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Document 62005CJ0208

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) dell'11 gennaio 2007.
    ITC Innovative Technology Center GmbH contro Bundesagentur für Arbeit.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Sozialgericht Berlin - Germania.
    Libera circolazione dei lavoratori - Libera prestazione dei servizi - Normativa nazionale - Versamento da parte dello Stato membro del compenso dovuto ad un'agenzia privata di collocamento a seguito di un'assunzione - Lavoro per cui vige il versamento obbligatorio di contributi previdenziali nel detto Stato membro - Restrizione - Giustificazione - Proporzionalità.
    Causa C-208/05.

    Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-00181

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:16

    Causa C‑208/05

    ITC Innovative Technology Center GmbH

    contro

    Bundesagentur für Arbeit

    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sozialgericht Berlin)

    «Libera circolazione dei lavoratori — Libera prestazione di servizi — Normativa nazionale — Versamento da parte dello Stato membro del compenso dovuto ad un’agenzia privata di collocamento a seguito di un’assunzione — Lavoro per cui vige il versamento obbligatorio di contributi previdenziali nel detto Stato membro — Restrizione — Giustificazione — Proporzionalità»

    Massime della sentenza

    1.        Libera circolazione delle persone — Lavoratori — Disposizioni del Trattato — Ambito di applicazione ratione personae

    (Art. 39 CE)

    2.        Libera circolazione delle persone — Lavoratori — Parità di trattamento — Libera prestazione dei servizi — Restrizioni

    (Artt. 39 CE, 49 CE e 50 CE)

    3.        Diritto comunitario — Effetto diretto — Disposizione del Trattato direttamente applicabile — Obblighi dei giudici nazionali

    1.        Non si può escludere che un’agenzia privata di collocamento possa avvalersi, in determinate circostanze, dei diritti direttamente attribuiti ai lavoratori comunitari dall’art. 39 CE, quando tale agenzia svolge attività di mediazione e di interposizione tra domande e offerte di lavoro e quando un contratto di collocamento concluso con una persona in cerca di lavoro attribuisce a questa agenzia un ruolo di intermediario, in quanto essa rappresenta la detta persona e cerca di procurarle un lavoro.

    Infatti, per essere efficace ed utile, il diritto dei lavoratori di accedere ad un’attività subordinata e di svolgerla nel territorio di un altro Stato membro senza discriminazione deve avere parimenti come complemento il diritto degli intermediari, quale un’agenzia privata di collocamento, di aiutarli a procurarsi un lavoro nel rispetto delle norme in materia di libera circolazione dei lavoratori.

    (v. punti 24-26)

    2.        Gli artt. 39 CE, 49 CE e 50 CE ostano a che una normativa nazionale preveda che il versamento, da parte di uno Stato membro, ad un’agenzia privata di collocamento del compenso dovuto da parte di una persona in cerca di lavoro alla detta agenzia, a seguito dell’assunzione della citata persona, sia soggetto alla condizione che per il posto di lavoro trovato da detto intermediario viga il versamento obbligatorio di contributi previdenziali nel territorio di tale Stato.

    Infatti, una persona in cerca di lavoro, per la quale la detta agenzia abbia procurato un lavoro soggetto ai contributi previdenziali obbligatori in un altro Stato membro, si trova in una situazione più sfavorevole rispetto all’ipotesi in cui l’agenzia in questione avesse procurato un lavoro in questo Stato membro, poiché essa avrebbe potuto beneficiare, in un caso del genere, dello sgravio dal compenso dovuto all’agenzia di intermediazione in seguito al collocamento. Una siffatta normativa crea così un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori che può dissuadere le persone in cerca di lavoro, in particolare quelle le cui disponibilità economiche sono limitate, e, di conseguenza, le agenzie private di collocamento dal cercare un lavoro in un altro Stato membro, dato che la commissione dovuta per il collocamento non verrebbe versata dallo Stato membro di origine delle dette persone.

    Peraltro, una normativa del genere implica una restrizione della libera prestazione dei servizi fondata sul luogo di esecuzione di questa prestazione, poiché può ledere il destinatario dei servizi, ossia la persona in cerca di lavoro la quale deve versare essa stessa il compenso dovuto alla detta agenzia quando il lavoro procurato dall’agenzia privata di collocamento venga svolto in un altro Stato membro. Per quanto concerne l’agenzia privata di collocamento, prestatrice dei servizi, la possibilità di estendere la sua attività agli altri Stati membri verrà limitata, in quanto sarà in gran parte in forza dell’esistenza del sistema controverso che numerose persone in cerca di lavoro faranno ricorso ai servizi di questa agenzia e, parimenti, in forza del detto sistema quest’ultima potrà far assumere una persona in cerca di lavoro in un altro Stato membro, senza correre il rischio di non riscuotere il corrispettivo.

    La circostanza che un siffatto sistema sia diretto a migliorare il collocamento dei lavoratori nonché a ridurre la disoccupazione, miri a tutelare il sistema previdenziale nazionale e a proteggere il mercato del lavoro nazionale dalla perdita di manodopera qualificata non può giustificare un ostacolo del genere. Infatti, negando sistematicamente il beneficio di tale sistema alle persone in cerca di lavoro assunte in altri Stati membri, la normativa controversa eccede comunque quanto necessario al conseguimento degli scopi perseguiti.

    (v. punti 35-36, 38, 42, 44-45, 57-59, 61-62, dispositivo 1)

    3.        Spetta al giudice nazionale dare ad una disposizione di diritto interno, nel rispetto dei limiti stabiliti alla sua discrezionalità dal suo ordinamento nazionale, un’interpretazione ed un’applicazione conformi alle prescrizioni del diritto comunitario e, qualora una siffatta interpretazione conforme non sia possibile, relativamente alle disposizioni del Trattato che attribuiscono ai soggetti dell’ordinamento determinati diritti che si possono invocare in giudizio e che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare, disapplicare qualsiasi norma di diritto interno che sia in contrasto con le dette disposizioni.

