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Document 52002DC0412

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo , al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni - Gli accordi ambientali a livello di Comunità nel quadro del piano d'azione "Semplificare e migliorare la regolamentazione"

/* COM/2002/0412 def. */

52002DC0412

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo , al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni - Gli accordi ambientali a livello di Comunità nel quadro del piano d'azione "Semplificare e migliorare la regolamentazione" /* COM/2002/0412 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE E AL COMITATO DELLE REGIONI - Gli accordi ambientali a livello di Comunità nel quadro del piano d'azione "Semplificare e migliorare la regolamentazione"

Indice

1. Introduzione

1. Contesto generale

2. La comunicazione sugli accordi in materia ambientale del 1996 e conseguenti iniziative

4. Autoregolamentazione e coregolamentazione nell'ambito della politica in materia ambientale

4.1 Autoregolamentazione

4.1.1 Riconoscimento dell'accordo ambientale mediante uno scambio di lettere o una raccomandazione della Commissione

4.1.2. Riconoscimento di un accordo ambientale mediante una raccomandazione della Commissione accompagnata da una decisione in materia di controllo

4.2. Coregolamentazione

5. Presupposti giuridici per il ricorso agli accordi ambientali

6. Criteri di valutazione degli accordi ambientali

7. Obblighi procedurali

7.1 Gli accordi ambientali come strumento di autoregolamentazione

7.2 Gli accordi ambientali come strumento di coregolamentazione

8. Conclusioni: iniziative future

1. Introduzione

Il 5 giugno 2002 la Commissione europea ha adottato il piano d'azione "Semplificare e migliorare la regolamentazione" [1], conformemente al mandato stabilito dal Consiglio europeo di Lisbona, confermato in occasione dei vertici di Stoccolma, Laeken e Barcellona. Conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Siviglia, si prevede entro la fine del 2002 un accordo interistituzionale su questa proposta. La semplificazione e il miglioramento del quadro normativo mirano a garantire, nell'interesse generale, che la legislazione comunitaria sia più adattata ai problemi esistenti, alla sfida dell'allargamento e alle condizioni tecniche e locali. Sono destinate inoltre a garantire un elevato livello di certezza del diritto nell'insieme dell'Unione europea e consentire agli operatori economici e sociali di essere più dinamici contribuendo in questo modo a rafforzare la credibilità della Comunità.

[1] COM(2002) 278 def. del 5.6.2002.

Nel piano d'azione, la Commissione ha sottolineato la possibilità di un corretto utilizzo delle alternative alla legislazione senza interferire con le disposizioni del trattato o con le prerogative del legislatore. Diversi sono gli strumenti cui si può avere ricorso per raggiungere gli obiettivi del trattato, semplificando il processo legislativo e la legislazione stessa (coregolamentazione, autoregolamentazione, accordi volontari settoriali, metodo aperto di coordinamento, interventi finanziari, campagne di informazione). Sono possibili vari approcci nell'ambito degli strumenti di autoregolamentazione e coregolamentazione. L'obiettivo generale dovrebbe essere la ricerca dell'opzione meno onerosa, tenendo conto degli obiettivi perseguiti. La Commissione stabilirà obiettivi ambiziosi e controllerà rigorosamente i risultati ottenuti, ma sosterrà anche gli sforzi effettivi realizzati per conseguire progressi significativi mediante accordi volontari. E' necessario tuttavia che la Commissione possa continuare ad esercitare il suo diritto di iniziativa e i colegislatori il loro diritto di controllo.

L'ambiente costituisce un settore strategico caratterizzato da un'esperienza recente ma considerevole nel campo dell'autoregolamentazione e degli accordi volontari settoriali. Nel 1996 la Commissione ha pubblicato una comunicazione sugli accordi in materia di ambiente (cfr. punto 3 qui di seguito) conclusi a livello nazionale che, tuttavia, non riguardava in via prioritaria questi accordi a livello comunitario. Ora che la Commissione ha adottato il piano d'azione "Semplificare e migliorare la regolamentazione" è possibile spiegare in che modo le proposte presentate nel piano d'azione in materia di coregolamentazione, autoregolamentazione e accordi settoriali volontari possono essere applicate nel quadro di accordi ambientali conclusi a livello comunitario. La presente comunicazione lascia impregiudicata l'applicazione del piano d'azione in altri settori di intervento. Mira inoltre a concretizzare l'obiettivo, stabilito nell'ambito del sesto programma d'azione per l'ambiente, di conseguire miglioramenti ambientali in maniera più efficace e più rapidamente.

Gli accordi ambientali possono avere svariate origini. Si può trattare di decisioni spontanee prese dalle parti interessate in un'ampia gamma di settori in cui la Commissione non ha proposto provvedimenti legislativi, né ha manifestato l'intenzione di legiferare. La Commissione incoraggia le parti interessate ad adottare una strategia di anticipazione nell'elaborazione di detti accordi. Possono, in secondo luogo, derivare da una reazione delle parti interessate in seguito all'intenzione espressa della Commissione di legiferare in un determinato settore. Infine possono essere avviati dalla Commissione. I criteri di valutazione e i requisiti in materia di procedure per la gestione degli accordi ambientali dipenderanno in parte da chi ne è il promotore.

