che il FGB avrebbe adottato al fine di garantire la sua indipendenza operativa e di prevenire l’insorgere di conflitti di interesse nell’ambito del suo funzionamento, in quanto autorità di risoluzione, nell’ipotesi in cui fosse possibile ovviare all’assenza di un quadro normativo mediante misure del genere, dal momento che il giudice del rinvio cerca appunto di verificare se una siffatta possibilità sia, in linea di principio, conforme al diritto dell’Unione.

118

Occorre peraltro ricordare che i giudici nazionali sono liberi di interrogare la Corte in qualsiasi momento del procedimento che ritengano opportuno purché essi spieghino, quanto meno, le ipotesi di fatto su cui sono fondate le questioni pregiudiziali [v., in tal senso, ordinanza del 25 marzo 2022, IP e a. (Accertamento della sussistenza dei fatti di cui al procedimento principale), C‑609/21, EU:C:2022:232, punto 21 nonché giurisprudenza ivi citata].

119

Inoltre, dalle considerazioni esposte al punto 117 della presente sentenza risulta che il giudice del rinvio non chiede alla Corte di procedere a valutazioni di natura materiale.

120

La presente questione è pertanto ricevibile.

Nel merito

121

Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/59 debba essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità nazionale di risoluzione eserciti anche «funzioni di vigilanza» o «altre funzioni», ai sensi di tale disposizione, e in assenza di regole interne scritte volte a garantire l’indipendenza operativa di tale autorità nonché la prevenzione di conflitti di interesse tra le sue funzioni di risoluzione e le sue altre funzioni, il rispetto di tali requisiti può tuttavia risultare dall’introduzione di misure, organizzative e di altro tipo, sufficienti a tal fine.

122

Occorre rilevare in via preliminare che, da un lato, dalla formulazione dell’articolo 3, paragrafo 3, terzo comma, della direttiva 2014/59 risulta che le opportune regole interne ai fini di tale disposizione possono essere adottate non solo dallo stesso Stato membro, ma anche dall’autorità nazionale di risoluzione. Dall’altro lato, detta disposizione impone altresì che siffatte regole siano rese di pubblico dominio.

123

Ciò premesso, l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/59 non impone né la forma che tali regole debbano rivestire nell’ordinamento interno né modalità particolari per la loro pubblicazione.

124

Di conseguenza, misure organizzative e altre misure adeguate possono corrispondere alla nozione di «regole interne», ai sensi di tale disposizione, purché esse siano oggetto di una descrizione sufficientemente precisa. Peraltro, la pubblicazione di tali regole interne può essere garantita con qualsiasi mezzo utile, laddove consenta a tutti gli interessati di prenderne conoscenza in qualsiasi momento.

125

Inoltre, alla luce delle indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, al fine di fornire al giudice del rinvio una risposta utile alla soluzione della controversia di cui è investito, occorre fornire le seguenti precisazioni.

126

In primo luogo, per quanto riguarda il contenuto delle idonee disposizioni strutturali di cui all’articolo 3, paragrafo 3, primo comma, della direttiva 2014/59, il secondo comma di tale paragrafo dispone che il personale addetto all’assolvimento delle funzioni dell’autorità di risoluzione deve essere strutturalmente separato da, e soggetto a, linee gerarchiche distinte rispetto al personale addetto alle altre funzioni esercitate da tale autorità.

127

Siffatti requisiti, che riguardano espressamente il personale, non impongono che l’autorità amministrativa alla quale è stata affidata la funzione di risoluzione in aggiunta ad altre funzioni disponga di un organo decisionale distinto quando agisce in qualità di autorità di risoluzione. Infatti, un siffatto obbligo priverebbe di utilità la facoltà riconosciuta agli Stati membri di designare quale autorità di risoluzione un’autorità amministrativa esistente, in quanto esso equivarrebbe, in pratica, ad imporre uno sdoppiamento di una siffatta autorità.

128

Occorre peraltro constatare, al pari dell’avvocato generale, al paragrafo 49 delle sue conclusioni, che, in un contesto analogo, il regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63), prevede, al suo articolo 25, paragrafo 4, che tanto le decisioni relative alle funzioni di vigilanza affidate a tale istituzione quanto quelle relative alle sue funzioni di politica monetaria rientrano nella competenza del consiglio direttivo.

129

Del pari, tali requisiti non ostano a che un’autorità amministrativa che esercita funzioni di risoluzione oltre ad altre funzioni sia organizzata in modo tale che talune aree funzionali interne, quali il dipartimento giuridico, il dipartimento delle risorse umane o alcune aree funzionali tecniche, forniscano servizi di sostegno sia al personale assegnato alle funzioni di risoluzione sia a quello assegnato ad altre funzioni, fatte salve le norme in materia di segreto professionale, quali previste all’articolo 3, paragrafo 3, terzo comma, della direttiva 2014/59, qualora tali norme si rivelino necessarie per garantire il rispetto della riservatezza delle informazioni.

130

In secondo luogo, per quanto riguarda le conseguenze di un’eventuale mancata pubblicazione delle regole interne previste da tale disposizione, si deve considerare, da un lato, che si tratta di norme di funzionamento che, in quanto tali, non hanno l’effetto di conferire diritti a singoli, i quali sono estranei al procedimento decisionale in seno all’autorità di risoluzione. Dall’altro lato, la pubblicazione di tali regole ha essenzialmente una funzione di trasparenza, diretta ad informare tutte le persone potenzialmente interessate in merito alla loro esistenza e al loro contenuto, e tale pubblicazione non incide, in particolare, sull’applicabilità di dette regole.