    (v. punto 70, dispositivo 2)




    SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

    11 gennaio 2007 (*)

    «Libera circolazione dei lavoratori – Libera prestazione dei servizi – Normativa nazionale – Versamento da parte dello Stato membro del compenso dovuto ad un’agenzia privata di collocamento a seguito di un’assunzione – Lavoro per cui vige il versamento obbligatorio di contributi previdenziali nel detto Stato membro – Restrizione – Giustificazione – Proporzionalità»

    Nel procedimento C-208/05,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Sozialgericht Berlin (Germania), con ordinanza 11 aprile 2005, pervenuta in cancelleria il 12 maggio 2005, nella causa tra

    ITC Innovative Technology Center GmbH

    e

    Bundesagentur für Arbeit,

    LA CORTE (Terza Sezione),

    composta dai sigg. A. Rosas, presidente di sezione, A. Borg Barthet, J. Malenovský, U. Lõhmus e A. Ó Caoimh (relatore), giudici,

    avvocato generale: sig. P. Léger

    cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

    vista la fase scritta e in seguito alla trattazione orale del 4 maggio 2006,

    considerate le osservazioni presentate:

    –        per la ITC Innovative Technology Center GmbH, dal sig. L.A. Wenderoth, Rechtsanwalt;

    –        per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra C. Schulze‑Bahr, in qualità di agenti;

    –        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. V. Kreuschitz e dalla sig.ra I. Kaufmann‑Bühler, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 ottobre 2006,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 18 CE, 39 CE, 49 CE e 87 CE, quest’ultimo in combinato disposto con gli artt. 81 CE, 85 CE e 86 CE, nonché degli artt. 3 e 7 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (GU L 257, pag. 2).

    2        Questa domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la ITC Innovative Technology Center GmbH (in prosieguo: la «ITC»), un’agenzia privata di collocamento con sede in Germania, e la Bundesagentur für Arbeit (ufficio di collocamento tedesco; in prosieguo: la «Bundesagentur»), in merito al diniego di quest’ultima di versare alla ITC un buono di collocamento, in quanto l’impiego che quest’ultima ha procurato alla persona in cerca di lavoro non era soggetto al versamento obbligatorio di contributi previdenziali in Germania.

     Ambito normativo

     La normativa comunitaria

    3        A norma dell’art. 1, n. 1, del regolamento n. 1612/68:

    «Ogni cittadino di uno Stato membro, qualunque sia il suo luogo di residenza, ha il diritto di accedere ad un’attività subordinata e di esercitarla sul territorio di un altro Stato membro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali di detto Stato».

    4        L’art. 2 di questo regolamento così dispone:

    «Ogni cittadino di uno Stato membro e ogni datore di lavoro che esercita un’attività sul territorio di uno Stato membro possono scambiare le loro domande e offerte d’impiego, concludere contratti di lavoro e darvi esecuzione, conformemente alle vigenti disposizioni legislative, regolamentari e amministrative senza che possano risultarne discriminazioni».

    5        L’art. 3 del regolamento n. 1612/68 dispone quanto segue:

    «1.      Nel quadro del presente regolamento non sono applicabili le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative o le pratiche amministrative di uno Stato membro:

    –        che limitano o subordinano a condizioni non previste per i nazionali la domanda e l’offerta d’impiego, l’accesso all’impiego ed il suo esercizio da parte degli stranieri;

    –        o che, sebbene applicabili senza distinzione di nazionalità, hanno per scopo o effetto esclusivo o principale di escludere i cittadini degli altri Stati membri dall’impiego offerto.

    (…)».

    6        L’art. 7, nn. 1 e 2, del medesimo regolamento è formulato nel seguente modo:

    «1.      Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

    2.      Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali».

     La normativa nazionale

    7        L’art. 421 g del libro III del Sozialgesetzbuch (codice della legislazione sociale; in prosieguo: il «SGB III») ha il seguente disposto:

    «(1) I lavoratori che hanno diritto al sussidio di disoccupazione o all’assistenza per i disoccupati e che dopo un periodo di disoccupazione di tre mesi non sono stati ancora assunti, o che esercitano un’occupazione incentivata a titolo di misura di aiuto alla creazione di posti di lavoro o di misura di adeguamento strutturale ai sensi della sezione sesta del capo sesto, hanno diritto ad un buono di collocamento. Con il buono di collocamento la Bundesagentur si impegna a corrispondere il compenso richiesto da un intermediario intervenuto su domanda del lavoratore, il quale abbia collocato il lavoratore medesimo in un impiego per il quale viga il versamento obbligatorio di contributi previdenziali e che abbia un orario settimanale di lavoro di almeno 15 ore, ai sensi delle disposizioni che seguono. Il buono di collocamento è rinnovabile a scadenze trimestrali.

    (…)».

    8        Ai sensi dell’art. 1 del libro IV del SGB (in prosieguo: il «SGB IV»):

    «(1) (…) Le disposizioni del presente libro, ad eccezione dei titoli primo e secondo delle sezioni quarta e quinta, si applicano anche all’attività di promozione del lavoro.

    (…)».

    9        L’art. 3 del SGB IV prevede quanto segue:

    «Le disposizioni in materia di assicurazione obbligatoria e di diritto alla medesima si applicano:

    1. nelle ipotesi di attività di lavoro subordinata o autonoma, a tutti coloro che svolgono la propria attività subordinata o autonoma nella sfera di applicazione del presente codice;

    2. (...)».

    10      A norma dell’art. 30 del libro I del SGB:

    «(1) Le disposizioni del presente codice si applicano a tutti coloro che sono domiciliati o residenti nell’ambito della sua sfera di applicazione.