In questi ultimi anni i responsabili delle politiche hanno manifestato un interesse crescente nei confronti degli accordi ambientali. È ampiamente riconosciuta l'idoneità di tali accordi tra le parti interessate (spesso associazioni di categoria) per conseguire efficacemente gli obiettivi della politica ambientale Gli Stati membri e la Comunità hanno già maturato una certa esperienza nel campo degli accordi ambientali e i risultati finora conseguiti sono incoraggianti. Sebbene questi accordi non risolvano tutti i problemi ambientali, né siano gli strumenti ideali in tutte le circostanze, possono comunque svolgere un ruolo prezioso per integrare - senza peraltro sostituire - altri strumenti politici, in particolare la legislazione.

Innanzi tutto è indispensabile che vi siano definizioni chiare. Nel linguaggio comune, le espressioni "accordo volontario", "accordo ambientale" o "accordo a lungo termine" si usano indifferentemente, trascurando il fatto che la forma giuridica e il contenuto di questi strumenti possono variare considerevolmente. Il termine "accordo" si applica solitamente a strumenti che giuridicamente costituiscono impegni unilaterali sottoscritti da industrie e imprese. Per semplicità e chiarezza, nella presente comunicazione si utilizza solamente l'espressione "accordo ambientale".

Gli accordi in materia ambientale sul piano comunitario sono accordi in cui le parti interessate si impegnano ad ottenere una riduzione dei livelli di inquinamento, come sancito dal diritto ambientale, o obiettivi di carattere ambientale, di cui all'articolo 174 del trattato. La presente comunicazione lascia impregiudicati le disposizioni che saranno definite nell'accordo interistituzionale e le modalità e i criteri da applicare per gli accordi volontari in ambiti diversi dal settore ambientale, e non riguarda la legislazione concernente il "nuovo approccio". Gli accordi ambientali non sono tuttavia negoziati con la Commissione. Possono essere riconosciuti dalla Commissione grazie ad uno scambio di lettere, una raccomandazione della Commissione, una raccomandazione della Commissione accompagnata da una decisione del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante il controllo o ancora nell'ambito della coregolamentazione stabilita dai legislatori comunitari. Questi accordi vanno distinti dagli accordi in materia ambientale sottoscritti dagli Stati membri come misura attuativa nazionale di una direttiva comunitaria.

2. Contesto generale

Gli accordi ambientali sono stati utilizzati da Stati membri, da paesi terzi e dalla Comunità stessa a partire dalla fine degli anni '80. L'inchiesta più esaustiva sul ricorso a questo strumento è stata realizzata dall'OCSE in una relazione pubblicata nel 1999 [2], dove si conclude che gli accordi ambientali sono più efficaci se usati nell'ambito di un policy mix, in combinazione con strumenti economici e legislativi.

[2] Voluntary Approaches for Environmental Policy - an Assessment. OCSE 1999, ISBN 92-64-17131-2

Per la sola UE, la relazione OCSE riporta un elenco di 312 accordi ambientali conclusi negli Stati membri (il dato risulta da un'inchiesta svolta nel 1997 dall'Agenzia europea dell'ambiente). Alcuni Stati membri hanno già pubblicato delle relazioni sui criteri seguiti per gli accordi ambientali e sulle esperienze maturate con tali strumenti. La relazione dell'OCSE sottolinea che esistono prove quantitativamente scarse a sostegno dell'efficacia degli accordi ambientali. È necessario svolgere ulteriori ricerche in questo campo. Appare chiaro tuttavia che gli accordi ambientali possono produrre benefici qualitativi quali lo sviluppo del consenso sociale, un più ampio scambio di informazioni, la sensibilizzazione delle imprese e il miglioramento dell'ecogestione aziendale [3]. La proposta della Commissione per il sesto programma di azione per l'ambiente evidenzia in modo esplicito la necessità di introdurre questi miglioramenti qualitativi nell'elaborazione e nell'attuazione della politica ambientale.

[3] Environmental Agreements - Environmental Effectiveness, European Environment Agency, Environmental Issues Series n. 3, 1997.

Nella comunicazione sul sesto programma di azione per l'ambiente [4], la Commissione spiega che, in parte per via del successo della legislazione ambientale comunitaria, "le fonti di inquinamento ambientale non sono però più concentrate in singoli impianti industriali, ma si riscontrano in molteplici attività economiche e nel comportamento dei consumatori. Questo dato di fatto restringe la possibilità di risolvere tali problemi semplicemente con regole e controlli". Di conseguenza, "in alcuni casi un'impostazione non normativa in campo ambientale sarà invece più adeguata e flessibile". Anche le alternative alla regolamentazione tradizionale, come gli impegni sottoscritti su base volontaria, possono incoraggiare le imprese ad innovare e a rispondere alle sfide in materia ambientale.