131

Da tali considerazioni si deduce che la mancata pubblicazione delle regole interne di cui all’articolo 3, paragrafo 3, terzo comma, della direttiva 2014/59 non comporta automaticamente l’invalidità delle decisioni adottate dall’autorità di risoluzione. Tuttavia, qualora la mancata pubblicazione di tali regole sia constatata in sede di esame di un ricorso avverso una decisione dell’autorità di risoluzione, spetta a quest’ultima dimostrare che, nonostante tale inadempimento, dette regole sono state rispettate, di modo che tale decisione è stata adottata esclusivamente al fine di conseguire uno o più obiettivi della risoluzione di cui all’articolo 31 della direttiva 2014/59, conformemente all’articolo 32, paragrafo 5, di quest’ultima.

132

Occorre pertanto rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/59 deve essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità nazionale di risoluzione eserciti anche «funzioni di vigilanza» o «altre funzioni», ai sensi di tale disposizione, e in assenza di regole interne scritte volte a garantire l’indipendenza operativa di tale autorità nonché la prevenzione dei conflitti di interesse tra le sue funzioni di risoluzione e le altre sue funzioni, il rispetto di tali requisiti può tuttavia risultare dall’introduzione di misure, organizzative e di altro tipo, sufficienti a tal fine. Detta disposizione non implica tuttavia né che le decisioni relative alle funzioni di risoluzione e quelle relative alle altre funzioni di detta autorità siano adottate da organi decisionali diversi, né che alle aree funzionali interne della medesima autorità sia impedito di fornire servizi di sostegno sia al personale assegnato alle funzioni di risoluzione sia a quello assegnato ad altre funzioni, fatte salve le norme in materia di segreto professionale. Qualora esistano regole interne scritte previste dalla medesima disposizione, la mancata pubblicazione delle stesse non comporta automaticamente l’invalidità delle decisioni adottate dall’autorità di risoluzione ma implica, eventualmente, in caso di ricorso avverso una decisione di tale autorità, che spetti a quest’ultima dimostrare che tali regole sono state rispettate, di modo che detta decisione è stata adottata esclusivamente al fine di conseguire uno o più obiettivi della risoluzione.

Sulle spese

133

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta all’applicazione di una disposizione procedurale nazionale che impone al giudice competente a conoscere dei ricorsi avverso una decisione dell’autorità nazionale di risoluzione di adottare una misura di gestione della crisi, di riunire tutti i ricorsi proposti dinanzi ad esso avverso tale decisione, qualora l’applicazione di detta disposizione sia contraria al diritto a che la propria causa sia esaminata entro un termine ragionevole.

 

2)

L’articolo 85, paragrafo 3, della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, come modificata dalla direttiva (UE) 2019/879 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

deve essere interpretato nel senso che:

qualora un giudice nazionale sia stato investito di più ricorsi avverso una decisione dell’autorità nazionale di risoluzione di adottare una misura di gestione della crisi, uno dei quali sia stato proposto da un organo dell’ente soggetto a una procedura di risoluzione, il rigetto di quest’unico ricorso in quanto infondato non consente di ritenere che sia stato garantito il rispetto del diritto a un ricorso effettivo nei confronti di qualsiasi altra persona interessata da tale decisione, che abbia anch’essa impugnato la stessa decisione deducendo motivi che non siano stati presi in considerazione nella sentenza pronunciata e che, in ogni caso, non siano stati oggetto di un dibattito in contraddittorio che le consentisse di presentare la propria causa.

 

3)

L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/59, come modificata dalla direttiva 2019/879,

deve essere interpretato nel senso che:

tale disposizione è applicabile in una situazione in cui l’autorità nazionale di risoluzione eserciti anche funzioni di amministratore temporaneo, ai sensi dell’articolo 29 di tale direttiva, quale modificata, o funzioni di garanzia dei depositi, ai sensi della direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, di modo che essa impone di adottare disposizioni strutturali per garantire l’indipendenza operativa di tale autorità ed evitare conflitti di interesse in relazione a tali funzioni.

 

4)

L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2014/59, come modificata dalla direttiva 2019/879,

deve essere interpretato nel senso che:

qualora l’autorità nazionale di risoluzione eserciti anche «funzioni di vigilanza» o «altre funzioni», ai sensi di tale disposizione, e in assenza di regole interne scritte volte a garantire l’indipendenza operativa di tale autorità nonché la prevenzione dei conflitti di interesse tra le sue funzioni di risoluzione e le altre sue funzioni, il rispetto di tali requisiti può tuttavia risultare dall’introduzione di misure, organizzative e di altro tipo, sufficienti a tal fine. Detta disposizione non implica tuttavia né che le decisioni relative alle funzioni di risoluzione e quelle relative alle altre funzioni di detta autorità siano adottate da organi decisionali diversi, né che alle aree funzionali interne della medesima autorità sia impedito di fornire servizi di sostegno sia al personale assegnato alle funzioni di risoluzione sia a quello assegnato ad altre funzioni, fatte salve le norme in materia di segreto professionale. Qualora esistano regole interne scritte previste dalla medesima disposizione, la mancata pubblicazione delle stesse non comporta automaticamente l’invalidità delle decisioni adottate dall’autorità di risoluzione ma implica, eventualmente, in caso di ricorso avverso una decisione di tale autorità, che spetti a quest’ultima dimostrare che tali regole sono state rispettate, di modo che detta decisione è stata adottata esclusivamente al fine di conseguire uno o più obiettivi della risoluzione.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il polacco.

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