    (2) Restano impregiudicate le norme di diritto sovranazionale e internazionale.

    (3) (…)».

     Causa principale e questioni pregiudiziali

    11      Il 27 agosto 2003, la ITC ha concluso un contratto di collocamento con il sig. Halacz che era alla ricerca di un impiego. Tale contratto poneva a carico della ITC l’obbligo di aiutare quest’ultimo ad accedere ad un posto di lavoro per cui vigesse il versamento obbligatorio dei contributi previdenziali e di fornire tutte le prestazioni necessarie alla realizzazione di questa assunzione.

    12      Il sig. Halacz aveva presentato alla ITC il buono di collocamento attribuitogli dalla Bundesagentur. Il buono precisava che la persona in cerca di lavoro poteva rivolgersi ad uno o più intermediari di sua scelta e che l’importo convenuto sul buono sarebbe stato versato all’intermediario privato che gli avesse procurato un rapporto di impiego. A termini delle disposizioni in materia del SGB III, la retribuzione è versata a condizione, in particolare, che per il posto di lavoro viga il versamento obbligatorio dei contributi previdenziali, che l’orario di lavoro settimanale sia pari ad almeno quindici ore e che la durata convenuta del rapporto di lavoro sia pari ad almeno tre mesi.

    13      Il 3 settembre 2003, in seguito all’intervento della ITC, il sig. Halacz ha concluso un contratto di lavoro a tempo determinato con una società avente sede nei Paesi Bassi, per il periodo 4 settembre 2003 - 4 marzo 2004. Questo datore di lavoro ha confermato che si trattava di un rapporto di lavoro per il quale vigeva il versamento obbligatorio dei contributi previdenziali e che l’orario settimanale di lavoro era pari ad almeno quindici ore.

    14      Con lettera del 15 settembre 2003, la ITC ha chiesto alla Bundesagentur il versamento, in un primo tempo, di un importo pari a EUR 1 000, conformemente al buono di collocamento da essa contestualmente esibito. La Bundesagentur ha respinto questa domanda con decisione amministrativa 2 ottobre 2003, in quanto il sig. Halacz non era stato assunto su un posto di lavoro per il quale vigesse il versamento obbligatorio dei contributi previdenziali in territorio tedesco.

    15      Il reclamo proposto dalla ITC il 16 ottobre 2003 è stato respinto dalla Bundesagentur con decisione amministrativa 27 ottobre 2003, in quanto la nozione di assicurazione sociale obbligatoria era definita dagli artt. 1, 2 e 3 del SGB IV, disposizioni che varrebbero anche per il SGB III. Le disposizioni relative all’assicurazione obbligatoria si applicherebbero così a tutte le persone che abbiano avviato un rapporto di lavoro nell’ambito territoriale di applicazione del SGB, ossia in territorio tedesco.

    16      Il 14 novembre 2003, la ITC ha proposto, dinanzi al Sozialgericht Berlin (pretore competente in materia di legislazione sociale, di Berlino), un ricorso di annullamento avverso la decisione della Bundesagentur 2 ottobre 2003, quale confermata con la decisione sul reclamo 27 ottobre 2003.

    17      Pur dichiarando che l’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del SGB III può essere interpretato in modo conforme al diritto comunitario, questo giudice constata che, in conformità al solo diritto tedesco, quest’ultimo si applica unicamente ai lavori svolti nell’ambito di applicazione territoriale del SGB.

    18      Alla luce di ciò, il Sozialgericht Berlin ha deciso di sospendere il procedimento e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)      Se un’interpretazione dell’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del [SGB III], nel senso che per impiego soggetto alle assicurazioni sociali debba intendersi soltanto un impiego rientrante nell’ambito di applicazione del [SGB], violi il diritto alla libera circolazione tutelato dal diritto comunitario, in particolare, ai sensi degli artt. 18 CE e 39 CE, e degli artt. 3 e 7 del regolamento (CEE) n. 1612/68.

    2)      a) Se sia possibile e necessario interpretare la disposizione in modo conforme al diritto comunitario, al fine di evitare un eventuale conflitto conseguente all’ipotesi di cui al punto 1.

             b) Nel caso in cui non fosse possibile o necessaria un’interpretazione conforme al diritto comunitario, se l’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del SGB III violi il diritto alla libera circolazione tutelato dal diritto comunitario.

    3)      Se l’interpretazione dell’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del SGB III, nel senso che per impiego soggetto ad assicurazione sociale debba intendersi soltanto un impiego rientrante nell’ambito di applicazione del [SGB], violi il diritto alla libera prestazione dei servizi e alla libera concorrenza tutelati dal diritto comunitario, in particolare ai sensi degli artt. 49 CE, 50 CE e 87 CE, in combinato disposto con gli artt. 81 CE, 85 CE e 86 CE, o di altre norme di diritto comunitario.

    4)      a) Se sia possibile e necessario interpretare la disposizione in modo conforme al diritto comunitario, al fine di evitare l’eventuale conflitto di cui al punto 3.

    b) Nel caso in cui non sia possibile o necessaria un’interpretazione conforme al diritto comunitario: se l’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del SGB III, violi il diritto comunitario, qualora non venga tutelata la libera circolazione dei lavoratori».

     Sulle questioni pregiudiziali

     Sulle questioni prima e seconda, lett. b), relative alla libera circolazione dei lavoratori

    19      Con tali questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 39 CE nonché gli artt. 3 e 7 del regolamento n. 1612/68 ostino a che una disposizione nazionale, quale l’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del SGB III, preveda che il versamento da parte di uno Stato membro ad un’agenzia privata di collocamento del compenso dovuto da parte di una persona in cerca di lavoro alla detta agenzia, a seguito dell’assunzione della citata persona, sia soggetto alla condizione che per il posto di lavoro trovato da detto intermediario viga il versamento obbligatorio di contributi previdenziali nel territorio di tale Stato.