[4] COM(2001) 31def. del 24.1.2001.

Nella sua strategia per l'integrazione degli aspetti ambientali e dello sviluppo sostenibile nella politica relativa al mercato interno, il Consiglio "Mercato interno, consumatori e turismo" ha affermato che gli Stati membri e la Commissione [5] devono incoraggiare l'adozione di accordi ambientali trasparenti ed efficaci da parte dell'industria per il raggiungimento di chiari obiettivi ambientali.

[5] Relazione al Consiglio europeo di Göteborg del 15 e 16 giugno 2001. Si veda inoltre la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio "Mercato unico e ambiente", COM(1999) 263 def. dell'8.6.1999.

Il Consiglio "Industria", nelle conclusioni adottate nel maggio 2001 [6], ha sottolineato che "in una strategia per l'integrazione dello sviluppo sostenibile nella politica per le imprese, nell'ambito di un'equilibrata combinazione di strumenti politici e tenendo presente che una tale strategia non può contare soprattutto su strumenti normativi, occorre accordare la priorità ad impostazioni legate all'economia di mercato e ad approcci imperniati su iniziative volontarie".

[6] "Strategia per l'integrazione degli aspetti ambientali e dello sviluppo sostenibile nella politica energetica" Risoluzione del Consiglio , 2347ma riunione del Consiglio (Energia/Industria), Bruxelles, 14/15 maggio 2001; doc del Consiglio 8763/01 del 29.05.2001.

Nella comunicazione "Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile" [7], la Commissione si è dichiarata a favore di una strategia basata sul partenariato che mira a giungere ad accordi tra le imprese e le altre parti interessate sui principi guida in materia di pratiche e strumenti nel campo delle responsabilità sociale delle imprese, in sintonia con i criteri stabiliti nella presente comunicazione.

[7] COM(2002)347 def. del 2.7.2002.

3. La comunicazione sugli accordi in materia ambientale del 1996 e conseguenti iniziative

Nel 1996, la Commissione ha adottato una comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo sugli accordi in materia di ambiente [8]. Gli accordi ambientali costituivano a quell'epoca un nuovo strumento strategico a complemento delle misure di regolamentazione. Nella comunicazione si riconosce che gli accordi ambientali presentano una serie di potenziali vantaggi:

[8] COM(96) 561 def. del 27.11.1996.

- un atteggiamento proattivo da parte dell'industria,

- soluzioni su misura ed efficaci rispetto ai costi, e

- un più rapido raggiungimento degli obiettivi ambientali.

Nella comunicazione si osserva che, per conseguire questi risultati, gli accordi devono possedere obiettivi ben determinati, essere trasparenti in modo da evitare accordi puramente formali, comprendere meccanismi di attuazione come ammende ed altre sanzioni, oltre ad altre strategie per evitare il fenomeno dei free-rider. Questi ed altri requisiti sono illustrati al punto 5.

Riguardo agli accordi ambientali a livello comunitario, nella comunicazione del 1996 si osserva, tra l'altro, che "al momento ..... la Commissione deve ricorrere ad accordi non vincolanti, utilizzandoli come strumento per incoraggiare un approccio positivo da parte dell'industria e come incentivo ad un efficace intervento in campo ambientale". Ne consegue che la Commissione ha proceduto con questo genere di accordi valutando ogni caso separatamente.

Gli esempi più noti di accordi comunitari in materia di ambiente sono quelli delle associazioni di produttori di automobili europea, giapponese e coreana sulla riduzione delle emissioni di CO2 prodotte dalle autovetture. Tali accordi hanno trovato riconoscimento in alcune raccomandazioni della Commissione [9]. La decisione del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce un sistema di controllo della media delle emissioni specifiche di CO2 prodotte dalle autovetture nuove [10], integra tali accordi. Non essendo ancora scaduti, per il momento non è possibile alcuna valutazione definitiva dell'esito di tali accordi, ma la società civile, le ONG, i partner sociali e il pubblico dovrebbero essere coinvolti, in funzione dei loro rispettivi ruoli, nei futuri accordi ambientali in misura maggiore rispetto al passato.

[9] Raccomandazioni 1999/125/CE, 2000/303/CE e 2000/304/CE.

[10] Decisione n. 1753/2000/CE del 22 giugno 2000, GU L 202 del 10.8.2000, pag. 1.

Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno entrambi espresso il loro interesse affinché le procedure per il raggiungimento di accordi ambientali siano definite in modo più chiaro.

- In risposta alla comunicazione del 1996, il Parlamento europeo, in una risoluzione del 17 luglio 1997 [11], ha invitato la Commissione "a compiere un primo passo in tal senso elaborando proposte per un'eventuale procedura di attribuzione di un mandato negoziale per gli accordi ambientali sul piano comunitario, che garantiscano, ai sensi dell'articolo 130 S, paragrafo 3, del trattato CE, la partecipazione di questo Parlamento sia in sede di assegnazione del mandato che nel corso delle trattative stesse".

[11] GU C 286 del 22.9.1997, pag. 254.