    20      In primo luogo, occorre rispondere all’argomento del governo tedesco, secondo il quale un’agenzia privata di collocamento, quale la ITC, non potrebbe avvalersi né dell’art. 39 CE, né del regolamento n. 1612/68 in quanto, operando in qualità di intermediario e non di lavoratore subordinato, essa non rientrerebbe nell’ambito di applicazione ratione personae di queste disposizioni. A tale riguardo, esso fa riferimento alla sentenza 11 dicembre 1997, causa C‑55/96, Job Centre, detta «Job Centre II» (Racc. pag. I‑7119, punto 13).

    21      L’art. 39, n. 1, CE enuncia, in termini generali, che la libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità europea è assicurata. A norma del detto art. 39, nn. 2 e 3, questa libertà implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla cittadinanza, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro e, fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, comporta il diritto di rispondere a offerte di lavoro effettive, di spostarsi liberamente a tal fine sul territorio degli Stati membri, di prendere ivi dimora al fine di svolgervi un’attività lavorativa alle stesse condizioni vigenti per i cittadini dello Stato ospitante e di rimanervi al termine del detto impiego.

    22      Tuttavia, benché sia pacifico che di questi diritti alla libera circolazione di cui all’art. 39 CE godono i lavoratori, ivi comprese le persone in cerca di lavoro (v., in tal senso, sentenza 26 febbraio 1991, causa C‑292/89, Antonissen, Racc. pag. I‑745, punti 12 e 13), nulla nel disposto di quest’articolo vieta che questi diritti possano essere invocati da altri soggetti (v. sentenza 7 maggio 1998, causa C‑350/96, Clean Car Autoservice, Racc. pag. I‑2521, punto 19).

    23      Come la Corte ha già dichiarato, per essere efficace ed utile, il diritto dei lavoratori di essere assunti ed occupati senza discriminazione deve necessariamente avere come complemento il diritto dei datori di lavoro di assumerli in osservanza delle norme in materia di libera circolazione dei lavoratori (sentenza Clean Car Autoservice, cit., punto 20).

    24      Per quanto concerne un’agenzia privata di collocamento, quale la ITC, quest’ultima svolge attività di mediazione e di interposizione tra domande e offerte di lavoro. Un contratto di collocamento concluso con una persona in cerca di lavoro attribuisce di conseguenza a questa agenzia un ruolo di intermediario, in quanto essa rappresenta la detta persona e cerca di procurarle un lavoro.

    25      Alla luce di ciò, non si può escludere che un’agenzia privata di collocamento possa avvalersi, in determinate circostanze, dei diritti direttamente attribuiti ai lavoratori comunitari dall’art. 39 CE.

    26      Infatti, per essere efficace ed utile, il diritto dei lavoratori di accedere ad un’attività subordinata e di svolgerla nel territorio di un altro Stato membro senza discriminazione deve avere parimenti come complemento il diritto degli intermediari, quale un’agenzia privata di collocamento, di aiutarli a procurarsi un lavoro nel rispetto delle norme in materia di libera circolazione dei lavoratori.

    27      Quest’interpretazione delle dette norme si rivela ancor più convincente in circostanze come quelle di cui alla causa principale, dove un’agenzia privata di collocamento ha concluso un contratto di collocamento con la persona in cerca di lavoro in forza di un buono di collocamento rilasciato a quest’ultima, ai sensi del quale la Bundesagentur si impegna a farsi carico delle spese dell’agenzia privata di collocamento qualora essa procuri alla detta persona in cerca di occupazione un contratto di lavoro che soddisfi determinati criteri. Alla luce di ciò, spetta all’agenzia privata di collocamento e non alla persona in cerca di lavoro chiedere alla Bundesagentur che si assuma l’onere della retribuzione dovuta alla detta agenzia.

    28      Nulla nel ragionamento svolto dalla Corte nella citata sentenza Job Centre II osta a questa interpretazione delle disposizioni del Trattato CE in materia di libera circolazione dei lavoratori.

    29      In secondo luogo, per quanto concerne l’argomento del governo tedesco, secondo il quale la ITC non potrebbe avvalersi dei diritti previsti dall’art. 39 CE in quanto detta agenzia avrebbe sede in un solo Stato membro, occorre ricordare che le norme del Trattato in materia di libera circolazione delle persone e gli atti adottati in esecuzione di queste ultime non possono essere applicati ad attività le quali non presentino nessun elemento di collegamento con una qualsivoglia situazione prevista dal diritto comunitario ed i cui elementi rilevanti rimangano confinati, nel loro insieme, all’interno di un unico Stato membro (sentenze 26 gennaio 1999, causa C‑18/95, Terhoeve, Racc. pag. I‑345, punto 26, e 11 ottobre 2001, cause riunite da C‑95/99 a C‑98/99 e C‑180/99, Khalil e a., Racc. pag. I‑7413, punto 69).

    30      Tuttavia, anche se un’agenzia privata di collocamento con sede in Germania, quale la ITC, desiderasse avvalersi delle norme relative alla libera circolazione dei lavoratori nei confronti delle autorità tedesche, questo sarebbe irrilevante rispetto all’applicazione delle dette norme. Infatti, quest’agenzia si lamenta proprio di essere stata sfavorita dal sistema dei buoni di collocamento istituito dall’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del SGB III, di modo che anche la persona in cerca di lavoro alla quale essa ha procurato un impiego si è ritrovata svantaggiata, o potrebbe esserlo stata, per il fatto che il detto posto di lavoro si situava in un altro Stato membro (v. parimenti, in tal senso, sentenza Terhoeve, cit., punto 28).

    31      In terzo luogo, per quanto concerne il problema di decidere se una normativa nazionale, quale quella rilevante nella causa principale, costituisca una restrizione della libera circolazione dei lavoratori, occorre ricordare che l’insieme delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle persone mira ad agevolare, per i cittadini comunitari, l’esercizio di attività professionali di qualsiasi tipo nel territorio della Comunità ed osta ai provvedimenti che possano sfavorire questi cittadini, quando essi desiderano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro (sentenze 7 luglio 1988, cause riunite 154/87 e 155/87, Wolf e a., Racc. pag. 3897, punto 13; 15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman, Racc. pag. I‑4921, punto 94; Terhoeve, cit., punto 37; 27 gennaio 2000, causa C‑190/98, Graf, Racc. pag. I‑493, punto 21, e 17 marzo 2005, causa C‑109/04, Kranemann, Racc. pag. I‑2421, punto 25).

    32      Alla luce di ciò, i cittadini degli Stati membri dispongono, in particolare, del diritto, che essi ricavano direttamente dal Trattato, di abbandonare il loro Stato di origine per trasferirsi nel territorio di un altro Stato membro ed ivi risiedere al fine di esercitarvi un’attività economica (v., in particolare, citate sentenze Bosman, punto 95, e Terhoeve, punto 38).

    33      Le disposizioni nazionali che ostacolino o dissuadano un lavoratore, cittadino di uno Stato membro, dall’abbandonare il suo Stato di origine per esercitare il suo diritto alla libera circolazione costituiscono di conseguenza ostacoli a questa libertà, anche qualora esse si applichino indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati (sentenze Bosman, cit., punto 96; Terhoeve, cit., punto 39; Graf, cit., punto 23; 30 settembre 2003, causa C‑224/01, Köbler, Racc. pag. I‑10239, punto 74; 2 ottobre 2003, causa C‑232/01, Van Lent, Racc. pag. I‑11525, punto 16, e Kranemann, cit., punto 26).

    34      Infatti, sarebbe incompatibile con il diritto alla libera circolazione che a un lavoratore, o a una persona in cerca di lavoro, possa applicarsi, nello Stato membro di cui è cittadino, un trattamento meno favorevole di quello di cui godrebbe se non avesse fatto uso delle agevolazioni concesse dal Trattato in materia di circolazione (v., in tal senso, sentenze 11 luglio 2002, causa C‑224/98, D’Hoop, Racc. pag. I‑6191, punto 30, e 29 aprile 2004, causa C‑224/02, Pusa, Racc. pag. I‑5763, punto 18).

    35      Qualora una normativa nazionale preveda che lo Stato membro versi il compenso dovuto all’agenzia privata di collocamento solo se per il posto di lavoro procurato da detta agenzia sia previsto il versamento obbligatorio di contributi previdenziali nel medesimo Stato, una persona in cerca di lavoro, per la quale la detta agenzia abbia procurato un lavoro soggetto ai contributi previdenziali obbligatori in un altro Stato membro, si trova in una situazione più sfavorevole rispetto all’ipotesi in cui l’agenzia in questione avesse procurato un lavoro in questo Stato membro, poiché essa avrebbe potuto beneficiare, in un caso del genere, dello sgravio dal compenso dovuto all’agenzia di intermediazione in seguito al collocamento.

    36      Una siffatta normativa, la quale istituisce un ostacolo che può dissuadere le persone in cerca di lavoro, in particolare quelle le cui disponibilità economiche sono limitate, e, di conseguenza, le agenzie private di collocamento dal cercare un lavoro in un altro Stato membro, dato che la commissione dovuta per il collocamento non verrebbe versata dallo Stato membro di origine delle dette persone, è vietata, in linea di principio, dall’art. 39 CE. Di conseguenza, non è necessario esaminare se si sia verificata una violazione degli artt. 3 e 7 del regolamento n. 1612/68.

    37      Una misura che ostacoli la libera circolazione dei lavoratori può essere ammessa solo qualora persegua uno scopo legittimo compatibile con il Trattato e sia giustificata da motivi imperativi d’interesse generale. Tuttavia, in un caso del genere occorre inoltre che l’applicazione di una siffatta misura sia idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo di cui trattasi e non ecceda quanto necessario per conseguirlo (v., in particolare, sentenza Kranemann, cit., punto 33).

    38      Di conseguenza, occorre esaminare se un provvedimento quale il sistema dei buoni di collocamento tedesco possa essere giustificato, in primo luogo, dal fatto che un siffatto sistema rappresenta un nuovo strumento della politica del mercato del lavoro nazionale, diretto a migliorare il collocamento dei lavoratori nonché a ridurre la disoccupazione, in secondo luogo, dal fatto che esso mira a tutelare il sistema previdenziale nazionale, che può essere garantito solo grazie ai contributi versati a livello nazionale e che subirebbe perdite contributive in caso di assunzione delle persone in cerca di lavoro in altri Stati membri e, in ultimo luogo, dal fatto che esso mira a proteggere il mercato del lavoro nazionale contro la perdita di lavoratori qualificati.

    39      Per quanto concerne la prima giustificazione menzionata, occorre ricordare che spetta agli Stati membri scegliere le misure in grado di conseguire gli obiettivi che essi perseguono in materia di lavoro. La Corte ha riconosciuto che gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale nell’esercizio di questa competenza. Inoltre, è incontestabile che la promozione delle assunzioni costituisce un obiettivo legittimo di politica sociale (v., per quanto concerne la parità di trattamento tra lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile, sentenze 9 febbraio 1999, causa C‑167/97, Seymour‑Smith e Perez, Racc. pag. I‑623, punti 71 e 74, e 11 settembre 2003, causa C‑77/02, Steinicke, Racc. pag. I‑9027, punti 61 e 62).