- Nella risoluzione sul Libro verde della Commissione sulle problematiche ambientali del PVC, il Parlamento europeo ha chiesto nuovamente a quest'ultima "di presentare al più presto una proposta di normativa-quadro relativa agli accordi in materia ambientale che ne definisca i criteri, in materia di condizioni, meccanismi di controllo e sanzioni" [12];

[12] PE 303.049 del 3.4.2001, punto 25.

- Nella risoluzione del 7 ottobre 1997 sugli accordi ambientali, il Consiglio ha affermato "che [gli] accordi in materia di ambiente [vanno] negoziati secondo procedure da convenire" [13].

[13] GU C 321 del 22.10.1997, pag. 6.

La Commissione riconosce che è necessario definire chiaramente le modalità in base alle quali gli accordi ambientali dovrebbero essere incoraggiati e gestiti sul piano comunitario. Il piano d'azione "Semplificare e migliorare la regolamentazione" e, in special modo, il punto 2.1 "Per un uso meglio adattato degli strumenti", propone già una risposta di ordine generale a questa esigenza che deve essere discussa tra le tre istituzioni. La comunicazione specifica in che modo gli accordi ambientali dovrebbero iscriversi in questo contesto.

4. Autoregolamentazione e coregolamentazione nell'ambito della politica ambientale

Gli accordi ambientali sono di per sé pratiche di autoregolamentazione in quanto non hanno nessun effetto vincolante a livello comunitario. Buona parte di questi accordi sono stati decisi in maniera spontanea. Tuttavia, conformemente alle proposte formulate nel suo piano d'azione, la Commissione può anche incoraggiarli e riconoscerli (nell'ambito dell'autoregolamentazione) o proporre al legislatore di utilizzarli quando opportuno (coregolamentazione).

Va osservato che nel caso di decisioni puramente spontanee adottate da parti interessate in settori in cui la Commissione non ha proposto misure legislative né ha manifestato l'intenzione di legiferare, possono non essere necessari interventi da parte della Commissione.

4.1 Autoregolamentazione

Secondo il piano d'azione "Semplificare e migliorare la regolamentazione", l'autoregolamentazione riguarda un'ampia gamma di pratiche, regole comuni, codici di comportamento e, in particolare, accordi volontari che operatori economici e sociali, ONG o gruppi organizzati concludono di propria iniziativa, su base volontaria, per regolare e organizzare le loro attività. Contrariamente alla coregolamentazione, l'autoregolamentazione non implica necessariamente un atto legislativo. Sono generalmente le parti interessate a prendere l'iniziativa dell'autoregolamentazione.

La Commissione può ritenere preferibile non fare proposte legislative laddove vi siano già simili accordi che consentano di raggiungere gli obiettivi stabiliti dal trattato. Essa potrebbe tuttavia proporre l'instaurazione di una procedura formale che le consenta di controllare da vicino i progressi realizzati per determinati accordi.

4.1.1 Riconoscimento dell'accordo ambientale mediante uno scambio di lettere o una raccomandazione della Commissione

In campo ambientale, le modalità usate finora a livello comunitario per il riconoscimento dell'autoregolamentazione sono state raccomandazioni della Commissione e, in alcuni casi, un semplice scambio di lettere. In altre parole, la Commissione può stimolare o incoraggiare un accordo ambientale mediante una raccomandazione o riconoscerlo mediante uno scambio di lettere con i rappresentanti del settore industriale interessato, a condizione di rispettare i criteri di cui al punto 6.

Si osservi che una raccomandazione, un atto giuridico di per sé non vincolante, può esclusivamente incoraggiare gli operatori economici che si siano impegnati a raggiungere un obiettivo ambientale compatibile con l'articolo 174 del trattato. La Commissione non può mai, con il "riconoscimento" di un tale impegno, rinunciare al proprio diritto di iniziativa. Analogamente, il "riconoscimento'" di un impegno assunto da determinati operatori attraverso uno scambio di lettere non potrà mai costituire un impegno di alcun genere da parte della Commissione.

4.1.2. Riconoscimento di un accordo ambientale mediante una raccomandazione della Commissione accompagnata da una decisione in materia di controllo

In alcuni casi, la Commissione e il legislatore possono essere interessati dai risultati di un accordo ambientale e possono dunque desiderare controllarne gli effetti, ad esempio associando una raccomandazione della Commissione ad una decisione del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di controllo

4.2. Coregolamentazione

Gli accordi ambientali possono essere conclusi anche nel quadro di un atto legislativo, ossia in maniera più formale e vincolante nel contesto della regolamentazione, consentendo così alle parti interessate di attuare un atto legislativo comunitario specifico. All'interno di questo contesto normativo, il legislatore definisce gli aspetti essenziali dell'atto: gli obiettivi da conseguire, i tempi e i meccanismi relativi alla sua attuazione, i metodi di controllo dell'applicazione dell'atto e le eventuali sanzioni necessarie per garantire la certezza del diritto dell'atto stesso. Generalmente la Commissione è all'origine della coregolamentazione, sia su sua iniziativa sia in risposta ad un'azione volontaria da parte del settore industriale.