    40      Tuttavia, la discrezionalità di cui godono gli Stati membri in materia di politica sociale non può giustificare che siano lesi i diritti che i soggetti dell’ordinamento ricavano dalle disposizioni del Trattato che consacrano le loro libertà fondamentali (v. citate sentenze Terhoeve, punto 44; Seymour‑Smith e Perez, punto 75, e Steinicke, punto 63).

    41      Orbene, semplici affermazioni generiche riguardanti l’idoneità del sistema dei buoni di collocamento, in esame nella causa principale, a migliorare il collocamento dei lavoratori nonché a ridurre la disoccupazione in Germania non possono bastare a dimostrare che l’obiettivo di questo sistema giustifichi il fatto che l’esercizio di una libertà fondamentale del diritto comunitario sia ristretto, né a fornire elementi che consentano di ritenere plausibile che i mezzi scelti siano o possano essere idonei al conseguimento del detto obiettivo.

    42      Lo stesso può dirsi per la seconda giustificazione riguardante la tutela del sistema previdenziale tedesco. Infatti, non è stata dimostrata l’esistenza di un nesso di causalità tra la perdita di contributi previdenziali in Germania e il collocamento di una persona in cerca di lavoro in un altro Stato membro. Per di più, tenuto conto dell’elevato tasso di disoccupazione in Germania, non è evidente che nel detto Stato un posto di lavoro vacante resti tale più a lungo per il fatto che una persona in cerca di lavoro abbia trovato occupazione in un altro Stato membro.

    43      Benché sia vero che il rischio di un grave pregiudizio per l’equilibrio economico di un sistema previdenziale può costituire un motivo imperativo di interesse generale (v., in particolare, sentenza 28 aprile 1998, causa C‑158/96, Kohll, Racc. pag. I‑1931, punto 41), un rischio siffatto non è stato dimostrato nel caso di specie. Infatti, le perdite in termini di contributi per il sistema previdenziale tedesco possono essere modeste. Da un lato, anche se la persona in cerca di lavoro assunta in un altro Stato membro non è più tenuta a versare contributi previdenziali nel suo Stato membro di origine, quest’ultimo non è più tenuto a versarle le indennità di disoccupazione. Dall’altro, la natura stessa della libera circolazione dei lavoratori istituita dal Trattato implica che la partenza di un lavoratore verso un altro Stato membro possa essere compensata dall’arrivo di un lavoratore proveniente da un altro Stato membro.

    44      Anche ipotizzando che l’organizzazione del mercato del lavoro, ivi comprese le misure atte a scongiurare la perdita di lavoratori qualificati, possa giustificare, in determinate circostanze e nel rispetto di determinate condizioni, talune restrizioni della libera circolazione dei lavoratori, occorre comunque rilevare che una normativa nazionale come quella in esame nella causa principale eccede quanto sembra necessario per il conseguimento degli scopi perseguiti. Obiettivi di tal genere non possono giustificare che venga sistematicamente negato il godimento del buono di collocamento alle persone in cerca di lavoro assunte in altri Stati membri. Infatti, un provvedimento siffatto equivale alla negazione stessa della libera circolazione dei lavoratori istituita dall’art. 39 CE, che mira a garantire ai lavoratori e ai cittadini comunitari in cerca di lavoro il diritto di accedere ad un’attività subordinata di loro scelta e di svolgerla nel territorio di un altro Stato membro (v., per quanto concerne la libertà di stabilimento, sentenza 5 novembre 2002, causa C‑208/00, Überseering, Racc. pag. I‑9919, punto 93).

    45      Alla luce di quanto esposto, occorre risolvere le questioni prima e seconda, lett. b) dichiarando che l’art. 39 CE osta a che una disposizione nazionale, quale l’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del SGB III, preveda che il versamento, da parte di uno Stato membro, ad un’agenzia privata di collocamento del compenso dovuto da parte di una persona in cerca di lavoro alla detta agenzia, a seguito dell’assunzione della citata persona, sia soggetto alla condizione che per il posto di lavoro trovato da detto intermediario viga il versamento obbligatorio di contributi previdenziali nel territorio di tale Stato.

     Sulla terza questione

    46      Con tale questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, da un lato, se gli artt. 49 CE e 50 CE ostino a che una normativa nazionale, quale l’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del SGB III, preveda che il versamento da parte di uno Stato membro ad un’agenzia privata di collocamento del compenso dovuto da una persona in cerca di lavoro alla detta agenzia, a seguito dell’assunzione della citata persona, sia soggetto alla condizione che per il posto di lavoro trovato da questo intermediario viga il versamento obbligatorio di contributi previdenziali nel territorio di tale Stato. Dall’altro, esso chiede se l’art. 87 CE, in combinato disposto con gli artt. 81 CE, 85 CE e 86 CE, osti ad una siffatta normativa.

     Sulle disposizioni del Trattato in materia di aiuti di Stato

    47      A tal riguardo, dall’ordinanza di rinvio si evince che il Sozialgericht Berlin desidera sapere, in sostanza, se i buoni di collocamento previsti dall’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del SGB III, costituiscano aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, in quanto il fatto di sgravare la persona in cerca di lavoro dall’obbligo, alla medesima incombente, di versare all’agenzia privata di collocamento il compenso dovuto a quest’ultima a seguito dell’assunzione da questa procuratale può portare a favorire tali agenzie di intermediazione.

    48      A questo proposito, da un lato, occorre ricordare che spetta al solo giudice nazionale, che è investito della controversia e che deve assumersi la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle circostanze particolari della controversia, sia la necessità di una decisione pregiudiziale ai fini della pronuncia della propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte (v., in particolare, sentenza Bosman, cit., punto 59).

    49      Nondimeno, la Corte ha ritenuto di non poter decidere su una questione pregiudiziale posta da un giudice nazionale quando appaia manifesto che l’interpretazione o la valutazione della validità di una norma comunitaria, richieste dal giudice nazionale, non hanno nessun rapporto con le circostanze concrete o l’oggetto della causa principale, quando il problema è di natura teorica oppure ancora quando la Corte non dispone degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni ad essa sottoposte (v., in particolare, sentenza 13 luglio 2000, causa C‑36/99, Idéal tourisme, Racc. pag. I‑6049, punto 20).

    50      Nel caso di specie, il giudice del rinvio non spiega le implicazioni di un’eventuale qualificazione quale aiuto di Stato del sistema dei buoni di collocamento istituito dalla normativa controversa ai fini della causa pendente dinanzi ad esso.

    51      Inoltre, benché questo giudice illustri, in modo generale, il funzionamento del sistema dei buoni di collocamento in esame nella causa principale, la mancanza di indicazioni concrete relative all’esistenza o meno di un vantaggio e all’incidenza del detto sistema sugli scambi tra Stati membri non consente di verificare se esso sia conforme alle norme comunitarie applicabili in materia di aiuti di Stato (v., in tal senso, sentenza 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I‑2099, punti 58‑62, e ordinanza 8 ottobre 2002, causa C‑190/02, Viacom, Racc. pag. I‑8287, punto 21).

    52      In mancanza di indicazioni sufficienti, è impossibile delimitare il problema interpretativo concreto che potrebbe sorgere rispetto alle disposizioni di diritto comunitario in materia di concorrenza, di cui il giudice del rinvio chiede l’interpretazione. Orbene, la precisione richiesta in merito al contesto di fatto e normativo è di grado ancora maggiore nell’ambito della concorrenza, contrassegnato da situazioni di fatto e di diritto complesse (ordinanza 19 marzo 1993, causa C‑157/92, Banchero, Racc. pag. I‑1085, punto 5; sentenza 13 aprile 2000, causa C‑176/96, Lehtonen e Castors Braine, Racc. pag. I‑2681, punto 22, e ordinanza 28 giugno 2000, causa C‑116/00, Laguillaumie, Racc. pag. I‑4979, punto 19).

    53      Alla luce delle considerazioni che precedono, non occorre risolvere questa parte della terza questione.

     Sulla libera prestazione dei servizi

    54      In via preliminare occorre ricordare che l’attività di collocamento dei lavoratori costituisce, conformemente alla giurisprudenza, una prestazione di servizi ai sensi degli artt. 49 CE e 50 CE (v. sentenze 18 gennaio 1979, cause riunite 110/78 e 111/78, Van Wesemael, Racc. pag. 35, punto 7, e 17 dicembre 1981, causa 279/80, Webb, Racc. pag. 3305, punti 8 e 9).

    55      Per quanto concerne il problema di decidere se una normativa nazionale, quale quella in esame nella causa principale, comporti una restrizione vietata ai sensi dell’art. 49 CE, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, la libera prestazione dei servizi impone non solo l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro a causa della sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando essa è tale da proibire, ostacolare o rendere meno interessanti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, dove offre legalmente servizi analoghi (v., in particolare, sentenze 18 giugno 1998, causa C‑266/96, Corsica Ferries France, Racc. pag. I‑3949, punto 56; 23 novembre 1999, cause riunite C‑369/96 e C‑376/96, Arblade e a., Racc. pag. I‑8453, punto 33, e 20 febbraio 2001, causa C‑205/99, Analir e a., Racc. pag. I‑1271, punto 21).

    56      In applicazione di questa norma, e contrariamente a quanto dedotto dal governo tedesco, la libera prestazione dei servizi può essere invocata da un’impresa nei confronti dello Stato in cui essa è stabilita quando i servizi sono forniti a destinatari stabiliti in un altro Stato membro e, in modo più generale, in tutti i casi in cui un prestatore offra i propri servizi nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui esso ha sede (v., in particolare, sentenza 5 ottobre 1994, causa C‑381/93, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑5145, punto 14).

    57      Subordinando il versamento del buono di collocamento alla condizione che la persona in cerca di lavoro sia assunta in un posto di lavoro per il quale vige il versamento obbligatorio di contributi previdenziali in territorio nazionale, una normativa quale quella in esame nella causa principale implica una restrizione della libera prestazione dei servizi fondata sul luogo di esecuzione di questa prestazione.

    58      Infatti, una siffatta normativa può ledere i destinatari dei servizi, ossia, nella fattispecie di cui alla causa principale, la persona in cerca di lavoro la quale deve versare essa stessa il compenso dovuto alla detta agenzia quando il lavoro procurato dall’agenzia privata di collocamento venga svolto in un altro Stato membro.

    59      Per quanto concerne l’agenzia privata di collocamento, prestatrice dei servizi, benché indubbiamente essa possa continuare a svolgere la sua attività di collocamento in altri Stati membri, il fatto di far assumere i prestatori di lavoro in un altro Stato membro implica che il compenso dovuto per l’assunzione non sarà più versato dalla Bundesagentur, ma graverà sulla stessa persona in cerca di lavoro. Di conseguenza, anche se l’attività di questa agenzia di collocamento non viene impedita, la possibilità di estendere la sua attività agli altri Stati membri verrà limitata, in quanto sarà in gran parte in forza dell’esistenza del sistema dei buoni di collocamento che numerose persone in cerca di lavoro faranno ricorso ai servizi di questa agenzia e, parimenti, in forza del detto sistema quest’ultima potrà far assumere una persona in cerca di lavoro in un altro Stato membro, senza correre il rischio di non riscuotere il corrispettivo dovuto dalla medesima.