La coregolamentazione può pertanto offrire i vantaggi degli accordi ambientali unitamente alle garanzie legali implicite dell'approccio legislativo. La Commissione propone al legislatore di ricorrere alla coregolamentazione sulla base di un atto legislativo. Di conseguenza, tutte le proposte sull'argomento sono rinviate al legislatore.

Nell'ambito degli accordi di coregolamentazione, il Parlamento europeo e il Consiglio adotterebbero, su proposta della Commissione, una direttiva che sancisce la necessità di raggiungere un determinato obiettivo ambientale, preciso e ben definito, entro una certa data. Il provvedimento stabilirebbe inoltre le condizioni per verificarne l'osservanza e istituirebbe meccanismi di attuazione e di ricorso. Non imporrebbe disposizioni particolareggiate su come conseguire l'obiettivo. Il legislatore determina in che misura la definizione e l'attuazione dei provvedimenti possa essere affidata alle parti interessate, in funzione dell'esperienza che dimostrano di avere acquisito nel settore. Tali disposizioni devono essere compatibili con il diritto comunitario in materia di concorrenza.

La coregolamentazione può anche stabilire le modalità di attuazione. Ciò significa che oltre a definire il "cosa" e il "quando" solamente fino alla data prefissata, si potrebbero prevedere procedure comprendenti clausole di revisione qualora l'obiettivo non fosse conseguito entro tale data. Ad ogni modo, nei casi in cui il meccanismo della coregolamentazione non produca i risultati previsti, la Commissione può esercitare il proprio diritto di presentare al legislatore una proposta legislativa tradizionale.

Il provvedimento potrebbe quindi comprendere obiettivi intermedi, che consentirebbero di verificare la probabilità che l'accordo raggiunga gli obiettivi fissati. In caso di mancato conseguimento degli obiettivi intermedi, la coregolamentazione potrebbe definire con quali modalità gli Stati membri devono adottare le disposizioni aggiuntive necessarie per raggiungere gli obiettivi stessi. Il meccanismo adeguato deve essere accuratamente studiato caso per caso.

Questo sistema può essere illustrato da un esempio ipotetico. Se si persegue una percentuale di riciclaggio del 60% per un certo prodotto o materiale, con un semplice metodo basato sulla coregolamentazione, l'atto legislativo - una direttiva - definirebbe l'obiettivo e i tempi per il conseguimento di tale percentuale nonché le disposizioni necessarie per il meccanismo di controllo. Il provvedimento potrebbe delineare altresì le fasi intermedie, stabilendo percentuali di riciclaggio inferiori da raggiungere in momenti precedenti. Se il meccanismo di controllo segnala il mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi e l'improbabilità che quelli finali siano ottenuti, si potrebbero applicare altri metodi, sempre che detti sistemi siano previsti dal provvedimento fin dall'inizio.

Come indicano i dibattiti in seno al Parlamento europeo, la coregolamentazione rappresenta una delle questioni più delicate non solo per gli operatori e le associazioni di categoria, ma anche per le istituzioni. Nell'ambito di un atto legislativo, la coregolamentazione permette di garantire che gli obiettivi fissati dal legislatore siano attuati nel contesto di una serie di misure applicate da soggetti aventi un ruolo attivo riconosciuto nel settore in questione. Al fine di semplificare la legislazione, la Commissione resta del parere che si tratta di un metodo la cui attuazione - limitata dai criteri stabiliti in un accordo interistituzionale congiunto - può rivelarsi un'opzione utile per adeguare la legislazione ai problemi e ai settori in questione, incentrandosi sugli aspetti essenziali della legislazione stessa ai fini di un minore carico di lavoro in tal senso e utilizzando l'esperienza delle parti interessate, soprattutto degli operatori e dei partner sociali.

5. Presupposti giuridici per il ricorso agli accordi ambientali

Il trattato CE non contiene alcuna specifica disposizione concernente gli accordi ambientali. Il ricorso a questo strumento deve comunque avvenire nella piena osservanza dell'insieme delle disposizioni del trattato e degli impegni internazionali della Comunità.

* Ai sensi dell'articolo 175, spetta al Consiglio e al Parlamento europeo decidere le iniziative di politica ambientale che la Comunità deve intraprendere per il conseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 174: ciò avviene attraverso la procedura di codecisione, su proposta della Commissione, previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni. Nel decidere se sia opportuno il ricorso ad accordi ambientali, in quanto strumenti di regolamentazione, va comunque rispettato l'equilibrio istituzionale.

* Gli accordi ambientali devono essere conformi alle disposizioni del trattato CE relativamente al mercato interno e alle regole sulla concorrenza, ivi compresi gli orientamenti riguardanti gli aiuti di Stato a favore dell'ambiente. Pertanto devono essere conformi all'articolo 81 del trattato. La sezione 7 della comunicazione della Commissione sulle linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 81 del trattato CE agli accordi di cooperazione orizzontale [14] tratta specificatamente degli accordi in materia di ambiente.