    60      Quanto al problema di decidere se esista parimenti un ostacolo alla libera prestazione dei servizi per le agenzie di collocamento di lavoratori stabiliti all’esterno del territorio tedesco, occorre rilevare che, in considerazione delle circostanze di cui alla causa principale, quest’ultimo riveste carattere teorico, di modo che non occorre risolverlo nel caso di specie.

    61      Per quanto concerne, infine, il problema di decidere se un ostacolo di tal genere possa essere giustificato, posto che i motivi invocati per giustificare il detto ostacolo alla libera prestazione dei servizi sono identici a quelli esaminati nei punti 37‑44 della presente motivazione in relazione alla libera circolazione dei lavoratori, occorre concludere nel senso che una normativa nazionale, quale l’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del SGB III, eccede quanto necessario al conseguimento degli scopi perseguiti.

    62      Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, occorre risolvere la terza questione dichiarando che gli artt. 49 CE e 50 CE ostano a che una normativa nazionale, quale l’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del SGB III, preveda che il versamento da parte di uno Stato membro ad un’agenzia privata di collocamento del compenso dovuto da una persona in cerca di lavoro alla detta agenzia, a seguito dell’assunzione della citata persona, sia soggetto alla condizione che per il posto di lavoro trovato da questo intermediario viga il versamento obbligatorio di contributi previdenziali nel territorio di tale Stato.

     Sulla prima questione, relativa alla cittadinanza dell’Unione europea

    63      Con tale questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 18 CE osti ad una disposizione nazionale quale l’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del SGB III.

    64      A tal riguardo, basta ricordare che l’art. 18 CE, il quale enuncia in linea generale il diritto, per ogni cittadino dell’Unione, di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, trova specifica espressione negli artt. 39 CE e 49 CE per quanto concerne la libera circolazione dei lavoratori e la libera prestazione dei servizi.

    65      Orbene, poiché per la causa principale sono queste ultime disposizioni ad avere rilevanza, non è necessario pronunciarsi sull’interpretazione dell’art. 18 CE (v. sentenze 26 novembre 2002, causa C‑100/01, Oteiza Olazabal, Racc. pag. I‑10981, punto 26, e 6 febbraio 2003, causa C‑92/01, Stylianakis, Racc. pag. I‑1291, punto 20).

     Sulle questioni seconda, lett. a), e quarta, lett. a)

    66      Con tali questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se sia possibile e necessario interpretare una disposizione di diritto interno in modo conforme al diritto comunitario.

    67      Occorre ricordare, in via preliminare, che le disposizioni degli artt. 39 CE, 49 CE e 50 CE attribuiscono, ai soggetti dell’ordinamento, determinati diritti che si possono invocare in giudizio e che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare (v. sentenze 3 dicembre 1974, causa 33/74, Van Binsbergen, Racc. pag. 1299, punto 26, e 4 dicembre 1974, causa 41/74, Van Duyn, Racc. pag. 1337, punto 7).

    68      Secondo una giurisprudenza consolidata, spetta al giudice nazionale dare alla disposizione di diritto interno, nel rispetto dei limiti stabiliti alla sua discrezionalità dal suo ordinamento nazionale, un’interpretazione ed un’applicazione conformi alle prescrizioni del diritto comunitario (v. sentenze 4 febbraio 1988, causa 157/86, Murphy e a., Racc. pag. 673, punto 11, e 26 settembre 2000, causa C‑262/97, Engelbrecht, Racc. pag. I‑7321, punto 39).

    69      Se una siffatta applicazione conforme non è possibile, il giudice nazionale ha l’obbligo di applicare integralmente il diritto comunitario e tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce ai soggetti dell’ordinamento, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (v., in tal senso, sentenze Murphy e a., cit., punto 11; 29 aprile 1999, causa C‑224/97, Ciola, Racc. pag. I‑2517, punto 26, e Engelbrecht, cit., punto 40).

    70      Di conseguenza, occorre risolvere le questioni seconda, lett. a), e quarta, lett. a), dichiarando che spetta al giudice nazionale dare ad una disposizione di diritto interno, nel rispetto dei limiti stabiliti alla sua discrezionalità dal suo ordinamento nazionale, un’interpretazione ed un’applicazione conformi alle prescrizioni del diritto comunitario e, qualora una siffatta interpretazione conforme non sia possibile, relativamente alle disposizioni del Trattato che attribuiscono ai soggetti dell’ordinamento determinati diritti che si possono invocare in giudizio e che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare, disapplicare qualsiasi norma di diritto interno che sia in contrasto con le dette disposizioni.

     Sulle spese

    71      Nei confronti delle parti della causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

    Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

    1)      Gli artt. 39 CE, 49 CE e 50 CE ostano a che una disposizione nazionale, quale l’art. 421 g, n. 1, seconda frase, del libro III del codice tedesco della legislazione sociale preveda che il versamento, da parte di uno Stato membro, ad un’agenzia privata di collocamento del compenso dovuto da parte di una persona in cerca di lavoro alla detta agenzia, a seguito dell’assunzione della citata persona, sia soggetto alla condizione che per il posto di lavoro trovato da detto intermediario viga il versamento obbligatorio di contributi previdenziali nel territorio di tale Stato.

    2)      Spetta al giudice nazionale dare ad una disposizione di diritto interno, nel rispetto dei limiti stabiliti alla sua discrezionalità dal suo ordinamento nazionale, un’interpretazione ed un’applicazione conformi alle prescrizioni del diritto comunitario e, qualora una siffatta interpretazione conforme non sia possibile, relativamente alle disposizioni del Trattato CE che attribuiscono ai soggetti dell’ordinamento determinati diritti che si possono invocare in giudizio e che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare, disapplicare qualsiasi norma di diritto interno che sia in contrasto con le dette disposizioni.

    Firme


    * Lingua processuale: il tedesco.

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