[14] GU C 3 del 6.1.2001, pag. 2.

* Il controllo giurisdizionale del rispetto degli obblighi e degli impegni risultanti da un accordo ambientale dovrebbe essere garantito a livello nazionale e, conformemente al trattato CE, a livello comunitario. Si dovrebbe inoltre garantire la determinazione delle responsabilità individuali e collettive in modo da poter applicare le eventuali sanzioni necessarie.

* Quanto all'attuazione di obblighi sanciti da accordi ambientali multilaterali (AAM), sul piano del diritto internazionale la Comunità è responsabile della loro attuazione, nella misura della sua competenza, come avviene per tutti gli accordi internazionali da essa conclusi. Tale responsabilità non può essere delegata ad altri soggetti quali gli enti privati parti di accordi in materia di ambiente, poiché ciò potrebbe creare problemi qualora gli accordi ambientali, in assenza di adeguati meccanismi che ne sanzionino l'inosservanza, fossero gli unici strumenti utilizzati per attuare gli impegni nell'ambito degli AAM.

* Nell'elaborazione e nell'attuazione di accordi ambientali si deve tenere conto della normativa multilaterale in materia commerciale. Per evitare effetti discriminatori, è essenziale garantire che tali accordi siano aperti alla partecipazione di operatori di paesi terzi, sia nella fase preparatoria che in quella attuativa. Oltre a ciò, i benefici (ad es., sgravi fiscali) concessi agli operatori che sono parti di un accordo ambientale possono rientrare nell'ambito dell'Accordo su sussidi e misure compensative dell'OMC. Di conseguenza, va verificata la piena conformità di ogni progetto di accordo ambientale con le regole dell'OMC.

* La convenzione ONU/ECE sull'accesso all'informazione, sulla partecipazione all'attività decisoria e sull'accesso alla giustizia in materia ambientale [15] rafforza il "diritto di sapere" del pubblico nel senso più vasto del termine. Gli accordi ambientali rientrano nella definizione di "informazioni ambientali" di cui all'articolo 2 della convenzione. È necessario pertanto garantire che le informazioni sugli accordi ambientali siano rese accessibili al pubblico come disposto dalla convenzione. Oltre a considerazioni di ordine giuridico, la trasparenza nella fase di "elaborazione" e di "emanazione" potrebbe costituire un fattore decisivo per il successo degli accordi ambientali.

[15] Convenzione di Århus, firmata a nome Della Comunità IL 25.6.1998. Non ancora approvata.

6. Criteri di valutazione degli accordi ambientali

La comunicazione del 1996 aveva già identificato una serie di criteri ritenuti necessari per un uso corretto (e quindi per il successo) degli accordi ambientali. Detta comunicazione specifica "la previa consultazione con le parti interessate, una forma vincolante, obiettivi quantificati e suddivisi per fasi, il controllo dei risultati nonché la pubblicazione dell'accordo e dei risultati ottenuti. Tali criteri dovrebbero consentire di evitare la stipula di obiettivi meramente vaghi, la non trasparenza e la possibile distorsione della concorrenza causata da free-rider".

Un accordo ambientale deve fornire valore aggiunto in termini di elevato livello di tutela dell'ambiente. La politica comune per l'ambiente deve sempre mirare ad un livello di protezione elevato. Prima di riconoscere un accordo ambientale, la Commissione deve assicurarsi che anche questa condizione sia soddisfatta. Gli obiettivi dovrebbero essere desunti in primo luogo dal Sesto programma di azione per l'ambiente o da altri documenti strategici fondamentali, quali la strategia sulle sostanze chimiche, o da accordi ambientali multilaterali. Ciò dovrebbe garantire che l'accordo sortisca risultati più mirati.

Inoltre, la Commissione presterà la dovuta attenzione ai criteri elencati qui di seguito, sia nell'ambito dell'autoregolamentazione che della regolamentazione.

i. Efficacia rispetto ai costi dell'amministrazione

La comunicazione del 1996 aveva già sottolineato i potenziali benefici degli accordi ambientali in termini di costi per l'industria. Oltre alle considerazioni di carattere generale espresse in questo contesto (maggiore libertà per le imprese su come conseguire gli obiettivi ambientali e spazio per soluzioni creative su misura), gli accordi devono essere valutati alla luce dei costi amministrativi comparati per le istituzioni comunitarie. I costi della gestione degli accordi ambientali potrebbero essere particolarmente significativi con riguardo al controllo e alla valutazione del grado di osservanza nella fase di attuazione. Tali accordi non dovrebbero implicare un onere amministrativo eccessivo rispetto agli obiettivi e ad altri mezzi strategici disponibili.

ii. Rappresentatività

La Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo devono considerare le parti interessate rappresentative, organizzate e responsabili. Gli operatori e le associazioni di categoria parti di un accordo devono rappresentare la vasta maggioranza del settore economico interessato con le minori eccezioni possibili. Occorre in ogni caso vigilare sull'osservanza delle regole di concorrenza.

iii. Obiettivi quantificati e scaglionati

Ogniqualvolta intenda emanare una raccomandazione o riconoscere un accordo tra parti interessate o un impegno unilaterale da parte di soggetti interessati, la Commissione deve verificare che gli obiettivi stabiliti da dette parti siano esposti in modo chiaro e non equivoco, a partire da una situazione di riferimento ben definita. Se l'accordo abbraccia un arco di tempo esteso, dovrebbe essere accluso un calendario in cui figurano gli obiettivi intermedi. Deve essere possibile misurare la conformità ad obiettivi intermedi e finali in modo credibile e non eccessivamente oneroso grazie ad indicatori chiari e affidabili. L'elaborazione di questi indicatori dovrebbe essere agevolata dalle informazioni risultanti dalla ricerca e dai dati scientifici e tecnologici disponibili.

Nell'ambito della regolamentazione, lo stesso atto legislativo definisce gli obiettivi. È superfluo ribadirli nell'accordo stesso.

iv. Coinvolgimento della società civile

Ai fini della trasparenza e in linea con il Sesto programma di azione per l'ambiente e con il Libro bianco sulla governance europea, tutti gli accordi dovrebbero essere resi noti anche attraverso Internet e altri sistemi elettronici di divulgazione. Lo stesso dicasi delle relazioni di controllo intermedie e definitive. Tutte i soggetti interessati, le industrie del settore, le ONG ambientali e la società civile nel senso più ampio del termine, dovrebbero essere informati e avere la possibilità di esprimersi riguardo ad un accordo in materia di ambiente.

v. Attività di controllo e di notifica

Quando la Commissione decide di riconoscere un accordo ambientale con una raccomandazione o uno scambio di lettere, deve sincerarsi che contenga un efficiente meccanismo di controllo, con responsabilità esplicitamente definite per l'industria, i controllori indipendenti. La Commissione, di concerto con le parti all'accordo, verificherà il raggiungimento degli obiettivi.

Nell'ambito della regolamentazione, occorre che nell'atto che definisce gli obiettivi vengano integrate anche le disposizioni relative ai controlli e alle notifiche necessari per misurare i progressi verso il raggiungimento degli obiettivi ambientali. Il programma di controllo e di notifica deve essere dettagliato, trasparente e obiettivo. A tal fine, la Commissione potrebbe riprendere il sistema consolidato dei verificatori ambientali previsto dal regolamento EMAS. La valutazione finale del successo o del fallimento di un accordo ambientale rispetto agli obiettivi spetta alla Commissione.

vi. Sostenibilità

Le misure a favore dell'ambiente dovrebbero essere in linea con la dimensione socioeconomica di uno sviluppo sostenibile. Deve essere pienamente integrata anche la tutela degli interessi dei consumatori (salute, qualità della vita o interessi economici). A seconda del campo di applicazione e del contenuto dell'accordo in questione, potrebbe essere necessaria una valutazione del suo impatto, in conformità con la recente comunicazione della Commissione in materia di valutazione di impatto [16]. La struttura e la portata della valutazione possono variare a seconda delle caratteristiche dell'accordo.

[16] COM(2002) 276 def. del 5.6.2002.

vii. Compatibilità degli incentivi

È difficile che un accordo ambientale possa offrire i risultati sperati se altri fattori e incentivi, quali la pressione del mercato, l'imposizione fiscale e la legislazione nazionale, inviano segnali contraddittori alle parti. In questo senso, la coerenza della politica assume una valenza primaria.

7. Obblighi procedurali

Il piano d'azione "Semplificare e migliorare la regolamentazione" presenta varie proposte per definire le procedure che le tre istituzioni devono seguire nel caso dell'autoregolamentazione e della coregolamentazione. La presente comunicazione propone procedure che rientrano nel suddetto quadro, ma che si dovrebbero applicare specificatamente agli accordi ambientali.

7.1 Gli accordi ambientali come strumento di autoregolamentazione

Al termine dell'esame di un progetto di accordo ambientale, la Commissione può informare il Parlamento europeo e il Consiglio circa la sua valutazione e le sue conclusioni, indicando se ritiene che l'accordo ambientale in questione possa essere riconosciuto. L'intenzione di riconoscere un accordo ambientale potrebbe essere ripresa nel programma di lavoro della Commissione o in un documento di portata più ampia, ad esempio un Libro bianco sufficientemente dettagliato o una strategia tematica nell'ambito del sesto programma di azione per l'ambiente. Il Parlamento europeo e il Consiglio avrebbero l'opportunità di organizzare, a loro discrezione, eventi informativi o audizioni.

* La valutazione e le conclusioni della Commissione circa l'opportunità di un accordo ambientale saranno rese pubbliche, ad esempio sul sito web della Commissione, per offrire al pubblico la possibilità di essere informato sull'accordo proposto e di esprimersi al riguardo.

* Dopo avere considerato eventuali osservazioni, in particolare del Parlamento europeo e del Consiglio, la Commissione può decidere di procedere col riconoscimento dell'accordo ambientale.

* Una raccomandazione riferita ad un accordo ambientale dovrebbe essere pubblicata nella Gazzetta ufficiale. Il testo dell'accordo ambientale stesso dovrebbe essere pubblicato sul sito web della Commissione.

* La Commissione verifica, con gli appropriati meccanismi di controllo e di notificazione, l'effettivo conseguimento dell'obiettivo ambientale. I risultati dei controlli e le relative relazioni saranno trasmessi al Parlamento europeo e al Consiglio e saranno messi a disposizione del pubblico per via elettronica.

* La Commissione può proporre altresì meccanismi di controllo e di notificazione per giudicare il conseguimento dell'obiettivo ambientale sotto forma di una decisione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

* Quando si rende palese l'insuccesso di un accordo approvato con una raccomandazione della Commissione o con uno scambio di lettere, la Commissione può esercitare il proprio diritto d'iniziativa e proporre il provvedimento vincolante del caso.

7.2. Gli accordi ambientali come strumento di coregolamentazione

* Nell'ambito della coregolamentazione, sono integrati nell'atto giuridico stesso alcuni elementi chiave, in particolare l'obiettivo ambientale e i requisiti in materia di controllo, nonché eventualmente un meccanismo di follow-up nel caso di esito negativo di un accordo ambientale. Nella fase preparatoria, l'atto giuridico è soggetto alla consultazione delle parti interessate, conformemente alla comunicazione della Commissione sui requisiti minimi per la consultazione, ed è adottato con una normale procedura di codecisione. Dato il contenuto già descritto dell'atto stesso, si possono ridurre i requisiti procedurali per i singoli accordi ambientali presentati nel quadro dell'atto stesso.

* Quando la Commissione decide che la coregolamentazione costituisce lo strumento ideale per conseguire un obiettivo ambientale e quando gli elementi chiave della sua proposta si basano su accordo volontario esistente o già proposto, che essa considera soddisfacente, allora include questi elementi nella sua proposta e li difende in occasione di discussioni con le altre istituzioni, avvalendosi pienamente delle possibilità di cui dispone, conformemente alla comunicazione sul piano d'azione "Semplificare e migliorare la regolamentazione".

* L'accordo ambientale dovrebbe essere reso pubblico sul sito web della Commissione. Anche i risultati dei controlli e le relative relazioni dovrebbero essere consultabili in rete.

* Nell'ambito della coregolamentazione, come per l'autoregolamentazione, la Commissione può ricorrere al suo diritto di iniziativa e proporre un atto legislativo vincolante adeguato se l'accordo non produce i risultati previsti.

Tali procedure garantiscono il ricorso agli accordi ambientali ogniqualvolta essi hanno una funzione integrativa rispetto ai tradizionali strumenti di intervento, assicurando al contempo l'adeguato coinvolgimento delle istituzioni europee nel processo.

8. Conclusioni: iniziative future

La Commissione europea desidera promuovere l'elaborazione sia di iniziative a carattere volontario in campo ambientale sia di accordi ambientali a livello comunitario concernenti un'ampia gamma di settori oltre a quelli per i quali la Commissione ha dichiarato l'intenzione di proporre atti legislativi.

Dal canto suo, la Commissione intende ricorrere a tali accordi in modo selettivo, valutandone la necessità caso per caso. Dal momento che un accordo di questa natura non è necessariamente il più adatto in tutte le circostanze, è utile distinguere fin da subito un certo numero di aree strategiche in cui gli accordi ambientali possono apportare un valore aggiunto o in cui le parti hanno già espresso l'intenzione di presentare un accordo. Nel complesso, a parte le decisioni puramente spontanee prese dalle parti interessate in settori nei quali la Commissione non ha proposto atti legislativi né ha espresso l'intenzione di proporne, è probabile che al massimo quattro-sei accordi ambientali siano presi in considerazione nella restante parte del mandato della Commissione attualmente in carica.

- Una prima possibilità sarebbe la strategia riguardante il PVC.

- Analogamente, tali accordi possono entrare a far parte del seguito dato al Libro verde sulla politica integrata relativa ai prodotti [17]. L'individuazione precisa della portata possibile degli accordi ambientali in questo campo dipende ovviamente dall'esito dell'attuale discussione in merito al Libro verde.

[17] COM(2001) 68 del 7.2.2001.

- Altre aree strategiche che si prestano ad un'applicazione efficace di tale strumento sono i settori della gestione dei rifiuti e dei cambiamenti climatici. Gli accordi esistenti sulla riduzione delle emissioni di CO2 delle autovetture possono essere integrati da accordi analoghi per i veicoli commerciali leggeri e i veicoli a due ruote. Inoltre, nella comunicazione "Verso uno spazio ferroviario europeo integrato" [18] si propongono impegni volontari relativi all'adeguamento del materiale rotabile in uso ai requisiti ambientali applicati al materiale rotabile nuovo quale possibile misura strategica.

[18] COM(2002) 18 del 23.1.2002.

La Commissione continuerà a studiare le possibilità di individuare nuove formule che possano integrare i due modelli delineati in precedenza.

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